I Muci di Khulna e Satkhira

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Paggi p. Luigi s.x.

I MUCI DI KHULNA E SATKHIRA

PUBBLICATO DALL’AUTORE IN VERSIONE PDF SU ISSUU NEL GIUGNO 2012

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PREMESSA I cattolici che costituiscono la Chiesa locale di Khulna in Bangladesh provengono per la maggioranza dall’Induismo. Quasi più della metà appartengono ad un gruppo di Intoccabili: il gruppo dei MUCI o RISHI. Noi Missionari Saveriani stiamo lavorando all’interno di questo gruppo ormai da 40 anni. In questi 40 anni i Saveriani che lavorano nella Diocesi di Khulna hanno visto passare tra le loro file un centinaio di Missionari. Una buona parte di essi ha potuto sperimentare quanto sia duro e faticoso il lavoro tra gli Intoccabili. Molti, dopo qualche anno di lavoro tra questo gruppo, vedendo che il terreno non si presta a facili raccolti, hanno pensato di scegliere altri campi di lavoro. Altri hanno continuato pazientemente un faticoso lavoro di semina nella speranza di messi abbondanti in futuro. Qualche altro ancora, nello sforzo di liberazione e redenzione di questo gruppo, hanno innaffiato con il sangue il terreno del proprio lavoro. Nonostante il terreno fosse e sia alquanto arido e irto di spine, i frutti non sono mancati e il futuro è ricco di speranza. Tra i Missionari che lavorano attualmente nella Diocesi di Khulna per l’evangelizzazione del Muci si è creato un gruppo che, per così dire, ha sposato la causa di questi poveri, emarginati ed oppressi. Tra questo gruppo qualcuno ha sentito l’urgenza e la necessità di condurre studi e ricerche in vista di un maggior servizio da parte dei Missionari Severiani verso i Muci stessi. P. J. Fagan, dopo un anno intero trascorso in un villaggio di Muci, ha esposto i risultati del suo studio in un ciclostilato dal titolo: “The Mouchi untouchables: a people set apart”. Prendendo lo spunto dalla ricerca di P. J. Fagan, si è pensato fosse utile ed opportuno continuare il discorso sull’argomento. Coscienti che una ricerca di questo genere richiederebbe strumenti scientifici, di cui noi purtroppo siamo sprovvisti, ci siamo limitati ad esporre semplicemente quello che, nel nostro sforzo di koinonia e diakonia tra i Muci, ogni giorno viviamo, sentiamo e speriamo. Non tutto è frutto della nostra esperienza e delle nostre indagini. Molte informazioni ci sono state fornite dai catechisti della parrocchia di Satkhira e Borodol e dal proletariato rurale del distretto di Khulna. Vorremmo fare omaggio di questa nostra fatica ai Missionari Saveriani che nutrono uno speciale interesse per i Muci, questi poveri tra i poveri, figli e fratelli di Israele schiavo nell’Egitto del Bangladesh.

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Il 10 dicembre 1948 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite presentava al mondo la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Nel primo articolo si conferma: “All human beings are born free and equal in dignity and right. They are endowed with reason and conscience and should act towards one onother in spirit of brotherhood”. La fratellanza, l’uguaglianza, la dignità di cui parla il primo articolo della dichiarazione rimane ancora in molte nazioni del mondo un ideale da raggiungere. L’India è una di queste nazioni: in India esiste ancora oggi una sezione della società che è considerata così inferiore da essere privata di ogni diritto., rispetto e dignità: gli Intoccabili. Sebbene questo gruppo rappresenti solo un settimo della popolazione Indiana tuttavia il numero degli intoccabili si aggira oggi sui cento milioni di persone. La ragione fondamentale per cui gli Intoccabili dell’India sono segregati e separati dai loro connazionali non va ricercata tanto nella differenza razziale quanto nella natura “servile” delle loro attività. E per queste attività sono condannarti ad essere considerati impuri e ripugnati per tutta la loro esistenza, oggetto di discriminazione sociale, politica, economica e religiosa. Eppure il Governo Indiano ha ufficialmente abolito l’intoccabilità. Nell’articolo 17 della Costituzione Indiana si legge: “Untouchability is abolished and its practice in any form is forbidden. The enforcement of any disability arising out of Untouchability shall be an offence punishable in accordance with the law” Nel 1955 il Parlamento Indiano decretava persino delle leggi contro le discriminazioni sofferte dagli Intoccabili. Nell’articolo 15 (2) del “The Untouchability Offences Act” si dice: “No citizen shall on grounds only of religion, race, caste, sex, place of birth or any of them, be subject to any disability, rescriction or conditio with regard to: • access to shops, public restaurants, hotels and places of public entertainment; • the use of wells, tanks, bathing ghats, roads and places of public resort maintained wholly or the partly out of State funds or dedicated to the use of the general public”. Nonostante queste leggi intese a salvaguardare la dignità e i diritti umani degli Intoccabili, la grande maggioranza di essi continua a rimanere 3


socialmente emarginata, economicamente sfruttata e spesso soggetta a violenza fisica da parte di quelli che si considerano superiori. Atrocità di ogni genere contro gli Intoccabili, meglio conosciuti in India con il nome di “ Harijans” (figli di Dio), come Gandhi usava definirli, sono avvenimenti quotidiani nel sub Continente Indiano. In linea con la Costituzione Indiana anche la Costituzione del Bangladesh garantisce parità di diritti a tutti i suoi cittadini. Art 27: All citizens are equal before the law and are en titled to equal protection of the law. Art 28: No citizen shall on ground only of religion, race, caste, sex or place of birth be subjected to any disability, liability, restriction or condition with regard to access to any place of public entertainment or resort or admission to any education istitution. La realtà però è diversa: le minoranze in Bangladesh non godono certo di privilegi da parte dello Stato né da parte della maggioranza Mussulmana Tra le minoranze, la situazione degli Indù di bassa casta (Scheduled castes) non sembra molto diversa dalla situazione degli “Harijeans” dell’India. I Muci (Rishi) rappresentano tra le minoranze del Bangldesh uno dei gruppi più emarginati, oppressi, defraudati dei loro diritti umani. I Muci del distretto di Khulna costituiscono il gruppo umano di cui, all’infuori della Chiesa Cattolica e, recentemente, qualche Chiesa Protestante, nessuno si è mai interessato. Pur senza sperare una possibile adesione dei Muci alla Chiesa e senza pretendere una loro immediata conversione a Cristo, un particolare interesse per questo gruppo di poveri, emarginati ed oppressi, potrebbe essere, oltre che un’opera di carità, un dovere di giustizia.

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MUCI – RISHI Nei villaggi di Khulna e Satkira nessun gruppo suscita tanto disgusto come il termine “Muci”. La parola Muci nella mentalità della gente dei villaggi connota un gruppo umano caratterizzato da ogni sorta di abbiezione: impurità, sporcizia, trivialità, rozzezza, ingordigia, irreligiosità, ecc. Il disgusto e il ribrezzo da parte di tutti verso i Muci ha creato in loro stessi un sentimento di autodisprezzzo e disistima che frena e blocca qualsiasi loro passo verso un minimo di dignità. Per i Muci sembra preclusa qualsiasi via per uscire dalla miserabile condizione in cui si dibattano. Sembra si siano assuefatti all’idea che il futuro non potrà essere migliore del passato. Gandhi usava definire gli Intoccabili dell’Indiacon quattro: the last, the least, the lowest, the lost. La definizione di Gandhi circa gli Intoccabili dell’India si può applicare perfettamente anche ai Muci di Khulna e Satkhira. 1.1

Il termine Muci

La maggioranza della gente del villaggio e degli stessi Muci non conosce l’esatta etimologia della parola con cui viene denominato questo gruppo. Nel dizionario della lingua bangladese (Sam - sad Bengali Adhidhan) il termine “Muci” è sinonimo di “Charmakhar” o “Chamar” (scuoiatore e conciatore di pelle). La parola Muci viene dal verbo “mocion kora” che significa: liberare, staccare, pulire, ecc. I Muci, come i Chamar, hanno il compito di lavorare la pelle e il cuoio e, come spiega il dizionario, caratteristica peculiare di questo gruppo è quella di scuiare le carcasse degli animali e ripulirne le pelli. La gente comune sa solo che il termine Muci designa un gruppo di persone che alleva gli animali altrui per poi scuoiarne la carogna, mangiarne la carne e conciarne in modo rudimentale la pelle per fabbricare vari tipi di strumenti musicali a percussione. 1.2

