Outdoor Life Web Magazine - Numero08

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OUTDOOR LIFE WEB-MAGAZINE NATURA.AMBIENTE.ESCURSIONISMO.MOUNTAINBIKE



COME IL FELINO

che d’urina il territorio marca, così io con le mie impronte disegno e firmo su carrarecce, mulattiere e sentieri

IL SILENZIOSO PASSAGGIO



EDITORIALE

Linguaggio universale. Noi parliamo un linguaggio universale. E quando ci incontriamo, mai visti prima, mai conosciuti prima, subito ci intendiamo. Perché quello che parliamo, il linguaggio della Natura, è semplice e diretto. Così la nostra comunicazione. Bastano due piedi, due ruote e un sentiero e semplicemente si diventa compagni. Anche solo per qualche ora. Estraneo che conoscevi da sempre. Estraneo di cui fidarsi. E non importa sapere chi sia e da dove venga. Perché solo importa che conosca il linguaggio della Natura. Già è una garanzia.



SOMMARIO 08

LA FILOSOFIA DELLA NATURA

Osservare ed imparare: la Natura ci rende liberi

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QUEL CANCELLO IN FONDO ALLA DISCESA. CHIUSO.

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MAI DA SOLI IN MONTAGNA

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TRADIZIONI SANGUIGNE

40 42 56 70

Fidarsi delle tracce GPS scaricate da internet? Anche se a volte è una necessità Il Maggio di Accettura

DONNE DI NATURA

Daniela Teodor - Climber

DOVE LA TERRA MUORE

In MTB sulla Luna

HOMO SELVADEGO

C’era una volta...

IMPREVISTI IN MTB La vignetta di Paolo Deandrea



testo de Il Monko

LA FILOSOFIA DELLA NATURA OSSERVARE E IMPARARE: LA NATURA CI RENDE LIBERI Seduto sulla sua sedia da spiaggia salvachiappe, c’era Il Monko. Dietro scuri e prepotenti occhiali, si nascondeva Il Monko. Semplicemnte si dedicava. Si dedicava a ciò che più lo appassionava ed intrigava della vita da spiaggia. Lui, uomo di media montagna, aveva trovato in quel passatempo il motivo per cui stare ore e ore spiaggiato al sole sul bagnasciuga. Non se ne faceva scappare nemmeno una: alta, bassa, larga, stretta, snella, abbontante, sobria e spumeggiante. Immobile. Apparentemente dormiente. Ma incredibilmente attento. Amava guardarle venire verso di lui, palesarsi in tutto il loro naturale splendore, sia le belle che le brutte, e vederle sparire dalla parte opposta da dove erano venute. Da mattina a sera. Crema solare dopo crema solare. Un professionista della morbosa osservazione. Finché capì il perché. La luce si accese il terz’ultimo giorno

di vacanza, quando tra un ambulante e l’altro, tra una collanina e una borsa finta, si palesò là lontano la più bella, affascinante, altezzosa, imperiale, altissima. Si avvicinava verso di lui in modo così sensuale che Il Monko, l’impassibile Il Monko, piedi sul bagnasciuga, dovette repirmere sul nascere l’istinto di alzarsi e correrle incontro. Il cuore prese a battergli velocemente finché quella s’infranse fragorosa proprio verso di lui. E fu una tremenda delusione. L’onda, al contrario delle premesse, non raggiunse nemmeno i suoi piedi. Fu lì che capì che l’onda più grossa non necessariamente raggiunge il punto più lontano sulla spiaggia. Fu lì che capì che gli ostacoli più grossi della vita forse sono solo apparenza. Da quel giorno Il Monko non mise più il suo culo molle su una sedia da spiaggia. Nè su una spiaggia. Con grosse ripercussioni sulla quiete famigliare...


