Accademia Quaderni N°13

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Quaderni dell’Accademia Accademia Udinese di Scienze, Lettere e Arti GENNAIO - GIUGNO 2006


Questa rivista esce con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone

Quaderni dell’Accademia Rivista semestrale Anno VIII - N. 13 - Gennaio-Giugno 2006 Direttore responsabile Gaetano Cola Direttore di redazione Massimo Bortolotti Redazione Gabriella Bucco, Alberta Maria Bulfon, Ugo Falcone, Enrico Folisi, Bruno Londero, Paolo Tomasella, Marco Maria Tosolini, Simone Volpato Segreteria di Redazione Chiara Gavagnin Comitato scientifico Giovanni Pessina (presidente), Giuseppe Bergamini, Novella Cantarutti, Giovanni Comelli, Gianfranco Ellero, Roberto Foramitti, Giuseppe Fornasir, Giovanni Frau, Gianpaolo Gri, Federico Marconi, GianCarlo Menis, Yvonne Pastore Zenarola, Paolo Pecorari, Ugo Rozzo, Cesare Scalon, Bruno Vidal, Maria Visintini Romanin Direzione e Amministrazione Accademia Udinese di Scienze, Lettere e Arti Piazzale Cadorna, 1 - Udine

Tipografia OGV Palmanova Autorizzazione del Tribunale di Udine N. 18 del 16/9/1995 È vietata la riproduzione, senza citarne la fonte. Gli originali dei testi, i disegni e le fotografie, anche se non pubblicati, non si restituiscono, salvo preventivi accordi con la Direzione. La responsabilità dei giudizi e delle opinioni compete ai singoli Autori.


Quaderni dell’Accademia Accademia Udinese di Scienz e, Lettere e Ar ti

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GENNAIO-GIUGNO 2006


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S ommario Anniversari

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SAGGI Cordovado, la “città capitale” di Pier Carlo Begotti

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Le Valli del Natisone: piccola Comunità nell’Euroregione di Michela Iussa

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L’archivio storico della Scuola di Ostetricia di Udine di Annalisa Schiffo

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VITA CULTURALE In questo numero: Mostre Musica Cinema Convegni e Conferenze Archivistica Avvenimenti Pubblicazioni Riviste

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Anniversari F

ondata il 13 agosto 1606 l’Accademia degli Sventati, di cui l’Accademia Udinese di Scienze Lettere e Arti è orgogliosa erede, è tra le istituzioni culturali più antiche nelle Tre Venezie. I quattrocento anni del sodalizio saranno degnamente celebrati il prossimo settembre. Un convegno ricostruirà il contributo culturale che l’Accademia udinese ha offerto nei secoli, ma sarà anche occasione per discutere il ruolo delle Accademie nell’attualità più stringente. L’avvenimento coinvolgerà le principali Istituzioni culturali del Nord-Est italiano e delle regioni contermini. Le celebrazioni si concluderanno con un concerto di musica antica nel Salone del Parlamento del Castello di Udine. Molto più modestamente, anche la rivista festeggia quest’anno una ricorrenza: dieci anni dal primo numero. La data impone un bilancio su quanto sino ad ora fatto. La rivista è nata con lo scopo di ospitare saggi originali sui temi della Scienza, della Lettere e delle Arti e di rendicontare semestralmente sulle principali attività culturali che contribuiscono alla crescita culturale del Friuli. Abbiamo sempre sottolineato l’importanza che assume la cronaca degli avvenimenti, destinata a diventare, negli anni a venire, testimonianza storica della vita intellettuale del territorio. Abbiamo capito che il nostro progetto poteva avere successo solo con la collaborazione degli Enti culturali del Friuli storico. Abbiamo proposto di aggiornare il censimento delle Istituzioni culturali operanti nella nostra regione ed abbiamo elaborato un progetto anche informatico che è stato sottoposto ai competenti organi della Regione. Crediamo che questa sia la strada su cui dobbiamo insistere. Con questo numero la rivista si presenta con qualche lieve modifica sul piano grafico. L’apporto di nuovi preziosi collaboratori contribuisce alla vitalità della proposta e concorre a fare dei Quaderni non solo uno strumento di informazione in cui sono registrate e documentate le iniziative, ma anche mezzo per divulgare l’apporto dei soci e di quanti si dedicano agli studi ed alle ricerche. Una particolare attenzione è riservata ai giovani studiosi, come testimoniato ad esempio dal precedente numero interamente dedicato alle tesi di laurea vincitrici del “Premio Del Bianco” e come indicato dai saggi che aprono il numero presente; testimonianza di una vitalità e fermento da parte di nuove generazioni a cui la rivista vuole dare voce facendo propria l’indicazione che Pacifico Valussi, nel 1852, aveva caldamente auspicato per le Accademie affinché “utilmente eccitassero l’attività degli ingegni e non simboleggiassero le cariatidi del pensiero”. Il Direttore


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Cordovado, la Torre dell’Orologio vista dalla porta Sud (Foto di Mario Gaspardo, 1992).


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C ordovado,

l a “c i t t à c a p i t a l e”

PIER CARLO BEGOTTI

Per noi che abbiamo studiato storia all’Università di Venezia, la corporatura un po’ ricurva di Marino Berengo, con quella sua espressione meditabonda ma cordiale e affabile di intellettuale straordinario, dava sicurezza: perché la sua era la figura di un Maestro. E circa otto, nove mesi prima di partire da questa Terra, ci ha lasciato una grande eredità, un’opera voluminosa di oltre mille pagine che costituisce la summa del suo mestiere di storico, L’Europa delle città. Il volto della società urbana europea tra Medioevo ed Età moderna. Il capitolo che apre il libro ha un titolo per noi significativo, “La città capitale”. Scrive dunque Berengo: “Non appena ci accostiamo a una città per respirarne il clima e distinguere le forme della vita che vi si svolge, siamo colti da una folla di quesiti: e il primo cui sentiamo di dover fornire una risposta è di natura politico-istituzionale. Chi la governa, o meglio e più specificamente, come vi viene esercitato il potere? Un francese, un inglese, un portoghese non hanno mai avuto, nel corso dei secoli, dubbi in proposito: il centro di decisione e di amministrazione è nella capitale, e non può essere altrove; quali siano poi i limiti di questa egemonia, è un problema costituzionale che in ogni luogo e in ogni momento ha comportato un’infinita varietà di soluzioni. […] Ma al di qua delle Alpi, scendendo sino al Tevere, non esistono delle vere capitali; e solo Torino, rimasta ai margini della grande fioritura comunale italiana, ne presenta il carattere. La forza unificatrice di una corona era infatti mossa da istanze diverse da quelle che avevano sospinto un comune cittadino alla formazione di un suo contado e poi alla conquista delle città-stato contermini e rivali. Venezia e Genova sino all’età giacobina, Ferrara sino alla devoluzione del 1598, Firenze e, per molti aspetti Milano, […] possono solo assai impropriamente esser dette capitali; ripristinare per esse il termine che le due prime si attribuirono di città dominante è, in sede storica, consigliabile ed opportuno. […] Molti fattori hanno concorso a rallentare la fissazione delle capitali nella geografia politica europea: il solo sovrano che sia rimasto in permanenza e per definizione stabile, in tutto il Medioevo e ancora nell’Età moderna, è

stato il papa. […] Tutti gli altri sovrani sono stati mobili: il viaggio nei suoi domini di colui che è stato appena assunto al trono, il suo ingresso nelle principali città, la conferma o la concessione di privilegi ai singoli luoghi, i giuramenti che riceve, segnano un momento iniziale (e, se anche procrastinato negli anni, sempre preliminare e necessario) del regno. Lo stesso itinerario, con minor significato rituale, può però essere ripetutamente percorso dallo stesso sovrano, e si connota talora come una visita in cui si raccolgono suppliche e talora si rende giustizia. […] La frequenza e l’ampiezza dei viaggi del sovrano non implicano necessariamente la mobilità della capitale, ma ne sono un effetto diretto, quasi una conseguenza”1.

È chiaro però che bisogna intendere bene il concetto di “capitale”, poiché l’immagine che abbiamo è quella contemporanea, di una città sede delle istituzioni che reggono uno Stato, una Regione, un territorio, e degli innumerevoli apparati burocratici e amministrativi che ne traducono gli orientamenti e le disposizioni. Per l’età di mezzo, salvo eccezioni, era il sovrano (re, imperatore, principe, marchese, conte) che si muoveva all’interno degli spazi che appartenevano al suo ambito di potere e che portava al seguito gli uomini dell’apparato, le cancellerie, gli archivi, perfino gli arredi di palazzo. Di volta in volta, e talora per periodi lunghi, ma senza stabilità, un luogo diveniva il principale riferimento per la popolazione suddita, poiché vi si potevano trovare il signore e la sua corte, senza che per questo ci fosse una preminenza su altri paesi o città. Fu così anche nel Friuli dell’epoca patriarcale, nonostante che il titolo del patriarca fosse quello di vescovo di Aquileia, e che il titolo dell’altro vescovo della Patria fosse quello di Concordia: ma nei secoli tra l’Undicesimo e il Quindicesimo né il primo né il secondo stabilirono mai – o quasi – la capitale ad Aquileia o a Concordia. Piuttosto, erano spesso uno a Cividale e a Udine, o anche a Sacile e a Meduna, uno a Portogruaro, a Cordovado o a Meduno. Il patriarca, in modo particolare, fece venire a Sacile


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qualche volta perfino il Parlamento della Patria, vale a dire l’istituzione che radunava nobili, uomini di Chiesa e comunità, con il compito di consigliare il principe friulano (ovvero di decidere) su questioni fiscali, militari e legislative2. In tali occasioni, confluivano in città i nobili, i prelati, i rappresentanti delle città, i notai, i cancellieri, le parti in causa, i curiosi, le scorte militari, gli eventuali ambasciatori, i diplomatici, gli esponenti politici di altre compagini statali, assieme agli inservienti, alle persone del seguito e della corte, che ovviamente dovevano trovare alloggio e sistemazione logistica, abbisognando poi di essere approvvigionati, sì che possiamo facilmente immaginare la ricaduta di tali eventi nelle strutture e nell’economia locali. Ma anche quando non era il Parlamento a radunarsi in un luogo, la sola presenza del patriarca mobilitava ugualmente un numero considerevole di persone e di risorse. Il ragionamento vale anche per il vescovo di Concordia, quando si spostava entro il suo territorio di sovranità. Ai tempi del patriarca Bertrando, nel Trecento, lentamente ma inesorabilmente, superati gli ultimi conflitti con Cividale (di natura economica e sociale non già di campanile, come vuole una parte della storiografia regionale), fu Udine a divenire la capitale del Friuli e tale ruolo venne certificato in epoca veneziana, quando vi si insediò il Luogotenente della Serenissima3. Ma Udine non era solo una capitale politica, amministrativa e militare: continuava a essere la capitale religiosa della diocesi di Aquileia. E dunque: centro per i fedeli del Friuli Udinese e Goriziano, della Carnia, del Cadore, di qualche villaggio del Friuli Concordiese, della Carinzia e della Slovenia; centro per gli uomini della Contadinanza del Friuli sotto Venezia; centro per i nobili, gli uomini di chiesa e le comunità del Friuli sotto Venezia. Una vera capitale del Friuli, tanto del Friuli sotto Venezia come del Friuli sotto l’Austria, con un apparato amministrativo e burocratico, con gli archivi, con notai, locande e osterie. Però, ogni territorio e ogni giurisdizione continuò ad avere la sua piccola capitale, o meglio, il suo capoluogo: la città o il villaggio dove sorgeva il palazzo del vescovo, dell’abate, del castellano, del gastaldo, del provveditore. Alla fine del Medioevo, nell’ambito delle pertinenze del vescovo di Concordia, anche la terra di Cordovado era un capoluogo: la pieve di Sant’Andrea aveva competenza spirituale sui villaggi di Cordovado, Suzzolins, Belvedere, Saccudello, Cintello, Morsano; il castello di Cordovado aveva potere sul villaggio omonimo e su quelli di Suzzolins, Belvedere, Saccudello, Cintello, e così via, ma la gastaldia si allargava fino a

San Giovanni di Casarsa. Inoltre, il vescovo era spesso nel castello, dove teneva corte. Facciamo qualche esempio, prendendo le testimonianze sia da documenti già pubblicati, sia da carte – o meglio, pergamene – mai edite integralmente. L’11 febbraio 1276 “in castro Cordevadi dioceseos Concordiensis in palacio […] domini episcopi Concordiensis” si riunirono il vescovo, gli abati di Sesto e di Summaga, nobili di Prata, uomini di Annone e Fossalta e altra gente; in quell’occasione, l’abate di Sesto compì un atto della sua amministrazione. Dobbiamo ricordare questa data: primi di febbraio del 12764. Nella primavera del 1318 il vescovo di Concordia, Artico di Castello, entrò nella sua sede, partendo proprio da Cordovado; ma dentro quel castrum, per preparare meglio l’ingresso, c’erano canonici del Capitolo, signori (domini), gastaldi, che il 4 giugno, nel giardino della signora castellana “domina Bella”, ascoltarono l’esposizione di una lettera del vicario patriarcale, Rinaldo della Torre, per il possesso della Diocesi da parte del nuovo prelato. Nel mese di luglio di quell’anno, Artico di Castello compì un gran numero di atti di governo e amministrazione a Cordovado, portando lì dentro la sua corte e la cancelleria5. Il 16 luglio del 1329 (“die decimoquinto mensis julij exeuntis”), “in ture Cordevadi” il vescovo Artico aveva con sé tutto il Capitolo, quando investì Coletto di Bagnarola di una abitanza dentro il castello, “jure feodi habitancie secundum morem et consuetudinem habitanciarum Pathriarcatus Aquilegensis et Episcopatus Concordiensis et Terre Foriiulij”6. E l’elenco potrebbe andare avanti, ma non è per questo che affermiamo che Cordovado è stata una capitale: i motivi sono di un’altra natura. Bisogna partire da una dichiarazione giurata di Rodolfo di Cordovado (già di Fagagna e, prima, di Buia), che il 9 ottobre 1317 sostenne che “statutum Episcopi Fulkerii servatur in Cordevado”, vale a dire che lo Statuto del dominio civile e politico dei vescovi di Concordia era tenuto ben conservato e chiuso dentro il castello di Cordovado7. Da un’altra fonte, l’Italia Sacra dell’Ughelli, sappiamo che il vescovo Fulcherio di Zuccola l’8 dicembre 1275 “legi et publicari fecit” le Costituzioni del suo predecessore Alberto8, che era in Sede dal 1257 al 1268. Sono proprio esistiti questi Statuti? E perché venivano conservati a Cordovado? Per la prima domanda, la risposta è affermativa. Oltre alle dichiarazioni di Rodolfo di Cordovado, abbiamo quelle dei canonici che, nella medesima indagine del 1317, dicono tutti che gli “Statuta et ordinamenta Episcopatus Concordiensis” sono una


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realtà e, anzi, arrivano a riportarne qualche articolo: articoli che sono stati ripresi dalla nuova statuizione del 1337, ma con cambiamenti. Anche un’analisi strutturale degli Statuti del 1337 mostra più di una redazione del testo: il nocciolo antico degli Statuti contava circa 24-25 articoli, le aggiunte di Fulcherio e degli altri inserirono un 6-7 articoli nuovi, riscrivendo però anche i primi 24-25. La risposta alla seconda domanda è un po’ più complessa. Intanto, sappiamo che il castello di Cordovado nacque in forma compiuta e stabile alla metà del Duecento e, all’incirca in mezzo secolo, divenne il centro di un distretto e di una gastaldia. Prima il luogo fu a capo di una corte, caput curtis di una grossa proprietà agricola cresciuta accanto al guado sul ramo antico del Tagliamento e fortificata dai vescovi di Concordia in modo piuttosto elementare: ai primi del Trecento qualcuno ricordava ancora che, nella prima metà del Duecento (1221-1250, vescovo Federico di Prata), il castello era costituito solo di fosse, terrapieni e strutture di legno, con spalti e spinate. La torre (il mastio) fu innalzato mentre era vescovo Fulcherio di Zuccola (1270-1293), con i mattoni, le pietre e i sassi prelevati dalle case abbattute a Portogruaro. La politica dei vescovi è abbastanza chiara: il Duecento fu un secolo di guerre, di rivolte, di rivolgimenti economici e sociali, da un lato c’era la città di Portogruaro che cresceva, diveniva autonoma, veniva fortificata e controllata sempre più dai patriarchi, dall’altro stavano le potenze straniere che cercavano di entrare nella Patria del Friuli e di impadronirsi dei centri di produzione e di scambio delle mercanzie, in cui arrivavano le strade internazionali e i fiumi navigabili. Il porto su Lemene e Reghena non era davvero un posto sicuro, per i vescovi. D’altronde, nemmeno i piccoli paesi, i borghi e i castelli che sorgevano nelle campagne attorno a Portogruaro potevano dare protezione e salvezza in assoluto9: il rafforzamento di Cordovado, ai tempi di Alberto, fu una conseguenza diretta della distruzione del castello di Fossalta, avvenuta per colpa delle guerre degli Ezzelini (1255-1259). Mentre si combatteva e si bruciavano le case e i raccolti e si tagliavano le vigne, la popolazione dei villaggi concordiesi preferì rifugiarsi dentro le mura di Portogruaro ovvero allungare di almeno una settimana i turni di guardia che solitamente facevano a Cordovado. Dopo la distruzione di Fossalta, gli uomini dei villaggi vescovili, che dapprima dovevano fare in quel luogo le custodie e i pioveghi, dovettero d’ora in poi portarsi al castello di Cordovado. Non è un caso,

allora, se in poco tempo anche la gastaldia di Fossalta sia stata smembrata, per tornarla a ricostruire con un territorio differente e più ampio e con capoluogo Cordovado. La sua posizione aveva un’importanza militare, politica ed economica, per il fatto che la fortezza era stata costruita lungo una strada di grande traffico di mercanti, pellegrini, soldati, preti, frati e così via, che partiva da Portogruaro, portava al cuore del Friuli, arrivava nelle terre germaniche. Dopo aver transitato per Cordovado, la strada entrava nella giurisdizione dell’abate di Sesto e del patriarca di Aquileia, cosicché il castello poteva difendere quell’arteria. Arrivava a essere abbastanza vicino a Portogruaro, per fare in modo che il vescovo e la sua corte potessero rifugiarsi lì dentro in caso di instabilità o di pericolo. Inoltre, quella stessa strada faceva entrare una quantità di soldi nelle casse pubbliche con le mute e i dazi: in un’investitura del 1416, il vescovo di Concordia riconobbe a Gabriele q. Giovannuto di Fagagna “item muta cuiuslibet bovis qui ceditur in Cordevato, per quolibet bove denarium unum, ac pro quolibet castrono qui venditur in Cordevato parvulos duos, item muta omnium porcorum qui venditur in Cordevato, unum pro parvulos septem pro quolibet porco”10; questa situazione favorì anche lo sviluppo di un mercato locale. Questi processi maturarono pienamente tra la fine del Duecento e i primi del Trecento: le congiure fatte a Portogruaro da parte di nobili, di banchieri e di borghesi per instaurare una signoria, spesso miravano a ottenere, con le armi o con il tradimento, la piazzaforte di Cordovado, che era la chiave militare per arrivare al potere. I vescovi che entravano in Diocesi prendevano possesso prima di tutto del castello di Cordovado. Forse, qualcuno di loro trascorreva anche tutto l’inverno là dentro: per esempio, sappiamo che Fulcherio si trovava a Cordovado l’8 dicembre del 1275 e l’11 di febbraio del 1276. Se non capitale politica, sicuramente questa terra era la capitale militare dei vescovi di Concordia. E anche la capitale del diritto, se all’interno della torre venivano tenute le Constitutiones di Fulcherio. La normativa concordiese messa assieme nel corso del Tredicesimo secolo fu rivista e aggiornata per impulso del vescovo riformatore Guido de Guicis, in una grande opera di distribuzione dei poteri territoriali e istituzionali dentro il dominio della sua Chiesa. L’importanza di Cordovado risaltò subito, poiché i nuovi Statuti che furono pubblicati qui domenica 5 ottobre 1337, nel manoscritto portano il titolo abbreviato di “Statuta Episcopatus” e iniziano così: “Hec sunt Statuta Comunis et hominum Terre Cor-


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dovadi ac aliarum Terrarum spectantium ad temporalem iurisdictionem Episcopi et Episcopatus Concordiensis”. Gli statutarii chiamati a mettere assieme gli articoli, scelti dai funzionari del vescovo, erano di Cotrdovado: “Balduinus q. Inginorij, Ysac q. Angeli, Andreas q. Butz, Guicherius q. Rodulphi, Fante q. Bragantij et Petrus dictus Bocacius q. Badini omnes de Cordevado”. La normativa riguarda il diritto criminale e civile e un bel numero di capitoli parla del castello di Cordovado, della sua custodia, dell’apertura e chiusura delle porte di giorno e di notte e in tempo di guerra, di guayta e di schiravayta, vale a dire di servizio di sentinella individuale e di guardia e pattuglia in squadra. Dunque, lo Statuto del territorio governato dai vescovi faceva procedere la sicurezza del dominio proprio da questa fortezza. Ma dentro qui la legge veniva elaborata e inoltre conservata: d’ora in poi tutta la produzione statutaria nel Friuli Concordiese – dentro e fuori le giurisdizioni dei vescovi – prese a riferimento il testo del 1337. Solamente nel 1450, allorché venne pubblicato il nuovo Statuto della Diocesi, la vecchia raccolta di Cordovado perse ogni valore generale, per divenire un fatto locale. Nei sei articoli di una protesta della Comunità della seconda metà del secolo Quattordicesimo, dove si parla di turni di guardia, di caccia, di diritto di riunione e di autonomia della vicinia, di terre comunali, il riferimento agli Statuti, marginale e secondario, riguarda une mera questione di soldi: “la chomunita domanda la parte soa delle guadie, e chondanaxon segondo la forma dei Statutj de chordovado”11. Anche il titolo è degradato: non più Statuti di tutto il dominio, ma Statuti della sola terra di Cordovado. Prima di abbandonare l’argomento di storia giuridica, vogliamo ricordare che il nome del nostro luogo è legato anche alle “Constitutiones Sinodales” che il Capitolo dei Canonici e il vescovo Uberto di Cesena approvarono nel mese di gennaio del 1334 e che furono pubblicate a Portogruaro, nella chiesa di Sant’Andrea lunedì 31. La faccenda non è stata ancora ben studiata e le Constitutiones a oggi restano inedite; tuttavia, il notaio verbalizzante era “Franceschinus de Mutina q. domini Iohanis Lapi de Florentia et habitans in Corduado”12. La presenza dei Lappi ci fa pensare a quella sezione enorme della storia medievale che è il movimento delle persone e delle famiglie, in primis la immigrazione dei Toscani in Friuli, soprattutto mercanti, banchieri, dazieri, gabellieri, imprenditori; nel Trecento presero in mano la gestione della zecca patriarcale, a Pordenone giunsero a controllare il mercato immobiliare, così come il movimento

finanziario a Portogruaro, Udine, Spilimbergo o Gemona13. La situazione di Cordovado non era diversa, anzi, da quel che risulta, dinamica, essendo che nei secoli Tredicesimo e Quattordicesimo entro le mura del castello e nel borgo vivevano famiglie di abitatori, nobili e borghesi, di provenienza friulana (diocesi di Concordia e di Aquileia), tedesca e italiana (Toscani, Emiliani, Lombardi e così via). Tra i Friulani abbiamo conteggiato anche tutta la gente che proveniva dai villaggi dell’intorno per stabilirsi nei pressi del castello. La fine dello Stato patriarcale e la dedizione del vescovo di Concordia e di tutte le altre giurisdizioni a Venezia, ovvero la conquista armata manu della Patria da parte della Serenissima, segnarono la fine anche del dominio territoriale delle signorie friulane; gli strumenti militari e di potere sociale innalzati nei secoli precedenti cambiarono di funzione. Per il momento, la fortezza di Cordovado mantenne il suo aspetto, tant’è vero che nel 1454 la “sala maiori episcopalis palacij” poteva accogliere ancora una riunione di nobili “in pleno et generali Consilio”14, e che nei rinnovi delle investiture fatte in nome del vescovo Battista Legname nel 1445, tra gli impegni si continuava a parlare di “jure feudi habitantie et cavalarie”, di “militia temporum talearum cum duobus hominibus”, “jure feudi ministerialis ad murandum in Cordevado et coperiendum palatium dicti castri”, “jure feudi cavalarie et habitantie […] cum onere exibendi unum hominem equestrem tempore talearum”, “jure feudi habitantie loci Cordevadi et militie ac jure recti et legali feudi”15. Ma l’importanza militare perse valore sempre più, all’interno di uno Stato, la Repubblica di Venezia, che aveva un’altra strategia di guerra e di difesa territoriale. Anche il centro degli interessi giuridici dei vescovi mutò: la capitale divenne Portogruaro. Ma la storia non è finita. I vescovi di Concordia continuarono ad andare a Cordovado, nel palazzo dentro le mura, che divenne spesso – anche per qualche mese di seguito – una capitale temporanea e provvisoria della Diocesi. Dobbiamo però ricordare che non sempre il titolare era in sede: siamo nell’epoca dei prelati che governavano tramite vicari e sostituti, mentre loro risiedevano a Venezia, a Roma o altrove. Il Concilio di Trento cercò di sistemare le cose, con una trasformazione radicale sia della preparazione, formazione e comportamento del clero e del popolo cristiano, sia della liturgia e dei simboli della spiritualità. Uno dei vescovi di Concordia che più credevano a questa riforma, Matteo Sanudo il Vecchio (1585-1615), iniziò a por mano alla situazione


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Cordovado, il complesso del Santuario della Madonna (Foto di Flavio Andreon, 2002).

ingarbugliata della sua Chiesa (un mezzo disastro, secondo i verbali delle ispezioni del visitatore apostolico Cesare de Nores del 1584-1585). Aveva le idee molto chiare e anche la volontà di andare avanti. Qualche tempo dopo il suo ingresso, accadde il fatto di Cordovado: un’apparizione della Madonna a una giovane donna, la nascita e lo sviluppo della devozione popolare, l’accorrere della gente da tutte le parti, il disagio del pievano. Siamo negli ultimi anni del Cinquecento: dopo oltre due secoli, le leggende e le storie di quel momento furono messe per iscritto da Giovan Battista Marzin: “Circa l’anno 1592 essisteva un Capitello vicino alla Rogia che a ora presente si ritrova dirinpetto alla Chiesa della B. V. con entro dipinta la gran Madre Maria SS., che alla destra vi era pure dipinto l’inmagine di S: Valentino e a sinistra vi era S: Roco. Ritrovandosi unna dona, il giorno 7 7bre vigilia della Natività di Maria SS., di che il suo nome è incognito ma il cognome, Scantino, era detti Inocenti, che lavava drapi a quel aqua, sentì unna voce senza veder figura umana che gli dise: «va o buona dona dalla Università di Cordovado e digli a nome mio che mi fabricano unna Chiesa dedicata a Maria Madre di Dio». […] Sente per la terza volta le stesse parole e si

alzò e genuflessa avanti quella Sacra Inmagine pregandola e prometendo di andarsene dal Paroco di Cordovado e fargli il raconto del caso o visione sucesa. In fatti il Pio Paroco gli diede ascolto alla buona dona che tale l’aveva conosiuta, prometendogli di partecipargli al Monsignor Matteo Sanuto in alora Vescovo […] il caso suceso della Visione. […] Lui non mancava mezzi col suo proprio di famiglia, che era N: Veneto, e poi infervorando tutti li Parochi della Diocese di fare delle questue nelle rispetive loro Chiese e di spedirgli il dinaro a lui, onde inpiegarlo a beneficio di questo Tempio; io ebbi questo rottolo di Elemosine ricevute da Mons.r Vescovo spedite delli Rev.di Parochi per beneficio di questo Sacro Tempio, io dichiaro di averlo letto e esaminato, onde si ritrovava oferte, in mancanza di dinaro, vestiti, canape ed altro che si vendeva alla publica Asta per convertir in dinaro e così si dilatò la divozione di quella Sacra Inmagine non sollo nel Italia, provinzie Venete e Carintia, Ilirico, come si scorge dalla Tabele che portano il nome del Città e vilagi Italiani e Austriaci. Intanto che si facevano tali questue nella Diocese, Mons.r Vescovo alla solecitudine di provedere il necesario per fabricar questa Chiesa in Onore del gran Vergine e dei due Santi a latere della stessa. Nel 1602 essendo conpita, se non in tutto in parte la Sacra Chiesa, destinò giornata il Monsignor Vescovo Sanuto di trasportare la Sacra Inmagine che era nel sud.o Capitello depin-


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ta a fresco sopra il muro, quel pezzo che conteniva la gran Madre di Dio la levò e procisionalmente lo fece ripore sopra l’Altar Magiorre come ora presente si adora nel nichio in alto del Altare, circondata da unna corona d’Angeli con due belisime statue che la adorano. A questa procisione vi intervenì Mons.r Vescovo col Rev.do Capitolo e Clero di Concordia e Università di Cordovado, con suoi Giuridicenti in Sede Vacante. […]. In questo corso di tempo che si fabricava il Tenpio dedicato a la Miracolosa Inmagine di Maria SS., il Mons.r Vescovo Sanuto si è ocupato nel formare unna aministrazione delle Elemosine che giornalmente venivano oferte a questa Sacra Inmagine, per grazie ricevute che da ogni parte concorevano, come si può vedere dalle tabele pendenti ora presente nella detta Chiesa, con spade, gomine da navi, arcabugi, bastoni, zanpelle, mani di legno e altro che a questa epoca non si vede più perché erano esposte fuori della Chiesa della parte della Sacristia alle intemperie del tempo[…]”.16

Il vescovo Sanudo approfittò di questa occasione per realizzare un progetto organico: costruire un santuario a Cordovado, dove la Madonna si era manifestata. Secondo il disegno del prelato, il tempio doveva essere il modello architettonico, artistico e liturgico per le chiese della Diocesi. La celebrazione e la cura del santuario furono affidate a una congregazione di cappellani, anche questo un esempio di vita sacerdotale per i preti concordiesi. Racconta una storia ufficiale della fondazione, scritta a cura della Curia: “[…] da pochi anni in qua è cresciuto di maniera il concorso della gente alla Madonna di Cordovato Diocese Concordiese che mediante le elemosine che giornalmente vi si fanno, si è fatta di Cappelletta Campestre una delle belle Chiese di quel paese; oltre che Mons.r Vescovo l’ha arricchita d’argenti, et altre supellettili. In oltre vi ha fabbricato cinque case per tanti Sacerdoti, et un Monaco17, che vi celebrano di continuo. Di più vi ha fatto fare un Hospitio per persone nobili con letti, et insomma con tutte le commodità. Et hora fa fare un altro Hospitio per poveri bellissimo, et una stalla capace per caval-

li: di maniera che il danaro viene speso nobilmente con ordine, et governo conveniente di tutto il luogo ordinate da detto Mons.r Vescovo, quale ci ha speso delle migliora di scudi […]. Esso Mons.r desidera tirare innanzi la fabbrica della detta habitatione per dieci, et forsi più Preti con alcune commodità, con animo di farne una Collegiata, per il qual fine ha investito di già per duecento scudi d’entrata”18.

Il progetto continuò anche dopo la morte del vescovo e fu raccolto dal suo nipote e continuatore, Matteo Sanudo il Giovane (1616-1641). Inoltre, per qualche tempo la Curia pensò di istituire il Seminario concordiese proprio accanto alla chiesa della Madonna. La maggior parte delle risorse finanziarie della Diocesi furono impegnate nel progetto generale legato al santuario. Per tutta la prima metà del Seicento i pellegrini continuarono a giungere a Cordovado; assai famoso è il pellegrinaggio dei devoti di Brescia, che arrivarono ai tempi della peste del 1630. Mutò persino la struttura urbanistica del paese. Se nel medioevo aveva tre elementi, vale a dire il castello con il borgo interno alle fosse, il villaggio e la pieve, e se nel Quattrocento era già ben sviluppato un “burgus novus” lungo la strada verso Settentrione, in conseguenza della costruzione del santuario il borgo nuovo giunse a coprire tutto lo spazio libero fino alla chiesa della Madonna. Possiamo affermare che con i vescovi Sanudo, Matteo il Vecchio e Matteo il Giovane, Cordovado è stata la capitale della rinascita spirituale controriformistica (o riformistica cattolica) della Chiesa di Concordia, in cui arte, religione e cultura si incrociavano. E se in breve tempo questa funzione venne meno (anche a causa dello sviluppo del vicino santuario di Madonna di Rosa, dal 1655), quei vescovi, quei preti, quella gente ci hanno lasciato in eredità un grande monumento non solo di arte, ma anche di dignità, di storia, di spiritualità – un monumento della nostra memoria.


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NOTE 1 M. BERENGO, L’Europa delle città. Il volto della società urbana europea tra Medioevo ed Età moderna, Torino 1999, 3-4. 2 Lo studio più completo sul Parlamento della Patria rimane sempre quello di P. S. LEICHT, Il parlamento della Patria del Friuli. Sua origine, costituzione e legislazione (1231-1420), Udine 1903 (= Udine 1975). 3 Il processo di formazione di una capitale friulana è stato studiato da M. ZACCHIGNA, Le terre friulane nel basso Medioevo: verso il superamento della tradizione policentrica, in Il Patriarcato di Aquileia. Uno Stato nell’Europa medievale, a c. di P. CAMMAROSANO, Udine 1999, 297-318. 4 R. della TORRE, L’Abbazia di Sesto in Sylvis dalle origini alla fine del ‘200. Introduzione storica e documenti, Udine 1979, 315-316. 5 L. GIANNI, Le note di Gueglielmino da Cividale (1314-1323), Udine 2001, 245-246, 280-286. 6 Pergamena in Archivio Storico della Curia di Concordia-Pordenone (già nell’Archivio della Mensa Vescovile ai tempi di mons. Degani, portata nell’Archivio Parrocchiale di Bagnarola dal pievano Cicutto alla fine dell’Ottocento, riscoperta dal sottoscritto e consegnata tramite mons. Mario Del Re all’Archivio Diocesano); regestata, alla data del 15 luglio 1329, da E. DEGANI, La diocesi di Concordia, 2ª ed. a cura di G. VALE, Udine 1924, rist. Brescia 1977, 339-340. 7 V. JOPPI, Statuti di Cordovado del MCCCXXXVII con documenti sopra leggi anteriori, per nozze Freschi-Foligno, Udine 1875, 31, ristampato da P. C. BEGOTTI, Statuti di Cordovado del 1337, Cordovado 1992, 29. 8 Per tutte le questioni che seguono, v. BEGOTTI, Statuti di Cordovado; ID., Castello di Cordovado, Cassacco 1988; ID., “Cort de vat”. Cordovado e il Friuli Concordiese nella storia medievale, in Cordovât, a cura di P. C. BEGOTTI, Udin 2002 (N. U. 79n congres de Societât Filologjiche Furlane). 9 In generale, questi concetti sono trattati da A. A. SETTIA, Proteg-

gere e dominare. Fortificazioni e popolamento nell’Italia medievale, Roma 1999 e L’illusione della sicurezza. Fortificazioni di rifugio nell’Italia medievale. “Ricetti”, “bastite”, “cortine”, Vercelli-Cuneo 2001. 10 Archivio Storico della Curia di Concordia-Pordenone, Proprietà della Mensa Vescovile di Concordia, c. [iii]r, investitura 1416, 12 di gennaio. 11 Il documento è pubblicato in BEGOTTI, Statuti di Cordovado, 30. 12 Biblioteca Civica “Joppi” di Udine, Ms. 891/VII, c. 13v. 13 V. I Toscani in Friuli. Atti del convegno (Udine 26-27 gennaio 1990), a c. di A. MALCANGI, Firenze 1992; integrazioni per il Friuli Occidentale in S. BORTOLAMI, Spilimbergo a metà Trecento: una società in trasformazione, in Spilimbergo medioevale. Dal libro di imbreviature del notaio Supertino di Tommaso (1341-1346), a c. di S. BORTOLAMI, saggi ed edizioni documentarie di S. BORTOLAMI e C. BASEOTTO, Spilimbergo 1997, 78-83 e P. C. BEGOTTI, Toscani a Pordenone nel XIV secolo. Risultati e prospettive di una ricerca in corso, “La Loggia” n. s., n. 2 (1996), 47-49. 14 E. DEGANI, Gli Statuti civili e criminali della Diocesi di Concordia (MCCCCL), Venezia 1882, 31. 15 Proprietà della Mensa Vescovile di Concordia, cc. 54v-61r, investiture dal 1445, 16 febbraio al 1445, 5 agosto. 16 Per questa relazione (trascritta e pubblicata a cura di P. C. BEGOTTI) e per tutte le informazioni sul santuario, v. Madonna di Cordovado, a c. di P. GOI, presentazione di G. P. GRI, Cordovado 2002. 17 Cfr. friulano muini, trentino munec, in italiano “sacrestano”. 18 Archivio Storico della Curia di Concordia-Pordenone, Parte X, “Pievi e Parrocchie unite alla Mensa Capitolare”, 49/1: Fondatione, Constitutioni et ordini intorno al Governo della Chiesa della Beatissima Vergine Miracolosa di Cordovato fatta dall’Ill.mo et Rev.mo Mons. Mattheo Sanuto Vescovo di Concordia, c. 5r, pubblicato da P. C. BEGOTTI, Il convento domenicano di Cordovado. Memorie e documenti, Cordovado 1998, 7.


12

Tracciato della Strada del Pulfero che da Cividale portava in Carinzia ed a Gorizia (mappa del XVIII secolo). (AA.VV., Pulfero, Ambiente-Storia-Cultura, Pulfero (UD), Arti Grafiche Friulane, 1994, p. 45).