Il Muci del narikel

Qualcuno tra i Muci da una diversa spiegazione a questo termine. Nella lingua Bengalese la parola Muci, oltre ad indicare lo scuoiatore di pelli, ha un altro significato, la noce di cocco nella sua prima fase di sviluppo è chiamata “narikel muci”. Il “muci” della noce di cocco non contiene né succo né polpa. Normalmente, quando cade dalla pianta, non lo si raccoglie neppure come combustibile. I Muci si paragonano spesso al muci della noce di cocco. “Come il muci del narikel non serve a niente e a nessuno, 5


così è il nostro gruppo. Il nostro è un gruppo senza valore, insignificante come il muci del narikel”: queste le testuali parole di un vecchio Muci cristiano di Gualchator, un villaggio della Thana (stazione di polizia) di Kolaroa. 1.3

Muni - Muci

Oltre a questa popolare spiegazione si sente spesso tra i Muci un’altra interpretazione circa il loro nome. Questa interpretazione, dedotta da varie storielle di carattere mitologico, sembra quasi un’eziologia del loro peccato originale. Una di queste storie suona cosi: I Rishi erano i personaggi religiosi e i saggi dell’India antica. I Veda stessi (le più antiche scritture Indù) – si dice – furono scritti da loro. Un giorno Moharshi (il capo dei Rishi) celebrava una “puja” (festa religiosa).Per l’occasione invitò tutti i rappresentanti delle quattro caste e ordinò loro di portare l’occorrente per la celebrazione. Tutti si dettero da fare per raccogliere i fiori, frutta, incenso ecc. Il giorno della “puja” tutti si presentarono con le loro offerte nel luogo prestabilito. Uno dei Rishi, Muni, si era però dimenticato di procurare la sua offerta. Ora, vedendo tutti gli altri “bhokto” (devoti) incamminarsi verso il luogo della “puja” con i loro doni, anch’egli si precipitò alla ricerca di qualcosa che potesse servire come offerta a Bhogoban (Dio); ma non trovò niente che fosse adatto alla circostanza. Ad un tratto, lungo la strada, intravide la carcassa di una mucca morta. In fretta e furia, tagliò un pezzo dalla carogna e lo portò a casa. La moglie, incinta, aveva le voglie e, vedendo la carne, non seppe resistere alla tentazione di cucinarla. A nulla valsero le proteste del marito che alla fine si presentò alla “puja” con in mano un pezzo di pelle. Tutti i bhokto, vedendo quell’offerta, sputarono per terra con disgusto e dissero: “ci, ci, ci” (che vergogna). Il Mohorshi, pieno di indignazione, si volse a Muni Rishi dicendo: “Muni Rishi, che tu e la tua stirpe siate maledetti! Tu e la tua discendenza sarete oggetto di disprezzo e disgusto da parte di tutti i fratelli di Bhogoban e non avrete più posto in nessuna delle quattro caste. La tua occupazione sarà quella di scuoiare le carcasse degli animali morti e il tuo nome non sarà più Muni ma Muci. Così ebbe origine il gruppo dei Muci. 1.4

CI, CI, CI!

Chi ha familiarità con la lingua Bengladese sa cosa esprime la particella interlocutiva “ci”. Il dizionario Bengladese definisce così questa particella:

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“Ghirina, ninda, loggia, probriti, prokashok shobdo” (interlocuzione che esprime disgusto, ribrezzo, vergogna, ecc.). Normalmente i Bangladesi quando pronunciano la particella “ci” sputano per terra come per esprimere meglio il sentimento di disprezzo e disgusto che provano di fronte a qualcosa di sporco, brutto e ripugnante. 1.5

Il disgusto del termine “Muci”

Nella mentalità della gente del villaggio la parola Muci suscita lo stesso disgusto che esprime la particella “ci”. Non di rado, ancora oggi, parecchia gente, quando passa nelle vicinanze della Muci “para” (quartiere), sputa per terra in segno di disgusto e ribrezzo. Il fatto che riportiamo è di data recente. Qualche anno fa, davanti alla Muci para di Chknogor, si stava tracciando una strada. Per parecchi giorni un folto numero di operai fece la coda davanti alla pompa dell’acqua di casa nostra, che non è molto lontana dalla Muci para. Un giorno chiedemmo come mai tanta gente venisse da noi ad attingere acqua quando la Muci para aveva due pompe. “A bere l’acqua dalla loro pompa- fu la risposta- viene il voltastomaco”. La parola Muci, oltre che suscitare il disprezzo e il ribrezzo nei vari strati sociali del villaggio, è disgustante anche per i Muci stessi. Un giorno, facendo scuola ai bambini Muci di Chuknogor, nella combinazione della lettera dell’alfabeto risultò la parola Muci. Per un istante tutti i bambini rimasero senza parola, poi qualcuno disse: “Questa parola è brutta: non si deve scrivere”. In un’altra occasione, nell’intervallo della scuola, gli stessi bambini si divertivano a scrivere il loro nome sulla lavagna: Uttom Kumar Dash, Anondo Kumar Dash, ecc. Ad un certo punto, preso il gesso, aggiungemmo a tutti i nomi la parola Muci. Di nuovo, per un istante, ci fu un silenzio di tomba, poi uno degli scolari si mise a cancellare il termine Muci dicendo: “Questa parola non si deve dire”. Semplici fatti dei quali traspare quanto persino i bambini si sentono imbarazzati e a disagio di fronte al nome del loro gruppo. L’imbarazzo e il disagio è, a maggior ragione, più forte negli adulti i quali normalmente usano il termine Muci solo all’interno del loro gruppo e solo con chi hanno stabilito un rapporto di intimità e fiducia. Di fronte ad estranei e al di fuori del loro gruppo i Muci preferiscono venga usato il termine Rishi che è meno disgustante sia per gli altri gruppi che per i Muci stessi.

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1.6

Rishi

Le due parole “Muni” e “Rishi”, secondo il dizionario, anno più o meno lo stesso significato :Muni indica asceta; Rishi sta per compositore ed esperto delle scritture Indù, conoscitore dei “Mantra” (formule magiche). I Rishi, secondo un’altra storia di carattere mitologico - eziologico, sarebbero i discendenti di Muni Rishi Ram Dash. La storia suona più o meno così: A Shiva, la divinità di cui Ram Dash era devoto, si era rotto il “dugdughi” (piccolo strumento musicale costruito con pelle e legno). Il devoto Ram Dash voleva riparare il dugdughi di Shiva ma si accorse di essere a corto di pelle. Shiva gli consigliò allora di tagliare un pezzo di pelle dalla coscia della sua mucca e con questa pelle riparare lo strumento. Ram Dash eseguì prontamente l’ordine, ma, messo in tentazione dalla gola, staccò dalla coscia della mucca anche un pezzo di carne. Quando Shiva si accorse del fatto maledì l’ingordo Ram Dash, lo espulse dal consesso dei Muni Rishi e lo condannò a scuoiare animali, cambiandogli il nome da Ram Dash in Muci Dash. Questa presunta discendenza dei Muci dai Rishi pare che, in passato, avesse una particolare implicazione per le altre caste Indù. In occasione di puja o “shraddo” (celebrazioni funebri), un tempo, i Muci ricevevano particolari onorificenze proprio perché considerati discendenti dei Muni Rishi. Qualcuno però sostiene che queste onorificenze non derivavano dal fatto che i Muci siano discendenti dei mitologici santoni e mistici, ma dal fatto che, alcuni secoli fa, nel gruppo dei Chamar – Muci ci fu effettivamente una grande personalità religiosa: il famoso Ruidash. 1.7