TECNOLOGIA


La redazione

QUEL CANCELLO IN FONDO ALLA DISCESA. CHIUSO. FIDARSI DELLE TRACCE GPS SCARICATE DA INTERNET? Lo abbiamo capito: dopo anni di utilizzo, per diletto o lavoro, in internet troviamo qualsiasi cosa. Chi ha vissuto la rivoluzione informatica consapevolmente, ci riferiamo a chi a fine anni ‘90 aveva dai 14/15 anni in su, si è trovato improvvisamente a correre al doppio se non al triplo della velocità. Tutto è cambiato. Perché in un attimo, su internet, trovavamo risposte immediate alle nostre domande. Soddisfatte le quali, altre domande, altre risposte. Cronaca, politica, salute, sport, musica: milioni di informazioni viaggiavano a velocità impensabili da una parte all’altra del mondo che, improvvisamente, diventava piccolo e alla portata di tutti. Piano piano si sviluppò anche un senso di libertà che prima si pensava di non poter avere: libertà che portò ad esprimersi per comunicare, condividere e vivere. Il mondo di internet ora è così ricco di informazioni che non è difficile imbattersi anche in informazioni inesatte, incomplete o errate. A chi di noi infatti non è capitato di scaricare una traccia GPS di un percorso a piedi o in MTB e, percorren-

dola, di realizzare che tale traccia fosse inesatta o incompleta? Questo succede perché, nel mondo di internet così stupendamente libero e senza controllo, chiunque può scrivere, postare, allegare, linkare, taggare e minkiare... Nel caso specifico dei percorsi escursionistici, sarebbe auspicabile che Enti Locali riconosciuti si facessero da garanti e certificassero le tracce GPS come fanno con le mappe: sinceramente noi ci fideremmo di più di un percorso proposto da un ente territoriale piuttosto che da “TestadiCavolo82” su un blog. Ovviamente questo non avviene (se non in rari ed isolati casi) causa la lentezza con cui lo scassatissimo e ributtante sistema pubblico risponde agli stimoli esterni. Pertanto, costretti ancora una volta nell’italica arte dell’arrangiarci... ...verifichiamo sempre e per quanto ci è possibile l’attendibilità dei percorsi GPS che troviamo su internet confrontandoli con fonti diverse e incrociandole con altri dati. Perché non sempre, quando in fondo alla discesa troviamo un cancello chiuso, è facile e possibile tornare indietro.


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MAI DA SOLI IN MONTAGNA Anche se a volte è una necessità


testo Il Monko fotografie Lorenzo Bassi


Premessa. Come raccomanda ogni manuale di buone pratiche escursionistiche non lo si dovrebbe mai fare. Da soli in montagna, mai. L’ambiente, come ben sappiamo, è ricco di insidie e pericoli tanto maggiori quanto è maggiore l’inesperienza dell’escursionista. Per questo non si dovrebbe mai andare soli anche quando ci si sente pronti. La montagna non è un killer come spesso si legge a caratteri cubitali sulle pagine di cronaca dei giornali di indubbia qualità. È l’approccio con cui ad essa ci si approccia che può essere killer. Pertanto sta all’escursionista accorto seguire semplici regole per cercare di ridurre al massimo l’accadere di eventi che possano avere conseguenze sulla propria incolumità. Cercare di prevedere il numero massimo di imprevisti ne riduce sensibilmente l’avvenimento. Per questo tra le buone pratiche escursionistiche vi è dunque quella che non si dovrebbe mai andare soli in montagna. Ci si aiuta nel caso del bisogno. È così semplice. Perché due o più cervelli che prevedono abbassano esponenzialmente il numero degli imprevisti. Eppure, a volte, ammettiamolo, in montagna da soli ci andiamo. Un po’ perché non è mai facile conciliare gli impegni di tutti, un po’ perché non è facile trovare dei compagni ideali. E poi perché... ...a volte abbiamo la pulsione e la necessità di stare da soli. Sarà pur vero che l’uomo è un animale so-





ciale ma è anche vero che a volte di tutta questa socialità ne faremmo volentieri a meno. Capita così che, spesso, sfidando le buone pratiche, noi stessi e la sorte ci avventuriamo sui sentieri da soli. Io lo faccio spesso. Ma non sono un bell’esempio. E scelgo giorni infrasettimanali quando la possibilità di incontrare qualcuno cala sensibilmente.

