Gli acquerelli di Louis Ducros

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IL VIAGGIO

ono duecentotrent’anni da che i pugliesi di quel ‘700, e non solo loro, osservarono un po’ con indifferenza, un po’ con curiosità e un po’ con gentilezza quei forestieri, sempre azzimati, che si aggiravano guardando e chiedendo, tallonati da un tale armato di matite e carboncini che ritraeva città, facce, mare, marine, barche, boschi, “brughiere”, e molte giornaliere ovvietà. Quei “ritratti”, nitidi e precisi, finirono ad… Amsterdam in un museo: acquerelli che ci mostrano (popolo, signori, militari e ragazzi) quali “sembravamo” tra aprile e maggio 1778. Insomma, quando andava ancora che molti giovani dell’Europa ricca “dovessero” affrontare il “Viaggio in Italia” per farsi colti saputi e risaputi, arrischiandosi per brutte strade, esposti magari a pessimi incontri, ripagati però da paesaggio, arte, memoria, fede e feste, quattro giovani signori d’Olanda, più un pittore e molti servitori se ne vennero da Napoli fin a Taranto e dintorni, e poi salparono per la Sicilia. S’erano dati convegno in Francia, quindi sbarcarono a Livorno, e dopo una puntata a Firenze, Roma e Napoli, proseguirono per laggiù-quaggiù, e andando andando, si deliziarono di Cerignola, Canosa, Canne, Barletta, Trani, Bisceglie, Molfetta, Giovinazzo, Bari, Mola, Polignano, Monopoli,

Egnatia, Ostuni, Brindisi, Lecce, Gallipoli, Avetrana, Manduria, Taranto, senza snobbare o scansare, nonostante le strade “sgarrupate”, i piccoli centri, oggi turisticissimi (alcuni) ma allora un po’ meno alla page. I viaggiatori olandesi erano “impronunciabili”. Willelm Carel Dierkens, aveva solo venticinque anni, malatissimo sperava che il clima mediterraneo, benché infarcito di corsari, briganti, banditti e furbacchioni potesse giovargli. Il Sud lo tenne in vita. Morirà a Padova nel settembre 1778 e lì finirà il grand tour della gentile comitiva. Era del gruppo anche Willelm Hendrik van Nieuwerkerke, il cui terribile impianto onomastico immaginiamo sia stato “aggraziato” spesso dalle più striscianti sonorità apulo-salentine; terzo, e sulla quarantina, Nicolaas Ten Hove, ideatore del “viaggio” ed esperto d’arte e archeologia. Dal 5 aprile di quell’anno si aggiunge Nathaliel Thornbury, trentenne “sir” d’origine inglese. A Roma gli amici si “fittano” un giovane disegnatore, che poi sarà un nome: Louis Ducros, svizzero e innamorato di Roma e dell’Italia. Louis disegna e acquerella il viaggio con l’entusiasmo del giovane artista e come fosse in “paradiso”. Guarda e vede, e per vedere sa porsi nel punto (unico) da cui è possibile svelare nella più grande oggettività uomini, cose e natura.

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I sigg. viaggiatori, secondo usanza e garbo, tengono del viaggio anche un puntuale diario, in lingua francese per ossequio al gusto e alla dominante cultura illuminista: narrazione esatta, razionale, nella quale ogni fatto è un evento e ciò che è reale è quasi sempre razionale, persino l’impero della confusione, e di altri “prodotti tipici” del Sud di allora. La narrazione del percorso pugliese fu stilata da Willelm Hendrik van Nieuwerkerke, che inizia il suo rendiconto a far data dal 18 aprile 1778. Fino a Taranto, dove poi i quattro, Ducros e i servitori s’imbarcano per la Sicilia, è un susseguirsi di alterni stupori: ora si loda il paesaggio tremolante di olivi e fertile di vigne, poi si attraversano “brughiere” non ancora traslate in “macchia mediterranea”. Le città pugliesi, tranne qualche imprevista eccezione, non appaiono particolarmente allettanti o ben costruite e quasi mai adeguate ad ospitare decorosamente i forestieri, ad incantarli di cibi e sapori, a donar loro un sicuro e “sano” dormire condito di pulizia, magari “giustiziate” le popolatissime colonie di insetti e cimici, che a Bari, ad esempio, si trastullarono tutta notte con il sig. Willelm Hendrik van Nieuwerkerke. E le strade del regno? “sgarrupate”, impantanate, pericolose! eccitate con frequenza da qualche banditto, ma anche santificate dalle tante Madonne della fede dei nostri padri condotte in processione. Come l’Incoronata a Canosa o la Vergine dipinta da… s. Luca (!) venerata nella cattedrale di Barletta, invocata per la pioggia, che scrosciante fermò i nostri per un paio d’ore, o per evento meteorologico o per miracolo. I visitatori pensarono certo ad una coincidenza climatica, scettici e laicamente esigenti qual erano, sempre pronti a parlare di “superstizione” invece che di “devozione”, a valutare come “gotici” i molti segni d’arte post-classica “pugliese”, da quella “cristiana” alla barocca. E “gotico” stava allora per primitivo, eccessivo e soprattutto inelegante. Il gusto corrente, misurato dalle serene forme del classicismo e del neoclassicismo, sempre, anche inconsapevolmente, spinge invece i “pellegrini” con reverente ammirazione ai resti (spesso miseri) del grande passato greco romano, come a Taranto, cui Ducros deve porgere il suo omaggio, anche se si tratti di rappresentare poche “pietre”, e più a Manduria, delle cui sorprendenti testimonianze classiche lamentano l’abbandono e la scarsa notorietà.