Ruidash

Jonh Fagan nel suo studio sui Muci parla del Ruidash in questi termini:: “Ruidash was a follower of Ramananda (c. 1370 – 1440). The latter was a religious reformer who challenged caste divisions and questioned the traditional religious ceremonies. He is supposed to have had 12 principal disciples most of whom came from low castes. One of them was a Muchi called Ravidash or Ruidash. Ruidash was born at Benares late in the 15th century, came under the influence of Ramananda and afterwards became the founder of a widespread religious movement. He was a monotheist of pure faith following the general lines of Ramananda. He taught that the soul differs from God only in that it is encumbered with a body. For him God was everything and he gave himself over to passionate devotion believing that God is gracious to all and accessible to persons of lowly birth. God 8


alone can save man from evil passions. His followers belive that at the age of 120 he reached a state of bliss and disappeared in the flesh. The influence of the teaching of Ruidash has been sufficiently great to give him the place of a teacher. Bramachari, in the bhacta mala (lives of the Vishnu saints). His followers are all Chamars and Muchis and many of them prefer to be known as Ruida shis, Ravidashis or rishis”. 1.8

Riudash e Sri Krisna

Tra i Muci Rishi dei villaggi di Khulna e Satkhira ricorrono spesso antiche storie circa il santone Ruidash e la sua profonda devozione verso Sri Krisna, ottava “avatar” (incarnazione) di Vishnù. Una delle tante storie che si raccontano associa Ruidash niente meno che ai personaggi principali della Gita, il libro sacro per eccellenza fra le scritture Indù. La storiella è più o meno così: “C’era una volta un re di nome Judisti che si era macchiato di tre delitti. Aveva ucciso il suo “guru” (maestro spirituale), aveva mandato in rovina i suoi sudditi e aveva creato inimicizie con tutti gli altri re. Pentito dei suoi errori chiese perdono a Sri Krisna, ma questi rispose che i suoi peccati gli sarebbero stati perdonati solo dopo aver invitato e onorato nella sua reggia il suo più grande devoto. Dopo aver reso onore al più grande devoto di Krisna si sarebbero sentiti tre colpi di campana e ad ogni colpo i peccati del re sarebbero stati perdonati. Judisti inviò il cocchiere di Sri Krisna, Arjuna, ad invitare tutti i Rishi del regno, ma tra di loro non si trovò nessun devoto di Krisna. Il re si lamentò allora con Sri Krisna di non aver trovato nessun devoto tra i Rishi. Krisna rispose: “Il mio devoto più fedele è Ruidash Muci. Prepara un banchetto per lui e i tuoi peccati ti saranno perdonati”. Il re mandò di nuovo Arjuna ad invitare Ruidash Muci. Arjuna trovò Ruidash intento a conciare pelli di mucca. La proposta di sedersi al banchetto del re lo spaventò a tal punto che rifiutò l’invito scusandosi di essere indegno di entrare nel palazzo reale.”Però – disse – avrebbe accettato l’invito ad una condizione: che il messaggero del re condividesse la sua mensa. Arjuna accettò la proposta con una certa ripugnanza. Ruidah lo fece infatti accomodare su una pelle di mucca e incominciò a preparare il pranzo. Mentre il riso bolliva Arjuna decise di fare il bagno. Avvicinatosi al “pukur”(stagno in cui ci si lava), pur non potendo resistere al tanfo delle pelli che galleggiavano nell’acqua, si tuffò. Mentre nuotava gli apparve nell’ acqua sporca e fetida l’immagine di Sri Krisma in persona che gli disse: “Arjuna tu pensavi di essere un mio devoto, ma Ruidash non lo è 9


meno di te. Per la sua profonda devozione verso di me ho fatto di questo posto la mia dimora”. Il giorno seguente Ruidash era ospite d’onore del re Judisti. Drupati, la regina stessa preparò il pranzo. Ruidah, sedutosi alla mensa, mescolò il riso con tutte le qualità di “torcari”(intingoli di verdura, pesce o carne) ed in un attimo lasciò il piatto vuoto. La regina, di fronte alla scena, pensò: “Questo sporco Muci non sa neppure distinguere i vari gusti del cibo. Che razza di devoto potrà mai essere!”. Judisti si aspettava di sentire i tre tocchi di campana che lo liberassero dai suoi peccati, ma il cielo rimase muto. Il re si lamentò di nuovo con Sri Krisna che smascherò Drupati per aver espresso sentimenti di disprezzo e di disgusto verso Ruidash. Quindi Sri Krisma stesso si mise a servire il suo devoto. Subito si udirono tre tocchi di campana e il re fu liberato dai suoi peccati. Allora tutta la corte si prostrò davanti a Ruidash Muci acclamandolo il più grande devoto di Krisna. 1.9

I Rishi di Ruidash

Questa è una delle tante storie- leggende che circolano tra i Muci circa il loro famoso antenato il quale avrebbe dato il nome a questo gruppo. Pare che in passato fosse comune tra gli Indù fissare il nome di un gruppo risalendo a qualche famoso antenato. Emil Senart, studioso delle caste, scrive: “The names borne by castes and subcastes are not always clear in their meaning. Apart from two or three generic and traditional titles, such as those of Brahman and Rajput, the greater number of those whose meaning can be discerned, trace their origin to one or other of the following four categories: geographical names borrowed either from a mere locality or from a province; professional names, referring either to an occupation peculiar to the group or, in the case of some of the Brahman castes, a special feature in their sacerdotal functions; names of objects or of animals particularly connected with the group by traditional legends or religious pratices; and lastly, family names going back either directly or through a nickname to a supposed ancestor. As may easily be imagined, the castes bearing names which seem to call for explanation are rarely at a loss for lecases the connectin has to be reversed: it is more usual for the name to have inspired the story than for the story to have given inspiration to the name1. 1

E. Senart: Caste in India Defects and System, first published 1930; first reprint in India 1977; pp. 15-16: Caste

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Che questo Riudash sia stato un personaggio famoso, legato al movimento della Bhakti di Ramananda, Chaitanya, Kabir e Tulsidash, è provato anche da una bella poesia di Rabindranath Tagore, intitolata “Premer Shona”, reperibile nel sedicesimo volume del “Robindro Rocionaboli”. 1.10

Rishi e Dash

Il termine Rishi come denominatore di questo gruppo, oltre ad essere preferito dai Muci e dalla gente meno volgare del villaggio, viene usato anche nei documenti ufficiali riguardanti la compravendita di terra e casi in tribunali. Questi documenti quasi sempre, insieme al nome della persona in questione, riportano il termine Rishi come cognome e indicativo del gruppo. Così pure il nome dei testimoni richiesti per la stesura dei documenti ufficiali, se Muci, è normalmente seguito dal termine Rishi. Anche questo termine sembra però piuttosto dispregiativo, per cui, oggi, molti Muci preferiscono usare il cognome Dash, che in un certo modo riesce a nascondere o quanto meno a coprire la realtà che il nome Muci o Rishi richiama. Così molti Muci si presentano come Sri Horpodo Dash, Sri Otul Dash, ecc. Anche i bambini che frequentano la scuola pubblica sono elencati nel registro delle presenze indistintamente con il cognome Dash. I bambini della Rishi para di Chuknogor si fregiano tutti di questo cognome, tanto che, i maestri della scuola pubblica si riferiscono al loro gruppo con il nome di “Dash Company”. Chi, fra i Rishi, è riuscito economicamente a salire un gradino, spesso sceglie cognomi di caste alte, nella segreta speranza di far perdere le tracce circa la propria identità e gruppo sociale. La maggior parte dei Muci passati al Cristianesimo ha seguito questa tattica. Tra i Cristiani di Khulna provenienti da questo gruppo il termine Rishi o Dash non solo è scomparso, ma il semplice fatto di rievocarlo come denominativo del gruppo di provenienza, può scatenare ire e ribellioni. I Muci Cristiani di Khulna e Satkira non sono più né Rishi né Dash: sono tutti Mondol, Biswas, Sardar, ecc. Qualcuno ha preso nientemeno che il cognome del Vescovo di Khulna: De Rosario. Qualche anno fa, durante una visita ai Rishi di Khersha, un villaggio della Thana di Paigacha, ci fu una lunga discussione per tutta la notte. I Rishi di quel villaggio avevano deciso di “convertirsi” al Cristianesimo. Come primo passo di conversione era in ballo la scelta di un nuovo cognome. Quella notte qualcuno divenne “Mr. Lolit Odikari”, qualche altro “Mr. Gopal Ray”, ecc. Non apparve nella rosa dei cognomi nessun Chakrabarti e 11


nessun Baneryee: i cognomi dei Bramini: viva la modestia dei Rishi di Khersha! Dash è un cognome molto ricorrente tra gli Indù di bassa casta, per cui tale cognome dà facilmente ai Rishi la possibilità di mescolarsi nella massa e di far perdere la propria identità almeno tra gli sconosciuti. Il trucco viene però facilmente scoperto: un Rishi si può fregiare di un cognome come Dash, Sardar, Sarkar: ma, specialmrnte se è analfabeta, darà alla moglie o alla figlia il cognome Dashi; una Pagli Dashi o una Oruna Dashi rivelando subito la matrice Rishi. 1.11

