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Obiettivo Salute

La Voce della comunità cristiana del Policlinico San Matteo di Pavia Anno 4 - numero 9

a cura del Consiglio Pastorale dell’Ospedale Cappella Forlanini - Annunciazione

SOMMARIO La cappella della Madonna della Salute nel Padiglione DEA . . 1 di Padre Felice de Miranda

La Madonna della Salute . . . . . . . 4 La cultura della Vita . . . . . . . . . . . 5 Omelia di Mons. Corrado Sanguineti per la Giornata della Vita

Natale in ematologia . . . . . . . . . . 7 Giornata Mondiale del Malato . . . 8 Avvicendamento nella cappellania 9 Bioetica Oggi . . . . . . . . . . . . . . . . 10 Le neuroscienze di Arturo Mapelli

Pagine di storia della medicina . . 13 Non ci resta che Cosma e Damiano di Anonymus

Informazioni, orari, contatti . . . . . 16

La Cappella della Madonna della Salute nel padiglione DEA

A

DI

PADRE FELICE DE MIRANDA

l piano terra, corpo B, del nuovo padiglione del DEA si trova una piccola e graziosa cappella che ha trovato e trova continuamente apprezzamenti unanimi da coloro che vi sostano per un momento di preghiera. La Cappella è intitolata alla Madonna della Salute e questo ti-

tolo sarà riportato sulla porta d'ingresso e nella didascalia della vetrata artistica corrispondente. La scelta di questo mistero mariano fu concordata col Vescovo emerito di Pavia Mons. Giovanni Giudici all'apertura della cappella del nuovo padiglione DEA, e nasce dalla devozione che i malati di


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tutto il mondo hanno per la Madonna. L’iconografia prescelta è quella dell'omonimo quadro cinquecentesco che si trova nella Chiesa della Maddalena in campo Marzio a Roma, dove è ubicata anche la Casa Generalizia dei religiosi Camilliani (dove riposa il corpo di San Camillo), quadro che il prossimo 12 giugno verrà esposto alla pubblica venerazione nella piazza San Pietro per il Giubileo dei malati con la

presenza di papa Francesco. Una copia di questo quadro “miracoloso” si trova in tutte le Chiese e Cappelle officiate dai sacerdoti dell’Ordine religioso dei Ministri degli Infermi (Camilliani), ordine a cui appartengono anche i cappellani dell’Ospedale fin dal 1953. Anche nella chiesa principale del Policlinico San Matteo vi è una bella copia di questo quadro che risale probabilmente al XVIII secolo. Tavola 1

La cappella attuale

All’unanime apprezzamento della cappella (così com’è ora) si riscontra anche un'altrettanto unanime constatazione che le dimensioni della stessa sono molto anguste e comportano limitazioni all'uso non indifferenti. Infatti la superficie totale della


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cappella (area presbiterale + area dell'assemblea) risulta inferiore ai 50 metri quadrati; la cappella dispone anche di un piccolo locale di circa 4 metri quadrati adibito a sacrestia. Circa una ventina i posti a sedere. Alla limitatezza dello spazio per l’assemblea si aggiungono anche altri limiti. Come spesso avviene, si presentano in cappella persone disabili e/o in carrozzina. Il loro posizionamento è davvero problematico e può trovare soluzione o nella corsia centrale, bloccando però così il passaggio dei fedeli al momento della comunione, oppure, dopo una serie di manovre per nulla facili, si può trovare un posto alla sinistra dell’area presbiterale. Una “soluzione”, del tutto insoddisfacente, al problema dello spazio consiste nello spalancare la porta d’ingresso per guadagnare qualche metro quadrato, consentendo la partecipazione ad un’altra ventina di posti (in piedi) con qualche problema di audio. Anche la porta di accesso che è formata da due grandi ante di 90 cm cadauna e piuttosto pesanti (perché resistenti al fuoco), non facilita l’ingresso delle persone in carrozzina. La cappella non è dotata di uno spazio dedicato alle confessioni o ai colloqui privati e non ha alcuna finestra (non considerando le due finestrelle nella porta) ma dispone solo di illuminazione artificiale. Inoltre non è dotata neppure di un servizio igienico per i sacerdoti. Paradossalmente, alle ridotte dimensioni della cappella fanno contrasto le ampie dimensioni dell’atrio antistante la stessa che è una zona di semplice passaggio.

Il progetto di ampliamento È sorta così spontanea l'idea di guadagnare spazio per la cappella con semplici lavori di “manutenzione straordinaria”.

Infatti, come risulta nelle tavole grafiche del progetto redatto dall’arch. Fabrizio Carcano di Pavia, spostando semplicemente la tramezzatura posteriore e riducendo corrispondentemente la superficie dell’atrio antistante si otterrebbe: − il raddoppio della capienza dell’assemblea: da circa 25 a circa 50 persone; − un locale riservato per le confessioni o colloqui spirituali; − un servizio igienico privato per il sacerdote; − una porta scorrevole trasparente ed elegante che permetta un facile accesso alle persone disabili, anche in carrozzina e contemporaneamente dia luce all’aula; − uno spazio riservato per almeno due o tre carrozzine; − due vetrate artistiche che rappresentano la Madonna della Salute e San Camillo de Lellis, patrono dei malati;

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− un impianto di amplificazione audio con tre microfoni; − un nuovo pavimento artistico sovrapposto ai due precedenti; − impianto di videosorveglianza; − decorazioni varie parete presbiterale, controsoffitto, ecc. Tutti i lavori verrebbero realizzati a secco, utilizzando elementi prefabbricati in officina e montati in cantiere. Questo consentirà di ridurre al massimo i disagi dei lavori agli utenti dell’ospedale e i tempi di chiusura della cappella.

Raccolta fondi La Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo ha approvato il progetto ma non può disporre dei fondi necessari per la sua realizzazione. Così la Cappellania del Policlinico,

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insieme con la Parrocchia Santa Maria di Caravaggio a cui appartiene ecclesiasticamente il Policlinico San Matteo, ha avviato una raccolta fondi per realizzare questo progetto. Da queste pagine vogliamo lanciare un appello a tutti coloro che possono darci una mano, privati, società, associazioni, fondazioni, parrocchie, enti di beneficenza, ecc. L'importo complessivo dei lavori, stimato sul progetto preliminare, am-

monta complessivamente a 99.847 euro (IVA compresa). Una cassetta di raccolta si trova all’interno della cappella. Chi volesse effettuare un bonifico bancario può versare l’importo sul conto IBAN: IT 56N J05048 11399 00000000 8764 intestato alla Parrocchia Santa Maria di Caravaggio – Viale Golgi, 39 – Pavia. È importante specificare i dati completi del donatore (nome, indirizzo, CF) e la causale del bonifico: Progetto

ampliamento cappella del DEA. Una targa ricorderà le donazioni di importo di almeno 1.000 euro secondo i desideri del donatore. I donatori possono essere sia persone fisiche che giuridiche (società, enti), e/o associazioni di categoria, di volontariato, fondazioni, ecc. (ad es. in memoria di..., personale ospedaliero del reparto di..., personale della clinica medica..., associazione degli infermieri di..., fondazione..., ecc.).