Adoro raggiungere punti panoramici e sedermi per ore a guardare l’immenso. Solo io e lui. Fino a possederlo. Ma non è finita. So che ciò che sto per dire farà rabbrividire i puristi dei suoni, dei rumori e dei silenzi della montagna. Ma non sono un bell’esempio. Perché succede che, mentre pos-


seggo l’immenso, lì seduto su una roccia con le gambe a penzoloni nel vuoto, ascolto musica a volume assordante. La mia preferita. Musica che mostruosamente amplifica le sensazioni e le emozioni che nascono ed esplodono in me davanti all’immenso. Un contrasto viscerale tra la calma assoluta del fuori in cui mi trovo e del

dentro che comprimo. Overdose di emozioni. Droga. Dipendo imprescindibilmente. Sono un drogato. Per questo non ambisco ad essere un bell’esempio e vi invito a provare.






Partenza: Bagolino (BS) Arrivo: Lago di Vaia Distanza totale: 8,2 km Altitudine massima: 1912 m Altitudine minima: 776 m Totale salita: 1136 m DifficoltĂ : E

ALPE

LAGO DI VAIA

google earth

vedi mappa

scarica GPX

2000 1600 1200 800 0

2

4

6

8,2km


E VAIA

BAGOLINO


26 NATURA E AMBIENTE


testo Andrea De Carlo fotografie Giacomo D’Elia

TRADIZIONI SANGUIGNE Il Maggio di Accettura


Nel cuore della Basilicata, nel territorio del Parco Naturale di Gallipoli Cognato, conosciuto come le “Piccole Dolomiti Lucane”, risalendo dalla strada S.S. Basentana lungo la “ via del Maggio”, sorge Accettura. Le sue origini antiche risalgono al periodo della Magna Grecia e rivestono questa località di storia e interesse. È qui che si svolge uno dei riti arborei più antichi e più conosciuti d’Italia: il MAGGIO di Accettura. Antico rito nuziale e propiziatorio alla fertilità ed all'unione, è dedicato al patrono San Giuliano ed è celebrato in occasione della Pentecoste sebbene abbia inizio in un arco temporale più ampio a partire dall’Ascensione. Un folto gruppo di “Cimaioli”, si ritrovano nella foresta di Gallipoli per scegliere e tagliare il più bel agrifoglio che rappresenterà la “Cima”. Essa sarà trasportata a spalle fino al paese lungo un tracciato di circa 15 chilometri. Nel contempo i “Maggiaioli” dal bosco di Montepiano trasportano il “Maggio”, un lungo e pesante tronco di cerro trascinato da diverse coppie di buoi che si alternano lungo un tracciato impervio e tortuoso. Entrambi i cortei dei Maggiaioli e Cimaioli nel loro cammino faticoso si abbandonano a balli e canti dove ebbri di felicità e vino, banchettando con prodotti della tradizione locale. E’ quasi sera quando gli “Sposi” Maggio e Cima, si incontrano nella piazza. Maggiaioli e Cimaioli stanchi si confondono con gli spettatori che si trasformano anch’essi in attori, continuando per tutta la notte in un vortice di canti e balli.





Nei due giorni successivi ha inizio la fase di preparazione all’unione tra Maggio e Cima, operazione delicata e per questo eseguita dalle mani esperte degli anziani, custodi di tecniche arcaiche. Il martedì si conclude con la processione del patrono San Giuliano per le vie del paese e l’innalzamento del Maggio (e Cima), che verrà poi scalato nel tardo pomeriggio da intrapren-

denti e coraggiosi ragazzi. Il momento è magico, oltre 40 metri fino in cima e poi acrobazie a lasciar col fiato sospeso la coltre di spettatori radunata ai suoi piedi. Partecipare alla festa è assistere a qualcosa di davvero magico. Non c’è modo di sottrarsi. Si viene trasportati ed intrappolati in una dimensione surreale, immersi in un ambiente unico dove la natura e le


