Architetti_Livorno_10_2016

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N.10_2016

ARCHITETTI L I V O R N O

Ordine

degli

Architetti

Paesaggisti

Pianificatori

Conservatori


N.10_dicembre_2016

Presidente Arch. Daniele Menichini presidente@architettilivorno.it mobile +39 333 9339212 Vicepresidenti Arch. Sergio Bini Arch. Marco Del Francia Segretario Arch. Iunior Davide Ceccarini Vicesegretario Arch. Simone Prex Tesoriere Arch. Sibilla Princi Consiglieri Arch. Enrico Bulciolu Arch. Simona Corradini Arch. Vittoria Ena Arch. Fabrizio Paolotti Arch. Guelfo Tagliaferro Segreteria Barbara Bruzzi Sabrina Bucciantini Redazione Arch. Gaia Seghieri redazione@architettilivorno.it Grafica e impaginazione Arch. Daniele Menichini Pubblicazione a cura Ordine Architetti PPC Livorno Largo Duomo, 15 57123 Livorno Tel. 0586 897629 fax. 0586 882330 architetti@architettilivorno.it www.architettilivorno.it


Sommario.

pagina 1

L’editoriale. Daniele Menichini

pagina 3

Controeditoriale. Marta Niccolai

pagina 5

La cura del bene comune attraverso l’architettura. Il Padiglione Italia di TAMassociati. Daniele Menichini

pagina 11

La vignetta. Michelanchelo Lucco

pagina 13

La Nuvola. Roma Convention Center. Franco Porto pagina 17

Libera di essere Architetto. Gaia Seghieri

pagina 19

Obiettivo: progettazione ecologica. Marco Dinetti

pagina 23

Lavori di ristrutturazione e miglioramento energetico. Detrazioni Fiscali IRPEF (50 e 65%). Alessandro Pastorelli

pagina 25

Palazzo Pfanner. Gioiello settecentesco tra architettura e cinema. Gianmatteo Bianchi

pagina 27

Due ali verso la natura. Hotel tra Chianni e Riparbella. Gaia Seghieri


Daniele Menichini

Architetti della nuvola, sulla nuvola o nella nuvola?

Questa volta mi piace partire dall’inaugurazione del progetto dell’architetto Massimiliano Fuksas per il Nuovo Centro Congressi di Roma nel quartiere Eur, meglio conosciuto come “la nuvola”; un progetto che ha avuto una storia complicata sia per la quantità di denaro pubblico speso sia per la quantità di tempo che è stato necessario per la sua realizzazione. Un progetto che è stato molto criticato o apprezzato dai critici dopo la sua recente inaugurazione, e che indipendentemente dal fatto che possa piacere o meno, sarà un opera che farà molto parlare di se e che porterà una grande immagine dell’architettura italiana all’estero e che per questo deve essere rispettato anche da chi, come me, eticamente non se la sente di esaltare un opera che ha comportato un così grande impegno di finanza pubblica per un solo progetto. Con la stessa quantità di denaro si sarebbero potuti finanziare nuovi progetti, i completamenti di progetti di opere pubbliche su tutto il territorio italiano, e dare lavoro a molti più professionisti, magari anche con la realizzazione di tantissimi piccoli progetti di qualità che avrebbero potuto far parlare dell’Italia dell’architettura nel mondo ugualmente. Quale beneficio ha dato questa architettura considerando che un posto a sedere in una delle sale conferenze è costato circa 100.000 euro? Il concetto di archistar che nel titolo ho definito come “architetti della nuvola”, è un concetto ormai sorpassato, e la caricatura che il noto comico Maurizio Crozza ne 1

ha fatto nella pubblicità del caffè Lavazza ne è la dimostrazione. Guarda caso ci si trova proprio in paradiso, quel paradiso che ormai contraddistingue le pubblicità del noto marchio di caffè; su queste “nuvole” il comico ambienta lo spot facendo il verso proprio all’altrettanto noto architetto, e con passaggi simpatici e taglienti dipinge l’architetto come il creativo ad ogni costo o come quello che parla di invenzioni fantastiche, riconducibili invece a scontati elementi quotidiani. In questi passaggi si fa anche lo sfottò alla complicata burocrazia del nostro paese, concludendo con il passaggio: è un open space ma per l’agibilità ci vuole l’antibagno!. Uno spot questo che ha ancora diviso la comunità degli architetti italiani tra chi si è indignato per la caricatura, e chi invece ci ha visto un modo per avvicinare il pubblico attraverso una risata, facendo scendere l’architetto da quel piedistallo che ci ha allontanato dal possibile cittadino committente. La comunità degli architetti è ancora molto divisa tra il concetto che l’architetto debba essere la star a cui tutti guardano dal basso verso l’alto, e tra chi invece pensa che l’architetto abbia un ruolo più umile e più vicino a chiunque ne abbia bisogno, grazie alla sua cultura ed al suo ruolo anche sociale. E’ di certo indubbio che il ruolo dell’architetto e la figura dell’architetto siano cambiati e ancora si stiano evolvendo, e che il passaggio da “architetto della nuvola” a quello di “architetto nella nuvola” sia il passaggio discrimi-

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L’editoriale

nante, quello che, cambiando paradigma, sarà l’architetto del futuro. Non dobbiamo infatti sottovalutare l’importanza ed il rapporto con il mondo che si muove utilizzando il web ed il cloud per cercare e trovare ogni cosa di cui si ha bisogno, e di come anche l’approccio nuovo alla professione debba tenere conto di questi nuovi meccanismi, ed ecco perchè infine “l’architetto nella nuvola”, si, quella nuvola che comunemente tutti i giorni anche noi chiamiamo “cloud”, e che sta a portata di mano sui nostri device in ogni momento così come sta a portata di mano del potenziale committente. Quanto è importante quindi che ognuno di noi si inserisca nel cloud sfruttando al meglio tutti gli strumenti che il web ed i social media mettono a disposizione? Sul web si trovano ormai una quantità notevole di portali che parlano di architettura ed in cui è possibile creare un profilo per farsi trovare; nascono quantità innumerevoli di blog di architetti che parlano di progetti e di architettura; crescono le comunità di matching tra richiesta ed offerta di lavoro da parte di committenti, gli strumenti che si trovano e che danno l’opportunità di farsi trovare sono effettivamente là pronti ad essere utilizzati con pochi passaggi e qualche click, forse dobbiamo iniziare a pensare che da questo cambiamento non possiamo essere salvi, e che ne dovremmo approfittare, perchè molto presto i committenti cercheranno anche i professionisti così come cercano un hotel su booking o un volo su edreams.

Quanto questo meccanismo sia giusto certo ne possiamo discutere, così come possiamo discutere di quale sia effettivamente il rapporto con la qualità delle informazioni che ognuno di noi possa mettere in rete, di dove andrà a finire la professionalità se solo questo potrà essere il metodo di scelta e di giudizio; gli interrogativi sono davvero tanti e dare risposta certo non è facile, ma è sicuro che il futuro della comunicazione va in quella direzione e che dobbiamo evolverci per farci trovare pronti ed imparare ad utilizzare questi strumenti anche per poterli giudicare. Entrare nella “nuvola” non è solo il modo per creare una vetrina della propria professionalità ma anche imparare ad utilizzare correttamente tutti quelli che sono gli strumenti della digitalizzazione della professione e degli scambi di informazioni, anche con le pubbliche amministrazioni, basti pensare che ormai i progetti stanno andando tutti verso la consegna utilizzando il sistema delle piattaforme online, e che anche i concorsi di idee ormai utilizzano il meccanismo dell’upload digitale; ormai siamo ben oltre la vecchia e semplice email. La qualità del lavoro di ciascuno di noi non può certo essere messa in discussione semplicemente dal fatto che è cambiato il sistema di mostrarlo, bisogna pensare che questa maggiore capacità e possibilità di diffondere le informazioni sia una potenzialità e non una avversità. Ognuno potrà continuare a scegliere se progettare nuvole, stare sulle nuvole o entrane nelle nuvole. 2


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Marta Niccolai

L’Architetto è indispensabile!

