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In primo piano

Quoziente familiare, per l’Ugl la battaglia continua Dal 14 al 18 gennaio l’Ugl Roma e Lazio presente alla Fiera di Roma con uno stand per informare i cittadini e raccogliere adesioni per l’introduzione del quoziente familiare.

ETA sociale

MENSILE DELLA UGL - ANNO XXIII - N. 1-2 GENNAIO-FEBBRAIO 2010 - Direttore Renata Polverini Direttore resp. Francesco Signoretta Direzione, redazione, amministrazione via Margutta, 19 - 00187, Roma tel: 0632482212-3 fax 063201472 e-mail: redazione@lametasociale.it Edizioni sindacali srl via Barberini 11, Roma Stampa Iger srl viale C.T. Odescalchi 67/A Roma € 1,55 Abbonamento annuo ordinario € 41,32 sostenitore € 59,39 vers. c/cp n. 63695001 Reg. Trib. Roma Aut. n.25 del 5/1/1988 Periodico associato all’Uspi chiuso in redazione febbraio 2010 Poste Italiane Spa Sped. in a/p Dl353/03 conv. in L 27/2/04 n. 46, art. 1, comma 1, DCB Roma

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COME È INIZIATO IL

M la

Sindacato - Stati generali

Fondo Previmoda, i Chimici crescono La lista dell’Ugl Tessili alle ultime elezioni per il rinnovo del Fondo Previmoda conquista il 16,66 per cento dei voti, passando da 5 a 7 seggi. Nel 2006 la nostra sigla ottenne l’11,5 per cento dei suffragi. A PAGINA 10

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Brutti segnali per il lavoro

Scompare Gianni Roberti: profondo cordoglio dell’Ugl Il 17 gennaio si è spento Gianni Roberti, uno dei fondatori della Cisnal. «Profondo cordoglio» è stato espresso dal segretario generale dell’Ugl, Renata Polverini, a nome di tutto il sindacato per la scomparsa di un uomo e di una figura storica per l’Ugl. I funerali si sono svolti in forma privata, una richiesta della famiglia che l’Ugl ha rispettato. Al termine delle esequie, una delegazione ristretta dell’Ugl ha incontrato i familiari portando loro il suo ultimo affettuoso saluto a Roberti, il quale ha segnato positivamente la storia della Cisnal-Ugl e dell’intera Nazione. Il 3 febbraio Gianni Roberti avrebbe compiuto 101 anni, un secolo di vita dedicato in lunga parte con passione al sindacato, alla vita sociale e politica del paese. Roberti è stato testimone e protagonista del sindacalismo e della storia del Paese contribuendo alla costruzione di un impianto legislativo che, con lo Statuto dei lavoratori, consente ancora oggi ai sindacati di svolgere il loro ruolo istituzionale. L’Ugl lo ricorda con grande affetto, stima e riconoscenza per la lunga e intensa militanza lunghi anni di militanza politica e sindacale che ha dedicato alla Cisnal, e per la costante abnegazione che da uomo di diritto e dirigente sindacale ha assicurato per la difesa dei diritti dei lavoratori.

S

i chiamano Fiat, Alcoa, A. Merloni, Omega (ex Eutelia), Phonemedia, Italtel. Sono le vertenze che turbano la vita di decine di migliaia di lavoratori e di altrettante famiglie, da Sud a Nord, isole comprese, e che stanno pressando il governo in questo ‘nuovo’ 2010 davvero preoccupante. Non c’è tregua natalizia che tenga, anzi la sensazione è che un Natale non ci sia quasi stato, se si pensa ai precari dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco che per difendere il contratto di lavoro o almeno il proprio futuro hanno deciso di occupare il Municipio insieme ai familiari. Ad oggi ancora non si è concretizzata un’alternativa al Lingotto per la fabbrica siciliana di Termini Imerese, sulla quale incombe lo stop produttivo deciso inderogabilmente dall’azienda per il 31 dicembre 2011, dopo ben 40 anni di attività. Anche se al governo sono pervenute circa 7 manifestazioni di interesse per lo stabilimento, di fatto ancora non si è riusciti ad entrare nel merito delle proposte. Come se non bastasse, perfino l’Unione Petrolifera nel pubblicare il consuntivo 2009, che ha visto un calo dei consumi pari al 4,9 per cento rispetto al 2008, ha lanciato un allarme: per contenere gli effetti della crisi potrebbe arrivare alla chiusura di 4 o 5 raffinerie, cioè alla cancellazione di 7.500 posti di lavoro. Dunque grandi vertenze, in atto o in procinto di scoppiare, che implicano un massiccio ricorso alla cassa integrazione, la quale se da una parte protegge i lavoratori, dall’altra col passare del tempo porta ad una drastica riduzione degli stipendi e delle attività produttive, con evidenti ricadute sul piano sociale e per il rischio-declino che può incombere sui territori. Drammatiche le conseguenze per i lavoratori dell’indotto, privi garanzie, perché da un giorno all’altro aziende possono essere spazzate via sia dalla chiusura sia dalla riconversione industriale di un impianto. La Antonio Merloni, il gruppo elettrodomestico che conta 3.300 dipendenti diretti e coinvolge due regioni come le Marche e l’Umbria, è in commissariamento straordinario da più di un anno e anche se è giunta ad un passo dalla definizione di un accordo di programma per la riqualificazione e reindustrializzazione dell’area, non può permettersi di perdere altro tempo. Più drammatica la vertenza Alcoa, soprattutto perché inscritta in un territorio ad alta densità di crisi aziendali come la Sardegna, e per la quale ci si attende una parola definitiva da parte della multinazionale americana dell’alluminio sul destino dei due impianti di Portovesme (Sardegna) e Fusina (Veneto) con il drammatico coinvolgimenti di 2000 occupati, indotto compreso. C’è attesa anche per la ex-Eutelia, del Gruppo Omega e per il tavolo istituzionale con il governo che dovrà fornire ai sindacati garanzie sul mantenimento commesse pubbliche e private necessarie all’azienda per proseguire l’attività, in attesa che il 17 febbraio arrivi la decisione del tribunale fallimentare di Roma sul commissariamento straordinario del gruppo. Una crisi che va inquadrata nel complessivo declino di uno tra i più negativi modelli di impresa, i call center, emblemi delle peggiori condizioni di lavoro, e che tra Omega e Phonemedia rappresentano circa 10 mila dipendenti. Per non parlare di Italtel, che a causa della decisione del cliente/socio Telecom Italia di ridurre l’entità delle commesse, ha “prodotto” 850 esuberi in tutta Italia. Non comincia bene, bisogna pur dirlo, questo 2010 per il mondo del lavoro.

Ma non si riesce ancora ad entrare nel dettaglio sugli stabilimenti di Termini Imerese e Pomigliano

Fiat, sciopero generale riuscito Lo sciopero generale del Gruppo Fiat, 3 febbraio, che ha visto un’adesione massiccia da Nord a Sud di operai estenuati da più di un anno di cassa integrazione, è solo la punta dell’iceberg dello scontento che aleggia tra lavoratori e sindacati. Una “ovvia” riposta ad un lunga serie di comportamenti inqualificabili da parte dell’azienda, totalmente indifferente a quello che succede in Italia e sempre più orientata a conquistarsi il mercato globale. Neanche con il tavolo presso il ministero dello Sviluppo economico, che avrebbe dovuto fare chiarezza sul futuro di Termini Imerese e dei lavoratori precari di Pomigliano d’Arco, è riuscito a portare serenità. Tutt’altro. «Un incontro ampiamente deludente», lo ha infatti definito Giovanni Centrella, segretario nazionale Ugl Metalmeccanici, «sulla situazione di Termini Imerese e Pomigliano d’Arco perché non sono emerse risposte concrete».

Tutto è rimandato al 5 marzo, nel frattempo il ministero ha nominato Invitalia come advisor per esaminare le 7 manifestazioni di interesse pervenute al dicastero stesso per il polo industriale palermitano. Proposte che comunque non sono state ancora illustrate ai sindacati e alla stessa Fiat. Fortemente preoccupata per il futuro, la Regione Sicilia ha dichiarato allo stesso tavolo di voler formalizzare una proposta su Termini che sarà poi trasmessa al governo. Secondo Centrella «per la fabbrica siciliana ormai sembra di assistere ad un gioco tra le parti dal momento che non riusciamo ad entrare nel dettaglio delle manifestazioni di interesse. Invece per quella napoletana temiamo qualcosa di peggio e cioè che non ci sia in vista alcuna soluzione. Anche l’eventuale accordo di bacino indicato come strumento per salvare i precari, circa 52 persone, rischia di trasformarsi in un parcheg-

gio senza uscita, perché almeno per i prossimi due anni Fiat non prevede nulla di buono né per il lavoro né per l’occupazione». Quello che serve per Centrella «è semmai una strategia seria e concreta, che coinvolga tutti gli

enti locali interessati, mirata espressamente a salvaguardare i posti di lavoro negli stabilimenti Fiat del Centro-Sud». SEGUE A PAGINA 3

Israele, Polverini incontra l’ambasciatore Meir L’11 gennaio si è svolta alla presenza del segretario generale dell’Ugl, Renata Polverini, la visita ufficiale dell’Ambasciatore d’Israele in Italia, Ghideon Meir, presso la sede confederale dell’Ugl, che fa seguito al recente viaggio ufficiale in Israele di Polverini a capo di una delegazione del sindacato. Durante l’incontro, al quale ha partecipato una folta rappresentanza dell’organizzazione sindacale, sono stati toccati

numerosi temi relativi ai rapporti tra Italia e Israele con il comune auspicio di sempre migliori relazioni tra i due Paesi. L’ambasciatore Meir ha ricordato le diverse collaborazioni che Israele ha stretto in molteplici campi con il nostro Paese e ha sottolineato l’importanza che i rapporti tra Italia e Israele siano sempre più intensi anche a livello della società civile, a partire da quella rappresentata dall’Ugl in Italia.


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Per l’Istat si sono ridotte dell’1,6% le risorse disponibili nel periodo ottobre 2008-settembre 2009

Fisco, per aiutare i redditi serve una riforma per le FAMIGLIE per consumi finali si è ridotta dello 0,6 per cento a livello congiunturale e dell’1,5 per cento in termini tendenziali. Tuttavia la contrazione dei consumi non è un segnale positivo, anche se aiuta a tenere sotto controllo l’inflazione: perché dà un freno al mercato interno che a sua volta porta ad un rallentamento della produzione, quindi ad una diminuzione dei posti di lavoro, agli esuberi, alla cassa integrazione e ai licenziamenti. È anche per questo che l’Ugl insiste sempre anche su un altro punto e cioè che, accanto alla leva fiscale, devono essere individuati dal governo dei sostegni concerti ai redditi da lavoro e da pensione, cioè a quel ceto medio che da solo garantisce un movimento costante dell’economia e allo stesso tempo riesce anche a supplire alle tante carenze in termini di servizi forniti dallo Stato. Perché non riconoscere a queste persone ciò che meritano, mentre si lasciano alterate

Varesi: «Non più rinviabili interventi strutturali» Una riforma del fisco non è più rinviabile, l’Ugl lo sostiene da tempo. E lo confermano i dati provenienti dai principali istituti di ricerca ed economici, a partire da quelli diffusi dall’Istat a gennaio che hanno rilevato una riduzione del reddito disponibile delle famiglie nel periodo ottobre 2008-settembre 2009 pari al’1,6 per cento rispetto al periodo precedente luglio 2008-giugno 2009. Per il segretario confederale dell’Ugl, Paolo Varesi, «solo un alleggerimento delle tasse può dare ossigeno ai redditi di lavoratori, pensionati e famiglie e contribuire a spingere di nuovo i consumi a vantaggio della ripresa economica». Anche se occorre aspettare prima di vedere questi cambiamenti tanto auspicati, come l’introduzione del quoziente familiare, dopo la presa di posizione del governo secondo cui la crisi non consente la riduzione delle tasse. Ma il sindacato continuerà a portare avanti questa battaglia di equità e giustizia, affinché sia riconosciuto il sacrificio sopportato almeno negli ultimi 5 anni da chi vive di redditi da lavoro e da pensione, cioè da coloro che le tasse le pagano da sempre, mettendo al centro di un nuovo sistema quei soggetti che meritano una maggiore attenzione. Per l’Ugl solo «dal quoziente familiare, impegno previsto nel programma di governo, può arrivare una risposta concreta, anche ipotizzando una introduzione graduale, a partire dai nuclei familiari più numerosi e a basso reddito. Spostare l’attenzione del fisco dal singolo ai nuclei familiari consentirebbe una distribuzione della ricchezza davvero più equa riequilibrando un sistema che ad oggi penalizza quanti vivono di reddito fisso a fronte del privilegio concesso alle rendite finanziarie, senza dimenticare che il numero dei componenti familiari incide sul tenore di vita delle famiglie penalizzando proprio quelle più numerose». A ciò va anche aggiunto che il quoziente familiare, laddove è stato introdotto, per esempio in Francia, ha dimostrato anche la capacità di stimolare ulteriori interventi a favore della famiglia, ad esempio in termini di servizi, così da incentivare l’occupazione femminile e una maggiore natalità, due aspetti su cui l’Italia continua ad essere troppo debole e non in linea con le tendenze di altri paesi europei. Dunque è sempre la famiglia il nucleo principale della nostra società e della nostra economia, nucleo che si comporta come una piccola azienda e che non smette mai di pensare al futuro programmando spese e risparmi. Proprio a causa del minor reddito disponibile, in contraddizione rispetto ad altri dati che parlano di crescita delle retribuzioni, le famiglie invece di spendere, naturalmente preferiscono risparmiare: sempre secondo l’Istat la loro propensione al risparmio è aumentata e si è attestata al 15,4 per cento, che comunque è solo lo 0,2 per cento in più rispetto al trimestre precedente. Ecco perché la spesa

certe aree di privilegio nei confronti delle rendite finanziarie tassate solo al 12.5 per cento? Ecco perché Paolo Varesi ha continuato a ribadire: «Il governo deve andare avanti sul fisco e non rinunciare all’opportunità di un primo alleggerimento delle tasse già dal 2010, altrimenti si rallenterà ancora di più l’uscita dalla crisi», perché i dati sulla riduzione del potere d’acquisto delle famiglie insieme a quelli sulla forte contrazione dei consumi «indicano chiaramente come in assenza di un sostegno al reddito, le famiglie continueranno a non spendere con evidenti ricadute negative sulle imprese. Un rischio che non possiamo permetterci di correre a discapito dell’occupazione». Come ha detto anche Cristina Ricci, segretario confederale dell’Ugl: «Se il reddito disponibile delle famiglie si riduce, si ferma anche l’economia».

Dal 14 al 18 gennaio l’Ugl a “Roma Sposa” presso la Fiera di Roma

Continua la mobilitazione sul quoziente L’Ugl prosegue l’attività di sensibilizzazione sul quoziente familiare. Dal 14 al 18 gennaio l’Ugl Roma e Lazio è stata presente alla Fiera di Roma in occasione della manifestazione “Roma Sposa”, con uno stand per informare i cittadini e raccogliere le firme a sostegno della riforma che mette al centro le famiglie, con particolare riguardo a quelle più numerose e a più basso reddito. «Dopo le due giornate di mobilitazione nazionale, organizzate il 29 novembre ed il 13 dicembre nelle principali città italiane, la presenza all’interno di ‘Roma Sposa’ ha assunto un significato particolare, perché la rassegna fieristica è stata dedicata alle coppie in procinto di sposarsi e di creare una nuova fami-

glia», ha spiegato Gianni Fortunato, segretario dell’Ugl Roma e Lazio, ricordando che «il sindacato ha condiviso, nell’ambito del Dpf 2010 di Roma, la volontà del sindaco Alemanno di introdurre un sistema di tariffe ed imposte locali calibrato sui nuclei familiari, un primo passo a livello locale in attesa che il governo, in linea con il programma elettorale, introduca il quoziente familiare». Per il sindacalista «il sistema del quoziente familiare è già una realtà in molti Paesi, assicura un fisco più equo e giusto, e premia le famiglie numerose senza per questo penalizzare chi vive da solo oltre a incentivare l’occupazione femminile».

