la macchina del tempo

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Tim MacHine aveva sempre sognato di viaggiare. Rimpiangeva di non aver mai avuto il coraggio di dare un calcio in quel posto a tutti i problemi e di partire per chissà dove. Ma non ne aveva mai avuto il coraggio. E così le sue tristi giornate gli passavano davanti tutte uguali, senza possibilità di scelta: il video di un computer, un acceleratore di positroni e fogli e fogli di calcoli di cui, in fondo, non sapeva proprio che farsene. Finché un giorno, studiando i risultati dell'ennesimo noiosissimo esperimento scoprì una cosa davvero eccezionale: dopo lo scontro tra due particelle opposte ad altissima velocità di queste non c'era più traccia. Erano sparite senza lasciare dietro di loro la consueta scia energetica che li contraddistingueva. Erano svanite nel nulla. "Ma dove si saranno andate a cacciare quelle stupidissime particelle?" pensava Tim. Come era possibile che fossero scomparse? Una spiegazione c'era, Tim lo sapeva, ma di certo non rientrava in quei casi comuni che poteva archiviare come "conferma" o "smentita" dell'esperimento. Doveva indagare per poter finire presto il suo lavoro e tornarsene a casa per vedere in TV la partita di football. E doveva fare in fretta perché il match iniziava alle 9 in punto e non voleva di certo fare tardi! Così, nonostante non ci fosse abituato, concentrò tutte le sue forze per risolvere quell'inconveniente e, spremendo il suo tutto sommato discreto intelletto, giunse ad una conclusione sensata: i calcoli dicevano che durante quello scontro si sarebbe potuto formare un buco nello spazio-tempo in cui le particelle si sarebbero perdute. E quello, pensò Tim, era proprio quello che era successo. Poteva tornarsene a casa per vedere l'inizio della partita in tempo. Giornata faticosa! La partita quella sera fu un vero spettacolo: la squadra di Tim dominò letteralmente l'incontro vincendo per 46 a 0. Degli avversari alla fine non rimasero che le ceneri sul campo! Era proprio la sua giornata fortunata quella, se non fosse stato per la notevole mole di lavoro che aveva dovuto svolgere. Comunque era ormai ora di andare a dormire: chissà se anche questa notte avrebbe sognato i mari del sud e le calde isole tropicali in cui l'attività più faticosa è spostarsi dall'albergo in spiaggia per prendere il sole! Dopo quella strepitosa vittoria era proprio quello che ci voleva. Ma quella notte Tim non riuscì a prendere sonno: l'euforia del 46


a 0 causò in lui una tachicardia estatica che faceva fluire quantità di sangue industriali al cervello e così non c'era verso di dormire. Eppure sembrava esserci un altro motivo per il quale il suo intelletto non voleva smettere di lavorare. Tim sentiva che il sangue continuava ad affluire al cervello perché stava rimuginando qualcosa. C'era un pensiero latente che tentava di farsi strada tra le pieghe della sua materia grigia, ma non riusciva ad affiorare. Decise allora di andarlo a cercare per farla finita e poter finalmente assopirsi e godersi lo spettacolo del suo sogno ricorrente preferito. Vide in un lampo il profilo assolato dell'isola di Gran Canaria e, subito dopo, quel maledetto pensiero si fece vivo: il buco spazio-temporale.... particelle scomparse.... il vuoto..... luoghi remoti.... l'acceleratore di particelle.... tante particelle..... finite chissà dove...... e chissà quando. Pian piano realizzava che il suo cervello non voleva rassegnarsi a non tentare di scovare cosa c'era sotto quella strana sparizione di particelle nell'acceleratore. Non ci stava a lasciar perdere, a mollare la presa e teneva duro, nonostante Tim non volesse. Ma ecco che, all'improvviso, tutto fu chiaro e Tim decise che il suo intelletto non era mica niente male. Aveva fatto bene a lasciare affiorare quel pensiero: si era perso una meritata notte di sonno, ma aveva ottenuto ben di più. Il laboratorio restava chiuso di notte, ma quella