La Madonna della Salute

È

noto che Maria Santissima è invocata come Salute dei malati, è la Salus infirmorum. Solo pochi decenni or sono San Giovanni Paolo II volle istituire una nuova memoria liturgica per celebrare la Vergine di Lourdes e affidarLe tutti i malati del mondo. È questa l'ultima espressione della bimillenaria fede del popolo di Dio nella potente azione di Maria Santissima a favore dei suoi figli ovunque sparsi nel mondo e, in particolare, dei malati e di tutti i più bisognosi. Un’azione potente che non si limita alla efficace intercessione presso il Figlio Gesù né all’esempio che attira e che porta a Lui, ma si esprime anche con una particolare azione taumaturgica che rivela un singolare carisma di guarigione affidato da Dio direttamente alla Vergine. I Padri della Chiesa antica ne erano convinti ma ancor di più ne era e ne è sempre stato convinto il popolo di Dio come risulta dai milioni di ex voto che tappezzano i santuari mariani di tutto il mondo. Questa particolare capacità taumaturgica della Madonna si esprime bene nel titolo di Salus Infirmorum (Salute degli Infermi). Possiamo far risalire l’origine di questo titolo, che si fonda su tutta l'esperienza terrena della Vergine – in

Madonna della Salute che si venera nel Santuario San Camillo di Milano. Questa icona sarà assunta come modello per la vetrata artistica della nuova Cappella del DEA.

particolare nel mistero della Visita alla cugina Elisabetta, nel miracolo alle nozze di Cana, nello stare ai piedi della Croce di Gesù e nel mistero della sua Assunzione al cielo –, a testimonianze che risalgono almeno al III secolo. Infatti nella celebre e antichissima antifona mariana Sub Tuum Praesidium (Sotto la Tua protezione), che è datata, appunto, all'inizio del III secolo, l’orante si rivolge alla Madre di Dio (quasi

due secoli prima del Concilio di Efeso in cui venne riconosciuta la legittimità del titolo Madre di Dio) invocando per “coloro che sono nella prova” di essere “liberati da ogni pericolo”. Dall’XI secolo abbiamo la bellissima preghiera Memorare di san Bernardo che esprime la stessa fiducia nella potente azione della Madonna. In epoca medievale si formarono le litanie lauretane in cui troviamo in forma esplicita il titolo Salus Infirmorum, litanie approvate definitivamente dal Papa Sisto V nel 1597. Anche nel Messale proprio dell'Ordine camilliano si trovava (e si trova) la Messa propria della Salus Infirmorum. Questo formulario che è stato ripreso, quasi integralmente, e inserito anche nel Messale Romano di Paolo VI. È la prova provata che la Lex orandi è la lex credendi, ovvero ciò in cui crediamo si esprime e si rivela nella preghiera. Rivolgersi a Maria mossi da una fede ben sperimentata significa esprimere la fiducia nel suo aiuto per tutti i malati a noi vicini e lontani, e nello stesso tempo, rendere onore e gloria a Colei che continua a suscitare e a sostenere con la sua presenza e con la sua azione tutti coloro che curano e che assistono i malati. PADRE FELICE DE MIRANDA


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La cultura della vita Omelia del Vescovo per la 38° Giornata Mondiale della vita (tenuta nella basilica di S. Pietro in Ciel d’Oro a Pavia)

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arissimi fratelli e sorelle, carissimi amici che siete parte del grande Popolo per la Vita, abbiamo ascoltato già una parola abbondante e ricca: quella del Vangelo che ci ha fatto rivivere l’incontro dei discepoli con il Risorto sulla strada di Emmaus, quella dei Vescovi italiani, nel messaggio inviato per questa 38ª Giornata Nazionale per la Vita sul tema “La misericordia fa fiorire la vita”, collegato alla celebrazione dell’Anno Santo della Misericordia, e infine quella delle belle testimonianze che ci sono state proposte e che valgono molto più della mia breve omelia. Sono infatti parole sostanziate di carne, di storie, di volti, di sofferenze e di gioie, parole davvero di vita! Io vorrei, semplicemente, mettere in luce il legame profondo che unisce queste parole proposte a noi questa sera, perché è sempre bello vedere come il Vangelo sia capace di plasmare la nostra storia e di prendere vita nella nostra esistenza. Il racconto di Emmaus ci rivela un tratto di delicatezza, di pazienza e di misericordia nel modo in cui Gesù risorto si accompagna e si fa riconoscere dai due discepoli, tristi e delusi: per loro era tramontata la speranza accesa dal Nazareno, e il loro cuore greve e amareggiato era incapace di riconoscerlo, né erano riusciti a la-

sciarsi contagiare dall’entusiasmo delle donne. La loro narrazione a Gesù si conclude così: «Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Gesù, da parte sua, non si manifesta subito, dà loro tempo, percorre con loro un tratto di strada, ed esercita un paziente ascolto che permette loro di esprimere ciò che hanno in cuore e di entrare in sintonia con lui, pellegrino ignoto, fino al momento culminante quando, nel segno dello spezzare il pane, i loro occhi si aprono e lo riconoscono: in quel momento rivivono, tanto che in fretta tornano indietro a Gerusalemme dai loro amici e condiscepoli per condividere la gioia del loro incontro con il Vivente. Ecco, fratelli e sorelle, qui vediamo come davvero la vita rinasce in un incontro, profondamente e integralmente umano, dove quei due discepoli, che avevano la morte nel cuore, rivivono e proprio l’incontro con Gesù risorto è l’incontro con “la misericordia” che “fa fiorire la vita”. Una misericordia che è diventata volto, gesto, ascolto, parola, condivisione del pane. Direi che tratto predominante nell’esperienza dei due di Emmaus è proprio l’ascolto che fa accadere un rapporto intenso: l’ascolto di Gesù, che accetta che siano loro a parlargli delle vi-


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cende del profeta di Nazaret, e che permette di fare venire alla luce la loro delusione e il loro scoramento. Così, nelle varie testimonianze di questa sera, abbiamo visto riaccadere, in vari modi, la stessa esperienza di una misericordia, incontrata attraverso volti e persone, nella scoperta che c’è qualcuno che si prende cura di noi, ci accoglie, ci ospita e così fa rifiorire in noi la vita: ci rende capaci di non rifiutare la vita, in situazioni drammatiche o di solitudine, ridesta la possibilità del perdono e di nuove relazioni nel tessuto della famiglia, riapre strade per un futuro più bello, a misura del nostro cuore, là dove tutto sembrava perduto. Carissimi amici, diciamo allora grazie per il dono delle testimonianze di questa sera, e per tutto il bene che cresce nella nostra Diocesi in tante realtà che formano “il popolo della vita”: davvero sono impressionato, in queste prime settimane in cui comincio a conoscere queste realtà di servizio, di accoglienza e di cura della vita. Quanti modi di servire e di far rifiorire la vita: la vita rifiutata nel grembo di una donna, magari sola e