Da Bankitalia, e non solo, continuano ad arrivare segnali sconfortanti

Previsioni e dati sconfortanti, la ripresa economica è ancora lontana Ripresa debole, tasso di inflazione contenuto anche se in rialzo ma solo a causa del prezzo del petrolio e non certo per un riavvio dei consumi, qualità del credito scadente, spesa delle amministrazioni in crescita: la ripresa economica è ancora lontana. Dai principali istituti economici, come Bankitalia, continuano ad arrivare segnali sconfortanti: secondo il bollettino diffuso a gennaio da Palazzo Kock «per il 2010 e il 2011 si profila una ripresa ancora debole» valutando che nel complesso «l’economia italiana possa crescere dello 0,7 per cento nell’anno in corso, per poi accelerare all’1 per cento nel 2011», veramente poco in realtà. Sul fronte del costo della vita Bankitalia ha previsto un tasso di inflazione contenuto, seppure in graduale risalita perché l’incremento dei prezzi al consumo, all’1,5 per cento nel 2010 e all’1,9 nel 2011, riflette in parte la tendenza al rialzo dei prezzi dell’energia, mentre l’inflazione al consumo, che si era praticamente azzerata l’estate scorsa, è risalita nei mesi autunnali, fino a raggiungere, in dicembre, l’1,0 per cento sui dodici mesi, ma è davvero tropo poco per affermare che siamo di fronte ad una ripresa del mercato interno. Infatti i

rischi al rialzo, «provengono dalla possibilità di una crescita più accentuata dei corsi del petrolio e delle altre materie prime, sospinta dalla ripresa dell’economia globale e parzialmente alimentata dall’ampia liquidità internazionale». Ciò significa che, come attestano anche i dati dell’Istat sul 2009 sul reddito disponibile delle famiglie, il ceto medio continua ad essere in difficoltà e perciò non sarà favorevole ad aumentare i consumi, così come sarebbe auspicabile in vista di una via d’uscita da questa lunga, lunghissima crisi. Continua a peggiorare anche la qualità del credito, con le sofferenze arrivate ai livelli più alti dal 1998: il flusso delle nuove sofferenze rettificate (che tengono cioè conto della posizione del debitore nei confronti dell’intero sistema bancario e non soltanto di un singolo intermediario) in rapporto ai prestiti complessivi ha raggiunto il 2,2 per cento. Anche la qualità del credito concesso ai consumatori ha registrato un costante deterioramento, ma sono i prestiti alle imprese manifatturiere e alle costruzioni a mostrare il peggioramento più marcato. In più nel 2009 l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche dovrebbe cre-

scere significativamente: nelle stime della Relazione previsionale e programmatica (rpp) di Bankitalia dovrebbe raggiungere il 5,3 per cento del pil, salendo di molto dal 2,7 del 2008. Il peggioramento sarebbe inferiore a quello atteso nella media dei paesi dell’area dell’euro (dal 2,0 per cento del pil nel 2008 al 6,4 nel 2009) ma resta comunque significativo. Sul fronte delle imprese, dalle tabelle del bollettino mensile del Dipartimento delle politiche fiscali del ministero dell’Economia risulta che l’effetto della crisi non solo pesa sui loro conti ma anche sulle casse del Fisco che ne primi 11 mesi dell’anno scorso ha visto calare di circa 14 miliardi il gettito pagato dalle imprese per l’Ires, l’imposta sui redditi delle società, e per l’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. Tradotto in soldi, significa che dalle imprese nel periodo gennaio-novembre 2009 al fisco sono arrivati 10 miliardi in meno (rispetto al 2008) di Ires, pari a un calo di circa il 21,4 per cento, e 3,9 miliardi in meno di Irap (-10,9 per cento sull’analogo periodo del 2008). Il ministro Tremonti, nel corso di una puntata di ‘Porta a Porta’ ha am-

messo che il problema della speculazione, che ha fatto crollare l’economia mondiale e che è alla base di delle difficoltà che lavoratori, pensionati e famiglie stanno incontrando, c‘è ancora, sottolineando che «c’è troppa speculazione, c’è troppo ricorso, di nuovo, a far salire i titoli derivati e le materie prime in modo da far salire nel breve e del resto non gliene frega». Date le premesse, non è possibile credere ancora che chi vive di reddito possa fare fronte ad uno o due anni di ulteriori sacrifici, mentre da un punto di vista fiscale proprio le rendite finanziarie possono ancora godere del privilegio di una irrisoria tassazione. Se si guarda altrove, agli Stati Uniti, la patria delle più spericolate speculazioni, il presidente Barack Obama ha pensato addirittura ad una “tassa di responsabilità sulla crisi finanziaria” affinché le grandi banche e le altre istituzioni finanziarie possano ripianare le perdite dei contribuenti a seguito della recessione, aggiungendo persino che «la mia determinazione per raggiungere questo obiettivo si rafforza quando vedo i risultati di massicci profitti e di bonus osceni che continuano ad elargire». Pensiamoci seriamente anche noi in Italia.


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Centrella: «Protesta contro l’abbandono e il tradimento di lavoratori e fabbriche del Centro-Sud»

3 febbraio, sciopero generale Gruppo Fiat SEGUE DALLA PRIMA PAGINA In questo clima di incertezza e di forte agitazione per i lavoratori diretti, precari e dell’indotto del Gruppo Fiat, soprattutto del Centro-Sud, è piombato come una mannaia l’annuncio di altre due settimane di cig per tutti i lavoratori del Gruppo, decisione assolutamente insolita e che ha fatto pensare ad un tentativo dell’azienda di pressare da una parte il governo sulla politica degli incentivi 2010 e dall’altra i lavoratori e sindacati in procinto di scendere in piazza per lo sciopero generale. Che a questo punto non poteva far altro che raccogliere un’ampia adesione. Due le iniziative che l’Ugl Metalmeccanici ha organizzato: un sit-in di protesta davanti ai cancelli della fabbrica di Avellino, l’Fma di Pratola Serra, che ha riscontrato un’adesione pari al 100 per cento da parte dei lavoratori dell’indotto (in particolare al reparto Vmq è stata dell’80 per cento, mentre alla Long Block del 50 per cento), insieme ad una tavola rotonda molto partecipata presso la Sala Consiliare del Comune di Pomigliano d’Arco alla presenza del segretario confederale dell’Ugl Cristina Ricci e del segretario nazionale Giovanni Centrella, insieme ai rappresentanti provinciali di Fiom, Fim e Uilm. Secondo Giovanni Centrella il dato più importante emerso da questo sciopero è stato «prima di tutto il senso di solidarietà tra i lavoratori degli stabilimenti del Nord e quelli del Sud, che hanno manifestato anche contro la strategia scelta dal Gruppo di affrontare la crisi con l’abbandono di alcune fabbriche e la cassa integrazione per tutti gli operai» e poi anche «quanto i lavoratori siano stremati e preoccupati per il loro futuro». E hanno ragione da vendere. Anche se il Lingotto si ostina a

dire, in occasione di ogni incontro. che sono eccessivamente allarmistiche le proteste dei lavoratori e anche le analisi pubblicate sui giornali, perché in realtà c’è la disponibilità di Fiat a facilitare l’ingresso di coloro che si dimostreranno interessati al sito di Termini Imerese – e ci mancherebbe altro –, perché i precari di Pomigliano d’Arco hanno un contratto di lavoro in scadenza non rinnovabile stante la crisi in corso, perché c’è l’intenzione di portare la Panda al Giovan Battista Vico e nel piano industriale un aumento della produzione di auto pari a 900 mila vetture, tuttavia c’è un dato di fondo che non si può nascondere e cioè che sebbene 900 mila vetture siano di più delle 650 mila circa prodotte nel 2008, quell’incremento non sarà sufficiente a saturare i livelli occupazionali. Da ciò deriva che, come ha più volte denunciato Centrella, nel 2010 bisogna aspettarsi degli esuberi. Anche per questo per il segretario nazionale dell’Ugl Metal-

meccanici non convince la soluzione, ad oggi solamente delineata, di fare un accordo di bacino per risolvere la situazione dei precari di Pomigliano. Con l’accordo di bacino c’è la “garanzia” che al termine del periodo di crisi qualora Fiat dovesse riassumere personale, deve farlo riconsiderando gli stessi (ex) precari. Ma in realtà, stante il piano del Gruppo e anche la eventuale produzione della Panda, di cui per adesso si fa solo un gran parlare, non sono garantiti neanche i lavoratori diretti dello stabilimento e comunque prima dei prossimi due anni sarà difficile pensare ad un aumento della produzione tale da far rientrare al lavoro più di 50 persone. Il problema dei precari Fiat non esiste solo a Pomigliano ma in tutto il Gruppo. Anche a Termini Imerese 18 operai dell’azienda dell’indotto Delivery Email sono stati costretti a salire per giorni sul tetto dello stabilimento della fabbrica siciliana per protestare contro le lettere di licenzia-

mento nei loro confronti dopo che Fiat aveva ridotto le commesse alla stessa Delivery Email. Tanti gli appelli del sindacato all’azienda, ma chi ha risolto la vertenza è stata la Regione Sicilia con un provvedimento di cig in deroga. Ecco perché quello che sconcerta sempre di più in questa vicenda è l’atteggiamento di Fiat nei confronti dei lavoratori: non ha detto una parola sui precari di Pomigliano in protesta da inizio dicembre, persino a Natale; non ha detto una parola sui 18 operai del la Delivery Email; non ha avuto alcun ripensamento rispetto alle proprie strategie nonostante lo sciopero generale indetto da tutti i sindacati. È a questo punto, il segretario confederale dell’Ugl, Cristina Ricci, ha chiesto al governo «di mettere Fiat di fronte alle proprie responsabilità», rimarcando come «la decisione unilaterale di cassa integrazione per tutti gli stabilimenti del Gruppo è inaccettabile, in primo luogo perché dimostra la totale indifferenza

del management nei confronti di tutti i lavoratori, in particolar modo quelli degli stabilimenti del Centro-Sud, che stanno protestando da tempo per far valere i propri diritti», in secondo perché «non è ammissibile che Fiat continui ad espandersi all’estero senza tener conto della produzione e dell’occupazione in Italia. In una fase delicata come quella attuale è invece urgente individuare una soluzione condivisa che dia priorità al rilancio dei siti italiani per salvaguardare i posti di lavoro e le economie di interi territori». In effetti per i lavoratori italiani del Centro Sud non c’è stato un attimo di tregua, nemmeno a Natale. Anche il 24 e il 25 dicembre i precari della fabbrica napoletana hanno continuato ad occupare il Municipio insieme alle loro famiglie per attirare l’attenzione sui loro contratti in scadenza, proetsa a cui l’Ugl Metalmeccanici ha dato il proprio sostegno recandosi a Pomigliano con una delegazione per la messa di Natale. A Termini I-

merese, il 13 gennaio, si è svolto uno sciopero unitario, indotto compreso, contro lo stop della produzione di auto per il 2011 e per chiedere al governo di avviare al più presto confronto sul futuro del sito siciliano. Totale è stata l’adesione anche in questo caso. Sulla vicenda di Termini è intervenuto anche segretario regionale dell’Ugl, Giovanni Condorelli, sottolineando come «è stato importante l’impegno della Regione Sicilia per la salvaguardia dello stabilimento mettendo a disposizione fondi per un piano di infrastrutture che possa valorizzarne la produzione», così come la decisione di chiedere un tavolo permanente sulla crisi economica della Sicilia con il coinvolgimento delle istituzioni nazionali, «è un passo che va nella direzione giusta». Sempre al fianco dei lavoratori, l’Ugl Metalmeccanici con in testa il segretario nazionale, Giovanni Centrella, ha ribadito in ogni suo intervento che quello a cui si sta assistendo è il declino di Fiat in tutto il Centro Sud, non solo di due stabilimenti. Un allarme che Centrella sta ripetendo da mesi, precisamente dal 18 giugno scorso, in occasione del primo tavolo tra governo, sindacati e azienda. Monito che lo stesso sindacalista ha dovuto ribadire nel secondo incontro del 22 dicembre di fronte ad un cosiddetto nuovo progetto industriale che implicitamente, ma neanche tanto, riserva all’Italia esuberi e ridimensionamenti. Tutta l’Italia è in subbuglio per Fiat, anche il Papa ha speso parole di preoccupazione per i lavoratori e per le loro famiglie, dando voce all’angoscia di tutti. Per questo l’Ugl Metalmeccanici si è recata a piazza San Pietro in occasione dell’Angelus per ringraziare il Santo Padre per le sue parole.

Dopo il nulla di fatto del 2 febbraio, cresce l’attesa per il destino degli operai di Portovesme e Fusina

ALCOA, SEMPRE ALTA LA TENSIONE C’è lo spiraglio di un nuovo vertice ma il futuro dell’Alcoa a Portovesme e in Fusina è ormai appeso a un filo. Dopo il sostanziale nulla di fatto dall’incontro del 2 febbraio, si attende la parola definitiva da parte della multinazionale americana dell’alluminio sul destino dei due impianti e dei 2000 occupati, indotto compreso, alla luce del doppio impegno del governo di convertire il decreto isole entro il 22 marzo prossimo e di Bruxelles ad esaminare il provvedimento italiano in via prioritaria dal 10 febbraio. Il nodo cruciale, però, resta al momento la produzione: durante il tavolo di Palazzo Chigi, infatti, l’azienda non ha chiarito se intende portarla avanti o meno, mentre il governo ha intimato di «evitare azioni unilaterali» prima del successivo vertice di Palazzo Chigi. Per il segretario confederale Cristina Ricci «è necessario da Alcoa un atteggiamento di vera responsabilità, ciò significa non fermare gli impianti, altrimenti saremmo di fronte ad una palese mancanza di rispetto nei confronti del governo italiano ma sopratutto delle migliaia di lavoratori, con rispettive famiglie, esasperati». Richiesta avanzata anche dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, che ai vertici dell’azienda, nel corso del tavolo, ha chiesto perentoriamente all’azienda di non sospendere la produzione fino alla discussione del decreto del governo italiano sull’energia in sede Ue. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, avrebbe chiamato personalmente il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, per accelerare l’esame del dl italiano. «Il decreto legge sarà in linea con le norme Ue entro il 22 marzo», avrebbe poi assicurato Letta, andando così incontro alle pressioni dell’azienda per avere una data precisa

Ricci: «Azienda non fermi impianti, sia responsabile» per la conversione del testo in legge. Ma per conoscere il destino dei 2000 operai bisognerà attendere un nuovo round a Palazzo Chigi, quando gli amministratori italiani dell’azienda renderanno note le intenzioni della multinazionale, dopo che era emersa anche una frattura tra il fronte italiano, guidato dall’amministratore delegato Giuseppe Toia, e l’asse legato del numero uno Klaus Kleinfeld. «È chiaro che – ha spiegato la Ricci – di fronte ad una risposta negativa da parte dell’azienda, chiederemo al governo, come è sembrato intenzionato a fare, di adottare nei confronti di Alcoa le opportune contromisure. Sono in gioco migliaia di posti di lavoro e l’azienda, come qualsiasi altra che operi in Italia, non può più pensare di sfilarsi da un paese e da territori peraltro molto disagiati, quindi da un contesto ad alto rischio sociale, senza prendere in considerazione gli impegni assunti dall’esecutivo e espressamente richiesti all’Europa». Ora dunque la partita si fa più dura. Il Governo infatti si è detto pronto a giocare le carte più pesanti per convincere l’azienda a tornare sui suoi passi. Palazzo Chigi potrebbe recuperare i circa 280 milioni di euro per gli aiuti concessi all’Alcoa per l’abbattimento delle tariffe dell’energia elettrica. Contro l’Italia è stata infatti aperta una procedura di infrazione dall’Unione europea e ora Roma po-

trebbe non assicurare più la copertura all’azienda. L’Alcoa si troverebbe così da sola a combattere la partita contro Bruxelles e difficilmente riuscirebbe a evitare la sanzione. Il Governo potrebbe far valere anche una fideiussione sottoscritta dalla società americana. Intanto, il decreto legge sull’energia, che prevede agevolazioni per le industrie grandi consumatrici come Alcoa, è sotto l’esame dell’Antitrust europeo. I servizi della Commissione dovranno valutare se le misure di favore sul costo rispettano o meno le norme sugli aiuti di Stato. Del caso si occuperà il nuovo responsabile della concorrenza, Joaquin Almunia. Se ci sarà un parere favorevole, queste agevolazioni si andranno ad aggiungere agli aiuti già stanziati nei confronti del gruppo americano. Ma a Portovesme e a Fusina la situazione si fa sempre più critica, i lavoratori ormai esasperati continuano a protestare. Il 30 gennaio hanno bloccato i voli tra Cagliari e Treviso, lasciando a terra quasi 250 passeggeri. Davanti alla fabbrica di Fusina, invece, i picchetti dei lavoratori in sciopero hanno impedito per oltre dodici ore il transito dei camion. Pile di pneumatici sono stati dati alle fiamme, mentre vi sono stati attimi di tensione quando l’azienda ha tentato di far chiudere i cancelli della fabbrica, impedendo così ai lavoratori di darsi il turno nella protesta. Scene che si sono ripetute anche durante il vertice del 2 gennaio, quando sotto 500 dipendenti Alcoa nei pressi di Palazzo Chigi hanno manifestato mettendo a dura prova le forze dell’ordine, facendo esplodere petardi e accendendo roghi di spazzatura, alimentati con delle assi di legno trovate nelle strade limitrofe.


attualità

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Per Varesi: «Non si possono rinviare ulteriormente interventi a sostegno del lavoro»