sera Tim era uscito per ultimo e, quindi, aveva con sé le chiavi per entrare. Non avrebbe potuto mettere in funzione l'acceleratore da solo, ma tutti i dati di cui aveva bisogno erano già registrati nel suo computer. E nessuno sapeva che lui era lì. Lo schermo sciolinò come al solito una cascata di numeri che nessun occhio avrebbe potuto distinguere, tale era la velocità con cui venivano visualizzati. Ma Tim sapeva dove cercare e rovistò a lungo fino a che non trovò cosa cercava: la traiettoria delle particelle che erano scomparse finiva proprio nel punto dell'urto, ma non sembrava avere un seguito. Ciò poteva voler dire solamente una cosa: al momento dell'urto violentissimo tra la particella negativa A e quella positiva B si era creato in quel punto il buco spazio-temporale attraverso il quale le particelle, o ciò che ne rimaneva, erano passate per giungere in un'altra dimensione. E quale poteva essere questa dimensione se non un luogo e tempo diverso da quello in cui si stava svolgendo l'esperimento? Tim urlò: "Hanno viaggiato nel tempo!". E tornò a dormire. L'indomani Tim si precipitò al lavoro come non aveva mai fatto per annunciare a tutti la sua grande scoperta. Ma, una volta dichiarato ai suoi superiori cosa era successo il giorno precedente in quell'acceleratore, fu preso per pazzo ed incompetente, accuse ricorrenti nei suoi confronti, e non fu degnato di null'altro che di un rimprovero. La sua rassegnazione era giunta al culmine proprio nel momento in cui la sua rabbia stava finalmente prendendo corpo. Dallo scontro violento tra queste due forze che si erano fatte immense in lui nacque una consapevolezza: non l'avrebbero fatta franca. Non questa volta.


Quello che aveva scoperto era vero, anche se nessuno l'avrebbe creduto, e lui lo avrebbe dimostrato. Anzi, non l'avrebbe detto a nessuno, avrebbe costruito una macchina in grado di proiettarlo nello spazio-tempo e solamente allora avrebbe chiamato la stampa e tutti i mass media per prendersi la sua doverosa rivincita nei confronti di quei falliti miscredenti. E così fece. La sera usciva sempre per ultimo dal laboratorio per poterci ritornare indisturbato durante la notte e fare i suoi esperimento in gran segreto. Nel giro di qualche mese fu in grado di stabilire quali fossero i parametri per controllare il balzo nella nuova dimensione. Impiegò un po' più di tempo per realizzare un macchinario, simile all'acceleratore con cui lavorava ogni giorno, in grado di proiettare un corpo solido in un'altra dimensione spazio-temporale e di farlo tornare indietro a suo piacimento. Poi venne finalmente il giorno in cui quella straordinaria macchina fu in grado di ospitare al suo interno un uomo e Tim sacrificò sé stesso per la scienza provandone il funzionamento. Tutto andò per il meglio e Tim decise che il mondo poteva attendere ancora alcune settimane prima di venire a conoscenza di quella incredibile scoperta e decise di farsi proiettare per due settimane alle Canarie. Non aveva denaro per permettersi di andarci in aereo e così si fece un regalo: d'altronde se lo meritava! Quando la macchina entrò in funzione Tim si sentì svuotare l'anima, il cervello entrò in uno stato catatonico in cui poteva percepire tutte le sensazioni che gli giungevano dall'esterno, ma non era in grado di analizzarle. Tim sentiva tutto, ma non capiva nulla. Poi il buio. Un silenzio assoluto seguito da un gran boato ed un lampo improvviso. E fu allora che, per la prima volta nella sua vita, Tim vide l'oceano. Che spasso: due settimane alle Canarie e poi il trionfo. Tim si sentiva il re del mondo, l'uomo più grande ed importante dell'universo. Poteva addirittura permettersi di non pagare il conto alla sua partenza perché nessuno avrebbe potuto seguirlo! Aveva infatti deciso di arrivare in quello splendido luogo qualche anno prima della sua effettiva partenza, viaggiando indietro nel tempo, oltre che nello spazio. In questo modo era