Ori del Museo Nazionale Archeologico di Taranto

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Amelia D’Amicis Laura Masiello

3. In bronzo dorato, a foglie di edera inv. 50625

Sottili fili in bronzo, intrecciati e piegati a semicerchio, formano il supporto sul quale sono saldati i peduncoli delle venticinque foglie di edera, in bronzo dorato, che, alternate a gruppi di bacche in terracotta, pure dorata, si collocano, in coppia, al lati del supporto, conservando, nel lieve sovrapporsi, nella varietĂ delle dimensioni e nella sistemazione ineguale, la fresca e duttile naturalitĂ dei viticci. Prima metĂ del II secolo a.C.

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O R I 4. In oro, in forma di rose inv. 6469

Sette rose, di grandezza decrescente, compongono questo splendido esemplare, di gusto raffinato e di delicata eleganza. Ciascuna rosa è formata da un duplice giro di petali esagonali. Al centro, listelli in sottile lamina ne simulano gli stami, mentre piccole graffette ne assicurano l’applicazione al supporto, forato alle estremità per consentire l’inserimento del nastro che veniva annodato dietro il capo. Da Carbonara (Bari). III secolo a.C.

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5. In oro, ambra e bronzo, a foglie di quercia inv. 40095

Trentuno foglie di quercia, ottenute a stampo, con nervature e bordi rilevati, si sovrappongono l’una alle altre, con effetto naturalistico, disponendosi sui due lati del cerchio in bronzo, rivestito da una sottile lamina aurea. Esili filamenti aurei, attorti a spirale, fuoriescono dal fogliame, talora arricchiti dal tenue tocco di colore di piccole perle d’ambra. II secolo a.C.

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Amelia D’Amicis Laura Masiello

6. In oro e bronzo, a foglie di quercia inv. 50622

Realizzata a stampo, con accurata tecnica orafa, la corona si compone di trentacinque foglie di quercia, simmetricamente disposte sui due lati del supporto, con leggero risalto centrale. La perfetta resa del fogliame, traduce nel metallo prezioso la leggera flessibilità del ramo naturale. Prima metà del II secolo a.C.

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7. In oro, a foglie di quercia inv. 50703

Esemplare tra i più pregevoli, si compone di trenta foglie ottenute a stampo, che traducono nel metallo prezioso la chioma frangiata delle querce naturali. I peduncoli delle foglie, che si sovrappongono nella parte centrale del monile, sono inseriti in fori praticati nella lamina tubolare di supporto, provvista di una cerniera centrale e di anelli rigidi alle estremità, nei quali venivano inseriti i nastri che servivano per stringere il serto intorno al capo. Prima metà del II secolo a.C.

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O R I 8. In oro, a foglie di quercia con ghiande in pasta vitrea inv. 40096

In questo frammento, proveniente da una collezione privata, la fresca naturalità del fogliame è ulteriormente suggerita dalla presenza delle ghiande in pasta vitrea di colore verde con cupola bianca, fissate al supporto da peduncoli aurei. II secolo a.C.

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9. In oro, a foglie di quercia, con nodo erculeo centrale inv. 54140

Trentuno foglie di quercia, ritagliate nella sottile lamina lavorata a stampo, convergono verso il centro dove è un nodo erculeo, anch’esso ottenuto a stampo e provvisto di fori per il fissaggio al supporto, oggi perduto. Al particolare significato connesso con l’uso della foglia di quercia, simbolo di forza morale e di grandezza, si unisce il contenuto magico tradizionalmente attribuito al nodo erculeo, riprodotto su questo esemplare con probabile funzione di amuleto. Prima metà del II secolo a.C.

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Amelia D’Amicis Laura Masiello

4. In oro, a navicella inv. 6443

Una raffinata decorazione a motivi vegetali in filigrana, disponendosi simmetricamente ai lati del filo godronato centrale che caratterizza costantemente gli orecchini tarantini di questo tipo, arricchisce la liscia superficie della navicella, conclusa inferiormente da un piccolo pendente a globetti decrescenti. Seconda metà del IV secolo a.C.

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5. In terracotta e lamina aurea, a navicella inv. 40179

Destinati a una clientela meno abbiente, questi orecchini in terracotta dorata riproducono pressoché fedelmente gli analoghi esemplari in metallo prezioso, attestando l'eccezionale qualità raggiunta dalle botteghe tarantine nell'ambito di questa particolare produzione. Seconda metà del IV secolo a.C.