2010, ancora in crescita la disoccupazione Per la Bce nel 2010 la disoccupazione sarà ancora aumento. Per Paolo Varesi, segretario confederale dell’Ugl «se la ripresa si riavvia, pur debolmente, mentre l’occupazione andrà in una opposta direzione significa che non si possono rinviare ulteriormente interventi a sostegno del lavoro e dei redditi». In pratica per l’anno appena iniziato la Bce ha previsto che da una parte l’economia di Eurolandia mostra segnali di miglioramento, così come rilvato anche dalla Banca d’Italia, pur avanzando un tasso moderato e in modo discontinuo, mentre aleggerà ancora il fantasma di un aumento della disoccupazione. «La disoccupazione nell’area dell’euro – ha avvertito la Bce – dovrebbe seguitare ad aumentare in certa misura, attenuando la crescita dei consumi», sebbene il ritmo dell’aumento sarà comunque inferiore a quello osservato e atteso all’inizio del 2009. Di conseguenza, «l’economia dell’area avrà un ritmo moderato nel 2010 e il processo di recupero potrebbe risultare discontinuo». Ecco

miliardi, somma aggiuntiva a quella destinata agli ammortizzatori sociali. Ricordiamo che obiettivo del tavolo, a cui partecipa anche l’Ugl e che avrà una seconda “puntata”, è aumentare l’occupabilità delle persone. Le misure sono rivolte a inoccupati, disoccupati e inattivi ancorché titolari di un rapporto lavoro, onde evitare il cronicizzarsi di inattività e accompagnare nel 2010 politiche sostegno del reddito con politiche di sostegno delle competenze. «Abbiamo sempre detto che il 2010 sarà un anno impegnativo dal punto di vista sociale, anche in un contesto di ripresa selettiva, non generalizzata, ecco perché – ha spiegato Sacconi – è decisivo l’accordo Stato-Regioni-parti sociali sulla formazione. Non solo ammortizzatori sociali, serve anche la formazione» ha sottolineato il ministro. Tuttavia per Varesi però «se è vero che le risorse per la formazione potranno essere utili ai lavoratori per non perdere insieme all’occupazione anche la qualificazione professionale, servono misure di garanzia e di contenimento più adeguate

Per la Bce la perdita di posti di lavoro si accompagnerà anche ad una contrazione dei consumi dimostrato che crescita economica ci può essere solo se c’è anche occupazione. In poche parole se il lavoro non c’è, il mercato non gira. Allora perché rinviare ancora sostegni a favore di chi una occupazione già ce l’ha, ma rischia di perderla, e di chi la sta cercando? Anche in tempi di crisi si può, anzi si deve, per evitare che tutto si fermi, creare nuovi posti di lavoro e ancorare le persone, con strumenti adeguati, al proprio posto di lavoro. Secondo il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, una risposta concreta che il governo è in grado di dare nell’immediato futuro contro lo spettro dell’aumento della disoccupazione verrà dal tavolo sulla formazione professionale per il quale il governo ha stanziato risorse pari a 2,5

ad una eventuale crescita della disoccupazione rispetto alla protezione fornita dalla cassa integrazione, affinché tutte le categorie, anche i precari, siano tutelate». Quindi «occorre fare in modo che siano protetti tutti i lavoratori, in attesa di una vera riforma degli ammortizzatori sociali». Oltre a ciò, secondo il sindacalista «proprio alla luce di una crescita prevista in debole ripresa, occorrono sostegni ai redditi da pensione e da lavoro. Il risanamento dei conti pubblici non può pregiudicare interventi attesi da anni per lavoratori e pensionati. È diventato più che mai necessario dare un segnale concreto a categorie sino ad oggi trascurate». Facendo un consuntivo dell’anno appena tra-

scorso, secondo la Banca d’Italia la crisi economica ha portato a un aumento della disoccupazione colpendo soprattutto giovani e immigrati. A luglio-settembre del 2009 «il numero di persone in cerca di un impiego è salito per il quarto trimestre consecutivo a 1.942.000 unità al netto dei fattori stagionali, con un aumento del 3,8 per cento sul periodo precedente (la crescita era

Covip: «Rallentano adesioni a fondi, oltre 5 mln in 2009» A fine dicembre 2009 gli iscritti a forme pensionistiche complementari ammontano a oltre 5 milioni con un incremento, su base annua e al netto delle uscite, del 4,7 per cento, registrando però in rallentamento rispetto al 2008. Sono questi i dati resi noti dal presidente della Covip, Antonio Finocchiaro, in occasione di un’audizione in commissione Lavoro della Camera sulla gestione dei Fondi pensione. Dunque la previdenza complementare a tre anni dalla riforma presenta ancora delle criticità. Secondo Finocchiaro occorre «correggere le anomalie» anche con interventi legislativi, perché l’attuale insufficiente sviluppo dei fondi pensione può sollevare dubbi sulla possibilità di consentire ai lavoratori, in particolare ai meno anziani, una vecchiaia serena, sottolineando la necessità che «governo, parlamento, parti sociali ridiano slancio alla previdenza complementare, pianificando l’uscita dalla attuale situazione di stallo con decisioni razionali e condivise, con interventi che uniscano equità sociale e sostenibilità dei costi». Temi su cui in realtà l’Ugl spinge l’attenzione da sempre. Più volte il segretario confederale Nazzareno Mollicone ha fatto notare come la previdenza complementare rappresenti uno strumento «importante che va ulteriormente potenziato, soprattutto per attirare i più giovani, ma anche i dipendenti pubblici e delle pmi». Indicando come soluzioni «misure legislative per la revisione del trattamento fiscale dei fondi. Occorre inotre rendere effettiva la discussione sui contributi non versati tempestivamente dalle aziende. Così come, proprio perché ci troviamo in un periodo di crisi, è importante a livello

informativo porre l’accento sull’affidabilità dei fondi negoziali, che non sono “luoghi di speculazione” ma di garanzia per i risparmi dei lavoratori». Il presidente della Covip ha evidenziato come «nel complesso il sistema appare sufficientemente solido, con una capacità di tenuta superiore a quella registrata in altri Paesi. Un risultato da attribuire anche alle normative che regolano l’attività dei fondi italiani nonché all’azione della Covip». Tuttavia, ha ribadito, mentre dai risultati della gestione finanziaria vengono segnali incoraggianti e «tali da restituire un clima di fiducia, non altrettanto può dirsi in relazione all’andamento delle adesioni» che appunto crescono meno rispetto all’anno precedente. Nel dettaglio i dati della Covip rivelano

che le adesioni risultano, per oltre il 70 per cento, relative a lavoratori dipendenti del settore privato: 3.750.000, circa il 27 per cento del totale degli occupati. I lavoratori autonomi iscritti ammontano al 20 per cento degli occupati, marginale la quota di lavoratori pubblici. La distribuzione degli aderenti per tipologie di fondi conferma la preferenza per quelli negoziali, con oltre 2.000.000 di iscritti, anche se questi non aumentano rispetto all’anno precedente; crescono di quasi 200.000 unità gli iscritti ai Pip (Piani individuali pensionistici) “nuovi”, che raggiungono, nel complesso, quasi 900.000 adesioni; si attestano a 820.000 unità gli iscritti ai fondi pensione aperti. La differenza rispetto al totale è costituita da aderenti a forme pensionistiche preesistenti la riforma del 2005 e a Pip “vecchi”. L'adesione alla previdenza complementare è stata maggiore fra quei lavoratori che, beneficiando di retribuzioni migliori e di sentieri occupazionali più stabili, al momento del pensionamento godranno di prestazioni di base più elevate. «Con una qualche generalizzazione – ha detto Finocchiaro – si potrebbe affermare che la previdenza complementare risulta maggiormente diffusa tra coloro che ne hanno un bisogno meno stringente». Ovviamente. Considerando peraltro il biennio 20082009, che include la fase acuta della crisi finanziaria, i rendimenti aggregati dei fondi pensione negoziali sono positivi (poco meno del 2 per cento), anche se inferiori al tasso di rivalutazione del Tfr; i fondi pensione aperti e i Pip “nuovi”, caratterizzati da un maggior contenuto azionario, sono invece rimasti negativi.

stata dell’1,7 per cento nel secondo trimestre)». L’incremento è stato particolarmente marcato tra i giovani in età compresa tra i 15 e i 24 anni (4,1 punti) e tra gli immigrati (3,7 punti). Addirittura per l’Ilo ammonterebbero a ben 83 milioni nel mondo i giovani disoccupati nel 2009. A pagare, come al solito, sono sempre i più deboli.

Donne in cerca di lavoro, problemi di sempre A cosa serve scoprire di tanto in tanto l’acqua calda? A ricordarsi di tutte le cose che ancora non sono cambiate, come ad esempio l’andamento dell’occupazione femminile in Italia. Due i problemi, secondo l’Istat. Il primo: conciliare famiglia e lavoro rimane un problema per le donne italiane. Il secondo: una donna su due non lavora, visto che nel 2008 in Italia le donne occupate sono state il 47,2 per cento contro il 70,3 degli uomini. Le donne italiane di età compresa tra i 35 e 45 anni si sono trovate da un lato ad aver sperimentato ad età sempre più avanzate alcune fasi cruciali dell’esistenza come il completamento degli studi, l’uscita dalla famiglia d’origine, il matrimonio o unione libera, i figli, ma dall’altro ad affrontare un mercato del lavoro ancora fortemente segmentato e sfavorevole ad un loro solido inserimento. Per l’Istat «i percorsi lavorativi femminili osservati in un arco temporale limitato a 10 anni dal primo impiego fanno emergere che il numero di figli avuti condiziona fortemente la capacità di gestire la famiglia e mantenere il proprio lavoro». Infatti a dieci anni dal primo impiego «si osserva che tra le casalinghe è minore la quota di chi si ferma al primo figlio: 20,5 per cento contro il 41,4 per cento delle occupate a 10 anni dall’ingresso nel mercato del lavoro». E questo è un aspetto «cruciale per il nostro Paese, caratterizzato da un moderato tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro e, contemporaneamente, da un basso livello di fecondità». Non c’è da meravigliarsi se l’Istat ha anche rilevato che nel 2003 «il 65,9 per cento degli intervistati che erano in coppia e che lo erano anche al 2007, non intendeva avere figli, né nel breve periodo (tre anni seguenti) né in futuro, il 26,8 per cento, intendeva averne nei 3 anni seguenti e il 4,2 per cento intendeva averne in futuro ma non nei successivi 3 anni». Anche a livello territoriale si denotano delle aspettative diverse in quanto in tutto il Mezzogiorno è più alto il desiderio delle coppie di avere figli. Poi le note dolenti: le lavoratrici temporanee, secondo il rapporto dell’Istat «hanno difficoltà a mantenere l’occupazione o a stabilizzarsi: la dinamica dei flussi evidenzia che le occupate a termine hanno una probabilità più alta di rimanere con un’occupazione temporanea (32,7 per cento contro il 20,5 per cento degli uomini) o di passare all’inattività (16,7 per cento contro il 9,1 per cento)». Sono le donne del Mezzogiorno a pagare il prezzo più alto (una su tre contro due uomini su tre). Problematica anche la situazione delle disoccupate al 2003, «rispetto agli uomini, le disoccupate passano molto più di frequente verso l’inattività, uscendo definitivamente dal mercato del lavoro, mentre la quota di chi permane nello stato di disoccupazione non presenta differenze di genere».


attualità

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Ronghi: «L’Italia è un paese duale. Serve presto un piano per il Mezzogiorno»

80 mila laureati fuggono dal Sud in cerca di migliori opportunità. Ma le famiglie continuano a mantenerli L’Ugl lo denuncia da anni: «L’Italia è un paese duale, con un Mezzogiorno che arretra sempre di più in termini di crescita, di vivibilità, disoccupazione e oggi anche di emigrazione». Con queste parole il segretario confederale dell’Ugl, Salvatore Ronghi, ha commentato una sconfortante rilevazione diffusa dalla Banca d’Italia sulla mobilità del lavoro in Italia, che rileva come oltre 80 mila laureati siano “emigrati” dal Mezzogiorno tra il 2000 e il 2005. Basta leggere i numeri per deprimersi, ma non certo per sorprendersi; dati che ci riportano indietro di un balzo alla metà del secolo scorso, perché le migrazioni interne non sono ancora diventate un ricordo in bianco e nero. Negli ultimi anni si è registrata una vera e pro-

«Da tempo chiediamo di avviare con immediatezza un tavolo di confronto per arrivare ad un programma serio di investimenti» pria “fuga dal Mezzogiorno”, con la differenza rispetto al passato che spesso a fare la valigia sono proprio per persone più qualificate. Tra il 2000 e il 2005 hanno lasciato il Sud ben 80 mila dottori, pari ad una media annua di 1,2 ogni 100 residenti in possesso dello stesso titolo di studio e tra il 1990 e il 2005, si sono trasferite al Nord quasi 2 milioni di persone. Secondo Palazzo Koch, «il Mezzogiorno diventa sempre meno capace di trattenere il proprio capitale umano, impoverendosi

della dotazione di uno dei fattori chiave per la crescita socioeconomicaregionale», perché la caratteristica distintiva delle ultime migrazioni è, che le rende motivo di impoverimento invece di una occasione di arricchimento come accadeva nel passato, la partenza di ragazzi istruiti e diretti sopratutto verso le grandi aree metropolitane del Centro Nord, come Roma, Milano e Bologna. Infatti il contesto rispetto ai flussi del passato è completamente cambiato: «i nuovi rapporti di lavoro – è scritto nel

rapporto – e la diffusione dei contratti a termine hanno inciso sugli incentivi alla mobilità geografica, rendendo più incerto il rendimento atteso dallo spostamento». E così se una volta era l’emigrato che sosteneva con le sue rimesse la famiglia rimasta del luogo d’origine, oggi è il contrario: i genitori continuano ad aiutare economicamente il giovane fino al suo completo inserimento nel mondo del lavoro. Per Salvatore Ronghi «bisogna ridare fiducia alle nuove generazioni ed è per questo che è

necessario provvedere con urgenza a bloccare la desertificazione industriale che sta colpendo il Mezzogiorno, evitando ad esempio la chiusura di aziende strategiche per alcuni territori come nel caso di Termini Imerese». All’inizio del mese di gennaio, il ministro dello Sviluppo economico aveva dichiarato che «il Piano per il Sud è quasi pronto, ed è una priorità assoluta». Intervistato dal quotidiano La Stampa il ministro ha spiegato che con il progetto si punterà sui laureati «passati al nord o all’estero: per i giovani “cervelli in fuga” si sta elaborando, un sistema di sgravi fiscali per invogliarli a tornare ai luoghi natii». In questi mesi una task force coordinata proprio da Scajola ha lavorato alla definizione del

“Piano Berlusconi per il Sud”, che dovrebbe essere presentato a breve, impostato insieme ai colleghi ministri sul rilancio dell’impresa, del lavoro e dell’iniziativa dei cittadini meridionali. Ronghi ha ricordato come l’Ugl «da tempo chiede di avviare con immediatezza un tavolo di confronto affinché il previsto Piano Sud si traduca in un atto concreto con un programma serio di investimenti così come va concretizzato il provvedimento annunciato del ministro Scajola a favore della ricerca e dell’innovazione per favorire un ritorno dei giovani ‘cervelli’ del Sud, evitando così una desertificazione economica e sociale dell’Italia meridionale che danneggerebbe tutto il Paese».

Il 7 gennaio esplodono gli scontri. Il bilancio è di 53 feriti, 21 sono extracomunitari

La rivolta degli immigrati a Rosarno Si riaccende il dibattito sul lavoro nero. Ugl: «Servono interventi strutturali per promuovere integrazione e valorizzare lavoro immigrati» «Gli immigrati sono una risorsa per il nostro Paese, contribuiscono a creare ricchezza e ciò richiede politiche capaci di portare avanti i principi d’integrazione e accoglienza sui quali si fonda l’impegno dell’Ugl nei confronti dei lavoratori immigrati». Questo il commento del segretario confederale Marina Porro in merito alla rivolta degli extracomunitari avvenuta il 7 gennaio a Rosarno, in Calabria. Scene di una città in guerra quelle rimbalzate sui tg e sulle testate italiane: centinaia di auto distrutte, cassonetti divelti e svuotati sull’asfalto, ringhiere di abitazioni danneggiate. Il bilancio è stato altrettanto sconcertante: 53 i feriti, 21 dei quali extracomunitari, 14 abitanti del luogo e 18 delle forze dell’ordine. L’ondata di violenza, scoppiata dopo il ferimento di due extracomunitari, è durata quasi ventiquattro ore. Una clima incandescente che ha posto ancora una volta al centro dell’attenzione l’annoso problema dell’immigrazione e del lavoro nero. Da un lato, infatti, il ministro dell’Interno Roberto Maroni, secondo il quale la rivolta degli extracomunitari a Rosarno rappresenta «una situazione difficile», determinata dal fatto che «in tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, una immigrazione clandestina che da un lato ha alimentato la criminalità e dal-

l’altro ha generato situazioni di forte degrado». Dall’altro i sindacati che hanno sottolineato come, troppo spesso, in agricoltura il lavoro degli immigrati extracomunitari sia al limite della schiavitù. «I fatti di Rosarno – ha spiegato Porro – pongono fortemente l’accento sul lavoro nero che deve essere combattuto con controlli più efficaci, anche con un maggiore impiego sul territorio degli ispettori del lavoro e degli accertatori, e attraverso analisi incrociate volte ad individuare la presenza di irregolarità nelle aziende cui corrispondano sanzioni più severe». Per la sindacalista «l’inclusione sociale non avviene solo garantendo un qualunque posto di lavoro allo straniero, ma deve trattarsi di un rapporto di lavoro regolare, che non mortifichi la persona. Per i giovani immigrati – ha aggiunto – è ancora molto difficile integrarsi, perché la manodopera straniera sconta una bassa qualificazione a causa delle difficoltà burocratiche legate al permesso di soggiorno ed al riconoscimento dei titoli di studio acquisiti all’estero. Infatti, molti immigrati in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno si ritrovano, loro malgrado, in stato di clandestinità e costretti a lavorare in nero, senza alcuna garanzia previdenziale ed assistenziale, esposti a maggiori rischi anche in termini di sicurezza sul la-

voro». E sul tema del lavoro nero è stato proprio il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi ad annunciare l’intenzione del governo di mettere a punto un piano nazionale di contrasto da accompagnare al dialogo con le organizzazioni rappresentative dei lavoratori e degli imprenditori. Una linea che per la Porro «va nella direzione che l’Ugl chiede da tempo». Secondo la sindacalista, infatti, «per combattere il fenomeno, occorre innanzitutto procedere in favore di chi è soggetto a lavoro nero ad esempio mediante la possibilità della copertura dei periodi di assenza contributiva con contribuzione figurativa per l’intero periodo nel quale sono stati occupati in forma non regolare. L’Ugl è pronta a dare il proprio contributo nell’ambito del confronto con le parti sociali per affrontare e risolvere una problematica tanto rilevante». Il problema dell’immigrazione, infatti, richiede interventi strutturali, ha sottolineato anche il presidente del Sei Ugl Luciano Lagamba rimarcando come «le problematiche all’origine della violenza che ha scosso l’area calabrese sono frutto di fenomeni migratori complessi che hanno trasformato il tessuto socio-economico ed attanagliano altre aree a rischio, in particolar modo le zone agricole del Mezzogiorno dove

gli immigrati lavorano in condizioni disumane e senza alcuna garanzia sociale. La situazione è ancor più insoste-

nibile se si considera che il lavoro degli immigrati è una fonte primaria di ricchezza per il Paese, come ha evidenziato

anche Bankitalia, e contribuisce in maniera determinante al bilancio attivo della casse previdenziali nazionali».