Gli Intoccabili e le loro origini

Il termine Dash potrebbe presentarsi come un punto di riferimento per una indagine storica circa l’origine dei Rishi in particolare e degli Intoccabili in generale, problema che non è ancora stato risolto. Molti studiosi avanzano l’ipotesi che gli Intoccabili siano i discendenti dei popoli Dravidici, gli aborigeni dell’India. Gli Ariani, penetrando nella pianura del Gange, avrebbero cacciato verso il sud dell’India parte di questi aborigeni e ne avrebbero tenuto parte come schiavi. I Dashu o Dash dell’epoca Vedica sarebbero stati i primi Intoccabili. Questa teoria è però contrastata da altri studiosi i quali affermano che, se gli Intoccabili fossero i discendenti dei popoli Dravidici, dovrebbero avere caratteristiche somatiche diverse da quelle degli altri gruppi Indù e avere maggiori affinità con le popolazioni aborigene che hanno mantenuto le loro individualità etniche. Studi antropometrici dimostrano invece maggiore affinità razziale tra Intoccabili e caste Indù che tra Intoccabili e aborigeni. Oltre alla teoria Dravidica circa l’origine dell’Intoccabilità, altre teorie sono state presentate dagli studiosi, ma nessuna finora può dirsi definitiva. Una breve sintesi relativa a questa problematica è riportata da P. Stephen Fuchs, il famoso missionario antropologo Verbita, nell’introduzione al suo libro “At the bottom of Indian Society” 1.12

Boro Beghi e Cioto Beghi

Chi ha studiato a fondo il sistema della casta ha scoperto che questa non è un blocco unitario in se stesso, ma ha normalmente varie ramificazioni o segmentazioni che nel linguaggio tecnico sono chiamate “sotto casta”. Tra gli esperti e gli studiosi qualcuno afferma che la sotto casta è la vera casta. Le caratteristiche più importanti della casta si trovano, infatti, nella

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sottocasta. La sotto casta copre una località ben definita, ha le sue leggi in campo giudiziario e matrimoniale, può scomunicare i suoi membri e presenta parecchie divergenze, se pur lievi, con la casta o le caste sorelle. Questo fenomeno si riscontra anche tra i Muci-Rishi i quali distinguono all’interno del loro “jati” (gruppo), almeno due gruppi ben definiti e diversi tra loro, anche se in pratica le differenze sono del tutto marginali, se non inconsistenti. I Rishi di Khulna e Satkhira si riferiscono a questi due gruppi con il termine di “Boro Beghi – Cioto Beghi” Molti Muci Rishi, cercando di avanzare di qualche gradino nella scala sociale Indù, hanno abbandonato la loro professione di avvelenatori e scuoiatori adottando altre occupazioni; questi hanno preso il nome di Boro Beghi. Beghi deriva dal termine Bengalese “bhag” (parte). Nel gruppo dei Rishi questi sarebbero la parte, il gruppo socialmente più elevato e meno impuro, mentre chi continua il lavoro tradizionale dei Muci apparterrebbe ai Cioto Beghi, la parte, la sezione, il gruppo socialmente meno elevato e più impuro. Pare che in passato tra i due gruppi non ci fossero interrelazioni né riguardo al cibo né riguardo al matrimonio. Solo in caso di scomunica un Boro Beghi poteva trovare rifugio tra i Cioto Beghi. Cosi pure vedove o adultere, ripudiate dai Boro Beghi potevano di nuovo sposarsi con i Cioto Beghi. Attualmente la separazione sembra si sia notevolmente attenuata: Boro Beghi e Cioto Beghi, mangiano insieme e incominciano a stabilire scambi matrimoniali. Boro Beghi e Cioto Beghi sono distribuiti nel distretto di Khulna secondo località ben definite e sembra abbiano anche alcune caratteristiche specifiche. Su queste differenze ci fermeremo più avanti. 1.13

Bauni e Nirbauni

Un altro termine ricorrente tra i Rishi per denominare i due gruppi è rispettivamente quello di “Bauni e Nirbauni”. Baun è la storpiatura della parola “Bhrammon”, il bramino che presiede ai matrimoni e alle cerimonie religiose. La presenza del bramino dà un certo prestigio al gruppo che in questo modo, con questa mediazione religiosa, ha l’impressione, se non di essere, al meno di non sentirsi da meno delle altre caste. I Boro Beghi si vantano quindi di essere Bauni, di avere cioè all’interno del loro gruppo il bramino che di solito è reclutato tra i membri del gruppo stesso.

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I Cioto Beghi, invece, per celebrazioni di matrimoni o altre funzioni religiose, non hanno bisogno di nessun Baun, per questo sono definiti “Nirbauni” (il Nir è un prefisso privativo). Un matrimonio tra i Cioto Beghi non esige alcuna mediazione, né civile né religiosa: il semplice scambio di una collana di fiori tra i due sposi (mala bodol) è l’unico requisito necessario per la validità del vincolo matrimoniale. 1.14

Porbauni e Nijbauni

Sempre nel tentativo di avanzare di qualche passo nella scala sociale, in questi ultimi anni, pare che qualche villaggio Rishi sia riuscito a farsi servire da bramini di altre caste, sebbene di basso livello. Questo fatto ha spinto qualcuno tra i Rishi più istruiti, specialmente giovani, a coniare nuovi termini per qualificare il proprio gruppo in contrapposizione agli altri. I nuovi termini sono “Porbauni e Nijauni” “Nij” sta per “nijer” (proprio, nel proprio gruppo) “Por” significa altro, non del proprio gruppo e quindi importalo dal di fuori, da un’altra casta. Il che darebbe la possibilità a chi riesce ad essere servito da un Porbauni, il bramino di altre caste, di costruire un gruppo a parte, un gradino superiore agli altri due. Nel distretto di Jessore, nei villaggi verso Keshabpur e Monirampur, sembra ci sia qualche gruppo di questi privilegiati Porbauni. Dovrebbe trattarsi di Rishi abbastanza evoluti socialmente ed economicamente per cui il fatto di essere serviti da bramini di altre caste potrebbe essere se non vero almeno verosimile. Un’indagine tra questi Rishi, il cui numero dovrebbe essere molto superiore a quello dei Rishi di Khulna e Satkhira (si fa il calcolo approssimativa– mente di 70000 Muci Rishi solo nel distretto di Jessore) offrirebbe la possibilità di avere più dettagli su questo terzo gruppo. Questa ricerca si limita ai Muci di Khulna e Satkhira. Nel capitolo successivo tenteremo di studiarne la dislocazione geografica nelle varie Thana (stazione di polizia) dei due distretti. Inoltre accenneremo brevemente alla loro situazione riguardante la proprietà della terra, l’istruzione, la religione e l’emigrazione.