sicuro che non avrebbe trovato nessuno di sua conoscenza a cui dovere delle spiegazioni e ciò rendeva assolutamente impossibile il suo riconoscimento. Il suo ragionamento non faceva una piega e, per provare che funzionasse veramente, il conto non lo pagò. Sparì letteralmente nel vuoto dopo due settimane di permanenza all'Hotel Excelsior e nessuno riuscì mai a trovare quel furbastro che aveva vissuto a sbafo nel migliore Hotel dell'isola per ben quindici giorni. Diventò una leggenda urbana alle Canarie! Ora però era giunto il gran momento di rivelare al mondo la sua sensazionale scoperta: ci avrebbe dormito su e, l'indomani, avrebbe chiamato la stampa ed i mass media. Si voleva preparare bene al suo trionfo. Ma, come si diceva una volta, la notte porta consiglio e, per la seconda volta, la vita di Tim cambiò per un sonno mancato. Perché


rivelare a tutti il suo segreto, vivere qualche anno coperto dalla fama, perseguitato dai giornalisti, in balia della furia popolare e poi sparire tra le pieghe di qualche vetusta e noiosa enciclopedia? Perché non tenersi tutto per sé e continuare a fare la grande vita senza spendere una lira? Sarebbe stato quello il suo meritato guadagno: d'ora in poi avrebbe viaggiato nel tempo e nello spazio senza spendere denaro, sparendo all'improvviso un momento prima di pagare il conto. Il suo geniale intelletto lo stupiva sempre più tanto da fargli credere che, dopo quei due brevi passaggi tra una dimensione e l'altra, si fosse potenziato, fosse diventato più brillante, più spregiudicato. Insomma, Tim si sentiva straordinariamente intelligente in quel momento! L'unico problema ancora da risolvere era il modo in cui tenere nascosto a tutti il suo segreto e la macchina del tempo. Non poteva certo spostare tutto l'ingombrante, e pesantissimo, materiale dal laboratorio a casa sua e quindi l'unica alternativa era nascondere il tutto all'interno del laboratorio stesso. O, addirittura, acquistare il laboratorio ed usarlo come copertura. Chi mai avrebbe sospettato di un onesto laboratorio fisico con pochi impiegati, uno più idiota dell'altro? Ma per fare ciò serviva del denaro e Tim non ne possedeva. Ed è qui che entra in gioco il suo incredibile intelletto: quando Tim ha bisogno il suo straordinario cervello interviene! Si sarebbe fatto proiettare in una banca di notte, all'interno del caveau. Nessuno lo avrebbe visto entrare e nessuno lo avrebbe visto uscire. Avrebbe prelevato il denaro e sarebbe scomparso nel giro di pochi minuti. Gli unici problemi erano programmare alla perfezione la macchina, perché Tim fosse proiettato esattamente all'interno del caveau e ci fosse rimasto solamente per qualche minuto, e comprare un passamontagna. Nulla di più semplice per Tim. Ora il laboratorio era suo. Anzi, era di una società fantasma a suo nome, ma nessuno avrebbe potuto scoprirlo. E poi, anche se qualcuno lo avesse fatto, Tim sarebbe tornato indietro nel tempo per modificare il nome della società e così non sarebbero mai potuti risalire a lui. Si sentiva un vero e proprio genio. Ma, d'altronde, lo era! E così Tim era pronto per il suo secondo viaggio: Maldive o Bahamas? Beh, anche Zanzibar non era male. E che dire di Maurizios? Tim decise di visitarle tutte queste splendide isole. Oramai non c'erano più ostacoli e Tim avrebbe potuto realizzare il suo sogno: vivere ogni sei mesi in un'isola tropicale deserta, senza far nulla, coccolato da tutti. Poteva ancora utilizzare il sistema che aveva adottato alle Canarie, ma in fondo era più facile e conveniente "prelevare" altro denaro in qualche altra banca e farsi trattare da gran signore. Chi più di lui poteva meritarselo? Prima di partire per il suo lungo viaggio Tim fece un'altra visitina notturna nel caveau di una banca, ma questa volta ne scelse una lontana dalla città in cui viveva. Tutto andò naturalmente liscio come l'olio e Tim poté quindi partire alla volta delle sue tanto adorate isole tropicali. Con le tasche piene