Esplode una bomba vicino alla Procura generale

Attentato a Reggio Calabria Solidarietà è stata espressa dall’Ugl per il vile attentato che il 3 gennaio ha colpito la città di Reggio Calabria. La città si è svegliata sotto choc a causa dello scoppio di un ordigno ad alto potenziale, che è stato fatto brillare davanti all'ingresso dell'ufficio del Giudice di pace di Reggio Calabria accanto al portone della Procura generale, in piazza Castello. Secondo le forze dell’ordine, dietro l’attentato, si nasconderebbe la mano della ‘ndrangheta frutto di una «decisione condivisa» da buona parte delle cosche più importanti. Davanti ad un nuovo colpo della malavita organizzata la città ha risposto con una fiaccolata silenziosa organizzata il 7 gennaio a cui ha partecipato anche l’Ugl di Reggio Calabria. I manifestanti hanno sfilato intorno al vecchio palazzo di giustizia della città per testimoniare la loro solidarietà ai magistrati dopo l’esplosione della bomba. «Gli ultimi colpi inferti alla ‘ndrangheta – ha spiegato il segretario regionale della Calabria Antonio Franco - hanno ridato fiducia e

speranza ai reggini ed ai calabresi onesti e laboriosi vittime anch’essi della criminalità organizzata. Per questo l’Ugl continuerà a supportare il lavoro e i sacrifici di quanti sono impegnati nell’azione di contrasto alla ‘ndrangheta, affinché anche a Reggio ed in Calabria si possa vivere senza nessun cappio mafioso e nel pieno rispetto della legalità». Solidarietà è stata espressa anche dalla segretaria nazionale dell’Ugl Ministeri che ha partecipato al sit-in silenzioso promosso dall’associazione Libera e tenutosi in Piazza Castello il 4 gennaio sempre a Reggio Calabria. «Ribadiamo – ha spiegato il segretario nazionale Paola Saraceni – che sulla partita giustizia, oggi più che mai, occorra intervenire sugli organici e sull’organizzazione di tribunali e procure. Non è più pensabile ostacolare la delinquenza con tribunali che cadono a pezzi, strumenti che non ci sono. La disorganizzazione può produce più danni di quanto si possa pensare».


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4000 i posti a rischio, 100 le testate che sparirebbero

Un errore tagliare i fondi pubblici all’editoria

«C’è un grande fermento nell’editoria e l’Ugl, non da oggi, è al fianco anche di questi lavoratori» di Cristina Ricci Il 13 gennaio si è svolto un incontro nella sede della Federazione Nazionale della Stampa alla quale hanno preso parte i Comitati di Redazione dei giornali interessati dai tagli all’editoria, Mediacoop, parlamentari e sindacalisti come il segretario confederale dell’Ugl, Cristina Ricci. Dalla riunione è emersa una vasta opinione contraria ai suddetti tagli che penalizzano le testate no-profit, delle cooperative, dei giornali locali, di partito e delle comunità linguistiche. Pubblichiamo di seguito le motivazioni che hanno spinto l’Ugl ad appoggiare questa battaglia.

In gioco non c’è soltanto un’attività economica ma la pluralità delle opinioni

«Le libertà di pensiero, di opinione e di stampa costituiscono i cardini delle democrazie, fermo restando, il principio secondo cui il confine della libertà di ciascuno è segnato dal punto esatto in cui inizia quella dell’altro. Più volte, nel corso degli ultimi anni, si è tentato di intervenire, attraverso provvedimenti legislativi, sui finanziamenti pubblici all’editoria, che permettono il sostentamento di molte testate. Non a caso uso il verbo “permettere”, poiché alcune di esse, cosiddette di nicchia, correrebbero forti rischi di chiusura, nel caso non potessero più beneficiare dei contributi pubblici. Ciò significherebbe non soltanto perdere posti

di lavoro fra giornalisti e poligrafici, che sarebbe già un problema rilevante, ma anche disperdere idee e linee di pensiero che, pur destando interesse magari solo di una ristretta minoranza di persone, hanno comunque diritto di esistere. Volendo citare alcune cifre, sarebbero circa 100 le testate a rischio chiusura ed intorno ai 4000 i posti di lavoro eventualmente perduti, stando ai dati riportati in un comunicato della Federazione Nazionale della Stampa Italiana del 12 gennaio scorso. Questa la situazione che potrebbe prospettarsi qualora non venisse ripristinato il diritto soggettivo ai contributi all’editoria, soppresso dal comma 62 dell’articolo 2 della legge finanziaria. Inoltre tali tagli intervengono in un momento già grave dal punto di vista economico per le famiglie italiane, per le quali anche la lettura dei quotidiani o del settimanale preferito può diventare un bene cui poter rinunciare. Questo aspetto, tanto più, comporta l’esigenza , che ora diventa indispensabile, della certezza del finanziamento pubblico all’editoria, attraverso il riconoscimento del diritto soggettivo, che permette di conoscere in tempo la cifra del contributo erogato, così da poter programmare le attività dell’anno della testata. Diversamente, esso viene stabilito soltanto alla fine dell’anno successivo a quello di riferimento: ciò penalizza tutte le testate, ma principalmente quelle piccole o “di nicchia”, magari altamente specializzate e rappresentanti di particolari settori produttivi, che non hanno possibilità di mantenersi in altro modo. Ovviamente c’è grande fermento da parte del mondo dell’editoria, rispetto al pericolo che esso corre, e la Ugl, non da oggi, è al fianco anche di questi lavoratori, che sono in ansia per il loro posto di lavoro. Ma accanto al problema della perdita dei posti di lavoro, ritengo della medesima rilevanza la questione del confronto fra opinioni diverse, anche attraverso la carta stampata.La diffusione di una pluralità di idee rappresenta la misura della vitalità e del progresso di una nazione e dobbiamo impegnarci affinché essa non venga mai meno».

Ex-Eutelia: i lavoratori scioperano, Palazzo Chigi convoca L’Ugl Metalmeccanici ha deciso di «scioperare il 25 gennaio per dare sostegno e solidarietà ai lavoratori ex Eutelia e per lanciare un allarme sulla loro assurda condizione, che li vede costretti a stare in un limbo oramai insostenibile, in quanto, pur non essendo tecnicamente licenziati, non possono dire comunque di avere un’occupazione». Lo ha annunciato lo stesso segretario nazionale dell’Ugl Metalmeccanici, Giovanni Centrella, chiedendo «al governo di intervenire con la convocazione a breve di un tavolo promesso nell’ultimo incontro di dicembre, al fine di conoscere la reale situazione dell’azienda che i commissari avranno avuto il tempo di valutare. Ai lavoratori serve più che mai chiarezza». Nella stessa giornata i lavoratori hanno scioperato per 8 ore e manifestato a Roma per il gruppo Eutelia/Agile, chiedendo al Governo di assumere pienamente la regia di questa complicata vicenda. Infatti nell’incontro del 9 dicembre a Palazzo Chigi il governo aveva assunto degli impegni relativi alle retribuzioni dei lavoratori e al mantenimento delle sedi e delle commesse. È giunta in seguito la risposta della presidenza del Consiglio dei ministri con una convocazione per il 1° febbraio.

Nuovi investitori interessati. Alitalia-Cai ha garantito il mantenimento delle commesse

Ams, secondo round per la cessione «Ci conforta l’ingresso di nuovi partner, come Bedek e Invitalia, nel processo di privatizzazione di Ams ma è importante che si stringano i tempi dell’operazione perché ogni giorno che passa peggiorano le condizioni del lavoro e anche della produttività, causando ingenti perdite e rendendo più difficile il riposizionamento della nuova Ams sul mercato». Sono queste le parole che Roberto Panella, segretario nazionale dell’Ugl Trasporti, ha dichiarato nel corso del secondo incontro a Palazzo Chigi, il 16 gennaio, sulla cessione di Ams, la società di manutenzione dei motori della “vecchia” Alitalia, riferendosi anche alla tensione salita alle stelle a Fiumicino dopo la decisione di Alitalia-Cai di affidare la manutenzione di un motore ad un’altra società. Al tavolo erano seduti il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, l’ad di Alitalia, Rocco Sabelli, il commissario Fantozzi, i sindacati e il capo della cordata “Iniziativa Prima” Maurizio Tucci, pronta a rilevare Ams. Dopo un lungo periodo di stallo, il dossier nelle mani del commissario straordinario, Augusto Fantozzi, dovrebbe ormai essere entrato nel vivo. Le novità principali riguardano proprio la compagine azionaria della newco: Fantozzi ha annunciato l’interesse del gruppo israeliano Bedek Aviation Group a fare il proprio ingresso nel capitale con una quota che potrebbe arrivare fino al 35 per cento. Un interesse che sarebbe il frutto dell’impegno messo in campo dallo stesso Fantozzi dopo aver contattato e sollecitato personalmente il gruppo israeliano. L’obiettivo sarebbe quello di definire un azionariato dal profilo industriale consono al core business di Ams. Così dal full service provider per i servizi

di manutenzione di motori per l’aviazione commerciale e militare sarebbe arrivata la disponibilità a partecipare al progetto anche con un consistente pacchetto azionario. Ma anche l’impegno di altri soggetti fondamentali in questa partita è stato determinante. A cominciare dall’amministratore delegato di Alitalia-Cai, Rocco Sabelli, che ha dovuto assicurare la partecipazione della sua azienda per una quota pari al 15 per cento, sulla falsariga di quanto è avvenuto nell’operazione di cessione di Atitech, la società di manutenzione napoletana, così come previsto dagli accordi sottoscritti nell’autunno 2008 dalla Cai, e garantire le commesse di Ams. Nella partita, sono pronti a scendere anche Invitalia, l’agenzia per lo sviluppo di impresa, che dovrebbe contribuire con finanziamenti per i primi cinque anni, e Gianni Lettieri, il presidente degli industriali di Napoli e capo della cordata che ha rilevato Atitech, che avrebbe manifestato interesse all’operazione. I tempi dell’operazione si stanno “coagulando”, in quanto nelle settimane successive all’incontro si è lavorato alla definizione dell’azionariato della cordata e alla predisposizione del nuovo piano industriale con l’obiettivo di tagliare il traguardo entro il mese di febbraio. Dunque, il secondo round a Palazzo Chigi l’attesa sembra essere rivolta al nuovo business plan, anche se occorre ricordare che nei giorni che hanno preceduto la riunione la tensione era arrivata alle stelle in seguito alla decisione di Alitalia Cai di affidare la manutenzione di un Airbus 320 a una società svizzera anziché lasciarlo in lavorazione a Fiumicino. Per quattro giorni, i lavoratori della società hanno let-

teralmente tenuto in ostaggio il motore, impedendone la partenza per Zurigo. Il motore è stato poi “liberato” da un intervento delle forze dell’ordine. Ecco perché la sera stessa del 16 gennaio, Sabelli ha assicurato la continuità delle commesse ad Ams, sollecitando anche sollecitato il rispetto dei tempi nelle consegne. Che tuttavia dipendono, a loro volta, da un ‘debito’ abbastanza cospicuo di AlitaliaCai nei confronti di Ams proprio per le manutenzioni già effettuate. Il solito “serpente che si mangia la coda”. Per quanto riguarda, però, i dettagli e i numeri del piano industriale, in particolare quelli relativi all’occupazione, su cui è puntata ovviamente tutta l’attenzione dei sindacati e dei lavoratori, non è emerso ancora nulla perché l’ingresso dei nuovi soci ha cambiato in maniera determinante, ed è stato detto «in meglio», il progetto industriale. Certamente gli obiettivi che Tucci si è prefisso sono ambiziosi: «Ams è un’eccellenza unica nel campo della motoristica – ha detto – e l’Italia non può permettersi di perderla. L’alternativa alla vendita era la liquidazione e questa sarebbe stata un’ipotesi sciagurata. Ora, vogliamo non solo salvare ma, soprattutto rilanciare questo polo». Il capo della “cordata” pensa a un’azienda che non sia solo legata alla committenza di Alitalia, ma anche a clienti terzi e per fare questo «occorre recuperare una credibilità internazionale». Non è da escludere che, in futuro, «possa allargarsi il core business della motoristica aeronautica a quello di altri comparti come la nautica». Sì, sarebbe veramente bello. Intanto meglio attendere il piano industriale prima di cantare vittoria.

Nuova sede per l’Ugl regionale a L’Aquila

ABRUZZO: GOVERNO SOSPENDE PER ALTRI SEI MESI IL PAGAMENTO DELLE TASSE Il 31 dicembre 2009 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto Milleproroghe, con l’ordinanza firmata da Berlusconi per la sospensione, valida fino a giugno 2010 e per tutti i terremotati, degli obblighi fiscali per le famiglie e le imprese abruzzesi residenti all’interno del “cratere sismico”. Per l’Ugl Abruzzo (che ha cambiato sede trasferendosi da Pescara a L’Aquila in viale Alcide de Gasperi n. 34) si tratta di un provvedimento doveroso nei confronti di tanti cittadini in cassa integrazione e nella totale impossibilità di far fronte al versamento dei tributi. È stato lo stesso Piero Peretti, segretario regionale dell’Ugl Abruzzo, a chiedere in occasione di un incontro con il Capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, anche l’Abruzzo, così come accadde per l’Umbria, un periodo di sospensione dalle tasse di almeno 18 mesi, la restituzione dopo dieci anni in centoventi rate e per un importo pari al 40 per cento del totale, l’approvazione della zona franca, «una misura fondamentale –ha sottolineato il sindacalista – per porre le basi di un rilancio delle pmi, principale patrimonio produttivo del nostro territorio».