L’annuale Festa dell’Architetto, giunta quest’anno alla quarta edizione, si è svolta il 18 e il 19 di Novembre a Venezia, all’interno della Biennale dell’Architettura “Reporting from the front” edizione 2016, caratterizzata da forti connotati sociali. Le date scelte, a ridosso della chiusura della Biennale, stanno a dimostrare l’intenzione e la necessità di continuare a parlare di architettura e del ruolo sociale dell’architetto, non solo all’interno di eventi “ad hoc” come la Biennale, ma anche e soprattutto al di fuori di essi. In questo senso la Festa dell’Architetto 2016 è stata come un “incipit”: l’inizio di una riflessione che, prendendo spunto dal tema della Biennale, vuole lanciare spunti di riflessione, per meglio definire il valore civile e culturale dell’architetto, all’interno della società moderna. La parte principale della giornata di apertura della Festa, il 18 Novembre, nella sede della Biennale Ca’ Giustinian, si è incentrata principalmente sul dibattito dal titolo L’architetto è indispensabile!. Il dibattito è stato moderato dall’architetto Alessandra Ferrari (Consigliere del CNAPPC) ed ha visto la partecipazione dell’architetto portoghese, di fama mondiale, Gonçalo Byrne; dell’architetto Nicola di Battista (Direttore della rivista Domus); del prof. Saverio Mecca (Presidente della Conferenza Universitaria Italiana di Architettura) e dell’architetto Simone Sfriso, dello studio Tamassociati, (Curatori del Padiglione Italia). Ha introdotto il dibattito il Presidente della Biennale Paolo Baratta, spiegando la scelta del tema della Biennale di quest’anno e del curatore Alejandro Aravena, ponendosi una domanda: cosa si deve esibire in una mostra di architetti, dal momento che molti architetti si auto-proclamano artisti. 3

Il Presidente Baratta sostiene che oggi l’architettura è principalmente rappresentata da quelli che comunemente si definiscono archistar. Un tipo di architettura che cerca di rispondere a domande reali con elaborazioni quasi fantastiche, date dall’uso sconfinato della tecnologia. Questo tipo di architettura, visione di un concetto di ricerca continua del benessere e di crescita smisurata, è completamente scollato dalla realtà e dalle reali domande che la società civile avanza e rinchiude l’Architettura all’interno dei limiti della tecnica e della tecnologia. La chiamata di Alejandro Aravena, come curatore della Biennale di quest’anno, risponde all’esigenza di capire quali sono le vere domande che la società civile pone all’architettura e come l’architetto risponde a questi desideri reali; portando l’architettura al suo ruolo (primitivo) principale: di bene pubblico, in senso tecnico. Presentare questo tipo di architettura, porta necessariamente a ragionare e riflettere su alcuni aspetti: - La correttezza della domanda espressa dal committente che, coinvolgendo vari soggetti, non può prescindere da un ragionamento più ampio sul concetto di proprietà privata e pubblica. - Il ruolo della tecnologia: da intendersi non come spettacolarizzazione del gesto architettonico, ma come sapere pragmatico con il quale rispondere praticamente alla domanda in maniera adeguata, e declinabile diversamente a seconda del luogo, della parte del mondo, in cui ci troviamo. Per il Presidente del CNAPPC Giuseppe Cappochin, questo tipo di ragionamento ci obbliga ad avere una visione sul futuro, capace di riportare l’architetto ad essere il protagonista dello sviluppo della città. L’architetto Gonçalo Byrne sostiene che è necessa-

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rio partire da un diverso modo di concepire lo Spazio: lo Spazio deve essere inteso come contenitore di vita. Se incominciamo a concepire lo spazio come contenitore di vita, metteremo in atto, automaticamente, quelle buone pratiche di progettazione partecipata ed inclusiva, che riporteranno l’architetto ad essere indispensabile, in quanto figura chiave nella gestione dei processi partecipativi di progettazione degli spazi, e vero e proprio interprete di questi contenitori di vita. Byrne sostiene che occorre, e anche velocemente, ritornare a concepire lo spazio in questa maniera, perché i segnali dello sgretolamento del rapporto tra società e architettura si palesa sempre di più giorno dopo giorno: partendo dai fenomeni di distruzione chirurgica della città, come sta accadendo ad opera di Daesh (ISIS) e di altri gruppi terroristici in Siria, in Iraq..etc.., fino ai fenomeni di sviluppo di pezzi interi di città senza progetto, come il proliferare delle baraccopoli nelle aree metropolitane del mondo. Il concetto di Riuso e di Rigenerazione Urbana, sono quindi indispensabili in quanto strumenti capaci di leggere lo spazio “Vuoto” come possibile contenitore di vita, ponendo l’architetto come moderatore e mediatore tra le richieste della società civile e la riposta tecnica, che deve arrivare in maniera comprensibile, senza elitarismi, ossia senza fare architettura per architetti. Nel suo intervento, il Direttore della rivista Domus Nicola di Battista, afferma che, per renderci conto dell’indispensabilità dell’architetto e del suo valore all’interno della società, occorrerebbe sostituire la parola Architettura con Abitare: in questa maniera si comprenderebbero meglio gli ambiti di applicazione della materia e la vera “mission” di un Architetto.

Finanza e Tecnologia, i due “Totem” sui quali la società ha basato il suo sviluppo negli ultimi decenni, dovrebbero essere sostituiti con altri valori, che considerino l’abitare e la qualità dell’abitare i beni principali. In questa maniera, l’Italia, che ha nel suo DNA il saper “vivere bene”, potrebbe insegnare al mondo intero come ricalibrare le proprie priorità, partendo proprio dalla riqualificazione del vivere e dalla figura dell’Architetto. Per il Professor Mecca, è necessario che l’architetto riconquisti la sua indispensabilità, per poter di nuovo essere considerato come protagonista all’interno della società e come figura chiave dello sviluppo della città. Per fare ciò, occorre che l’architetto conosca il territorio e le “leggi” che regolano uno spazio; ed occorre anche ricreare quel rapporto che esiste tra Formazione Accademica e Formazione Professionale. Ha concluso il dibattito l’architetto Sfriso di Tamassociati che, ponendo l’accento sul valore sociale dell’architettura, afferma che: l’Architettura, o è sociale o non è Architettura. Diversificare il concetto di Architettura e Architettura Sociale, presuppone l’esistenza di un’architettura “asociale” caratterizzata dalla misantropia. E questo, proprio per la natura stessa dell’Architettura, non può esistere. L’architetto deve rimettersi al centro dello sviluppo della società, ed essere messo nelle condizioni di potersi esprimere. In questo senso lo strumento del Concorso, da non intendersi come mera competizione tra professionisti, ma come spazio di confronto di idee e di dialogo, risulta fondamentale nella ridefinizione della professione di Architetto e della sua indispensabilità. 4


La cura del bene comune attraverso l’architettura. Il Padiglione Italia di TAMassociati. Daniele Menichini