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I MUCI DI KHULNA E SATKHIRA Il distretto di Khulna comprende tre suddivisioni: Khulna- Sadar e Bagherat. Nelle due suddivisioni di Khulna e Satkhira P. Pier Luigi Lupi ha condotto un’indagine tra tutti i villaggi Muci raccogliendo preziose informazioni circa la loro situazione socio- economica- religiosoeducativa. La suddivisione di Bagherat non è stata presa in considerazione perché i Muci di questa zona, oltre a non avere strette relazioni con i gruppi delle altre suddivisioni, pare abbiano poca consistenza numerica. Inoltre, storicamente, il gruppo di Muci che per primo ha mostrato interesse per la Chiesa Cattolica, da cui cercava aiuto e protezione, è dislocato nelle suddivisioni di Khulna e di Satkhira. Le statistiche di P. Lupi si riferiscono quindi esclusivamente ai Muci di queste due suddivisioni. 1.15

Muci Para

Nelle due suddivisioni di Satkhira e Khulna i Muci sono sparsi in 283 para per un totale approssimativo di 5405 famiglie. Facendo il conto medio di 6-7 membri per ogni unità famigliare e aggiungendo qualche para di piccole dimensioni, di cui non si è avuto notizia durante il corso di quest’indagine, la popolazione dei Muci delle due suddivisioni dovrebbe aggirarsi attorno ai 50000. 1.16

Unità familiari

Il maggior numero dei Muci è concentrato nelle tre Thana di Satkhira, Tala e Dumuria. Di queste tre Thana si trovano le para con densità più alta di Muci. Essere un gruppo numeroso è per i Muci un fattore importante: l’atmosfera è meno tesa, lo sfruttamento e l’oppressione da parte dei Mussulmani e degli altri gruppi Indù è minore. Inoltre, in questa para, è possibile trovare qualche Muci istruito e benestante (in una scuola governativa di Dumuria l’Head Master è un Muci). Il gruppo poco numeroso sembra essere giustificato da ragioni economiche. Un piccolo gruppo è sufficiente a soddisfare le domande di scuoiatura di pelli o di rimozione di carogne di una determinata zona geografica. Inoltre è in grado di fornire il piccolo mercato locale di prodotti in pelle, bambù e bet (tipico artigianato Muci). Un gruppo numeroso creerebbe una forte pressione di concorrenza a scapito della sopravvivenza economica del gruppo stesso. 15


Da una parte il piccolo gruppo costituisce un fattore positivo per il lavoro, dall’altra parte, però, gli aspetti negativi che ne derivano sul piano socio culturale sono innumerevoli. Questi piccoli gruppi vivono, per la maggior parte dei casi, su terra non propria. Spesso si tratta di “Khash land” (terra del demanio), oppure terra di qualche ricco Mussulmano o Indù. Nel primo caso, i Muci sono continuamente minacciati di trasferimento, con il pretesto che il Governo venderà il Kash land ai senza terra o con la scusa di dover ampliare il mercato, tracciare una nuova strada o costruire una “madrasha” (scuola coranica). Nel secondo caso, il fatto di abitare su terreno altrui fa sì che i Muci siano obbligati a rendere al proprietario della terra tutti i servizi di cui questi ha bisogno: mano d’opera mal retribuita, sfruttamento dei bambini e spesso servizi poco puliti come il prestito della moglie o delle figlie. Il fatto di non avere un pezzo di terra su cui vivere, unito quello di non avere un posto nella società, crea nei Muci una mentalità e un modo di affrontare la vita che porta allo scoraggiamento. Imbrigliati in questa rete, ignoranti e poveri, non sperano in nessun miglioramento né per se stessi né per i loro figli. I Muci della para con scarsa rilevanza numerica sembrano essere disposti a darsi in mano a chiunque li aiuti in qualche modo ad uscire dalla loro miserabile condizione. Non chiedono molto: un pezzetto di terra, protezione contro lo sfruttamento e le angherie degli altri gruppi sociali e una scuola per i loro figli, che in genere sono esclusi da qualsiasi facilitazione educativa. 1.17

Istruzione

Risulta che una buona metà dei Muci non frequenta nessuna scuola. Le motivazioni che i Muci portano per non mandare i loro figli a scuola sono di solito due: Mancanza di soldi per comperare un vestito decente, libri, quaderni e per pagare le lezioni private. Il fatto che, quasi dovunque gli alunni Muci verrebbero messi a sedere in fondo all’aula, sarebbero completamente trascurati dai maestri e presi in giro dai compagni. Così i più preferiscono non mandare i figli a scuola. Se qualcuno ha il coraggio di varcare la soglia della scuola governativa non oltre la seconda o la terza elementare.

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Dove invece il gruppo ha una certa consistenza numerica e dove le condizioni economiche sono discrete si hanno casi di Muci che hanno ottenuto il “S.S.C.” (certificato di scuola secondaria), anche se poi è quasi impossibile per loro trovare un posto di lavoro. Tra i Muci Cristiani qualcuno ha ottenuto dei titoli di studio; buona parte dei ragazzi frequenta la scuola fino alla quinta elementare e un buon numero continua fino alla decima classe perché la Missione si sobbarca quasi completamente le spese per la loro istruzione. 1.18

Religione

Dal punto di vista religioso la maggioranza dei Muci si professa Indù. Vari gruppetti di Muci, dislocati nelle varie thana, negli anni scorsi hanno optato per il Cristianesimo. Le cause che li hanno spinti a cambiare religione erano per lo più di carattere economico: la speranza di avere un pezzo di terra, un lavoro, l’istruzione dei figli e soprattutto la protezione da parte degli stranieri bianchi contro le angherie e l’oppressione dei Mussulmani e degli Indù di casta alta. Buona parte di queste speranze però sono state deluse. Spesso l’aiuto offerto dagli stranieri o il pezzo di terra non è stato sfruttato. E non sempre, abbracciando una nuova religione, i Muci hanno trovato rispetto da parte della società Mussulmana e Indù. I Muci passati al cristianesimo vengono chiamati Muci Cristiani, in contrapposizione ai Muci rimasti Indù e viene loro spesso rimproverato di aver cambiato religione per avidità e interessi economici. Un certo progresso si è avuto invece nel campo dell’educazione scolastica, non solo per i ragazzi, ma anche per le ragazze. Anche per il lavoro i Muci Cristiani sono stati e sono più fortunati dei loro fratelli Indù. La Missione ha spesso offerto e continua a offrire ai primi buone possibilità di impiego nelle sue istituzioni educative, tecniche, sanitarie e artigianali. 1.19

Proprietà della terra

Uno dei problemi più spinosi per i Muci delle due suddivisioni è quello della terra. In passato i Muci erano “proja” (sudditi) dei “jamidar” (latifondisti Indù). Quando il sistema degli jamidar fu abolito e i ricchi proprietari Indù se ne andarono in India, a tutti i proja fu concesso un appezzamento di terreno. Anche i Muci ebbero la loro parte di eredità terriera, ma, essendo scuoiatori e non agricoltori, non hanno mai capito il valore della terra che pian piano si sono lasciati sfuggire dalle mani. Pare che, in quasi tutti i villaggi, i terreni circostanti la Muci-para fossero

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proprietà dei Muci stessi. Oggi tutti questi terreni sono finiti in mano ai Mussulmani. Molti Muci non sono più proprietari nemmeno del pezzetto di terra su cui hanno la loro capanna. A Magraguna, un villaggio vicino a Chuknogor, c’è un “bil” (palude) che porta ancor oggi il nome del suo ex proprietario: il bil di Shanto Rishi. Shanto Rishi è morto qualche anno fa all’età di 80 anni. Per tutta la vita aveva lottato per difendere le sue proprietà, che ormai consistono solo in un “pukur” e un pezzetto di terra su cui la sua casa “paka” (in muratura) di un tempo è ridotta ad un mucchio di macerie. La terra è l’unico mezzo sicuro di sussistenza per la gente dei villaggi del Bangladesh. I Muci, e con loro tutto l’altro proletariato rurale, hanno poche speranze di salvare almeno quel po’ di terra che è loro rimasta. 1.20