tradizioni fanno da padrone al lento dispiegarsi del tempo. L’Unesco, in una pubblicazione del 2001, “Les fetes du soleil”, ha incluso la festa del Maggio di San Giuliano tra le 47 feste più belle del Mediterraneo. Una tradizione antica e liberatoria, che deve la sua longevità alla intensità con cui ogni anno i protagonisti la costruisco e vivono. Una tradizione che potete conoscere

e ammirare tramite queste splendide foto. Popolare e sanguigna. Per questo semplicemnte meravigliosa.









VISTO DA UNA VIA DI ARRAMPICATA

o dalla cima di una montagna, il mondo intero mi sembra un immenso formicaio che cerca, come Sisifo, di essere vincitore davanti alla natura, tentando di modificarla nel suo beneficio

SENZA NEMMENO CONOSCERLA Daniela Teodor- Climber Donna di Natura


42 MOUNTAINBIKE

DOVE LA TERRA MUORE In mountainbike sulla Luna


testi e fotografie Lorenzo Bassi


È così che succede. Si nasce per prendere posto di chi muore e si muore per lasciare posto a chi nasce. Così nel mondo animale (di cui noi umani facciamo parte). Così nel mondo vegetale. Persino nel mondo delle macchine succede. È l’infallibile stratagemma che Natura ha messo a punto per rigenerarsi ogni volta, difendersi dai mostri e perpetuarsi. Sembra funzionare e anche piuttosto bene. Ma cosa succede se a morire è ciò che è già di per sè apparentemente morto? Cosa succede se a morire è la terra, intesa come agglomerato di particelle chimiche, sabbia, limo, argilla, rocce? Succede che tutto si sbriciola e diventa polvere. Tutto, privo di forza coesiva, collassa e scivola su di sè e su ciò che sta sotto. La terra si autotravolge. Si aprono crepe come ferite profonde e dolorose che neppure la vegetazione più rustica riesce a curare e guarire. Anzi. È proprio in queste ferite che Natura si accanisce su Natura: quando piove l’acqua penetra come batteri e lentamente distrugge da dentro. Come un cancro. La terra zuppa e pregna e pesante molla la presa e crolla verso un nuovo ed effimero equilibrio, verso nuove forme. È la distruzione che crea buchi, strapiombi, creste, versanti, crateri. Solo polvere. La Luna sulla Terra.





I Calanchi dell’Appennino sono questo: un’esplosione di fascino mortale dove tutto sprigiona forza per resistere alla gravità che verso il basso trascina. Attraversandoli non si può che essere rapiti dalla desolazione che sembra bruciare ogni cosa. I tacchetti gommosi delle ruote grasse non riescono ad incidere la terra rimanendo anzi loro stessi feriti

dalla durezza dell’argilla asciutta. Si alternano rettilinei veloci e ripidi a curve in profonde contropendenze. Passaggi che il giorno prima non c’erano e oggi sì. Basta infatti un acquazzone intenso che l’argilla s’impregna e si rimodella per la forza di gravità. Come un esperto vasaio. E poi il sole come un forno asciuga e fissa la nuova forma.


Così anche i ponti crollano e vengono spinti verso il basso dal loro stesso peso che poggia sul nulla. Perché di nulla si tratta ciò che oggi è e domani non sarà. Per questo ho cercato i Calanchi. E ho imparato che questa terra, nella sua fragilità, è la massima espressione della Natura: perennemente alla ricerca di un nuovo equilibrio. E se a volte tutto sembra crollare e

non riuscire a contrapporsi alle forze che trascinano e spingono verso il basso, solamente sembra. Perché un nuovo equlibrio nasce laddove il precendente non aveva più forza di resistere. Perché una nuova ragione nasce laddove la precedente cominciava ad avere torto. La Natura è così semplice.