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Una sensibilità dunque incline all’armonia e alla simmetria, che quasi sempre condiziona drasticamente il giudizio estetico: è il caso del “Cappellone” della cattedrale di Taranto, i cui splendidi intarsi marmorei appaiono, senza plausibile motivo, di cattivo gusto (mauvais gout). La classicità è nota ai nostri anche negli aspetti topografici, nella storia dei luoghi, nelle rimembranze poetiche, per cui il Galesus, benché misero di acque e vegetazione, immediatamente si nobilita della poetica reminiscenza oraziana, e così Egnatia; la piana di Canne, deserta ed incolore, deve obbligatoriamente essere ritratta per via della celebre battaglia: Ducros è vivamente pregato di metterla a “colori” su foglio. Ma il passato interessa non sempre in maniera “disinteressata”; volentieri se ne asporterebbe qualche tessera, anche se in Puglia, pur avendo visto e valutato qualcosa, i nostri sembrano non prendere nulla, o almeno nel diario non è detto. I quattro sono “tra loro” solo dove ritengano d’incontrare il gusto, la cultura e la sensibilità dell’Europa civile, aristocratica ed “illuminista”. E degni di apprezzamento quanti, anche in quel “mondo lontano”, si mostrino istruiti, colti, e soprattutto inclini all’archeologia: così “passano alla storia” (sorprendenti eccezioni) il sig. capitano tarantino Gennaro Simeone e pochi altri personaggi del mondo delle professioni incontrati a Lecce e Brindisi. Misurati i giudizi sullo Stato e il governo del Sud: si loda il Re perché a Bovino offre ai forestieri una scorta di cavalieri per difenderne vita, beni e libertà di movimento; la Calabria, però, appare del tutto infeudata a numerose, agguerrite e sanguinarie associazioni di banditti, e ovunque troppo spesso la tolleranza sconfina nella più scandalosa impunità. Nei diari “olandesi” e nelle opere di Ducros ovviamente c’è anche il popolo pugliese. Che li scruta con stupore, per come vestono, si muovono, per i “grandi” cui a volte si accompagnano e persino per ciò che… mangiano: appena fuori Nardò, consumando una fugace colazione en plein air profumata di “frittatine e cosciotto freddo di montone”, i giovani aristocratici si vedono spiati da oltre cento popolani curiosi e divertiti. Un popolo rappresentato di frequente in modo caricaturale. Non v’è mai il tentativo di volere interpretare le “differenze” quali espressione di un particolare specifico culturale: a Brindisi assistono al ballo della


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LA PUGLIA NEGLI ACQUERELLI DI LOUIS DUCROS

ato nel 1748 a Moudon, sul lago di Neufchatel, in Svizzera, il pittore Abraham Louis Rodolphe Ducros fu ingaggiato come “reporter-visuel” per illustrare luoghi e monumenti del voyage in Italia, Sicilia e Malta, che Nicolaas Ten Hove, ideatore e organizzatore, stava per intraprendere nel 1778 in compagnia di Willem Carel Dierkens, Willem Hendrik van Nieuwerkerke, Nathaniel Thombury. I primi passi nel campo artistico vedono Ducros allievo presso la scuola privata di Nicolas Henri De Fassin (Liegi 1728-1811); sono questi gli anni in cui è intento allo studio e all’esecuzione di copie di opere di artisti fiamminghi e olandesi. Ducros lascia la Svizzera nel 1776 e raggiunge l’Italia, in un viaggio che sarà decisivo per la sua formazione artistica. Si stabilisce a Roma, nel quartiere degli artisti al Campo Marzio. Aseguito anche delle scoperte archeologiche di Pompei e Ercolano, l’Italia e Roma, in particolare nella seconda metà del ‘700, erano tappe obbligate per quanti, soprattutto ricchi benestanti stranieri, provenienti prevalentemente dall’Europa settentrionale, cercavano scambi e arricchimenti culturali, sollecitati dalla curiosità, dall’interesse per l’archeologia e l’arte, dalla necessità di approfondire le proprie conoscenze, oltre che dalla