Emigrazione

Si parla spesso dei Muci come gente mobile, vagabonda, quasi zingara. L’impressione complessiva, dopo questa ricerca, sembra ridimensionare molto questa affermazione. I Muci si spostano dai loro territori solo quando la sopravvivenza risulta difficile. Nelle due suddivisioni di Khulna e Satkhira sono emersi tre tipi di emigrazione: 1) Emigrazione verso l’India. È avvenuta e avviene soprattutto nelle thana confinanti con l’India. In questi ultimi anni circa 500 famiglie sono emigrate in India e tra queste famiglie emigrate la maggioranza viveva in villaggi di confine; da zone che per queste minoranze sono ancora socialmente e geograficamente legate a Calcutta e dintorni. Spostamenti stagionali per motivi di lavoro sono normali nelle zone di confine: cosi pure visite a parenti e amici in India sono frequenti. Ma solo quando la sopravvivenza riesce impossibile, per lo più a causa delle angherie dei Mussulmani, i Muci lasciano definitivamente il loro villaggio per rifugiarsi in India, cosa che capita non raramente. 2) Emigrazione verso Khulna. Si tratta di un’emigrazione prettamente Cristiana, favorita dalla Chiesa Cattolica di Khulna. Molte para di Khulna e Chalna Port sono para create completamente da immigrati Muci Cristiani provenienti dalle parrocchie di Borodol, Satkhira e Shimulia. 3) Emigrazione verso il Sud – Est del distretto di Khulna. Nella thana di Baitagata, Dacope e Paigacha Sud la Muci para sono quasi tutte di scarsa rilevanza numerica. I Muci di questa thana sono immigrati da altre zone. Il motivo dell’immigrazione sembra essere stato il lavoro. Queste zone si

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prestano all’allevamento del bestiame e di conseguenza offrono facili guadagni ai Muci qui immigrati.

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I MUCI INTOCCABILI, EMARGINATI E OPPRESSI 1.21

Intoccabilità

Tra la gente dei villaggi ricorre spesso questo detto: “Maci mara o ja Muci mara o ta” (come è spontaneo cacciar via le mosche così è normale tenersi alla larga dai Muci). Questo detto è molto espressivo circa l’atteggiamento mentale che la gente dei villaggi ha verso i Muci. Molti di questi, dal punto di vista socio- economico, non sono molto al di sotto della grande massa degli altri poveri. La situazione di miseria e povertà come denominatore comune farebbe pensare almeno alla teorica possibilità di relazioni e rapporti tra i Muci e gli altri poveri. Questa teorica possibilità di interrelazione è per i Muci preclusa dallo stigma della intoccabilità che grava su di loro come una cappa di piombo e li emargina anche dalla grande massa del proletariato rurale. L’emarginazione dei Rishi da parte degli altri strati sociali è più profonda di quanto si possa immaginare ed è ben visibile ancora oggi ai vari livelli: geografico, sociale, religioso ecc. Dall’emarginazione all’oppressione il passo poi è breve. La società, oltre che tenerli alla larga, non si fa scrupolo di opprimerli e schiacciarli in tutti i modi possibili. Prima di esaminare le varie forme di emarginazione e di oppressione è forse utile accennare alle ragioni della intoccabilità dei Muci. 1.22

Ragioni storiche

P. John Fagan nel suo studio sui “Muci untouchables” ha studiato a fondo le motivazioni per cui i Muci sono considerati impuri e intoccabili. Riportiamo qui le osservazioni di John Fagan sull’argomento: “Workers in skins or leather workers are to be found all over India and as Charmars or Muchis all over the northern part of the Continent. It is probable that they were conquered by the invading Aryans who relegated them to the periphery of village life keeping them serving labourers and to perform their useful occupation as leather workers. These conquered people were known as Chandal or Dasyu, which means slave or native. Even in early Vedic times it seems that they were looked down upon as inferior and were not admitted to the aryan community. It is likely that initially the reasons for this were feelings of racial superioritymixed with the universal tendency to regard the customs and manners of others as more base and unclean than one’s, that is, less gentlemanly or civilised, which some say is the real meaning of Aryan.

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Ideas of racialism and civilized behaviour however are not sufficient by themselves to account completely for this barrier of separation where not only the higher castes on the other side of it regard the Muchi with loathing and disgust but also where the other low castes, some of whom are “beyond the pale” themselves in that they are untouchable for the higher castes, will not dine with them nor have them involved in their puja, involved in the sense of being a party to its organisation and finance.” 1.23

La mucca sacra

The reason of this lies in something else and that is, as the etymology suggests, they skin cows and also because they eat “dead cow meat” summed up in the disparaging phrase “mora khae”. In order to grasp the significance of this it is necessary to look at Hindu notions of the cow and of diet. The cow is the most venerated animal in Hinduism and in this sense is the most sacred. Everything that comes out of it is holy including its dung and urine. A dose of a mixture called panchagabya or 5 substances, namely milk, curds (doi), clarified butter (ghi), cowdung and uring is considered purifying to both soul and body. Even in heaven it is held in high honour and the highest heaven where Vishnu or Narayan stays is called Golok after the cow “go” being a shortened form of “goru” which means cow: “lok” means place. Shiva, the rival to Vishnu for the allegiance of the Hindus, has a bull Nandi to carry him around so the bull too is venerated. It is believed that the cow and the Brahmin were created. For this reason the killing of a cow is as heinous a sin as killing a Brahmin. Another belief is that Krishna in his youth livedas a cowherd and so the Vishnava devotees of Krishna hold the cow in particular reverence. Also because of its quiet presence and its role as supplier of milk, the cow is considered the perfect symbol for the principle of motherhood from which all life springs. These ideas expressed in Hindu religious mythology sustain the veneration of the cow in Hinduism, but there were probably social and economic reasons which at least supported the forming of the mythology. The cow was the only beast available for tilling and for transporting agriculture. Without the cow society would have come to a standstill and therefore it has to be safeguarded. And milk was an indispensable addition to people’s diet and as a result their health would be impoverished without cows.

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For all these reasons the cow has come to hold a privileged and exalted position among Hindus. What then of those whose job is to skin them and work with their hides? They are thought to be engaged in something like a sacrilege and because of the assimilation of the cow to the Brahmin the offence is seen as committed against the Brahmin too. In this way a direct opposition expresses between the Brahmins and the Muchis. The Brahmins who stand in the most perfect relationship to the cow are at the top of the structure and those who skin and work in leather are at the bottom. 1.24

La dieta

Altro motivo per cui i Muci sono considerati intoccabili è il cibo cui è legata l’idea del puro – impuro, tipica della mentalità asiatica in generale e di quella Indù in particolare. La questione del puro e dell’impuro riguardo al cibo è un problema che si riscontra anche nella Bibbia. I Mussulmani, anch’essi ligi a questa tradizione, parlano di puro e impuro con i termini di “Haram e di Halal”. Haram equivale a proibito perché impuro e Halal sta per lecito perché puro. La questione del puro e dell’impuro è oscura e complicata per cui è meglio sorvolarla. Chi volesse fare ulteriori indagini circa l’argomento può consultare il libro di Louis Dumont “Homo Hierarchicus” (pp.70/100). Il fatto che rende i Muci intoccabili, oltre che il lavoro di scuoiatori (e spesso di avvelenatori) della mucca, è la carne di questi altri animali morti per malattia, abbandonati nei “Bil” (palude) e nei campi, alla corrente dei fiumi, spesso già in stato di decomposizione. Mangiare questo tipo di carne (da cui la frase bengalese “mora khaoa”) e toccare le carogne degli animali morti (da cui la terminologia “mora choa, mora chila”) sembra attualmente, più che il lavoro della pelle, il fattore determinante che rende i Muci intoccabili. 1.25

La sporcizia

Ci potrebbe essere un altro elemento che rende i Muci intoccabili: la situazione di sporcizia e luridume in cui i Muci vivono 24 ore su 24, senza la minima preoccupazione igienica. Il “moilae thaka” (vivere nella sporcizia) dei Muci è un’altra frase ricorrente nella terminologia popolare circa il divieto di rapporti con loro.