PIER SANDRO ASSANELLI già Assessore ai servizi sociali della città di Pavia ed ex Presidente del Centro Aiuto alla Vita di Pavia, consegna a Papa Francesco un libro sulla vita del Servo di Dio Dott. Giancarlo Bortolotti, grande medico ginecologo del Policlinico di Pavia che ha dedicato tutta la sua vita al servizio della vita, e di cui è in corso il processo di beatificazione. L’incontro è avvenuto in occasione del 35° Convegno Nazionale dei Centri Aiuto alla Vita tenutosi recentemente a Roma dove il Dott. Assanelli è stato uno dei relatori nella sessione “La dimensione pubblica del volontariato per la Vita. Come entrare in rete con le istituzioni”.

abbandonata, la vita di ragazzi e giovani che provengono da famiglie disgregate e quasi inesistenti, la vita di persone emarginate, scartate, segnate da handicap, da povertà estrema, da mancanza di lavoro e di affetti, la vita dei malati e degli anziani, nei nostri ospedali, nelle case di cura – a volte dimenticati dai loro stessi familiari – nelle loro case piene di silenzio e di solitudine. Ancora oggi il Risorto si fa compagno di questi nostri fratelli e sorelle feriti attraverso l’incontro con uomini e donne che, mossi dalla fede e dall’impeto positivo del cuore, si fanno compagni di strada e di cammino e diventano testimoni di misericordia: tutti noi siamo chiamati a essere questi testimoni, cantori della vita e della speranza! Tutti siamo coinvolti, ciascuno nei rapporti che vive e mettendosi a disposizione, per dare un aiuto a queste realtà di servizio, e il primo modo per essere testimoni dell’amore che ricrea vita è saper perdere tempo nell’ascolto delle persone: la prima carità è l’ascolto, che diventa poi condivisione. Proprio questa mattina, Papa Francesco, incontrando i gruppi di

preghiera di San Pio da Pietrelcina, ricordava questo aspetto essenziale della vita e dell’opera di questo grande santo della misericordia, spirituale e corporale: «San Pio non si è mai stancato di accogliere le persone e di ascoltarle, di spendere tempo e forze per diffondere il profumo del perdono del Signore. Poteva farlo perché era sempre attaccato alla fonte: si dissetava continuamente da Gesù Crocifisso, e così diventava un canale di misericordia. Ha portato nel cuore tante persone e tante sofferenze, unendo tutto all’amore di Cristo che si è donato “fino alla fine” (Gv 13,1). Ha vissuto il grande mistero del dolore offerto per amore. In questo modo la sua piccola goccia è diventata un grande fiume di misericordia, che ha irrigato tanti cuori deserti e ha creato oasi di vita in molte parti del mondo». Che anche a tutti noi, dal Vescovo al più semplice dei nostri fedeli, sia dato di essere questa goccia che, per la grazia di Dio, diventa un fiume di misericordia nella nostra terra. Amen. † MONS. CORRADO SANGUINETI Vescovo di Pavia

Pier Sandro Assanelli con il Papa Francesco


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Natale in ematologia “Per te, per te, per me, un amore attivo, reale. Un amore che guarisce, perdona, rialza, cura. Quando Gesù entra nella vita uno [...] si inizia a guardare il presente in un altro modo, con un'altra speranza”.

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con lo spirito che esprime questa frase di Papa Francesco che anche quest’anno alla vigilia di Natale è stata celebrata la Messa della Santa notte nel reparto dell'Ematologia. Diversi anni fa alcuni infermieri del reparto avevano notato quanto fosse triste la festa del Natale per gli ammalati costretti a rimanere ricoverati e avevano proposto di “portare il Natale” direttamente a loro attraverso la celebrazione della messa e lo scambio di auguri con pandoro e panettone. Mi è sembrata da subito un’iniziativa bellissima e da allora ogni anno si celebra la ormai tradizionale Messa di Natale il giorno della vigilia così da rendere possibile la partecipazione anche del personale. Nel tempo mi sono accorta che il gesto della Messa e' importante sia per i pazienti che per il personale medico, infermieristico e ausiliario. Lo è

per i pazienti perché rende presente Chi davvero può dare sostegno e conforto agli ammalati ai quali è offerta la possibilità di vivere la sofferenza come un cammino per la scoperta di un bene grande. Ma lo è anche per il personale per il quale l’annuncio della venuta di Dio nel mondo rappresenta una proposta di lavoro come servizio attento e come cura appassionata e commossa dell’ammalato.

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Ogni anno la partecipazione alla Messa non è mai scontata. In un contesto come il reparto della Clinica Ematologica sono costantemente in gioco da una parte la tristezza per non essere a casa propria, la rabbia per una circostanza non voluta, la solitudine, il dolore fisico, dall'altra la speranza, il desiderio di condivisione, la voglia di combattere. Mi ha sempre colpito il fatto che Gesù, entrando in questo mondo, si mescola alla umanità ferita della vita di ognuno così che possiamo guardare il presente in un altro modo, con un’altra speranza sia che riguardi una malattia grave da affrontare sia che riguardi un paziente in una situazione clinica difficile da gestire. Infatti questo sguardo umano che genera attenzione e cura degli ammalati a noi affidati rende ancora più grande la nostra responsabilità di portare tenacemente avanti studio e ricerca di nuove cure per le malattie che affliggono i nostri pazienti. Io sono certa che le persone che sono passate da questa Clinica e che ci hanno lasciato, mi ricordo bene di Barbara, Remo, di due ragazzi di nome Andrea, Matteo, Melissa, e tanti altri, pregano perché tutti noi, ognuno nel suo ruolo, siamo aiutati a vivere il nostro compito con serietà, competenza, senza paura del sacrificio che la vita ci chiede.


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Giornata Mondiale del Malato con il Vescovo Corrado

Dal Messaggio di papa Francesco per la XXIV Giornata Mondiale del Malato

l tema prescelto da papa Francesco per la XXIV Giornata del Malato – Affidarsi a Gesù misericordioso come Maria: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5) – si inscrive molto bene anche all’interno del Giubileo straordinario della Misericordia. Il Santo Padre nel suo messaggio per la Giornata (che riportiamo in parte) sviluppa proprio alcuni aspetti del ruolo che la Madre del Signore, svolge oggi nella Chiesa per i suoi figli malati. (...) Nelle nozze di Cana, Maria è la donna premurosa che si accorge di un problema molto importante per gli sposi: è finito il vino, simbolo della gioia della festa. Maria scopre la difficoltà, in un certo senso la fa sua e, con discrezione, agisce prontamente. Non rimane a guardare, e tanto meno si attarda ad esprimere giudizi, ma si rivolge a Gesù e gli presenta il problema così come è: «Non hanno vino» (Gv 2,3). E quando Gesù le fa presente che non è ancora il momento per Lui di rivelarsi (cfr v. 4), dice ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (v. 5). Allora Gesù compie il miracolo, trasformando una grande quantità di acqua in vino, un vino che appare subito il migliore di tutta la festa. Quale insegnamento possiamo ricavare dal mistero delle nozze di Cana per la Giornata Mondiale del Malato? Il banchetto di nozze di Cana è un’icona della Chiesa: al centro c’è Gesù misericordioso che compie il segno; intorno a Lui ci sono i discepoli, le primizie della nuova comunità; e vicino a Gesù e ai suoi discepoli c’è Maria, Madre provvidente e orante. Maria partecipa alla gioia della gente comune e contribuisce ad accrescerla; intercede presso suo Figlio per il bene degli sposi e di tutti gli invitati. E Gesù non ha rifiutato la richiesta di sua Madre. Quanta speranza in que-