In occasione della Festa dell’Architetto, che quest’anno si è tenuta a Venezia lo scorso 18 e 19 novembre, ho avuto modo di visitare il padiglione Italia insieme ad alcuni iscritti, con la guida degli architetti Simone Sfriso e Massimo Lepore dello studio TAMassociati; senza dubbio un’esperienza emozionante muoversi nell’allestimento con le voci narranti dei progettisti anche in considerazione del tema “taking care”. Entrando nel Padiglione Italia ci si trova di fronte ad un esperimento che coniuga l’aspetto dell’esposizione dei progetti, tipico di una mostra internazionale di architettura quale la Biennale di Venezia, con quello, meno usuale, dell’azione concreta sul campo. Le keywords sulle quali lo studio veneziano ha intessuto la trama del progetto curatoriale –pensare/incontrare/ agire – si trasformano negli “steps” consequenziali che accompagnano i visitatori alla scoperta delle tre sezioni del percorso espositivo. Il loro “Reporting” si cala nel margine delle città, principalmente italiane ma anche mondiali, e individua il “bene comune” come seme dal quale possano germogliare, attraverso un’architettura eticamente consapevole e responsabile del proprio valore civico, azioni mirate a incrementare i valori umani, sociali ed ambientali in contesti di marginalità e degrado. Approfondendo la lettura dei contenuti del Padiglione Italia, emergono i punti cardinali del messaggio che TAMassociati hanno voluto lanciare dall’osservatorio della Biennale, in risposta all’invito esteso da Alejandro Aravena. Le periferie, anzitutto. “Un’architettura che guarda al sociale (…) strumento attraverso cui le periferie dell’abitare possano rivendicare diritti, progresso, opportunità, inclusione”. Cogliendo l’input rivolto dal MIBACT, il concept si focalizza sulle periferie, luoghi ibridi attraversati da fenomeni complessi e spesso caratterizzati da degrado, non solo fisico ma anche, e soprattutto, sociale. Ma le periferie, come invitano a fare TAMassociati, non possono essere viste solo dal loro lato negativo, perché in esse si nascondono spesso energie e risorse inaspettate che aspettano l’occasione di emergere e di prender forma. E le architetture prodotte dagli studi italiani e selezionate per il Padiglione Italia sono accomunate dall’essere concretamente uno strumento che si prende cura delle comunità e che cura i loro bisogni, innestando azioni sperimentali di condivisione, di mutuo soccorso, di autocostruzione, di socializzazione, di educazione. I semi della crescita. “I beni comuni sono come semi che possono moltiplicarsi e crescere”. Dal seme può nascere una nuova vita. La metafora biologica è utilizzata da TAMassociati per illustrare il concetto di bene comune, ed è molto efficace per trasmette il messaggio che, per ottenere risultati a lunga durata e ad 5

ampio raggio, non è sufficiente piantare il seme/progetto ma, nel tempo, bisogna prendersene cura e sfruttarne la capacità di riproduzione e moltiplicazione. L’architettura del bene comune è un’architettura per la collettività: questa è l’anima di Taking care, già leitmotiv ricorrente nel lavoro di TAMassociati e ora trasposto nel concept curatoriale. L’architettura è dunque intesa come un processo che nasce dal basso e in cui è necessario incontrare le comunità e agire in conseguenza delle loro istanze. Nel cuore della marginalità. “5 progetti inediti pensati per 5 dispositivi mobili pensati per 5 associazioni impegnate nel contrasto alla marginalità in aree periferiche italiane”. L’innesto del seme del bene comune punta al cuore del problema, e concretizza le cinque azioni di progetto che verranno avviate proprio a partire dalla Biennale di Venezia. In contesti difficili, delle città dell’Italia del nord, del centro e del sud verranno fisicamente collocati i cinque “container” mobili che assumeranno il valore di presìdi sperimentali nati dall’ibridazione di saperi, di conoscenze e di discipline diverse. Unendo la progettualità propria dell’architettura alla pratica concretezza di chi, come le associazioni no-profit, affronta e risolve sul campo le difficoltà, questi dispositivi “on the road” diventeranno un avamposto per ascoltare e incontrare le persone e le comunità, per dar loro un aiuto concreto e per dimostrare come si possa concretizzare una strategia per il bene comune. Ridurre-riusare-riciclare. “In un contesto come quello della Biennale, l’attenzione alla riduzione degli sprechi è diventata tema fondamentale dell’allestimento” TAMassociati sono da sempre allineati alla filosofia del low cost, della preservazione e dell’ottimizzazione delle risorse e del concetto (quanto mai abusato) del progettare sostenibile. Sulla regola delle “tre R” (ridurre-riusare-riciclare), anche se non ricordata esplicitamente dai Curatori, è improntata tutta la costruzione dell’allestimento del padiglione. Ridurre gli sprechi e contenere i costi, riusare le strutture preesistenti lasciando anche memoria degli allestimenti delle precedenti edizioni della Biennale, riciclare materiali e impianti dando loro una nuova vita. E pianificare, infine, anche il futuro utilizzo di questi stessi materiali una volta terminata la Biennale. La modalità low cost dell’allestimento si coniuga e si completa con il rispetto che l’apparato espositivo dimostra nei confronti dell’antica fabbrica delle Tese delle Vergini. Le installazioni temporanee si elevano dal pavimento poggiando su piedi di metallo e si mantengono a distanza da muri di mattoni e capriate lignee, dimostrando reverenza e sensibilità ed evitando un’intromissione invasiva che non permetterebbe al visitatore di percepire il rapporto dialettico con il meraviglioso contenitore storico che le ospita.

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VESTIRE I FARI DI VENTO, SOLE E MARE.

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La vignetta. Michelangelo Lucco

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La nuvola.

Roma Convention Center. Franco Porto - Segretario del Consiglio Nazionale IN/ARCH Tutto vero, sono passati 18 anni, ma dal momento in cui il Comune di Roma e l’allora Ente Eur (anno 1998), indissero un Concorso per la progettazione del nuovo Centro Congressi Italia, e due anni dopo (anno 2000) una giuria internazionale, presieduta da Norman Foster, proclamò vincitore il progetto presentato da Massimiliano e Doriana Fuksas. Il bando di gara per la progettazione, costruzione e gestione del Centro Congressi fu indetto nel 2001 e la gara fu vinta nel 2002 dalla Centro Congressi Italia Spa (CCI Spa), che l’anno successivo firmò una Concessione trentennale. Il progetto esecutivo, redatto dai Fuksas, fu approvato nel marzo 2007, allo stesso tempo fu pubblicato il bando di gara per la sua costruzione. La posa della prima pietra avvenne l’11 dicembre 2007 e i lavori iniziarono nel mese di febbraio 2008. Il costo dell’opera era previsto di 275 milioni di euro. Nel dicembre 2013 i lavori hanno rischiato di essere interrotti a causa delle ristrettezze di bilancio del Comune di Roma, ma l’intervento del Governo, con la legge di stabilità, ha permesso la prosecuzione dell’opera grazie allo stanziamento di un prestito dell’importo di 100 milioni di euro, da restituire in trent’anni. Con questo stanziamento si prevedeva che i lavori venissero completati per consentirne l’inaugurazione entro l’EXPO 2015, poi slittata al 29 ottobre 2016 (sono nove gli anni dalla posa della prima pietra) e con il nome finale di ROMA CONVENTION CENTER – LA NUVOLA. Tre gli elementi che compongono la nuova struttura su una superficie costruita pari a 58.500 mq: la Teca, la “Nuvola” e la “Lama”: La Teca (altezza 40m, larghezza 70m e lunghezza 175m), orientata longitudinalmente, con struttura in acciaio e doppia facciata in vetro, è il “contenitore” della Nuvola, capace di suscitare uno straordinario effetto visivo, adattandosi alle più svariate tipologie di eventi ed allestimenti non solo in ambito strettamente convegnistico. Il livello delle Sale congressuali, grazie alla versatilità prevista e curata in fase di progettazione e realizzazione, potrà ospitare fino a 6.100 persone, come spazio aperto polivalente di circa 7.400 mq o suddiviso fino ad un massimo di 16 sale meeting di ampiezza differente (da 50 pax a 3.000 pax). Sullo stesso piano anche un foyer di 1.500 mq, un concourse di 2.500 mq e altre 4 sale meeting (100 pax ciascuna); La Nuvola costituisce senza dubbio l’elemento architettonico più caratteristico: la struttura, dallo straordinario effetto visivo, galleggia all’interno della Teca, di acciaio e vetro, ed ospita uno splendido auditorium con 1.800 posti (1.300 in platea, 500 in galleria). L’albergo, la “Lama” (altezza 55 m, lunghezza 126 m e larghezza 14 m), conta 439 stanze e sarà una struttura indipendente ed autonoma. Rispetto al consumo energetico, è stato adottato un sistema di climatizzazione a portata variabile dell’aria condizionata, che consente un consumo ottimale di energia in funzione dell’effettivo affollamento dei locali. Inoltre, sulla copertura della teca sono stati posizionati elementi fotovoltaici per una 13