13

Le

Va l l i d e l N a t i s o n e : piccola Comunità nell’Euroregione MICHELA

Nella configurazione degli insediamenti umani lo spazio è spesso l’elemento determinante ed il rapporto degli insediamenti stessi con il territorio ne condiziona in molti casi il “destino”. Per i piccoli gruppi umani tale assunto appare ancora più importante ed il legame tra essi e l’ambiente naturale ancora più stretto. È una piccola comunità che va a cercare uno spazio geograficamente ben caratterizzato e definito per mantenere la propria identità o è “quello” spazio così ben caratterizzato e definito che la invoglia a stabilirsi in maniera duratura così da costruirsi un’identità? E in che misura le condizioni del territorio e dell’ambiente definiscono l’identità ed il futuro di una comunità? Queste sono le questioni cui si è tentato di dare una risposta assumendo come oggetto di studio gli slavi delle Valli del Natisone facendo interagire lo spazio con il tempo, l’ambiente con la storia. Le Valli del Natisone sono una piccola comunità umana posta ai confini nordorientali dello stato italiano, occupano una superficie complessiva di 170 kmq, compresa tra i 150 ed i 1641 m di altitudine, con una popolazione che si aggira attorno ai 6.300 abitanti. Morfologicamente le Valli appartengono alle Prealpi Giulie che si sviluppano nel territorio regionale tra il basso corso del fiume Fella e quello dell’Isonzo, suddividendosi poi ad ovest nelle Prealpi del Torre, al centro in quelle del Natisone e ad est in quelle dello Judrio. La zona, caratterizzata da un sistema vallivo dalla particolare forma a ventaglio, è attraversata dal fiume Natisone e definita, con andamento N-E/S-W, dal sistema dei suoi affluenti (il Cosizza, l’Erbezzo e l’Alberone) convergenti in un punto ben preciso (Ponte San Quirino) che segna il passaggio verso la pianura friulana. Tale direzione si è andata confermando come predominante sin dalla seconda metà del XX secolo in quanto la struttura viaria, che nei primi anni del Novecento era costituita da strade carrabili limitate al fondovalle, venne ampliata durante la prima guerra mondiale, data la

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IUSSA

presenza del confine di Stato, con strade costruite per scopi militari che raggiungevano a volte anche quote elevate del territorio, come ad esempio il monte Colovrat. Successivamente nella seconda metà del secolo tutti i centri, anche quelli delle valli minori, vennero collegati al fondovalle. Il nuovo flusso comportò la perdita dei collegamenti storici trasversali costituiti da sentieri e mulattiere, da sempre caratterizzanti le comunicazioni tra le vallate ma inadatti ad essere trasformati in strade carrabili. La Valle del Natisone è percorribile anche a ritroso poiché, dopo la stretta tra i monti Mia e Mataiur, si apre verso la Valle dell’Isonzo. Il collegamento tra Isonzo e Natisone ha costituito fin dalla preistoria e, in maniera documentata dall’epoca romana, una delle vie di transito che univano ed uniscono l’Europa centro-orientale all’Alto Adriatico. Il sistema delle convalli si è rivelato, per converso, anche un luogo protetto e chiuso che ha offerto alla popolazione di origine slava, che vi si insediò a partire dal VII secolo, la possibilità di rimanere in loco fino ai giorni nostri. *** Poste al limite tra due mondi, quello latino e quello slavo, le Valli del Natisone sono state interessate da numerose vicende storiche che ne hanno sancito il ruolo di confine tra Occidente ed Oriente, condizionando l’esistenza e l’identità di chi le abitava: la “cortina di ferro” passava, infatti, anche di lì. In seguito alla fine della guerra fredda e alla dissoluzione della Jugoslavia, la Repubblica di Slovenia è entrata di diritto a far parte dell’Europa dei venticinque. È stato possibile, quindi, avviare, tra Italia e Slovenia, un percorso di ripensamento delle reciproche relazioni che ha portato al superamento del confine inteso come limite, per trasformarlo in opportunità. Le relazioni a due che si sono instaurate non sono


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Confine dello Stato patriarcale nella prima metà del XIII secolo. (Società Filologica Friulana, Val Natisone 49° Congresso, San Pietro al Natisone (UD), 1972, p. 45)

tuttavia sufficienti ad eliminare definitivamente il confine ideologico che si era instaurato tra i due popoli e che andava a caratterizzare la comunità slava delle Valli come un’entità in bilico tra Occidente ed Oriente. Se da un lato, infatti, la Repubblica di Slovenia, in quanto Stato nazionale, può costituire un non trascurabile polo di attrazione per una comunità esigua come quella in questione anche attraverso i modelli linguistico-culturali che propone, dall’altro, il dibattito sulla tutela linguistica, complesso ed articolato, ha determinato nelle giovani generazioni, già culturalmente attrezzate per superare le diatribe di carattere nazionalistico, una tendenza ad accettare lo “status quo” con il pericolo di una assimilazione completa alla nazione italiana, attraverso l’adesione acritica ai suoi modelli linguistici e culturali. Non è a rischio il territorio, quindi, bensì l’identità della comunità che ci vive, che si trova come già detto “in bilico tra Occidente ed Oriente”. Come tutte le realtà piccole, anche quella in esame si rapporta con difficoltà ad un sistema mondiale avviato alla globalizzazione. La sua sopravvivenza si ritiene sia strettamente legata alla presa di coscienza di due elementi fondamentali: il superamento del confine e la conservazione della propria identità. La soluzione al rischio di ogni forma di omologa-

zione va ricercata, nell’idea di Europa, così come si è andata evolvendo negli ultimi decenni, e nel dibattito, tuttora in corso, relativo al superamento dell’idea dello Stato nazionale. In questo contesto vengono proposte modalità di riaggregazione di nuovo tipo tra ambiti geografici affini e/o contermini, al fine di creare realtà territoriali intermedie a carattere transnazionale, che facciano da tramite tra le comunità locali e l’Unione Europea: queste entità territoriali intermedie possono essere identificate nelle Euroregioni. Le prime forme di Euroregione risalgono già al periodo successivo alla seconda guerra mondiale ed avevano la precisa funzione di promuovere la collaborazione tra le zone confinanti delle nazioni che durante il conflitto erano state nemiche1. L’Euroregione può essere vista, oggi, come strumento utile alla realizzazione di un’idea di Europa più vicina ai cittadini, punto di partenza per la formazione di un’Unione Europea maggiormente voluta e condivisa. Il processo che conduce alla creazione di queste nuove aggregazioni parte innanzitutto dalla crisi dello Stato nazionale, le cui prerogative essenziali sono state seriamente intaccate a decorrere dal “Trattato per l’Unione Europea” (1992) e le sue successive applicazioni che hanno condotto all’abolizione


15 M. IUSSA

Scorcio delle Valli del Natisone visto dal paese di Mezzana in comune di San Pietro al Natisone.

delle frontiere, delle dogane, alla libera e piena mobilità delle persone, dei capitali, dei servizi, alla creazione di un mercato unico e ad una moneta unica. In tale contesto, un ulteriore contributo è stato offerto dall’allargamento dell’Unione Europea e dal nuovo Parlamento eletto dai venticinque Stati dell’Unione: si tende dunque a far coincidere il più possibile il territorio dell’Europa con la sua organizzazione giuridica. Nella realtà che si sta delineando, molti territori, specie quelli transfrontalieri, hanno la possibilità di trovare nuove opportunità. Da aree marginali e/o marginalizzate essi si possono trasformare, infatti, in risorse per i rispettivi Stati e per l’Europa medesima. Fondamentale ai fini della cooperazione transfrontaliera ed interterritoriale è stata l’azione del Consiglio d’Europa, azione che ha trovato la sua formalizzazione nella Convenzione-quadro di Madrid firmata il 21 maggio 1980 e nel Protocollo aggiuntivo alla Convenzione-quadro, siglato il 20 ottobre 1995. *** L’Euroregione implica, come ovvia conseguenza, la crescita dei rapporti interconfinari e transfrontalieri come pure la necessità di una loro istituzionalizzazione attraverso la regolamentazione su basi nuove. Ciò conduce inevitabilmente gli Stati nazionali ad inten-

sificare i propri rapporti con gli Stati limitrofi. L’Euroregione, quindi, può essere vista come mezzo di apertura e di confronto tra realtà contermini. Essa può favorire il senso di appartenenza ad un’area più ampia che va oltre i confini e le frontiere tradizionali attraverso la conoscenza reciproca dei caratteri culturali, sociali ed economici dei popoli coinvolti, conoscenza che può dar luogo a forme di cooperazione vantaggiose per tutti. Laddove la struttura “Euroregione” ha visto concretamente la luce, gli obiettivi che essa si è andata proponendo sono stati molteplici e legati indubbiamente alla volontà di valorizzare la dimensione territoriale2. Essi si sono tradotti soprattutto nell’elaborazione di piani regolatori, nella salvaguardia dei beni naturalistici, paesaggistici e culturali, nello sviluppo economico, nel miglioramento della qualità della vita, nella costruzione di infrastrutture e di servizi comuni. *** Dopo aver tentato di delineare, per sommi capi, le caratteristiche dell’Euroregione, si ritiene utile esaminare alcune ipotesi che riguardano da vicino l’area oggetto di studio. Il prof. Alberto Gasparini3 ha presentato un’interessante proposta di Euroregione


16 Saggi

Gli slavi delle Prealpi Giulie. (O. Marinelli, Guida alle Prealpi Giulie, Udine, Società Alpina Friulana, 1912, p.85)

prassi quotidiana. Questa regione transfrontaliera dovrebbe comprendere le aree confinarie di FriuliVenezia Giulia, Slovenia e Carinzia, con una superficie totale di 9.000 kmq ed una popolazione di poco più di 1 milione di abitanti. Al prof. Gasparini, questa sembrerebbe, la dimensione più adatta all’approfondimento della cooperazione e alla diffusione della mentalità transfrontaliera tipica delle Euroregioni più integrate5. L’area dell’Euroregione transfrontaliera così ipotizzata presenta una varietà di situazioni geografiche, demografiche, socio-economiche e culturali che ne consentono la divisione in ulteriori subsistemi. Tra i sei subsistemi da lui individuati, troviamo quello delle Valli del Torre, del Natisone e del Tolminotto che coincide quasi completamente con il territorio di frontiera lungo il percorso del Natisone e che interessa il sistema fluviale Torre, Natisone, Judrio e Isonzo6. ***

strutturata su tre livelli distinti tra loro sia dal punto di vista territoriale che dell’organizzazione giuridica e caratterizzati da diversi gradi di integrazione4. Un primo livello comprenderebbe Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Slovenia, Croazia, Carinzia e Stiria con una superficie complessiva di 129.000 kmq per quasi 14 milioni di abitanti. Viene in tal modo definita una Macro-Euroregione il cui obiettivo generale sarebbe quello di favorire la cooperazione nell’ambito di uno spazio macro-economico a carattere strategico, in quanto situato tra Occidente ed Oriente, e la gestione di interventi comuni per nuove o rinnovate infrastrutture. Ad un secondo livello, il prof. Gasparini presenta l’Euroregione delle reti funzionali, con l’obiettivo di collegare le “organizzazioni (imprese private, enti locali, istituzioni pubbliche, ecc.) che sviluppano relazioni reciproche e diventano nodi di una rete relazionale differente per funzione”. I partecipanti dovrebbero essere il Friuli-Venezia Giulia, la Slovenia, l’Istria Croata e la Carinzia, con una superficie totale di 31.500 kmq e quasi 3 milioni di abitanti. Come nel caso precedente, la cooperazione andrebbe gestita a livello regionale e statale, ma in più ci sarebbe la partecipazione di attori socio-economici provenienti dal settore privato. Il terzo livello proposto è quello della Euroregione transfrontaliera, con lo scopo di progettare un contesto in cui esistano le condizioni necessarie affinchè la cooperazione tra le popolazioni confinarie diventi

Il presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, Riccardo Illy, in diverse occasioni ha dimostrato di credere fermamente nella necessità di creare organismi intermedi tra gli Stati nazionali e l’Europa. La sua idea di Euroregione si lega alla consapevolezza che essa può diventare uno strumento fondamentale per la crescita ed il miglioramento dei rapporti di cooperazione tra le Regioni del Nord Est d’Italia e quelle contermini7. L’obiettivo è di dare vita ad un soggetto con personalità giuridica di tipo internazionale che vada al di là di una semplice associazione come era la “Comunità Alpe-Adria”8. Per Illy, l’Euroregione consentirebbe non solo la realizzazione di un coordinamento legislativo fra i governi delle diverse Regioni coinvolte e fra le autonomie locali stesse, ma anche lo sviluppo di una cooperazione più intensa in campo sociale, culturale, istituzionale ed economico. Nel sostenere il suo progetto, Illy punta su un Euroregione che valorizzi le minoranze linguistiche e che avvii una stretta collaborazione tra le Amministrazioni locali poste lungo i confini di Italia, Austria, Slovenia e Croazia. Egli parte dal presupposto che le minoranze nazionali, nello specifico, quella italiana in Slovenia e Croazia e quella slovena in Friuli-Venezia Giulia e Carinzia, costituiscano una ricchezza ed un collegamento prezioso per le nazioni di origine ed ancor più per le comunità che vivono nelle zone di confine, per il loro tessuto sociale ed economico. Sono proprio le minoranze linguistiche, a suo parere, tra le principa-


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li e maggiori beneficiarie del progetto, anche alla luce del ruolo fondamentale che esse possono svolgere nell’incremento degli interscambi tra i diversi partner istituzionali ed i rispettivi sistemi economici e nel garantire, di conseguenza, una maggiore coesione all’interno dell’ Euroregione stessa. L’Euroregione funzionerà, secondo Illy, solo se la popolazione la sentirà utile e reale. Esistono, però, due difficoltà politiche da superare: la lenta nascita delle Regioni in Slovenia e l’estraneità della Croazia all’Unione Europea. Si tratta per Illy di problemi superabili, in quanto in entrambi i casi sono già state avviate pratiche per modificare la situazione esistente. Fondamentale, secondo lui, è infine il superamento dei pregiudizi ancora esistenti che rappresentano un intralcio alla creazione della “nuova realtà”9. Recentemente è stato segnato un punto a favore del “progetto Euroregione” così come auspicato da Illy. Il 17 ottobre 2005, infatti, esattamente 208 anni dopo la firma del Trattato di Campoformido10, è stata raggiunta l’intesa sulla bozza per costituire un nuovo soggetto giuridico di diritto pubblico internazionale che metta in rete le Regioni che gravitano sull’Alto Adriatico. All’incontro, avvenuto a Passariano di Codroipo (UD), erano presenti i rappresentanti della Regione Friuli-Venezia Giulia, della Regione Veneto, della Carinzia, della Contea Istriana e della Contea Litoraneo-Montana (Croazia). In quell’occasione Illy ha dichiarato: “Punteremo a realizzare innanzitutto un unico accordo multilaterale

I comuni interessati dall’ipotesi di Euroregione transfrontaliera. (I.S.I.G., Trimestrale di Sociologia Internazionale, Quarterly of International Sociology, Anno XII, n. 3/4, Gorizia, Dicembre 2003, p. 31)

che sostituisca gli accordi bilaterali che ogni Regione, o Stato, nel caso della Slovenia, ha firmato con ogni singolo vicino, ci vorrà qualche anno, ma credo che potrà nascere un soggetto rappresentativo dell’area, in cui tutti possano riconoscersi”11. Si tratta dal punto di vista territoriale di un’entità che corrisponde grossomodo all’Euroregione delle reti funzionali del Prof. Gasparini, integrata dal Veneto e dalla Contea Litoraneo-Montana, croata. ***

Cartina dei collegamenti nelle Valli del Natisone. (Fonte: A.R.P.)

Confrontando le ipotesi formulate dal prof. Gasparini con quella del presidente della Regione FriuliVenezia Giulia Illy, quale si è definita nel convegno di Passariano di Codroipo, emergono due considerazioni: una di carattere prettamente geografico ed una di carattere socio culturale. Dal punto di vista geografico le Valli del Natisone rientrano a pieno titolo nelle proposte di entrambi assumendo addirittura, nel caso dell’Euroregione delle reti funzionali e dell’ipotesi Illy, una posizione centrale. Anche a livello di subsistema si superano confini e frontiere aggregando le Valli del Torre, del Natisone con il territorio di Tolmino. Dal punto di vista socio-culturale, il richiamo di Illy all’importanza delle minoranze fa riferimento ad un’Europa delle comunità dove l’identità locale è


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costitutiva di un’identità più ampia, sovranazionale con l’intento di andare verso l’Europa dei popoli e non verso quella delle nazioni. *** Tutte le ipotesi di Euroregione sino ad ora avanzate, come si può osservare, ridefiniscono la posizione geo-politica delle Valli del Natisone: non più ai margini di un territorio nazionale ma integrate in un contesto sovranazionale che, a prescindere dalle dimensioni ipotizzate, coinvolge in ogni caso Italia, Austria e Slovenia. Collocando in un contesto europeo le relazioni, che in precedenza avvenivano separatamente, tra Italia e Austria da un lato ed Austria e Slovenia dall’altro, sarebbe possibile, oggi, andare a costituire un sistema trilaterale che, incrementando il numero degli interlocutori, permetterebbe di superarne le rispettive contrapposizioni. Alla luce delle “relazioni a tre” che incominciano a delinearsi12, riacquisterebbe importanza anche quella “Strada del Pulfero” che univa, a partire da Tarvisio, attraverso il passo del Predil e la valle del Coritenza, l’alta valle dell’Isonzo a quella del Natisone, e quindi, l’Austria all’Italia attraverso la Slovenia. In conclusione si può affermare che quelli che si manifestavano come vincoli del territorio potrebbero ora trasformarsi finalmente in opportunità, permettendo anche alla Comunità in questione di decidere liberamente ed autonomamente ciò che vuole essere. Si tratta di un obiettivo importante ed ambizioso. Per raggiungerlo, riteniamo che l’Euroregione, oggetto al presente di incontri e convegni ed alla quale è stato attribuito il nome di “Euradria”, debba configurarsi

Aree e sfere di influenza delle Euroregioni di Euradria. (I.S.I.G., Trimestrale di Sociologia Internazionale, Quarterly of International Sociology, Anno XII, n. 3/4, Gorizia, Dicembre 2003, p. 24)

come un sistema a rete di cui le comunità locali costituiscano i nodi del livello di base. In un contesto in cui la comunità di un territorio ben definito come quello delle Valli del Natisone si sta interrogando sulla propria identità, si ribadisce che la chiusura ha determinato in passato la sopravvivenza, oggi questa stessa sopravvivenza è determinata dalla capacità di apertura.


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NOTE * Le Valli del Natisone. Ricerche di geografia. Una comunità in bilico tra Occidente e Oriente. Tesi di laurea 2004 – 2005 presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Urbino. Come esempio possiamo citare l’Euroregione del Reno Superiore nata nel 1975 tra Germania, Francia e Svizzera e l’Euroregione Neisse fondata nel 1991 e comprendente la Bassa Slesia (PL), la Nord Boemia (CZ) e l’Alta Lussezia (D). Si veda A. GASPARINI (a cura di), Progetto di sviluppo e conoscenza reciproca italo-slovena, I.S.I.G. Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia, 2000, pp. 51, 52. 2 In Europa possono essere menzionate diverse esperienze di Euroregione, già operative. Sul confine tedesco-olandese, ad esempio, la cooperazione viene istituzionalizzata nel 1958 e nel 1965 appare per la prima volta il nome dell’associazione EUREGIO. Su questa frontiera sono sorte successivamente ben altre cinque Euroregioni, la più recente è la NEUE HANSE INTERREGIO nata nel 1991. (AA.VV., Progetto di sviluppo e conoscenza reciproca italoslovena, Gorizia, I.S.I.G. Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia, 2000, p. 49) 3 Direttore dell’Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia (I.S.I.G.) dal 1989. Professore ordinario di Sociologia alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Trieste e di Sociologia delle relazioni internazionali e Tecniche di previsione al Corso di laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. (http://www.isig.it/new) 4 Così in A. GASPARINI, Problemi e prospettive dello sviluppo di Euroregioni sul confine nord-orientale italiano: il caso del Friuli – Venezia Giulia, 2000, ripresa in AA.VV. Progetto di Sviluppo e conoscenza reciproca italo-slovena, Gorizia, I.S.I.G. Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia, 2000, pp. 53 e segg. 5 A. GASPARINI (a cura di), Progetto di sviluppo e conoscenza reciproca italo-slovena, Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia, 2000, p. 53. 6 Gli altri cinque subsistemi, così come individuati dal prof. A. Gasparini, sono: a) Tarvisio, Hermagor, Villach, Klaghenfurt, Kranjska Gora, Jesenice (Tre Confini); b) Collio e Brda; d) Gorizia e Nova Gorica; e) Monfalcone; f ) Trieste e Capodistria. Così in A. GASPARINI, op. cit., p. 54. 7 In tali termini il Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, Riccardo Illy si è espresso in occasione del Convegno tenutosi 1

a Pordenone il 10/6/2005, dal titolo “Local to local: Istria e Quarnero a Pordenone. Il Nord Ovest Croato incontra il Nord-Est Italiano”. L’evento è stato organizzato dall’Ambasciata d’Italia a Zagabria, dal Comitato Consultivo dell’Imprenditoria Italiana in Croazia e dall’ICE (Istituto Nazionale per il Commercio Estero). 8 La Comunità di Lavoro Alpe Adria venne costituita con il Protocollo d’Intesa sottoscritto a Venezia il 20/11/1978. Non ha personalità giuridica ed attualmente vi aderiscono 17 Regioni o istituzioni similari appartenenti a sette Stati europei (Italia, Austria, Croazia, Germania, Slovenia, Svizzera e Ungheria). La finalità principale è quella di trattare a livello informativo e tecnico problemi di interesse comune ed in particolare le comunicazioni transalpine, il movimento portuale, la produzione e il trasporto di energia, l’agricoltura, l’economia forestale, il turismo, la tutela del paesaggio culturale e ricreativo, lo sviluppo urbanistico, i rapporti culturali, i contatti con istituti scientifici. (Sito WEB “Regione del Veneto”) 9 Cfr “Notiziario NIP. News ITALIA PRESS” agenzia stampa n.168, annoXI, 26/8/2004. 10 Il 17 ottobre 1797 Napoleone Bonaparte firmò la pace di Campoformio con l’Austria, che in cambio del riconoscimento della Repubblica Cisalpina, creata a Milano nel maggio 1797, otteneva il Veneto, l’Istria e la Dalmazia. I resti della Repubblica Serenissima passavano così all’Impero austro-ungarico. (C. CAPRA, Età moderna, Firenze 1996, p. 513) 11 L. MARCHIORI, L’Euroregione segna un altro punto, in “Il Gazzettino”, Udine, 18/10/2005. 12 A partire dal 1989 l’UE ha provveduto al sostengo finanziario di azioni di cooperazione tra le zone frontaliere dell’Italia e della Slovenia attraverso il programma INTERREG. La Slovenia già nel 1995 ha attivato sui propri confini il programma di cooperazione transfrontaliera PHARE CBC che ha sino ad ora svolto il ruolo guida nei rapporti transfrontalieri con l’Italia, l’Austria e l’Ungheria. Esso è complementare al programma Interreg, destinato ai territori di confine degli stati membri. Nel periodo 1994-1999 gli ambiti prioritari della cooperazione italo-slovena sono stati le comunicazioni, i problemi ambientali, la collaborazione economica, lo sviluppo delle risorse umane, gli scambi culturali, l’assistenza tecnica. Per quanto riguarda la cooperazione con l’Austria sono stati individuati, come ambiti prioritari di collaborazione, il settore dei trasporti, l’ambiente, la collaborazione economica, lo sviluppo delle risorse umane, l’assistenza tecnica. (A. GASPARINI (a cura di), Progetto di sviluppo e conoscenza reciproca italo-slovena.


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L’edificio della Scuola di Ostetricia annessa nel 1931 all’Istituto provinciale per la maternità e l’infanzia di Udine.


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L’ a r c h i v i o

storico della Scuola di Ostetricia di Udine

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ANNALISA SCHIFFO

Fino al 1896 le partorienti nubili ed i nati illegittimi erano ricoverati in appositi locali dell’Ospedale del Comune di Udine, ma con l’aumentare dei bisognosi si dovette provvedere alla creazione di nuovi spazi. Questo portò alla costruzione nel 1928 del nuovo Padiglione per la Maternità, al quale fu annessa una scuola, la Scuola di Ostetricia di Udine1. La R. Scuola Ostetrica di Udine nacque il 3 gennaio 1931 da una convenzione tra il Brefotrofio provinciale di Udine ed il Ministero dell’Educazione Nazionale. Il documento si sviluppava su nove punti, riguardanti la locazione, l’amministrazione, i fondi per l’acquisto di materiale, il personale con propria retribuzione, le tasse che dovevano essere versate dalle allieve, la diretta sorveglianza dell’Ateneo di Padova, la possibilità di ospitare allieve pensionanti, l’impegno di attenersi all’ordinamento per le scuole di ostetricia previsto dal regio decreto 19 gennaio 1928, n. 407, ed infine la durata di tale convenzione che era quinquennale, tacitamente prorogabile. Questa convenzione rimase in vigore fino al 1943, quando fu sostituita da una nuova che, a causa degli eventi bellici, entrò in vigore solo nel 1953. Il primo direttore della Scuola di Ostetricia fu il dott. Emilio Santi, già direttore della Scuola di Ostetricia di Trieste, dalla quale fu trasferito. Dopo il suo pensionamento avvenuto nel 1943, si susseguirono: il dott. Ettore Debiasi, già direttore incaricato, il quale restò in carica fino a metà degli anni Cinquanta; il dott. Colucci, che operò fino alla fine degli anni Ottanta; ed infine, dopo varie vicissitudini, nel 1985 riuscì ad occupare la direzione per una decina d’anni il dott. Gianpietro Ceci; con lui si chiuse la lista dei direttori a capo di una scuola autonoma, in quanto negli anni 1990-1991, la Scuola è passata alle dipendenze dell’Università degli Studi di Udine e nell’a.a. 1997-1998, nonostante non scompaia, diventa prima Diploma universitario di Ostetrica/o, e poi nell’a.a. 1998-1999 Scuola di specializzazione in Ginecologia ed Ostetricia.

Frontespizio dell’opuscolo pubblicato da Emilio Santi.

L’ammissione alla Scuola prevedeva un’età compresa tra i 18 e i 30 anni ed il possesso di un titolo di studio, o in mancanza di esso il superamento di un esame di ammissione. Nonostante ci fossero delle tasse da pagare, le ragazze meno abbienti potevano usufruire dei sussidi e anche dell’alloggio gratuito. Il percorso scolastico prevedeva tre anni di corso (due anni dal 1957 in poi)2, ed il passaggio da un anno all’altro era caratterizzato da un esame, riguardante il programma svolto nei primi due anni; mentre per il terzo ed ultimo anno era prevista la discus-


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sione di due storie chimiche, alle quali le allieve avevano assistito. Stilando una media si possono contare circa una ventina d’iscrizioni all’anno, con un brusco calo alla fine degli anni Cinquanta, quando divenne obbligatorio il possesso del diploma d’infermiera professionale per l’accesso. La maggior parte delle ragazze che s’iscrivevano a questa Scuola proveniva dall’Alto Friuli, un po’ meno dalla zona di Pordenone e dal Veneto, un numero esiguo dalla Bassa friulana. L’archivio L’archivio della Scuola di Ostetricia di Udine era conservato, fino agli anni 1998-1999, presso l’Ospedale Civile “Santa Maria della Misericordia” di Udine. In seguito è passato alla Segreteria studenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia (sezione Specializzazioni), per poi essere conservato dal 2000 presso l’archivio di deposito dell’Università di Udine. Il materiale conservato comprende circa 70 anni, dal 1931 alla fine degli anni Novanta; la parte di documentazione riordinata ed inventariata ricopre un arco cronologico che va dal 1931 al 1965, quella in altre parole che è considerata la parte storica, in quanto la parte restante – dal 1966 ad oggi – è ancora in fase di deposito, e quindi soggetta ad eventuali operazioni amministrative. L’archivio di deposito presenta pessime condizioni ambientali di conservazione: si possono riscontrare grandi sbalzi di umidità e di temperatura, in quanto il deposito è stato creato all’interno di un capannone industriale, privo di materiale d’isolamento con l’esterno, con danni non indifferenti ai lucernai, con conseguente penetrazione d’acqua, filtrazioni d’acqua dalle pareti, mancanza di scaffalature compatte, per prevenire incendi o allagamenti, e le scaffalature presenti sono ricolme di materiale documentario; sono occupati sia i ripiani più alti privi di qualsiasi protezione, sia i ripiani più bassi. Il materiale riguardante la Scuola di Ostetricia non ha subito grossi danni, ad eccezione delle copertine esterne, le quali erano ormai troppo fragili per conservare i documenti: sono state prontamente cambiate, ed ora il materiale riordinato è stato riposto all’interno di contenitori nell’attesa di una collocazione più idonea. Naturalmente non bisogna sottovalutare che tutta la documentazione presenta un alto tasso di acidità causato in primis da una forte concentrazione di lignina nell’impasto di preparazione della carta, e in alcuni casi è visibile il trapasso della scrittura causato dall’idrolisi acida dell’inchiostro usato e da un pro-

Stanza di prima classe.

Sala per ricoverate comuni.

Stanza da visita.

cesso di ossidazione che ha provocato piccoli fori in corrispondenza delle lettere piene. Infatti, è stato proposto all’ufficio competente un trattamento deacidificante, che può essere davvero utile solo nel caso avvenga un trasferimento del materiale. La documentazione comprende sia manoscritti, il più delle volte quasi illeggibili, sia scritture “a macchina”. Molte volte i problemi di leggibilità sono creati dalla strana correlazione tra le carte, e l’impossibilità di un riscontro preciso sui registri di protocollo.


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Le serie archivistiche La fase di riordino dell’archivio, eseguita secondo il metodo storico, al fine di garantire il vincolo naturale che lega le carte, ha portato alla individuazione di sette serie archivistiche, comprendenti 80 pezzi, per lo più buste ed alcune scatole, per un totale di 1614 fascicoli. Il fondo è così strutturato: Iscrizioni alla Scuola: documenti personali delle allieve, (con particolarità come certificati di povertà, orfane, e appartenenti al Partito fascista); dal 1949 è presente il documento d’identità con foto. Documenti scolastici: comprende tutto ciò che riguarda l’attività delle allieve, in particolare gli esami di ammissione, nei quali assumono interesse storico-culturale i relativi temi: ad esempio nel 1931 “Scrivere il significato della festa di oggi” (ricorreva il compleanno del re Vittorio Emanuele III); nel 1935 “La donna e la sua missione soprattutto nell’epoca attuale”; nel 1936 “L’anno XIV rimarrà nel ricordo degli italiani uno dei più gloriosi”; nel 1938 “La visita del Duce in Friuli”. Di interesse storico-medico sono invece gli esami finali, che descrivevano sia un parto fisiologico, sia un parto patologico. Pratiche Scuola-Ospedale: è la serie più ricca di documenti, e grazie alla fitta corrispondenza, testimonia la grande attività amministrativa, ma mette in luce anche piccoli aneddoti, come i “flirt” che si crea- Estratto della tariffa generale dell’Ordine dei Medici della Provincia di Udine. vano tra allieve e dottori, o i rimproveri per aver preferito una passeggiata all’adempimento dei propri compiti, o gli scambi di nea. Le statistiche, schemi dettagliati divisi per anni, neonati, che per fortuna si risolvevano tempestiva- mettono in luce i vari casi ginecologici ed ostetrici avvenuti all’interno del reparto. I regolamenti aiutamente. Di interesse storico le numerose circolari mandate no a capire com’era strutturata la Scuola, il reparto e dal Ministero per l’Educazione Nazionale, in partico- come erano suddivisi i compiti del personale. La lare quelle riguardanti il periodo della seconda guer- cassa scolastica, alimentata con una quota pari al 10% delle tasse d’immatricolazione, era un concreto ra mondiale. Esami e corsi: raccoglie i documenti di allieve aspi- aiuto per le allieve più bisognose o più meritevoli. ranti, le quali non furono ammesse a causa del bassis- D’interesse storico le varie ditte per i materiali ospesimo livello d’istruzione; a ciò si aggiungano i docu- dalieri (Leitz, Mio, Faccin, De La Pierre). Registri di protocollo: documentano l’attività protomenti delle allieve che una volta diplomate proseguivano gli studi con corsi di aggiornamento o di perfe- collare della scuola e del reparto, anche se il più delle volte non vi è un corretto riscontro con la documenzionamento. Statistiche - Regolamenti - Cassa Scolastica - Consun- tazione. Restano in ogni modo una testimonianza tivi - Richieste di materiale ospedaliero - Documenti diretta del protocollo cartaceo. Elenchi allieve - Telegrammi - Matrici: anche questa vari: serie articolata, molto varia, quasi una miscella-


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Sala neonati.

è una miscellanea di documenti molto diversi tra loro. I telegrammi, per la maggior parte ministeriali, coprono oltre un decennio, 1932-1946; le matrici riguardano i bollettini delle conferme di titolo di studio, a testimonianza che negli anni Cinquanta, le iscrizioni dal 1945 al 1955 furono ricontrollate. INVENTARIO Per agevolare la consultazione dell’archivio storico facciamo seguire il presente inventario sommario che, allo stato attuale, non può essere definitivo in quanto nella parte più recente dell’archivio della Scuola potrebbe ancora trovarsi materiale documentario risalente ad anni precedenti.

SERIE I - ISCRIZIONI ALLA SCUOLA Busta n. 1 - fascc. 18 (1930-1931): domande di trasferimento di allieve da Trieste a Udine. Busta n. 2 - fascc. 19 (1931-1932): domande di ammissione. Busta n. 3 - fascc. 18 (1932-1933): domande di ammissione. Busta n. 4 - fascc. 18 (1933-1934): domande di ammissione. Busta n. 5 - fascc. 16 (1934-1935): domande di ammissione. Busta n. 6 - fascc. 21 (1935-1936): domande di ammissione.

Busta n. 7 - fascc. 19 (1936-1937): domande di ammissione. Busta n. 8 - fascc. 26 (1937-1938): domande di ammissione. Busta n. 9 - fascc. 18 (1938-1939): domande di ammissione. Busta n. 10 - fascc. 6 (1939-1940): domande di ammissione. Busta n. 11 - fascc. 11 (1940-1941): domande di ammissione. Busta n. 12 - fascc. 9 (1941-1942): domande di ammissione. Busta n. 13 - fascc. 21 (1942-1943): domande di ammissione. Busta n. 14 - fascc. 11 (1943-1944): domande di ammissione. Busta n. 15 - fascc. 20 (1944-1945): domande di ammissione. Busta n. 16 - fascc. 31 (1945-1946): domande di ammissione. Busta n. 17 - fascc. 35 (1946-1947): domande di ammissione. Busta n. 18 - fascc. 26 (1947-1948): domande di ammissione. Busta n. 19 - fascc. 18 (1948-1949): domande di ammissione. Busta n. 20 - fascc. 24 (1949-1950): domande di ammissione. Busta n. 21 - fascc. 24 (1950-1951): domande di ammissione. Busta n. 22 - fascc. 20 (1951-1952): domande di ammissione. Busta n. 23 - fascc. 27 (1952-1953): domande di ammissione. Busta n. 24 - fascc. 17 (1953-1954): domande di ammissione. Busta n. 25 - fascc. 11 (1954-1955): domande di ammissione. Busta n. 26 - fascc. 17 (1955-1956): domande di ammissione. Busta n. 27 - fascc. 12 (1956-1957): domande di ammissione. Busta n. 28 - fascc. 12 (1957-1958): domande di ammissione. Busta n. 29 - fascc. 6 (1961-1962): domande di ammissione. Busta n. 30 - fascc. 3 (1962-1963): domande di ammissione. Busta n. 31 - fascc. 2 (1963-1964): domande di ammissione. Busta n. 32 - fascc. 4 (1964-1965): domande di ammissione. Busta n. 33 - fascc. 5 (1965-1966): domande di ammissione.


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SERIE II - DOCUMENTI SCOLASTICI Busta n. 34 - fascc. 182 (1931-1940): elenco valutazioni, esami d’ammissione, storie chimiche. Busta n. 35 - fascc. 177 (1932-1956): tasse, esami d’ammissione, valutazioni, classifica allieve, esami sessione autunnale, storie chimiche, libretto d’iscrizione, statistica per le scuole di ostetricia, volantino maschere antigas. Busta n. 36 - fascc. 387 (1931-1950): compiti 1°-2° corso, valutazioni 1°-2°-3° corso, cartelle cliniche. Busta n. 37 - fascc. 61 (1947-1951): compiti 1°-2°-3° corso.

SERIE III - PRATICHE SCUOLA-OSPEDALE Busta n. 38 - fascc. 2 (1930-1931): circolari, lettere, stato dei servizi sanitari, varie. Busta n. 39 - fasc. 1 (1932): circolari, lettere, varie. Busta n. 40 - fasc. 1 (1933): circolari, lettere, pratiche in sospeso. Busta n. 41 - fasc. 1 (1934): circolari, lettere. Busta n. 42 - fasc. 1 (1935): circolari, lettere. Busta n. 43 - fasc. 1 (1936): circolari, lettere, materiale a stampa. Busta n. 44 - fasc. 1 (1937): circolari, lettere. Busta n. 45 - fasc. 1 (1938): circolari, lettere. Busta n. 46 - fasc. 1 (1939): circolari, lettere. Busta n. 47 - fasc. 1 (1940): circolari, lettere. Busta n. 48 - fasc. 1 (1941): circolari, lettere. Busta n. 49 - fasc. 1 (1942): circolari, lettere. Busta n. 50 - fasc. 1 (1943): circolari, lettere, pratiche in sospeso, registro di protocollo. Busta n. 51 - fasc. 1 (1944): circolari, lettere, pratiche in sospeso, registro di protocollo, materiale a stampa. Busta n. 52 - fasc. 1 (1945): circolari, lettere, pratiche in sospeso, telegrammi, registro di protocollo. Busta n. 53 - fasc. 1 (1946): circolari, lettere, pratiche in sospeso, registro di protocollo. Busta n. 54 - fasc. 1 (1947): circolari, lettere, registro di protocollo. Busta n. 55 - fasc. 1 (1948): circolari, lettere, telegrammi, registro di protocollo. Busta n. 56 - fasc. 1 (1949): circolari, lettere. Busta n. 57 - fasc. 1 (1951): pratiche di pensione, norme per l’iscrizione. Busta n. 58 - fasc. 1 (1956): lettere di pratiche varie. Busta n. 59 - fasc. 1 (1957): lettere di pratiche varie. Busta n. 60 - fasc. 1 (1958): lettere di pratiche varie. Busta n. 61 - fasc. 1 (1959): lettere di pratiche varie. Busta n. 62 - fasc. 1 (1960): lettere di pratiche varie. Busta n. 63 - fasc. 1 (1961): lettere di pratiche varie. Busta n. 64 - fasc. 1 (1962): lettere di pratiche varie. Busta n. 65 - fasc. 1 (1963): lettere di pratiche varie. Busta n. 66 - fasc. 1 (1964): lettere di pratiche varie.

Busta n. 67 - fasc. 1 (1965): lettere di pratiche varie. Busta n. 68 - fascc. 5 (1933-1946): pratiche in sospeso.

SERIE IV - ESAMI E CORSI Busta n. 69 - fascc. 61 (1931-1937): domande di ammissione all’esame di ammissione. Busta n. 70 - fascc. 47 (1931-1946): documenti allieve non ammesse. Busta n. 71 - fascc. 13 (1931-1938): esami di ammissione: domande in sospeso, verbali esami, risultati. Busta n. 72 - fascc 25 (1931-1942): corsi di aggiornamento e di perfezionamento.