speranza di ‘acquistare’ reperti e resti delle antiche civiltà (greca, etrusca, romana) italiche. L’itinerario del Grand Tour in quegli anni fu ampliato, comprendendo anche regioni quali la Puglia, la Calabria e la Sicilia e spingendo quindi i viaggiatori anche a sud di Napoli. Ci piace immaginare che a Roma Louis Ducros e il colto Mister Ten Hove si siano incontrati nel famoso “Cafè degli Inglesi”, decorato con raffigurazioni egizie di Giovan Battista Piranesi e, sin dal 1769, punto d’incontro per gli artisti stranieri e italiani dell’epoca. Il viaggio porterà Ducros, trentenne, ad illustrare, quasi a “fotografare” attraverso l’uso dell’acquerello, paesaggi, marine, personaggi e scene di vita quotidiana, ma anche strutture architettoniche, senza tralasciare, soprattutto in questi casi, la restituzione “tecnica” di elementi planimetrici e decorativi. La resa dei documenti pittorici realizzati durante i quattro mesi di viaggio si discosta dalla produzione successiva: al disegno a matita o a gessetto abbozzato, ma ben visibile al di sotto della veloce pennellata di colore (tecnica adottata anche dai contemporanei Henri Swinburne e Carlo Labruzzi, conosciuti dal nostro pittore negli anni precedenti), si sostituirà nel tempo una minuziosa ricerca dei particolari, sia sul piano compositivo che a li-

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I VIAGGIATORI E IL “GIORNALE”


Willem Carel Dierkens

Willem Carel Dierkens fu battezzato a La Haye il 31 maggio 1753. La famiglia di appartenenza, sia nel ramo paterno che materno, era espressione di quell’aristocrazia colta impegnata nei più alti gradi della vita politicoamministrativa. Il giovane Willelm Carl, educato con rigore e particolare attenzione alla cultura classica, termina i suoi studi di diritto prima dei vent’anni, discutendo una tesi dal sapore decisamente illuminista, “sull’onestà, il senso civico, e l’autorità civile nell’umana natura”. Rafforzò la posizione nella società, sposando nel 1773 sua cugina Maria Susanna Fagel, figlia del potente Cancelliere degli Stati Generali. Coltivò con particolare passione sia la musica che la navigazione a vela. Ed ambedue le cose gli servirono non poco nel suo viaggio in Italia. Destinato ad una carriera di sicuro successo, nel 1777 avverte i primi sintomi dell’incurabile malattia (di cui nulla sappiamo) che lo consumerà, appena venticinquenne, il 7 settembre 1778, a Padova. Del giovane scomparso, il primo ministro scriveva al Cancelliere Fagel: “Ho sempre pensato che avesse sufficiente talento per diventare un buon ministro.”

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Canosa

Vue prochaine de l’Arc de Trajan sur la Voye Appienne & du ancien Tombeau, bordant la Voye Veduta nei pressi dell’arco di Traiano sulla via Appia e dell’antica tomba, al margine della via

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187 x 494

Canosa 55


Barletta

Vue de la Ville de Barletta, prise du côté de la Mer Veduta della città di Barletta, ritratta dal mare

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210 x 308


207 x 310

Vue du Ch창teau, qui domine le port de Barletta Veduta del Castello, che domina il porto di Barletta

Barletta 59


Bari

Vue du Port de Bari Veduta del porto di Bari

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182 x 529

Bari 73


Brindisi

Colonne Antique sur le port de Brindisi Colonna antica sul porto di Brindisi

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479 x 519


185 x 262

Vue ĂŠloignĂŠe de la colonne antique sur le port de Brindisi Veduta da lontano della colonna antica sul porto di Brindisi

Brindisi 95


Brindisi

Concert chez le Consul de France Ă Brindisi Concerto dal console di Francia a Brindisi

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176 x 262


290 x 185

Colonne dance la place publique de Lecce Colonna nella piazza pubblica di Lecce

Lecce 101


Taranto

Vue de l’Aqueduc & de la Ville de Tarente Veduta dell’acquedotto e della città di Taranto

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367 x 525


218 x 370

Domestiques & Mariniers Ă bord Domestici e marinai a bordo

Taranto 133


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