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News dagli Uffici confederali Presentato il Rapporto Strategico dei Fondi Strutturali 2009: spesa ancora troppo bassa a discapito del Paese e soprattutto del Mezzogiorno Presentato dall’Italia alla Commissione Europea il Rapporto Strategico 2009. Dall’ analisi che il documento presenta, si evince che il contesto economico e finanziario in cui operano le politiche avviate nell’ambito del Quadro,contrassegnato a fine 2009 da una situazione nazionale e internazionale in via di miglioramento ma ancora soggetta ai possibili contraccolpi della crisi globale, è stato interessato nel corso del triennio 2007-09 da importanti trasformazioni. In particolare, i dati mostrano come l’economia italiana continua a evidenziare elementi contrastanti Da un lato: una maggiore debolezza strutturale rispetto ai principali paesi industrializzati, europei e non, determinata sia dall’inadeguatezza di alcuni importanti fattori produttivi (innovazione tecnologica, competenze umane, concorrenzialità dei servizi, dotazione infrastrutturale) sia dalla persistenza di forti vincoli di bilancio a causa della dimensione del debito pubblico; un’evoluzione a livello territoriale ancora sfavorevole per le regioni meridionali, in particolare quelle dell’Obiettivo Convergenza, che, pur meno penalizzate dal crollo delle esportazioni come avvenuto nel resto del paese, continuano a risentire della maggiore fragilità del loro tessuto produttivo e della debolezza della domanda per consumi. Dall’altro: una minore incidenza dei fattori che hanno originato o aggravato la recessione internazionale (insufficiente patrimonalizzazione delle banche, elevato indebitamento delle famiglie, bolla immobiliare); una ripercussione sostanzialmente contenuta in relazione ad altri partner Ue degli effetti della crisi sulla forza lavoro, in particolare per l’ampliamento, per dimensione e per tipologia, della tutela assicurata dagli ammortizzatori sociali. In particolare, si evidenzia come gli effetti della crisi internazionale hanno reso più difficili le condizioni di finanza pubblica in tutti i paesi europei, con significativi aumenti dei disavanzi annuali e della consistenza del debito pubblico. In Italia tale dinamica è stata relativamente contenuta, ma intervenendo su una situazione pregressa di debito elevato, ha imposto comunque un’attenzione particolare agli andamenti della spesa pubblica sia corrente sia in conto capitale. È in questo contesto che, secondo il documento, sono maturate le misure di riduzione e concentrazione delle risorse nazionali aggiuntive del Fondo Aree Sottoutilizzate che hanno determinato una sostanziale revisione dell’impianto programmatico unitario originariamente definito, con effetti anche sul livello dell’addizionalità del contributo dei fondi strutturali, per il quale al momento è ipotizzabile un decremento del 15 per cento circa rispetto al livello fissato ex ante. In questo contesto, vale a dire in una fase fortemente segnata dall’aggravamento del contesto macroeconomico e finanziario, proprio il ruolo della politica di coesione, così fortemente messa in discussione per la programmazione post 2013, risulta particolarmente rilevante per la creazione di un contesto più attraente per le imprese e una migliore offerta di servizi ai cittadini con un volume significativo di investimenti destinato al rafforzamento delle infrastrutture e servizi di trasporto, al miglioramento dei servizi ambientali (acqua, rifiuti, 5 difesa del suolo) e allo sviluppo delle energie rinnovabili e del-

l’efficienza e del risparmio energetico; per la promozione della conoscenza e dell’innovazione, con interventi finalizzati soprattutto al miglioramento dei sistemi di istruzione e formazione, al rafforzamento delle competenze dei giovani, soprattutto nel Mezzogiorno dove si registrano i ritardi più rilevanti; all’abbattimento del digital divide, all’utilizzo più diffuso delle nuove tecnologie dell’informazione nelle scuole, così come nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione, e allo sviluppo della ricerca e innovazione da parte delle imprese, in collaborazione con università e centri di ricerca, anche tramite il sostegno al trasferimento tecnologico; per l’ampliamento e la migliore qualificazione della forza lavoro, con l’obiettivo di realizzare un sistema integrato di formazione e lavoro efficiente e qualitativamente adeguato a sostenere gli obiettivi di competitività, sviluppo e occupazione, dando priorità, a partire dalla fine del 2008, alle azioni maggiormente in grado di contrastare gli effetti della crisi sul mercato del lavoro e sostenere la coesione sociale. Il Documento pone articolare rilevanza in questo contesto, all’attivazione di interventi coordinati di sostegno alle competenze e al reddito per i lavoratori colpiti dalla crisi economica, in attuazione dello specifico Accordo Stato-Regioni. Più nello specifico, dall’analisi condotta nelle singole Priorità tematiche del Quadro emerge che, pur con differenze anche sensibili fra le diverse Priorità, al 30 settembre 2009 si registrava un livello di attivazione complessiva pari al 38 per cento delle risorse programmate. L’importo degli interventi attivati al 30 settembre 2009 dai Programmi Operativi, corrispondente al 38 per cento delle risorse comunitarie programmate (41 per cento nel caso dei Programmi FESR; 28 per cento nel caso dei Programmi FSE), si presenta molto differenziato tra i diversi Programmi: per taluni di essi l’attivazione corrispondeva alla quasi totalità delle risorse programmate, o a livelli comunque molto rilevanti. Per altri si registravano percentuali di attivazione molto modeste, a testimonianza di persistenti difficoltà nella fase di avvio, evidenziandosi la necessità di un forte impegno per la definitiva entrata a regime, per la quale resta necessaria una attenta sorveglianza sulla messa a punto di tutte le condizioni atte a sostenere e consolidare il recupero. La spesa a valere sui Programmi operativi al 30 settembre 2009 si presentava ancora molto modesta, anche a motivo della sovrapposizione dell’avvio del nuovo ciclo con le attività di chiusura del ciclo 20002006, protrattesi per effetto della proroga al 30 giugno 2009. Ciò ha determinato, per il Rapporto, una forte accentuazione della tradizionale concentrazione delle attività di certificazione delle spese nella fase terminale dell’anno. i spesa per 2,1 miliardi di euro. Una spesa bassa e modesta, dunque, stando già a metà periodo della Programmazione, con il rischio, estremamente fondato, di perdere centinaia di euro già assegnate, un rischio che evidentemente il Paese ed il Mezzogiorno, in particolare non si può permettere.

Maria Rosaria Pugliese Responsabile ufficio Fondi Strutturali e Tavoli di Partenariato

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Finanziaria 2010: quali vantaggi per i giovani Fra gli articoli dell’ultima legge Finanziaria per il 2010 (legge 191/2009) ce ne sono alcuni che riguardano più da vicino i giovani. Innanzitutto ci si occupa di un problema molto importante: l’acquisto della prima casa. Con la Finanziaria si ribadisce lo stanziamento di 10 milioni di euro per il 2010, già previsto dalla legge 133/2008. Ma la norma non si limita a riconfermare i fondi: ne vengono infatti ridefinite le modalità di accesso con la trasformazione del Fondo speciale di garanzia presso il Dipartimento della gioventù in un vero e proprio Fondo per l'accesso al credito, cui possono accedere le giovani coppie o i nuclei familiari con un solo genitore e figli minori, con priorità per le famiglie i cui componenti non risultano occupati con rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Proprio al ministero della Gioventù spetterà, poi, il compito di stabilire i criteri per l’accesso e le modalità di funzionamento del Fondo mediante uno specifico decreto ministeriale. Per garantire un migliore coordinamento, date anche le prerogative delle Regioni in questo settore, si prevede anche un ampliamento del raccordo con le altre istituzioni. Nella gestione del Fondo saranno infatti coinvolti, oltre al ministero dell'Economia e delle Fnanze e le singole Regioni, anche il ministero delle Infrastrutture e la Conferenza unificata StatoRegioni. Un altro aspetto molto importante che riguarda tanti giovani, e non solo, è quello del lavoro. La legge affronta parte del problema legato alla precarietà del lavoro occupandosi dei collaboratori coordinati e continuativi, aumentando l’importo della somma che viene loro riconosciuta in caso di disoccupazione. La somma che con la precedente legge 2/2009 era pari al 10 per cento del reddito percepito l’anno precedente diventa pari al 30 per cento e comunque non superiore a 4.000 euro. I collaboratori per poter accedere a tale somma devono corrispondere ad alcuni requisiti (essere senza contratto di lavoro da almeno due mesi, aver operato in

regime di mono committenza, aver conseguito l'anno precedente un reddito lordo non superiore a 20.000 euro e non inferiore a 5.000 euro ed abbiano versato nell’anno di riferimento almeno una mensilità presso la gestione separata dell’Inps e almeno tre mensilità nell'anno precedente). Per quanto riguarda i giovani che intendano superare la crisi occupazionale avviando delle attività in proprio, nella Finanziaria si conferma la legge 247/2007, che regolamenta l’accesso da parte di giovani di età inferiore a 25 anni, 29 se laureati, a fondi finalizzati a sostenere l’attività intermittente dei lavoratori a progetto. L’accesso a tali fondi consente ai giovani di ottenere un credito fino a 600 euro mensili per dodici mesi con restituzione posticipata a ventiquattro o trentasei mesi. Nella Finanziaria si attuano delle modifiche: infatti tali fondi vengono riservati nello specifico ai giovani che intendano sviluppare attività innovative e imprenditoriali. Infine l’Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze, istituito con la legge 266/2005, si trasforma in Osservatorio nazionale sulle comunità giovanili, assumendo quindi il compito di promuovere e valorizzare le attività delle associazioni giovanili. L’Osservatorio, che ha una dotazione finanziaria di 3 milioni di euro per l'anno 2010, precedentemente faceva capo al Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, mentre ora è istituito presso il Dipartimento della gioventù. Nel complesso una serie di misure importanti, seppure non certo risolutive, per aiutare i giovani ad affrontare il difficile periodo economico. Un impegno che l’Ugl Giovani apprezza, continuando però a ribadire le proprie richieste per riforme più incisive, specie nel settore delle politiche fiscali e della tassazione del lavoro dipendente – stabile e flessibile e in quello, altrettanto fondamentale per i giovani, delle politiche abitative.

Antonio Polica Coordinatore Nazionale Ugl Giovani

Ufficio H, sei tavoli tematici La necessità di conoscere e di approfondire la realtà di alcuni fenomeni riguardanti il complesso e articolato mondo della disabilità, ha portato l’Ufficio per le diverse abilità (Ufficio H) dell’Ugl a istituire 6 tavoli di lavoro tematici. L’obiettivo non è solo conoscitivo, ma anche quello di elaborare progetti da avanzare poi alle competenti autorità istituzionali per dare adeguate risposte ai molteplici problemi assistenziali ed esistenziali delle persone con disabilità e delle loro famiglie, favorendone l’inclusione sociale, in linea con la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità recepita con la legge18 del 3 marzo 2009. Un primo tavolo si occuperà della “condizione dei lavoratori con disabilità”, troppo spesso emarginati dopo l’assunzione in quanto considerati pesi e non risorse. L’indagine conoscitiva servirà a capire qual è la loro reale condizione, quali sono le barriere che impediscono loro di poter evolvere professionalmente e le dimensioni dei fenomeni di chiusura nei loro confronti da parte delle autorità preposte. Il fine è di trovare strumenti innovativi per favorire la reale partecipazione dei lavoratori con disabilità al mondo del lavoro. Il tavolo sarà coordinato dall’Avv. Filippo Panone. Un secondo tavolo, coordinato dalla Dott.ssa Anna Maria Iacurti, in collaborazione con il SEI e con la partecipazione di rappresentanti di alcune associazioni storiche del settore, quali la Cooperativa Capodarco, la Caritas e la Comunità di Sant’Egidio, cercherà di conoscere la dimensione del fenomeno dei “Figli disabili degli immigati”, di cui si percepisce la gravità ma non se ne conosce l’entità, data la sua peculiare natura criptica. “La disabilità grave” è il tema del terzo tavolo di lavoro, che sarà coordinato dalla Dott.ssa Valentina Valenti e cercherà di elaborare risposte ai tanti problemi, peraltro già conosciuti ma troppo spesso rimossi, delle per-

sone con disabilità e delle loro famiglie che, considerati gli insufficienti interventi finanziari dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali, si fanno carico di quasi tutti gli oneri assistenziali, consumando al chiuso delle mura domestiche anche i loro drammi esistenziali. La necessità di trovare nuove forme di sensibilizzazione della pubblica opinione sui temi della disabilità, che risultano ormai quasi espulsi dalla percezione collettiva, è il tema fondante del quarto tavolo, “la comunicazione”, coordinato dal Dott. Renato Salvicchi e dalla Dott.ssa Mena Cangiano. Le politiche sociali finora attuate non hanno considerato le imprescindibili “esigenze relazionali e affettive delle persone con disabilità”, troppo spesso considerate “asessuate”, nonostante il grande richiamo fatto anni or sono da Giovanni Paolo II. Proprio la necessità di studiare a fondo il fenomeno e di elaborare adeguate e innovative proposte tali da spazzare via anche i tabù che caratterizzano da sempre tale tematica, ha portato all’istituzione di un quinto tavolo di lavoro coordinato dalla Prof.ssa Rory Previti. Una riflessione specifica meritano i temi dell’”accessibilità e delle barriere architettoniche”, principi fondamentali della Convenzione Onu, per consentire, attraverso la rilevazione delle criticità presenti in tutti gli ambiti, la segnalazione alle competenti autorità per la loro rimozione, permettendo così alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita. Tale tavolo, coordinato dal Dott. Umberto Avvisati e dal Dott. Francesco Martire, si avvarrà anche della collaborazione della Cooperativa Capodarco.

Giovanni Scacciavillani Responsabile Ufficio per le diverse abilità (ufficio H) Ugl

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L’Agora’ dei Diritti e delle Pari Opportunita’

Ugl Federazioni Nazionali, nascono i Laboratori dei Diritti e delle Opportunità di Ornella Petillo * Il nome da dare a questa struttura ci ha tenuto un po’ sospesi. Poi abbiamo pensato a qualcosa che coniugasse l’osservazione, la sperimentazione e la voglia di fare per migliorare le condizione delle lavoratrici e dei lavoratori, soprattutto per le categorie più svantaggiate. A questo lavoro si sono accompagnate l’esigenza della comunicazione e quella della condivisione per non lasciare chiuso solo nell’area di riferimento un grande patrimonio di lavoro fatto dalle strutture federali dell’Ugl. Così è nato il Laboratorio dei diritti e delle oppor-

tunità. L’entusiasmo ha fatto il resto, ci siamo riuniti, confrontati e finalmente è arrivato il momento di presentare questa struttura che potrà essere organizzata presso tutte le Federazioni nazionali di categoria dell’Ugl. Il Laboratorio dei Diritti e delle Opportunità di Federazione si propone come centro catalizzatore e riferimento dell’analisi delle richieste di tutela e dei bisogni di soggetti a rischio di discriminazioni. Nelle specificità del contesto lavorativo di riferimento gli obiettivi generali sono: cogliere le istanze di lavoratori e di lavoratrici più a rischio di disparità di trattamento sui luoghi di

lavoro; impegnarci a elaborare le soluzioni più adatte ai particolari problemi e attivare le tutele per combattere ogni forma di discriminazione basata sul sesso, il colore della pelle, la religione, l'opinione politica, l'origine sociale, la disabilità; A livello Confederale i Laboratori avranno come riferimento il Dipartimento dei Diritti e delle Opportunità per Tutti che garantirà loro un continuo sostegno a tutte le attività. In particolare per assicurare la circolazione di notizie e documentazione, per mettere in rete le diverse realtà lavorative, per monitorare il livello di tutela dei diritti per le categorie a ri-

schio di discriminazione, formalizzata e praticata nei vari Ccnl. Lo scopo del Dipartimento dei Diritti sarà quello di stabilire un confronto permanente tra tutti i Laboratori di Federazione per analizzare i modelli di tutela adottati nei vari Contratti di Lavoro, monitorarne l’applicazione e cercare di mantenere uniforme il livello di protezione sociale per tutti i lavoratori e le lavoratrici.

* Responsabile del Dipartimento dei Diritti e delle Opportunità per tutti

UGL TELECOMUNICAZIONI UGL METALMECCANICI di Costanza Di Lella L’idea di far nascere il Laboratorio dei diritti e delle opportunità risponde al bisogno di far emergere le istanze di tutti i lavoratori e realizzare quella parità di condizioni che, spesso, per le cosiddette categorie “deboli” appare lontana. Tutto ciò nelle Telecomunicazioni assume un significato particolare in quanto il nostro scenario è caratterizzato da fenomeni come la concorrenza sleale, il precariato e la logica esasperata della limitazione dei costi. Inoltre, il contesto economico rischia di spegnere maggiormente i riflettori su tali argomenti. Tutto ciò ovviamente va a discapito di tutti i lavoratori, in particolare di quelli che, invece, avrebbero bisogno di ancor maggiori tutele. Proprio la nascita del Laboratorio deve servire da stimolo per andare ad analizzare anche le altre situazioni “critiche” e per la creazione di organizzazioni che riuniscano anche i giovani, i lavoratori diversamente abili, ed i lavoratori stranieri operanti nel comparto. I giovani sono una realtà fortemente presente nel settore, soprattutto in quello che è diventato il luogo simbolo delle telecomunicazioni, il call center dove, a volte, trovano l’unica prospettiva di lavoro e dove, spesso, da dipendenti possono avere delle difficoltà per ottenere le agevolazioni che garantiscano, ad esempio, il diritto allo studio. I lavoratori diversamente abili, invece, se assunti, garantiscono sgravi fiscali alle aziende, ma frequentemente smettono di essere “risorsa” per trasformarsi in “peso”, anche dal punto di vista della sicurezza. Questi sono solo esempi di alcune delle situazioni a cui si assiste e la nascita di questa struttura di federazione consente che vengano portate all’attenzione anche fuori dalle mura aziendali. Infatti, sulla scia di quelle che sono le linee guida del progetto confederale, il Labora-

torio deve servire da centro di raccolta dei dati e segnalazioni provenienti dalle varie realtà, in modo che si possa dar loro un rilievo più ampio. Inoltre potrà per primo proporre tutte quelle azioni volte a verificare la corretta applicazione delle garanzie presenti nel Ccnl e nella normativa vigente. Infatti parlare di pari diritti nelle Telecomunicazioni vuol dire anche parlare di giusta interpretazione degli obblighi contrattuali e di legge in tutte le aziende, in quanto alcune volte vengono applicati diversamente nelle varie realtà. Avere un organismo che riunisce insieme tutte le aziende del settore vuol dire anche avere una visione d’insieme che consente di andare ad intervenire là dove si realizzano queste difformità. Infatti il nuovo modello contrattuale ci dà gli strumenti per elaborare proposte che, nelle piattaforme di II livello, consentono di far emergere i bisogni più avvertiti in ogni singola realtà aziendale. Anche in quest’ambito l’Osservatorio avrà un ruolo di supporto per l’elaborazione di proposte, in modo che alla visione d’insieme si affianchi anche un intervento mirato e specifico, che si realizzerà anche nel supporto che l’Osservatorio darà nelle vertenze che riguardano quelle situazioni in cui la parità di diritti viene lesa. Tutto questo nelle Telecomunicazioni si traduce anche nella risposta ad un bisogno di coesione. I recenti processi elettorali ci hanno visto essere presenti in un numero maggiore di aziende e rafforzare la nostra rappresentatività dove già ci eravamo affermati. La nascita di questo Lavoratorio serve anche a ricompattare le varie realtà aziendali presenti sul territorio e le varie figure professionali che ruotano attorno al nostro Contratto Collettivo, anche per evitare che ci siano aziende dove le categorie “deboli” siano meno tutelate che in altre e che si creino, quindi disparità tra lavoratori.