Il Vescovo Corrado insieme ai Cappellani e ad altri sacerdoti presiede l’Eucaristia nella Cappella del DEA (quest’anno l’11 febbraio è capitato in Quaresima, ecco perché i paramenti viola).

sto avvenimento per noi tutti! Abbiamo una Madre che ha gli occhi vigili e buoni, come suo Figlio; il cuore materno e ricolmo di misericordia, come Lui; le mani che vogliono aiutare, come le mani di Gesù che spezzavano il pane per chi aveva fame, che toccavano i malati e li guarivano. Questo ci riempie di fiducia e ci fa aprire alla grazia e alla misericordia di Cristo. L’intercessione di Maria ci fa sperimentare la consolazione per la quale l’apostolo Paolo benedice Dio: «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio. Poiché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione» (2 Cor 1,3-5). Maria è la Madre “consolata” che consola i suoi figli. A Cana si profilano i tratti distintivi di Gesù e della sua missione: Egli è Colui che soccorre chi è in difficoltà e nel bisogno. E infatti nel suo ministero messianico guarirà molti da malat-

tie, infermità e spiriti cattivi, donerà la vista ai ciechi, farà camminare gli zoppi, restituirà salute e dignità ai lebbrosi, risusciterà i morti, ai poveri annunzierà la buona novella (cfr Lc 7,21-22). E la richiesta di Maria, durante il banchetto nuziale, suggerita dallo Spirito Santo al suo cuore materno, fece emergere non solo il potere messianico di Gesù, ma anche la sua misericordia. Nella sollecitudine di Maria si rispecchia la tenerezza di Dio. E quella stessa tenerezza si fa presente nella vita di tante persone che si trovano accanto ai malati e sanno coglierne i bisogni, anche quelli più impercettibili, perché guardano con occhi pieni di amore. Quante volte una mamma al capezzale del figlio malato, o un figlio che si prende cura del genitore anziano, o un nipote che sta vicino al nonno o alla nonna, mette la sua invocazione nelle mani della Madonna! Per i nostri cari che soffrono a causa della malattia domandiamo in primo luogo la salute; Gesù stesso ha manifestato la presenza del Regno di Dio proprio attraverso le guarigioni: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi


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camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano» (Mt 11,4-5). Ma l’amore animato dalla fede ci fa chiedere per loro qualcosa di più grande della salute fisica: chiediamo una pace, una serenità della vita che parte dal cuore e che è dono di Dio, frutto dello Spirito Santo che il Padre non nega mai a quanti glielo chiedono con fiducia. Nella scena di Cana, oltre a Gesù e a sua Madre, ci sono quelli che vengono chiamati i “servitori”, che ricevono da Lei questa indicazione: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Naturalmente il miracolo avviene per opera di Cristo; tuttavia, Egli vuole servirsi dell’aiuto umano per compiere il prodigio. Avrebbe potuto far apparire direttamente il vino nelle anfore. Ma vuole contare sulla collaborazione umana, e chiede ai servitori di riempirle di acqua. Come è prezioso e gradito a Dio essere servitori degli altri! Questo più di ogni altra cosa ci fa simili a Gesù, il quale «non è venuto per farsi servire, ma per servire» (Mc 10,45). Questi personaggi anonimi del Vangelo ci insegnano tanto. Non soltanto obbediscono, ma obbediscono generosamente: riempirono le anfore fino all’orlo (cfr Gv 2,7). Si fidano della Madre, e fanno subito e bene ciò che viene loro richiesto, senza lamentarsi, senza calcoli. In questa Giornata Mondiale del Malato possiamo chiedere a Gesù misericordioso, attraverso l’intercessione di Maria, Madre sua e nostra, che conceda a tutti noi questa disposizione al servizio dei bisognosi, e concretamente dei nostri fratelli e delle nostre sorelle malati. Talvolta questo servizio può ri-

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Nella foto, insieme al Vescovo Corrado, il gruppetto degli accompagnatori che hanno guidato il Vescovo nel giro che ha fatto dopo la Messa incontrando quasi tutti i malati e il personale sanitario dei reparti di maternità, patologia neonatale, chirurgia e medicina. Si notano il Direttore sanitario Prof. Guido Broich alla sinistra del Vescovo con alcuni dirigenti medici e due cappellani.

sultare faticoso, pesante, ma siamo certi che il Signore non mancherà di trasformare il nostro sforzo umano in qualcosa di divino. Anche noi possiamo essere mani, braccia, cuori che aiutano Dio a compiere i suoi prodigi, spesso nascosti. Anche noi, sani o malati, possiamo offrire le nostre fatiche e sofferenze come quell’acqua che riempì le anfore alle nozze di Cana e fu trasformata nel vino più buono. Con l’aiuto discreto a chi soffre, così come nella malattia, si prende sulle proprie spalle la croce di ogni giorno e si segue il Maestro (cfr Lc 9,23); e anche se l’incontro con la sofferenza sarà sempre un mistero, Gesù ci aiuta a svelarne il senso. (...) A tutti coloro che sono al servizio dei malati e dei sofferenti, auguro di

essere animati dallo spirito di Maria, Madre della Misericordia. «La dolcezza del suo sguardo ci accompagni in questo Anno Santo, perché tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio» (ibid., 24) e portarla impressa nei nostri cuori e nei nostri gesti. Affidiamo all’intercessione della Vergine le ansie e le tribolazioni, insieme alle gioie e alle consolazioni, e rivolgiamo a lei la nostra preghiera, perché rivolga a noi i suoi occhi misericordiosi, specialmente nei momenti di dolore, e ci renda degni di contemplare oggi e per sempre il Volto della misericordia, il suo Figlio Gesù. Accompagno questa supplica per tutti voi con la mia Benedizione Apostolica. FRANCESCO

Avvicendamento nella cappellania

Padre Thomas

Dal primo maggio padre Thomas Sunil Joseph Pattakudilil ha lasciato il servizio di cappellano che ha svolto per oltre un anno al Policlinico per rientrare in India dove è stato chiamato

a ricoprire l'incarico di Maestro dei novizi della Provincia Indiana dei camilliani. Lo ha sostituito padre Mathew Sunny Joseph Aresseril, nato nel 1976 nello stato indiano del Kerala e sacerdote dal 2005. Padre Mathew è anche uno psicologo e uno psicoterapeuta (abilitato alla professione in India) ed è stato per alcuni anni rettore del seminario della Provincia ca-

milliana indiana. Ha accettato il trasferimento in Italia dove svolgerà per alcuni anni il suo ministero sacerdotale camilliano come cappellano per i malati del san Matteo.