produzione naturale di energia elettrica e per la protezione dell’edificio dal surriscaldamento, permettendo un sensibile risparmio sui consumi energetici rispetto a quelli necessari utilizzando sistemi tradizionali. Al livello interrato, infine, è previsto un parcheggio con 600 posti auto Massimiliano Fuksas sintetizza i principi che ne hanno ispirato il progetto: “Questo progetto viene da una riflessione che ha inizio negli anni ‘90: la trasvolata dell’Atlantico che facevo ogni quindici giorni mi dava un senso di questo nuovo rapporto che c’è tra il sopra delle nuvole e il sotto delle nuvole. Cercare di realizzare una geometria che parta dalla natura, che sia complessa ma sia anche realizzabile, è stato quello che abbiamo fatto qui”; “L’idea del progetto era quella di avere una specie di teca di vetro e all’interno avere un oggetto completamente privo di una geometria definita elementare, come si dice: euclidea. Quello che interessava di più erano gli spazi interstiziali, cioè quelli che vanno fra la parte della teca e sono compressi dalla cosiddetta Nuvola”; “Dall’interno si vedrà l’esterno e dall’esterno, la notte, si vedrà questa grande lampada e darà un segnale, un segno. Non abbiamo cambiato la geometria molto semplice dell’Eur ma la complessità l’abbiamo data all’interno”. Massimiliano Fuksas sul progetto ultimato: “Quando ho visto il progetto della Nuvola ho avuto uno shock estetico e ho capito benissimo perché era importante quella Nuvola all’Eur, un quartiere di archeologia architettonica legato a un’ideologia, ma dove prevaleva la geometria della linea retta. Qui non ci si astrae dal territorio, vi si entra senza farsi assorbire, è un ossimoro architettonico, una nuvola incorporata che libera delle forze”. Il mio primo impatto con il Nuovo Centro Congressi la Nuvola: Dopo la discesa della grande scalinata e la risalita con le scale mobili, una grandissima superficie e un imponente spazio davanti. Questa grande Teca in acciaio e vetro che ti continua in trasparenza tutto l’esterno che ti eri lasciato fuori: una grande piazza coperta raggiunta dal tramonto del sole per tutta la sua estensione. Poi la grande Nuvola, sempre presente e maestosa, come la vera protagonista assoluta dello spazio realizzato. Finalmente all’interno, con la sensazione di introdursi in un nuovo paesaggio, tutto cambia improvvisamente e scompare la città intorno. Mille sensazioni, in quel complesso gioco di sinuose geometrie in cui trionfa il controllo totale dello spazio architettonico, fino agli ingressi della sala principale e più in alto, alla galleria, il punto più alto ed è qui che i progettisti ci regalano le prospettive più belle, che consentono all’occhio di penetrare i punti più lontani, dove nulla risulta per caso, ma con una sapiente consapevolezza simile a quella raggiunta da altri nelle grandi cattedrali del passato. La sequenza dei volumi e l’avvicendarsi degli spazi conferma la definizione di “città nella città” per una nuova sfida, naturalmente vinta per le capacità progettuali, imprenditoriali e manageriali italiane.

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Libera di essere Architetto. Gaia Seghieri

Sono donna, ho 45 anni, tendenti verso i 46, e mi sono laureata in Architettura, ormai 16 anni fa, e sono riuscita a prendere anche l’abilitazione alla professione, dopo numerosi tentativi, eh già, perché dopo aver studiato tutti quegli anni non riuscivo ad accettare l’idea di dover sostenere un altro esame, anyway, come dicono gli inglesi, eccomi qua, iscritta all’ordine degli Architetti di Livorno, ed operativa nella redazione della rivista dell’ordine stesso, quella per cui sto scrivendo questo articolo. In questi giorni ho visto un film molto interessante, “scusate se esisto”, è la classica commedia italiana, farcita di luoghi comuni sulla malinconia del proprio paese, provata dall’italiano che immigra all’estero, e sulle nostre radici familiari, così forti, che alcune volte non riusciamo a crescere neanche a 50 anni, ma in mezzo a tutto questo c’è la storia, vera tra l’altro, di una architetta che ha lavorato per un po’ di tempo all’estero, e che nel momento in cui torna in Italia, ritrova, si il bel sole ed il bel paesaggio, ma non le stesse agevolazioni lavorative di cui godeva oltre confine, che tra l’altro dovrebbero essere la normalità. Nel film viene sottolineato come la donna, in qualsiasi ambito professionale, si faccia sempre da parte, per lasciare lo spazio agli uomini, per fortuna la protagonista del film, ha un buon livello di autostima e di sincerità con se stessa, cosa che la porterà a rivoluzionare la propria vita. Io mi sto chiedendo, ma è ancora valido fare sempre queste distinzioni tra uomo e donna, nel settore edile? Si è vero, la donna viene pagata meno rispetto all’uomo, e come dimostra la scena architettonica, la presenza maschile è predominante, però devo dire, che la responsabilità è anche nostra di noi donne, che molto spesso non ci sentiamo all’altezza, o magari abbiamo paura, e preferiamo avere lavori semplici, di non grande responsabilità. Sicuramente ognuno è libero di agire nel modo che più ritene opportuno, però analizzando la mia situazione attuale, ed osservando le donne architetto con cui sono a contatto, mi sembra di riscontrare sempre questa volontà da parte nostra, di non mettersi in risalto, proprio come accade nel film, ed allo stesso tempo di lamentarci per come veniamo trattate in alcune situazioni professionali. La forza viene da noi, non dall’esterno. Io questa paura la sento, e soprattutto questa pigrizia ad affrontare lavori importanti, meglio rimanere nella bambagia di piccole commesse. Se penso alle donne appartenenti a movimenti architettonici storici, come il Bauhaus, vedo in loro un grande coraggio, ed in quel tempo era tanto, di farsi valere, di affrontare l’allora forte mentalità maschilista, che consigliava sempre loro di seguire il corso di tessitura all’interno della scuola, perché ritenuto più adeguato alla donna, o forse perché c’era la 17