di Maria Antonietta Vicaro Giunge benvenuto per l’Ugl Metalmeccanici l’invito a formulare un documento che abbia contenuti di riflessione, ma soprattutto di operatività rispetto a situazioni di mancata applicazione di diritti e opportunità per tutti sui luoghi di lavoro. La costituzione del “Dipartimento dei diritti e delle opportunità per tutti”, già operativo in seno alla nostra Confederazione da tempo, svolge un importante ruolo di autonomia e al tempo stesso di sinergia all’interno delle varie federazioni, ma necessita di approfondimento in merito alle tematiche più specifiche di ogni settore. Auspichiamo che il confronto, che si apre grazie al lavoro del Laboratorio, permetterà alle varie strutture territoriali, regionali e nazionali di seguire meglio quelle situazioni a loro volta “emarginate” per mancanza di riferimenti certi o informazioni adeguate in merito ai problemi sollevati. Le federazioni nazionali di ogni categoria dovranno necessariamente prendersi l’onere e sviluppare capacità per seguire a “distanza rav-

vicinata” le discriminazioni che comunque non mancano sui luoghi di lavoro: ad esempio, i diversamente abili che nelle aziende metalmeccaniche di vecchia costruzione trovano ancora barriere architettoniche o la mancanza di idonei servizi igienici; il sostegno alle lavoratrici in attesa di orario agevolato o in part-time ancora valutate nelle nostre strutture come una disefficenza e per questo ad esse non vengono riconosciuti termini di crescita professionale o riconoscimenti pari a quelli del personale a tempo pieno; il personale di nuova assunzione, precari e giovani contrattisti, ancora sottovalutati dalle varie gerarchie ancora in termini di sottovalutazione e sfruttati non solo dai dirigenti, ma anche dai colleghi con più anzianità di servizio. Un monitoraggio, questo, che permetterà di creare una raccolta dati sulle discriminazioni nei luoghi di lavoro. Tra l’altro il nostro settore, storicamente legato a lavorazioni di tipo “pesante” e “maschile”, tende a discriminare più di altri il “diverso”, il “debole”, lo “straniero”, il “femminile”. Da non sottovalutare nel lavoro del Laboratorio di federazione, in

questo periodo di grande ricorso agli ammortizzatori sociali, le discriminazioni tra lavoratori soggetti a cassa integrazione ordinaria o straordinaria a tempo parziale o zero ore e quelli che invece restano in ambito aziendale, creando fratture e professionalità a rischio. Molti sono i lavoratori che, completamente demotivati, scelgono di uscire volontariamente con procedure di mobilità poco osservanti di una pseudo-volontarietà, sorta di mobbing fuori dalle mura dell’azienda, che qualcuno reputa inevitabile, ma che comunque non sta dando in termini di ricambio generazionale, possibilità di occupazione ai nostri giovani. Siamo pronti quindi in termini di concretezza ad adoperarci quanto prima sulle proposte in merito ai temi trattati il Laboratorio dei diritti e delle opportunità vorrà offrirci, in sinergia con quanto da noi fornito per il lavoro da svolgere, mirato ad un mondo del lavoro che cambia, ma che vive ancora profonde contraddizioni e nuove ingiustizie, per abbattere quegli ostacoli che non creano presupposti di uguaglianza, crescita e uguali diritti per tutti.

solo al genere ma anche ad età, disabilità, orientamenti sessuali, etnia e convinzioni personali, religiose e politiche. Queste sono le premesse che hanno condotto alla realizzazione del Laboratorio dei Diritti e delle Opportunità all’interno della Federazione Trasporti che avrà come riferimento il Dipartimento dei Diritti e delle Opportunità per Tutti. Il Laboratorio, sulla base della visione delle peculiarità lavorative appartenenti a tutte le categorie del Comparto, svolgerà un ruolo di studio, di proposizione e di ricerca sui principi di parità e tutela dei diritti contenuti nella normativa comunitaria, nazionale e regionale. La realtà economico-sociale di oggi rende necessarie nuove modalità di lettura e decodifica che contribuiscano a ricavare vantaggi complessivi per la comunità in termini di tutela dei diritti. Si tratta, quindi, oltre che di un risultato anche e soprattutto di un me-

todo di lavoro molto importante che mira a cambiamenti culturali che coinvolgono tutte le componenti dei sistemi politici e sociali e che richiede l’adozione di strategie di comunicazione e programmazione. Il risultato da conseguire consiste nella costruzione di un sistema di trasversalità nell’ambito della contrattazione collettiva che attraverso la concertazione con le parti datoriali può creare un’opportunità, anche e soprattutto alla luce dell’accordo interconfederale sul nuovo modello contrattuale, che da una parte garantisce la centralità del Contratto nazionale e dall’altra concede maggiore libertà di azione per la rappresentanza aziendale che deve tradursi in un reale momento partecipativo in termini di tutela dei diritti e delle opportunità. In questa direzione il Laboratorio dei Diritti e delle Opportunità sarà attore protagonista all’interno di una rete di interlocuzioni e confronti con le controparti correttamente individuate.

UGL TRASPORTI di Claudio Croce Negli ultimi anni è ulteriormente maturata la consapevolezza che le questioni riferibili alle Pari Opportunità si intrecciano in maniera molto stretta con la qualità del lavoro e della vita sociale e si sta pian piano superando il concetto che questo sia un argomento riferito semplicemente alla contrapposizione tra genere femminile e maschile. Le Pari Opportunità si vanno quindi ad inserire in un ambito più esteso dove entra in gioco la valorizzazione del merito individuale sotto il profilo delle capacità e delle competenze, indipendentemente dal genere, affinché siano rimossi ostacoli materiali e normativi che possono generare disparità non giustificabili sotto il profilo della capacità e della competenza professionale. Quindi non solo Pari Opportunità ma anche tutela di tutti quei Diritti che sovente vengono violati dando luogo a discriminazioni legate non


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Per il prossimo 6 febbraio l’assise dell’Ugl Calabria

Contro lo sfruttamento

Congressi, proseguono le assemblee per eleggere le segreterie regionali Eletti Femiano in Campania, Murella in Piemonte e Pilleri in Sardegna Riprendono i lavori congressuali, dopo la pausa delle feste natalizie. A gennaio Piemonte e Valle d’Aosta, Campania e Sardegna sono state chiamate ad eleggere i propri segretari. Prossimo appello per l’Ugl Calabria, che si svolgerà il 6 febbraio. In Campania, il 15 gennaio, è stato eletto alla guida del sindacato Vincenzo Femiano, riconfermato nella sua carica, che ha spiegato come per l’Ugl siano «due i filoni di intervento su cui è necessario focalizzare la nostra attenzione: il risanamento del territorio attraverso un reale intervento sulle bonifiche e maggiori risorse per l’industria del turismo che può e deve rappresentare un trampolino di rilancio soprattutto in termini di ritorno economico». All’assise, che si è svolta il 15 gennaio, hanno partecipato fra gli altri i segretari confederali Giovanni Magliaro, Marina Porro, Cristina Ricci e Salvatore Ronghi, e rappresentati della Cgil e della Uil Campania. “Uniti per il lavoro sicuro” , lo slogan che ha aperto il

congresso dell’Ugl Piemonte e Val d’Aosta che si è tenuto a Torino il 16 gennaio e che ha confermato alla guida del sindacato Armando Murella. Presenti il presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, Cesare Damiano ex ministro del Lavoro oggi capogruppo del Pd nella commissione Lavoro della Camera, il presidente dei deputati della Lega Nord, Roberto Cota. «In Piemonte – ha detto Murella – ci siamo adoperati in collaborazione con le istituzioni locali per dare risposte alla crisi, con particolare attenzione alle famiglie in difficoltà, ai lavoratori in cassa integrazione e rimasti senza occupazione, alle imprese». Primo congresso anche per la Sardegna, dove il 22 gennaio i delegati dell’Ugl hanno eletto alla guida del sindacato Sandro Pilleri, un’altra riconferma. «Ci aspettiamo – ha spiegato Pilleri – un vero piano di rinascita per la regione che ci permetta di superare l’handicap legato all’insularità, che dipende prima di tutto da una politica dei trasporti e ai costi dell’energia, che penalizzano le aziende della regione. Per questo l’Ugl aderirà allo sciopero generale della Sardegna con manifestazione a Cagliari, proclamato dalle altre sigle sindacali per il 5 febbraio, per chiedere aiuto a tutta la politica nazionale a far fronte alla grave crisi che sta colpendo il territorio». Al congresso presenti il sindaco di Cagliari Emilio Floris, il

capo di gabinetto della presidenza della Giunta Regionale, Giandomenico Sabiu, il senatore Mariano Delogu, rappresentanti della Cgil, della Cisl e della Uil Sardegna. Ad eccezione della Calabria, dunque, il quadro dei rappresentanti delle segreterie regionali è completo. In Sicilia, il 28 novembre, è stato confermato alla guida del sindacato Giovanni Condorelli, mentre nel Lazio, l’11 dicembre, è stato eletto Gianni Fortunato. Il 12 dicembre è stata la volta dell’Abruzzo dove Geremia Mancini, per incarichi confederali, ha passato il testimone a Piero Peretti. Giovanni Tancredi, il 21 novembre, è stato eletto alla guida dell’Ugl Basilicata mentre Toscana e Umbria, il 26 novembre hanno votato rispettivamente per la nomina di Taddeo Albanese e di Enzo Franco Gaudiosi. Antonio D’Anolfo, il 30 novembre, è stato eletto in Molise, mentre in Veneto il 2 dicembre è stato scelto alla guida del sindacato Enea Passino. Elezioni anche nelle Marche e in Liguria, il 5 e il 12 dicembre: i delegati hanno votato rispettivamente per Renzo Telacchia e Ettore Rivabella. In Puglia, il 14 dicembre, il congresso ha votato per Giuseppe Carenza, mentre l’Emilia Romagna, il 17, ha confermato Tullia Bevilacqua. A chiudere il cerchio dei congressi il 19 dicembre il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige hanno eletto Matteo Cernigoi e Roberto Papili.

Un operaio folgorato a Roma, un tecnico ferroviario investito da un treno a Frosinone

Sale il numero delle vittime del lavoro nel Lazio «La sicurezza sul lavoro deve restare una priorità affinché fatti del genere non si ripetano». Così Gianni Fortunato, segretario Ugl Roma e Lazio, ha commentato l’incidente sul lavoro avvenuto a Roma lo scorso 8 gennaio, in cui ha perso la vita un operaio di 46 anni rimasto folgorato mentre lavorava in una cabina elettrica in via Giulio Galli per una ditta privata appaltatrice della società Acea. Una nuova vittima del lavoro nella regione, che allunga la lista nera delle morti bianche causate della scarsa attenzione al tema della sicurezza sul lavoro. In seguito all’incidente, Acea ha aperto due indagini interne, parallelamente all’inchiesta della magistratura, per accertare eventuali responsabilità sia sotto il profilo tecnico che procedurale. «Quella contro gli infortuni sul lavoro – ha evidenziato Fortunato – è una battaglia che l’Ugl conduce con grande convinzione da sempre, e su cui bisogna che tutti si impegnino». Ma l’incidente di Roma segue quello avvenuto a Frosinone nella notte fra il 18 e 19 dicembre, in cui ha perso la vita Armando Iannetta, tecnico della Rete Ferroviaria Italiana di 57 anni, investito da un treno mentre lavorava sui binari della linea nel tratto tra Cassino e Piedimonte San Germano. «Questa tragedia – ha dichiarato allora Fortunato – sottolinea ancora una volta che è necessario uno sforzo maggiore, da parte delle istituzioni e delle imprese,

affinché le norme esistenti siano rafforzate e, soprattutto, si traducano in una pratica consolidata. La riduzione degli incidenti e degli infortuni sui luoghi di lavoro non può pertanto prescindere dalla formazione di dirigenti e lavoratori, ma anche e soprattutto dall’educazione delle

Per Confindustria c’è un recupero Produzione industriale

Il Centro Studi Confindustria (Csc) stima in dicembre un aumento della produzione industriale dello 0,3 per cento su novembre, quando si era avuto un recupero dello 0,2 per cento su ottobre, secondo i dati diffusi dall’Istat (valori destagionalizzati). La ripresa dell'industria italiana risulta <lenta ma si va gradualmente consolidando>. Il livello di attività si colloca in dicembre ad un livello inferiore del 21,4 per cento dal massimo pre-crisi toccato nell’aprile 2008 e segna un recupero del 5,4 per cento dal minimo di marzo 2009. Nella media del 2009 la produzione industriale si è ridotta del 17,4 per cento sul 2008, quando si era avuto un calo del 3,1 per cento sul 2007 (dati grezzi). Nel confronto internazionale, a novembre l’Italia ha avuto un incremento di produzione meno robusto di

nuove generazioni, attraverso l’introduzione della sicurezza sul lavoro nei programmi scolastici, fin dalle scuole elementari». In seguito all’incidente di Frosinone, anche l’Ugl Attività Ferroviarie e gli altri sindacati di categoria hanno ribadito la necessità di procedure di sicurezza più efficaci: «occorre chiedersi – si legge in una nota congiunta – se i tempi legati alla rapidità degli interventi richiesti siano coerenti con il numero delle persone impiegate e se i dispositivi di avvistamento e le relative procedure di protezione siano sufficienti ad evitare le disgrazie. Con molta probabilità l’aumento del numero dei treni circolanti e l’aumento della loro velocità rispetto al passato rappresenta un elemento che mette in crisi il sistema di prevenzione adottato». Il Gruppo Fs ha avviato un’indagine interna per far piena luce su quanto accaduto. In occasione della presentazione del Rapporto annuale Inail Lazio 2008, era già stato evidenziato che, nonostante nel 2008 il numero di infortuni abbia subito una flessione dello 0,12 per cento e le

quello di Francia (+1,1 per cento) e Germania (+0,7 per cento); ha fatto meglio della Spagna (+0,1 per cento) che, tra i principali paesi europei è quello che presenta maggiori difficoltà nell’uscita dalla recessione. L’ampiezza del recupero dell’attività industriale dai minimi toccati nella crisi varia a novembre tra il +9,4 per cento della Germania e il +1,0 per cento della Spagna. La Francia ha segnato un miglioramento del 5,5 per cento, l’Italia del 5 per cento.

1 lavoratore su 5 è irregolare Nel Mezzogiorno

<Nel Mezzogiorno quasi un lavoratore su cinque può essere considerato irregolare>. E’ quanto evidenzia l’Istat nel suo dossier statistico. I dati sono del 2008, anno in cui è cominciata la crisi in Italia, infatti <il tasso di occupazione ha segnato una battuta d’arresto dopo un lungo periodo di

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morti bianche siano diminuite, passando da 100 a 78 casi rispetto al 2007, per il 2009 si registrerebbe un’inversione di tendenza. Sulla base dei dati nazionali diffusi dall’Inail, infatti, nel Lazio, tra giugno 2008 e giugno 2009, sono stati registrati 7 infortuni mortali in più, avvenuti tutti in strada. La Provincia che registra il maggior numero di morti bianche è quella di Roma, a causa dell’elevata concentrazione della popolazione lavorativa della regione (72 per cento), seguita da Frosinone, dove sono avvenuti 14 infortuni mortali, Viterbo e Latina, che contano rispettivamente 10 e 7 morti bianche, infine Rieti, con una sola morte sul lavoro registrata nel 2008. Sul tema delle morti bianche è intervenuto anche il segretario dell’Ugl Latina Claudio Durigon: «a causa dell’organico ridotto e della mancanza di fondi – spiega -, gli enti di vigilanza come Asl e Inail hanno difficoltà a controllare il territorio in modo capillare ed intervengono solo a fatti accaduti, aprendo inchieste che, nel 90 per cento dei casi, individuano inadempienze sulla sicurezza sui luoghi di lavoro». Di fronte al trend negativo degli ultimi mesi, per il sindacalista «bisogna intensificare l’azione di prevenzione e di messa in sicurezza di tutti gli impianti della provincia, come è necessario che gli organismi di vigilanza proseguano una verifica più capillare sulla qualità e quantità della formazione fornita ai lavoratori».

crescita> mentre <per la prima volta dopo oltre un decennio la disoccupazione è tornata ad aumentare>.