zeppe di soldi ed un conto in banca da miliardario si diresse alla volta delle Maldive inteso a godersi la vita a più non posso. Ma, dopo solamente due settimane, si ritrovò nella stanza del suo laboratorio in cui c'era la macchina del tempo. Cosa non aveva funzionato? Era buio - il che significava che lì era notte - e non c'era traccia di malfunzionamenti. La porta, però, era aperta e questo voleva dire che qualcuno era entrato ed aveva manomesso la macchina. Erano pochi gli addetti che lavoravano in quel laboratorio e Tim pensò che sarebbe stato facile scovare il sabotatore. E sarebbe stato ancora più semplice sbarazzarsene: Tim si sarebbe fatto proiettare indietro nel tempo ed avrebbe cambiato qualcosa nella vita di quell'uomo, quanto basta per farlo stare alla larga da quel laboratorio. Poteva impedirgli di essere assunto dalla società che gestiva il laboratorio prima di lui, poteva far sì che trovasse un altro lavoro prima di accettare quello, ma erano tutte cose di una certa difficoltà. Sarebbe stato più semplice impedirgli di prendere la laurea o fargli avere un incidente d'auto. Oppure Tim avrebbe potuto ucciderlo quando era bambino: sarebbe sembrato un incidente. Avrebbe anche potuto fregarsene e sparare un colpo alla madre quando era incinta, ma Tim sentiva di avere ancora una sua morale. Non ce l'avrebbe mai fatta. Così decise di appostarsi in quella stanza per scovare il ficcanaso. Dopodiché si sarebbe fatto proiettare in un tempo in cui il vigliacco era indifeso ed avrebbe provocato un incidente che gli avrebbe fatto perdere la vista o l'uso delle braccia. Comunque giurò a se stesso che non lo avrebbe ucciso. In fondo era l'unica cosa da fare e Tim non aveva mai commesso nessun crimine in vita sua: per una volta poteva soprassedere alla sua moralità. Il giorno seguente Tim si appostò nel laboratorio e notò che il suo capo - che in realtà era un suo subalterno! - aveva scoperto la macchina. Ovviamente non ne aveva compreso l'utilizzo, ma per precauzione, e per evitare che qualcun altro lo scoprisse, Tim decise di agire subito, la notte stessa, e di nascondere in seguito la macchina in modo che sembrasse solamente uno dei tanti strumenti che si utilizzavano in quel laboratorio. Praticamente nessuno lì dentro, tranne per l'appunto il direttore, conosceva il funzionamento di ogni singolo macchinario e ciò, unito al fatto che Tim avrebbe fatto in modo di diventare lui stesso il direttore, era per lui di grande aiuto. Tornò al laboratorio dopo cena, come al solito, e programmò la macchina in modo che lo proiettasse all'epoca, e nel luogo, in cui il suo "futuro" direttore aveva quattro anni. Una volta giunto a destinazione fece delle indagini e riconobbe in un rachitico secchione l'uomo che gli avrebbe procurato tutti quei problemi. "Chissà perché sono sempre quelli più intelligentoni a metterti il bastone fra le ruote!" pensava Tim mentre osservava il bimbo che girava in tondo con la sua bicicletta. "Chissà perché poi devono rompere le palle sempre a me!". L'espressione di quel bimbo innocente provocava in Tim una sensazione ributtante di odio profondo che gli saliva dal collo fino alla testa e poi scendeva


giù di colpo fin dentro lo stomaco. Quell'innocenza che sembrava chiedergli pietà faceva crescere in lui un violento ribrezzo per tutto ciò che non gli aveva permesso di vivere la vita a modo suo. Ed adesso che finalmente ci era riuscito non avrebbe di certo permesso a nessuno che gli fosse tolta l'unica possibilità di essere felice. Sentì di colpo una forza strana che si impossessò del suo corpo, una forte e decisa coscienza di sé e delle sue possibilità. E di colpo l'anima di Tim si svuotò, così come quando viaggiava nel tempo, ed il suo cervello iniziò a percepire il mondo esterno senza poterlo controllare. Le sensazioni che Tim provava, senza poterle in alcun modo fermare, erano le stesse che sentiva quando, all'interno