paura delle capacità femminili, un po’ come accade anche oggi. Dove può arrivare una donna con il suo intuito, la sua sensibilità, nel campo artistico, od architettonico? Cosa è capace di fare? Tanto, tantissimo, perché la natura della donna è apertura, accoglienza, comprensione, e se riesce, ella stessa a non avere timore di queste sue risorse, può raggiungere vette altissime di creatività e cambiamento. Una figura di architetta coraggiosa ed innovativa del nostro tempo, è certamente quella di Zaha Hadid, morta recentemente, ed appartenente alla rosa delle archistar. La sua architettura può piacere o non piacere, ma di certo è l’espressione senza limiti del suo talento, che lei ha saputo utilizzare a 360°; dalle sue opere emerge questo andare oltre i propri limiti, attraverso edifici immensi, connubio di tecnologia, materiali innovativi e forme fluide ed ondeggianti. Zaha ha anche vinto il Prestigioso premio Pritzker nel 2004, l’equivalente del premio nobel per l’architettura, vinto solo, alcuni anni dopo, nel 2010, da un altra donna, Kazuyo Sejima. Ho nominato brevemente Zaha, perché è la figura più emblematica dal punto di vista relazione donna-architettura, ma, per fortuna, c’è ne sono tante altre, che stanno tracciando una nuova visione ed una nuova consapevolezza nel contesto architettonico, e poi ci siamo anche noi, le donne architetto della quotidianità, che cercano di mantenere uno studio, che si destreggiano tra spese familiari e spese tecniche per la professione, e soprattutto cercano un riconoscimento. A Genova il 25 novembre scorso, in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, l’architetta Caterina Patrocinio ha ideato una mostra di 16 iscritte all’ordine degli architetti di Genova, dove ciascuna di loro ha esposto un suo progetto, realizzato, in via di esecuzione, o ancora da eseguirsi. La mostra, è stata presenziata da Guendalina Salimei, l’architetta che ha ispirato il film di cui sopra, con il suo importante progetto per il Campus Universitario di Scienza e Tecnologia di Hanoi in Vietnam. Caterina racconta che all’inizio poche iscritte hanno risposto al suo invito a partecipare, ma che gradualmente si è formato un gruppo che ha dato vita a questo interessante appuntamento. Potremmo prendere spunto da questa iniziativa, e ripeterla. Creare più punti di incontro e di apertura, nel non avere più timore ad aprirsi ed a parlare della propria esperienza, con tranquillità e sicurezza. Ognuna di noi può trovare il suo spazio personale nel mondo dell’architettura, sviluppare il proprio stile, con creatività e funzionalità, apportando un qualcosa in più nello spazio architettonico. Le risorse ci sono, e la volontà inizia a farsi sentire, per aprire la porta a nuove possibilità di creare e progettare, con coraggio e determinazione, e nel sentirsi libera di essere architetto.

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Obiettivo: progettazione ecologica. Marco Dinetti - Responsabile nazionale ecologia urbana Lipu Sviluppo sostenibile e progettazione ecologica sono concetti moderni, che devono basarsi su di una pianificazione integrata che tenga presente il rapporto con il territorio, non da ultimo per affrontare in maniera complessiva e consapevole i temi legati al dissesto, inclusi gli aspetti drammatici quanto attuali connessi con gli eventi calamitosi. Perché possa essere ritenuto ecologico e sostenibile, un progetto deve considerare anche il tema della biodiversità, tenendo presenti le complesse relazioni che intercorrono tra l’ambiente costruito e gli ecosistemi, e ciò riguarda non solo i boschi, le zone umide e le aree protette, ma anche le città. Gli ecosistemi urbani sono infatti mosaici di ambienti dove la frammentazione è elevata, e nei quali i palazzi costruiti dall’uomo si possono trovare a poca distanza da boschetti relitti, che testimoniano la storia trascorsa di quel territorio. Mettere in sintonia tutti questi ambiti, ricomponendo le esigenze delle popolazioni umane con quelle degli altri esseri viventi, per migliorare il rapporto di convivenza e trarre reciproci vantaggi, è l’obiettivo di un’ecologia urbana “applicata” dove entrano in gioco numerose discipline, e nel quale il ruolo del progettista è centrale. UN CONVEGNO SU ARCHITETTURE E FAUNA L’esigenza di approfondire le tematiche che legano l’ambiente costruito alla fauna selvatica, ha stimolato l’Autorità Portuale di Livorno e la Lipu a organizzare il Convegno nazionale “Architetture e fauna” che si terrà in Fortezza Vecchia a Livorno il prossimo 10 marzo. Questo tema verrà

trattato da un punto di vista tecnico-scientifico, con ricadute di ampia divulgazione, presentando una serie di esperienze realizzate in diversi contesti che spaziano da Varese alla Puglia, passando ovviamente per casi-studio della Toscana e della stessa Livorno. In particolare verranno focalizzate le opportunità che gli edifici ed i manufatti -sia storici che moderni- possono offrire per la nidificazione ed il rifugio di diverse specie faunistiche, comprese quelle di interesse conservazionistico, quali rapaci, rondini, passeri, pipistrelli. Un altro dei temi che sarà approfondito riguarda la messa in sicurezza delle infrastrutture, allo scopo di evitare la mortalità degli uccelli per impatto contro vetrate, cavi aerei e grattacieli, ma anche l’intrappolamento della piccola fauna selvatica in canne fumarie, vasche, pozzetti e canali. Questo sforzo è importante in quanto le ricerche effettuate in tutto il mondo dimostrano che vi è un notevole impatto sulla fauna selvatica: ad esempio, i materiali trasparenti usati in edilizia e nei pannelli fonoisolanti lungo strade e ferrovie, sono una delle principali cause di mortalità per gli uccelli, indotte da attività umane. Occorre pertanto aumentare la consapevolezza circa la gamma degli approcci progettuali e tecnici utili a prevenire e mitigare questi impatti, e ciò non solo per adempiere agli obblighi normativi, in quanto la fauna selvatica è un patrimonio indisponibile dello Stato ai sensi della Legge nazionale 157/92, in recepimento di Direttive e trattati internazionali ed europei. Vi sono infatti implicazioni etiche, nonché aspetti connessi con l’igiene urbana,

Le vetrate ed i pannelli fonoisolanti trasparenti sono molto pericolosi per l’avifauna, per questo sono necessarie misure di mitigazione. 19

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la sanità pubblica ed il decoro delle città. Considerare la biodiversità nella progettazione consente anche di evitare contenziosi con gli ambientalisti, con i cittadini ed i turisti sensibili alla tutela della natura, ed in questo ambito occorre sottolineare come il pubblico straniero sia particolarmente attento alla cura dell’ambiente. I temi trattati dal convegno hanno ampie connessioni con la conservazione del patrimonio storico-monumentale, così come con le esigenze di una adeguata e sicura ricostruzione dei fabbricati, a seguito di eventi calamitosi quali terremoti e frane. In questo ambito si pone il complesso tema del miglioramento della convivenza con le specie ornitiche definite “problematiche”, quali i piccioni ed i gabbiani reali, attraverso l’implementazione di strategie di gestione e di una progettazione architettonica consapevole. Infatti in più di una occasione ci si accorge troppo tardi che una struttura diventa un ricettacolo per i piccioni, perché non sono state prese in considerazione le misure da adottare in fase di progettazione. In tali casi occorre intervenire con soluzioni correttive, che risulteranno inevitabilmente più costose, meno funzionali e penalizzanti dal punto di vista estetico. Il convegno ha già ottenuto il patrocinio della Provincia di Livorno, del Consiglio Nazionale Architetti PPC e della Federazione Architetti PPC Toscani, mentre sono attese le adesioni di altri enti. Entro il prossimo 31 dicembre sono disponibili le quote di iscrizione scontate, ed agli iscritti appartenenti agli ordini professionali, l’Ordine degli Architetti di Livorno riconoscerà i crediti formativi. Per informazioni e iscrizioni è possibile contattare marco.dinetti@lipu.it (www.lipu.it).