Padre Mathew


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ARTURIO MAPELLI

Le neuroscienze

icerche e scoperte sempre più affascinanti sulle prestazioni cognitive, sulle emozioni e sulle attività decisionali del nostro cervello sono, da tempo, un settore d’avanguardia degli studi medico-scientifici e costituiscono le neuroscienze. Esse si avvalgono di particolari tecnologie diagnostiche, in continuo sviluppo, che permettono di stabilire interessanti correlazioni tra eventi fisici (organici) cerebrali ed eventi mentali. Il rapporto tra i dati scientifici di questo settore e le interpretazioni filosofiche della relazione tra mente e cervello ha portato ad una particolare attenzione per gli aspetti etici riguardanti le tecnologie di cui si è detto e le possibilità di impiego di sostanze farmacologiche capaci di produrre alterazioni funzionali e comportamentali. L’estremo interesse degli studiosi

per le problematiche su esposte ha portato alla creazione di una particolare sezione della bioetica chiamata neuroetica, cioè relativa agli aspetti etici delle neuroscienze. Qualcuno ha anche proposto, sulla scorta di riflessioni neuroetiche, di giungere. ad una filosofia fondata sulla funzionalità del nostro cervello: la conoscenza dei meccanismi cerebrali ci permetterebbe infatti di comprendere meglio l’essere umano e in particolare il suo rapporto etico, psicologico e sociale con la malattia e con la morte. Questa visione comporterebbe tuttavia il rischio di considerare l’aspetto neuroscientifico come determinante nella definizione delle questioni di carattere bioetico: si potrebbe addirittura giungere a preoccupanti riserve circa la dignità dell’embrione ancora sprovvisto di tessuto cerebrale, ovvero dell’indivi-

duo affetto da demenza o in stato neurovegetativo persistente. Accanto a queste considerazioni, certamente riduttive e più che discutibili, sui nuovi orizzonti che le neuroscienze sembrano aver aperto davanti a noi, è ora più interessante prendere in attenta considerazione gli aspetti etici che emergono dalle possibilità di impiego dei nuovi strumenti tecnicoscientifici: essi permetteranno infatti di conoscere sempre meglio i fenomeni cerebrali e di apportarvi modificazioni significative. Ciò potrà essere determinante, secondo gli studiosi, per l’esperienza di vita di ogni individuo e per il suo comportamento nell’ambito della convivenza sociale; ma potrà anche costituire una sfida sul piano applicativo delle conoscenze neuroscientifiche, come sul piano della sua auto-inter-

Il PROF. ARTURO MAPELLI è stato Primario di Anestesia e Rianimazione, nonché presidente del Comitato di Bioetica nel Policlinico San Matteo di Pavia e presidente dell’Associazione dei medici cattolici (AMCI) di Pavia. Attualmente collabora con alcune associazioni di volontariato cattolico ed è membro del Consiglio Pastorale del Policlinico.


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pretazione e concezione etica. Prendiamo dunque in considerazione alcune delle numerose applicazioni tecnologiche che sono ipotizzabili nell’ambito delle neuroscienze e che sollevano certamente questioni di carattere bioetico. Il potenziamento delle prestazioni cognitive e le modificazioni dello stato psicologico ed emotivo sono provvedimenti molto presenti nel campo dei trattamenti neuro-farmacologici. Gli antidepressivi sono un esempio di sostanze che, frequentemente impiegate, producono benefici effetti sui sintomi, sull’autostima e sui rapporti sociali, senza provocare importanti effetti collaterali indesiderati. Non mancano i farmaci che migliorano il sonno o l’appetito agendo sui centri cerebrali, ma meritano particolare attenzione le sostanze che si usano per il trattamento dei disordini delle attività cognitive (attenzione e memoria). Né va trascurato, per le implicazioni etiche, il diffuso impiego di prodotti finalizzati al potenziamento delle capacità mentali al di fuori delle indicazioni terapeutiche per specifiche patologie. Oltre a problemi di sicurezza e di controllo di eventuali effetti indesiderati, emerge in questi casi la questione di una eventuale nuova e raffinata forma di eugenetica, capace di produrre conseguenze negative per i singoli e per la collettività. A ciò si aggiunga l’effetto che le alterazioni delle capacità mentali possono produrre sulla identità personale e l’ autonomia degli individui. Altro campo di estremo interesse è quello riguardante l’eventuale abuso delle tecniche di neuroimmagine: esse permetterebbero un accesso diretto alla personalità dei soggetti o comunque alle strutture fisiche cerebrali con cui essa si esprime. Si potrebbe ipotizzare, in tal caso, una sorta di violazione della privacy, potendosi teoricamente ricavare, dalle immagini, indicazioni sulle propensioni degli individui a determinati comportamenti (acquisti commerciali, false testimonianze, attività criminose ecc.). Va tuttavia osservato, ad onor del vero, che tali applicazioni non presentano attualmente sicure caratteristiche di affidabilità e che la predisposizione, sia pur oggettivamente supportata da neuroimmagini, ad un

comportamento antisociale, non necessariamente deve considerarsi certamente seguita da fatti concreti. Prima di passare ad un maggior approfondimento delle irnplicazioni etiche derivanti dalla presenza, oggi determinante, delle acquisizioni neuroscientifiche, è opportuno sottolineare che l’impiego delle tecnologie sempre più sofisticate (Tomografia a emissione di positroni o PET, Tomografia computerizzata a emissione di singolo fotone o SPECT, Risonanza magnetica RMI o FRMI ed altre) è servito anche a studiare, con immagini a colori, l’attivazione di aree cerebrali in particolari condizioni come, ad esempio, nei casi di stato vegetativo persistente (donde la riconsiderazione dell’obbligo di nutrizione-idratazione di tali pazienti). Tornando alla necessità di una attenta riflessione sulle conseguenze dello sviluppo delle neuroscienze, va detto che esiste il rischio di una radicale naturalizzazione della mente e della coscienza, con la riduzione dei fenomeni spirituali alle loro basi materiali e la eliminazione dell’esperienza morale tradizionalmente intesa. Alcuni studiosi sono giunti a sbri-

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gative conclusioni, fondate sulle funzioni cerebrali, per le quali, quando un individuo decide di agire secondo una convinzione morale, si avrebbe in realtà una attivazione delle aree cerebrali coinvolte dal fatto emotivo, durante la valutazione del quesito morale considerato: ciò determinerebbe la scelta comportamentale. È evidente che questa interpretazione porterebbe a cancellare il concetto di libero arbitrio che invece, pur con qualche necessario adeguamento alle oggettive acquisizioni della moderna neuro-fisiopatologia, rimane il tradizionale e fondamentale presupposto della concezione morale dell’agire umano. Una ipotesi avanzata recentemente riguarda il ruolo che l’evoluzione avrebbe avuto nel selezionare alcune forme di risposta istintiva alle sollecitazioni del mondo esterno; tali risposte, utili per la sopravvivenza, sarebbero state progressivamente acquisite nei meccanismi del funzionamento cerebrale degli individui. Ciò, in realtà, appare assurdo se si pensa alle oggettive disparità culturali, sociali e religiose che determinano, in individui di età, razze e culture diverse, risposte completamente differenti a situazioni