SERIE V - STATISTICHE-REGOLAMENTI-CASSA SCOLASTICA-CONSUNTIVI-RICHIESTE DI MATERIALE OSPEDALIERO-DOCUMENTI VARI Busta n. 73 - fascc. 32 (1931-1946): statistiche. Busta n. 74 - fascc. 14 (1925-1943): statistiche, regolamento scuola, convenzioni, materiale scolastico, documentazione varia. Busta n. 75 - fascc. 5 (1935-1937): cassa scolastica. Busta n. 76 - fascc. 2 (1964-1966): bilancio consuntivo. Busta n. 77 - fascc. 9 (1963-1964): richiesta di materiale ospedaliero. Busta n. 78 - fascc. 10 (1933-1943): documenti vari.

SERIE VI - REGISTRI DI PROTOCOLLO Busta n. 79 - regg. 5 (1934-1986): protocolli di corrispondenza.

SERIE VII - ELENCHI ALLIEVE-TELEGRAMMI-MATRICI Busta n. 80 - fascc. 3 (1931-1956): elenchi allieve, ricevute tasse, telegrammi, matrici per conferme di titoli di studio.

NOTE * Il presente contributo è tratto dalla tesi di laurea in Archivistica di ANNALISA SCHIFFO, L’archivio della Scuola di Ostetricia di Udine: riordinamento e inventariazione, relatore prof. ROBERTO NAVARRINI, correlatori dott. UGO FALCONE e dott.ssa MICHELA MANIASSI, corso di laurea in Conservazione dei beni culturali, curriculum in Storia e tutela dei beni archivistici e librari, Università degli Studi di Udine - Facoltà di Lettere e Filosofia, anno accademico 2004-2005. 1 Cfr. EMILIO SANTI, Il nuovo Istituto Provinciale per la Maternità e l’Infanzia di Udine, [s.n.t., 1936?]. 2 Cfr. la legge 23 dicembre 1957, n. 1252.


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Vita culturale Questa seconda sezione dei “Quaderni dell’Accademia” è dedicata alla registrazione degli avvenimenti culturali che si verificano in Friuli con brevi cenni riguardanti, in particolare, le manifestazioni, i convegni e le mostre d’arte. Sono altresì ricordate le pubblicazioni che trattano argomenti di lettere, scienze ed arti che interessano la nostra regione. A partire da questo numero è stata potenziata l’area musicale con una attenzione che insiste non solo su soggetti musicali colti accademici, ma compaiono anche attività qualificate in ambiti musicali solitamente considerati – in modo forse disattento se non erroneo – “extracolti”. Una novità risulta essere l’introduzione dell’area archivistica. Con questa nuova rubrica l’Accademia vuole portare alla conoscenza di un più vasto pubblico alcune delle iniziative culturali più significative che in Friuli Venezia Giulia hanno posto come tema conduttore uno degli ambiti della scienza archivistica, come l’archivistica tecnica, l’archiveconomia, la legislazione archivistica, la tecnologia archivistica, la storia degli archivi e degli archivisti. La pubblicazione delle notizie viene fatta per scelta redazionale o su segnalazione delle Associazioni culturali interessate. Pertanto, nel mentre fin d’ora si deve chiedere venia di eventuali omissioni, si rivolge un caldo invito agli Enti ed alle Associazioni per la tempestiva segnalazione di loro iniziative alla Direzione della Rivista. Gli autori dei testi pubblicati vengono indicati con le sigle dei loro nomi. In questo numero hanno collaborato: Francesca Agostinelli (F.A.), Eliana Bevilacqua (E.B.), Nadia Boz (N.B.), Gabriella Bucco (G.Bu.), Pier Carlo Begotti (P.C.B.), Alberta Maria Bulfon (A.M.B.), Enrica Capitanio (E.C.), Ugo Falcone (U.F.), Paolo Tomasella (P.T.), Marco Maria Tosolini (M.M.T.), Simone Volpato (S.V.).

Mostre

NOVEMBRE 2005

Nel segno di Giuseppe Zigaina. Opere su carta 2000-2005 Udine - Galleria d’Arte Moderna CIVICI MUSEI DI UDINE 11 novembre 2005 – 31 gennaio 2006 Catalogo a cura di Isabella Reale, Nel segno di Giuseppe Zigaina. Opere su carta 2000-2005 con uno scritto di Giuseppe Zigaina, Paolo Gaspari editore Udine, 2005, pp. 80. La mostra curata da Isabella Reale è stata organizzata dai Civici Musei di Udine. Nulla die sine linea scrive la curatrice a proposito dell’arte di Giuseppe Zigaina, che assegna al disegno funzioni cognitive, emotive e simboliche per farne una visualizzazione del pensiero, più che un modo per riprodurre la realtà. La mostra raccoglie l’ultima produzione dell’artista, una serie di circa sessanta disegni della collezione Scialino che possono considerarsi preparatori per una esecuzio-

ne pittorica. Le tecniche usate sono le più complesse e sperimentali: tecniche miste che si avvalgono di segni a matita, a tempera, collage, fotografie, fotocopie, disegni a china ed acquaforte. “Zigaina non disegna ciò che vede, ma vede ciò che disegna” scrive la Reale, infatti il pittore si è creato alcune icone emblematiche: il paesaggio della Bassa e soprattutto la figura paterna, ricavata da una fotografia in bianco e nero, e la combina incessantemente, prendendo anche una parte per il tutto. Le immagini subiscono interventi pittorici gestuali e si proiettano nel cielo e nella terra, prelevando invenzioni dalle serie pittoriche precedenti, come quelle delle minacciose astronavi o della ceppaie. Spesso nei disegni prevalgono visioni notturne come se il segno potesse “dare forma all’invisibile, a ciò che è informe o forma allo stato nascente”. Il catalogo, curato da Isabella Reale, contiene un suo importante saggio critico relativo al ruolo del disegno nell’opera di Zigaina dal titolo L’eterno presente ricordato. In margine alla mostra sui disegni del secondo millennio di Giuseppe Zigaina, ad esso è premesso uno scritto dell’artista Gettare uno sguardo sulla propria vita. In esso Zigaina parla della contiguità tra l’attività di scrittore e quella grafica. “La mia attività è sempre stata sul

punto di trapassare dal segno grafico al segno scritto-verbale”, scrive l’artista, descrivendosi come intento a “scrutare il mondo dalla feritoia di un bunker”. (G.Bu.)

DICEMBRE 2005

Ado Furlan 1905 – 1971 Lo scultore e le passioni del suo tempo Pordenone - ex Convento di San Francesco Scultura in Friuli Venezia Giulia. Figure del Novecento Pordenone - Provincia di Pordenone. Spazio espositivo di Corso Garibaldi Lo scultore e le passioni del suo tempo. Pordenone - Centro Iniziative Culturali Pordenone. Galleria Sagittaria REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA - PROVINCIA DI PORDENONE COMUNE DI PORDENONE CENTRO INIZIATIVE CULTURALI PORDENONE - FONDAZIONE ADO FURLAN 1 dicembre 2005 - 26 febbraio 2006 Lo scultore Ado Furlan (1905–1971) è stato un artista che ha caratterizzato in modo rilevante la vita culturale di Porde-


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none e del Friuli Occidentale nel Novecento. Formatosi all’Accademia di Venezia, egli partecipò alle vicende della scultura della regione, mentre la sua sfera d’azione fu a carattere nazionale. Furlan fu presente in diverse occasioni cruciali dell’arte italiana degli anni Trenta e Quaranta. Una sua scultura venne esposta alla V Triennale di Milano del 1933, occasione che fu la più innovativa di tutto il secolo per l’incontro tra progettazione architettonica e decorazione artistica. La sua città natale gli ha dedicato un’importantissima e articolata retrospettiva, che si è dipanata in tre distinte sedi espositive cittadine. La mostra allestita presso l’ex Convento di San Francesco (a cura di Flavio Fergonzi) non è stata soltanto un omaggio ad un protagonista dell’arte friulana, ma ha offerto l’opportunità per riflettere su di un’epoca creativamente molto ricca e animata da una vitalità aperta alle nuove correnti stilistiche. In occasione della principale retrospettiva sono state contestualmente inaugurate altre due rassegne che da sole hanno costituito altrettanti eventi: un’ampia panoramica della Scultura in Friuli Venezia Giulia negli spazi espositivi della Provincia di Pordenone (a cura di Alessandro Del Puppo) e un approfondimento sugli ambienti artistici romani cari al Furlan e sull’attività creativa dei suoi amici capitolini presso la Galleria Sagittaria (curata da Giancarlo Pauletto). La stessa rassegna nell’ex Convento di San Francesco non si è limitata ad un allineamento acritico di una serie di opere dell’artista pordenonese, ma ha tentato un confronto e una contestualizzazione con le figure di riferimento di un’epoca e del loro tempo. Un esauriente catalogo a cura di Flavio Fergonzi ha costituito il fondamentale supporto alla visita delle esposizioni. (P.T.)

“di carta, terre, di terre, carte”. Il territorio friulano rappresentato e significato in antiche mappe manoscritte Udine Musei di storia e arte del Castello

Galleria dei disegni e delle stampe, Casa della Confraternita 6 dicembre 2005 – 31 marzo 2006 Catalogo a cura di Cristina Donazzolo Cristante – Alessandro Pesaro, “di carta, terre, di terre, carte”. Il territorio friulano rappresentato e significato in antiche mappe manoscritte, con intervento di Franca Battigelli, Paolo Gaspari editore Udine, 2006, pp.135. “La mappa non mostra mai come il mondo sia effettivamente, bensì indica come esso debba essere concepito e percepito” questo è il punto di vista, nuovo ed originale, proposto da Alessandro Pesaro per osservare e studiare le mappe dei Civici musei del Castello. Le “carte” esposte parte nella galleria dei disegni e delle stampe e parte, insieme agli strumenti di misurazione, nella Casa della Confraternita, si datano dal Seicento ai primi anni dell’Ottocento, anche se la parte più numerosa è settecentesca. Come scrive nella premessa Cristina Donazzolo Cristante, si è data loro una “nuova chiave di lettura ed interpretazione, attenta agli aspetti tecnici e di contenuto” rispetto a quella esteriore e di trascrizione. A ben vedere le mappe non sono neppure opere d’arte, ma reperti d’archivio, scorporati disgraziatamente dai documenti di riferimento, che sono andati definitivamente perduti. Le carte appartenevano fino al 1937 alla Biblioteca Comunale V. Joppi; esposte alla Mostra geografica Friulana furono lasciate definitivamente al museo. Il restauro è stato lungo e complesso: iniziato negli anni 1987 – 1992 è stato completato nel 2005. Il progetto scientifico della mostra è di Cristina Donazzolo Cristante, che si è avvalsa della curatela scientifica di Alessandro Pesaro: insieme hanno redatto il catalogo, che mai come in questa occasione si presenta come uno strumento essenziale di studio e comprensione di mappe, che non concedono molto dal lato estetico. I territori rappresentati sono eterogenei: la città di Udine e le sue rogge, beni

comunali e strade in relazione alle questioni di confine, possedimenti terrieri privati. Alessandro Pesaro si è interessato alla cartografia amministrativa, che non è mai rappresentazione obiettiva, ma ha sempre uno scopo pratico e concreto di definizione dei confini o di dirimere controversie, soprattutto ereditarie. Le carte così sono fatte sempre con uno scopo pratico e concreto: quindi vengono selezionati i dati più importanti per risolvere il caso pratico: il punto di vista, la scala, gli elementi sono scelti per essere il più possibile efficaci e convincenti. Anche i disegnatori sono professionisti pagati a parcella e abituati a ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Diversamente dalle carte attuali, le mappe esposte erano sempre redatte in esemplari unici o la riproduzione in copia era tanto faticosa e complessa da risultare quasi un originale. Alessandro Pesaro dedica alcune parti del catalogo a definire proprio gli aspetti tecnici della cartografia, finora ben poco considerati: la formazione del “pubblico perito” basata sul tirocinio di bottega, le procedure di misurazione affidate alla tradizione orale e che rendono difficile la comprensione attuale dell’uso degli strumenti di misurazione. Questi facevano bella mostra di sé nella casa della Confraternita, rari esempi scovati dal curatore nei luoghi più impensati: compassi da agrimensore e pentametri a catena per misurare i terreni, squadri agrimensori per stabilire gli allineamenti e calcole le aree, compassi. Nei contributi a catalogo Franca Battigelli ha studiato le mappe relative alla città di Udine partendo dall’ esame delle scritte, che fino alle codificazioni geografiche ottocentesche avevano un ruolo importante. Le schede delle opere sono state redatte secondo modelli appositamente concepiti da Alessandro Pesaro per il nuovo approccio scientifico alla materia. Ecco dunque che le carte geografiche possono essere lette “in rapporto alla storia delle istituzioni puntualizzando i rapporti fra il documento e il potere”. (G.Bu.)


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XXVI INTART. Tarcento 2005 Tarcento - Palazzo Frangipane CENTRO FRIULANO ARTI PLASTICHE – REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA 7 dicembre 2005 – 8 gennaio 2006 Catalogo: Gianfranco Ellero, XXVI INTART. Tarcento 2005, Arti Grafiche Friulane, Centro friulano Arti Plastiche Udine, 2005, pp. 135. Organizzata dal Centro Friulano Arti Plastiche grazie al contributo della Regione FVG, l’INTART, spodestata dalla cronica mancanza di spazi espositivi in Udine, ha trovato ospitalità a Tarcento, luogo di colte villeggiature fin de siecle tra dimore Liberty e rimandi all’esotismo del tempo. Anche la moderna INTART fondata nel 1967 da Candido Grassi, intende superare i confini attraverso l’internazionalità dell’arte. “Una piccola repubblica delle arti, che guardava al futuro dal punto di vista dei grandi politici europeisti” scrive Ellero, che ricorda il fertile rapporto instaurato da quell’anno con Klagenfurt e Ljubljana, dove per la prima volta fu superata, proprio grazie all’arte, la “cortina di ferro” che divideva l’Europa. Anche la XXVI edizione della rassegna mette a confronto artisti italiani, austriaci e sloveni. Il Kunstverein Kärnten propone una rassegna di artisti che mostrano come l’arte europea abbia ormai assimilato la globalizzazione, che ha annullato i confini. Günter Egger e Niclas Anatol rielaborano modelli grafici e fotografie in dipinti, mentre Jochen Traar ha l’idea molto moderna e nuova di raffigurare i cieli non attraverso le consuete nuvole, ma attraverso le scie di condensa lasciate dai moderni aeroplani. Non vi sarà più possibile sentire il rombo dei motori senza osservare gli strani effetti pittorici che la tecnologia “dipinge” nell’aria. Lo scultore Helmut Machhammer propone invece pesanti statue in pietra, che rappresentano corpi umani mediante una semplificazione di superfici piatte, simili alle tavole degli esercizi di anatomia. Bepo Pichler riprende con ironia i ready made surrealisti combinandoli con effetti pop.

Gli artisti della Slovenia sono giovanissimi ed escono tutti dalla fucina dell’Accademia di Belle Arti di Lubiana: Simon Kajtna, Silvester Sicoe propongono una pittura realista con molti debiti nei confronti della grafica. PrimoÏ Pugelj è invece uno scultore le cui forme ripetute interagiscono con il contesto. Il Centro Friulano Arti Plastiche ha deciso invece di dare una impronta tutta al femminile alla sua rassegna che oscilla tra una pittura informale, a tratti materici, il minimalismo, inserti figurativi che riprendono la tradizione di Aquileia e moderne rielaborazioni fotografiche. Sono presenti le artiste: Franca Batich, Paola Bellaminutti, Silvana Croatto, Lia Del Buono, Annalisa Iuri, Renza Moreale, Patrizia Perco, Olivia Siauss. Gianfranco Ellero ha integrato l’esposizione con le opere della slovena Irena Brunec Tébi, che aveva organizzato la INTART del 2005 a Lubiana, e con le sculture in pietra piasentina di Sergio Mazzola. Più noto al pubblico come orafo, negli ultimi anni Mazzola si è dedicato alla scultura con stupefacenti risultati. Le pietre vengono osservate e studiate e poi lavorate a scalpello e fresa per ricavarne forme in cui le superfici lisce e ruvide interagiscono fra loro e con i profondi e netti tagli e fori. Facoceri, Arutan, Adroba sono le straordinarie creature di questo favoloso bestiario, che ricorda quelli longobardi che hanno tanto a lungo ispirato l’artista. Sergio Mazzola nell’occasione ha anche disegnato ed eseguito la medaglia in argento, che commemora l’INTART. (G.Bu.)

Udine ‘900 un secolo di trasformazioni urbane Udine - Cinema Visionario ITALIA NOSTRA 7 dicembre 2005 – 9 gennaio 2006 Catalogo: Renato Bosa, Udine ‘900 un secolo di trasformazioni urbane con foto attuali di Andrea Pertoldeo, Udine Senaus, 2005.

La mostra è stata curata dalla sezione udinese di Italia Nostra e intende celebrare il cinquantenario di fondazione dell’associazione. L’attenzione posta all’architettura del Novecento è una costante della sua attività come testimoniano la mostra Udine Cento anni allestita nel 1966, il Manifesto Conservare il ‘900 – 100 architetture udinesi e l’omonimo del 2001. La mostra fotografica, progettata e attuata da Renato Bosa, intende confrontare edifici o scorci cittadini documentati da foto d’epoca con scatti eseguiti nel 2002, possibilmente con le stesse angolature per mostrarne le trasformazioni negli anni. L’itinerario fotografico si svolge in senso cronologico e non si propone di analizzare l’evoluzione urbanistica della città quanto, scrive l’autore, “focalizzare alcune situazioni che hanno segnato momenti di passaggio in alcune aree cittadine” facendo riflettere sul valore architettonico di alcuni edifici distrutti e sul rapporto non sempre armonico tra il vecchio e il nuovo. L’impaginazione impeccabile delle fotografie con gli opportuni riferimenti topografici e con didascalie esaustive, ma di agevole e interessante lettura, fanno del catalogo uno valido strumento di studio per chiunque si occupi della città e non un viaggio nostalgico nella vecchia Udine. Renato Bosa spiega molti aspetti spesso trascurati della città, come l’esistenza degli stalli per posteggiare cavalli e carri, sostituiti gradualmente man mano che i mezzi di trasporto si modernizzavano. Le fotografie documentano l’abbattimento delle mura alla fine dell’Ottocento con l’apertura delle piazze e dei viali di scorrimento che conferiscono alla città l’aspetto che tutti conoscono. Nella prima metà del Novecento, l’alta qualità della scuola architettonica friulana permette interventi sostitutivi e la costruzione di palazzi pubblici di egregio livello. Le immagini mostrano come interi parti della città vengano qualificati dagli architetti razionalisti, che sostituiscono alle povere casupole contadine edifici dignitosi e ben inseriti nel contesto cittadino, come nel caso di piazza Marconi o


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di via Valvason. E’ con la speculazione edilizia anni Cinquanta che la situazione precipita. La speculazione edilizia fa crollare sotto i picconi demolitori edifici importanti come il Cinema Eden di Provino Valle o i villini liberty dell’immediata periferia, distruggendo edifici storici. Un caso a sé negli stessi anni la copertura delle rogge per aprire assi viari che stravolgono il contesto urbano. Diana Barillari rileva “la contagiosa diffusione del virus “condominiale” seguita dalla distruzione di infissi, vetrine, portoni, ferri battuti, cancelli che non abbiamo la patina del nuovo. Non mancano tuttavia esempi positivi quando architetti di vaglia migliorano il contesto urbano, come il palazzo della regione di Pietro Zanini in via San Francesco. La mostra restituisce dunque “l’immagine di una città cresciuta per parti, frammentaria, essendo mancato sempre un disegno complessivo e organico di espansione urbana”. (G.Bu.)

Nel segno di Afro Basaldella. Il giovane Afro. Ricerche, confronti e affinità. Opere su carta 1928-1947 Udine - Chiesa di San Francesco e Galleria d’Arte Moderna. REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA COMUNE DI UDINE E DI PORDENONE ARCHIVIO AFRO DI ROMA 17 dicembre 2005 – 2 aprile 2006 Pordenone - Museo Civico d’Arte 16 dicembre 2005 – 26 febbraio 2006 Catalogo: Isabella Reale ( a cura di), Nel segno di Afro Basaldella. Il giovane Afro. Ricerche, confronti e affinità. Opere su carta 1928-1947 con scritti di Gilberto Ganzer, Eugenio Manzato, Alessandro Del Puppo, Gianluca Tedaldi, Paolo Gaspari editore Udine, 2005, pp. 95. La mostra, curata da Isabella Reale e promossa dalla Regione Friuli Venezia Giulia, Comune di Udine e di Pordenone in collaborazione con l’archivio Afro di Roma, si proponeva di esporre l’opera grafica di Afro dal 1928 al 1947, quando

la Crocefissione esposta negli USA, mostra la svolta di carattere espressionista dell’artista e l’abbandono della figurazione. Le opere su carta sono state affrontate a dipinti, sculture degli artisti che collaborarono con Afro ed appartenenti alla scuola romana: Corrado Cagli e i fratelli Mirko e Dino. Una scelta intelligente per far notare l’interazione artistica e gli scambi culturali tra i maggiori protagonisti dell’arte del primo Novecento. Per il giovane Afro il disegno resta il fondamento di tutte le arti tanto da fargli praticare un tipo particolare di disegno a calco da matrice ad olio, che caratterizza la scuola romana. La mostra mette a confronto il disegno di Mirko dalla “linea frammentata, dal tratto breve” con quello di Dino, ricco di ricerche chiaroscurali, mentre Afro si immerge “nel disegno, ovvero nei problemi della forma e della struttura compositiva”. La mostra è stata una occasione unica di confrontare i segni dei tre Basaldella in un ambiente elegante e accogliente progettato da Ferruccio Montanari. I disegni sono stati divisi in diverse sezioni a seconda dei temi affrontati: la pratica di studio che reinterpreta gli autori antichi, nature morte, autoritratti, paesaggi, gli schizzi della moglie Maria, delle modelle e dei figli. L’esposizione si presentava di grande impatto visivo e cromatico e trovava il suo punto di forza nell’abside della chiesa. Qui al centro era esposta la grande Crocifissione in ceramica smaltata, opera di collaborazione tra Mirko, che la modella, e Afro, che la dipinge, contornata dai numerosi disegni preparatori. Negli anni ’40 il tema della Crocefissione non ha connotazioni religiose, ma laiche poiché allude alle drammatiche condizioni umane durante la guerra. Una sezione della mostra era aperta a Pordenone, qui accanto ai disegni si proponevano numerose sculture di Filipponi, di Darmo Brusini e di Dino. La mostra è infatti stata occasione per presentare al pubblico le due statue di Dino per la Fornace Cattarossi, recentemente acquisite dal Museo Civico di Pordenone. Non sembra invece suffragata da suf-

ficienti prove l’ipotesi, avanzata da Gilberto Ganzer, di una collaborazione dei fratelli per l’esecuzione di queste terrecotte. Le due sezioni della mostra sono state corredato da un catalogo curato da Isabella Reale con saggi di Gilberto Ganzer e contributi di Eugenio Manzato, Alessandro del Puppo e Gianluca Tedaldi, edito da Paolo Gaspari. Il saggio di I. Reale è un utile strumento di studio sul disegno, anche se il catalogo è un po’ sbilanciato sulle opere di Pordenone e senza una adeguata distinzione tra i lavori esposti nelle due città. Nella mostra udinese, particolare sforzo è stato fatto per offrire una adeguata attività didattica. Sonia Boldarin, per conto della Cooperativa Sebastiano Ricci e grazie al contributo di Nordest Banca, ha concepito numerosi itinerari tematici dedicati ai vari tipi di scuola. Per la prima volta la cooperativa Ricci ha anche attivato un servizio di audioguide su testi di Fabio Belloni. La Galleria d’Arte moderna ha organizzato una serie di incontri con il pubblico: il gallerista Giorgio Chierici ha parlato di 25 anni di passione (ricambiata) per il disegno italiano il 14 marzo, Fides De Monte ha esposto le sue ricerche Dal disegno alla pittura: fonemi visivi nell’informale di Afro il 23 marzo. Dal 7 marzo nella sala didattica della Galleria d’Arte moderna è stata allestita la mostra Il disegno dei maestri:opere del ‘900 dalle collezioni Gamud,che esponeva i disegni conservati nella galleria e attinenti agli autori visti a San Francesco. (G.Bu.)

Nasceremorirenasceremorirenascere Udine – Visionario ASSOCIAZIONE DARS Fino all’8 gennaio 2006 Organizzata dall’Associazione DARS (Donna Arte Ricerca Sperimentazione) la mostra ha presentato le opere di una serie di artiste friulane, austriache e slovene: Isabella Deganis, Esa Bianchi, Martina Braun, Irena Brunec, Olga


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Danelone, Ulderica Da Pozzo, Giuditta Dessy, Federica Marin, Enrica Mazzucchin, Elettra Metallinò, Gina Morandini e Alexandra Reden. (G.Bu.)

GENNAIO

Riprendiamocilanotte Udine - Cinema Visionario NEO ASSOCIAZIONE CULTURALE CEC - VISIONARIO 13 gennaio - 8 febbraio Negli spazi del cinema Visionario si è inaugurata la mostra d’arte visiva Riprendiamocilanotte promossa dalla Regione Friuli Venezia Giulia col patrocinio del Comune di Udine ed organizzata da Neo associazione culturale in collaborazione con il Cec e ed il Visionario. L’iniziativa, curata da Paolo Toffolutti, ha proposto nove appuntamenti della durata di tre notti ciascuno (dalle 19 alle 23) per altrettante artiste. Virginia Di Lazzaro, Teresa Ragonesi, Liana Frappa, Elisabetta Novello, Stephanie Poli, Monica Faccio, Evita Pizzale, Eva Geatti, Caterina Nolfo hanno presentato le loro riflessioni sul tema della notte, vista come luogo di rielaborazione e di cambiamento. La formula espositiva, prima ancora delle opere, vuole coinvolgere il pubblico. (G.Bu.)

Stile Libero – Pittori Europei contemporanei Buttrio - Villa di Toppo Florio, Spazio per l’arte contemporanea COMUNE DI BUTTRIO 14 gennaio – 2 aprile Catalogo: Enzo Cannaviello (a cura di), Stile Libero. Pittori Europei contemporanei, Stamperia dell’Arancio Edizioni, 2006. Con la mostra collettiva intitolata “Stile Libero - Pittori Europei Contem-

poranei” ha inaugurato, il 14 gennaio scorso, lo Spac Spazio per l’Arte Contemporanea voluto dal Comune di Buttrio. Il nuovo centro nasce dall’impegno che l’Amministrazione comunale ha deciso di mettere al servizio dell’arte, mettendo a disposizione le sale della settecentesca Villa di Toppo Florio per presentare al pubblico uno spaccato delle ultime tendenze internazionali, con particolare attenzione alla pittura. Il Centro d’Arte propone un programma continuativo di mostre d’arte e iniziative collaterali quali conferenze, seminari, laboratori per bambini e l’uso in comodato di circa 2.700 pubblicazioni d’arte contemporanea che Enzo Cannaviello curatore della mostra, da Milano ha portato a Buttrio, permettendone la consultazione nei periodi di apertura delle mostre stesse. L’obiettivo che si propongono i promotori del centro, il capofila Comune di Buttrio in collaborazione con l’Università degli Studi di Udine, Corso di Laurea in Relazioni Pubbliche, la Regione Friuli Venezia Giulia alla quale si affiancano alcune importanti aziende private, è quello di produrre una continuità di eventi capaci di stimolare il territorio ma anche di proporsi come punto di riferimento per il pubblico interessato all’arte contemporanea in regione e nelle aree incluse nel nuovo progetto di Euroregione, ovvero l’Austria, con particolare attenzione alla regione della Carinzia, e la Slovenia. L’arte contemporanea incuriosisce anche il grande pubblico, e quest’interesse crescente sembra essere all’origine della nascita di molte istituzioni nuove sia in Europa che in Italia. É in quest’ottica che si sviluppa il Centro d’Arte Contemporanea di Villa di Toppo Florio, che vuole contribuire al diffondersi e al rafforzarsi della cultura del presente anche tra un pubblico meno “specializzato”. In questo obiettivo il Centro trova aiuto nella villa stessa, un edificio che, grazie alla sua storia e alla sua architettura, può offrire nuove relazioni con le opere degli artisti dei nostri giorni. Il grande riscontro di pubblico ha dimostrato le potenzialità di questo ter-

ritorio di confine di affermarsi come luogo di sensibilità contemporanea, oltre che di ricchezza storica e paesaggistica. La mostra inaugurale, rappresenta una vera e propria dichiarazione programmatica delle linee guida che animano il progetto culturale del centro. Lo Spac concentra attorno alla pittura un’attenzione che i critici attuali, spiega Enzo Cannaviello nel testo in catalogo, hanno “ immeritatamente trascurato” a favore dei molteplici linguaggi mediatici quali video, DVD, e fotografia di grande formato. Il progetto è mirato, spiega Cannaviello, a “riqualificare un medium così tradizionale quale la pittura, in grado tuttavia di rinnovare ancora una volta il linguaggio dell’arte”. L’esposizione già nel titolo dichiara lo “stile libero” della nuova pittura europea, esposta nelle sue accezioni derivanti più direttamente dai linguaggi trasversali: fumetto, grafica, video, assumono forma pittorica. Arrivano allora soggetti fantascientifici, visionari, pubblicitari, filmici, o peggio di un cinico realismo, il cui valore consiste nella proposta d’insieme più che nel valore del singolo. In mostra, tredici giovani artisti già affermati sulla scena nazionale: Norbert Bisky, Francesco De Grandi, Stefan Hirsig, Paul Horn, Chantal Joffe, Simon Keenleyside, Dietmar Lutz, Bas Meerman, Pierluigi Pusole, Sophia Schama, Seo, Sophie von Hellerman, Maja Vukoje. Gli artisti, quasi tutti di area tedesca, sono stati selezionati da Cannaviello stesso e sono accomunati dall’appartenenza alla stessa generazione e allo stesso fronte avanguardistico schierato nella difesa del mezzo pittorico e della sua capacità di rappresentare uno strumento attuale in grado di comunicare le urgenze in questa società. Si è dunque composto il puzzle di un’Europa dove convivono le contraddizioni di una società con forti eredità artistiche ma, al tempo stesso, giovane ed in continuo mutamento. Un’Europa in cui la sfida per il futuro è rappresentata dalle opportunità offerte dalla contaminazione ma anche dalla necessità della conservazione delle singole identità. (E.B.)


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Ritorno a Casarsa. I luoghi di Pasolini Udine - Galleria del Girasole CENTRO FRIULANO ARTI PLASTICHE CRAF DI LESTANS 21 gennaio – 5 febbraio La mostra vuole rendere omaggio a Pier Paolo Pasolini nel trentesimo della morte, quasi una ideale eco dei libri di Giuseppe Zigaina e della mostra allestita a Monaco di Baviera. Il Centro Friulano Arti Plastiche espone le fotografie di Claudio Ernè sul funerale dell’artista a Casarsa con una bagno di folla “ non si sa se per accompagnare il grande Poeta assassinato o per vedere da vicino Ninetto Davoli, Franco Citti e Laura Betti” scrive acutamente Gianfranco Ellero. Le fotografie di Giuliano Borghesan e le incisioni di Mario Micossi, anch’egli recentemente partito per l’ultimo viaggio, ricordano il Friuli cristiano e contadino, il paese delle lucciole cantato dalle poesia di Pasolini e definitivamente tramontato. (G.Bu.)

La grande guerra nei giornali illustrati e nelle poesie di Giuseppe Ungaretti. Collezione Isolabella Udine - Chiesa di San Antonio Abate ASSESSORATO ALLA CULTURA UFFICIO ATTIVITÀ CULTURALI DELLA PROVINCIA DI UDINE 21 gennaio – 12 marzo Catalogo a cura di Andrea Tomasetig, La grande guerra nei giornali illustrati e nelle poesie di Giuseppe Ungaretti. Collezione Isolabella, Lithostampa Pasian di Prato, 2006. La mostra ideata e organizzata da Andrea Tomasetig è stata promossa dall’Assessorato alla Cultura Ufficio Attività Culturali della Provincia di Udine. La mostra intende commemorare le vicende della prima guerra mondiale di cui Udine fu definita la capitale, sia militare che politica. Il curatore ha selezionato circa duecento illustrazioni e disegni della collezione milanese Isolabella met-

tendoli a confronto con le poesie di Giuseppe Ungaretti, allora soldato di stanza a Santa Maria la Longa. Si intende dunque mettere a confronto la retorica propaganda di guerra, veicolata attraverso la stampa, alla triste e meditata consapevolezza della condizione umana espressa dal poeta. Nel primo Novecento infatti la stampa con le sue illustrazioni, non ancora sostituite dalle fotografie, era lo strumento di comunicazione più efficace, come testimoniano giornali satirici e riviste per cui lavorarono celebri illustratori come Sergio Tofano e Marcello Dudovich. All’esaltazione della guerra si contrappose solo Giuseppe Scalarini con le sue vignette antimilitariste pubblicate sull’Avanti. Una sezione della mostra è stata dedicata alle copertine della Domenica del Corriere, disegnata da A. Beltrame, è attinente alla nostra regione dove il Carso e le montagne della Carnia furono campo di furiosi combattimenti. Celebre ad esempio la copertina con la crocerossina Ines Battistella che combatte a Udine contro i soldati tedeschi. Anche l’uso dei dirigibili per indirizzare le artiglierie ha confronti con la nostra regione, che fu pioniera nella guerra aerea con questi mezzi. Le tavole di Beltrame sono alternate alle venti poesie di Ungaretti sulla guerra poiché la mostra diventa occasione per ricordare il novantesimo della pubblicazione, proprio a Udine, della prima raccolta poetica di Ungaretti Porto sepolto (1916). (G.Bu.)

Donne di Profilo Trieste - Palazzo del Consiglio Regionale gennaio – febbraio La mostra fotografica organizzata da Elisabetta Pozzetto espone una galleria della presenza femminile in regione in tutti campi, dalla cultura ai settori produttivi. Le fotografie realizzate da Ulderica da Pozzo e Francesco Nonino sono state pubblicate anche nel libro realizzato dalla curatrice e intitolato Donne di profilo, edito da Forum Udine nel 2005. (G.Bu.)

Mostra personale di Dora Bassi La leggenda d’oro Cividale del Friuli Chiesa di Santa Maria dei Battuti Fino al 26 febbraio Dora Bassi, una delle più importanti artiste regionali, elabora in forme personali la leggenda di Sant’Orsola. (G.Bu.)

Coltelli a Maniago: un racconto per immagini Maniago – Coricama CRAF DI LESTANS gennaio - marzo Curata dal CRAF di Lestans, la mostra ha presentato un serie di immagini a tema, realizzate da quattro fotografi. (P.T.)

FEBBRAIO La dolce crisi. Fotografia contemporanea in Italia Passariano - Villa Manin CENTRO D’ARTE CONTEMPORANEA gennaio – marzo La mostra fotografica espone scatti di fotografi contemporanei in Italia, mancano rappresentanti invece della, pur importante e qualificata, scuola friulana. (G.Bu.)

L’offesa della razza. Razzismo e antisemitismo dell’Italia fascista Udine - Galleria d’Arte Moderna ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI, CULTURALI E NATURALI E DALLA SOVRINTENDENZA PER I BENI LIBRARI E DOCUMENTARI DELL’EMILIA ROMAGNA Catalogo: R. Bonavita – G. Gabrielli –


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R. Ropa, L’offesa della razza. Razzismo e antisemitismo dell’Italia fascista, Patron Bologna, 2005. La mostra è organizzata dall’Istituto per i beni artistici, culturali e naturali e dalla Sovrintendenza per i beni librari e documentari dell’Emilia Romagna ed è stata curata da R. Bonavita – G. Gabrielli – R. Ropa. E’ una mostra itinerante che intende indirizzarsi alle scuole e mostrare come la razza sia un concetto privo di validità scientifica, che è stato però adottato da Fascismo e Nazismo e continua a generare discriminazioni. I percorsi della mostra seguono le tre sezioni: immaginario, ideologie e persecuzioni. Una parte esamina il razzismo coloniale, mentre un’altra sezione è dedicata alla persecuzione degli ebrei. Il catalogo guida è costruito rivolto agli studenti per approfondire i temi illustrati con approfondimenti e riflessioni. Nella Galleria d’Arte Moderna la mostra era affiancata dall’esposizione di alcuni quadri, tra cui una affascinante visione di Gerusalemme, confiscati a alcune famiglie ebraiche e mai reclamati dai legittimi proprietari. A questi si sono aggiunti 4 dipinti della collezione Morpurgo, donati al Comune di Udine. Il senatore Morpurgo era stato sindaco di Udine e influente membro della comunità udinese, nel 1944 il senatore fu imprigionato all’Ospedale di Udine e deportato in campo di sterminio, morendo durante il viaggio. Altri quattro dipinti ricordano l’olocausto, appartenenti a famiglie ebraiche, probabilmente triestine, e depositate dall’esercito tedesco non sono mai stati chiesti in restituzione. Raffigurano una Veduta di Gerusalemme di B. Fiedler, Sentiero nella foresta di Waldmüller, Branco di cervi nel bosco di C. Kroner e Suonatore di Flauto di A. Lonza. (G.Bu)

Zhou Zhiwei. Nel lungo cammino della via della seta. Momenti tra solitudine ed empatia 1985 - 2005 Sacile – Ex Chiesa di San Gregorio

COMUNE DI SACILE 25 febbraio - 12 marzo Già ospite della città di Sacile con due personali nel 1989 e nel 1998, l’artista cinese Zhou Zhiwei ha voluto festeggiare i suoi cinquant’anni di vita e i venticinque di pittura offrendo alla città liventina una sintesi del suo percorso stilistico. Nell’esibizione sacilese, Zhiwei ha presentato una serie di tele ad olio nelle quali emerge una pittura di narrazione, ricca di rimandi simbolici che chiaramente riflettono la sua sensibilità orientale. Sempre in bilico tra mito e cronaca, espressivi ritratti veristi si congiungono stabilmente con il paesaggio (urbano o naturale) che si contrappone sullo sfondo. (P.T.)

MARZO

Gruppo Quadra attività espositiva 1995 - 2005 San Giovanni al Natisone Villa de Brandis 4 marzo – 26 marzo Enzo Mari, Claudio Nevyjel, Megi Pepeu, Tarcisio Postogna sono quattro pittori nati a Trieste, insieme hanno fondato negli anni Cinquanta il gruppo Quadra. Le opere non esprimono una unitarietà linguistica, ma una condivisione di esperienze di vita. (G.Bu.)