ECOLOGIA URBANA A LIVORNO Se ci troviamo a parlare di questi argomenti a Livorno, non è un caso: del resto questa città può vantare una tradizione nel campo dell’ecologia urbana, se si considera che nel 1990 vi è nato il Gruppo di lavoro nazionale sull’avifauna urbana, e qui ha sede la rivista “Ecologia Urbana” sulle cui pagine verrà ospitato il manuale sulla progettazione ecologica che sarà distribuito agli iscritti al convegno. Possiamo inoltre ricordare che il nuovo Regolamento edilizio del Comune di Livorno, con l’art. 45, è uno dei primi in Italia che affronta il tema della protezione dei nidi di rondini e balestrucci nell’ambito del rifacimento delle facciate, oltre a tutelare i pipistrelli che si rifugiano negli edifici, ed a prevedere interventi ecologici e incruenti per gestire piccioni e gabbiani reali. Anche questi aspetti saranno presentati al convegno, a cura dei dirigenti e funzionari del Comune di Livorno che si occupano di edilizia privata e di tutela degli animali. La stessa Fortezza Vecchia, che ospiterà l’iniziativa, è sede di un progetto promosso dall’Autorità Portuale di Livorno in collaborazione con la Lipu, che va avanti da due anni con l’obiettivo di gestire in maniera ecologica la popolazione nidificante del Gabbiano reale, assicurando la migliore convivenza tra i volatili con i visitatori ed i turisti. Impiegando sistemi preventivi di dissuasione, insieme a mezzi deterrenti ad azione incruenta, si stanno ottenendo i risultati auspicati, convogliando le nidificazioni nelle parti del complesso monumentale chiuse alla fruizione del pubblico. Dal punto di vista comunicativo, è stata organizzata una serie di corsi divulgativi sui temi naturalistici, ed è stata installata una pannellistica informativa sugli uccelli che si possono osservare nella Fortezza Vecchia.

Il Piccione di città è la principale specie ornitica “problematica”, per la cui gestione si rende necessaria una progettazione consapevole. 20


La città di Livorno, con le 74 specie di uccelli nidificanti censite dall’ultimo atlante ornitologico urbano, vede la presenza di specie interessanti, quali il Rondone pallido che nidifica negli anfratti della stessa Fortezza Vecchia, nelle dighe foranee, ma anche lungo la costa come ad esempio nella Torre di Calafuria. Per conservare questa specie, insieme al più diffuso Rondone comune, ma anche alle “rondini” (Rondine e Balestruccio, oltre alla rarissima Rondine rossiccia presente nella zona di Antignano), è fondamentale mantenere i siti di nidificazione sui tetti e nelle pareti degli edifici, oltre a installare gli appositi nidi artificiali. Discorso analogo vale per i rapaci diurni quali il Gheppio ed il Falco pellegrino, per i notturni tra cui la Civetta ed il Barbagianni, ma anche per i pipistrelli (chirotteri) così utili in quanto catturano un gran numero di zanzare. IL MANUALE DI PROGETTAZIONE “BIRD FRIENDLY” Una novità nel panorama dell’editoria tecnica in Italia arriva dal manuale di progettazione e buone pratiche per architettura bird-friendly dal titolo “Edilizia sostenibile per la biodiversità”. Con uno stile conciso e operativo, vengono descritte le caratteristiche dell’ecosistema urbano, il fenomeno dell’inurbamento della fauna selvatica e l’esigenza di conservare la biodiversità urbana. In tale ambito, il progetto di rete ecologica si pone quale importante contributo alla pianificazione urbanistica. Le schede pratiche degli interventi che si possono implementare per un’edilizia ecologica, propongono di considerare gli edifici come habitat per la biodiversità urbana, potendo allestire nidi artificiali per rapaci diurni e notturni, per rondoni, rondini e balestrucci, ma anche le strutture per attirare piccoli passeriformi e pipistrelli (bat-box).

Vi sono poi le schede per le mitigazioni degli impatti sulla fauna selvatica causati dalle infrastrutture, quali i vetri degli edifici ed i pannelli fonoisolanti trasparenti, installati lungo strade, autostrade e ferrovie. Altri accorgimenti che vengono proposti sono le rampe di risalita per vasche, piscine e canali, ed i sottopassi e le barriere nell’ambito dell’ecologia stradale. Vi è infine la sezione dedicata alla gestione delle specie “problematiche” (Piccione di città e Gabbiano reale), un elenco degli esempi realizzati di architetture a favore della biodiversità e quello delle “Delibere Salvarondini” e dei regolamenti edilizi con norme sulla fauna, che sono stati approvati da un centinaio di amministrazioni comunali in tutta Italia. Il manuale sarà disponibile a breve, quale monografia della rivista Ecologia Urbana www.ecologia-urbana.com che ha peraltro già trattato il tema del verde urbano e delle oasi urbane nella città di Livorno. UNA SFIDA PER UN FUTURO SOSTENIBILE Il Duomo di Saluzzo in provincia di Cuneo, la Basilica di Santa Maria Assunta di Gallarate in provincia di Varese, la Torre Vanga di Trento, la Torre Ghirlandina a Modena, il Teatro di Castelnuovo Garfagnana in provincia di Lucca, il Municipio di Rio nell’Elba in provincia di Livorno, sono solo alcuni degli edifici pubblici e privati che sono stati ristrutturati o migliorati tenendo presente la tutela della biodiversità. Per garantire un futuro sostenibile alle nostre città, è importante procedere rapidamente ad una divulgazione e standardizzazione di queste soluzioni, soprattutto negli ambiti tecnici dei progettisti, costruttori, produttori di vetri e pannelli, società ed enti che gestiscono le infrastrutture, oltre che nel vasto pubblico.

Per gestire il Gabbiano reale nidificante alla Fortezza Vecchia è stato sviluppato un progetto di Autorità Portuale di Livorno e Lipu. 21

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La Torre Vanga a Trento è un ottimo esempio di architettura monumentale ristrutturata tenendo presenti le specie di avifauna che vi nidificano. 22