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A Chuknagar abbiamo avuto infinite occasioni di discutere con il proletariato rurale i motivi della intoccabilità dei Muci. Le motivazioni espresse da tutti gli interpellati circa la loro riluttanza ad accettare i Muci vertono indiscriminatamente su questi fattori: “mora khaoa, mora choa, moilae thaka”. “Quando i Muci smetteranno di mangiare carne di animali morti, spesso in putrefazione, e impareranno a mantenere puliti i loro ambienti, allora –dice la gente del villaggio - noi non avremo difficoltà a sederci nelle loro case e a mangiare con loro”. 1.26

Emarginazione geografica

L’intoccabilità dei Muci comporta come prima conseguenza la loro emarginazione a tutti i livelli. Potremo considerare anzitutto la loro emarginazione geografica. Un altro detto che ricorre spesso tra la gente del villaggio è questo: “Mucir hater por ar kono hat nei”. L’hat è il posto dove si svolge il bazar settimanale. “L’hatbar” è il giorno in cui al mercato del villaggio si possono trovare tutti i generi alimentari, tutti i prodotti dell’artigianato rurale. La compravendita dei vari prodotti è ordinariamente distribuita in vari posti: l’angolo più remoto del bazar era un tempo riservato ai prodotti dei Muci. Da qui l’espressione: “dopo l’angolo dei Muci finisce il mercato”. L’espressione, oltre che definire il posto dei Muci al bazar, si può riferire anche alla dislocazione della loro para all’interno del villaggio. In tutti i villaggi la Muci - para ha normalmente una dislocazione ben definita. L’inavvicinabilità è un corollario della intoccabilità. Per questa ragione la Muci- para è solitamente ben distaccata e distanziata da tutte le para degli altri gruppi sociali. Quasi sempre il quartiere dei Muci è situato nelle vicinanze di una para Mussulmana. E si tratta sempre di Mussulmani “middle class” i quali controllano la vita pubblica e privata dei Muci. La Muci- para è per lo più situata nella zona più remota del villaggio, in luoghi fangosi, paludosi, malsani, spesso di fronte a un bil, che, oltre al pascolo per il bestiame, offre ai Muci buone possibilità di guadagno. 1.27

Le strade

Le strade che conducono alla Muci - para sono di solito impraticabili: stretti sentieri tortuosi che ogni anno si restringono sempre di più. Invariabilmente, infatti, ogni primavera quando i Mussulmani arano i loro campi circostanti alla Muci - para, ne approfittano per guadagnare qualche

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palmo di terreno prendendolo abusivamente dalla strada o dal sentiero che porta al quartiere dei Muci. La strada dei Muci di Putimari (villaggio di Chuknagar- Dumuria) era quasi scomparsa tra i terreni dei vicini Mussulmani. Solo qualche anno fa, in seguito alle nostre proteste e quelle dei Muci stessi, il Chairman l’ha fatta riaprire e tracciare di nuovo tramite un programma di “food for work”. Nei villaggi in cui durante la stagione secca vi sono impianti di irrigazione non è raro trovare la strada che conduce ai Muci interrotta da canali scoperti che impediscono non solo il passaggio di “goru- gari” (carro trainato dai buoi) o biciclette ma anche della gente a piedi (cfr. Strade della Muci- para di Jeltupi e Gualciator, Kolaroa thana: sentiero di Manik har, Tala thana; strada di Baussola, Keshabpur thana, ecc. Il sentiero che conduce alla Muci- para di Manik har, essendo ad un livello più basso dei terreni coltivabili, ogni anno è adibito a canale per l’irrigazione, rendendo praticamente impossibile il transito dei Muci che entrano o escono dalla loro para. Se si chiedono spiegazioni ai Mussulmani sul perché le strade e i sentieri che portano alle Muci-para sono così mal ridotti, la colpa cade necessariamente sulla pigrizia a sull’incuria dei Muci stessi. Raggiungere queste para durante la stagione delle piogge è un’impresa non indifferente. Strade e sentieri diventano letteralmente impraticabili: a piedi si sprofonda nel fango fino al ginocchio e le ruote dei mezzi meccanizzati girano a vuoto. 1.28

I villaggi lungo i fiumi

Molte Muci – para sono dislocate sulle rive dei fiumi e dei canali (cfr, Shagda, Borodol, Keargati, Gourikali, ecc.). La ragione di una tale dislocazione pare sia la facilità con cui i Muci possono svolgere la loro professione di scuoiatori. La corrente dei fiumi, infatti, trasporta spesso le carogne di animali morti le cui pelli costituiscono una buona fonte di guadagno e le carni un pasto prelibato. La visita a questi villaggi, specialmente quelli del sud, (Borodol, Gourikali, Keargati, ecc.) in qualsiasi stagione dell’anno non è mai priva di difficoltà. Durante la stagione secca, con la bassa marea, occorre percorrere il tratto che dalla riva del fiume va alla Muci –para lottando con il fango viscido e vischioso. Durante la stagione delle piogge, per riuscire a reggersi in piedi nella melma che ricopre ogni angolo della para, spesso occorre appoggiarsi alle spalle di qualche Muci nerboruto. 24


P. Antonio Germano può dire qualcosa in proposito: si possono confrontare i sui diari di viaggio in visita ai villaggi del sud. 1.29

Promesse da marinai!

A volte nei villaggi, durante la stagione secca, si svolgono i famosi “Food for work programs”. Questi lavori comprendono riparazioni o tracciati di nuove strade. Le strade che portano ai quartieri Muci raramente sono elencate nella lista dei lavori in programma. Ogni cinque anni, in occasione delle elezioni della “Union Council” i vari candidati al posto di “Chairman” o “member”, pur di avere qualche voto in più, non trascurano di visitare anche i Muci para. Tra le varie promesse c’è sempre anche quella di riparare la loro strada o il loro sentiero. Ma, dopo le elezioni, il nuovo Chairman e i nuovi Member non possono certo ricordarsi delle promesse fatte ai Muci e così le loro strade finiscono per scomparire tra i campi dei vicini Mussulmani. 1.30

Emarginazione sociale

I ricchi, si sa, non si mescolano facilmente con i poveri. È comprensibile che il loro “boro lok” (ricco signore) del villaggio, sia esso Indù o Mussulmano, senta una certa ripugnanza nell’avvicinare lo scuoiatore Muci., sporco, ignorante e povero. Ma anche il “gorib lok” (nullatenente), sia Mussulmano o Indù, confessa apertamente che con i Muci non si possono avere relazioni. La mancanza di igiene e pulizia non è solo una caratteristica dei Muci. Si riscontra facilmente in tutti gli ambienti dei poveri e dei miserabili. Nei villaggi gli escrementi umani si trovano sparsi qua e la, non solo nella Muci para, ma anche in altre para Mussulmane: tuttavia il sentimento di repulsione e di ripugnanza è rivolto solo contro i Muci perché essi, oltre al “moilae thake” mangiano la carne morta. Il “mora khaoa” è il fattore decisivo della loro emarginazione sociale. 1.31

Forme di discriminazione sociale

In passato, i Muci, come del resto gli altri Intoccabili, oltre al matrimonio e al mangiare con le altre caste, era proibito qualsiasi gesto o azione che desse adito alla possibilità di impurità o di contaminazione. Molti di questi divieti sono caduti, ma nei villaggi i Muci sono ancora soggetti a tante discriminazioni. Con i Muci non si mangia, nella veranda delle loro case non ci si siede, tanto meno si deve dare loro ospitalità.

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Il barbiere del villaggio non taglia loro i capelli e il tè non viene loro servito al bazar. Molti Muci hanno ormai abbandonato l’abitudine ributtante e stomachevole del “mora haoa” adottando una dieta più che normale; tuttavia il disprezzo e il disgusto persistono anche verso coloro che si sono socialmente evoluti. Tra i Muci di Chuknagar un buon gruppetto di giovani, dopo aver avuto la possibilità di frequentare la scuola, pian piano è riuscito a farsi una buona posizione economica, tanto da essere in grado di competere nel commercio della pesca con altri gruppi del bazar. Si presentano pure con un certa proprietà: faccia ben rasata, abiti puliti e orologio al polso. Tuttavia anche a loro è vietato bere il tè al bazar e il barbiere si rifiuta di tagliare loro i capelli. Attualmente i Muci di Chuknagar stanno facendo timidi tentativi per ottenere il permesso di farsi tagliare i capelli. I “members” (consiglieri comunali) della Union Council, a cui hanno indirizzato un “dorkasto” (richiesta), finora non si sono pronunciati: hanno chiesto tempo per decidere se accordare o no il permesso. Nel frattempo, i Muci di Chuknagar, se vogliono tagliarsi i capelli, devono recarsi al bazar di un villaggio vicino dove non sono conosciuti. 1.32

Amicizie pericolose!