Arturo Coceani Trieste - Palazzo del Consiglio Regionale ASSOCIAZIONE CULTURALE “ ANFORA” DI TERZO DI AQUILEIA 8 marzo – 14 aprile Catalogo a cura di F. Agostinelli, A. Coceani, Poligrafiche San Marco Cormons, 2006, pp. 70. La mostra è stata organizzata dall’Associazione Culturale “ Anfora” di Terzo di

Aquileia ed è stata ospitata nel palazzo del Consiglio Regionale con l’intento di rendere omaggio a un artista regionale, che ha dipinto continuativamente per tutto il Novecento. In occasione della retrospettiva è stata anche presentata la monografia del pittore, curata da Paolo Pugnetti. Pittore di “carattere schivo, rispettoso e riservato, congeniale a un contesto e una educazione familiare signorile” ha condotto una ricerca pittorica lunga un secolo, con un gusto un po’ retrò ispirato al naturalismo impressionista assorbito a Firenze e Venezia. La retrospettiva ospitava trentacinque dipinti in gran parte di collezione privata, poiché non è stato concesso il prestito delle tele donate dal pittore alla Galleria d’Arte Moderna di Udine tramite l’interesse della famiglia Sello. L’esposizione ordinata secondo un criterio antologico da Francesca Agostinelli parte da due acquerelli del 1915 di matrice fiorentina e macchiaiola. Le tele si susseguono in ordine cronologico dando rilevanza ai generi pittorici che impegnarono l’artista per tutta la sua vita con un impianto cromatico dai toni smorzati “che emanano serenità, misura e una certa ineludibile malinconia”. Uno temi preferiti del pittore “interprete di orizzonti larghi e severi, indagatore di cieli, acque e terreni” fu quello del paesaggio in cui, come scrive l’Agostinelli, il naturalismo “si fonda su un approccio oggettivo alla realtà, ma fuori da una inattuale mimesi, ne prevede anche la sua interpretazione”. Le figure hanno intendimenti ritrattistici con un abile uso del segno grafico. Come si legge nel catalogo, Coceani praticò sempre la tecnica accademica dello schizzo sul taccuino cui affidava il compito di rendere l’idea della composizione. Numerosi sono anche gli esempi di nature morte, i fiori tra cui quelle rose bianche, che, diceva Coceani, erano le sue modelle preferite. Conclude il catalogo la considerazione che l’intero percorso artistico di Coceani dimostra “la validità e la coerenza di un’arte che ha attraversato senza strappi l’avventura di una intera esistenza” trovando nel poeta Biagio Marin un sincero ammiratore. (G.Bu.)


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Oriente al Museo del Duomo Udine - Museo del Duomo COMUNE DI UDINE ASSESSORATO ALLA CULTURA 8 marzo – 14 maggio La mostra è stata organizzata in collaborazione con il Comune di Udine Assessorato alla cultura Porta a Oriente da Maria Beatrice Bertone. Il mondo orientale è evocato attraverso i tessuti esposti nel museo e che si datano ai secoli XIII e XIV, di essi viene messo in evidenza soprattutto la matrice orientale sia nelle tecniche che nei disegni. Le stoffe di seta e oro esaltavano l’immagine dei protagonisti della vita politica e religiosa, mentre i motivi e gli animali raffigurati assumevano significati simbolici. Spesso i tessuti hanno mediato tra terre lontane mantenendo nel contempo le proprie radici culturali. (G.Bu.)

Gemma Buoncompagno. Trasparenze Udine - Galleria del Girasole CENTRO FRIULANO ARTI PLASTICHE 10 marzo - 26 marzo Catalogo a cura di Enzo Santese Fiori, paesaggi urbani di Udine e delle città d’arte toscane, paesaggi naturali e industriali sono i soggetti degli acquerelli di Gemma Buoncompagno (Tarcento 1925) esposti alla Galleria del Girasole, che da alcuni anni collabora con il Centro Friulano Arti Plastiche, privato da tempo degli spazi espositivi. Negli acquerelli esposti il colore lascia sempre visibile una “nervatura di segni” mentre registra “il trascolorare delle stagioni, le vesti di una natura mutante... uno spazio fisico che diventa spazio mentale”. (G.Bu.)

Weltsprache Fußball Calcio, lingua universale Pordenone – Galleria Sagittaria CENTRO INIZIATIVE CULTURALI PORDENONE - GOETHE-INSTITUT

MAGNUM PHOTOS PARIS 10 marzo Il Centro Iniziative Culturali di Pordenone ha inaugurato il 10 marzo 2006 la mostra fotografica itinerante in molti paesi del mondo Weltsprache Fußball/Calcio, lingua universale, dedicata al popolare gioco del calcio e allestita dal Goethe Institut riunendo le immagini di fotografi di valenza internazionale – tra gli altri: Cartier Bresson, Abbas, Parr, Perkins, Hoepker, Marlow, Scianna – provenienti dagli archivi della celebre Magnum Photos. L’iniziativa pordenonese, resa possibile grazie all’intermediazione dell’Istituto Regionale di Studi Europei del Friuli Venezia Giulia (IRSE), è stata presentata dal critico d’arte Giancarlo Pauletto. Weltsprache Fußball è stata selezionata dalla FIFA WM 2006TM come contributo culturale ufficiale del Goethe-Institut ai Campionati mondiali di calcio ospitati in Germania nel giugno 2006. Le immagini della mostra sono state raccolte e pubblicate nel volume Magnum Football (Phaidon Press, 2002). (A.M.B.)

ventitré dipinti (cinque, realizzati agli inizi degli anni Cinquanta ed ispirati ad un viaggio compiuto in Calabria e Lucania), in cui Levi ha trasposto con pennellate pastose, larghe e ondulate, i solari colori del paesaggio lucano e ritratto i volti dei bambini e dei contadini. Sono evidenti nelle opere degli anni Trenta le influenze di Felice Casorati (aveva aderito al gruppo dei Sei di Torino) e di Matisse, per le pennellate, gli accenti di colore e la luce chiara, ma anche di Modigliani nella resa dei volti affilati e delle figure. E’ diverso invece il registro linguistico delle tele posteriori, che denunciano esplicitamente la realtà misera e l’emarginazione sociale dei contadini lucani, come ne Il Lamento per Rocco del 1953 o nel Ritratto di Danilo Dolci. Catalogo: Carlo Levi 1935-1936, figure prima della storia, a cura di Giancarlo Pauletto, con testi di A. Desai, A. Sacerdoti, G. Pauletto, Pordenone, 11 marzo - 14 maggio 2006, collana del Museo Civico d’Arte, Palazzo Ricchieri, “Il Novecento al Museo Civico di Pordenone”, Pordenone, Comune di Pordenone, 2006, pp. 63. (A.M.B)

Carlo Levi 1935-1936, figure prima della storia Pordenone Museo Civico, Palazzo Ricchieri MUSEO CIVICO D’ARTE DI PORDENONE 11 marzo – 14 maggio

Dal Noncello all’Atlantico Pordenone Museo Civico delle Scienze COMUNE DI PORDENONE 24 marzo – 15 giugno

Il Civico Museo d’Arte di Pordenone, in collaborazione con la “Fondazione Carlo Levi di Roma”, ha promosso, nell’ambito della rassegna Dedica, organizzata quest’anno in onore alla figura della scrittrice indiana Anita Desai, una mostra ospitata a Palazzo Ricchieri dall’11 marzo al 14 maggio 2006 e dedicata ad una serie di quadri dipinti dallo scrittore Carlo Levi tra il 1935 e il 1936. Un biennio in cui egli, confinato a Gagliano, in Lucania, a causa della sua opposizione al fascismo, scrisse Cristo si è fermato ad Eboli e fu attivo tra i contadini del luogo come medico. Si tratta di

Dal 24 marzo al 15 giugno 2006 il Museo Civico delle Scienze di Pordenone ha ospitato una mostra di modelli navali, documenti e testimonianze sulla navigazione fluviale e oceanica, curata da Umberto Chalvien e Gilberto Ganzer, con un allestimento ideato dall’architetto Giulio Ferretti. Un’esposizione legata alla storia della città di Pordenone, l’antica Portus Naonis, sorta sul Noncello e che un tempo usufruiva di un servizio di trasporto fluviale, che collegava il fiume agli altri corsi d’acqua (Meduna e Livenza) e che consentiva attraverso una rete viaria il collegamento con Venezia, uti-


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lizzando mezzi dalle funzioni diverse atte al trasporto di persone e merci, come i trabaccoli, i burci e i bragozzi, tipiche imbarcazioni adatte alle acque fluviali e lagunari. Il percorso espositivo, predisposto nei vari piani del museo, ha permesso ai visitatori di ammirare, tra l’altro, alcune mappe di Pordenone con il sistema fluviale navigabile del Noncello, disegni, libri, fotografie, piani costruttivi, rari reperti, attrezzature originali e numerosi modelli di barche approdate a Pordenone, ma anche di navi oceaniche. Una sezione della mostra è stata dedicata, in particolare, all’evoluzione delle tecniche costruttive navali, degli scafi e dell’armamento. (A.M.B.)

Dall’invisibile al visibile. Mostra d’arte sacra contemporanea Udine Museo Diocesano e gallerie del Tiepolo MUSEO DIOCESANO GALLERIE DEL TIEPOLO PROVINCIA DI UDINE 25 marzo – 16 aprile Catalogo a cura di Alessandro Fontanini – Dania Nobile, Dall’invisibile al visibile, Lithostampa, Pasian di Prato, 2006. La mostra curata da Alessandro Fontanini e Dania Nobile da una idea di Claudio Mario Feruglio è stata promossa dal Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo grazie al contributo della provincia di Udine. Si inserisce anch’essa come le mostre sull’oreficeria sacra e sui codici della biblioteca patriarcale nell’anno del decennale di riapertura al pubblico del palazzo, la novità è di essere dedicata all’arte sacra contemporanea. E’ infatti la prima volta che l’arte contemporanea entra negli spazi del museo. Sono stati scelti quattro artisti ognuno presente poche opere: il fotografo Elio Ciol, il pittore Claudio Mario Feruglio, lo scultore Roberto Milan e Arrigo Poz. Elio Ciol espone tre fotografie di chieset-

te campestri, che illustrano la sua silenziosa contemplazione della natura da cui nasce sua idea di sacralità. «La natura è ordine, armonia ed essa stessa opera d’arte». Le fotografie, rigorosamente in bianco nero, per astrarsi dal quotidiano e riflettere sull’opera trovano «il giusto equilibrio fra tecnica, talento e sensibilità». Le tele di Feruglio sono ispirate al trascendente, prive di figure umane, raffigurano «l’oltre, l’orizzonte, l’infinito, il senza tempo, il mistero…una finestra che si spalanca » senza una diretto riferimento a paesaggi geografici. Dipingere un quadro è come rinnovare la genesi «da una tela bianca prende vita un pensiero invisibile che diventa visibile» evocato dalla luce e dal colore. Arrigo Poz espone una Crocifissione (1977-1978) e di una Meditazione. Il suo rapporto con il sacro «sempre sereno mai conflittuale è un’emozione che nasce da un fanciullesco incontro con l’ambiente». La sua Crocifissione dunque ritrae familiari e amici in una atmosfera popolare e contadina, che rievoca quella dell’infanzia. Poz si distingue per la capacità di adattare la sua ispirazione alle arti applicate «ricercando un compromesso che permetta all’antico di vivere in perfetta armonia col contemporaneo.» Roberto Milan è un “poeta del legno”, un materiale vivo con cui instaura una sorta di dialogo da cui nascono le sue sculture. Dalla sua esperienza di restauratore riversa nelle sculture la conoscenza di tecniche antiche in concezioni assolutamente moderne. Nelle sculture di carattere religioso e spirituale il riferimento al divino è riconoscibile nella purezza e nella semplicità della forma e dei materiali abbinati al legno: il vetro simbolo dello spirito contrapposto alla violenza del ferro. Nei mesi di gennaio e febbraio, il Museo Diocesano e la Provincia di Udine hanno anticipato la mostra con una serie di incontri con l’autore, cui hanno partecipato anche gli artisti presenti nell’esposizione. Alessandro Fontanini e Dania Nobile, attenta collaboratrice del museo, hanno

realizzato un catalogo, pubblicato dalla Lithostampa, dalla formula originale, adatta ad attirare l’utenza più diversa. Accanto a un profilo dell’artista è riportata un’intervista discorsiva e attraente di sei domande sul rapporto tra arte e senso del sacro in ciascun autore. (G.Bu.)

In file 2006 Villacaccia di Lestizza - Ai Colonos Fino al 2 aprile Opere di Michele Bazzana e Nane Zavagno. (G.Bu.)

Cittadini silenziosi: flora spontanea in città fra edificazione e conservazione Udine - Torre di Santa Maria Fino al 5 aprile La ricerca è organizzata dal Museo Friulano di Storia Naturale, che continua pervicacemente la sua attività, nonostante la decennale chiusura in attesa di futuri spazi. Ovvero la vitalità di un museo chiuso al pubblico. (G.Bu.)

Coderno di Sedegliano - Casa Turoldo Fino al 26 marzo Opere pittoriche di Ellen Stoelinga, artista olandese, residente ad Enemonzo. (G.Bu.)

APRILE

In Hoc Signo - Il tesoro delle croci Pordenone - ex Convento di San Francesco Pordenone – Provincia di Pordenone. Spazio espositivo di Corso Garibaldi REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA - PROVINCIA DI PORDENONE COMUNE DI PORDENONE DIOCESI CONCORDIA PORDENONE 4 aprile - 31 agosto


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Il territorio compreso tra Pordenone e Portogruaro, con itinerari che hanno spinto i visitatori fino a Venezia, ha ospitato la mostra nazionale d’arte sacra intitolata In Hoc Signo - Il tesoro delle croci, che ha inteso valorizzare il patrimonio storico ed artistico legato al tema della Croce, presente nell’area geografica esistente tra i fiumi Livenza e Tagliamento. L’iniziativa ha inteso ripercorrere l’evoluzione storica del simbolo cristiano tra Friuli Occidentale e Veneto Orientale. La mostra ha rappresentato un importante momento di riflessione sul tema artistico, religioso e politico della croce nei suoi molteplici significati: di sacrificio, ma anche di comunione e dialogo. La rassegna ha offerto al pubblico circa trecento testimonianze dedicate alla croce di grande importanza e pregio storico-artistico: dai paramenti sacri ai reliquari, dai calici alle campane, dai libri corali ornati di miniature alle pale d’altare, fino alle diverse espressioni di devozione. Il percorso ha preso le mosse dall’antica sede vescovile di Concordia, continuando attraverso le epoche longobarda e carolingia, caratterizzate da una forte simbologia sacra; l’alto Medioevo, durante il quale la croce viene legata alla figura del Martire, fino alle riletture contemporanee del simbolo sacro. L’evento è stato ampliato ad altre forme di espressione artistica nel territorio della Diocesi di Concordia-Pordenone, in un ricco calendario di iniziative collaterali: percorsi d‘arte, esposizioni fotografiche, spettacoli, film e pièces teatrali, concerti e percorsi musicali, laboratori didattici, convegni, incontri e dibattiti dedicati alla croce ed anche una raccolta di fondi a favore del restauro delle opere d’arte sacra presenti nel territorio. Diverse sedi hanno ospitato altrettante esposizioni. A Pordenone l’ex Convento di San Francesco ha accolto immagini della croce ad intaglio, in pittura, scultura e oreficeria, suppellettili liturgiche e letteratura devozionale dal XV al XIX secolo. Lo spazio espositivo della Provincia è stato destinato alla presentazione di una raccolta di immagini dei più importanti fotografi friulani ed illu-

strante la presenza della croce nella Destra Tagliamento. Concordia Sagittaria, Sesto al Reghena, San Vito al Tagliamento e Spilimbergo sono state prescelte quali mete di altrettanti itinerari turistici a luoghi e monumenti di interesse storico, artistico e religioso. Al di fuori del Friuli altre sedi hanno ospitato esposizioni di sculture lignee e lapidee, argenti e dipinti, pale d’altare, libri e paramenti liturgici di diverse epoche storiche: a Portogruaro il Museo cittadino, la Chiesa romanica dei Crociferi (oggi San Luigi Gonzaga), il Collegio Vescovile Marconi, i Mulini medievali lungo il fiume Lemene e l’Oratorio del Corpo di Cristo. A Venezia specifici itinerari si sono snodati tra siti irrinunciabili a partire dalla Basilica di San Marco e riconoscibili grazie ad un particolare contrassegno In Hoc Signo posto all’esterno ai siti proposti. (P.T.)

Vortici di poesia. Opere di Giampiero Bertolini Udine - Chiesa di San Antonio Abate ASSESSORATO ALLA CULTURA UFFICIO ATTIVITÀ CULTURALI DELLA PROVINCIA DI UDINE 6 aprile – 30 aprile Catalogo con scritti di Enzo Santese e Vito Sutto La mostra è promossa dall’Assessorato alla Cultura Ufficio Attività Culturali della Provincia di Udine nell’intento di valorizzare gli artisti friulani. In questa occasione si presentano le opere del pittore Giampiero Bertolini. Come scrive Licio Damiani, la recente opera di Bertolini è contraddistinta “dall’impennarsi e l’attorcersi delle onde, leit-motiv ossessivo della pittura di Bertolini. Turbinii, cascate, rivoli, spume s’involvono e s’innalzano fino al cielo”. L’acqua è simbolo di energia vitale, evocata anche dalle teste inquiete di cavalli e da volti femminili, stregonesche evocazioni di metafisici manichini emergenti da gorghi spiraliformi. Secondo Enzo Santese la linea a spirale, evidente nelle conchiglie affasci-

na l’artista, che “si muove su un tragitto breve tra figura e astrazione”. Ciò che colpisce in queste ultime opere è la tecnica cromatica che denota il possesso di una tecnica sicura: elementi traslucidi, baluginii metallici, concrezioni materiche evocano le misteriose forme delle spume marine. (G.Bu.)

La miniatura di Reichenau nell’albo Unesco: Memory of the world Cividale del Friuli Museo Archeologico Nazionale SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E IL PAESAGGIO, PER IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO

FRIULI VENEZIA GIULIA 7 aprile - 30 aprile DEL

La mostra è stata organizzata dalla Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio, per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico del Friuli Venezia Giulia in occasione dell’VIII settimana della cultura. Insieme alla riproduzione di 9 codici di età ottoniana, realizzati tra X e XI secolo nel monastero della Reichenau sul lago di Costanza, è stato esposto il manoscritto cividalese Salterio di Egberto, uno dei più notevoli esempi di arte ottoniana, pervenuto a Cividale nel 1229. Si è celebrato così l’inserimento del manoscritto nell’albo dell’UNESCO, che tutela i più importanti beni della cultura mondiale. (G.Bu.)

Solo carbone, gelato e pizza? Gli italiani a Bottrop (Germania) dal 1817 Polcenigo ex Convento di San Giacomo COMUNE DI POLCENIGO 8 aprile – 1 maggio I locali dell’ex Convento di San Giacomo, a Polcenigo, hanno ospitato dall’8 aprile al primo maggio una mostra dedi-


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cata all’immigrazione italiana a Bottrop, in Germania. L’esposizione è nata nella città tedesca come risultato di una ricerca avviata dal Quadrat Museum e ha avuto lo scopo ed il pregio di celebrare l’elevata presenza di italiani, e in particolar modo di polcenighesi, nelle miniere della Ruhr. Conseguenti contatti e rapporti di collaborazione tra ente tedesco e italiano hanno reso possibile il trasferimento della mostra in Italia. Una lunga serie di pannelli vede riprodotte carte storico-geografiche e tematiche che offrono riferimenti spaziali e temporali entro cui collocare gli eventi, immagini del tempo che ritraggono volti e luoghi di emigranti, documenti ufficiali e brevi testi (in lingua originale e in italiano) che li raccontano. Sotto l’egida della linea del tempo vengono ripercorsi i momenti salienti e gli aspetti più significativi dell’esperienza migratoria. Si parte dunque dalle prime, ed oramai lontane, partenze dell’Ottocento che portarono, tra gli altri, anche gli stagionali di Polcenigo a Bottrop, per giungere ai primi gelatai della Val di Zoldo (Belluno) e poi ai pizzaioli dell’Italia meridionale arrivati negli anni Cinquanta e Settanta del’900, passando attraverso le centinaia di minatori provenienti soprattutto dalle Venezie e dal Friuli, che in larga parte del secolo scorso lavorarono nelle ricche miniere di Prosper, Arenberg e Arenberg-Fortsetzung, ma anche di muratori, commercianti e professionisti. Si trattava di spostamenti eterogenei, a carattere per lo più maschile, ma che non escludevano famiglie o giovani coppie. Cenni alla componente femminile dei movimenti spiegano come le donne si occupassero spesso del vitto e della cura degli indumenti di interi gruppi di emigranti. I conflitti mondiali rappresentano due fatti centrali che hanno generato cambiamenti significativi per i migranti: lo scoppio del primo che ha portato ad una riduzione notevole dei flussi, gli anni intorno al secondo che li ha visti favoriti. Dal generale si scende al particolare e tra vicende e fatti collettivi trovano spazio le storie individuali, ricostruite grazie a meticolosi incroci di fonti e portate ad

esempio significativo. L’importanza degli italiani a Bottrop è altresì testimoniata dai nomi impressi ad inchiostro rosso sui Registri delle Notifiche di tale comune e dalle pagine dei Registri delle Maestranze di certe miniere; alcuni di questi sono stati trasferiti assieme all’allestimento di cui hanno fatto parte. L’esposizione, pur non addentrandosi in un’analisi troppo dettagliata, offre un quadro esaustivo dei movimenti avvenuti e dei principali rapporti italo-tedeschi in termini istituzionali, economici e sociali, e riporta informazioni puntuali oggi raccolte in un catalogo della mostra curato dal comitato organizzatore. Quella offerta dalla mostra rappresenta tuttavia una sola faccia dello studio, uno solo dei molteplici sguardi secondo cui può essere letto il fenomeno migratorio: quello dal luogo d’arrivo. A questo se ne può affiancare immediatamente un altro: quello dal luogo di partenza ed è quanto è stato fatto a Polcenigo con la pubblicazione concomitante, frutto della ricerca di Alessandro Fadelli, Pane nero come il carbone. Polcenighesi e altri emigranti friulani a Bottrop (Germania) agli inizi del Novecento (Comune di Polcenigo, 2006, pp. 45). L’autore affronta qui il tema dell’emigrazione italiana in Germania, soffermandosi più specificamente sulla realtà di Polcenigo; effettua un’analisi bibliografica e d’archivio, rafforzandola con testimonianze orali; interpreta il fenomeno secondo il noto meccanismo di attrazione ed espulsione che avrebbe innescato e mantenuto le partenze. Le due iniziative si fondono, quindi, e costituiscono un esempio significativo di approccio integrato allo studio di un fenomeno complesso. (N.B.)

I voli di Mario Baldan Mortegliano - Villa dei conti di Varmo COMUNE DI MORTEGLIANO PRO LOCO DI MORTEGLIANO 8 aprile – 5 maggio Catalogo a cura di Francesca Agostinelli, I voli di Mario Baldan, Tipografia Prima

offset Comune di Mortegliano, 2006, pp. 26. La mostra è stata organizzata dal curatore Renato Mosanghini per conto del Comune e dalla Pro Loco di Mortegliano, mentre Francesca Agostinelli ha realizzato i testi e il catalogo. L’esposizione è stata realizzata all’interno di Villa dei conti di Varmo, che già ospita la biblioteca e di cui si è recentemente ristrutturato un piano da dedicare a mostre e attività culturali. Non ci poteva essere apertura più raffinata che con i voli di Mario Baldan, uno dei maggiori esponenti della pittura friulana contemporanea. Francesca Agostinelli ha scelto di esporre una produzione particolare del pittore, quella dei voli, iniziata nel 1968 e conclusa nel 1995, poco prima della scomparsa del pittore nel 1996. Le tele sono eseguite ad olio, ad acrilico, a collage non senza riedizioni a stampa con quella tecnica della serigrafia che Baldan padroneggiava da maestro. La circolarità naturalistica dei pavoni si frammenta in settori circolari che, con il loro seriale moltiplicarsi, dovevano suggerire il movimento e le traiettorie del volo. La suggestione delle traiettorie viene affidata talora al cromatismo delle forme rigidamente bidimensionali, talaltra ai segni grafici e come scrive l’Agostinelli “per venticinque anni Baldan concentrò la sua ricerca sull’incontro tra lo stupore cromatico e il rigore di una progettualità astratto – geometrica” fino a superare i limiti della tela per orizzonti illimitati e luminosi. “Sono voli di angeli, libellule, aquiloni, gabbiani, uccelli fantastici” quelli degli “scorobori” esposti nella bella antologica del 2000. Il catalogo ha una veste raffinata fatta di intagli e denota la cura con cui la famiglia mantiene l’archivio del pittore. Alla fine della manifestazione una grande tela del 1983 Fantastico è stata acquisita dal Comune di Mortegliano per essere posta nella sala di Giunta. La mostra è stata accompagnata da una serie di incontri tra cui quello del 20 aprile 2006 ha visto la partecipazione di Francesca Agostinelli, Dora Bassi, Gianfranco Ellero e Tito Maniacco. (G.Bu.)


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Diversi sguardi Pordenone – Galleria Sagittaria CENTRO INIZIATIVE CULTURALI PORDENONE 8 aprile – 14 maggio La Galleria “Sagittaria” del Centro Iniziative Culturali Pordenone ha organizzato dall’8 aprile 2006 la 371ª mostra d’arte, una rassegna di opere di cinque artisti: i dipinti informali di Max Busan, le sculture lignee di Claudio Mrakic, le fotografie di Pierpaolo De Bona, le figure cucite a macchina da Sabina Romanin e i disegni di Stefano Tessadori. La mostra, corredata da un catalogo curato dal critico d’arte Giancarlo Pauletto, si è conclusa il 14 maggio 2006. (A.M.B.)

Infinite painting Pittura Contemporanea e realismo globale Passariano - Villa Manin Centro d’Arte Contemporanea CENTRO D’ARTE CONTEMPORANEA DI VILLA MANIN 9 aprile - 24 settembre Catalogo: Francesco Bonami e Sarah Cosulich Canarutto, Infinite painting Pittura Contemporanea e realismo globale, Centro d’Arte Contemporanea di Villa Manin, 2006, pp. 192. La mostra è curata da Francesco Bonami e Sarah Cosulich Canarutto ed è organizzata dal Centro d’Arte Contemporanea di Villa Manin, creato dalla Regione FVG nel 2004. Quest’anno l’esposizione ha anticipato l’apertura alla primavera esponendo opere di 61 artisti che vengono da 22 paesi. La pittura studiata è quella datata dagli anni Novanta a oggi e comprende opere di vario genere dal figurativo all’astratto, dalla tela ai murales presentando una panoramica dell’arte contemporanea mondiale. Il linguaggio adottato è, in gran parte, quello della figurazione, pur non escludendo sculture, video e fotografie. La mostra si propone di analizzare l’arte contemporanea più

per le sue idee e soluzioni, che riguardo alle tecniche. I dipinti spesso fanno riferimento al mondo delle immagini fotografiche e video, che sembrano costituire un aspetto particolarmente significativo del mondo contemporaneo. Le immagini video e digitali si confrontano dunque con quelle più tradizionali realizzate su tele, incisioni e tele ricamate. Le differenze nazionali tendono ad annullarsi nella globalizzazione e nella massificazione, che investono anche i paesi più lontani senza eliminare del tutto le radici culturali. Il linguaggio pittorico viene presentato come un percorso fatto di strade che si intrecciano con l’attualità e con il mondo. Particolarmente riuscito il video di Eve Sussman che mette in scena Las Meninas di Velasquez, ricollegandosi all’arte del passato con uno spirito contemporaneo. Tuttavia la mostra non riesce a entusiasmare forse per la mancanza di pezzi particolarmente significativi e forse poiché le opere scelte sembrano appartenere a una realtà globale, senza radici e riferimenti culturali precisi. Dal 13 maggio alle 6 opere già esistenti nel parco dall’edizione 2005 di Luna Park Arte Fantastica si sono aggiunte due nuove opere di Pawel Althamer e Michel Beutler. L’installazione di Pawel Althamer recupera una casetta abbandonata e inviata lo spettatore ad entrare in uno spazio intimo e privato, cui ognuno offre un significato diverso. Il progetto si inserisce nel progetto Continental Breakfast, un programma caratterizzato da esposizioni autonome coordinato da un insieme di musei e istituzioni dell’Europa Centro Orientale. Michael Beutler ripropone con pareti di plastica gialla i giardini - labirinti della tradizione italiana. Tuttavia rispetto all’anno precedente le installazioni proposte sono meno numerose e giustificano una certa delusione nella visita. Lo spazio Spazio FVG è stato dedicato all’opera di Beppino De Cesco, Chi Da dove? Dove?. L’esposizione, aperta dal 18 marzo al 21 maggio 2006 mostra otto ironiche sculture, che interagiscono con le armi e le carrozze. L’autore esplora

l’immaginario infantile e il gioco diventa metafora della vita Durante la stagione estiva, forse accogliendo la critica che lo Spazio FVG relegava gli artisti regionali in un ruolo minore invece di inserirli in un contesto più ampio, questo settore ha preso una nuova forma. Le mostre dedicate agli artisti regionali si spostano sulle pagine della rivista Flash Art in una pagina realizzata dall’artista, su una newsletter e su una cartolina. Si tratta di una iniziativa sperimentale e nuova per promuovere a livello nazionale gli artisti regionali conferendo loro la massima visibilità possibile. Si inizia con un’opera minimalista di Federico Maddalozzo (San Vito al T., 1978), che affronta un tema antico: l’esperienza del colore in rapporto con la luce e la percezione individuale e collettiva. (G.Bu)

Fred Pittino e la Scuola Friulana d’Avanguardia Udine - Galleria del Girasole CENTRO FRIULANO ARTI PLASTICHE 12 aprile – 30 aprile Catalogo a cura di Gianfranco Ellero con un intervento di Enzo Bernava. Dal 1928 Fred Pittino è un maestro dell’arte friulana, fondatore, insieme ad Angillotto Modotto, i fratelli Basaldella, Grassi e Filipponi, della Scuola Friulana d’Avanguardia, che fu “centro di elaborazione in tempo reale delle tematiche del Novecento in parallelo con le esperienze europee della Nuova oggettività”. Il Centro Friulano Arti Plastiche, che contò Fred Pittino tra i suoi fondatori, ha ricordato il centenario della sua nascita con una mostra alla galleria Girasole. Artista multiforme, Pittino si dedicò non solo alle opere da cavalletto, ma diresse la Scuola di Mosaico di Spilimbergo, progettò e disegnò mosaici, decorazioni ad affresco, acqueforti, serigrafie, disegni ed ebbe una grande influenza sull’arte friulana. Gli affreschi e i mosaici lo fecero conoscere a tutti dimostrando, come


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nota Gianfranco Ellero, “la gioia del dipingere… la vitalistica luminosità dei suoi quadri, la robusta impostazione e talora la barbarica colorazione dell’immagine”. La mostra vuole essere un omaggio alla sua produzione degli anni Trenta “la sua stagione più feconda e innovativa” e un tributo di affetto di Enzo Bernava al suo maestro. Conosciuto nella bottega d’Arte Vezzil, l’amicizia con Pittino sarebbe continuata nel tempo nelle botteghe di via Aquileia e di via Poscolle fino a questa ultima rassegna. (G.Bu.)

Dalla Forma al Colore San Quirino – Villa Cattaneo COMUNE DI SAN QUIRINO 23 aprile - 7 maggio Due artisti pordenonesi, due forme espressive in un’unica mostra: pittura e scultura lignea a confronto nella signorile cornice della restaurata Villa Cattaneo. (P.T.)

Dreams&Colors Zoppola – Galleria civica d’arte COMUNE DI ZOPPOLA Giovanna Melliconi/Boris Ruencic O materna mia terra Pordenone – Casa Furlan FONDAZIONE ADO FURLAN 21 aprile – 27 maggio Dal 21 aprile al 27 maggio 2006 Casa Furlan di Pordenone, una delle sedi della Fondazione Ado Furlan, ha accolto una doppia mostra personale dedicata a Giovanna Melliconi e a Boris Ruencic, curata da Bruno Lorini e Giulio Mozzi. Nelle sale di via Mazzini 53 sono state esposte alcune opere polimateriche (stampe su plastica, lame di luce, acquerelli su carta con testi poetici). (A.M.B.)

Omaggio alla terra friulana Pasiano di Pordenone - i Mulini COMUNE DI PASIANO SOCIETÀ FILOLOGICA FRIULANA 22 aprile – 15 maggio Dal 22 aprile al 15 maggio 2006 i Mulini di Pasiano di Pordenone hanno ospitato la mostra di Giovanni Centazzo intitolata Omaggio alla terra friulana. L’esposizione, accompagnata da un catalogo, è stata presentata dal critico d’arte Lidia Mazzetto. (A.M.B.)

Armando Cuccarollo, Manuela Bidinost.

In mostra fino al 23 aprile 2006 una serie di affreschi su tavola dell’artista spilimberghese, d’origini argentine, Giuseppe Onesti. (A.M.B.)

Ai confini della Patria. Distintivi, decorazioni e Kappenabzeichen della prima guerra mondiale dalle collezioni dei Civici Musei di Udine Udine - Castello, Civici Musei e Gallerie di Storia ed Arte. Gabinetto numismatico CIVICI MUSEI E GALLERIE DI STORIA ED ARTE DI UDINE 25 aprile – 31 maggio Catalogo: Roberto Todero, Ai confini della Patria. Distintivi, decorazioni e Kappenabzeichen della prima guerra mondiale dalle collezioni dei Civici Musei di Udine con la collaborazione di Massimo Lavarone, Gaspari editore Udine, 2006. Organizzata dai Civici Musei e Gallerie di Storia ed Arte la mostra è stata allestita nel mezzanino del museo di Archeologia del Castello sia per ricordare il centenario di istituzione dei musei udinesi, costituiti nel 2005, sia la prima guerra mondiale, di cui Udine fu capitale. Il materiale esposto è stato selezionato tra circa duemila pezzi che compren-

dono medaglie, decorazioni, placche, decorazioni per cappello, distintivi reggimentali italiani e austro ungarici costituenti il lascito di Augusto Luxardo al Comune di Udine. La collezione confluita nel Museo del Risorgimento, chiuso dagli anni Ottanta, è stata arricchita con altre medaglie, frutto di doni o di acquisizioni, e di oggetti, salvati dalla fusione in occasione della campagna fascista per donare “oro alla patria”. Gli oggetti sono stati esposti mettendoli in riferimento con le foto d’epoca appartenenti agli stessi musei del castello. Comprendono medagliette che commemorano battaglioni o corpi militari italiani: alpini, arditi, armate, cavalleria, artiglieri, bersaglieri, automobilisti, brigate speciali, caduti, carabinieri, città redente, corpi d’armata, aeronautica, marina, croce rossa, genio, granatieri, guardia di finanza. Numerosissimi sono i materiali che si riferiscono all’Impero austro ungarico: decorazioni, distintivi da berretto che ricordano i più diversi reggimenti e distintivi commemorativi patriottici, prodotti per rafforzare il patriottismo delle popolazioni civili. Molto numerosi sono i distintivi delle Sturmtruppen, corpi speciali dal teschio come distintivo, che diventerà poi simbolo scellerato delle SS. Non mancano neppure curiose medagliette che ricordano i Natali di guerra e addirittura i prigionieri. Una parte delle medaglie e delle placchette appartiene ai diversi eserciti belligeranti. Distintivi, medaglie e decorazioni ricordano così episodi e personaggi, costituendo una storia materiale, affidata agli oggetti. (G.Bu.)

Martino. Un santo e la sua civiltà nel racconto dell’arte Illegio - Casa delle esposizioni 29 aprile – 30 settembre Catalogo: Alessio Geretti (a cura di), Martino. Un santo e la sua civiltà nel racconto dell’arte, Skira Milano, 2006, pp. 231.


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Il caso Illegio meriterebbe uno studio per analizzare come una piccola e dimenticata frazione di Tolmezzo sia potuta diventare un punto di attrazione culturale, religiosa e turistica grazie al lavoro sinergico di studiosi di buona volontà: Angelo Zanello e Alessio Geretti in primis con tutta la comunità di Illegio, il Comitato di San Floriano, Giuseppe Bergamini, presidente della Deputazione di Storia Patria del Friuli, Paolo Goi, conservatore del Museo Diocesano di Pordenone, la Soprintendenza per i Beni APPSAAD del Friuli Venezia Giulia con i suoi funzionari della sede di Udine. Le prime edizioni dal 2001 al 2003 erano calate nella realtà locale, nel 2004 e nel 2005 il salto di qualità: le mostre su san Floriano e Mysterium hanno voluto avere una dimensione europea tanto è vero che la mostra sull’Eucarestia è stata ospitata nei Musei Reali di Bruxelles. L’idea che caratterizza le mostre di Illegio è quella di abbinare l’indagine artistica a incontri e congressi che facciano delle esposizioni un “itinerario di eventi spirituali e culturali”, come scrive Angelo Zanello, esaltando la dimensione simbolica, civile e ideale dell’evento artistico che coinvolge un pubblico eterogeneo: dallo studioso al fedele. Chi si reca oggi ad Illegio nota una fervore di lavori, anche edilizi, legati proprio al flusso turistico generato dalle mostre e che si spera rispetti il fascino, rustico e silente, del luogo. La mostra di quest’anno è “un itinerario di eventi spirituali e culturali ispirati alla figura di san Martino di Tours, vero protagonista della civiltà cristiana d’occidente”. Per meglio organizzarla è stato formato un Comitato Nazionale formato dal Ministero BAC, Regione FVG, provincia di Udine, comune di Tolmezzo, soggetti ecclesiali come l’Arcidiocesi di Udine, enti di cultura come le università di Udine, Milano, Bologna e Trieste, la Narodna Galerija di Lubiana e il Museo Diocesano di Rottenburg grazie al contributo della Fondazione CRUP. Attraverso una settantina di opere, dipinti, miniature, argenterie di uso liturgico, sculture lignee si racconta la

storia di Martino, il cui culto è diffuso in Europa, in Italia (con ben 2000 luoghi a lui dedicati) e in Friuli. L’iconografia del santo è duplice: un cavaliere che divide il mantello con il povero e, dal sec. XV, come vescovo. Tra gli attributi del santo l’oca, diffusa in area asburgica, poiché Martino si sarebbe nascosto tra le oche per evitare l’elezione a vescovo, e il serpente, che respinto dal santo diviene l’unico ascoltatore della sue parole. Il culto di san Martino è legato non solo al suo gesto di carità, ma anche al fatto che fondò il monachesimo occidentale e si oppose strenuamente al male sia sotto forma demoniaca che come eresia e paganesimo. Il suo nome è legato a usi e tradizioni socio economiche della vita contadina: come scrive Wolfang Urban, l’uccisione dell’oca nel giorno di san Martino o la tradizione, ben nota in Italia e di carducciana memoria, di assaggiare il vino nuovo nello stesso giorno di novembre. Particolarmente interessanti sono i dipinti di area nordica in cui la divisione del mantello mette in primo piano la raffigurazione del povero, simbolo della miseria umana, della malattia, della povertà e della decadenza fisica. E’ il realismo che entra di prepotenza nell’arte, mentre nei dipinti di età veneta la raffigurazione del santo come cavaliere o come vescovo diventa occasione spesso di esercizio pittorico, come nella tela “incandescente” di Jacopo Bassano. Di assoluto rilievo è al primo piano la galleria delle sculture non solo lignee, ma anche di pietra e alabastro dipinto: sono in generale opere lignee dei maggiori artisti friulani come Domenico da Tolmezzo e Giovanni Martini che permettono confronti con quelle di provenienza germanica e tirolese. Le condizioni di conservazione sono spesso discontinue, si va da opere perfettamente restaurate ad altre pesantemente ridipinte o mutilate dai tarli. Tra le argenterie, purtroppo meno numerose che nelle mostre passate, capolavori unici sono le croci astili di Sondrio e Artegna e la statua reliquiario di Saint Martin di Limoux. Il catalogo presenta una eccellente

schedatura delle opere esposte preceduta da tre saggi introduttivi: quello di Alessio Geretti ha una impostazione morale e religiosa, Wolfang Urban tratta dell’iconografia di Martino dai mosaici ravennati a Otto Dix, mentre Alessio Per‰iã dimostra i legami del santo con il monachesimo aquileiese. Si sente tuttavia la mancanza di una biografia del santo, per capire alcuni dotti riferimenti che non sempre possono essere scontati, e una analisi dell’iconografia di Martino nell’arte e nella storia del Friuli e della Carnia, come era stato fatto con altri santi nella mostra del 2003 “nel tempo del quinto sigillo”. Il tema della conoscenza della figura di san Martino di Tours e della sua iconografia, specialmente nel territorio del patriarcato di Aquileia sarà comunque oggetto di un convegno che si terrà a Tolmezzo il 24 e 25 giugno a cura della Deputazione di Storia Patria. Gli atti costituiranno dunque una utile integrazione al catalogo. Altri avvenimenti legati alla mostra sono stati: sabato 29 aprile Congresso Civiltà e Cristianesimo: la traccia dei santi per il terzo millennio; mercoledì 3 maggio presentazione del libro sulla Pieve di Illegio; domenica 17 settembre dibattito su Laicità e fede a colloquio. (G.Bu.)