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capaci di provocare reazioni morali adeguate e conseguenti. Una discutibile interpretazione filosofica delle implicazioni relative alle basi neurologiche del comportamento morale sembrerebbe portare ad una sorta di naturalizzazione dell’etica: i fattori, storici, culturali, religiosi e le riflessioni razionali di ogni individuo non starebbero alla base delle scelte morali, le quali sarebbero invece determinate da decisioni inconsce, dovute a meccanismi acquisiti dal cervello umano attraverso i fenomeni evolutivi. Dopo quanto si è detto finora, si può affermare che le neuroscienze costituiscono oggi una nuova forma di conoscenza del cervello umano e del suo funzionamento: essa porta a molte ipotesi tratte dalla ricerca psico-neurologica e da una serie di speculazioni e interpretazioni degne di attenzione. Molte teorie psicologiche, sociologiche, filosofiche, politiche e persino economiche hanno acquisito credibilità attraverso presunti legami e fondamenti tratti dalle teorie neuroscientifiche. Queste ultime, di cui tuttavia

non si può negare una certa ambiguità, hanno recentemente destato, in molti studiosi, sia giusti entusiasmi che legittime preoccupazioni, mettendo esse in discussione i concetti fondamentali che tradizionalmente stanno alla base dello studio e della comprensione degli esseri umani. Particolarmente discutibili e preoccupanti sembrano essere le teorie interpretative delle varie tecniche e delle varie metodologie di ricerca neuroscientifica: suscita perplessità, ad esempio, la presunta possibilità di ridurre ad una semplice base neurale ciò che in realtà attiene alla sfera morale (emozioni, raziocinio, scelte che ci caratterizzano come esseri pensanti). Ed è tutta da dimostrare la modalità di relazione causale che viene ipotizzata tra eventi cerebrali ed eventi mentali. Così come appare discutibile la tesi di alcuni scienziati secondo i quali la riduzione a basi biologiche di tutto ciò che appartiene a livelli culturali o spirituali è solo questione di tempo: ciò che la scienza non ha ancora spiegato dovrebbe certamente trovare spiegazione in futuro. Nella reli-

gione come nell’etica non esisterebbero dunque verità superiori rispetto a quella adattabilità evolutiva che spiegherebbe i vari comportamenti umani: lo stesso bisogno di spiritualità potrebbe essere ridotto ad una particolare sindrome di tipo neurologico. Varie altre teorie, altrettanto opinabili, riguardano presunte interazioni tra aree cerebrali nella produzione di risposte morali: anche esse costituiscono la sfida che le neuroscienze, e perciò la neuroetica, propongono oggi avanzando la possibilità di sostituire all’immagine di un essere umano capace di azioni libere quella di un soggetto costretto ad agire da forze incontrollabili, frutto di millenari fattori evolutivi. Tutte queste ipotesi sono ovviamente da considerarsi non solo opinabili, ma il più delle volte assolutamente infondate. La neuroetica rimane dunque, per ora, solo un affascinante percorso che appartiene alla attività di ricerca sui fenomeni ancora misteriosi che stanno alla base delle scelte di ogni individuo e soprattutto sui fattori causali che li determinano.


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Pagine di storia della medicina Non ci resta che Cosma e Damiano

P

DI

ANONYMUS

Potremmo rivolgerei er tutti noi al medico ed evangechirurghi il lista Luca, “l’amato momento è Luca” come lo descriinquietante e non ve San Paolo. facile. Ma saremmo obbliLe ragioni sono gati a spartire il suo varie ed elencarle sguardo benevolo è un vero cahier con i pittori: Luca è des doléances: le infatti il loro patrodifficoltà econono avendo (secondo miche della sanila leggenda) dipinto tà con un permala prima immagine nente senso del della Madonna. “doman non c’è Possiamo rivolgerei alcertezza”, il peso lora a santi meno titosempre più inlati quali i gemelli, combente dei buCosma e Damiano, rosauri nel nostro che per trattare la quotidiano progangrena di un arto fessionale, la preinferiore destro in un tesa di una persobianco praticarono nalità più da ecotout court un trapiannomista che da to con l’arto sano di chirurgo, la conuno di colore. L’episofusione nell’imdio, immortalato nel maginario colletcorso dei secoli da tivo tra diritto un’ampia iconografia, alla salute e diritsancisce la loro consato alla sanità, la crazione a tutela dei richiesta, talvolta chirurghi in generale arrogante, da pare in relazione alla pate del paziente di tologia, ci piace penobbligo alla guarisare, ai vascolari in pargione, la corsa PRIMO CARENA, I Santi Cosma e Damiano nella Cappella Forlanini ticolare. continua all’agMa veniamo ai fatti; giornamento detcoscientia” un paziente e di insegnase dobbiamo rivolgerei a loro è metata da accelerazioni tecnologiche glio conoscerli da vicino. La storia si che, sempre più sovente, non ci ve- re ad altri un mestiere. dono protagonisti ma braccio armato Tali aspetti possono determinare, svolge a Roma ci è tramandata dal di interessi di mercato, i continui anche nei meno vulnerabili, momen- monaco Jacopo da Varagine (è tra i (anche proditori ) agguati medico le- ti di isolamento e di sconforto, tal- personaggi de “Il nome della rosa”) gali con il flagello del contenzioso volta rabbia; in pratica si ha la sensa- nella sua Leggenda aurea. La semplicigiudiziario, la deontologia professio- zione di essere l’ultimo con il cerino tà descrittiva è talmente bella che nale ormai merce rara, e per ultima ( acceso, quindi responsabile di una si- vale la pena di riportarla in assenza come forse qualcuno vorrebbe) la di- tuazione negativa. Non ci resta che di parafrasi: “Cosma disse a Damiano: fesa di una professionalità con il do- affidarci al sopra naturale alla ricerca con che sostituiremo la carne guasta che taglieremo? Allora l’altro rispose: nel civere di gestire secondo “scientia et di un santo protettore.


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mitero di San Pietro in Vincoli si trova un etiopico appena sepolto, porta la sua carne per sostituire questa. Egli se ne andò dunque di tutta fretta al cimitero e prese la gamba del moro. Tagliarono poi quella del malato, misero al suo posto la gamba del moro, unsero con cura la piaga, dopodichè portarono la gamba del malato al moro. Poiché quell’uomo svegliandosi non sentiva dolore, portò la mano alla gamba e non vi trovò alcun male. Prese allora una candela e non vedendo nessuna piaga sulla gamba pensava di non essere più lui ma di essere un altro che era al suo posto. Infine tornato in sé saltò gioioso fuori dal letto e narrò a tutti ciò che aveva visto dormendo e come era stato guarito. Subito si andò al cimitero e si trovò la gamba del moro tagliata e quella dell’altro messa nella tomba”. I due protagonisti dell’exploit hanno origini controverse; il Sinossario di Costantinopoli riconosce tre coppie di Santi Gemelli, ognuna con i nomi di Cosma e Damiano, onorata in giorni diversi: i martiri romani lapidati il l luglio, il 27 settembre i martiri arabi decapidati ed il 1 novembre i medici provenienti dall’Asia e deceduti per morte naturale. La tradizione romana li colloca durante il regno di Carino (293 d.C.). I due medici accusati di praticare magia vengono portati al cospetto di Carino. L’imperatore soffre dei postumi di un disarcionamento e presenta una lussazione del rachide; Cosma e Damiano la trattano in maniera efficace e vengono pertanto assolti con la libertà di professare. Il fatto, si sa, suscita l’invidia dei colleghi che invitano i due ad un raccolta di piante medicinali in un bosco per poi lapidarli a morte. La tradizione araba invece, la più verosimile, li vede gemelli arabi che, dopo gli studi medici in Siria, si stabiliscono a Egea nella baia di Alessandretta in Cilicia. La loro professione, intrisa di fede cristiana, determina ampia notorietà come guaritori. Il governatore romano della regione è Lisia mentre sono in atto le terribili persecuzioni religiose di Diocleziano (284-305) nei confronti dei cristiani. Lisia, sollecitato