Grande è meglio per avere prestiti agevolati Imprese 1

Più grande sei più agevolazioni hai: per le aziende italiane funziona così, la probabilità di ricevere incentivi pubblici attraverso prestiti agevolati dalle banche aumenta al crescere delle dimensioni. A certificarlo è uno studio realizzato da tre economisti della Banca d’Italia. La ricerca, che prende in considerazione un periodo di 10 anni, dal 1998 al 2007, traccia l’identikit dell’azienda ‘agevolata’: <l’ammontare delle risorse pubbliche> è stato ottenuto prevalentemente dalle imprese che risiedono nelle regioni a statuto speciale, dalle aziende di maggiore dimensione>. In un decennio hanno attinto a incentivi, erogati dalle banche per conto

L’Ugl Tlc dà battaglia ai call center del Mezzogiorno

L’Ugl Telecomunicazioni ha puntato i riflettori sulle pessime condizioni di lavoro nei call center del Mezzogiorno. Il 21 gennaio il segretario nazionale della categoria, Stefano Conti, insieme ai segretari regionale e provinciale della federazione, rispettivamente Daniele Ruisi e Antonio Vitti, hanno incontrato i giornalisti a Palermo. Conti ha chiesto «regole chiare e più trasparenza», «spesso – ha rimarcato il sindacalista – i precari vengono stabilizzati, ma solo part-time» e ovviamente sono anche sottopagati. Le aziende scorrette in questo modo attuano anche una concorrenza sleale nei confronti di quelle «che invece le regole le rispettano». Emblematico anche il caso accaduto a Bari, al call center Multimedia Planet Srl di Bitritto, azienda del gruppo Omega, in cui 500 lavoratori non prendevano lo stipendio dal mese di settembre. Il segretario provinciale dell’Ugl Telecomunicazioni, Francesco Ceglie, si è rivolto al Nucleo ispettivo del lavoro dei carabinieri di Bari per tutelare i diritti dei lavoratori. «LUgl – spiega il sindacalista – ha chiesto l’apertura di un’indagine amministrativa per cercare di mettere al sicuro i crediti dei dipendenti che ormai non possono più tollerare questo stato di precarietà e incertezza».

dello Stato, ben 27 mila imprese, tra queste oltre il 60 per cento ha potuto contare su prestiti agevolati con durata almeno quinquennale, mentre per circa il 32 per cento il sostegno è proseguito per tutto l’arco di tempo. L’indagine condotta da Palazzo Koch rileva come ci sia un legame particolare tra incentivi pubblici e industria.

In un anno profitti in netta discesa Imprese 2

Profitti in netto calo per le imprese italiane nel pieno della crisi economica. Nel periodo tra ottobre 2008 e settembre 2009, secondo i dati Istat, la quota di profitto delle società non finanziarie (dato dal rapporto tra il risultato lordo di gestione e il valore aggiunto lordo ai prezzi base) si è attestata al 40,9 per cento, calando di 2 punti percentuali rispetto al periodo tra ottobre 2007 e settembre 2008.


sindacato - stati generali

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gennaio-febbraio 2010

Rinnovato il fondo di categoria: 16,66 per cento dei voti, incremento dei seggi da 5 a 7

Previmoda, l’Ugl Tessili continua a crescere A dicembre si è concluso lo scrutinio dei voti per le elezioni del rinnovo dei rappresentanti dei lavoratori nell’assemblea del fondo complementare del tessile Previmoda. Significativo ed emblematico l’ottimo risultato ottenuto dalla lista Ugl Tessili rispetto al “listone” presentato congiuntamente da Filtea/Cgil, Femca/Cisl, Uilta-Uil: la lista dell’Ugl ha ottenuto ampi consensi pari al 16,66 per cento dei voti con un incremento dei seggi da 5 a 7, nonostante il calo dei votanti (da 9.772 a 7.931) e dei voti validi (da 9.510 a 7.610). Nelle precedenti elezioni del 2006, infatti, l’Ugl Tessili ottenne l’11,5 per cento dei suffragi conquistando 5 seggi su 40. «Soddisfatto di questo ampio incremento» Luigi Ulgiati, segretario nazionale Ugl Chimici, per il quale «la nostra crescita costante e così significativa rappresenta un traguardo importante sia perché ci consente di verificare il reale consenso alla nostra azione sindacale sia perché ci sprona a continuare sulla stessa strada, quella della concretezza, della affidiabilità e della capacità di essere sempre al fianco dei lavoratori». Infine la Federazione Chimici si accinge a «rinnovare altre due im-

- FONDO COMPLEMENTARE TESSILI-CHIMICI Prospetto comparativo elezioni Rappresentanti Lavoratori anni 2006-2009 PREVIMODA

ANNI

AVENTI DIRITTO

VOTANTI

VOTI VALIDI

VOTI UGL

% UGL

% ALTRI

TOT. DELEGATI

DELEGATI UGL

2006

36.926

9.722

9.510

1.098

11,5

88,5

40

5

2009

69.782

7.931

7.610

1.268

16,66

83,34

40

7

Fonte: dati Ugl portanti assemblee: quella del Fondogommaplastica, il Fondo Pensione Complementare delle Industrie della Gomma, dei Cavi Elettrici ed Affini e delle Materie Plastiche, e del Fondenergia, il Fondo Pensione Complementare del settore Energia Petrolio. L’obiettivo è quello di crescere, in termini di consenso e di rappresentanti all’in-

terno della stessa assemblea. L’importanza di tale elezione non riguarda soltanto il risultato che produrrà nello specifico comparto, ma anche gli effetti positivi che si avranno nella federazione Chimici e nell’intera Ugl, avendo sempre ben in mente l’interesse esclusivo dei lavoratori».

Il ministro Alfano vara il nuovo piano, previsto aumento degli organici pari a 2 mila unità

Carceri, è stato di emergenza È emergenza nazionale per le carceri italiane. Il ministro della giustizia Angelino Alfano ha ricevuto l’ok dal consiglio dei ministri al nuovo piano, presentato alle parti sociali il 26 gennaio, e alla dichiarazione dello stato di emergenza nei sovraffollati penitenziari italiani fino al 31 dicembre 2010. Per il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, si tratta di «un buon punto di partenza per la realizzazione di una riforma complessiva del sistema carcerario che risponda alle esigenze del personale e della popolazione carceraria. Siamo soddisfatti – ha spiegato al termine dell’incontro tra le parti sociali e il ministro – che il Governo abbia accolto proposte da tempo avanzate dall’Ugl, come l’aumento dell’organico, la costruzione di nuovi padiglioni e misure di deflazione delle carceri». Secondo quanto annunciato dal ministro il documento poggerà su tre pilastri. Il primo prevede la dichiarazione dello stato di emergenza fino al dicembre 2010, periodo entro il quale dovranno essere realizzati 47 nuovi padiglioni all’interno delle carceri attuali. Incaricato di seguire gli ampliamenti realizzati con 500 milioni di euro stanziati dalla Finanziaria oltre ai 100 milioni del Dicastero di via Arenula, sarà il capo del Dap, Franco Ionta. «La dichiarazione dello stato di emergenza – ha spiegato Moretti – permetterà di intervenire con strumenti più adeguati a migliorare le condizioni di lavoro del personale ed a garantire condizioni dignitose di vita ai detenuti». Il secondo step previsto consiste nella costruzione ex novo di istituti carcerari sul modello di quello abruzzese dell’Aquila. Anche grazie a finanziatori privati verranno costruite nuove carceri, nel biennio tra il 2011 e il 2012, in

Moretti: «Punto di partenza per riforma complessiva, ma serve estendere i compiti della polizia penitenziaria» modo da aumentare di 21.749 posti la loro capienza e raggiungere così la quota di 80 mila unità. Il terzo punto riguarda, invece, il sovraffollamento degli istituti. Due gli articoli previsti dal Ddl per risolvere il problema: gli arresti domiciliari per i detenuti con pene inferiori ad un anno e la cosiddetta “messa alla prova” che prevede la sospensione del processo per le persone con reati imputabili fino a tre anni e la possibilità di svolgere lavori di pubblica utilità per riabilitarsi. Le norme,

ha spiegato il ministro, serviranno a “deflazionare” il sistema giustizia sia sul piano carcerario che su quello processuale. «L’Ugl – ha spiegato – sostiene la linea di intervento sui reati minori purché, tenendo conto dell’importanza dei risultati prodotti da misure alternative alla detenzione, si affidi l’esecuzione delle stesse al corpo di polizia penitenziaria in qualità di forza di polizia deputata al controllo dell’esecuzione penale». Infine il piano Alfano prevede l’aumento degli organici della Poli-

zia Penitenziaria di 2 mila unità: necessari per dare «un grande sollievo ai 40mila e oltre che già lavorano nel Corpo». Un aumento apprezzato dal sindacato anche se, ha spiegato Moretti «oltre a garantire un incremento quantitativo del personale, è necessario che ci sia anche un miglioramento qualitativo dei compiti assegnati. A tal proposito, oltre a chiedere l’intervento del ministro, l’Ugl ha inviato una lettera ai presidenti delle commissioni Giustizia alla Camera e al Senato al fine di sollecitare l’accelerazione dei vari disegni di legge già presentati in materia di riorganizzazione complessiva dell’amministrazione penitenziaria e per la riforma della legge istitutiva del Corpo. Affinché il Piano sia un’occasione di modernizzazione complessiva – conclude – è necessario estendere i compiti istituzionali della polizia penitenziaria affinché si occupi di tutta l’esecuzione penale, sia interna che esterna, così come è necessario che se ne valorizzino le professionalità, per evitare un disallineamento fra le varie qualifiche rispetto a quelle della Polizia di stato ed il Corpo Forestale dello Stato, e favorire una mobilità più ampia dei lavoratori verso il Centro-Sud». «La condizione di sovraffollamento delle carceri italiane – ha spiegato Moretti durante la trasmissione Cominciamo Bene in onda il 19 gennaio su Rai Tre – comporta un sovraccarico di lavoro per il personale di Polizia Penitenziaria da cui possono scaturire situazioni di pericolo sia per i detenuti che per gli agenti stessi. Siamo davanti ad un corpo di 40.000 uomini e donne, con carichi di lavoro eccessivi, e che soffre di una carente organizzazione nonché dell’assenza di costanti corsi di aggiornamento del personale».

L’Ugl solleva interrogativi sui criteri di assegnazione di un appalto

Conferenza stampa del sindacato sulla grave situazione del porto

A Terracina dubbi sul servizio di pulizie dei plessi comunali e tribunale

L’Ugl di Siracusa denuncia «siamo ancora senza risposte sul futuro»

Dopo un’ingiustificabile incertezza durata due settimane, l’amministrazione comunale di Terrcina ha deciso di affidare temporaneamente il servizio di pulizie dei plessi comunali e del tribunale ad una cooperativa di tipo B la quale si è fatta carico di riassumere gli ex dipendenti della ditta che ha concluso l’appalto precedente, sino al 28 febbraio prossimo. L’Ugl ha sollevato diversi interrogativi su questa vicenda, alcuni dei quali fin troppo evidenti. Il primo riguarda i criteri con i quali è stato assegnato l’appalto ad una ditta che ha offerto il 49,5 per cento in meno rispetto all’importo base. Cosa che fa prefigurare per il futuro o un drastico ridimensionamento delle maestranze o un surplus di ore lavorate. Secondo il segretario provinciale dell’Ugl Igiene Ambientale, Leo Giampaolo, con una simile offerta da parte della nuova ditta «il rischio è che un operatore potrebbe essere costretto a lavare oltre 700mq l’ora, insieme allo spolvero, la pulizia di bagni e vetri. Una pretesa largamente impossibile in quanto i criteri che regolano questo servizio assegnano ad ogni operatore 200-230mq di superficie per ogni ora». Per Giampaolo «un bando che non tiene conto di questi parametri è quanto meno inappropriato, anche perché il costo del sevizio è composto per l’85 per cento dal personale». Per il sindacalista non rimane altro che «chiedere all’amministrazione un incontro per valutare gli effetti che tale bando avrà sui dipendenti e sulla qualità del servizio».

«Vogliamo risposte chiare sul futuro del porto, se non le avremo non esiteremo a mobilitare i lavoratori». Lo ha detto Antonio Galioto, segretario dell’Ugl di Siracusa, durante una conferenza stampa avvenuta il 25 gennaio e organizzata per attirare l’attenzione sulla situazione del porto megarese, ancora privo di infrastrutture fondamentali per far sì che diventi competitivo con le altre realtà portuali. Oggi invece si presenta ancora come con una banchina commerciale da ristrutturare, un impianto antincendio mai entrato in funzione, servizi igienici inesistenti e una bonifica della rada scritta solo sulla carta, quindi mai realizzata.

«Fino ad oggi abbiamo sollecitato continuamente l’intervento delle autorità – ha sottolineato Galioto – ma evidentemente occorrono pressioni più forti affinché si capisca una volta per tutte cosa realmente impedisce il decollo del porto». Se-

condo il sindacalista occorre convocare delle conferenze dei servizi con tutti gli enti coinvolti per capire «che cosa sta succedendo, quale sono le reali intenzioni per il futuro, cosa sta facendo il presidente dell’autorità portuale, Aldo Garozzo».


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Puntuale come ogni anno

L’Epifania del Poliziotto 2010 L’Ugl Polizia di Stato ha riunito al Teatro Palacavicchi di Roma tante famiglie con i loro bambini. Giochi e divertimento, ma anche un importante messaggio Puntuale come è tradizione per l’Ugl da molti a questa parte, il 6 gennaio è arrivata “L’Epifania del poliziotto”, organizzata dall’Ugl Polizia di Stato, una vera e propria festa per le famiglie creata per far divertire i bambini e allo stesso tempo per portare l’attenzione di tutti alcuni temi cruciali per tutto il mondo della sicurezza. È stato un pomeriggio di gioia e spensieratezza quello del 6 gennaio quando a Roma presso il Palacavicchi si sono riunite tantissime persone, famiglie e bambini che hanno portato il loro entusiasmo ad una manifestazione che da anni l’Ugl Polizia di Stato ha l’onore di organizzare. Un’iniziativa apprezzata e a suo tempo sostenuta dal segretario generale dell’Ugl, Renata Polverini, presente anche in questa oc-

casione come in tutte le altre. Infatti la manifestazione-spettacolo è ormai diventata un appuntamento rituale per i bambini di Roma e per le loro famiglie. Seppur dedicato allo svago e alla spensieratezza, ed in particolare al divertimento dei figli dei poliziotti, l’evento ha potuto anche fornire l’occasione per far veicolare un messaggio particolare: quello sulla sicurezza partecipata. Oltre all’arrivo della Befana che ha distribuito i doni ai bambini presenti, il programma dell’iniziativa prevedeva anche un “nutella-party”, giochi di magia, una “battaglia” di torte in faccia, sculture con i palloncini e tanti altri giochi mentre per i più grandi sono stati organizzati cabaret e porchetta.

Pressante campagna di sensibilizzazione sui mali della sanità nel Lazio

Ugl: «I tempi di attesa per gli esami sono peggiorati» Per una risonanza 238 giorni al Cto, 242 all’ospedale di Frosinone Pressante la campagna di sensibilizzazione che l’Ugl Sanità sta portando avanti nel Lazio, numeri alla mano attraverso le indagini da cui emergono i mali della sanità nella Regione. «A distanza di due mesi dalla nostra indagine sui lunghi tempi di attesa di alcuni esami diagnostici strumentali, che riteniamo essere tra i più richiesti dai cittadini laziali, purtroppo nulla è mutato, anzi molti sono persino peggiorati». È questa la denuncia diffusa ai mezzi di informazione dal dirigente regionale dell’Ugl Sanità, Pietro Bardoscia. «Per le risonanze magnetiche, alle quali ricordiamo essere stata introdotta una quota fissa aggiuntiva di 15 euro che i cittadini devono pagare per ogni impegnativa sommata al ticket di euro 36,15 – ha sottolineato il sindacalista – nell’indagine condotta nel mese di ottobre per effettuare una risonanza magnetica della colonna, senza e con contrasto, occorreva aspettare anche fino a 226 giorni al Policlinico Tor Vergata. Ad oggi i dati in nostro possesso sono persino peggiorati, si arriva anche ad attese che vanno dai 238 giorni del Cto Alesini ai 242 giorni dell’ospedale di Frosinone». Bardoscia ha anche aggiunto che «per la risonanza addome superiore totale, si passa dai 170 giorni di attesa riscontrati ad ottobrenovembre 2009 del San Camillo Forlanini, ai 180 giorni e i 240 giorni di attesa che un cittadino deve attendere per eseguire questo esame presso il Sant’Andrea e all’ospedale Belcolle di Viterbo. Tra gli esami legati alla branca di Cardiologia e Chirurgia Vascolare interessati dalla nostra indagine, abbiamo riscontrato che per eseguire un esame di ecocolordoppler degli arti superiori o inferiori si va si va dai 120 giorni circa del Policlinico di Liegro per arrivare persino ad una attesa di 397 giorni di attesa nell’ospedale di Tivoli San Giovanni Evangelista. Per un laser dopplergrafia degli arti superiori o inferiori occorre attendere anche 150 giorni all’ospedale Santo Spirito sino ai 240 giorni dell'ospedale Sandro Pertin». Per Bardoscia si deve <porre rimedio a questi problemi con il prossimo Piano regionale di contenimento delle liste dei tempi di attesa, che si dovrà rivedere già nel 2010 dopo l’approvazione di quello nazionale.