Vincenzo Balena – Antiqua Terra Mater San Vito al Tagliamento Loggia comunale COMUNE DI SAN VITO AL TAGLIAMENTO 29 aprile – 14 maggio La rinnovata Loggia comunale di San Vito al Tagliamento ha accolto dal 29 aprile al 14 maggio 2006 un’installazione di sculture del noto artista milanese Vincenzo Balena, da sempre interessato allo studio della figura umana e alle sue metamorfosi. L’esposizione, curata da Roberto Costella e Luigi Meneghini, è stata accompagnata da una performance, eseguita nella serata del 3 maggio da Teatro lo Specchio, diretta da Roberto Conte, con voci di Simonetta Bolzon, Stefano Pagliarin, Marilena Palleva, Andrea Pan,


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Sergio Sartor; danze di Eleonora Giglione; musica di Giusto Pio (che ha concesso per l’occasione l’uso della sua sequenza elettronica “Alla Corte di Nefertiti”); ricerca di testi poetici a cura di Elisabetta Luca e ripresa video di Renato De Santi. (A.M.B.)

Raffaele Zannier Pinzano al Tagliamento Mulino di Ampiano COMUNE DI PINZANO AL TAGLIAMENTO CENTRO FRIULANO ARTI PLASTICHE 30 aprile - 14 maggio Catalogo: Lucia De Sanctis – Maria Teresa Costantini, Raffaele Zannier con scritto di Gianfranco Ellero, La Tipografica Basaldella Udine, 2006. La mostra è stata organizzata dal Comune di Pinzano al Tagliamento e dal Centro Friulano Arti Plastiche in occasione del trentennale del terremoto in Friuli nello splendido ambiente del Mulino di borgo Ampiano, recentemente restaurato. La mostra è nata da una idea di Giovanni Bertolla che ha pensato di esporre l’opera di Raffaele Zannier, che opera e vive a Costabeorchia e ha saputo raccontare la cultura, la storia e le tradizioni del suo territorio. Raffaele Zannier è un artista radicato nel territorio, ma nel contempo aperto alle esperienze artistiche europee: nel 1972 frequenta il corso di grafica di Urbino, negli anni Settanta si reca a Parigi e nel 1979 aderisce alla Cooperativa “La Cugna” di Milano che raggruppa i migliori pittori e grafici realisti italiani. Come scrive Gianfranco Ellero, Zannier ha una straordinaria “capacità di rappresentare il reale (il Friuli) con un linguaggio figurativo mutuato dal neorealismo (friulano), ibridato da Surrealismo.” I temi delle sue opere sono quelli tipici del Neorealismo: lavoratori, emigranti, incidenti sul lavoro, ritratti. Molte opere di grafica e di pittura sono dedicate al terremoto, inteso come discriminante tra un prima e un dopo nella storia del Friuli. Il

terremoto “apre una breccia di profonda angoscia nella produzione artistica del pittore”, colpito anch’egli dolorosamente dalla morte di famigliari e dalla perdita del paese. Ne nascono una serie di tele caratterizzate da “impasti corposi e densi, plastici” che sono scalfiti e incisi con foga espressionista. Tra le opere più significative il Sei maggio (1978), La mamma che piange il bambino e una prestigiosa serie di grafiche, Onde sismiche, realizzate a china, che descrivono quei giorni con graffianti segni alla Grosz: i cadaveri affiorano dalle macerie, i sopravvissuti, le bare aperte e il funerale di un intero mondo, definitivamente perduto. Il terremoto causa un terrore che è rivissuto in tele, che risentono quasi delle opere di Music sui campi di concentramento nel modo di rendere i cadaveri. La mostra espone piccoli tesori inesplorati e il catalogo è curato con amore e sollecita partecipazione, splendidamente stampato in modo da rendere al meglio le opere. Ne nasce un insegnamento che molto potrebbe suggerire anche agli organizzatori di ben più reclamizzate mostre sul realismo, loro sì provinciali nella ricerca di una internazionalità senza anima e modaiola. (G.Bu.)

MAGGIO

Riccardo Viola. L’urlo delle pietre Udine - Galleria del Girasole CENTRO FRIULANO ARTI PLASTICHE 6 maggio – 21 maggio Catalogo a cura di Gianfranco Ellero. Tutti gli storici dell’arte conoscono il fotografo Riccardo Viola e le sue capacità artistiche e tecniche. Il suo studio di Mortegliano è diventato un luogo d’incontro, il prezioso archivio dove trovare l’immagine così a lungo cercata. Sfogliate pure le pubblicazioni d’arte, troverete sempre le immagini di Riccardo Viola. E’ una persona schiva e riservata, appassionata alla sua arte, eppure ben legata

anche alla quotidianità del mestiere, inserito appieno nel solco della tradizione fotografica friulana. Accompagnato dalla preziosa collaboratrice che è la moglie, lo si vede sempre al lavoro: dalle manifestazioni ufficiali, alle riunioni della Società Filologica friulana, alle silenziose e ovattate sale dei musei, dove fotografa opere d’arte. E’ un piacere vederlo lavorare con efficienza e sensibilità, pronto a cogliere i tuoi desideri, a mettere nella luce migliore i poveri oggetti o i grandi capolavori dell’arte friulana. La mostra del Centro Friulano Arti Plastiche colma una colpevole dimenticanza poiché Riccardo Viola non è solo un fotografo d’arte, ma un artista della fotografia pur senza averne le pose e le ambizioni. Lo rivelano gli scatti esposti in cui il lavoro quotidiano è sublimato nell’arte. Nel maggio del 1976, le fotografie di Riccardo Viola hanno documentato le rovine dei monumenti architettonici friulani “avendo cura di includere nell’inquadratura tratti riconoscibili” aspetti del paesaggio, ma soprattutto campanili, architetture, statue, lacerti di affresco tante volte immortalate per un lavoro che sfocia nella passione e ora ritratte come mute testimoni di una tragedia. Non compaiono persone nelle foto del terremoto di Viola, ma le opere d’arte, prodotte pur sempre dalle mani dell’uomo, segni di una tradizione di lavoro secolare. Le fotografie dal classico bianco e nero del neorealismo friulano hanno inquadrature rigorose, disciplinate dal rigore documentario cui il fotografo è avvezzo. Il punto di vista dello spettatore è assunto dalla compostezza delle statue che guardano attonite le macerie del loro mondo tanto da evidenziare, come scrive Gianfranco Ellero, una vena surrealista in quel documentare, quasi oltre le potenzialità del reale, la distruzione del terremoto. (G.Bu.)

Alle Nove della sera 6 maggio 1976 6 maggio 2006 Lestans - Villa Savorgnan REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA


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PROVINCIA DI PORDENONE COMUNE DI SEQUALS - CRAF 7 maggio Il 7 maggio 2006 è stata inaugurata la mostra Alle Nove della sera 6 maggio 1976 – 6 maggio 2006, promossa dalla Regione Friuli Venezia Giulia, dalla Provincia di Pordenone e dal Comune di Sequals per ricordare i trent’anni dal terremoto che ha scosso il Friuli il 6 maggio 1976. L’esposizione, allestita nelle sale di Villa Savorgnan di Lestans di Sequals, è stata curata da Gianfranco Ellero. Per documentare l’impatto e l’eco che ebbe il disastroso evento sono state esposte le prime pagine dei quotidiani e dei settimanali locali, ma anche quelle di importanti mezzi di stampa come «Il Giornale», diretto allora da Indro Montanelli, protagonista di una sottoscrizione fra i lettori, che ha interessato i Comuni di Vito d’Asio, Tarcento e Montenars, e del «Corriere del Friuli», sul quale apparse il Manifesto della ricostruzione, firmato da un gruppo di intellettuali il 12 maggio 1976. Nella stessa sezione il visitatore ha potuto prendere visione anche di un’ampia rassegna bibliografica edita sul tema del terremoto in Friuli, proveniente dalla Biblioteca “Bernardino Partenio” di Spilimbergo. La sequenza di fotografie di Ilo Battigelli ha aperto simbolicamente l’esposizione: si tratta di immagini riprese immediatamente dopo il sisma, che mostrano impietosamente lo stato di centinaia di paesi e borgate ridotte a cumuli di macerie e la gente ricoverata nelle tendopoli; il réportage di Riccardo Viola, inviato dalla Società Filologica Friulana, testimonia invece efficacemente dei gravi danni inferti dal terremoto al patrimonio artistico e storico della regione. Una sezione è stata dedicata specificatamente anche al Comune di Sequals e ai suoi tre centri abitati, con le case immortalate prima e dopo le demolizioni e finalmente la ricostruzione, raro caso di intervento rispettoso e conservativo, grazie all’utilizzo di un piano urbanistico particolareggiato. Le fotografie delle vecchie abitazioni pericolanti, poi abbattute, furono scattate con criterio rigorosamen-

te documentale dal fotografo spilimberghese De Giorgi mentre quelle che mostrano le borgate ormai rinate sono opera di Giuliano Borghesan, presente in mostra anche con le immagini colte nella mattinata del 7 maggio 1976 nelle vicine Colle d’Arba e Valeriano, e, più tardi, nella cittadina medievale di Spilimbergo, con il centro storico e l’antichissimo duomo romanico gotico, salvatisi miracolosamente anche grazie a robusti ponteggi e intricate imbracature lignee. La ricostruzione di Gemona, Osoppo e Venzone, infine, è documentata attraverso gli occhi di due noti fotografi non friulani: Gabriele Basilico e Franco Fontana, le cui opere sono conservate presso il CRAF (Centro di ricerca e archiviazione della fotografia) di Lestans. Nel catalogo edito a corredo dell’esposizione (Alle Nove della sera 6 maggio 1976 – 6 maggio 2006, a cura di Gianfranco Ellero e da Walter Liva, Udine, Arti Grafiche Friulane / Imoco Spa, 2006, pp. 115), compaiono le immagini fotografiche, intercalate dai “Coròts”, componimenti poetici di alcuni importanti poeti, una breve emerografia, una bibliografia sul terremoto e due brevi note sulla Cineteca del Friuli, che ha partecipato all’iniziativa con un video storico, e sul Museo d’Arte della Medaglia, che ha concesso di esporre per l’occasione una decina di medaglie, tratte dalla propria collezione ispirate dal terremoto. (A.M.B.)

X grado scala Mercalli. I segni del sisma nell’arte contemporanea friulana San Daniele del Friuli Museo del Territorio MUSEO DEL TERRITORIO CENTRO FRIULANO ARTI PLASTICHE REGIONE FVG - PROVINCIA DI UDINE 13 maggio – 31 agosto Catalogo: Monica Peron, X grado scala Mercalli. I segni del sisma nell’arte contemporanea friulana con interventi di Sergio Gervasutti, Gianfranco Ellero, Marco Buratti.

La mostra è stata organizzata dal Museo del territorio in collaborazione con il Centro Friulano Arti Plastiche grazie al supporto della Regione FVG e della Provincia di Udine. La mostra è inserita nel progetto Musei in collina (MIC). La convenzione stipulata tra i comuni di Ragogna, Buja e San Daniele insieme alla Provincia di Udine per una gestione sinergica delle tre realtà museali. Anche l’esposizione di San Daniele fa parte delle commemorazioni del trentesimo anniversario del terremoto, come denota il titolo. L’ottica della sua composizione risulta comunque diversa da quelle consuete, che hanno privilegiato l’aspetto fotografico e documentaristico. La comunità di San Daniele ha inteso invece riproporre le forti emozioni scatenate da quell’evento, che si possono esprimere solo con l’arte. Come fa rilevare Sergio Gervasutti quel sei maggio di trent’anni fa ha costituito un punto di rottura e aperto una nuova stagione, che ha rinnovato integralmente il paesaggio. Ora i danni del sisma non sono più avvertibili e il Friuli si è modernizzato dal punto di vista culturale e produttivo tanto che da terra di emigranti è diventato meta di extracomunitari in cerca di benessere. Gli artisti, rappresentati con opere di sicuro impatto, appartengono al filone realista e a quello informale, anche se, come è inevitabile nelle antologiche si registra qualche omissione come ad esempio le tempere di Mitri su Venzone distrutta. Ellero in una acuta riflessione in chiave culturale sul 1976 ritiene sovrabbondante la produzione fotografica, forse più facile da esporre e “piuttosto limitata la produzione pittorica”. Sono esposte opere di Mario Micossi, Bruno Barborini e Nino Gortan composte nello stesso 1976, testimoni immediate del dramma. Scrive Ellero “ più meditati appariranno gli esiti surrealistici di Arrigo Buttazzoni e quelli drammatici di Roberto Milan, mentre altri artisti, Mario Alimede, Esa Bianchi, Marco Casolo, Bruno Fadel si affidano, per le loro rivisitazioni, a un linguaggio com-


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preso fra l’astratto e l’informale, e Angelo Toppazzini apparirà come gestuale poeta dei lacerti di muri istoriati”. Particolarmente significativa la presenza di Arrigo Poz, che presenta una serie di litografie e che ha realizzato il monumento alle vittime del sisma nell’atrio della basilica udinese delle Grazie. Una sezione fotografica della mostra è dedicata all’architettura del post terremoto, alcune architetture sono volontariamente decontestualizzate rispetto alle preesistenze, altre invece, come la chiesa di Leonardo Miani per Molinis sono una garbata reinterpretazione delle tipologie tradizionali. (G.Bu.)

Gianni Pignat. Terra dei segni Pordenone - Palazzo Gregoris CENTRO CULTURALE DELLA SOCIETÀ OPERAIA 14 maggio - 25 maggio Nell’ambito delle iniziative primaverili correlate al programma di manifestazioni denominato “Incontriamoci a Pordenone”, le sale espositive di Palazzo Gregoris hanno ospitato una mostra dell’artista, fotografo e architetto Gianni Pignat. Personalità di straordinaria ricchezza e di rilevanza per la cultura pordenonese in virtù della molteplicità d’interessi, Pignat ha negli anni sempre più articolato il suo percorso espressivo, che spazia dalla fotografia, al cinema, alla pittura. In quest’ultima si cimenta con segni e forme che tendono costantemente alla ricerca del senso profondo delle cose. Nascono sequenze pittoriche le quali, attraverso l’uso di materiali e tecniche, si risolvono in equilibrate composizioni. Da esse emergono segni decisi e fluenti: il risultato è una pittura nello stesso tempo affascinante e concreta. C’è molto in queste composizioni pittoriche dei suoi lunghi viaggi e dei conseguenti reportages fotografici, che riflettono sulla condizione umana e ci ricordano che è dovuto il necessario rispetto alle diversità del mondo. (P.T.)

Occhi di pace. Tra Oriente e Nuovo Mondo Udine - Casa della Contadinanza maggio - giugno

archeologo presso i Civici Musei di Udine e Sabrina Sguazzero, che ha presentato le tabelle toponomastiche relative a piazza di Prampero a Tavagnacco e alle zone limitrofe. (A.M.B.)

Fotografie di Luigi Vitale, frutto di un reportage di viaggio in Asia e nell’America latina.

America vs America. La generazione hippie tra disincanto e utopia Udine - Museo della città maggio - giugno Fotografie di Dennis Stock eseguite negli anni Sessanta. Le mostre sono state organizzate nell’ambito di Fuorirotta, un progetto realizzato dall’Associazione culturale Vicino Lontano.

Archeologia e leggende nella toponomastica di Tavagnacco Branco di Tavagnacco – Centro sociale COMUNE DI TAVAGNACCO CENTRO DI TOPONOMASTICA DELLA SOCIETÀ FILOLOGICA FRIULANA 19 maggio Il 19 maggio 2006 è stata inaugurata la mostra Archeologia e leggende nella toponomastica di Tavagnacco, in cui sono stati esposti numerosi documenti cartografici e fotografici relativi alla toponomastica del Comune di Tavagnacco, provenienti dagli Archivi di Stato di Udine e Venezia, dall’archivio storico del Comune di Tavagnacco, dal Museo Civico di Udine, dagli archivi parrocchiali, dalle Biblioteche di Udine e Tavagnacco, nonché da archivi privati. L’esposizione, in particolare, ha illustrato i ritrovamenti provenienti dai siti archeologici presenti nel territorio comunale. Sono intervenuti a presentare l’iniziativa culturale il curatore Sandro Comuzzo con una relazione su Tavagnacco. Appunti di toponomastica archeologica, Massimo Lavarone,

Brigitte Brandt. Il continuo altrove Pordenone - Galleria Sagittaria CENTRO INIZIATIVE CULTURALI PORDENONE 20 maggio - 22 luglio La mostra delle opere di Brigitte Brandt corrisponde quasi ad un fantastico viaggio nell’India delle antiche architetture. Nell’esposizione intitolata Il continuo altrove sono state proposte monumentali visoni del paese asiatico, il quale viene evocato attraverso la raffigurazione di grandi architetture, luoghi e vasti spazi del passato. Il viaggio immaginario della Brandt sottende l’elaborazione di un itinerario emotivo interiore nel quale lo spettatore viene inevitabilmente attratto, anche in virtù della grande dimensione delle tele. Al di là della semplice raffigurazione, per rendere la grandezza di ciò che l’ ha colpita maggiormente, l’artista dipinge i suoi quadri utilizzando spesso come sfondo la carta dei giornali indiani. La sovrapposizione di segni e grafie che ne deriva, sottende il tentativo di relazionare l’uomo con un mondo superiore: quello dello spirito e della contemplazione. Un ricco catalogo a supporto della mostra ha permesso di approfondire, con immagini e studi critici, il percorso dell’esposizione. (P.T.)

Pietre e mappe antiche che parlano di Pasiano. Mostra archeologica e cartografica lungo il percorso della Via Postumia Pasiano di Pordenone - i Molini COMUNE DI PASIANO DI PORDENONE GRUPPO ARCHEOLOGICO “ACILIUS” Nell’estate del 2005, i Comuni di Casarsa della Delizia, Pasiano di Porde-


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none e Zoppola, la Provincia di Pordenone e il Gruppo Archeologico Cellina Meduna “Co. Giuseppe di Ragogna”, hanno organizzato una serie di conferenze, di visite e di esposizioni relative al tracciato della Via Postumia nel Friuli Occidentale. Sulla base delle ricerche eseguite alla fine dell’Ottocento dal conte Camillo Panciera di Zoppola e recentemente edite, infatti, risulta che la Via Postumia può essere fatta coincidere con l’asse del decumano massimo della centuriazione romana di Iulia Concordia. L’interesse per Pasiano è enorme, in quanto il decumano massimo nasce proprio all’inizio del suo territorio, a Traffe, attraversa Brozzette, Pozzo e Squarzarè, il capoluogo e dopo Sant’Andrea si immette nel comune di Azzano Decimo. Per molti secoli questo tracciato – ancora ben visibile per chilometri e chilometri – ha costituito un elemento conosciuto e sfruttato dalle popolazioni e dai poteri: ha segnato infatti la linea di confine tra i beni dei Patriarchi di Aquileia e quelli dei Vescovi di Concordia, poi tra il castello di Meduna e il castello di Prata, tra i beni dei Prata e quelli di Sesto e così via, fino a demarcare oggi il territorio del comune di Meduna di Livenza da quello di Pasiano di Pordenone. Il percorso del decumano, che in qualche parte ha assunto in passato il nome di Postumia, Postoima o simile e altrove di Stradalta, è stato anche l’asse accanto al quale nei lunghi secoli dell’età romana (soprattutto tra la fine della Repubblica/inizio dell’Impero e crisi/fine dell’Impero) sono sorti i più importanti insediamenti, che poi hanno restituito molta parte del patrimonio archeologico salvato dai volontari negli ultimi decenni e oggi conservato nei locali della Biblioteca di Pasiano, in attesa di poter allestire un Antiquarium secondo le regole e i moderni criteri museali. Sono emerse alcune importanti iscrizioni, tra cui il famoso riferimento ad Acilio Glabrione, che lega la realtà di Pasiano a quella di Aquileia e a un momento importante dell’espansione romana verso il Nordest dell’Italia, l’intero arco altoadriatico e le terre oltre le Alpi. I materiali raccolti sono numerosi e

vari: le “pietre parlano” di una storia di insediamenti considerevoli, di contatti e scambi commerciali di ampio raggio, di una fase di prima infiltrazione romana (romanizzazione) già nel II secolo a. C., forse ancor prima della fondazione di Aquileia. Si tratta di ville e case di campagna, ma anche di fornaci, di laboratori, di veri e propri villaggi, i cui abitanti sfruttavano intensamente le risorse naturali del territorio, per l’agricoltura, l’allevamento, la produzione di manufatti; di questi insediamenti è rimasto il ricordo toponomastico, per esempio in Pasiano (Pacilianum, “possedimenti di Pacilio”), Rebuzzana (già Albuzzana, “possedimenti di Albutius”), in Villaviera (“villaggio antico”). Accanto alle abitazioni dei rustici, c’erano sicuramente quelle dei proprietari, come lasciano capire i resti di alcune decorazioni artistiche. Mattoni, embrici, sesquipedali, alcuni con i marchi di produzione, mattoni da pozzo, anfore, mosaici, lacerti di affreschi parietali, statuette, monili, pesi e oggetti di lavorazione artigianale, vasi, ceramiche, terre sigillate, vetri, lucerne: è ricco il campionario di reperti che si sono conservati e che troveranno degna collocazione nell’Antiquarium. Una rassegna significativa, dunque, per la prima volta visibile presso i Mulini di Pasiano di Pordenone dal 20 maggio 2006, che ha presentato solo una parte dei materiali inventariati e acquisiti al patrimonio culturale dello Stato. (P.C.B.)

Ceramiche: terrecotte, terraglie e maioliche del nostro museo Pagnacco - Museo di Fontanabona MUSEO DI STORIA CONTADINA DI PAGNACCO 20 maggio Il Museo di Storia Contadina di Fontanabona di Pagnacco ha esposto al pubblico dal 20 maggio 2006 una raccolta di ceramiche, terraglie e maioliche, composta per lo più da oggetti d’uso quotidiano, collocabili cronologicamente tra il XIX secolo e gli anni ’60-’70 del Nove-

cento, conservate in deposito e per l’occasione catalogate e riordinate in previsione di una futura collocazione più visibile. Tra la settantina di esemplari in mostra figuravano anche alcuni elementi tipici della manifattura carnica, come gli ampi catini verdi invetriati usati per contenere il latte, o le rare serie di scodelle decorate con motivi stilizzati e aerografati tanto in voga negli Anni Trenta, prodotte dalle Ceramiche Galvani di Pordenone e qualche raro esempio proveniente dal nord Europa. Il giorno dell’inaugurazione della mostra, il pubblico ha potuto ascoltare una relazione del ceramista Andrea Pavon sulle tecniche dell’arte ceramica ed assistere alla presentazione del nuovo Quaderno monografico del Museo, dedicato al materiale ceramico esposto, curato dalla conservatrice, Marta Mauro, e dalla curatrice, Chiara Braidot e giunto già al quinto numero. Una prassi editoriale ormai ordinaria e virtuosa, quella avviata dalla direzione, che, in parallelo al breve percorso di vita del luogo - dall’istituzione nel 1999, al suo riconoscimento come museo etnografico minore nel 2001, all’apertura di nuovi spazi espositivi e ai nuovi allestimenti - ha voluto scandire le successive azioni di tutela, conservazione, restauro e catalogazione dei beni demoetnoantropologici di proprietà del Museo, attraverso la pubblicazione di piccoli cataloghi, di carattere scientifico, dedicati a sezioni specifiche (la cucina e i lavori artigianali, la filatura e la tessitura, gli oggetti d’affezione) e introdotti da saggi di autorevoli studiosi friulani. (A.M.B.)

Luciana Vettorel Ghidini. Tracce di memoria Brugnera – Villa Varda maggio - giugno La mostra di pittura dedicata a Luciana Vettorel Ghidini ha inteso presentare al pubblico “preziose carte fatte a mano, di cotone ed altre fibre naturali, su cui l’artista stende con perizia tecnica colori delicati e vibranti”. Questo in sintesi il


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giudizio critico espresso da Alessandra Santin, che ha introdotto l’evento e presentato le opere. L’occasione inaugurale è stata arricchita dalla lettura di alcune liriche e da un momento musicale che ha visto interprete la violinista Angelica Faccani. (P.T.)

Il museo dei balocchi… ovvero l’arte in gioco, vista e interpretata dalla scuola Udine - Galleria d’Arte Moderna Sala didattica COOPERATIVA SEBASTIANO RICCI 26 maggio - 30 giugno Anche la galleria d’arte Moderna di Udine segue l’alternarsi delle stagioni e la voglia di gioco e di leggerezza tipico dell’estate. Come è consuetudine della galleria il programma didattico curato da Sonia Boldarin e Paola Spallone per conto della Cooperativa Sebastiano Ricci è molto ricco, affiancato da una serie di incontri curati da Fabio Belloni della stessa Cooperativa. Non poteva mancare una mostra - giocattolo con opere di Carmine Calvanese, Silvano Tessarollo, Giovanni Cavassori, Elio Torrieri, Olinsky, Lorenzo Lupano. Gli artisti operano in modo ludico con un ritorno all’immagine non privo di richiami surrealisti e pop. Opere coloratissime eseguite con nuovi materiali: vetroresine, plastiche, stoffe, foto, talora assemblate talaltra modellate su una pittura, che imita la fotografia in uno stralunato iperrealismo tipico di Elio Torrieri che dipinge animali in peluche. Molteplici sono i riferimenti all’arte pop per esempio nei pupazzi di plastica mutanti, dalle forme morbide e indefinite di Silvano Tessarolo e Carmine Calvanese. Paolo Sandano, in arte Olinsky, propone un topo ficcanaso come protagonista di divertenti paesaggi metafisici, talora da porre in parallelo con le tele di Savinio della collezione Astaldi. Interessante il riuso dei materiali di Giovanni Cavassori, che cola poliuretano entro stoffe per prenderne le forme che vengo-

no poi dipinte con foto, tecniche digitali e stampe serigrafiche. (G.Bu.)

Sul Monte in un giorno di primavera. 40° dell’ex tempore 1966 Buja - Casa Arsella CENTRO FRIULANO ARTI PLASTICHE COMUNE DI BUJA ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI 27 maggio - 11 giugno Organizzata dal Centro Friulano Arti plastiche, dal Comune di Buja e dalla locale Associazione Nazionale Alpini, l’esposizione si propone di ricordare le ex tempore, competizioni pittoriche della durata di un giorno, che si svolgevano en plein air. Erano occasione di incontro tra gli artisti, dove i giovani imparavano dai più anziani. Il Centro Friulano Arti Plastiche ne organizzò diverse negli anni Sessanta, tra cui quella di Buja del 1966. L’unica fonte a proposito rimane un articolo di Licio Damiani che ricorda partecipanti e giuria, che attuarono “una selezione coscienziosa”. Il revival del 2006, ambientato come la prima in casa Ursella, rievoca consuetudini artistiche passate, ma di cui si sente la nostalgia. (G.Bu.)

Emilio Vedova Udine - ArteStudio Clocchiatti 27 maggio - 31 luglio “Come è ormai assodato, una mostra di Vedova si annuncia come una inedita invenzione di spazio” scrive Carlo Bertelli nel presentare la recente esposizione dell’artista a Milano presso la Galleria Salvatore + Caroline Ala. L’affermazione di Bertelli risulta premessa importante anche per comprendere gli accadimenti che si generano all’ ArteStudio Clocchiatti, ove tredici brani del “profeta” dell’arte, come è stato definito per l’importanza della sua voce, risuonano negli spazi della galleria valicando ogni autonoma valenza per rela-

zionarsi al contesto e affermare il senso di una pittura che supera il valore locale e si dilata, coinvolge, interagisce. Vedova (1918), nonostante l’età oggi avanzata, ha voluto personalmente studiare la situazione espositiva e definire una mostra incentrata su opere degli anni Ottanta attraverso cui ribadire una visione artistica impostata sulla dialettica, così da rendere conto della complessità di incontri, situazioni, in un universo vitale di sentimenti e pensieri. Dalle pareti dell’ArteStudio Clocchiatti ecco dunque emergere gli anni Ottanta di Emilio Vedova, in cui dal grande formato si giunge a realtà minime sempre coerenti con l’impeto gestuale e la forza di masse cromatiche in cui il nero assurge a riferimento fondamentale, su cui scoppi di colori improvvisi conducono a presenze, inquietudini, talora scontri, coinvolgenti l’osservatore. Tra i brani spiccano Del no (1980), Compresenze (1985), Supporti transitori (1982-3), opere il cui senso Vedova ha voluto confermare con la presenza di una Venezia tratta da Ciclo 2006, ove gli elementi strutturali del dipingere dell’artista sono ribaditi in una volontà di affermazione vitale. Stesure spesse, gesti ravvicinati e quel “Sgarfazzare con le mani” che il Boschini, su testimonianza di Giacomo Palma il Giovane già imputava al fare maturo di Tiziano, costituiscono affermazione dei valori sostanziali della ricerca di Vedova così come è andata dispiegandosi in oltre settanta anni di febbrile lavoro. Una mostra importante per la città di Udine, annoverata tra i centri che possono vantare la personale di questo artista, consacrato a livello mondiale tra i massimi artisti viventi. (F.A.)

Palazzo Ettoreo, storia di una dimora nobile a Sacile da fine ‘400 ad oggi Sacile – Palazzo Ettoreo, Sala della Caminata ASSOCIAZIONE UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ E DEGLI ADULTI 30 maggio - 30 giugno


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Realizzata a cura del gruppo di ricerca storica dell’Associazione Università della Terza Età e degli Adulti, la mostra ha presentato numerosi documenti inediti, fotografie d’epoca e arredi originali che hanno consentito di ricomporre in modo organico e per la prima volta la complessa vicenda storica dell’importante Palazzo sacilese. Per il gruppo di lavoro, condotto da Laura Guaianuzzi e coordinato da Cristina Trinco, la mostra documentaria dovrebbe essere propedeutica alla prossima pubblicazione a stampa dell’approfondita ricerca presentata al pubblico. La serata inaugurale è stata preceduta da un concerto per Flauto (Marta Masini) e Arpa (Emanuela Battigelli) che si è svolto al piano nobile della stessa dimora storica. (PT)

L’immagine e il silenzio Tolmezzo - Palazzo Frisacco Fino 26 maggio Opere di Aldo Andreolo tra Metafica e Surrealismo. (G.Bu.)

Colori, sogni, emozioni Castello di Cassacco maggio 2006 La mostra è organizzata dalla Amministrazione Comunale e dalla Comunità collinare, le curatrici Gemma Agosti e Cristina D’Angelo propongono bambole antiche e moderne, dipinti, smalti, oggetti d’artigianato. (G.Bu.)

Il terremoto nella medaglia. Omaggio al Friuli Buja - Museo della medaglia Il museo della medaglia, inaugurato nel 1998 e recentemente ampliato, ospita un centinaio di medaglie realizzate da artisti italiani in occasione del terremoto e donate al museo, si tratta di una riproposizione

di una mostra tenuta al Museo Archeologico di Milano nel 1996. (G.Bu.)

GIUGNO

Il feltro in testa Montereale Valcellina – Palazzo Toffoli ASSOCIAZIONE LE ARTI TESSILI 2 giugno – 18 giugno Dal 2 al 18 giugno 2006 Palazzo Toffoli di Montereale Valcellina è stata la sede di una singolare mostra di cappelli scultura realizzati in feltro da Judit Pòcs, un’artista ungherese, costumista e scenografa. Le sue creazioni sono state esposte già in Ungheria, Francia, Finlandia, Gran Bretagna, Olanda e Germania. L’iniziativa, promossa da Le Arti Tessili, fa parte della serie Filò…intorno al mondo tessile, laboratori di manualità e cultura tessili, organizzati ogni anno dall’associazione a Montereale, come si legge nella presentazione, “per trasmettere conoscenze di carattere pratico-costruttivo, nel contempo dare informazioni storiche, e indicazioni per eventuali approfondimenti inerenti le diverse tecniche programmate, siano esse di provenienza popolare o borghese, di origine nazionale o internazionale”. La mostra è stata presentata il primo giugno 2006 da Carmen Romeo con un intervento didattico incentrato sulla storia del cappello. (A.M.B.)

Per il centenario della nascita di Primo Carnera Sequals - Villa Carnera COMUNE DI SEQUALS Il 3 giugno 2006 hanno preso avvio a Sequals alcune iniziative di carattere culturale promosse dal Comune per celebrare l’anniversario del centenario della nascita di Primo Carnera. Nato a Sequals il 25 ottobre 1906, egli emigrò in giovane età da un’area povera come quella della Pedemontana pordenonese

con la qualifica di falegname per approdare in Francia; in seguito, grazie ai successi ottenuti nella pratica della boxe, conquistò nel 1933 negli Stati Uniti d’America, primo pugile italiano, il titolo mondiale dei pesi massimi di pugilato. Per ricordare le varie tappe della sua carriera sportiva è stata allestita nelle sale di Villa Carnera una mostra documentaria intitolata Primo Carnera: 1923 – 1933 dalla Francia alla conquista del titolo mondiale, curata da Marco Sartini e composta da materiali fotografici e articoli di quotidiani e riviste dell’epoca (provenienti dalla collezione di Renato Bulfon di Mortegliano), che danno conto della straordinaria avventura del gigante della boxe. Il 29 maggio nella palestra della stessa dimora è stata inaugurata un’esposizione di opere dipinte dall’artista Weiner Vaccari, che ritraggono le figure dei dieci pugili più famosi di tutti i tempi, mentre nel parco della villa e nelle piazze Municipio e Pellarin di Sequals sono state collocate alcune grandi sculture di arte contemporanea, un’installazione intitolata Primo Carnera: la memoria nella scultura moderna, ideata da Enzo Santese per l’occasione e in forma temporanea. (A.M.B)

Rosanna Lodolo Gasparini. Emozioni segrete Abbazia di Rosazzo, Sala degli Affreschi 8 giugno - 22 giugno La scultrice espone una selezione di ritratti, forse il genere preferito dall’autrice, figure femminili dalle forme bombate, animali, soggetti sacri realizzati in terracotta e bronzo che evidenziano i rapporti affettivi, le pulsioni profonde, il piacere tattile, quelle emozioni personali, per lo più contenute in una dimensione personale e familiare, che giustificano il titolo della mostra. La scultrice ha imparato l’arte della terracotta all’Istituto d’arte di Venezia con Gazar Gazighian, fondatore della scuola di ceramica di Torviscosa. Successivamente ha frequentato lo studio di Renzo Tubaro e ha


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conosciuto la scultrice riminese Angela Micheli. Per creare i volumi bombati usa la tecnica a colombino senza impalcatura interna e poi sulle terrecotte esegue le patinature con colori indelebili ad acqua, che si mescolano come nella pittura. Tra le opere più significative è esposto un ritratto, molto espressivo, di Darmo Brusini, il decano degli artisti friulani, eseguito partendo dal disegno e studiando la forma nella sua globalità. Accanto ai ritratti sono da segnalare generose figure femminili, ispirate alle forme essenziali e semplici della preistoria, interpretate però con l’aspro gusto della contemporaneità. (G.Bu.)

Nando Toso. Paesaggi 1956-2005 Udine - Galleria del Girasole CENTRO FRIULANO ARTI PLASTICHE 10 giugno - 25 giugno Catalogo a cura di Gianfranco Ellero con interventi di Giancarlo Pauletto e Marco Toso. Il paesaggio è, per Nando Toso, semplicemente la pittura e l’accurata selezione di opere presentate alla galleria del Girasole ne evidenzia la vicenda pittorica e l’amore per il colore. La mostra è stata curata dal Centro Friulano Arti Plastiche, grazie al finanziamento della Regione FVG in occasione dell’ottantacinquesimo compleanno dell’autore. Come ha evidenziato all’inaugurazione Gianfranco Ellero, Nando Toso dipinge ininterrottamente dal 1937 sul tema del paesaggio, l’adesione all’informale, di cui la mostra presenta uno splendido Paesaggio lunare, è stato solo un momento di passaggio utile per semplificare le strutture paesistiche degli ultimi anni, che ricordano ora l’ultimo Afro ora le colline dalmate di Music se non fosse per il canto dei colori, preziosamente abbinati. Giancarlo Pauletto ha evidenziato la bidimensionalità delle opere di Toso, che trasforma il paesaggio in una icona mitica, fatta di ritmo e di scansioni cromatiche dalle preziose cristallizzazioni. All’inaugurazione era presente anche la

coetanea di Nando Toso, la pittrice Dora Bassi che ha paragonato i paesaggi del pittore a racconti di favole mitiche, per fissare la perfezione di un incantesimo cromatico. La selezione di quadri esposta evidenzia l’alta qualità della pittura di Nando Toso ed evidenzia l’urgenza di ordinare il suo lavoro in una antologica. (G.Bu.)