dall’omnipresente affetto dei colleghi, ordina l’arresto di Cosma e Damiano obbligandoli ad accogliere le pratiche pagane ed abiurare la loro fede. I due rifiutano e vengono condannati a morte. È sempre dalla Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine che conosciamo i fatti: “il proconsole Lisia, cui era giunta la loro fama, li convocò e cominciò a domandare i loro nomi, la loro patria e quale fortuna possedessero. I santi risposero: i nostri nomi sono Cosma e Damiano, abbiamo altri tre fratelli che si chiamano Antimo, Leonzio ed Euprepio, la nostra patria è l’Arabia. Il proconole ordinò che portassero i loro fratelli e sacrificassero insieme agli idoli ma poiché essi si rifiutarono assolutamene di sacrificare diede ordine che fossero tormentati a mani e piedi. E poiché essi volgevano queste torture in derisione Lisia li fece legare e precipitare in mare ma subito un angelo li salvò dai flutti. Allora Lisia li fece gettare in un gran fuoco da cui non ebbero a soffrire nulla, al contrario la fiamma sprizzò lontano e fece morire gli astanti. Vennero allora appesi ad un cavalletto senza subire danni benchè i carnefici fossero stremati a furia di batterli. Allora Lisia fece imprigionare i fratelli e ordinò che Cosma e Damiano fossero crocefissi e lapidati dal popolo, ma le pietre tornavano addosso a coloro che le lanciavano e ne ferivano un gran numero. Poi ordinò di farli trafiggere dalle frecce di quattro soldati ma le frecce tornavano indietro e ferivano molte persone senza fare male alcuno ai santi. La mattina dopo fece decapitare tutti e cinque i fratelli insieme”. La sepoltura dei due medici santi presenta aspetti curiosi. I due gemelli nel loro peregrinare compivano guarigioni con l’abitudine, assolutamente non condivisibile, di rifiutare compensi per la loro opera, tale da etichettarli come “anargiri”. La leg genda racconta che una donna di nome Palladia, dopo aver dilapidato un patrimonio in consulti e rimedi inefficaci per la sua malattia, si rivolge a Cosma e Damiano ottenendo guarigione. Palladia per ringraziamento offre a Damiano tre uova; il santo inizialmente rifiuta ma dopo le vari insistenze di Palladia, anche

per non mortificarla,naccetta il dono. La scena è descritta dal Beato Angelico (1387-145 ) nelle varie sequenze della storia come abitudine nell’epoca; vale la pena di essere vista alla National Gallery di Washington. Alla sinistra della tavola Palladia è ritratta a letto durante la visita di Cosma e Damiano mentre a destra, seguendo la sequenza temporale, Palladia in piedi guarita dona a Damiano le uova mentre Cosma di spalle si sta già allontanando. Quando Cosma scopre il fatto si irrita talmente con il gemello (!!) da dichiarare solennemente che alla sua morte non vorrà essere sepolto vicino a Damiano. Ed è sempre Jacopo da Varagine che ce lo racconta e Beato Angelico che lo rappresenta: alla morte dei due per decapitazione i cristiani, ricordandosi della richiesta di Cosma “pensavano alla maniera in cui i martiri volevano essere sepolti distanti, quando d’un tratto arrivò un cammello che parlando con voce umana ordinò che i santi fossero seppelliti nello stesso luogo. Essi soffrirono sotto Diocleziano che cominciò regnare nell’anno 287 del Signore”. Nel dipinto Beato Angelico precorre i fumetti: rappresenta in maniera efficace il cammello parlante con un cartiglio a livello della bocca. La collocazione dei due nella schiera dei santi avviene ben presto; a Roma il papa Simmaco (498-514 ) dedica in loro onore un oratorio nella basilica di Santa Maria Maggiore e poco dopo papa Felice IV (526-530) fonde i due tempi i pagani del Foro il Templum divi Romuli e il Templum sacrae urbis in un’unica basilica dedicata a Cosma e Damiano. La basilica è attualmente visitabile all’inizio del Foro in Roma. La scelta di Felice IV sul luogo non è casuale: nel Templum sacrae urbis sorgeva la Bibliotheca dove insegnava Galeno e poco distante era il tempio dei gemelli Castore e Polluce. Il culto di Cosma e Damiano potrebbe essere quindi, come in altri casi, una cristianizzazione del culto dei dioscuri Castore e Polluce, figli gemelli di Giove e Leda. L’abside presenta un mosaico rappre-


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BEATO ANGELICO, Guarigione del Diacono Giustiniano, Museo Nazionale di San Matteo, Firenze

sentante gli apostoli Pietro e Paolo nell’atto di presentare i due martiri a Cristo Redentore. È in questa chiesa che avviene il miracolo descritto da Jacopo da Varagine e che ha reso noti i due Colleghi: il guardiano della chiesa presenta una gangrena all’arto inferiore e durante il sonno ha la visione dei due santi che attuano il trattamento radicale di trapianto d’arto. La figura dei due santi nel mondo chirurgico è precoce: comincia nel XI secolo nella Chirurgia parva di Guido Lanfranchi (detto Lanfranco da Milano), uno dei primi manuali chirurgici. Nelle prime pagine è rappresentato Lanfranco nell’atto di insegnare a due discepoli mentre alle sue spalle sono Cosma e Damiano paludati da medici e riconoscibili dall’aureola. Diventeranno ben presto santi di rango oggetto di un’intensa produzione pittorica rinascimentale non ultimo grazie la sponsorizzazione della famiglia fiorentina dei Medici. Cosimo infatti, nonno di Lorenzo, è nato il 27 settembre giorno dei Santi Cosma e Damiano e ne ha assunto il nome; tutta la famiglia Medici sarà sempre devota ai due e ne incoraggerà l’iconografia. Fra Filippo Lippi (1406-1469) in

una tavola, attualmente al National Gallery di Londra e proveniente dal palazzo fiorentino Riccardi, già Medici, ritrae Giovanni Bicci de’ Medici, artefice delle fortuna della famiglia, nelle fattezze di Giovanni Battista attorniato dai figli nipoti ciascuno nelle vesti del santo omonimo. Sono riconoscibili i santi Cosma e Damiano, sant’Antonio, san Pietro, san Francesco e san Lorenzo. Saranno quindi conosciuti come “santi medicei”. Cosma e Damiano portano sempre un copricapo rosso, simbolo della classe medica, ed il particolare non è irrilevante: in tutta la produzione rinascimentale ed anche seguente saranno sempre rappresentati con il copricapo rosso pur se in presenza di Cristo e della Madonna mentre gli altri santi sono sempre ritratti a capo nudo in segno di rispetto alla divinità. Tale privilegio è segno del rango della figura del medico (altri tempi!). Passando da leggenda a realtà la figura dei due gemelli resta inalterata ed il loro nome diventerà fondamentale nella storia della chirurgia: la prima corporazione di chirurghi porterà il loro nome. Nell’alto medioevo medicina e chirurgia sono un’entità unica ed il sapere medico si fonda sui manoscritti