Lavori di ristrutturazione e miglioramento energetico. Detrazioni Fiscali IRPEF (50-65%) Alessandro Pastorelli Con il presente articolo cercherò di portare un po’ di chiarezza riguardo alle detrazioni fiscali a seguito di lavori di ristrutturazione degli immobili residenziali, andandole a differenziare rispetto agli incentivi legati al miglioramento energetico. La guida dell’agenzia delle entrate riguardante le ristrutturazioni edilizie e le agevolazioni fiscali, reperibile presso il sito internet (www.agenziaentrate.gov.it), chiarisce innanzitutto chi - sono i soggetti che possono usufruire della detrazione fiscale IRPEF pari al 50% delle spese sostenute (bonifici effettuati) dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2016 con un limite massimo di € 96.000 per ciascuna unità immobiliare. Per l’anno 2017 il testo del disegno di legge “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019”, è arrivato alla Camera. Tante le misure per la casa contenute all’articolo 2 “Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione antisismica, riqualificazione energetica e acquisto mobili e credito d’imposta per strutture ricettive. Viene prorogato al 31 dicembre 2017 il termine entro il quale sostenere le spese per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, e di efficienza energetica al fine di poter beneficiare della detrazione dall’imposta lorda prevista dal decreto. Viene prorogata al 31 dicembre 2017 anche la detrazione fiscale del 50% per interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 16, comma 1, del D.L. n. 63 del 2013 fino a un massimo di € 96.000 per ciascuna unità immobiliare. Viene introdotta, con riferimento ad interventi iniziati a partire dal 1° gennaio 2016, una detrazione pari al 50% delle spese sostenute nell’anno 2017 per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe energetica elevata, finalizzati all’arredo della singola unità immobiliare, ovvero delle parti comuni di edifici residenziali oggetto di interventi di recupero del patrimonio edilizio. Pertanto, con tale previsione, un intervento di recupero del patrimonio edilizio cominciato nel 2016, a prescindere dalla sua ultimazione nel medesimo anno, può comportare il diritto a fruire di una detrazione su un ammontare di spesa, sostenuto nell’anno 2017, non superiore a 10.000 euro. Al contempo, ai fini del computo del limite massimo delle spese ammesse a fruire della detrazione (10.000 euro), si tiene conto anche delle spese sostenute nell’anno 2016, per le quali si è già fruito della detrazione per l’acquisto dei beni in questione relative agli interventi effettuati nel 2016, ovvero iniziati nel medesimo anno e proseguiti nel 2017. Possono usufruire della detrazione non solo i proprietari, ma anche i titolari di diritti reali/personali di godimento sugli immobili oggetti degli interventi e che sostengono le relative spese, quindi anche locatari o comodatari. I lavori sulle unità immobiliari residenziali su cui spettano le agevolazioni fiscali sono quelli indicati all’art.3 del D.p.r. 380/2001 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia; tale D.p.r. specifica quali siano i lavori di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria e restauro conservativo, sottolineando che la manutenzione ordinaria è ammessa solo quando riguarda parti 23

comuni di edifici residenziali condominiali. A questo punto è bene chiarire le definizioni urbanistiche di tali interventi edilizi che ci vengono fornite dalla nuova legge regione toscana L.R. 8 luglio 2016, n°43 modifiche alla L.R. 65/2014 che al titolo VI “Disciplina dell’attività edilizia” al capitolo II “Disciplina degli atti ” all’art.135 definisce gli interventi sottoposti a SCIA ( segnalazione certificata di inizio attività) tra cui alla lettera b comma 2 “ gli interventi di manutenzione straordinaria ossia le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti, anche strutturali, degli edifici, sempre che non alterino le volumetria complessiva e la sagoma degli edifici. Detti interventi non possono comportare mutamenti alla destinazione d’uso…” Alla lettera c dello stesso comma sono esplicitati gli interventi di restauro e risanamento conservativo, ossia quelli rivolti a conservare l’organismo edilizio ed ad assicurare la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici formali e strutturali dell’organismo stesso ne consentano destinazioni d’uso ad esso compatibili…” Altro discorso per le attività di edilizia libera ben specificati all’art.136 in cui rientrano sia le opere di manutenzione ordinaria che straordinaria. Nell’ambito della manutenzione ordinaria il singolo proprietario può depositare una semplice CIL (comunicazione di inizio lavori), presso il proprio ufficio tecnico comunale, ma non avrà diritto alle agevolazioni fiscali a meno che i lavori non riguardino parti comuni di edifici residenziali condominiali. Nell’ambito della manutenzione straordinaria si potrà depositare una CILA (comunicazione inizio lavori asseverata), avvalendosi del proprio tecnico di fiducia, regolarmente iscritto al proprio ordine o collegio di appartenenza usufruendo a questo punto delle agevolazioni fiscali. Ricadono all’interno di tali agevolazioni anche gli interventi finalizzati all’eliminazione delle barriere architettoniche; gli interventi finalizzati alla cablatura degli edifici e al contenimento dell’inquinamento acustico; gli interventi per la bonifica dell’amianto; gli interventi per l’adozione delle misure antisismiche con particolare riguardo all’esecuzione di opere per la messa in sicurezza sismica; inoltre l’installazione di apparecchi per il rilevamento del gas; il montaggio di vetri antiinfortunio e l’installazione di corrimano. Dopo questo quadro normativo generale, vorrei semplificare il tutto andando a chiarire nella pratica “dell’uomo di strada” gli interventi detraibili introducendo alcuni esempi pratici. Manutenzione ordinaria per condomini – parti comuni – tramite CIL Il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, i portici, i cortili, ascensori, cisterne, fognature ecc. Manutenzione straordinaria – tramite CILA o SCIA Esempi di manutenzione straordinaria sono l’installazione di ascensori e scale di sicurezza; realizzazione e

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miglioramento servizi igienici; sostituzione di infissi esterni e serramenti e persiane; rifacimento di scale e rampe; recinzione dell’area privata; costruzione di scale interne; apertura di finestre per esigenze di areazione locali; aperture di nuove porte o finestre; costruzione di nuovi servizi igienici in ampliamento della superficie e del volume esistente. Interventi di Ristrutturazione Edilizia Per la demolizione e ricostruzione con ampliamento, la detrazione non spetta in quanto l’intervento si considera nel suo complesso una nuova costruzione. Se la ristrutturazione avviene senza demolire l’edificio esistente e con ampliamento dello stesso, la detrazione aspetta solo per le spese riguardanti la parte esistente e non per l’ampliamento, che si configura come una nuova costruzione. Per usufruire delle detrazioni è necessario che i pagamenti siano effettuati con bonifico bancario o postale con riferimento alla causale norma art.16-bis del D.p.r. 917/1986, codice fiscale del beneficiario della detrazione. I contribuenti devono conservare copia dei bonifici effettuati con le fatture o le ricevute fiscali relative alle spese effettuate per la realizzazione dei lavori. La detrazione per gli interventi di recupero edilizio non è cumulabile con l’agevolazione fiscale (65%) prevista per i medesimi interventi dalle disposizioni finalizzate al risparmio energetico. Per quanto riguarda l’IVA la prestazione di servizi relativa a manutenzione ordinaria o straordinaria realizzate su immobili residenziali è previsto un regime agevolato pari al 10%. E’ obbligo che i beni sottoposti a IVA agevolata siano acquistati e messi in opera dalla ditta che esegue i lavori. I beni acquistati direttamente dal committente non possono essere soggetti all’agevolazione. Riguardo alle detrazioni ai fini IRPEF legate agli interventi di miglioramento energetico pari al 65% in dieci anni, bisogna fare un discorso diverso in quanto per poterne usufruire è necessario effettuare una comunicazione all’ENEA (Agenzia Nazionale Efficienza Energetica) tramite il portale internet http://finanziaria2016.enea.it . ENEA gestisce le detrazioni fiscali per il risparmio energetico del patrimonio edilizio esistente fin dalla loro istituzione, avvenuta con la Legge n°296/06 (Legge Finanziaria 2007) e detiene l’incarico di effettuare le verifiche ed i controlli dei requisiti richiesti dalle norme agevolative nell’ordine del conseguimento del risparmio energetico. I beneficiari di queste detrazioni sono tutti i contribuenti, persone fisiche, professionisti, società e imprese che sostengono spese per l’esecuzione degli interventi su edifici esistenti, su loro parti o su unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, posseduti o detenuti. In particolare, le detrazioni vengono riconosciute se le spese sono state sostenute per i seguenti interventi (Art. 1, Legge Finanziaria 2007): comma 344 riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento dell’intero edificio; comma 345 miglioramento delle prestazioni termiche dell’involucro dell’edificio (attraverso la coibentazione di solai, pareti