8° Simposio di scultura su pietra Vergnacco di Reana del Rojale CIRCOLO CULTURALE IL FARO 11 giugno – 25 giugno Al simposio, organizzato dal Circolo Culturale Il Faro, sono presenti gli artisti: Andrej Belev, Isabelle Bourland, Sestillo Burattini, Ted Carasco, Salvatore Carta, Giovanni Defant, Petra Lange, Ian Newbery, Breuno Pon. (G.Bu.)

Carlo Scarpa e Luciano Gemin. Una ricostruzione a Gemona Gemona del Friuli - Palazzo Elti COMUNE DI GEMONA 11 giugno – 27 agosto La mostra organizzata dal Comune di Gemona intende rappresentare al pubblico l’edificio della banca Popolare di Gemona nel 1978. Il vecchio edificio, distrutto dal terremoto, fu ricostruito nel 1978. Purtroppo della progettazione di Scarpa rimangono solo pochi disegni e l’opera fu completata dai suoi collaboratori Luciano Gemin e D. Andretta. Dei primi progetti rimangono la cura nell’illuminazione degli interni a luce naturale, il tetto a falde con un poggiolo centrale che sporge all’esterno. L’edificio è diventato con il tempo uno dei simboli della rinascita del centro storico di Gemona. (G.Bu.)

Obiettivo Friuli. 1860 – 1960 Fotografie di un secolo

Tolmezzo - Museo Carnico delle Arti e tradizioni Popolari “Luigi e Michele Gortani” MUSEO CARNICO DELLE ARTI E TRADIZIONI POPOLARI COMUNE DI TOLMEZZO PROVINCIA DI UDINE CIVICI MUSEI DI UDINE REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA ISTITUTO REGIONALE DI PROMOZIONE E ANIMAZIONE CULTURALE Dal 16 giugno Catalogo: Cristina Donazzolo Cristante, Alvise Rampini, Obiettivo Friuli.1860 – 1960 Fotografie di un secolo, Arti grafiche Friulane Tavagnacco, 2006. La mostra è stata organizzata dal Museo Carnico delle Arti e Tradizioni Popolari, dal Comune di Tolmezzo e dalla Provincia di Udine in collaborazione con i Civici Musei di Udine, la Regione Friuli Venezia Giulia e l’Istituto Regionale di Promozione e Animazione Culturale. Cristina Donazzolo Cristante e Alvise Rampini sono i curatori della mostra itinerante e del catalogo. La mostra fotografica propone una sintesi della documentazione relativa al territorio della provincia di Udine con particolare riguardo al territorio carnico, dove viene ospitata. Gran parte delle fotografie provengono dall’Archivio Friuli, nucleo principale della Fototeca dei Civici Musei, cui si affiancano altre immagini provenienti da altri fondi posseduti dal Museo Friulano della Fotografia: l’archivio fotografico della Società Alpina Friulana, l’ Archivio Brisighelli, l’Archivio Pignat. Il percorso espositivo è composto di volta in volta a seconda delle esigenze dei musei che la ospitano. Nel caso del museo Gortani sono state scelte le immagini riferite al territorio carnico. Le fotografie di Attilio Brisighelli illustrano non solo i paesaggi, ma anche l’ambiente sociale carnico popolato da donne chine sotto i carichi di fieno, da “scenette di genere” verrebbe da dire, che illustrano con un tono idillico i dialoghi alle sonore fontane o i mestieri di un tempo che fu. Il progres-


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so industriale, che anche in Carnia vide il suo avvio con la costruzione delle ferrovie, è invece documentato da Luigi Pignat con le immagini della costruzione della ferrovia Pontebbana o quelle, particolarmente significative a Tolmezzo, della ferrovia Carnia Villa Santina, inaugurata nel 1910 e attualmente dismessa tanto da vivere solo nei ricordi degli anziani. Le foto documentano avvenimenti disparati: dal principe Umberto ospite della bella villa neoclassica Micoli Toscano di Mione di Ovaro ai disgraziati senza tetto del terremoto di Verzegnis (1928). Ampezzo e la strada per Sauris sono invece documentati dagli scatti del fotografo Antonelli. Tutte le immagini hanno interessi prevalentemente documentari, che però non escludono interessi estetici e poetici. (G.Bu.)

La luce tra spazio reale e virtuale Tolmezzo - Palazzo Frisacco Fino al 23 luglio Opere di Antonio Sgarbossa. (G.Bu.)

Le immagini della fantasia Venzone - Palazzo Orgnani Martina Circa centocinquanta illustrazioni per libri di artisti europei ed extraeuropei in collaborazione con il centro di Sarmede, che da anni si occupa dell’arte del libro. (G.Bu.)

Martellata Day Lignano Pineta - Parco del mare Sculture di Alfredo Pecile, Bierbergen Marc Bertram, Antonella Tiozzo. (G.Bu.)

CalcioGiocoPassioneArte Martignacco - Associazione Culturale Liciniana

Una analisi pluridisciplinare sul pianeta calcio in occasione dei Mondiali curata da Claudio Di Blas e Giovanni Cavazzon. La rassegna, che proseguirà fino a settembre, vuole analizzare il sistema calcio con interventi scaglionati nel tempo. In mostra raccolte di figurine, dibattiti pluridiciplinari, presentazioni di libri. (G.Bu.)

Musica

DICEMBRE 2005

Rivista in forma di spettacolo “Il suono di Pan”, n. 2, “Visioni” (saggio semestrale dei LIISM) Andrea Del Piccolo, Maestri e Allievi LIISM ASSOCIAZIONE “MUSICOLOGI” Udine - Auditorium “Zanon” 22 Dicembre 2005 Il mondo delle poetiche musicali è assai vasto e da qualche anno l’Associazione “Musicologi” - pool nato dal trovarsi di giovani in gran parte studenti o neolaureati del DAMS di Gorizia e presieduto dal dinamico Lorenzo Tempesti fra le multiformi attività cura la realizzazione di corsi, presso Istituti di seconda superiore con l’ITI “Malignani” capofila, di istruzione alla musica elettroacustica. Con la collaborazione di alcuni fra i migliori musicisti della regione e aree limitrofe, i LIISM hanno dato vita anche a eventi convegnistici e di spettacolo. Altro polo è quello gemonese, ma il progetto ha addirittura interagito con un associazione romana (partner operativo) e il prestigioso Teatro dell’Opera di Roma che ne ha ospitato delle fasi nel corso di una trasferta sperimentale. Laboratori Interscolastici di istruzione e Sperimentazione Musicale è la dicitura

dell’iniziativa che si è concretizzata nell’allestimento de “Il Suono di Pan”. Si tratta di una “rivista delle tecniche delle arti” in forma di spettacolo. La terza edizione, incentrata sul tema delle “Visioni” ha visto esibirsi allievi dei corsi, guidati dai Maestri in un dialogo che prevede sempre nel primo tempo musiche di area colta e nel secondo musiche di area extra accademica. Così nell’ultimo evento - i primi erano dedicati nel 2004 alle “Tenebre” e nel 2005 alle “Solitudini” una garbata, ispirata e lirica opera prima del giovane compositore e pianista Andrea Del Piccolo per gruppo da camera ha convissuto con le ottime performances delle vocalist formatesi alla scuola di Sabrina Roman, titolare dell’insegnamento di canto moderno dei LIISM. Nel corso dello spettacolo sono state lette poesie a tema di Gianluca Caroli e proiettate opere di videoart di Raffaele Chiandussi.Un esempio di multilinguismo artistico di pregio confluito in un CD didattico-divulgativo. (M.M.T.)

FEBBRAIO

Musiche di Lizst e Lieti Pianoforte M. Ziraldo ASSOCIAZIONE “AMICI DELLA MUSICA” Udine - Sala “Madrassi” 22 Febbraio 2006 La storica associazione “Amici della Musica” che costituisce uno dei capisaldi della tradizione musicale udinese, fra i tanti appuntamenti di pregio, ne ha proposto uno che ha avuto anche un valore educativo. Infatti, nel segno di una collaborazione con il conservatorio, la associazione, per la cura artistica di Luisa Sello, seleziona giovani talenti e offre loro una qualificata vetrina. E’ stato il caso del pianista Matteo Ziraldo che, nonostante la giovane età, ha proposto un affascinante percorso di musiche di autori ungheresi, diversissimi per epoca e poetiche, simili per potenza ed intelligenza creativa: LIszt e Ligeti. Mentre scriviamo si apprende


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che il grande compositore ebreo-transilvano-ungherese ci ha lasciato impoverendo l’arte del pianeta. Ancora più significativo più significativo è stato dunque il tributo di Ziraldo alle prese con le rocambolesche impervietà lisztiane ma anche con la complessità ed intensità di epocali opere pianistiche dell’autore di “Lux aeterna” e “ramifications”. Coraggioso e comunque solido se rapportato alla giovane esperienza il pianismo di Ziraldo che dimostra di “pensare” il suono oltre che di cercare di risolvere con efficacia innumerevoli problemi tecnicostilistici. Già vincitore di altri concorsi si era esibito nell’edizione sulle “Solitudini” de “Il Suono di Pan” con un “tutto Chopin” prima di un “tutto Monk” del magistrale Glauco Venier. (M.M.T.)

MARZO

Laboratorio internazionale di musica da camera “Vive le Coq!A bas l’Arlequin” Presentazione del secondo CD con musiche dei “Six” francesi Nimis, Rizzi, Zabarella, Scalabrin, Galaverna, Degani ASSOCIAZIONE MUSICALE TARCENTINA Tarcento - Villa Moretti 11 Marzo 2006 Fra i soggetti più qualificati e attivi in campo squisitamente colto-cameristico vi è proprio la associazione musicale Tarcentina. Da anni il sodalizio, presieduto da Antonio Magro, opera nel segno della divulgazione in modo mirato e curato della cultura musicale da camera con concerti, corsi e laboratori. In tal senso La seconda parte del laboratorio incentrato sulla musica da camera nella Parigi del Novecento – siglato dal titolo, bizzarro e coerente ad un tempo, di “Vive le Coq!A bas l’Arlequin” nato dalla penna di Cocteau – si è tradotto anche per questa edizione in un prezioso documento fonografico che è stato presentato nel qualificato contesto altonovecentesco di

Villa Moretti, a Tarcento. Il progetto, ideato e animato dai pianisti Antonio Nimis e Barbara Rizzi, e realizzato dall’Associazione Musicale Tarcentina, ha riunito l’arte interpretativa dell’oboista Silvia Zabarella, del clarinettista Roberto Scalabrin, del fagottista Daniele Galaverna, del violinista Lucio Degani e gli stessi Nimis e Rizzi in un percorso esecutivo dedicato a opere di Poulenc, Auric, Milhaud, Honnegger. Un aureo completamento, dunque, del primo documento musicale sempre incentrato su autori di quella poco conosciuta ma importantissima stagione della musica del Novecento. Pubblicato per i tipi di Taukay – editing di Dario Caroli e supervisione di Vittorio Vella – e realizzato grazie a Regione, Provincia e sempre qualificante sostegno della Fondazione CRUP – il CD magnifica la perizia esecutiva, l’intelligenza musicale, la solidità espressiva di un “pool” di interpreti che certificano alte possibilità operative in Friuli. Una dimostrazione nei fatti che vi sono talenti e risorse – se usate con ragionata progettazione – per realizzare produzioni culturali non provinciali tali da servire a molti, anche più dotati di mezzi, come modello operativo. (M.M.T.)

Concerti “Aperitivo” - “Excerpts” di e con Antonio Della Marina Udine - Sala “Ajace” ASSOCIAZIONE FILARMONICA UDINESE 12 Marzo 2006 Il milieu creativo udinese e regionale riserva anche sorprese nel difficile territorio della ricerca e sperimentazione del suono. E’ il caso del concerto di “musica sensoriale” con il quale Antonio Della Marina ha siglato la seguitissima rassegna cameristica che l’associazione filarmonica udinese propone in Primavera alla Sala Ajace del capoluogo. Compositore e ricercatore con esperienze internazionali Della Marina ha fatto compiere al pubblico un’esperienza davvero unica proponendo l’ascolto – con l’uso di tecnologie raffinate – di alcune sue creazioni sonore

realizzate con particolarissimi criteri e sulle quali è intervenuto in tempo reale ri-creandone molte ex novo. Nell’ascolto dei brani si è colto un mondo di grande fascino, arcaico e modernissimo ad un tempo dove una sensibilità quasi pitagorica per intervalli sonori che non usiamo più nella musica di tradizione si fonde alla purezza siderale di suoni di sintesi: onde quadre, sinusoidali, a dente di sega, casuali e loro combinazioni. Si è parso di cogliere una sorta di “alea sonora ragionata” a cui l’ascoltatore deve abbandonarsi senza pregiudizi riscoprendo il piacere del suono puro. E delle sue magie ancora più potenti perché scaturite da un costruire scientifico e creativo ad un tempo. Pubblico incuriosito e molto coinvolto ha siglato l’evento con lunghi applausi. (M.M.T.)

Carlo Conti. Medico e musicista udinese nel 50° della morte Udine Salone del Parlamento del Castello 18 marzo 2006 “Carlo Conti - medico e musicista udinese nel 50° della morte” titola un convegno, impreziosito da momenti concertistici, incentrato su una figura di notevole spessore che era doveroso far conoscere. Nato nel 1881 da famiglia di antiche origini toscane da bimbo studiò musica per poi compiere studi classici e universitari di chimica a Pavia frequentando composizione a Milano. Laureatosi in farmacia, conseguì poi una seconda laurea in medicina e l’ospedale di Udine lo vide specialista in tisiatria lavorando al dispensario antitubercolare in epoche che vedevano primeggiare medici filantropi come Azzo Varisco e Antonio Celotti (vivente!). Conti continuò ad occuparsi, nonostante i gravosi impegni, anche di musica dando vita a numerose composizioni che sono state eseguite a fine convegno da David Giovanni Leonardi al pianoforte. La figlia Aurelia, il medico e musicofilo Aldo Rinaldi, lo


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stesso Leonardi, Franco Colussi, Gabriele Zanello, Maria Cristina Cescutti, Roberto Frisano ne hanno tratteggiato la vivida e apprezzata personalità artistica, professionale ed umana. (M.M.T.)

Concerto di musiche di Ella von Schultz Adaiewsky e AA.VV Rucli, Kuleshov, Bulfon, Dubosc ASSOCIAZIONE MUSICALE “SERGIO GAGGIA” E ALTRI Tarcento - Villa De Rubeis 19 Marzo 2006 Un concerto di raffinato camerismo ha siglato i due giorni di attività centrati sulla figura di Ella von Schultz vero nome della più nota, in qualificati ambienti colti, Ella Adaiewsky. I tratti cosmopoliti della affascinante personalità della compositrice, etnomusicologa ante litteram, viaggiatrice, intellettuale tout-court nata a Pietroburgo nel 1846 e vissuta ottanta splendidi anni in giro per l’Europa sono stati descritti e analizzati nel corso di un convegno che ha animato la cittadina collinare di Tarcento. Il momento artistico, a villa de Rubeis, curato da Andrea Rucli, ha visto l’esecuzione di sue musiche con interpreti lo stesso pianista, il violinista Victor Kuleshov e, in un secondo momento, il clarinettista Nicola Bulfon e la cantante Catherine Dubosc. Il numerosissimo pubblico, in entrambi i casi, incuriosito da questo personaggio di alto profilo ha potuto ascoltare musiche - precedute da una introduzione di Umberto Berti - eseguite con sensibilità tali da offrire un sintetico ma prezioso ed illuminante panorama della poetica compositiva della autrice. “Griechischen Sonate” per violino e pianoforte, ispirata liberamente a principi modali della antica Grecia, divisa fra un “Proemion” e un “Partie métabolique” ha comunicato l’”esprit” raffinato e lirico della musicista, mentre più interessanti erano gli accenti bachiani della “Sarabande” e della “Air rococo avec Doubleds” che, assieme, alla “Gavotte” palesavano opere per solo pianoforte. Testi alti di von Platen, Heine, von Unzer,

Lenau, Duc d’Orleans, von Wymetal hanno nutrito liriche di Adaiewsky, capace di comporre “in stile” se testo tedesco o francese. Ha colpito l’intonazione eccellente del soprano, ma soprattutto una musicalità assai intelligente capace di „raccontare“ i testi come solo chi partecipa emotivamente è in grado di fare.“Sarabande” e “Gavotte” per piano solo, “Griechische Sonate” per clarinetto e pianoforte. Di Claude Debussy, invece, venivano eseguite, dalle “Fêtes Galantes” su di Paul Verlaine, En sourdine, Fantoches, Clair de lune, Colloque sentimental“ e di Robert Schumann sette lieder da „Frauenliebe und Leben“ su liriche di Chamisso. Dizione multilinguistica ineccepibile, poi, che ha impreziosito un concerto colto, dove il clarinetto di Bulfone ha suggerito sonorità arcadico-mitiche aderendo alla citazione classica di Adaiewskji. Il pianismo garbato e „sur ton“ di Rucli ha siglato un evento a lungo applaudito con bis di Fauré. Ricca conclusione, dunque, lungamente applaudita di un percorso di ricerca iniziato da Pezzè e proseguito da Renato della Torre voluto e sostenuto da un pool di operatori quali Comune di Tarcento, Comunità Montana del Torre, Natisone e Collio, Fondazione CRUP, associazione musicale “Sergio Gaggia”, SOMSI, associazione musicale Tarcentina. (M.M.T.)

Conferenza concerto di e con Philippe D’Averio e Mario Brunello Musiche di Mozart e AA.VV. FONDAZIONE “LUIGI BON” Udine - Sala “Madrassi” 21 Marzo 2006 “Morire, dormire, forse sognare”: il celebre passo shakesperiano ha titolato il concerto-conversazione che ha visto protagonisti, alla sala “Madrassi”, l’”Orchestra d’archi italiana” guidata dal violoncellista Mario Brunello e Philippe Daverio, critico e intellettuale di rarissima caratura. Il tema – all’interno di un percorso accolto dalla Fondazione “Luigi Bon” in collaborazione con “Cittàteneo”

dell’Università di Udine e ideato da Brunello stesso – era quello del momento mozartiano della morte. La scelta delle musiche, rifuggendo la celebrazione enfatica, ha proposto del genio salisburghese il celebre “Ave Verum Corpus”, di Schubert il quartetto in re bemolle minore op. Posth. D 810 “La morte e la fanciulla”, del giapponese Takemitsu il “Requiem” per archi, dell’inglese Taverner “Eternal Memory”, di Piazzolla il notissimo “Adios Nonino”. L’evento ha portato due anime di eccellenza espressiva quanto mai diverse. La conversazione di Daverio ha offerto al pubblico tutta la “verve” non banale di questo studioso che, finalmente, dissimula sotto un dandismo per nulla stucchevole – semmai amabilmente filologico – una passione vera per l’arte e per i suoi messaggi. Una recente puntata di “Passepartout” era dedicato alla “Danza macabra”: dal lì Daverio ha condotto a una riflessione ricca di citazioni e spunti sulle varie visioni della morte fino alla tensione morale mozartiana, nutrita di illuminismo e trascendenza esoterica. Tanta intensità intellettuale è trasfigurata in un concerto memorabile. Un Mozart ineffabile, genialmente arricchito da una voce femminile è divenuto uno Schubert tempestoso e a tratti commovente, un Takemitsu teso, sublime come la lama di una katana si è sciolto un Taverner impreziosito da impressionanti raffinatezze di tutti e di Brunello passato al violoncello dopo la direzione. Infine Piazzolla come raramente abbiamo ascoltato, in cui è emersa la musicalità totale di un Maestro partito da Bach e giunto ai confini della sensibilità, contagioso per i suoi bravissimi e motivati musicisti. Interminabili, scroscianti applausi. (M.M.T.)

APRILE

Rassegna “Concerti dei Docenti” Concerto del duo Jardany-Tassini (e 14 Gennaio 2006


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inaugurazione Anno Accademico) Udine - Conservatorio di Musica Sala “Vivaldi” 4 Aprile 2006 Uno degli appuntamenti più insoliti ed interessanti della seguitissima rassegna dei docenti del Conservatorio udinese è stato senz’altro quello costituito dal duo formato dal contrabbassista Gergely Jàrdànyi e dall’arpista Patrizia Tassini. Entrambi titolari delle rispettive cattedre i musicisti hanno dato vita ad un concerto assai particolare per l’insolito avvicinamento timbrico. Se di respiro noto è il repertorio per arpa che, tuttavia, centra le produzioni più “visibili” e suggestive nel XVIII e nel XX secolo ben meno conosciuto è la non vasta produzione per contrabbasso solista. Va subito detto che fin dai primi accenni, se nota è la solidità esecutiva e la perizia d’espressione di Tassini, ha immediatamente colpito la densa musicalità di Jàrdànyi. Al di là del fatto che l’interprete è noto, fra gli addetti ai lavori, come uno dei migliori contrabbassisti classici del panorama internazionale, ascoltarlo dal vivo ha registrato momenti sorprendenti. Una sonata in re maggiore di Sperger, due capolavori di Fauré - “Elégie” op. 24 e “Sicilienne” op. 78 – e uno di Bartok quali otto “canzoni” da “for children” tutte trascritte nella nuova formazione da Jàrdànyi assieme a due pezzi per sola arpa - “Fantasia sul tema della Moldava” di Smetana-Trnecek e “Una serata in Transsylvania” di Bartok-Jàrdànyi padre - ad una “Melodia” di Pal Jàrdànyi e alla “Fantasia Cerrito” di Bottesini hanno convinto il pubblico dell’eccellenza e della musicalità del duo, lungamente applaudito e premiato con un bis belliniano.Ne’ il Conservatorio poteva rimanere indifferente alle celebrazioni del 250° della nascita di Mozart. L’inaugurazione dell’anno accademico, avvenuta all’inizio di Gennaio, al “Giovanni da Udine” ha dato spazio al tema. Infatti, alla presenza di autorità comunali, del Presidente della Provincia Strassoldo, del Presidente del Consiglio regionale Tesini e di altri rappresentanti di enti locali l’or-

chestra del Conservatorio, diretta vigorosamente da Alfredo Barchi, ha dimostrato nei fatti i livelli raggiunti. Dando, oltre a ciò, la possibilità ad alcuni fra i migliori allievi, di cimentarsi in modo professionale davanti ad un numerosissimo pubblico. Fra i validi momenti da segnalare l’allegro del concerto per flauto, arpa e orchestra dove il climax intepretativo è cresciuto con l’eccellente arte esecutiva della giovane Giulia Carlutti e della giovanissima Roberta Vidic. Con Tango Club dai “four pieces from New York” del “piazzolliano” contemporaneo Molinelli si è raggiunti una potente musicalità, professionale, travolgente e smaliziata, con il concertante sax contralto del bravissimo Alex Sebastianutto lungamente applaudito. (M.M.T.)

Metodie Bujor (basso) e, in diversa misura, hanno ottemperato al non facile compito di rendere magnetico e suggestivo il canto ispirato del capolavoro mozartiano laddove emergeva la pregnanza espressiva di Romina Basso. (M.M.T.)

MAGGIO

Concerto-conferenza “Ricerca spirituale in Mozart nell’epoca dei Lumi” Trio Rucli, Lattuada, Giani ASSOCIAZIONE PER GLI STUDI STORICI ED ARTISTICI

Cividale del Friuli Chiesa di S. Maria in Corte 28 Maggio 2006 Concerto commemorativo del 30° del terremoto Musiche di Mozart Direttore Tiziano Severini ORCHESTRA SINFONICA DEL FRIULI VENEZIA GIULIA Gemona – Duomo 6 Aprile 2006 L’Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Giulia, alla ricerca della sua identità, fra mille problemi gestionali, con talvolta momenti esecutivi non brillanti, ha però dato un segnale di particolare vigore e pregnanza espressiva nel corso del concerto che il 6 aprile scorso, presso il Duomo di Gemona, ha annunciato le celebrazioni del 30° anniversario del terremoto, sempre nel segno mozartiano con l’esecuzione del capolavoro assoluto del salisburghese. A dirigere era Tiziano Severini che ne il direttore stabile manifestando quella che è la sua caratteristica eminente e cioè una sostanziale raffinatezza del gesto senza perdere, in quella occasione, la capacità di far finalmente cogliere un soggetto espressivo coeso e credibile, nutrito dalla vocalità del coro del “Verdi” di Trieste. I solisti Romina Basso (soprano), Francesca Pedaci (soprano), Giorgio Trucco (tenore),

A Cividale un evento, affollatissimo di pubblico, presso la chiesa di S. Maria in Corte ha proposto momenti ancora mozartiani con la realizzazione di un concerto dal tema “Ricerca spirituale in Mozart nell’epoca dei Lumi”. Dunque un taglio non banale celebrato da Andrea Rucli, pianista e curatore del concerto, Francesco Lattuada, violista, Marco Giani, clarinettista che hanno dato vita ad un concerto dai registri suggestivi. Dopo una prolusione sul tema che apriva oltretutto una breve stagione concertistica della Associazione per lo sviluppo degli studi storici ed artistici l’evento ha visto l’esecuzione di tre opere mozartiane e una di Beethoven: del primo la sonata in mi minore Kv 304 per violino e pianoforte nell’adattamento violistico di Lattuada stesso, l’adagio in si minore Kv 540 per pianoforte, il trio per viola, clarinetto e pianforte in mi bemolle Kv 498 detto “dei birilli” e del secondo il “Notturno” per viola e pianforte op. 42. Se si è potuto notare, nel segno di un palpabile coinvolgimento crescente del pubblico, il suono sensibilissimo, quasi esoterico del clarinetto del giovanissimo e promettente Giani, la maturazione solida, intensa, del piani-


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smo di Rucli, quasi setaccio di un lavoro sulle trame espressive più sottili di materia sublime come l’adagio mozartiano, sorprendente è stato questo primo ascolto della viola di Francesco Lattuada. Raramente, soprattutto nelle ultime generazioni, è dato assistere alla performance di un musicista dove vigore e lirismo, duttilità nella mutevolezza d’espressione, controllo e pathos giocano in potente simbiosi producendo vividi effetti in chi ascolta. Lunghi applausi calorosissimi con un bis magistrale come l’adagio dal trio “dei birilli”. (M.M.T.)

GIUGNO

Manifestazione “Giovani Solisti Udinesi” ASSOCIAZIONE DANZA E BALLETTO Udine Teatro nuovo “Giovanni da Udine” 6 Giugno 2006 “Giovani Solisti Udinesi” è una manifestazione a carattere annuo, nata nel 2000 all’interno del festival udinese ormai trentennale denominato “Festa della danza” e va in scena nel mese di giugno al teatro Nuovo “Giovanni da Udine”. L’edizione 2006, mantenendo fede e potenziandone la tradizione ha confermato la pregevolezza degli intenti. Così ancora una volta “Giovani Solisti Udinesi” si è configurato come uno spettacolo in cui l’atelier di danzatori del Gruppo Stabile Udinese dell’ADEB e del gruppo enidUDanza hanno debuttato con nuovi lavori presentando una carrellata di coreografie di stile classico, moderno, hip-hop e jazz frutto di una ricerca nel campo compositivo ed estetico della danza in linea con le nuove tendenze e i nuovi linguaggi di comunicazione del corpo. Dal suo debutto, questa manifestazione ospita -assieme ai giovani emergenti del territorio- alcuni friulani che si sono distinti negli anni per la loro

attività artistica e che oggi lavorano fuori dal Friuli in seno a compagnie di caratura professionale ed enti lirici. L’ADEB anche questa volta ha offerto loro la possibilità di esibirsi e\o presentare nuovi lavori coreografici in cui emergono elementi compositivi innovatori di nuovi stili e nuove proposte artistiche. Di questi talenti molti si sono qualificati in prestigiosi contesti internazionali. Questa edizione ha visto quali coreografi e danzatori ospiti personaggi di alto profilo come Riccardo Di Cosmo (primo ballerino Teatro dell’Opera di Roma), Giuseppe Della Monica (già direttore teatro Verdi di Trieste e étoile Balletto di Bordeaux-Francia), Stephane Fournial (maestro e étoile internazionale), Massimo Gerardi (coreografo e danzatore Teatro di Oldenburg-D; co-direttore movingtheatre), Karl Alfred Schreiner (ballerino free-lance diplomato all’Opera di Vienna), Valter Venditti (già primo ballerino Teatro alla Scala di Milano e maestro internazionale), Paola Galliussi Ceron (laureata a l’Université de la danse - Cannes), Maria Victoria Ignomiriello (European Ballet - Londra), Eva Marangone (Mc Hip-hop School circuito nazionale), Erica Modotti (Scuola Complesso del balletto Ambrosiano - Milano), Cinzia Pittia (danzatrice e coreografa), Lucia Tosto (insegnante e ballerina di flamenco). (M.M.T.)

Cinema

MAGGIO

In Hoc Signo - Cinema Pordenone – Cinemazero Concordia Sagittaria – Cinema C CINEMAZERO Ciclo di film a corollario della mostra “In Hoc Signo. Il tesoro delle croci”: 14 aprile 2006: Il Vangelo secondo Matteo di PIERPALO PASOLINI; 20 aprile 2006: Diario di un curato di campagna di ROBERT BESSON; 27 aprile 2006: La Passione di MEL GIBSON; 4 maggio 2006: Il Tempo dei miracoli di GORAN PASKALJEVIC; 11 maggio 2006: Andrev Rublev di ANDREI TARKOVSKI; 18 maggio 2006: Uomini, anni, vita di ANGELA RICCI LUCCHI e YERVANT GIANIKIAN.

GIUGNO

Il confine e lo spazio negato. Cinema&Architettura. VIIIª edizione Pordenone Sala Pasolini del Centro Studi ASSOCIAZIONE CULTURALE LA CITTÀ COMPLESSA - CINEMAZERO Cinema&Architettura, la manifestazione pordenonese nata con l’intento di far conoscere le forme e le trasformazioni del paesaggio e dello spazio urbanisticoarchitettonico trasmesseci dal cinema, attraverso una serie di proiezioni cinematografiche ed incontri di approfondimento, ha raggiunto ormai l’ottava edizione. L’iniziativa, organizzata dall’Associazione “La Città Complessa” e da Cinemazero, con il patrocinio dell’Ordine degli architetti, è stata incentrata quest’anno sul tema dei confini, intesi come linee geografiche, frontiere geopolitiche, luoghi di controllo col-


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lettivo, ma anche come ostacoli invisibili e insormontabili per i singoli individui, determinati da filtri religiosi, sociali e psicologici. Incontri e proiezioni sul tema Il confine e lo spazio negato: 9 giugno 2006: ANDREA COSTA (Università di Parma), Vicende urbanistiche dell’area israelo-palestinese e dei territori occupati di Tel Aviv; ALESSANDRO PETTI (Università di Venezia), Modelli spaziali delle città contemporanee secondo il paradigma della sicurezza, a seguire proiezione del film Private di SAVERIO COSTANZO; 13 giugno 2006: proiezione dei film Route 181 (prima parte) di EYAL SIVAN e MICHEL KHLEIFI e No Man’s Land di DANIS TANOVIC; 16 giugno 2006: proiezione dei film Route 181 (seconda parte) e Dogville di LARS VON TRIER; 20 giugno 2006: MICHELE STAVAGNA (storico dell’architettura), Berlino oltre il muro: architettura e memoria condivisa e proiezione del film Berlin is in Germany di HANNES STOEHR. (A.M.B.)

calendario degli incontri: 17 dicembre 2005: Agar Ester, Rachele: donne dell’Antico Testamento; 21 gennaio 2006: I Colloredo ritratti di una dinastia; 11 febbraio: Collezionisti, artisti, uomini di cultura del Friuli; 4 marzo: Donne dei Cramars, incontro curato da Elio Varutti; 29 aprile: Dipinti delle confraternite udinesi in Pinacoteca; 6 maggio: La Vergine del Rosario: collezione Ciceri e dintorni. Altri incontri sono stati curati, sempre dalla Pinacoteca d’Arte antica e dalla Cooperativa Sebastiano Ricci. Se ne ricorda il calendario: 25 febbraio: Paura e speranza:la grande peste, culti devozionali e apotropaici a cura di Claudio Moretti; 11 marzo: Dinastia, fasti e committenza della famiglia Manin a cura di Nicoletta Benvenuti; 25 marzo: incontro sulla vita e le opere di Giovan Battista Tiepolo a cura di Claudio Moretti. (G.Bu.)

GENNAIO

Convegni e Conferenze

I luoghi della storia. Le tracce del passato che gli avvenimenti hanno impresso nel territorio Maniago – ex filanda COMUNE DI MANIAGO BIBLIOTECA CIVICA

DICEMBRE 2005

Volti: Personaggi e storie Udine – Castello dicembre 2005 – marzo 2006 Nel Castello di Udine si sono tenuti una serie di incontri con il pubblico curati dalla conservatrice Tiziana Ribezzi e presentati da Fabiola Borrello, vincitrice di una borsa di lavoro presso le gallerie d’arte antica. Il tema scelto dal titolo “Volti: Personaggi e storie” ha offerto la possibilità al pubblico di prendere dimestichezza con opere conservate nei musei e con i ritratti di collezionisti, artisti, uomini di cultura del Friuli, semplici popolani. Si fornisce il

Ciclo di conferenze: 10 gennaio 2006: LAURA GUAIANUZZI, I prati di San Giorgio della Richinvelda. Rinnovamento storico, politico, artistico e culturale durante il patriarcato del Beato Bertrando; 17 gennaio 2006: MAURIZIO GRATTONI D’ARCANO, STEFANIA BORTOLIN, La vita nel castello tra Medioevo e Rinascimento; 24 gennaio 2006: PIERANGELO BRANDOLISIO, Villa Manin nel periodo napoleonico. Introduzione alla storia dei giardini all’italiana.

Frammenti di storia, cultura e… Polcenigo – Cinema – Teatro

COMUNE DI POLCENIGO – GRUPPO ARCHEOLOGICO DI POLCENIGO Ciclo di conferenze: 16 gennaio 2006: ANDREA COMINA, Presentazione del Dizionario italiano – friulano di civiltà contadina; 23 gennaio 2006: MARCO PERESANI, Il Cansiglio Paleolitico: ambienti e insediamenti umani nel quadro del popolamento postglaciale delle Alpi; 30 gennaio 2006: STEFANIA BORGOBELLO, MARIAGRAZIA SANTORO, PAOLA CIGALOTTO, STEFANO CONTIN, Gli interventi nell’area del castello di Polcenigo, con una breve introduzione di ALESSANDRO FADELLI; 6 febbraio 2006: ROBERTO GARGIULO, 16 aprile 1809 – La battaglia di Camolli: il quartier generale a Polcenigo; 13 febbraio 2006: MARIO COSMO, La confinazione del Cansiglio: i cippi della Serenissima.

Comunicare la scienza Pordenone Auditorium Centro Culturale Casa A. Zanussi ISTITUTO REGIONALE STUDI EUROPEI FRIULI VENEZIA GIULIA 31 gennaio 2006: FABIO PAGAN (vicedirettore Master comunicazione della scienza alla Sissa di Trieste), La scienza (mal) comunicata. Ricercatori e giornalisti nella giungla dei mass media. Chi sopravvive meglio?; 21 febbraio 2006: MAURIZIO MONGIAT (PhD, Expe-rimental Oncology Division, Cro di Aviano), Non solo fuga di cervelli. Cutting-edge research in Italy is still possible.

APRILE

Progetto Dynalp. Valorizzazione del patrimonio naturale, storico e culturale di Polcenigo come strumento per favorire un modello sostenibile di turismo Polcenigo – Cinema Teatro COMUNE DI POLCENIGO


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REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA PROVINCIA DI PORDENONE

MAGGIO

22 aprile 2006: Presentazione del Progetto Dynalp: valorizzazione del patrimonio naturale, storico e culturale di Polcenigo come strumento per favorire un modello sostenibile di turismo, a cura di Fabrizio Venier; presentazione della carta turistica e del cd-rom: Polcenigo: natura e cultura di un antico Borc; interventi: MICHELE MARCHESIN, Itinerari di valenza ambientale – naturalistica nel Comune di Polcenigo; ENRICA SOLDÀ, Principali emergenze architettoniche del Comune di Polcenigo: schede di catalogazione con particolare attenzione ai manufatti storico artistici lungo i corsi d’acqua Livenza e Gorgazzo; FRANCESCA BALDIN, Memorie di cuochi; SIMONETTA D’AMBROSIO, Ipotesi di nuovo allestimento del Museo dell’Arte Cucinaria.

Montereale e Andreis Incontri 2006 7 maggio – 10 giugno CIRCOLO CULTURALE MENOCCHIO DI MONTEREALE VALCELLINA Andreis - Centro visite del Parco Dolomiti Friulane

In Hoc Signo - Il tema del dolore declinato al femminile Sacile – Palazzo Flangini Biglia 23 aprile 2006: Convegno a corollario della mostra “In Hoc Signo. Il tesoro delle croci”: interventi di GINEVRA BOMPIANI, scrittrice; FRANCESCA FERRAGINE, scrittrice; MARGOT GALANTE GARRONE, Teatro “La fede delle Femmine” di Venezia. Letture dell’attore OMERO ANTONUTTI.

Gli Statuti medievali di Prata Prata di Pordenone Sala Grande di Villa Memmo Morosini (Municipio) COMUNE DI PRATA DI PORDENONE 27 aprile 2006: Presentazione degli Statuti medievali di Prata in seguito all’acquisizione da parte del Comune del manoscritto del XVI secolo contenente gli antichi Statuti. Relatori: PIER CARLO BEGOTTI, FRANCESCO VECCHIES, LUIGI ZANIN.