della sua macchina del tempo, stava per fare il balzo che lo avrebbe portato in un altro luogo, in un altro tempo. Il cervello cadde in uno stato catatonico dal quale Tim non seppe, e non volle, uscire. Percepì il suo corpo in movimento, ma non seppe indovinarne la direzione. Poteva vedere e sentire ciò che gli stava attorno, ma non aveva la più pallida idea di dove stesse andando. O di cosa stesse per fare. Tim sentiva tutto, ma non capiva nulla. Poi il buio. Una debole luce sveglio Tim dal suo sonno profondo. Cercò dentro di sé tracce del suo recente passato e poté così constatare che ricordava benissimo tutto ciò che gli era appena successo. Non aveva potuto controllare il suo corpo che si dirigeva verso il bambino guidato dal suo cervello che prendeva iniziative senza preoccuparsi della reazione di Tim. Ricordava di aver afferrato il bimbo con forza e di averlo stretto forte a sé fino a ché non si era messo a piangere. "La mamma non c'é? Ora nessuno ti può aiutare, sapientone! Siamo solo io e te ed io sono incredibilmente più forte. E più intelligente, non credi?" ricordava di aver pensato in quel momento. Poi, come in un lampo di genio, si diresse verso la strada statale che passava a pochi passi da lì e gettò il bambino sotto un TIR che stava transitando in quel momento a grande velocità. Dopodiché non ricordava più nulla, solo una debole luce che lo aveva svegliato. Cosa era successo? E dove si trovava ora? "La scienza non ci dice come comportarci nel caso in cui potessimo viaggiare indietro nel tempo. Sappiamo solo che in teoria si può fare, ma che tutte le piccole modifiche provocate dal nostro essere in un luogo in cui non dovremmo essere tendono a far prendere al destino vie completamente diverse da quelle che ci aspettiamo. Tornando indietro nel tempo a cambiare le cose potremmo trovarci al nostro ritorno in un mondo completamente diverso da quello da cui siamo partiti. Quindi ogni nostra azione è potenzialmente, in questo caso, una bomba ad orologeria che rivoluziona nel tempo l'evoluzione del mondo". Queste parole riecheggiavano nella mente di Tim che ricordava di averle lette in qualche romanzo di serie B nella sua tormentata infanzia. Ragionandoci sopra Tim capì di aver commesso un grave errore: aveva apportato una grossa modifica nel passato - la morte di un bambino che non avrebbe dovuto morire - e ciò significava che il


futuro sarebbe cambiato. Cosa ne era stato della sua macchina del tempo? Probabilmente nel nuovo futuro, ridisegnato dalla sua azione, non ci sarebbe stata nessuna macchina del tempo ed è per questo motivo che Tim era scomparso all'istante alla morte del bambino. Ma questo significava che allora poteva anche non essere nemmeno stato un impiegato in un laboratorio fisico. E questo poteva anche dire che in questo nuovo mondo la vita di Tim sarebbe stata diversa. Avrebbe potuto vivere a modo suo, viaggiare e non fare nulla per tutta la vita. Forse aveva ottenuto anche di più di quello che sperava! Seppe dal suo vicino di cella che erano trascorsi oramai sei anni dal suo arresto: Tim aveva ucciso un altro barbone per prendergli il suo unico tozzo di pane. "La sopravvivenza è difficile in questa giungla" ripeteva il suo vicino "è logico che abbia la meglio il più forte. Anch'io sono dentro per lo stesso motivo, ma non ho ancora capito cosa ho fatto di male: se non lo facevo io, lo avrebbe fatto quel maledetto in un altra situazione. Un tozzo di pane è la vita. Se ce l'hai, altrimenti...". Tim aveva trascorso sei anni in quella gelida cella rischiarata dalla debole luce che lo aveva risvegliato pochi minuti fa. In fondo poteva anche dirsi fortunato perché non ricordava nulla di tutto ciò: era come se non avesse mai trascorso nemmeno un minuto in quel lurido posto. "Ce ne rimangono solo altri sei Tim MacHine. Coraggio ti vedo un po' giù oggi. Vuoi un tozzo di pane?"



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