o la sostituzione di serramenti o parti di essi o l’installazione di schermature solai); comma 346 installazione di pannelli solari ; comma 347 sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale. Nella pratica sono detraibili la sostituzione di serramenti e infissi; l’installazione di caldaie a condensazione; installazione di caldaie a biomassa (pellet), installazione di pannelli solari; installazione di pompe di calore; coibentazione di pareti e coperture; riqualificazione energetica globale; schermature solari. L’iscrizione al portale ENEA e la successiva dichiarazione possono essere effettuate dal singolo cittadino ma consiglio di avvalersi di un tecnico di fiducia per le misurazioni e asseverazioni necessarie. Per meglio far capire l’iter necessario supponiamo di avere una abitazione in cui gli infissi sono tutti in legno a vetro singolo, e vogliamo sostituirli con infissi a norma in pvc con doppio vetro comprensivi di oscuranti. Prima di tutto bisogna assicurarsi di comprare degli infissi che soddisfino i requisiti di legge per la zona climatica in cui ci troviamo: Isola d’Elba zona climatica C trasmittanza termica minima infissi pari a 2.1 W/m2K. Tale valore viene fornito dal produttore dell’infisso al momento dell’acquisto. A questo punto un tecnico dovrà calcolare, anche con metodi semplificati specificati sul sito ENEA, la trasmittanza degli infissi esistenti in modo da dimostrare il miglioramento energetico. Una volta finiti i lavori ed entro 90 giorni dalla loro chiusura un tecnico, o lo stesso proprietario, potranno collegarsi al portale ENEA per inserire tutti i dati inerenti i lavori di sostituzione degli infissi; alla fine dell’inserimento e una volta spedita la dichiarazione, dopo pochi minuti verrà inoltrata una mail con il codice CPID da conservare assieme alle fatture e ai bonifici effettuati. (sono detraibili non solo i beni ma anche i costi per la messa in opera) I moduli originali inviati a ENEA devono essere firmati dal tecnico e/o dal proprietario-beneficiario dell’intervento e conservati assieme alle fatture e ai bonifici. Condizione necessaria per ENEA è il miglioramento della prestazione energetica di un immobile esistente; non si possono applicare tali agevolazioni su nuove costruzioni o su ampliamenti di immobili esistenti. Ogni intervento sopra descritto ha un proprio iter di invio, come ben esplicitato sul sito ENEA. Per usufruire delle detrazioni, sia che siano per ristrutturazione (50%), che per miglioramento energetico ( 65%), i pagamenti vanno effettuati solamente tramite bonifico, specificando nell’oggetto il tipo di detrazione richiesta. Voglio ancora ricordare ai lettori che le due agevolazioni non sono cumulabili, chi utilizza la detrazione della ristrutturazione per la sostituzione degli infissi non può usufruire della detrazione ENEA. Spero di aver fatto un po’ di chiarezza sulle agevolazioni a cui possiamo accedere per ristrutturare e migliorare i nostri immobili, e invito tutti ad approfondire la questione con i propri tecnici di fiducia che potranno consigliare al meglio a seconda delle singole situazioni. 24


Palazzo Pfanner.

Gioiello settecentesco tra architettura e cinema. Gian Matteo Bianchi Camminando nel centro storico di Lucca, in prossimità delle antiche Mura, si può visitare Palazzo Pfanner, che si distingue per il suo stupendo giardino all’italiana attribuito all’architetto Filippo Juvarra (1678-1736), per gli affreschi eseguiti da Bartolomeo De Santi (1687-1764) e Pietro Paolo Scorsini (1658-1731) e per il maestoso scalone in pietra serena attribuito all’architetto Domenico Martinelli (16501718). Costruito nel 1660 su commissione dei Moriconi, famiglia di mercanti della seta, fu venduto nel 1680 ai Controni (altra famiglia di ricchi commercianti lucchesi). Dopo la prima metà dell’800 il Palazzo fu acquistato da Felix Pfanner che ne fece la sede ufficiale della sua Birreria (dismessa nel 1929) ed utilizzò il giardino e le cantine per produrre e far degustare questa bevanda. Ancora oggi il Palazzo appartiene alla famiglia Pfanner che lo utilizza non solo come residenza, ma anche come sede di eventi quali mostre, esposizioni e concerti; il giardino e parte della residenza (arredata con mobili e suppellettili dell’epoca) sono visitabili nel periodo compreso tra aprile e novembre.

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Grazie alle grandi qualità architettoniche e scenografiche degli spazi e del giardino, Palazzo Pfanner negli ultimi decenni del ‘900 è stato scelto come set cinematografico per alcuni film quali “Arrivano i bersaglieri” di Luigi Magni (1980, con Ugo Tognazzi), “Il marchese del Grillo” di Mario Monicelli (1981, con Alberto Sordi), “Ritratto di Signora” di Jane Campion (1996, con Nicole Kidman); in effetti, come disse André Suares, il cortile di Palazzo Pfanner pare costruito per ospitare spettacoli, con la sua scalinata da teatro e l’atrio dal soffitto a volta che sfuma in lontananza nella piacevole vista di un fresco giardino verdeggiante. Info: Sito ufficiale: www.palazzopfanner.it Periodo di apertura: 1° Aprile – 31 Ottobre Orario visite: tutti i giorni dalle ore 10,00 alle ore 18,00 Prezzi: visita giardino + residenza: € 6,00; visita giardino: € 4,50; visita residenza: € 4,50

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Due ali verso la natura. Hotel tra Chianni e Riparbella. Gaia Seghieri Questo progetto è stato concepito per un centro studi e benessere, all’interno di una proprietà che si estende per ettari, tra le colline di Chianni e Riparbella, in un paesaggio meraviglioso e totalmente naturale. Con il committente abbiamo pensato di creare un edificio ricettivo, suddiviso in due ali perpendicolari, inclinate a 45°, ad identificare un apertura ed un abbraccio, verso l’entrata e quindi verso il pubblico. La struttura è molto lineare, ma allo stesso tempo articolata: lineare nella pianta generale sviluppata su di un unico piano, ed articolata tra le varie funzioni, attraverso una compenetrazione interno esterno. L’ala destra presenta le camere, in un numero massimo di 6, tre matrimoniali, due singole ed una doppia, mentre l’ala sinistra ospita la sala pranzo con cucina e bar. Queste due parti sono collegate al nucleo centrale, reception, hall e servizi igienici comuni, da un pergolato, che a sinistra ha una forma rettangolare di m 10 per 8, ed a destra assume la funzione di corridoio esterno di comunicazione. Le due ali sono collegate a loro volta, da un colonnato semicircolare, che funge da portale di entrata. A pochi metri dall’edificio, una piscina sulla sinistra,

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ed un ampio parcheggio sulla destra. L’intero edificio e soprattutto, le parti che ne hanno più necessità, sala pranzo e camere, sono sempre illuminate dal sole, grazie alla giusta inclinazione verso il sud, ed al vasto spazio aperto disponibile intorno all’edificio stesso. I prospetti variano nelle loro altezze, come in una danza di aperture e chiusure. I materiali utilizzati sono quelli locali, con apertura verso possibilità ecosostenibili, con l’utilizzo di tecniche moderne per un forte risparmio energetico, pannelli fotovoltaici e solari, infissi ad alta tenuta termica. Attualmente il progetto è ancora ad uno stato embrionale, ed aspetta di essere sviluppato e di essere realizzato, tenendo conto di modifiche propositive, che vadano ad aumentare le capacità funzionali ed estetiche. È arrivato il momento di riprendere e di sbloccare questo mio cammino verso la realizzazione di questo progetto, che mi è stato sempre a cuore, e rimasto fermo per motivi burocratici ed economici. Ringrazio la persona che ha creduto in me e nelle mie capacità di architetto, per avermi dato la possibilità di creare questo edificio, che come una creatura inizierà a crescere nuovamente.

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