7 maggio 2006: Ulderica Da Pozzo, Malghe e malgari (con proiezione del video - documentario “Il mondo visto dall’alto” e presentazione del volume “Malghe e malgari”); Ulderica Da Pozzo,Un paese in Carnia. Davasta (Ovasta): in 600 sopra i 700 (con proiezione video - documentario). 14 maggio 2006: Stefano Morandini, I crazoladors di Enemonç I suonatori di “cràceles” (raganelle) di Enemonzo. Stefano Morandini, L’Arbul di Maj. La tradizione dell’Albero di Maggio con proiezione video – documentari. 4 giugno 2006: Alla ricerca dei Benandanti. Presentazione di: Franco Nardon, Benandanti “funebri”: le processioni dei morti nei documenti inquisitoriali (I quaderni del Menocchio, Collana “Quaderno aperto”, n.45). Proiezione del video - documentario di Christiane Rorato, I guerrieri della notte. Introduce Aldo Colonnello. 18 giugno 2006: Sergio De Infanti, I miei sessant’anni di montagna (con presentazione, a cura di Aldo Colonnello, del libro di Sergio De Infanti “ Da Ravascletto a Ravascletto”). Montereale Valcellina - Parco comunale del Dominu 13 maggio 2006: La necropoli protostorica del Dominu: visita guidata da Aldo Colonnello. Centro “Giordano Giacomello” di Grizzo, Italo Patiès Montagner e Gabriella Lorenzin, Raccolta, lavorazione e vendita delle stelle alpine a Giais, e Malnisio (con proiezione del video rievocativo “Steles” di Italo Patiès Montagner e presentazione delle pubblicazioni “… e su le crodes le steles pì bièles” e “Il Maestro. Scuola e comunità nell’Avianese nel ‘900” di Gabriella Lorenzin. Nell’ambito di “Gris in fiera”). 20 maggio 2006: Parco comunale del

Dominu, Necropoli protostorica del Dominu, Area archeologica dell’ex acquedotto di Montereale, Antica Pieve di Montereale (Visite guidate da Susi Corazza e Aldo Colonnello nell’ambito delle iniziative delle Settimane dell’Ecomuseo delle Dolomiti Friulane “Lis Aganis”). 26 maggio 2006: Palazzo Toffoli – Sala “Fiorenzo Roveredo” Novella Cantarutti, Le leggende dei castelli del Friuli occidentale; Michele Marcolini, Dal Castello di Montereale. Appunti in video. 10 giugno 2006: Centro Menocchio, Silvana Sibille-Sizia, Le agane.

La storia ritrovata… l’Archivio Comunale si presenta Teatro comunale di Polcenigo COMUNE DI POLCENIGO 13 maggio 2006: relazioni in occasione della presentazione dei lavori di riordino dell’Archivio Storico Comunale di Polcenigo: ANNA GONNELLA (Soprintendenza Archivistica per il Friuli Venezia Giulia), L’azione di tutela della Soprintendenza Archivistica per la salvaguardia e la valorizzazione degli archivi della Regione; RAFFAELLA TAMIOZZO, Il riordino e l’inventariazione dell’Archivio Storico del Comune di Polcenigo. A seguito presentazione a cura di ALESSANDRO FADELLI delle pubblicazioni di storia locale: ELVI CHINA, MARIO COSMO, Sindaci e amministratori del Comune di Polcenigo dal 1866 al 2006 e ERMANNO VARNIER, Verbali di deliberazione del Consiglio Comunale di Polcenigo dal 1877 al 1904: indice degli argomenti.

6 maggio 1976. Terremoto in Friuli Fanna – Sala della Società Operaia COMUNE DI FANNA 18 maggio 2006: In occasione del trentennale del terremoto in Friuli, è stato presentato il volume 6 maggio 1976. Terremoto in Friuli. (P.T.)


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Sacile terra amara Sacile – Biblioteca civica “Romano Della Valentina” COMUNE DI SACILE 18 maggio 2006: Gian Luigi Bettoli, autore di Una Terra amara. Il Friuli occidentale dalla fine dell’Ottocento alla dittatura fascista (Udine, 2003) e Sergio Zilli, docente di geografia storica presso l’Università degli Studi di Trieste, sono stati i relatori di una conferenza legata al tema della condizione degli operai e contadini nel territorio sacilese tra Ottocento e Novecento. L’evento ha avuto luogo presso la saletta conferenze della Biblioteca Civica, con il supporto di materiale iconografico e documentario inedito. (P.T.)

Storia comparata, antropologia e impegno civile. Una riflessione su Carlo Tullio Altan ISTITUTO GRAMSCI DEL FVG - UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE BIBLIOTECA CIVICA V. JOPPI DI UDINE COMUNE DI AQUILEIA 17 maggio – 19 maggio L’Università degli Studi di Udine in collaborazione con l’Università degli Studi di Trieste, l’Istituto Gramsci del Friuli Venezia Giulia, la Biblioteca Civica V. Joppi e il Comune di Aquileia, con il coordinamento scientifico del prof. Nicola Gasbarro e il prof. Gian Paolo Gri, hanno organizzato il convegno in tre giornate. 17 maggio: Università degli Studi di Udine L’itinerario intellettuale di Carlo Tullio Altan Paolo Sibilla (Università di Torino), Carlo Tullio Altan. Percorsi di vita e di pensiero; Gian Palo Gri (Università di Udine), Antropologi in archivio. Carlo Tullio Altan, storia e antropologia; Tullio Seppilli (Fondazione Angelo Celli di Perugia), Carlo Tullio Altan: l’antropologo e il suo marxismo; Romano Vecchiet (Biblioteca Civica di Udine – Istituto

Gramsci FVG), Nella biblioteca di Carlo Tullio Altan. 18 maggio: Università degli Studi di Udine La comparazione. Identità e differenze Roberto Cartocci (Università di Firenze), Un caso di “rimozione nevrotica”: la torsione del concetto di capitale sociale; Roberto Grandinetti (Università di Padova), L’Italia, il Friuli fra tradizione e modernizzazione: la riflessione di Carlo Tullio Altan; Massimo Squillacciotti (Università di Siena), Pratiche del simbolico: scrittura e didattica delle scritture; Raimondo Strassoldo (Università di Udine), Carlo Tullio Altan e il Friuli. Intorno all’identità; Luigi M. Lombardi Satriani (Università di Roma La Sapienza), Spazio interdisciplinare e tensione dialogica. 18 maggio: Aquileia – Sala Consiliare Religione e impegno civile Elvio Guagnini (Università di Trieste), Carlo Tullio Altan: una lezione di stile; Amalia Signorelli (Università di Napoli “Fderico II”), I valori difficili della nostra Italia; Marcello Massenzio (Università di Roma Tor Vergata), Il fondamento umano dell’esperienza religiosa. 19 maggio: Università degli Studi di Udine Antropologia delle pratiche simboliche Francesco Remotti (Università di Torino), Accordi, simboli, lacerazioni. Per una teoria della densità culturale; Clara Gallini (Università di Roma La Sapienza), Costruzione del soggetto e produzione del linguaggio simbolico nel pensiero di Carlo Tullio Altan; Nicola Gasbarro (Università di Udine), Le grandi religioni a confronto.

Quarto Convegno di Toponomastica Locale Branco di Tavagnacco - Centro sociale COMUNE DI TAVAGNACCO CENTRO DI TOPONOMASTICA DELLA SOCIETÀ FILOLOGICA FRIULANA 20 maggio 2006: Relatori: PIER CARLO BEGOTTI, Archeologia, toponomastica e documenti medioevali tra Livenza e

Sile; MAURO BULIGATTO, Alcune denominazioni di luogo pertinenti all’archeologia; BENVENUTO CASTELLARIN, Castellieri, tombe, motte, cente e cortine rilevabili dalla toponomastica in alcuni comuni della Media e Bassa pianura friulana centrale; WALTER CESCHIA, Leggende e realtà nell’archeologia rurale; ERMANNO DENTESANO, Vîc >? Vît >? San Vît. Toponomastica e archeologia; CORNELIO CESARE DESINAN, Osservazioni su alcuni toponimi di interesse archeologico in Friuli e dintorni; FRANCO FINCO, Aganis, salvans e paians: tra toponomastica e archeologia; FEDERICO VICARIO, Archeologia documentaria. Presenze toponimiche nelle carte friulane delle origini.

In Hoc Signo La croce nello spazio pubblico Pordenone – Sala del Consiglio provinciale di Pordenone 20 maggio 2006: Convegno a corollario della mostra “In Hoc Signo. Il tesoro delle croci”: interventi del giurista GIUSEPPE DALLA TORRE, rettore dell’Università Lumnsa di Roma e dell’architetto ticinese MARIO BOTTA, autore del progetto della Chiesa Parrocchiale di Pordenone, dedicata al Beato Odorico di Pordenone (1987-1992). (A.M.B.)

Abbazia e borgo fortificati di Sesto al Reghena Sesto al Reghena Salone della Foresteria dell’Abbazia benedettina COMUNE DI SESTO AL REGHENA ISTITUTO ITALIANO DEI CASTELLI 20 maggio 2006 La Sezione Friuli Venezia Giulia dell’Istituto Italiano dei Castelli ha arricchito la propria collana denominata Castella con una nuova pubblicazione dedicata all’abbazia e al Borgo fortificato di Sesto al Reghena. Il volume, realizzato dall’archi-


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tetto Pietro Marchesi, è stato presentato dal collega Franco Posocco alla presenza delle autorità locali e dei presidenti nazionale e regionale dell’Istituto. (P.T.)

Giornate della Geografia. Rischi e territorio nel mondo globale Udine – Palazzo Antonini UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE (DEST) ASSOCIAZIONE DEI GEOGRAFI ITALIANI 24 maggio – 26 maggio 2006: Prima sessione: Rischi naturali e territorio, interventi di Dario Slejko, Paolo Roberto Federici, Bruno Tellia, Giorgio Botta; Friuli 1976 – 2006, a cura di Mauro Pascolini; Seconda sessione: Nuove emergenze nel mondo globale, interventi di Pierpaolo Faggi, Khaled Fouad Allam, Pierluigi Di Piazza; Terza sessione: Nuove tecnologie per lo studio, la prevenzione e la gestione dei rischi, interventi di Guglielmo Berlasso, Renato De Filippis, Margherita Azzari, Giovanni Biallo, Marco Fermi, Maria Prezioso; La Geografia incontra la scuola, Manifestazione dimostrativa di Orienteering con gli istituti scolastici regionali, a cura di MTB & Orienteering; Escursione nei luoghi del terremoto e della ricostruzione: Gemona e Venzone.

Riscoprire il territorio tra gestione delle risorse e qualità della vita Pasiano di Pordenone - Municipio IUAV COMUNE DI PASIANO DI PORDENONE 27 maggio I risultati delle ricerche condotte nel corso dell’inverno 2005 dagli studenti e dai docenti del Corso di Progettazione Architettonica dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia nell’area del Fiume, un corso d’acqua che scorre in centro a Pasiano di Pordenone, sono stati presentati insieme ai progetti di sistemazione del luogo il 27 maggio

2006 in Municipio in occasione di un convegno intitolato Riscoprire il territorio tra gestione delle risorse e qualità della vita. La giornata di studio è stata organizzata dall’Istituto Universitario di Architettura di Venezia e dall’Ordine degli Architetti di Pordenone e del Friuli Venezia Giulia, con la collaborazione del Comune di Pasiano di Pordenone, che ha fornito l’apporto logistico ai corsisti impegnati in loco. I vari interventi sono stati moderati da Franca Pittaluga e Nicola Pegolo e coordinati da Laura Zampieri, docente presso le Università di Trento e Venezia. Le relazioni sono state tenute da: Domenico Luciani, direttore della Fondazione Benetton; Gianfranco Moretton, assessore regionale ai lavori pubblici; Carlo Bendoricchio, rappresentante del Consorzio di Bonifica Dese Sile; Carlo Magnani, preside della Facoltà di Architettura di Venezia; Christine Dalnoky, docente a Ginevra, Losanna e Mendrisio; Imma Jansana dell’Università di Barcellona e Renato Bocchi, docente dell’Università di Venezia. Alla fine della giornata i partecipanti hanno potuto assistere alla proiezione di un filmato illustrativo e prendere visione degli elaborati realizzati dagli studenti per Pasiano, esposti in mostra fino al 10 giugno 2006. (A.M.B.)

Per una emigrazione di qualità. Il ruolo delle scuole di disegno nella pedemontana pordenonese tra gli anni ’20 e gli anni ‘50 Cavasso Nuovo – Palazzo Polcenigo COMUNE DI CAVASSO NUOVO Convegno: 27 maggio 2006: LUIGI ANTONINI CANTERIN, Le scuole di disegno nella storia sociale della pedemontana pordenonese; GIAMPIERO CALLIGARO, Aspetti tecnico – artistici della formazione professionale; MARIO GASPARINI - ALESSANDRO AMAT, Per una ricostruzione della memoria; Testimonianze di ex allievi della Scuola di Disegno Professionale di Cavasso Nuovo.

GIUGNO In Hoc Signo – Religione e Filosofia Pordenone Palazzo Monterale Mantica PORDENONELEGGE.IT Incontri-dibattito a corollario della mostra “In Hoc Signo. Il tesoro delle croci”: 9 giugno 2006: SALVATORE NATOLI, docente di Filosofia Teoretica presso l’Università di Milano Bicocca e DAVIDE RONDONI, poeta e saggista, direttore del Centro di Poesia contemporanea di Bologna; 16 giugno 2006: di ENZO BIANCHI, Priore della Comunità monastica di Bose e GIULIO GIORELLO, docente di Filosofia della Scienza presso l’Università di Milano.

Terzo rapporto Comune delle regioni italiane sui Centri Storici. Riunione primaverile della Comunità di Lavoro “Alpe - Adria”, Gruppo progetto sui Centri Storici Torviscosa - Museo territoriale della Bassa Friulana - CID COMUNITA’ ALPE-ADRIA REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA COMUNE DI TORVISCOSA MUSEO TERRITORIALE DELLA BASSA FRIULANA - CID 19 giugno - 20 giugno La valorizzazione degli Insediamenti operai e città del lavoro dal 1750 al 1950 e la loro messa in rete per favorirne la conoscenza, è stato il tema al centro dei lavori della III Commissione Cultura e Società sui centri storici della Comunità di Lavoro Alpe Adria, che si è svolta a Torviscosa il 19 e 20 giugno presso la sede del Museo Territoriale della Bassa Friulana - CID. Ai lavori della Commissione ha partecipato l’assessore regionale alla Cultura Roberto Antonaz, che ha tratto le conclusioni della prima giornata e ha sottolineato l’importanza del tema, incentrato sul lavoro, scelto per il IV rapporto comune del Gruppo su pro-


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posta della Carinzia (attuale capogruppo). Non a caso, per ospitare i lavori della Commissione è stata scelta Torviscosa, significativo esempio di cittadina sviluppatasi da un quartiere operaio che ospita un museo all’avanguardia per scelte espositive e strutture multimediali. Nell’occasione il Friuli Venezia Giulia ha proposto all’attenzione dei convenuti altri centri d’interesse. Tra questi Panzano, con il quartiere operaio dei cantieri navali, e Pordenone, per le case operaie dei lavoratori del Cotonificio Veneziano. Inoltre il piano di lavoro avviato in questa occasione prevede l’approfondimento di realtà meno note ma altrettanto importanti come Raibl-Cave del Predil, in provincia di Udine, ed Aquilinia, a Trieste. A conclusione della prima giornata di lavori, nel corso di un incontro pubblico nel Museo territoriale della Bassa Friulana-CID, è stato presentato il Terzo Rapporto Comune sui Centri Storici delle regioni italiane aderenti al Alpe Adria (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia) e dedicato ai centri rurali minori. A margine della serata sono stati proiettati due documentari: una selezione di immagini d’epoca e un “corto” di Michelangelo Antonioni, Sette canne un vestito, dedicato alla produzione della fibra tessile dalla canna gentile nello stabilimento di Torviscosa. Ai lavori hanno partecipato i rappresentanti del Friuli Venezia Giulia, della Carinzia, della Lombardia, della Regione ungherese di GyŒr-Sopron e della Croazia. (P.T.)

Archivistica

NOVEMBRE 2005

Archivi comunali e storia locale Convegno a Palazzo Montereale - Mantica PORDENONE Nel Palazzo Montereale-Mantica di Pordenone, si è svolto l’11 novembre 2005 il convegno “Archivi comunali e storia locale”: occasione dell’evento è stata data dal completamento dei lavori di riordino e di inventariazione della parte moderna (1806-1964) dell’Archivio comunale di Pordenone che, assieme alla parte antica, ha ora una consistenza di circa 1.600 registri e 4.300 buste, coprenti l’arco cronologico 1438-1964, per un totale di 950 metri lineari di scaffalature. Al convegno – organizzato dal Comune di Pordenone con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia, della Società Cooperativa Guarnerio e degli Arredamenti Zorzini e Clementei – hanno portato l’indirizzo di saluto il sindaco Sergio Bolzonello, l’assessore alla cultura Claudio Cudin, il soprintendente archivistico per il FVG Pierpaolo Dorsi e il presidente della sezione ANAI FVG Grazia Tatò; ai lavori della mattinata hanno partecipato Anna Gonnella (L’azione di tutela della Soprintendenza nei confronti degli archivi comunali), Marco Marpillero (La legislazione archivistica negli enti locali), Filiberto Agostini (Gli archivi comunali e la loro utilizzazione storica), Luigi Mio (L’Archivio Storico del Comune di Pordenone), mentre nella parte pomeridiana, presieduta da Fulvio Salimbeni dell’Università di Udine, sono intervenuti Raffaella Tamiozzo (Il riordino e l’inventariazione informatica dell’Archivio Storico del Comune di Pordenone), Stefano Agosti (L’archivio storico comunale quale fonte per la storia della pedagogia, della scuola e

delle istituzioni educative), Giovanna Frattolin (L’archivio storico comunale quale fonte per la storia delle istituzioni in epoca medievale, moderna e contemporanea), Roberto Gargiulo (L’archivio storico comunale quale fonte per la storia politicomilitare). Al termine una tavola rotonda su “Il futuro degli archivi storici tra tradizione e innovazione tecnologica”. (U.F.)

MARZO

I martedì degli archivi Conferenze del Servizio Cultura della Provincia di Udine UDINE Hanno preso il via nel marzo 2006 “I martedì degli archivi”, conferenze sul tema La valorizzazione degli archivi, organizzate dal Servizio Cultura della Provincia di Udine con il coordinamento di un apposito Comitato tecnico-scientifico, al quale partecipano l’Università degli Studi Udine, la Soprintendenza archivistica per il Friuli Venezia Giulia, l’Archivio di Stato di Udine, il Centro studi storici Giacomo di Prampero, la Regione FVG e l’Archivio diocesano di Udine. Nel primo appuntamento del 7 marzo – dedicato a La valorizzazione del patrimonio documentario nella provincia di Udine e moderato da Antonio Giusa del Centro regionale di catalogazione e restauro dei beni culturali di Villa Manin – sono intervenuti Pierpaolo Dorsi e Renata Da Nova della Soprintendenza archivistica per il FVG, Lucia Stefanelli dell’Archivio di Stato di Udine ed Ugo Falcone del Dipartimento di storia e tutela dei beni culturali dell’Università di Udine. Al secondo incontro del 28 marzo, incentrato sulla valorizzazione de Gli archivi privati nella provincia di Udine e moderato da Ivonne Pastore, già direttore dell’Archivio di Stato di Udine – hanno partecipato Renata Da Nova (Dalla tutela alla valorizzazione degli


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archivi privati), Marisanta di Prampero de Carvalho (Archivi familiari e nobiliari), Ugo Falcone (che ha presentato il volume di Roberto Navarrini “Gli archivi privati”) e lo stesso prof. Navarrini dell’Università di Udine che ha tratto le conclusioni. (U.F.)

Documenti antichi dagli archivi friulani Convegno a Palazzo Mantica UDINE Sono stati presentati il 31 marzo 2006, presso il Palazzo Mantica di Udine, i risultati raggiunti dal progetto di ricerca pluriennale “Documenti antichi dagli archivi friulani”. Il progetto – nato da una convenzione stipulata tra il Ministero per i beni e le attività culturali e la Società Filologica Friulana, con la stretta collaborazione della Soprintendenza archivistica per il Friuli Venezia Giulia – si proponeva, al suo avvio, «di realizzare una vasta azione di schedatura degli archivi e dei fondi presenti sul territorio regionale e di intraprendere, contestualmente, una raccolta di documenti, ampia e sistematica, delle fonti antiche in volgare dalle origini alla fine del XV secolo». Ai lavori, introdotti da Antonio Dentoni Litta (Dipartimento ministeriale per i beni archivistici e librari), sono intervenuti Pierpaolo Dorsi (Dalla guida al censimento: strumenti conoscitivi per la tutela degli archivi nel Friuli Venezia Giulia), Federico Vicario (Risultati e prospettive del progetto), Luisa Villotta (La ricognizione dei fondi dell’Archivio di Stato di Udine), Nicole Dao (Archivi della Carnia), Miriam Davide (Archivi del Friuli Occidentale) e Beatrice Pitassi (Il fondo antico dell’Ospedale di Cividale del Friuli). (U.F.)

APRILE

Le carte di Ippocrate Presentazione degli atti del convegno

presso l’Archivio di Stato TRIESTE È stato presentato il 3 aprile 2006, presso l’Archivio di Stato di Trieste, il volume contenente gli atti del convegno “Le carte di Ippocrate. Gli archivi per la Sanità nel Friuli Venezia Giulia”, organizzato dall’ANAI sezione FVG nel 2005 a Trieste e Udine. Alla presentazione sono intervenuti Grazia Tatò (presidente della sezione regionale dell’ANAI), Pierpaolo Dorsi (soprintendente archivistico per il FVG), Euro Ponte (Università di Trieste), Renata Da Nova (Soprintendenza archivistica per il FVG) e la giornalista Gabriella Ziani. (U.F.)

MAGGIO

Le carte future Convegno organizzato dall’ANAI TRIESTE - UDINE Si è svolto a Trieste e a Udine, rispettivamente l’11 e il 12 maggio 2006, il convegno “Le carte future. La gestione della sicurezza dei documenti e degli operatori d’archivio”. Organizzato dall’ANAI sezione Friuli Venezia Giulia, con il contributo di Insiel, Friularchivi, Italiana Archivi, Assicurazioni Generali e Recall, il convegno è stato suddiviso in diverse sessioni di lavoro: l’11 maggio nell’Archivio di Stato di Trieste, alla I sessione (La sicurezza degli archivisti) presieduta da Grazia Tatò, hanno partecipato Luisa Villotta e Beatrice Pitassi della Friularchivi, Antonio Ratti dell’Archivio storico INA - Gruppo Generali; alla II sessione (La sicurezza informatica), presieduta da Antonio Dusi, sono intervenuti Paola Carucci già soprintendente dell’Archivio centrale dello Stato, Roberto Airey dell’Insiel, Gianni Penzo Doria dell’Università di Padova, Mauro Sanguinetti di DNV e Gigliola Fioravanti del Centro di fotoriproduzione legatoria e restauro; nel tardo pomeriggio si è tenuta la riunione

riservata al Gruppo Italiano Archivisti d’Impresa (GIAI). Il 12 maggio a Udine nella sala della Fondazione CRUP, alla III sessione (La sicurezza delle carte) presieduta da Pierpaolo Dorsi, hanno parlato Anna Pia Bidolli della Direzione generale per gli Archivi, Roberta Corbellini dell’Archivio di Stato di Udine, Marco Carassi della Soprintendenza archivistica per il Piemonte, Barbara Bigi dell’Archivio generale del Comune di Trieste, Alessandro Giacomello del Centro regionale di catalogazione e restauro dei beni culturali di Villa Manin e Paola Tascini dell’Archivio di Stato di Rieti; alla IV sessione (Gestire l’emergenza) hanno partecipato Anna Gonnella della Soprintendenza archivistica per il FVG e Marina Dorsi della Cooperativa Archiviste Paleografe; nella V ed ultima sessione (La gestione esternale) presieduta da Paola Carucci, sono intervenuti Alberto Corteggiani della Società Italiana Archivi e Silvio Tarantino della Recall. (U.F.)

Conferenze di Archivistica Palazzo Florio UDINE Si è tenuto nei giorni del 4, 10 e 16 maggio 2006, nel Palazzo Florio di Udine, il secondo ciclo delle “Conferenze di Archivistica”, organizzate dalla Cattedra di Archivistica dell’Università degli studi di Udine. Il 4 maggio è intervenuto il prof. Luciano Patat (vice presidente dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione) sul tema Fonti archivistiche per lo studio del fascismo in periferia: il caso di Cormòns. Il 9 maggio è stata ospitata la dott.ssa Ivonne Pastore (già direttore dell’Archivio di Stato di Udine) che ha parlato delle Fonti archivistiche sul regio commissariato di Quintino Sella nella provincia di Udine (28 luglio – 10 dicembre 1866). Il 16 maggio hanno partecipato il dott. Paolo Gaspari (storico) e il dott. Ugo Falcone (Università di Udine) che


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hanno approfondito la figura di Armando Lodolini: un archivista mazziniano sul fronte della Prima guerra mondiale. (U.F.)

Avvenimenti

GIUGNO

GENNAIO

Esperto in conservazione e restauro dei beni archivistici e librari Master universitario dell’Università degli studi di Udine UDINE - GORIZIA

Un palazzo per la cultura, l’infanzia e la solidarietà San Vito al Tagliamento COMUNE DI SAN VITO AL TAGLIAMENTO PROVINCIA DI PORDENONE DIREZIONE REGIONALE ISTRUZIONE CULTURA SPORT PACE

Presentazione del restauro degli affreschi del Palazzo dipinto di Spilimbergo Spilimbergo – Castello, Palazzo dipinto

Il 22 gennaio 2006 a San Vito al Tagliamento è stato riaperto al pubblico dopo il restauro e l’adeguamento un intero palazzo attiguo alla Chiesa di San Lorenzo, sito in via Amalteo, n. 41, nei cui locali hanno trovato casa insieme: la nuova sede della Biblioteca Civica e della Biblioteca dei Ragazzi, l’Ufficio Cultura del Comune, il Laboratorio Archeologico del Museo “F. De Rocco” (che fornisce consulenza per visite guidate alle collezioni museali e al territorio del sanvitese) e il Comitato “Libro Parlato”San Vito. Quest’ultimo è una delle sezioni staccate dell’Associazione Centro Internazionale del Libro Parlato “A. Sernagiotto onlus”, che si è costituito a San Vito al Tagliamento con l’intento di prestare aiuto ai non vedenti, a ipovedenti, dislessici, distrofici, anziani e a tutti coloro che incontrano difficoltà nella lettura. Il comitato, composto da un gruppo di volontari del luogo, offre il proprio sostegno attraverso l’attività di lettura ad alta voce a domicilio, presso l’asilo nido, gli ambulatori pediatrici, il consultorio, le biblioteche, le case di riposo o mediante la donazione della voce per la registrazione di opere su specifica richiesta degli utenti. Sinora, sono stati realizzati duecentocinquantatre audiotesti ed è stato predisposto un punto d’ascolto e di registrazione fisso presso la Biblioteca Civica di San Vito. Per festeggiare la ricchezza dell’offerta culturale rappresentata da quest’inaugurazione il Comune di San Vito al Taglia-

Il 28 gennaio 2006 è stato presentato l’intervento di restauro che ha interessato dal mese di giugno al mese di novembre 2005 l’intero ciclo d’affreschi realizzato da Andrea Bellunello tra il 1485 e il 1490 sulla facciata del cosiddetto “Palazzo dipinto” del Castello di Spilimbergo, su committenza di Alvise di Spilimbergo, in occasione delle sue nozze con Leonarda Altan di Salvarolo. L’opera è stata oggetto già nel corso del Novecento di ben tre restauri (a fine anni Trenta, nel 1962 e nel 1992), a causa del cattivo stato di conservazione per l’esposizione continua agli agenti atmosferici. L’ultimo intervento, diretto da Paolo Casadio, ispettore della Soprintendenza, e condotto dal restauratore Stefano Tracanelli, ha inteso valorizzare la stesura quattrocentesca originale, prendendo contemporaneamente in considerazione lo stato del manufatto nelle fasi delle precedenti azioni conservative, in base alla documentazione fotografica conservata presso gli archivi della Soprintendenza e gli studi fotografici Borghesan, De Rosa e Ciol. Si è tenuto conto, in particolare, del restauro eseguito nel 1962 da Gino Marchetot, sotto la direzione del soprintendente Ezio Belluno, che ha ricostruito vaste zone perdute ed integrato lacune ed abrasioni: «…restituendo al ciclo l’unità e l’organicità gravemente compromesse dai danni e dall’abbandono». Il restauro del 2005 ne rappresenta quindi in parte un ideale proseguimento, per la

Si sono aperte le iscrizioni nel giugno 2006 (fino al 28 ottobre) alla seconda edizione del Master universitario di I livello “Esperto in conservazione e restauro dei beni archivistici e librari” (EsCoReAL), anno accademico 20062007, organizzato dall’Università degli studi di Udine in convenzione con il Consorzio per lo sviluppo del Polo Universitario di Gorizia, con il Centro Studi e Restauro di Gorizia e con il Centro Polifunzionale di Gorizia. Per informazioni: Laboratorio di Restauro del Libro, via Larga 42, 33100 Udine (tel. 0432203107; infoescoreal.dibe@uniud.it). (U.F.)

mento ha organizzato varie occasioni di intrattenimento, tra l’altro: una conferenza di Elvio Guagnini, docente presso l’Università di Trieste, su Umberto Saba e due mostre, una di carattere documentario dedicata allo stesso poeta triestino e l’altra composta da opere di alcune note illustratrici per l’infanzia: Alessandra Cimatoribus, Roberta Garlatti e Federica Pagnucco. (A.M.B.)


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cura dell’aspetto conservativo delle parti originali del ciclo affrescato nel Quattrocento e l’utilizzo della tecnica del ritocco pittorico «…nel rispetto dei principi di riconoscibilità e reversibilità degli interventi eseguiti». La relazione del restauro è stata pubblicata in un pieghevole dalla raffinata veste grafica: Il restauro degli affreschi di Andrea Bellunello nel Castello di Spilimbergo, testi di Paolo Casadio e Stefano Tracanelli, fotografia Elio e Stefano Ciol, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico e etnoantropologico del Friuli Venezia Giulia, Corte del Castello di Spilimbergo, 28 gennaio 2006. (A.M.B.)

FEBBRAIO

Lacerti affrescati dal Pordenone in comodato al Museo Civico d’Arte Pordenone – Museo Civico d’Arte, Palazzo Ricchieri Nel mese di febbraio 2006 sono stati affidati in comodato gratuito al Museo Civico d’Arte di Pordenone alcuni frammenti di affresco, ora di proprietà di un importante istituto bancario pordenonese, realizzati da Giovanni Antonio da Pordenone intorno al terzo decennio del XVI secolo per la chiesa di San Francesco di Pordenone. In seguito alla soppressione napoleonica dell’attiguo convento e alla chiusura dell’edificio sacro nel 1769, gli affreschi, che facevano parte originariamente, come ricorda Fabio di Maniago nel 1819, di una più ampia decorazione pittorica raffigurante San Francesco che riceve le stimmate tra Santi, furono strappati ed alcuni lacerti, che riproducono le teste di San Francesco (?) e di un Santo francescano in atteggiamento estatico e un particolare delle mani, entrarono a far parte della colle-

zione dalla famiglia Galvani, per poi essere acquistati dalla banca. (A.M.B.)

Inaugurazione delle nuove sale dell’Archeomuseo di Pordenone Torre di Pordenone – Castello COMUNE DI PORDENONE Il 18 febbraio 2006 sono state aperte al pubblico le nuove sale dedicate alla Preistoria dell’Archeomuseo, allestito nel Castello di Torre, a tre chilometri da Pordenone. L’imponente palazzo castellano, sorto, presumibilmente, nel XIII secolo ad opera del patriarca di Aquileia e dei signori di Prata, è stato oggetto di un lungo restauro per l’adeguamento museale. Oggi è la sede del nuovo Museo Archeologico del Friuli Occidentale, come volle per disposizione testamentaria l’ultimo proprietario, il conte Giuseppe di Ragogna, deceduto nel 1970. Il Museo dispone di una ventina di sale, in cui, secondo un percorso già approntato, saranno esposti i reperti provenienti dai più significativi siti archeologici del Friuli Occidentale, dalla Preistoria al Rinascimento. Per ora sono visitabili le sezioni che illustrano attraverso ricostruzioni, ambientazioni, video e pannelli illustrativi i materiali archeologici risalenti al Paleolitico, al Neolitico e al Bronzo antico; i manufatti rinvenuti nella vicina villa romana di Torre (intonaci affrescati, rivestimenti marmorei), scoperta dallo stesso conte di Ragogna negli anni Cinquanta, allestiti in forma provvisoria ed alcune sale dedicate all’evoluzione della struttura fortificata di Torre e alla figura del magnanimo proprietario. (A.M.B.)

APRILE

Presentazione del restauro della Madonna delle Misericordia di Giovanni Antonio Pordenone Pordenone Sala del Consiglio comunale

Il restauro di una delle più prestigiose tele giovanili del pittore, conservata nel Duomo di Pordenone, è stata curata dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico del Friuli Venezia Giulia. Elisabetta Francescutti ha seguito il restauro ristudiando le vicende della tela, realizzata nel 1516 per il Duomo di san Marco, e rivisitandone l’iconografia. La radiografia e le analisi riflettografiche hanno dimostrato che la composizione era in origine completamente diversa da quella poi realizzata e che la parte centinata non appartiene al dipinto originale, che era rettangolare. La tela si presentava in discreto stato di conservazione, ma il prestito concesso fino al gennaio 2007 per la mostra Bellini, Giorgione, Titian. The Renaissance of venetian painting di Washington e Vienna, ha fornito l’occasione per un restauro del dipinto, che era stato foderato comportando delle alterazioni della pellicola pittorica. Sono stati rimossi solo i ritocchi recenti, preferendo conservare quelli più antichi, che sono stati raccordati all’originale. Le restauratrici Cristina Mion e Valentina Scuccato hanno rilevato estese lacune nella parte centrale del dipinto, ritoccate a rigatino. Secondo il criterio del “minimo intervento conservativo” è stata eliminata la rifoderatura che aveva irrigidito il supporto, ripristinando la tela originale, che è stata rinforzata con “ponti di filo”. Sui margini è stata applicata una striscia di tela nuova, che ha permesso l’adozione del nuovo telaio armonico, elaborato nel laboratorio della Soprintendenza di Udine da Angelo Pizzolongo. Come è ormai consuetudine della Soprintendenza, la presentazione del restauro è stato fatta in occasione della VIII settimana della cultura con la stampa del libro illustrativo del restauro di cui si forniscono gli estremi: Elisabetta Francescutti, Il restauro della Madonna della Misericordia di Giovanni Antonio de‘ Sacchis detto il Pordenone (circa 1483 /1539) con interventi di Ugo Soragni, G. Ganzer, V. Scuccato, C. Mion, A. Pizzolongo, Comune di Pordenone, 2006, pp. 30. (G.Bu.)


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Mulini ad acqua nel Friuli Centrale. VIII Settimana della Cultura 2006 Friuli centrale SOPRINTENDENZA DEL FRIULI VENEZIA GIULIA ASSOCIAZIONE CULTURALE AQA Quest’anno, in occasione delle iniziative promosse dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali in Friuli Venezia Giulia per l’VIII Settimana della Cultura (2 - 9 aprile 2006), è stato predisposto un itinerario culturale volto alla valorizzazione delle attività molitorie e alla conoscenza di alcune reti idriche presenti nel territorio del Friuli centrale. Grazie al progetto denominato Mulini ad acqua nel Friuli Centrale, promosso dalla Soprintendenza di Udine e organizzato dall’Associazione AQA di Udine, sono stati aperti al pubblico sette mulini siti nella Provincia di Udine: il Mulino di Marchet in località Pantianicco di Mereto di Tomba, il Mulino d’Olivo di Mortegliano, il Mulino Burello di Cussignacco, il Mulino Moras di Trivignano Udinese, il Mulino del Torre di Basaldella di Campoformido, il Mulino Novacco in località Novacco di Ajello del Friuli e il Mulino Stel in località Casali Birri di Manzano. L’iniziativa, sostenuta dai diversi Comuni, sede degli opifici, ha visto la partecipazione di un notevole numero di visitatori, che, non solo sono stati guidati all’interno dei mulini, ma hanno anche potuto vedere mostre fotografiche ed assistere a conferenze, concerti, presentazioni di libri, letture di testi. (A.M.B.)

Affreschi restaurati dalla Pinacoteca del Castello. Castello di Udine Tiziana Ribezzi ha presentato il restauro, curato da Roberta Righini, di alcuni affreschi devozionali: una Sacra famiglia di Pomponio Amalteo e una Sacra Famiglia di Francesco Floreani, una figura di giovane della scuola di Pordenone.

MAGGIO

Ville aperte ITINERARIA E TERRITORIA NORD EST UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE CLUB UNESCO Iniziativa a cura di Itineraria e Territoria nord est, con il patrocinio dell’Università degli studi di Udine, del Club Unesco e dei relativi comuni. Sono state aperte Rocca Bernarda a Premariacco, Villa di Trento Beria a Manzano, villa Butussi a Corno di Rosazzo, villa Caiselli a Cortello di Pavia di Udine, Villa Nussi Deciani a Case di Manzano, Villa Dall’Asta a Buttrio, Villa di Toppo Florio a Buttrio, Villa Dragoni a Buttrio, Villa Lovaria a Pavia di Udine, Villa Frattina a Pavia di Udine, Villa Giacomelli a Pradamano, Villa Ottelio a Pradamano, villa Romano a Case di Manzano. (G.Bu.)

Presentazione del sito INTERNET dedicato a Renzo Tubaro. Udine - Galleria d’Arte Moderna www.renzotubaro.it è l’indirizzo del nuovo sito INTERNET dedicato all’opera del pittore friulano Renzo Tubaro (1925-2002). E’ frutto di un lavoro durato 4 anni in cui la famiglia, e in particolare i figli Sandra e Stefano Tubaro hanno ordinato, schedato e fotografato l’opera paterna. Il sito è stato presentato venerdì 19 maggio a cura dell’Associazione udinese Amici dei Musei nella sala didattica della Galleria d’Arte moderna alla presenza del direttore del Centro regionale di catalogazione Enrico Valoppi. Erano presenti tutti i curatori dell’iniziativa: Franca Merluzzi, in rappresentanza del Centro di catalogazione, Mauro Bettuzzi dell’azienda informatica realizzatrice, Francesca Agostinelli, che ha realizzato i testi appositamente pensati per il supporto informatico. La Home page si divide in biografia, esposizioni, bibliografia, opere pittori-

che, affreschi e taccuini. Rispetto ai normali prodotti visibili su Internet, il sito si differenzia per la qualità delle immagini, che possono essere messe a confronto formando catene di immagini, e per la cura dei riferimenti bibliografici. Dalla scheda con immagine si può infatti arrivare non solo alla bibliografia, ma anche a leggere gli articoli e gli interventi dedicati all’opera con estrema precisione scientifica e risparmio notevole di tempo. (G.Bu.)