Partenza: Fornovo (PR) Arrivo: Fornovo (PR) Distanza totale: 29,5 km Altitudine massima: 537 m Altitudine minima: 152 m Totale salita: 775 m Senso: orario

VARANO DE’ MELEGARI torrente Ceno

600 500 400 300 200 0

5

10

15

20

25

29,5


5km

FORNOVO

fiume Taro

scarica GPX

vedi mappa

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testi e fotografie Marzia Fioroni

HOMO SELVADEGO C’era una volta...



C’era una volta l’Homo Selvadego. Ricoperto di peli e armato di un nodoso e appariscente bastone, si aggirava per la Val Gerola (valle orobica che si innesta alla Bassa Valtellina all’altezza di Morbegno) non senza far parlare sè. Pare vagasse per boschi e pascoli dispensando consigli e saperi, e facendosi rispettare a suon di: “Ego sonto un homo salvadego per natura, chi me ofende ge fo pagura”, frase che rappresenta indubbiamente la sua più nota perla di saggezza. Quello che però in pochi sanno è che a questo individuo, che alcuni dipingono come frutto della fantasia delle popolazioni alpine (al pari del Gigiàt, del Bisgatto e del Daù), è da attribuire anche la scoperta della ruota grassa, erroneamente intesa dagli abitanti del luogo come attrezzo utile per fabbricare il burro, elemento indispensabile alla cucina valtellinese. Decidiamo dunque di andare a cercare questo mitico personaggio lungo i sentieri della valle, ma anche nei ristori e addirittura nei fondi di caffè! Si cerca, guadagnandosi la salita a suon di pedale, a spinta e con un po’ di sano portage. Ma dell’uomo peloso non si trova traccia, tanto che il morale si abbatte… e si pensa già a nuove spedizioni…. Forse, come Otzi nel Similaun, l’Homo Selvadego ha attraversato i ghiacciai con le sue ruote grasse ed è passato attraverso il Disgrazia (da qui ben chiaro all’orizzonte), tracciando invero la prima Transalp della storia…




Ma perché se ne sarebbe andato da questi posti così belli e selvaggi? Forse sconvolto dall’incontro con un depilato stradista? O perchè la gente del luogo per lungo tempo non ha creduto nella validità della sua scoperta, tappandosi gli occhi di fronte ad una così grande invenzione, e proseguendo con le tradizioni di sempre? Qualcuno avanza anche bizzarre

ipotesi circa la trasformazione dell’Homo Selvadego in esseri pelosi di altra natura… Ipotesi che aleggiano nell’aria, mentre velocemente si perde quota. Ed eccoci ancora passare al setaccio pascoli, laghi e fontane, senza però trovar risposte chiare. E poi, nascosto in una baita, emerge un antico zaino, certamente utilizzato per gite di una o due giorna-


te massimo, dotato di robusti spallacci. Ancora perfettamente conservato si può notare la buona ventilazione dello schienale. Finalmente un segno palpabile della sua presenza in zona ancora in tempi recenti! Inebriati da questa scoperta, ci lasciamo invadere dall’adrenalina della discesa, ripercorrendo i sentieri

così carichi di storia (e leggende), che ci accompagnano fino a fondovalle. Marzia Fioroni

NosePress

Per una visita all’Homo Selvadego o per saperne di più: http://www.ecomuseovalgerola.it/








70 LA VIGNETTA

Paolo Deandrea dpacartoons.it


HANNO COLLABORATO Lorenzo Bassi www.naturtecnica.com Il Monko www.naturtecnica.com Andrea De Carlo www.facebook.com/BasilicataDaScoprire Giacomo D’Elia www.facebook.com/BasilicataDaScoprire Marzia Fioroni NosePress Paolo Deandrea www.dpacartoons.it

Grazie a Daniela Teodor

PROSSIMA USCITA 4 novembre 2013


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OUTDOOR LIFE WEB-MAGAZINE a cura di

Naturtecnica

Idee e soluzioni per la valorizzazione del territorio via Brunico 11 - 20126 Milano www.naturtecnica.com

BASILICATA DA SCOPRIRE Giacomo D’Elia


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