INCONTRO CON IL MINISTRO DELL’INTERNO Il 12 gennaio presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, dell’Ugl Polizia di Stato, con una delegazione composta dal segretario generale Cristiano Leggeri e dal segretario nazionale Filippo Girella, ha partecipato ad un incontro con il Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e alcune sigle sindacali del settore. Nel corso dell’incontro l’Ugl Polizia di Stato ha esposto le sue principali rivendicazioni e la piattaforma programmatica. Tra i punti principali, immediato rinnovo del biennio contrattuale mediante la rimozione degli ostacoli che finora hanno impedito la firma di un contratto ormai scaduto da due anni; il riconoscimento non solo normativo ma anche economico della specificità del lavoro svolto dagli operatori della sicurezza; il riordino delle carriere mediante la presentazione di una legge delega che consenta di ridisegnare l’architettura dei ruoli e delle funzioni della Polizia di Stato la cui pianta organica risale all’ormai lontano 1989; l’avvio della previdenza complementare per garantire ai giovani poliziotti gli stessi diritti di tutela previdenziale che sono stati riconosciuti ad altre categorie lavorative; assunzioni dirette nella Polizia di Stato facendo in modo che i giovani che vogliono vestire questa divisa possano svolgere il servizio di VFB direttamente nella Polizia di Stato; raddoppio degli stanziamenti per la detassazione delle indennità portandoli da 60 a 120 milioni di euro; potenziamento ed estensione dello strumento dei “patti per la sicurezza” in modo tale da coniugare le esigenze che hanno una valenza nazionale con quelle territoriali; riforma della rappresentanza sindacale mediante che porti alla separazione della libertà di associazione dal mandato sindacale.

Prosegue la mobilitazione dell’Ugl Ministeri

Giustizia: investire nelle risorse umane e nella modernizzazione Prosegue la mobilitazione dell’Ugl Ministeri contro la mancanza di fondi e la carenza di personale del sistema giudiziario italiano. «L’Ugl Ministeri – spiega il segretario nazionale dell’Ugl Ministeri Paola Saraceni - chiede il riconoscimento delle funzioni ed il trattamento economicogiuridico adeguati a tutte le attività svolte finora, ma anche investimenti per la modernizzazione e assunzioni, perché buona parte della responsabilità nei ritardi della giustizia è dovuta alle carenze di personale che, tra pensionamenti e blocco del turn over, raggiunge, in molti casi, anche il 50 per cento». Il sindacato ha denunciato episodi di disorganizzazione come quello del Tribunale civile sezione lavoro di Roma, dove i ricorsi, per un massimo di 100 al giorno, possono essere presentati solo dopo aver prenotato un numero, dalle 9,00 alle 9,15. Superate le 100 prenotazioni, vengono accettati solo i ricorsi di urgenza. Altro esempio emblematico è quello del Tribunale di Latina: per stampare l’elenco delle udienze sono stati utilizzati fogli riciclati che, nel retro, riportavano intercettazioni relative al fascicolo di un processo in primo grado, diventate accessibili a chiunque una volta che l’elenco è stato affisso in bacheca. «Manca la carta negli uffici e a Latina – commenta Saraceni –, oltre all’organico sottodimensionato, il collasso economico del Tribunale è una questione conclamata, tanto che l’Ordine

degli avvocati si è preso la briga di trovare sponsor e ha fatto appello alle associazioni professionali e di categoria per raccogliere fondi per l’informatizzazione dei processi». «La vicenda della carta riciclata è gravissima – continua – ma non si tratta di disaffezione. Gli avvocati si portano la carta dagli studi e noi come sindacato l’abbiamo regalata al personale». L’Ugl Ministeri lancia l’allarme anche per la giustizia minorile. Con la nuova riorganizzazione del ministero della Giustizia, «si consegna il dipartimento minorile all’amministrazione giudiziaria e, in tal modo, si distruggono storia, formazione e professionalità poiché l’amministrazione giudiziaria non ha attinenza con il minorile. L’organizzazione minorile – spiega la sindacalista – ha sempre garantito che il minore, con i suoi particolari bisogni, fosse al centro di un sistema di scelte lineari e trasparenti. Con la nuova riorganizzazione si rischia di mettere in pericolo il futuro dei minori sottoposti a procedimento penale privandoli della tutela dei diritti soggettivi sanciti sia dalla Costituzione sia dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia». «Chiediamo al ministro Alfano di valutare la possibilità di istituire una direzione generale per la giustizia minorile presso l’Amministrazione penitenziaria. Solo così – conclude – si potrebbe salvaguardare il lavoro svolto e le specificità acquisite, riconosciute ed apprezzate anche a livello internazionale».


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Storia di un operaio calabrese a Milano, straniero in patria

Si fa presto a dire INTEGRAZIONE di Antonio Saccà Questo bel romanzo o meglio dire racconto lungo di Dante Maffia: “Milano non esiste”, Hacca edizioni, in un solo colpo taglia sperimentalismi, surrealismi, astrattismi e piomba nel realismo, un realismo insieme neorealistico e oltre realistico. Questo dispendio di termini è necessario per cogliere l’insieme della narrazione di Maffia, esponendo il testo verrà chiarito ancora meglio. Un calabrese trasferitosi per necessità di sussistenza a Milano è al termine del suo ciclopico cammino di fatica-lavoro quale operaio insieme agli altri operai, ovviamente, quasi tutti dell’Italia meridionale. Ma, a differenza degli altri che se pure conservano le abitudini della loro etnia specialmente nel cibo si sono abituati alla milanesità, il narratore di questo libro, scritto in prima persona dall’operaio, non si accomoda neanche minimamente al mondo milanese, pur avendo sposato una donna del Nord, Letizia, e pur essendo questa donna amorevole, di buon carattere, perfino cedevole, avendogli partorito oltretutto ben sei figli! Niente. Il protagonista narratore non trascura occasione per segnare i limiti geograficomentali di se stesso con la stessa moglie. A non dire dei compagni di lavoro barbaramente milanesizzati e di tutto l’apparato ambientale e linguistico del Nord: la nebbia, il culto del denaro, l’ossequienza del lavoro come fine della vita. Il narratore protagonista sogna ad occhi spalancati il mare, i limoneti, gli aranceti, gli uliveti, i sapori, il peperoncino, il dialetto, i bar della sua terra e sovrappone continuamente, ossessivamente questo mondo sognato e rimpianto al mondo vissuto e negato. Non so se altri narratori abbiano mai contrapposto così nettamente la presenza del Sud nell’anima del Nord quanto e come Maffia. Egli oltretutto immette nel suo protagonista narratore delle considerazioni socio economiche davvero preziose, ad esempio nel notare che i clandestini o gli immigrati sono sputati e vilipesi ma poi usatissimi per il lavoro purché costino di meno e diano maggiori profitti, quasi un disprezzo per sottopagare. Il racconto è peculiare di situazioni “operaie”, ad esempio le morti sul lavoro, quasi fosse scritto da un osservatore partecipante, per dirla in termini antropologici. In effetti l’operaio narratore è un accanito, un incanaglito, un incancrenito, un imbufalito osservatore partecipante del Nord, di Milano, dell’industria, del mondo operaio, del mondo dei “padroni”. Non gli va bene un’acca, rancorosissimo, perfino monotono o mo-

nomane in questo rancore. E certo Maffia è consapevole dei rischi che si corrono quando un personaggio precipita nella monomania, può sembrare al lettore ripetitivo, noioso, ma è il costo che si paga per personaggi animati da un’idea fissa. Ad ogni pagina dobbiamo fare i conti con la nebbia di Milano, con il freddo di Milano e con gli

squarci vagheggiati dei mari del Sud. Ideale traente del personaggio è la casa, il villino che egli, terminato l’incubo del lavoro al Nord, sta costruendo nella sua veneratissima Calabria, e gli ozi agresti per il ritorno nella culla d’origine. Questa casa e la fine del rapporto di lavoro sono altri punti cardinali della narrazione, non c’è rigo che non ne

parli, la scissione dell’operaio narrante è assoluta, il suo corpo va in fabbrica, la sua persona in Calabria. Il vero completo sogno è portare la milanese moglie e i mezzi milanesi figli laggiù! I figli trovano lavoro in quel di Milano e, fatto davvero eclatante, i figli hanno fidanzati di pelle nera, gialla! All’operaio narratore crolla in testa l’universo, teme che moglie e figli lo tradiscano, per lui è tradimento non recarsi in Calabria, nella bella casa che ha edificato con suo sangue se non con le sue mani. E quando infine il temutissimo e angosciosamente anelato ultimo giorno di lavoro arriva, egli non vede l’ora letteralmente, dopo qualche festeggiamento, di andarsene nella nuova casa! Ma avviene la catastrofe, né la moglie né i figli lo seguono. Egli tuttavia ama troppo la sua terra per rinunciarvi, la ama più della moglie, la ama più dei figli? La amerebbe insieme alla moglie, insieme ai figli, con lui nel nuovo nido dove tutti potrebbero stare insieme, dove egli ha costruito una stanza per ciascuno, non per ciascuno solo, non per ciascun individuo, ma per ciascuno in comunanza, l’uno vicino all’altro non solo fisicamente. Lo stare a sé non comunitario era l’altro chiodo fisso dell’operaio narratore. Si attacca al treno che fa la rotta da Crotone a Milano e da Milano a Crotone nella speranza che un giorno o l’altro la moglie e i figli verranno. È solo ma non è solo nel paese natio, di sicuro la famiglia lo raggiungerà. Come potrebbero moglie e figli rinunciare al mare, alle colline, agli aranceti, ai limoneti, alle viuzze, alla parlata locale! Infine un giorno è sicuro, verranno tutti. Come sempre va alla stazione di Crotone per ricevere la famiglia. “Ecco, è già alla curva del Castello, appena prima del passaggio a livello. Letizia, attenta, ti sei ammalata di polmonite, perché sbuffi in questo modo orribile? Vieni e abbracciami, pensavi che non mi avresti trovato e invece eccomi, solo un attimo, quanto dà fastidio questo nugolo di calabroni che hanno invaso i binari. Abbracciami forte, stringimi”. Un minimo cenno per dichiarare la follia dell’operaio protagonista, quel nugolo di calabroni che non sono sul binario ma nella mente di lui. Un piccolo gioiello questo di Maffia che d’un colpo spazza tutti i sociologismi, gli antropologismi e le miriadi di chiacchiere sull’immigrazione di italiani in Italia e di stranieri ovunque. La divisione interna dell’immigrato ha trovato la sua espressione narrativa, innanzi tutto, e poi, se vogliamo, sociologica, antropologica e quant’altro. La poesia, quando avviene, contiene l’intera la realtà, e, miracolosamente, al vivo.

Il Sacerdote agli Scongiuri degli Apuani

Vita straordinaria di Enrico Pea di Andrea Marcigliano Erano amici Lorenzo Viani ed Enrico Pea. Poi, certo, ad un certo punto ruppero... ma questo accadde dopo la Grande Guerra, cui il Viani aveva partecipato, uscendone intriso – come abbiamo cercato di raccontarvi – mutato nel profondo... o, più esattamente, convertito dall’anarchismo della giovinezza ad un nazionalismo altrettanto personale, altrettanto non inscrivibile entro un qualche schema ideologico rigido. E tuttavia tanto bastò per incrinare l’antico sodalizio, in quanto il Pea – che la guerra non aveva fatto, a causa della cecità di un occhio procuratasi nella prima infanzia – tale “nazionalismo” stentava a comprendere. Il solco fra i due, poi, si scavò ancor di più con il Fascismo, con Viani che si avvicinava a Mussolini, e Pea che rifiutava recisamente il nuovo regime. Comunque, come particolarissimo fu il “fascismo” di Viani, altrettanto particolare, e non misurabile con metro usuale, fu l’antifascismo del Pea, che poi sarebbe meglio definire l’a-fascismo. Ovvero l’estraneità al Fascismo, letta come estraneità, voluta, consapevole ai movimenti e sommovimenti politici del tempo, il rigetto dell'epoche che tendeva a costringere entro fenomeni di massa organizzati. Cosa che all’autore del “Moscardino” ripugnava nel profondo, il suo anarchismo essendo sempre stato un individualismo... ma anche qui, non un individualismo astratto, teorico, alla Stirner per intenderci, bensì la convinzione che l’uomo, in fondo, sia solo e solo debba affrontare la vita e le sue sfide. Solitudine che, per al-

tro, non inficiava in alcun modo una sensibilità sociale tanto accesa quanto, anche in questo caso, mai riducibile ad ideologia. Piuttosto, illuminata da un senso profondo di fratellanza, di passione (più che compassione) per le cause degli ultimi, dei vinti, dei senza storia. Di qui, in Pea, la maturazione, in quegli stessi anni, di un cristianesimo già latente da tempo, se non da sempre. Cristianesimo non confessionale, certo, ma neppure semplicemente “sociale” o, peggio ancora, “anarchico” .... piuttosto un’intuizione quasi agostiniana, che lo portava a pensare alla storie – e soprattutto alle storie degli uomini, di tutti gli uomini, grandi o piccoli che fossero – come ad un mistero tremendo... e a concludere che le anime non si possono salvare in massa, ma ad una ad una. Per cui non poteva credere nella palingenesi dei popoli e delle nazioni Enrico Pea. Non poteva, davvero, fidare in un qualsiasi movimento di massa. Doveva chiamarsi fuori, e seguire una strada personalissima; una strada di solitudine, ma non di isolamento. Comunque i due erano amici. E insieme, con Ceccardo Roccatagliata Ceccardi ed Ungaretti, avevano, come si è detto, fondato il manipolo degli Apuani. Del quale il Pea fu proclamato “Sacerdote agli scongiuri”. Che potrebbe apparire uno scherzo, una sorta di goliardata inventata, lì per lì, in una serata trascorsa in osteria, tra il vino e le poesie, le risa ed i lazzi... Ed invece, a ben vedere, questo “sacerdozio” esprime proprio bene ciò ce il Pea doveva essere come uomo e che, certamente, è come scrittore. Anche perché questi “scongiuri” ci ripor-

tano a gesti apotropaici e, soprattutto, parole che al nostro dovevano venire facili alle labbra (ed alla penna) per la sua stessa ascendenza, quell’essere nato in Versilia, il 20 ottobre del 1881, a Serravezza, da famiglia povera e destinata presto a divenire più povera ancora. Ché la madre, di origini nobili, ma che aveva rotto con il suo mondo per sposare un semplice meccanico idraulico, si ritrovò ben preso sul lastrico, dopo che il padre era morto prematuramente e la casa di famiglia era stata, letteralmente, spazzata via dalla piena (di proporzioni bibliche) dei fiumi Serra e Vezza. Ed Enrico, che allora aveva appena quattr’anni o poco più, ed aveva già perso un occhio in un gioco violento con i fratelli, si ritrovò di fatto abbandonato alle cure di un nonno strambo e portato, periodicamente, ad una vita randagia. Da girovago, capace di sostare, e tenere bottega di fabbro, solo episodicamente. Figura, comunque, capitale, questo nonno Luigi, nella sua vita e nella sua opera, ché ritorna prepotentemente nel ciclo del “Moscardino”, l’opera narrativa più importante del Pea, quella che tanto piacque ad Ezra Pound che questi volle tradurla in inglese e si adoperò, poi, per farla pubblicare a New York. Fondamentale il randagio nonno Luigi anche e soprattutto per la vita del giovane Enrico – nel quale, per altro, vita ed opera non sono mai distinguibili – che divenne, sin dall’infanzia, anch’egli un ramingo, esercitando i mestieri più diversi, il fabbro, il maniscalco, il cavatore di marmo, il garzone di cappellaio, lo stagnino, persino il saltimbanco in una compagnia di girovaghi.. solo più avanti, negli anni, trovò una

qualche stabilità, avviando, in Egitto, un commercio di marmi che gli diede tranquillità economica. Eppure anche allora restò sempre un inquieto, incapace di fermarsi davvero. Randagio nell’animo, insomma. Intanto, come’è facile comprendere, non ebbe un’istruzione regolare. Anzi, non ebbe proprio un’istruzione, imparando a leggere e scrivere da assoluto autodidatta, e, soprattutto, con un leggere che negli anni si fece sempre più vorace, ancorché caotico e disordinato. E tuttavia, per quante esperienze possa aver fatto poi, per quanti libri letto – in italiano ed anche in francese, che apprese, anche questo, dal vivo negli anni trascorsi ad Alessandria d’Egitto – la cifra linguistica stilistica di Pea restò, in fondo, sempre quella versiliese, marcatamente popolare... non popolaresca, però, ché davvero la sua fu – per dirla con il conterraneo professor Carducci, che però il Pea poco amava, considerandolo troppo “accademico” ed altisonante – una “favella toscana”, piena di forza e soavità come in un sirventese del Trecento. E per questo, probabilmente, piacque tanto al Pound, che aveva orecchio fino per la lingua nostra, ed amava Dante e i lirici del due/trecento sopra tutti gli altri. D’altro canto anche il Pea, quando cominciò finalmente a far sul serio con lettura e letteratura, si appassionò particolarmente all’Alighieri. Anzi, la Commedia fu uno dei due libri che tenne sempre come fondamentali; l’altro, fu la traduzione della Bibbia del Diodati, protestante e, come lui, lucchese. Due libri che spiegano, di per se stessi, molto di Pea e della sua opera. 1. continua


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