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O R I 6. In oro, a disco e triplice pendente inv. 54115

A un disco decorato da una rosetta in filigrana a piÚ ordine di petali sono sospesi tre pendenti, costituiti da due catenelle laterali e, al centro, da una testina femminile a tutto tondo finemente cesellata, ornata di minuscoli orecchini a grappolo, di collana a pendenti; tra i capelli pettinati all'indietro, è inoltre riprodotto un diadema frontale, di un tipo simile a quello aureo recuperato nella stessa tomba rinvenuta a Crispiano, nell'agro tarantino. Nelle protomi, internamente cave e munite di un piccolo foro nella parte inferiore, era probabilmente inserito un pezzetto di spugna o di tessuto imbevuto di oli profumati, secondo un'usanza che trova riscontro anche in altre aree culturali. Da Crispiano (Taranto), insieme ad un diadema aureo. Metà del IV secolo a.C.

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Amelia D’Amicis Laura Masiello

Anelli a spirale

17. In oro

inv. 126232

Lamina a spirale, con margini rilevati e nervatura centrale, che si arricchisce di una fitta serie di incisioni nelle parti terminali entro le quali si innestano due teste di leone, con attacco mascherato da un collarino di foglie con rifiniture in filigrana. Le protomi, ottenute a stampo, sono particolarmente dettagliate nella resa del muso e della folta criniera e possono confrontarsi con le analoghe terminazioni dei bracciali, di cui costituiscono repliche miniaturistiche. Fine del IV secolo a.C.

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Anelli con pietra incastonata

18. In oro e granato, con pietra incisa inv. 40157

L’esemplare si caratterizza per l’estrema raffinatezza dell’incisione realizzata sul granato dal taglio a cabochon che si incastra nella superficie convessa del castone circolare a margini arrotondati. La figura femminile vista di spalle, mirabilmente inserita nella superficie della gemma, è intenta ad attingere acqua in un vaso, sorretto dalla mano destra e poggiato delicatamente sul ginocchio leggermente alzato, dal quale ricade il groppo di pieghe del mantello, scivolato dalle spalle nella lieve flessione del busto. Inizi del III secolo a.C.

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19. In oro e granato, con pietra priva di incisioni inv. 54173

La forma inconsueta del castone conferisce particolare risalto al granato, di colore rosso scuro, tagliato in forma ovale e fissato da un listello in leggero rilievo. Metà del III secolo a.C.

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Amelia D’Amicis Laura Masiello

Teca in forma di conchiglia inv. 22429-22430

In argento e doratura a caldo. Unite da una cerniera che nella parte posteriore presenta l'iscrizione a puntinatura Opaka Sabaleida, la teca è formata da due valve che imitano la forma del Pecten Jacobaeus (cozza San Giacomo); l'inferiore, concava è solcata da triplici solcature come quelle presenti sulle conchiglie, mentre l'altra, sull'esterno, è ornata da una figura femminile avvolta in parte in un himation (mantello) dorato, che siede su un ketos (mostro), al quale si aggrappa con una mano. Con la testa di pantera e il corpo da felino che termina nella parte inferiore in una coda anguiforme rivolta verso l'alto, l'animale, ricoperto da doratura e con un granato inserito nell'orbita oculare, solca il mare, rappresentato da una tiplice fila di onde in parte dorate. L'interno della valva ripete lo stesso motivo della Nereide sul ketos, in una composizione che presenta comunque una diversa formulazione. La figura femminile, seduta sul dorso dell'animale, è vista di spalle, con il corpo nudo avvolto nella parte

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O R I inferiore nel mantello dorato dalle pieghe pesanti; regge un ventaglio cuoriforme in una mano, mentre con l'altra si stringe al collo del mostro marino. Quest'ultimo è raffigurato con la testa crestata, canina e ringhiante, vivacizzata dal piccolo granato incastonato nell'occhio, zampe da palmipede, corpo anguiforme ricoperto da scaglie e, come il ketos raffigurato all'esterno, solca la triplice fila di onde dorate che indicano il mare. Analogamente agli altri esemplari tarantini realizzati con le valve reali di Pecten Jacobaeus, che si ritrovano nei corredi del IV secolo a.C. e che costituiscono i precedenti per le realizzazioni in argento, è probabile che la teca possa aver svolto anch'essa la funzione di contenitore per cosmetici, raffinato e prezioso come il resto del corredo che accompagnava la giovane defunta. Seconda metĂ del III secolo a.C. Amelia D’Amicis

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