Inaugurazione di Casa Rinaldi-Uarnèl San Lorenzo di Sedegliano (Ud) COMUNE DI SEDEGLIANO ASSESSORATO ALLA CULTURA Il 28 maggio 2006 è stata inaugurata Casa Rinaldi-Uarnèl, di proprietà del Comune di Sedegliano, i cui restauri si sono da poco conclusi. Per l’occasione è stata allestita una mostra documentaria curata da Enrica Capitanio e composta da pezzi provenienti dal locale archivio parrocchiale gentilmente concessi in prestito dalla stessa Parrocchia, tra i quali spicca il Catapan membranaceo del XV secolo, pubblicato nel 2001 sempre su iniziativa del Comune di Sedegliano. Al piano terra dell’edificio è stata ricostruita una cucina friulana del primo Novecento con mobili d’epoca, allestita a cura di M. Valoppi, direttrice del Museo Gortani di Tolmezzo. Le esposizioni di Casa Rinaldi - Uarnèl avranno carattere temporaneo, mentre i percorsi espositivi e didattici svilupperanno diversi filoni, aventi come filo conduttore principale aspetti storici riguardanti Sedegliano e le sue frazioni; la casa diventerà sede dello “Sportello per la valorizzazione della lingua e cultura friulana” e sarà punto di riferimento turistico-culturale per l’intero Comune e per il territorio circostante. Essa inoltre ospiterà un importante e ambizioso progetto dell’Istitut Ladin Furlan “Pre Checo Placerean” per la raccolta e catalogazione di “miti, fiabe e leggende del Friuli”. (E.C.)


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GIUGNO

La chiesa di San Giacomo apostolo: restauri 1997 – 2006 Udine Chiesa di San Giacomo apostolo Il restauro della chiesa è stato reso possibile dalla collaborazione di più enti: Soprintendenza del FVG Ufficio di Udine, Regione, Provincia, Parrocchia del Duomo e privati, come la SOC. MAS. di Pasian di Prato, il Lions Club Udine Castello, il Circolo Soroptimist. L’architetto Paolo Emilio Daffarra ha proceduto dapprima agli interventi strutturali, sostituendo e integrando gli elementi fatiscenti del tetto. Il lavoro si è protratto nel tempo per la difficoltà di intervenire su coperture disposte a diversi livelli e incastrate quasi negli edifici contermini. Si è poi passati al restauro dei marmi in facciata, che è stato un cantiere scuola per i corsi organizzati dal Centro regionale di Catalogazione e Restauro. I lavori sono stati eseguiti dalla ditta EU.CO.RE, che ha restaurato anche l’altare maggiore. L’altare delle Anime purganti (1712) è stato restaurato dalla ditta ARECON, che ha ripulito i marmi dalla polvere e dalla cera, procedendo anche alla pulitura delle celebri statue velate di Antonio Corradini, cui ha contribuito in parte la raccolta fondi promossa nell’ambito del III Convegno Artisti in viaggio 16001750. Un restauro particolarmente impegnativo è stato quello della decorazione del soffitto della cappella delle Anime, eseguito da Renzo Lizzi, che ha presentato anche il video realizzato nel corso dei lavori. Il soffitto dipinto a secco rischiava infatti di essere cancellato e ha dovuto essere consolidato prima di procedere ai lavori di pulitura. Le decorazioni Art Nouveau di Biagio Biagetti, eseguite nel 1911, sono state così restituite alla città insieme alla chiesa, che fa parte della parrocchia del Duomo. (G.Bu.)

Un appello per la tela del Carpaccio Udine Associazione udinese Amici dei Musei e dell’arte Nel mese di giugno l’Associazione udinese Amici dei Musei e dell’arte ha iniziato una raccolta di firme per riottenere dalle gallerie dell’Accademia di Venezia il deposito presso i Musei Civici di Udine del Castello del dipinto Cristo e gli strumenti di passione di Vittore Carpaccio, eseguito nel 1496 per la chiesa di San Pietro di Udine. Il quadro era conservato nella pinacoteca d’arte antica del castello, dove costituiva uno delle opere più importanti, ma dagli inizi dell’anno è depositato a Venezia per restauri lasciando un vuoto incolmabile nei musei civici. E’ opera di Vittore Carpaccio, uno dei più famosi pittori veneziani del Rinascimento, che coniugò la prospettiva italiana con la descrizione minuziosa dei particolari e l’uso del colore tonale. Il quadro udinese, coevo al ciclo di Orsola conservato all’Accademia, rappresenta il tema della Passione di Cristo. Sullo sfondo di una drappo damascato, Cristo abbraccia la croce mentre dalle ferite scendono nel calice rivoli di sangue, che si trasformano in ostia, centro dell’Eucarestia. Attorno quattro angeli reggono i simboli della Passione: le verghe, la lancia, i chiodi, l’asta con la spugna imbevuta di fiele. Nel paesaggio un leopardo che sbrana un cervo allude al martirio di Cristo, simboleggiato nella parte opposta dal cervo della tradizione paleocristiana. Sullo sfondo nella luce del tramonto compare, secondo alcuni, a destra il castello di Udine, precedente l’attuale, e sulla sinistra la chiesa udinese di San Pietro martire per cui fu realizzato. Vediamo ora di ripercorrere la storia del dipinto, poiché la ragione di rivolerne a Udine il dipinto di Carpaccio si basa sul fatto che l’opera fu espressamente realizzata nel 1496 per il capoluogo friulano e più precisamente per la chiesa di San Pietro martire. La chiesa era annessa al convento dei Domenicani, uno dei più antichi della città, e ancora nel Settecento il quadro

era esposto nella sacrestia. Nel 1806 con il dominio napoleonico molte comunità religiose cittadine, tra cui quella dei domenicani, furono soppresse. L’area del convento fu venduta alla famiglia Pecile, che eresse qui il suo palazzo mentre nel 1808 la chiesa divenne oratorio del Duomo e fu ristrutturata dall’architetto Valentino Presani: dal 1819 al 1826 l’atrio fu demolito per aprire l’attuale via Valvason, fu rifatto l’abside e ricostruita la facciata, mentre nel 1897 Giovanni Del Puppo costruì una nuova sacristia. Già dal 1838 intanto il quadro di Carpaccio era stato trasferito a Vienna ed esposto all’Hofmuseum. Al termine della prima guerra l’Italia chiese la restituzione delle opere d’arte asportate dalle zone invase. Quelle di cui non fu possibile rintracciare i proprietari, entrarono a far parte del demanio, cioè dei beni statali inalienabili, e furono destinati alla Soprintendenza di Venezia, che in quel tempo aveva competenza anche sul Friuli. Di questi “recuperi di guerra”, faticosamente restituiti come disse il conte Uberto Valentinis, fa parte anche il quadro di Carpaccio. Fu la stessa Sovrintendenza di Venezia nel 1919 ad assegnarlo in deposito al Museo di Udine senza alcuna discussione, poiché sembrò logico che la tela dipinta per la città, vi ritornasse. Qui il quadro è rimasto fino al 2005, fu infatti prestato solo in rare occasioni, a Londra nel 1930, nel 1953 a Parigi, nel 1967 a Montreal e nel 2005 a Illegio per la mostra Mysterium, trasferita ai musei Reali di Bruxelles. Alla sua chiusura, il dipinto non fu riportato a Udine, ma fu chiesto in restituzione dal polo museale di Venezia, cui si chiede il mantenimento del deposito presso la pinacoteca udinese. (G.Bu.)

Inaugurazione del Museo della Centrale idrolelettrica di Malnisio Malnisio di Montereale Valcellina Centrale Idroelettrica COMUNE DI MONTEREALE VALCELLINA Il 24 giugno 2006 è stato inaugurato il


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Museo della Centrale idroelettrica di Malnisio e sono stati celebrati i cent’anni della sua attivazione. La storica centrale di Malnisio, ora di proprietà del Comune di Montereale, agli inizi del Novecento ha fatto da volano per lo sviluppo sociale ed economico della zona. Grazie ad un attento restauro e recupero ai fini della valorizzazione culturale, essa è stata trasformata in un museo dell’energia elettrica e rappresenta oggi uno dei più importanti siti di archeologia industriale della Regione. Il primo progetto della centrale di Malnisio risale alla fine dell’Ottocento, ad opera dell’ingegner Aristide Zenari, che era stato incaricato di verificare, tra l’altro, se nell’area della Valcellina vi fosse una rete viaria percorribile e se fosse possibile sfruttare la forza idroelettrica delle acque del Cellina. Appurata la presenza delle condizioni necessarie per lo sfruttamento idrico, nel giro di pochi anni furono costruite la centrale, una diga, un canale per l’adduzione dell’acqua e altre infrastrutture. Nell’imponente architettura, dotata di ampi e alti vani, furono installati macchinari tecnologici ed elettromeccanici, progettati dall’ingegner Antonio Pitter, al quale è stata intitolata la centrale. Dopo soli cinque anni dalla progettazione il manufatto produsse energia a pieno regime, grazie ad un elettrodotto di ottantasette chilometri in grado di rifornire l’elettricità alla città di Venezia per illuminare Piazza San Marco. La centrale assolse al suo compito fino al 1988, quando essa venne sostituita da altre cinque centrali più moderne, costruite sull’asta del Cellina. Nell’ambito dell’inaugurazione sono intervenuti l’ingegner Paolo Toldo, che ha illustrato la storia della Centrale di Malnisio e il suo ruolo, l’architetto Alberto Torsello che ha presentato il progetto di recupero, l’architetto Pescolderung che ha trattato dell’immagine della Centrale dal punto di vista della comunicazione, infine la docente Chiara Sartori ha esposto il progetto didattico museale. A seguire, nel pomeriggio, si è svolto un convegno dal titolo Energia idrolettrica: risorsa del passato e del futuro, organizzato dall’Univer-

sità di Udine, il Dipartimento di energetica e macchine, l’Associazione Termotecnica Italiana sezione Friuli Venezia Giulia, l’Associazione Amici della Centrale di Malnisio. Nelle intenzioni del comune di Montereale Valcellina la futura trasformazione della centrale in un centro per la scienza e la ricerca e in Museo dell’Enel per l’Italia del Nord. (A.M.B.)

Pubblicazioni

Enrico Folisi Alpini, Schützen e Kaisejäger nella Grande Guerra. Vivere e morire in alta quota Gaspari editore, Udine, 2004 Video o Dvd + libro (pp. 63)

Enrico Folisi (docente di Storia contemporanea presso il DAMS di Gorizia) è senz’altro tra i più apprezzati studiosi della Prima guerra mondiale in Friuli

Venezia Giulia, e tale lavoro lo testimonia ulteriormente: questo nuovo documentario offre una preziosa serie di filmati dell’epoca, spesso non restaurati, tratti sia da archivi cinematografici italiani che stranieri; un’attenta regia ed un equilibrato montaggio di sequenze descrivono in modo comparato le drammatiche vicende belliche ed umane affrontate dalle truppe di montagna – Alpini, Schützen e Kaisejäger – sul fronte alpino nord-orientale, dall’Ortles alle cime carniche. In tal modo, al lettorespettatore viene posta una duplice visione degli avvenimenti, quella degli austro-ungarici e quella degli italiani. Sulle note di una colonna sonora sobria e al medesimo tempo evocativa, ben eseguita da Rosario Guerrini, scorrono le sconcertanti immagini in bianco e nero assieme alle toccanti e vibranti testimonianze memorialistiche di Cesare Battisti, di Giacomo Morpurgo, di Umberto Fabbri, di Paolo Monelli, narrate dalla calda voce dell’attore teatrale Massimo Somaglino. Le riprese, pur effettuate da cineoperatori dei rispettivi eserciti per scopi propagandistici, riescono ancora oggi a rivelarci involontariamente (nonostante i tagli eseguiti dalla censura di guerra) la contraddittorietà imbarazzante delle stesse immagini: sequenze di combattimenti, di vita in trincea, di trasporti d’armamenti e vettovaglie che scorrono sullo sfondo suggestivo dei panorami innevati d’alta quota ripresi a campo aperto, ma soprattutto inquadrature che rivelano in modo inequivocabile l’inadeguatezza di logistica, mezzi e indumenti per le truppe di entrambi gli eserciti, manchevolezze dovute all’impreparazione e alla negligenza degli alti comandi e dei rispettivi governi. Per comprendere in modo esplicito l’immane sofferenza cui dovettero sottoporsi i soldati di ambo le parti basta leggere alcuni passi di due diari emblematici riportati da Folisi: «tutti lottano contro la bianca nemica. […] Il numero delle vittime cresce. Ogni giorno una nuova catastrofe. Contro la neve non si lotta. È come un subdolo e misterioso


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flagello, che toglie a tutti ogni forza di volontà e spegne la vita come un lento veleno» (Fritz Weber); «agli alpini ficcati nella neve come i dannati dei gironi danteschi, giungeva quel che giungeva, anche per il fatto che tutto quel poco che arrivava, se lo dovevano portare in spalla su per i canaloni già ghiacciati, e tutti i Veci di quell’inverno si ricorderanno le lunghe file di alpini con le tavole di legno in spalla, veri Cristi nella tormenta, con la loro Croce» (sottotenente Bonaldi). Nel realizzare il montaggio delle immagini l’autore ha certamente ottenuto il risultato auspicato: la “Guerra bianca” viene vista e raccontata da chi era in trincea, con le «parole di coloro che vissero, da opposti schieramenti, l’epopea della quotidiana lotta per la sopravvivenza, sulle cime della catena alpina». Una lotta che andava ben oltre alla costante guerra contro “il nemico”, una lotta che era contro le valanghe, contro gli sforzi sovrumani per costruire rifugi nei più impervi luoghi o per trasportare giganteschi cannoni, come ad esempio il cosiddetto “Ippopotamo” (calibro 149): per portarlo sull’Adamello a 3.336 metri gli alpini ci impiegarono ben 77 giorni, tant’è che la fase di più dura fatica umana fu detta del “Calvario”. Per entrambi gli eserciti gli unici conforti furono il misero rancio, un po’ di vino e le parole di conforto dei cappellani militari. Un video-libro significativo, utile anche alla formazione didattica degli studenti, per non dimenticare il sacrificio di intere generazioni e per non continuare ad emulare esempi di stupidità umana! (U.F.)

Alessandro Pesaro Il segno e la memoria. Due secoli di mappe e cartografie manoscritte a San Daniele del Friuli Forum, Udine, 2004, pp. XV-125 Il volume del triestino Alessandro Pesaro rientra nell’ambito di una più ampia iniziativa denominata “Progetto Guarneria-

na”, un progetto culturale finalizzato «alla valorizzazione ed al risalto della categoria e della figura del geometra», curato e promosso dall’Associazione dei geometri della provincia di Udine su incarico del Collegio provinciale dei geometri che, assieme alla Cassa italiana di previdenza ed assistenza dei geometri liberi professionisti, hanno patrocinato la realizzazione del libro, con la collaborazione scientifica della Biblioteca Guarneriana (nella quale sono tuttora conservati gran parte dei materiali cartografici studiati nel presente testo).

Del volume evidenziamo in primis il taglio multidisciplinare che l’autore ha voluto dare ai contenuti scientifici: storia delle istituzioni, cartografia storica, archivistica, topografia, da cui emerge un’analisi che utilizza i documenti cartografici come fonti per la ricostruzione di una vera e propria “cultura del lavoro”, ove i meccanismi di trasmissione del sapere tecnico si evolvono tra metodi tradizionali e nuove esigenze dei committenti. Le mappe e le cartografie descritte da Alessandro Pesaro coprono in modo discontinuo l’arco cronologico 16321818, ma la maggior parte sono state elaborate ed eseguite nel corso del Settecento; questa non è una semplice casualità, perché il secolo XVIII rappresenta

per la storia delle istituzioni pubbliche e private una tappa fondamentale sia negli Stati italiani preunitari sia nel resto d’Europa, così come in Friuli: comunità, magistrature locali, enti ecclesiastici e privati (tutti sollecitati da nuove disposizioni normative centrali) pongono mano ad un riassetto complessivo delle proprie attività pratico-amministrative e pertanto anche la documentazione archivistica prodotta necessita di generali riorganizzazioni. Agli interventi politico-istituzionali dei singoli Stati si aggiunge la perdita per molte comunità, enti ecclesiastici e caste nobiliari di privilegi d’origine feudale, e nei grandi centri urbani giunge pure l’influenza dell’Illuminismo che comporta un notevole interesse ed incremento degli studi storici – si pensi al Muratori – e di conseguenza una maggior attenzione alla conservazione delle fonti documentarie. Questi ed altri fattori collaterali, ben noti, influirono sulla tenuta degli archivi, sia pubblici che privati: essi furono nel corso del Settecento riorganizzati, riordinati e corredati di moderni strumenti di corredo (inventari, indici, repertori), redatti soprattutto da eruditi, affinché i proprietari potessero attestare in qualunque momento la legittima proprietà (che a volte era anche illegittima) dei loro ingenti patrimoni immobiliari e fondiari; ed è in questa fase che interviene il cosiddetto pubblico perito, chiamato da committenti pubblici e privati a realizzare lavori cartografici per dirimere questioni di confine, di eredità, di servitù, di proprietà. A queste finalità servirono pure i documenti cartografici studiati e ben descritti analiticamente dall’autore nelle ventitré schede catalografiche: mappe, rilievi e catastici venivano sovente commissionati ai periti agrimensori dalla comunità di S. Daniele, da magistrature centrali e locali, da chiese e confraternite, da parti litiganti e da singole persone, ma in ogni caso era sempre il “potere” di qualcuno a determinare la commissione e la realizzazione di un documento cartografico; del resto chi non possedeva beni non aveva “potere” e pertanto della sua esistenza e


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dei suoi rapporti civili spesso non lasciava alcuna traccia. Questa documentazione poteva essere a sé stante oppure far parte, come allegati, di altra documentazione ma purtroppo – come ha correttamente rilevato l’autore – il cosiddetto vincolo archivistico in molti casi è andato irrimediabilmente perduto, perché ogni carta si legava e si richiamava ad un’altra carta precedente o successiva: ecco perché è necessario analizzare, come è stato fatto nella suddivisione del libro, prima gli Uomini e le istituzioni che hanno prodotto quelle carte; poi le Tecniche di rilievo, di misurazione, di rappresentazione grafica che hanno utilizzato i pubblici periti per porre in essere quelle carte; ed infine le Opere, cioè il risultato finale di tutto un tracciato lavorativo che presupponeva obbiettivi eminentemente pratici attraverso quegli elementi sopra citati (uomini, istituzioni e sapere tecnico). Dunque catastici, mappe e rilievi che – venuto meno il fine per cui erano stati prodotti – ora, a distanza di secoli, sono divenuti dei veri e propri beni culturali, da conservare, tutelare, restaurare, valorizzare e consultare. (U.F.)

Riviste

1 Aquileia Nostra. Pubblicazione annuale Anno LXXV, 2004 Maria Silvia Bassignano, Ad caelestia regna transivit: Franco Sartori (19222004); Chiara Boscarol, Recenti lavori di carta archeologica dei siti pre-protostorici della Venezia Giulia e del Friuli orientale a confronto; Luisa Bertacchi, Ritrovamento di monete tagliate di bronzo ad Aquileia; Paolo Boni, La Gens Servilia e la produzione laterizia nell’agro patavino; Silvia Cipriano – Stefania Mazzochin, La coltivazione dell’ulivo e la produzione olearia nella Decima Regio. Riflessioni su alcune serie bollate di anfore Dressel 6B alla luce delle analisi archeometriche; Michele De Bellis, Le coppe da bere di Ennione: un aggiornamento; Margherita Bolla, La Tomba del Medico di Verona; Ludovico Rebaudo, Thermae Felices Constantinianae. Contributo all’interpretazione dell’edificio pubblico della Braida murada (Aquileia); Giulio Bigliardi, Alpes, id est Claustra Italiae. La trasformazione dei complessi fortificati romani dell’arco alpino centro-orientale tra l’età tardo-repubblicana e l’età tardo-antica; Ruggero Marocco, Le quote delle costruzioni romane e paleocristiane del castrum di Grado in relazione al livello del mare; Alessandra Giumlia-Mair – Alan Williams, Studi metallografici in situ sull’armatura della basilica della Beata Vergine delle Grazie, Udine; Lorenzo Calvelli, CIL V, 2262: un’epigrafe urbana da espungere dal corpus di Altinum; Annalisa Giovannini, Le istituzioni museali pubbliche di Aquileia: spunti per uno studio delle fasi storiche. I. Dal Museo Eugeniano all’I. R. Museo dello Stato e agli allestimenti di Enrico Maionica; Paola Càssola Guida – Susi Corazza, Dai tumuli ai castellieri: 1500 anni di storia in Friuli (2000-500 a.c.). II. 2004; Gino Bandelli – Serena Vitri, I Celti in Friuli: archeologia, storia e territorio. IV. 2004;

Gino Bandelli – Serena Vitri, Notiziario archeologico; Renata Merlatti – Silvia Pettarin, Bibliografia della X Regio 20032004; Recensioni; Attività dell’Associazione Nazionale per Aquileia; Norme redazionali. (S.V.)

Arte in Friuli Arte in Trieste Rivista di storia dell’arte fondata nel 1975 N. 23, 2004 Giuseppe Pavanello, Presentazione; Enrico Lucchese, Il ritratto di Brunoro Gambara del Moretto al Musée Jacquemart-André; Daniele D’Anza, Joseph Heintz il giovane “pittore di più pennelli”; Massimo De Grassi, Episodi di scultura veneta a Trieste e Fiume; Alberto Craievich, Proposte per Silvestro Manaigo; Giuseppe Pavanello, Un messale illustrato da Giambattista Tiepolo; Stefania Cusin, Trieste-Monaco di Baviera 1880-1915: artisti triestini alla Akademie der Bildenden Künste; Lorenzo Nuovo, Silvio Benco critico d’arte: i primi anni all’Indipendente (1890-1892). Trieste, D’Annunzio e i riverberi della cultura francese; Elisabetta Vallon, Tipologie museali di Bruno Munari; Maurizio Lorber, La guerra delle immagini. La ricezione della storia attraverso la rappresentazione iconica: dalla pittura all’immagine fotografica; Michele Fabro, Il palazzo e le collezioni di Giuseppe Caprin; Enrico Lucchese, Il “telero” per il duomo di Pola e altre opera di Pietro della Vecchia; Massimo De Grassi, Un dipinto di Antonio Arrigoni in Montenegro; Alberto Craievich, Il convento dei Francescani a Parenzo: frammenti della scomparsa quadreria. (S.V.)

Ce fastu? Rivista della Società Filologica Friulana “Graziadio I. Ascoli” Anno LXXXI – n. 2, 2005 John Bassett Trumper, Alcune riflessioni sul nome Natisone; Enrica Capitanio,


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La roggia detta “di San Odorico” e i suoi mulini tra Redenzicco e Rivis; Anna Malisan, Gonars; Tarcisio Venuti, Nel luogo e allo specchio della morte: “cantus et ludos, et choreas, maxime in porticibus ecclesie”; Mariolina Patat, Valentino Ostermann: la famiglia e l’ambiente gemonese; Sabrina Tonutti, I documenti dell’Archivio Etnotesti; Recensioni. (S.V.)

La bassa Indici delle pubblicazioni (19782005) a cura di Ermanno Dentesano.

La bassa N. 52, 2005 Enrico Fantin, Per non dimenticare Marcinelle; Margherita Caracci, Religiosità e Inquisizione (parte seconda); Cristina Driusso – Isabella Magello, Il complesso di Villa Mocenigo-Biaggini-Ivancih; Enrico Fantin, Appunti di storia dell’Ospedale di Latisana; Antonio Beltrame, Cuant che i cjargnei a vignivin a la Basse; Franca Mian, La metodologia storica delle opere di MGB Altan; Franca Mian, A proposito dell’isoglossa Kurm; Luciano Angelini, Lignano: Spunti ed idee per il rilancio; Gianfranco Ellero, Il Giro d’Italia a Udine e a Latisana nel 1910; Maria Teresa Corso, Le rendite dei rustici di Marano nel XII secolo attraverso lo studio del rotolo censuale del capitolo di Aquileia; Franco Gover, Agelindo Modesto, protagonista dell’oreficeria sacra friulana; Roberto Tirelli, L’assedio di Marano negli anni 1513-1514; Federica Ravizza, Un San Floriano a San Mauretto; Davide Lorigliola, Flambro – La memoria perduta che riduce a pezzi le radici del male; Salvatore Errante Parrino, A ricordo di un soprano del Friuli: Disma De Cecco; Mauro Buligatto, Da nomi di luogo a cognomi (parte seconda); Enrico Fantin, Personaggi della Bassa: il pittore Ugo Rassatti; Segnalazioni – Recensioni – Vita dell’Associazione – Commemorazioni. (S.V.)

Le Panarie Rivista friulana di cultura Anno XXXVIII - n. 147 Dicembre 2005 Vittorio Zanon, Tempismo; Bruno Londero, Di una effimera scuola preparatoria magistrale femminile a Gemona; Anna Genero Fiorentin, Alla corte di Lavinia Dragoni Florio; Mario Turello, L’opera narrativa di Maria Luisa Astaldi; Marco Rossi, Jacopo Tomadini: I responsori per la settimana santa; Andrea Romano, La scuola friulana postunitaria. Saggi e documenti 1866-1881. Un nuovo saggio di Bruno Londero; Anna Marzona, Nicola Grassi ritrattista; Enzo Santese (a cura di), L’evento: Maniago: otto artisti, partendo dalla natura, si interrogano sul dilemma ragione-cuore; Osservatorio: Sesto al Reghena: “I salmi”, tema ispiratore della mostra internazionale di arte sacra; L’energia vitale nella superficie pittorica di Vincenzo Chiari; a cura di Vittorio Zanon, Oltre il supermercato: Giuseppe Fiorica tabaccaio in Udine: la bottega della pipa scopre il maestro Luigi Viprati e le sue creazioni; Quando il commerciante trasforma il suo negozio da spazio di scambio in luogo di fascino e d’incontro; Gian Camillo Custoza, Un progetto d’architettura di interni. Apparati d’arredo tessile ed interior design alla 62^ edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia; Cecilia Gobbi, Aquileia romana, porto dell’Adriatico; Rita Mascialino (a cura di) Angolature letterarie e filosofiche; Bruno Vidal, Gandhi e l’equivoco pacifista; Andrea Romano, Feconde venner le carte. Note sui rapporti epistolari tra Enrico del Torso e Pier Silverio Leicht; Roberto Iacovissi, Qohelet friulano. Riflessioni su “Mes gnots cun qohelet” traduzione in friulano Angelo Pittana dell’opera di David Maria Turoldo; Matteo Zanetti, Dalla Valcalda alla Baviera e ritorno; “E gno von ‘l era cramar” un progetto della pro loco di Ravascletto; a cura di Maria Tore Barbina, Dal racconto autobiografico alla storia di un popolo; Mirella M.P. Grillo, Benessere, felicità e dintorni. Vergogna o senso di colpa? Sentimento negativo, che può essere tranquillamente sconfitto,

creandone uno positivo passando dal senso di colpa; Mirella M.P. Grillo e Claudio Bardini (a cura di) Mens sana in corpore sano. I modi di camminare; Amleto Sandrini, Un incontro fortunato; Roberta Michieli, I Gjenitors furlans e i lor fruts; Nin dia Nadai (a cura di Nino V. Rodaro); Marilenghe, Cinidor di poesie, Al jere une volte, Il cjanton de memorie, Disin a di, Al sucedeve une volte…; Recensioni. (S.V.)

Nuova Iniziativa Isontina N. 39, 2005 Renzo Boscarol, A che punto è la notte; Aloyz Rebula, La storia come musa; Nicolò Fornasir, Università; Daria Clini, Figure del presente /Podobe Sedanjosti; Alessandra Martina, Instant europe fotografia e video; Renato Vizzari; Struttura economica transfrontaliera; Alessandro Bertani, Etica e globalizzazione; Luigi Moro, No alla parcelizzazione dei saperi; Giovanni Fania, Premesse per un nuovo e diverso welfare; Annalisa Frigo, Vantaggi e vero bene della persona; E. Koch, La resistenza in Europa; Raoul Pupo, Al confine orientale; Corrado Belci, Liberazione e costituzione; Ferruccio Tassin, Vivere per la giustizia: Rolando Cian; Renzo Boscarol, Sessant’anni dopo al campo di Dachau; Corrado Belci, Giovanni Paolo II, Papa missionario; Olivia Zaina, L’incerto avvenire del Kosovo; Liliana Ferrari, A proposito del lungo esodo; Marco Grusovin, Città e identità nazionali; Maria Albina Federico, Di qua e di là delle Alpi. Capitoli cattedrali nell’età moderna; Recensioni. (S.V.)

Forum Iulii Annuario del Museo Nazionale di Cividale del Friuli Anno XXVIII, 2004 Giuliano Righi, Armi celtiche da Monte Roba presso S. Pietro al Natisone; Serena Viti - Cristiano Tiussi, Vicende di


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un’area archeologica. La domus nel cortile del municipio di Cividale; Lidia Rupel, Contributi alla carta archeologica delle Valli del Natisone; Isabel Ahumada Silva, Le tombe 31 e 50 denna necropoli longobarda di San Mauro a Cividale del Friuli; Antonella Pizzolongo, Contributo alla conoscenza della produzione tessile longobarda in Italia; Laura Chinellato - Maria Teresa Costantini, L’altare di Ratchis. L’originaria finitura policroma: prospetto frontale e posteriore; Simonetta Minguzzi, Il lacerto musivo pavimentale del battistero di Callisto a Cividale del Friuli; Flavio Beltrame - Sandro Colussa, Alcune considerazioni sull’evoluzione urbanistica del centro storico di Cividale nel basso Medioevo; Angela Borzacconi, La Domus Comunis di Cividale del Friuli: brevi note sulle fasi bassomedievali; Serena Vitri – Isabel Ahumada Silva – Angela Borzacconi, Sondaggi e scavi eseguiti a Cividale e dintorni negli anni 2003-2004; Serena Vitri, Notiziario. (S.V.)

Memorie storiche forogiuliesi Giornale della deputazione di storia patria per il Friuli Vol. LXXXIV-2004, 2005 Maurizio Buora, Il colombario dei Tarioleni ad Aquileia. Saggio sulla tradizione antiquaria friulana; Ilaria Zorino, Nuovi apporti allo studio del Codicie B della Biblioteca pubblica del Seminario teologico centrale di Gorizia; Pier Carlo Begotti, Alcuni riferimenti a personaggi di San Vito nell’Archivio del Sacro Eremo di Camaldoli; Fabio Metz, Medici e chirurgi nella Terra di San Vito tra i secoli XVI e XIX; Lorena Menegoz, Le vicende della Casa Bianca di San Vito al Tagliamento attraverso i documenti del secolo XVIII alla corte sassone; Thomas Liebsch, Il soggiorno di Francesco Pavona a Dresda e la pittura a pastello della metà del secolo XVIII alla corte sassone; Paolo Pastres, L’arte della nobiltà: Francesco Beretta e la descrizione della Patria del Friuli; Claudio Mattaloni, Di due ex voto d’argento cinquecenteschi della magnifica comunità

di Cividale, con dati sull’orefice Antonio Ugoni; Recensioni e segnalazioni a cura di Sergio Tavano; Atti ufficiali della Deputazione. (S.V.)

Metodi & Ricerche Rivista di studi regionali, nuova serie Anno XXIV, n. 2, luglio-dicembre 2005, supplemento Rienzo Pellegrini, Lettere di emigranti carnici un carteggio di fine Seicento.

Metodi & Ricerche Rivista di studi regionali, nuova serie Anno XXIV, n. 2, luglio-dicembre 2005 Roberto Cartocci, La banalità dei valori: la riflessione di Tullio-Altan e lo studio della cultura politica; Paolo Sibilla, L’ethnos come costruzione culturale. Note a margine di uno studio di comuni; Roberto Grandinetti, L’economia friulana in transizione: tra radicamento locale e competizione globale; Bibliografia di Carlo Tullio Altan; Marco Giovanetti, Biagio Marin tra Grado e Firenze: gli anni di Fiuri de tapo; Massimo De Sabbata, Un “segnacolo” di italianità: la vicenda costruttiva della nuova sede dell’Università di Trieste; Note, discussioni, recensioni. (S.V.)

turale; Vincenzo Bottecchia, Paolo Cossi e i suoi fumetti; Ofelia Tassan Caser, Così vicini così lontani; Nicoletta Pozzi, Le biblioteche circoscrizionali; Ofelia Tassan Caser, La biblioteca di don Lozer a Torre di Pordenone; Antonio Del Zotto, L’attività editoriale della Biblioteca Civica; Notizie sugli Autori. (S.V.)

Quaderni guarneriani Atti del convegno “I moti friulani del 1864”. Un episodio del risorgimento europeo (2005) Stefan Delureanu, I Moti Friulani del 1864 parte di un vasto disegno europeo; Lara Piccardo, Mazzini e l’idea di Europa; Luigi Bisicchia, Risvegli risorgimentali: dai Moti del Friuli al Risorgimento europeo; Alfredo Cottignoli, Luigi Mercantini cantore de “Le Rupi del Dodismala”; Paolo Patui, Storia di una Piccola Grande Patria: a proposito di un testo teatrale del Conte Q. Ronchi; Dino Barattin, Antonio Andreuzzi, appunti e documenti per un biografia; Francesco Scattolin, Un inedito mazziniano e la preparazione insurezzionale veneta del 1864; Elio Varutti, Casi familiari di radicamento sociale del Risorgimento nel Friuli e nella Venezia Giulia; Carlo Porcella, Gustav Frigyesy: un patriota dimenticato; Giorgio Madinelli, Sui sentieri dei garibaldini. Itinerario storico – escursionistico; Documenti. (S.V.)

Quaderni della Biblioteca Civica di Pordenone, 5-2005 Paolo Venti, Le linee interne di Roberto Pagan; Roberto Pagan, Quando gli dèi riposano; Marco Marangoni, Voci dell’oltre; Marco Marangoni, Nel tempo che precede; Marco Marangoni, L’imprevisto che dà amore alla mente; Marco Marangoni, È un altrove che chiama; Giacomo Scotti, Antun Branco ·imiç il poeta dei reietti; Luigi Gregoris, A proposito di Guccini, Battiato e De Gregori; Carlo Pontesilli, Il canto dei poeti – l’azione cul-

Sot la Nape Riviste furlane di culture Avost-october 2005 Pier Carlo Begotti, Salût dal Diretôr; Luca Pellegrini – Romano Vecchiet – Mario Piccin, Nuovi studi sul Tagliamento; Mauro Buligatto, I toponimi della Grande Guerra; Roberto Castenetto Adriano Noacco, Note su alcuni toponimi del Monte Cavallo; Sandri Carrozzo, Di VI˘DE˘O a viôt e di CRE¯DO a crôt; Anna


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Bombig, Orazion al Beât Carli Imperadôr; Claudio Bisato, Il vin ch’a nol è mai rivât in taula; Toni Adami, Memoreant i timps. Ocjis e ocats di une volte; Giovanni Filippo Rosset, La via al Norico o via per compendium e la viabilità romana in Friuli; Maura Clocchiatti, Villa Mangilli a Marsure di Sotto; Valerio Formentini, A Muzzana del Turgnano tre opere plastiche di Antonio Treleani; Walter Rogato, Sui sentieri della saggezza. (S.V.)

Storia contemporanea in Friuli Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione Anno XXXIV-2004, n. 35 Giovanni Miccoli, Udine, 25 aprile 2005. Il significato di un anniversario; Luciano Patat, Gorizia settembre 1943. La resistenza dei militari italiani; Eleonora Buzziolo, Partigiane in Friuli; Massimo De Sabbata, Aspetti di vita rurale friulana. Note sulle condizioni dei contadini in provincia di Udine negli anni Trenta; Luciano De Cillia, “Gioventù studentesca”: Un’esperienza friulana (19451968); Ugo Falcone, Il fondo archivistico “Divisioni Garibaldi”; Monica Emmanuelli, Fondo Porzûs. Riordinamento, inventariazione e informatizzazione; Elena Moro, Il fondo archivistico “Gruppi di difesa della donna”; Recensione e schede e segnalazioni bibliografiche; Notiziario. (S.V.)

Studi goriziani N. 97-98, anno 2003, maggio 2006 Giovanni Tallone, Manualistica e lessicografia slava. Aggiornamento al 2003 (con un’appendice baltica); Fiorenza Ozbot, La musica nei periodici sloveni pubblicati a Gorizia dalla seconda metà dell’Ottocento fino al primo trentennio del Novecento; Serenella Ferrari Benedetti, Guglielmo Coronini e Filippo Serlupi. Una profonda amicizia nel nome del collezionismo; Gioacchino Grasso, Nel cento-

cinquantesimo anniversario della nascita. Gaetano Coronaro negli inediti carteggi Lampertico e Fogazzaro; Alberto Brambilla, G.l. Ascoli e la Venezia Giulia. Nuovi appunti sulla fortuna di una definizione; Angela Michelis, “Il caso Michelstaedter” cent’anni dopo; Roberta Tanzi, Dialogo e dialogicità in Michelstaedter: per una lettura del Dialogo della salute (e una controlettura de La persuasione e la rettorica); Alessandro Del Puppo, Una poesia per Arturo Martini giovane scultore con alcune note trevigiane; Ugo Falcone, La protezione dei beni archivistici nell’Adriatisches Kustenland (1943-1945): preliminari di una ricerca; Chiara Aglialoro, II fondo fotografico del Consorzio di Bonifica Pianura Isontina; Incontri in biblioteca; Segnalazioni di Orietta Altieri; Archivio Goriziano; Relazione sullo stato della biblioteca 2003; Edizioni della Biblioteca Statale Isontina. (S.V.)

Vultus ecclesiae Rassegne dal Museo Diocesan e Galariis dal Tiepolo di Udin, 6, 2005 Laura Chinellato – Maria Teresa Costantini, L’altare di Ratchis. Proposte per la ricostruzione dell’originaria finitura policroma; Mariarita Ricchizzi, Un affresco frammentario in Sant’Antonio Abate a Udine e l’iconografia dell’Ultima Cena nel Trecento friulano; Gian Carlo Menis, I frescs di Zuan Pauli Thanner te Plêf di Artigne (1525-30); Barbara Toffoletto, Arte sacra femminile nel Patriarcato di Aquileia. Pittrici dal XVI al XVIII secolo; Carmen Romeo, Tessuti d’altare in Friuli. Aspetti tecnici ed iconografici; Gabriella Bucco, L’arte di Roberto Milan. Nasce dalla tradizione la modernità della scultura lignea; Teresa Perusini – Leonardo Miani - Sandro Piussi, Architettura ed arti nelle chiese del XXI secolo. Un rapporto possibile?; Luciano Marioni Bros, Dieci anni d’attività nel Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo: 1995-2005; Dania Nobile, Notiziario del Museo Diocesano nel 2005. (S.V.)


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