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di Ippocrate e Galeno tutelati e assicurati dai monaci copisti. La medicina viene dispensata gratuitamente dai monaci che, a seconda delle necessità, si comportano da medico, chirurgo e speziale. Nei casi particolari con indicazione chirurgica il monaco è affiancato dal barbiere tuttofare. Con la nascita delle prime enclaves accademiche il sapere medico si sposta all’esterno dell’ambito religioso pur restando sotto la longa manus ecclesiastica. Il controllo dell’autorità della Chiesa continuerà anche nelle prime facoltà mediche e tale aspetto privilegerà la supremazia della medicina sulla chirurgia; la medicina è inserita nell’ambito più ampio della physica , una sorta di scienza totivalente impregnata di teologia, filosofia, alchimia, cosmologia e astrologia. Ne è prova il fatto che tutti i docenti universitari devono essere ecclesiastici votati alla castità e al celibato; l’obbligo sarà rimosso (meno male!) nel 1453 dal papa Martino V. Con la facoltà medica di Montpellier del 1220 medicina e chirurgia vengono insegnate insieme ma già nel 1253 le due materie vengono distinte in ossequio all’editto papale “Ecclesia aborret a sanguine” del decimo Concilio Lateranense del 1215. Agli ecclesiasti viene quindi fatto divieto di ogni atto medico implicante comparsa di sangue e della caccia. Il medico deve quindi essere un pensatore in un contesto in cui il lavoro manuale, quindi la chirurgia, è lasciato alle classi più basse; nel secolo XII vengono infatti esclusi dalle primissime comunità accademiche chi ambisce ad un esercizio manuale identificato come antitesi dell’ intelligentia. Con il XIII secolo ogni atto chirurgico (salasso, incisioni di ascessi e flemmoni, trattamento di fratture, ferite ed ustioni) viene quindi lasciato ad uno sparuto gruppo di sedicenti chirurghi staccatisi dall’ambito accademico e ai barbieri. Tra le due fazioni inizia una querelle che continuerà per un lungo periodo: sotto il nome di Cosma e Damiano avrà fine. (continua nel prossimo numero)


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Le attività principali del servizio religioso

grado di comunicare è richiesta (e gradita) la mediazione responsabile dei parenti più prossimi. Per i malati in ospedale Il digiuno eucaristico per accostarsi alla comunione è ridotto, per dispensa pontificia, a un quarto d’ora (flessibile).

La visita ai malati è l’attività quotidiana dei Cappellani. In occasione della visita i malati possono chiedere l’amministrazione dei Sacramenti (Confessione, Comunione, Unzione del malato e Viatico).

L’unzione dei malati viene, di norma, amministrata ai fedeli che si trovano nelle condizioni di poterla ricevere e che ne fanno richiesta, spontanea ed esplicita, al Cappellano del reparto. Qualora il malato non fosse nella condizione di effettuare tale richiesta (es. in stato di incoscienza) per amministrare il Sacramento è necessaria (e gradita) la richiesta dei parenti prossimi che si fanno garanti del volere del malato stesso. In qualunque momento del giorno o della notte è possibile chiamare il cappellano di guardia per la celebrazione dell’Unzione.

La comunione ai malati viene portata ai fedeli che ne fanno richiesta, spontanea ed esplicita, al Cappellano del reparto. Qualora il malato non fosse in

Colloqui individuali. I cappellani sono a disposizione del personale presente in ospedale che desidera un accompagnamento spirituale.

La celebrazione dell’Eucaristia è il Culmine e la Fonte della vita cristiana. Nelle Cappelle della Fondazione San Matteo si celebrano, ogni giorno, tre Sante Messe, nei luoghi e negli orari sotto riportati.

Cappella del DEA

Padre Felice de Miranda camilliano Responsabile della Cappellania

Padre Agostino Padovan camilliano Padre Mathew Sunny Joseph Aresseril camilliano Don Michele Sozzani diocesano

Contatti L’alloggio dei Cappellani è adiacente alla Chiesa san Matteo

0382.503463 Tel. e Fax 0382.526255

Tel. interno

E-mail: cappellani@smatteo.pv.it

Per chiamate urgenti (24H)

335.7360596 (da rete esterna) 735-782 (da rete interna)

Confessioni

Orari delle Messe Chiesa San Matteo

I Cappellani

feriali

prefestivi

festivi

7.15 e 19.15

19.15

10.00 e 19.15

16.00

17.30

11.00

Le Messe celebrate nei reparti in particolari giorni dell’anno vengono segnalate con avvisi in loco. La Chiesa San Matteo si trova tra il padiglione 11 e il padiglione 12, ovvero tra la Riabilitazione specialistica (Fisiatria) e il SIMT (Servizio immunotrasfusionale), di fronte alla palazzina dell’Economato. La Cappella del DEA si trova al piano zero - corpo B.

Radio e TV Alcune Radio e TV cattoliche trasmettono (24H) programmi particolarmente dedicati ai malati: Radio Maria FM 107,9 - Radio Materr FM 95,3 TV Sat 2000 - Canale 28 - TV Padre Pio - Canale 145 Domenica Santa Messa: ore 10,00 su Rete 4 - ore 11,00 su RAI1

Ringraziamenti Si ringrazia la Provincia Nord Italiana dell’Ordine dei Ministri degli Infermi (Camilliani) per aver sostenuto le spese di stampa di questo numero.

In Chiesa, prima (15’) e dopo la celebrazione della Messa, è sempre possibile confessarsi. Nei reparti i degenti possono confessarsi in occasione della visita del cappellano.

Dal lunedì al sabato nella Chiesa San Matteo Lodi 7,40 Vespri 18,40 Angelus 12,00 Rosario 18,55 Obiettivo Salute Autorizzazione del Trribunale di Pavia n. 14/2013 SEDE REDAZIONE c/o Chiesa San Matteo Fondazione I.R.C.S.S. Policlinico San Matteo, via Camillo Golgi, 19, 27100 Pavia IMPPAGINAZIONE E STAMPPA c/o Centro Stampa della Casa del Giovane di Pavia DIFFUSIONE gratuita all’interno della Fondazione I.R.C.S.S. San Matteo I CONTRIBUTI DEGLI AUTORI sono resi a titolo gratuito PERIODICITÀ trimestrale COMITTATO DI REDAZIONE Felice de Miranda, Arturo Mapelli, Antonietta Marchi, Luigi Valenti, Cristina Zanotti DIRETTORE RESPONSABILE Padre Felice de Miranda e-mail: pfdemir@gmail.com

San Matteo - Pavia, maggio 2016

versione online http://www.sanmatteo.org/site/home/attivita-assistenziale/servizi-per-degenti-e-familiari/assistenza-religiosa/docCatobiettivo-salute.1040.1.20.1.8.html


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