La “utha-bosha” (relazione- rapporto) con i Muci è ancora oggi l’eccezione più che la regola. Chi si mescola troppo apertamente con loro rischia di essere ostracizzato dal proprio gruppo sociale. Un altro detto molto in uso nei villaggi suona così: “Mucir bhat, bhai, khele dosh nai, bolle kintu jnt jae” (mangiare il riso dei Muci non è un peccato, ma se vieni scoperto, il tuo gruppo sociale ti scomunica). Per “bhat” non si intende solo il cibo materiale, ma tutto ciò che esprime relazioni o rapporti con i Muci. Queste relazioni devono per lo più rimanere nascoste o non troppo evidenti. Il prezzo di un rapporto troppo aperto con i Muci potrebbe essere la scomunica del proprio gruppo sociale. A Chuknagar, nei primi tempi della nostra permanenza, tentammo di unire un gruppo di Muci con un gruppo di senza terra Mussulmani in una piccola cooperativa di credito. I primi Mussulmani che accettarono di unirsi ai Muci per tale iniziativa oltre che a esporsi agli scherzi e ai frizzi dei loro correligionari, dovettero presentarsi due o tre volte alla moschea per rendere conto del loro operato.

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1.33

The least and the lowest…

Secondo la mentalità Indù la condivisione o meno del cibo tra i membri di una casta diversa è indice della posizione gerarchica in cui uno si trova rispetto all’altro. La muta accettabilità del cibo cotto denota uguaglianza tra le caste e fra i vari gruppi sociali in questione, mentre il movimento di cibo in un’unica direzione indica che chi l’accetta è inferiore a chi lo offre. Circa questa questione, a Chuknagar, abbiamo svolto una piccola indagine: ai membri di ogni gruppo è stato chiesto da quali altri accetterebbe cibo cotto, frutta e acqua. In base alle risposte è stato possibile ordinare gerarchicamente i vari gruppi, secondo il loro grado di impurità. I gruppi interpellati appartengono alle caste dei “Thakur” (bramini), “Tati” (tessitori), “Pal” (vasai), “Malo” (pescatori), “Muci” (scuoiatori). La separazione tra i Muci e le altre caste persiste. Nei villaggi i più accaniti sostenitori di questa separazione sono gli Indù delle caste alte. La mentalità Indù ha però influenzato anche i Mussulmani i quali si guardano bene dal prendere cibo dai Muci. L’aiutante di Suor Filomena nella cura dei degenti nel piccolo dispensario e ospedaletto del villaggio di Rogonathpur è un Muci Cristiano: Bijoe. Molti pazienti si rifiutano di accettare dalle sue mani un bicchiere di acqua e un piatto di riso. E quasi tutti questi degenti, siano Mussulmani o Indù, si potrebbero benissimo definire parenti stretti dei Muci. 1.34

…and the last…

Nella nostra casa di Chuknagar spesso la sera si radunano Mussulmani e Muci. A volte, dopo cena, se il cuoco prepara qualche specialità gastronomica, facciamo circolare i resti tra i presenti. I Mussulmani, se non possono servirsi per primi, si rifiutano, con qualsiasi pretesto, di affondare la mano nel piatto che un Muci avrebbe già contaminato. E così gli ultimi a servirsi sono sempre i Muci. Ancora a Chuknagar, per la costruzione di una scuola, Mussulmani e Muci avevano lavorato insieme senza pretendere alcuna ricompensa. Alla fine dei lavori, per cementare la buona armonia tra i due gruppi, fu fatta la proposta di un pranzo insieme. La proposta, accolta con entusiasmo dai Muci, fu lasciata cadere con indifferenza dai Mussulmani. Anni fa, alla fine dell’anno scolastico, organizzammo un pic-nic per gli studenti tra i quali un buon numero proveniva dal gruppo Mussulmano. Il 27


giorno fissato, da parte Mussulmana, era presente solo la maestrina che insegnava le lettere dell’alfabeto ai piccoli della nostra scuola. Forse aveva paura di perdere il posto di lavoro! 1.35

…and the lost!

Molti tra i Muci, come altri proletari dei villaggi, sbarcano il lunario lavorando come braccianti nei campi dei ricchi proprietari. Spesso, oltre al salario giornaliero, viene offerto ai lavoratori anche il pasto di mezzogiorno. Ai braccianti non Muci il riso viene servito nel piatto. I Muci devono consumare il loro pasto su una foglia di banana, che essi stessi si devono procurare. Se si mettono in fila con gli altri per avere il loro piatto di riso, si sentono dire questa frase: “Tora Rishi, bhat khabi kishi?” (non siete Muci? Dove pensate di mangiare?). Abbiamo riportato solo qualche fatto che può dimostrare l’emarginazione sociale dei Muci i quali accettano la loro sorte con dolorosa rassegnazione. Tarapodo, il nostro cuoco, è un Muci. Un giorno mentre si parlava di questa emarginazione, fece questo commento: “Noi siamo uomini come gli altri, ma siamo trattati peggio dei cani. Piuttosto che vivere così meglio che qualcuno ci mettesse una corda al collo”. 1.36

Emarginazione educativa.

Il problema educativo costituisce per i Muci un problema senza possibile soluzione pratica. Da una parte, l’economia di semplice sussistenza in cui si dibattono continuamente non consente loro di affrontare le spese che i libri, un vestito decente e i “fees” (tasse) della scuola comportano. Dall’altra parte, la discriminazione sociale a cui sono soggetti non è certo un incentivo a mandare i loro figli a scuola. La percentuale di Muci arrivati alla quinta elementare è molto bassa. Gli studenti che abbiamo superato la decima classe sono rarissimi. Chi ha la possibilità di frequentare la scuola governativa proviene da famiglie economicamente più benestanti. Per chi vive, giorno dopo giorno, “from hand to mouth” la scuola per i figli è un lusso. 1.37

La scuola delle capre!

I figli della maggioranza dei Muci, raggiunta l’età di otto o nove anni, sono costretti a darsi da fare per contribuire al sostentamento della famiglia. Qualcuno, già in tenera età, si siede con il padre al bazar dove impara a riparare e a cucire scarpe: altri incominciano presto ad intrecciare 28


“chach”(stuoie); molti gironzolano tutto il giorno nei campi cercando di rubacchiare qualcosa di commestibile e scatenando le ire e le ingiurie dei proprietari. Altri ancora, se i loro villaggi sono dislocati lungo i fiumi, trascorrono la giornata scavando tra il fango in cerca di pesci o granchi da vendere al bazar per avere quei pochi spiccioli con cui acquistare una manciata di riso della più bassa qualità. Qualcuno è invece “salariato” presso famiglie benestanti Mussulmane di cui custodiscono il bestiame e per cui svolgono lavoretti vari ricevendo, in compenso, il semplice sostentamento giornaliero. Riportando qui alcuni stralci di un “report” sulla situazione educativa dei Muci Cristiani di Sagda (Kolaroa Thana), compilato da un maestro Mussulmanoche per due anni aveva diretto la scuola di quel villaggio: “I figli dei Muci di Sagda non vengono a scuola. I loro genitori pensano che i loro bambini dalla scuola non avranno mai nessun vantaggio. Un impiego presso il Khan Shaheb o il Member Shaheb è una buona occasione per mangiare due volte al giorno e poi il lavoro non è molto pesante. Si tratta solo di custodire le capre e portare al pascolo le mucche. Quando diventeranno grandi lasceranno il lavoro di “rakal” (pastore) e troveranno subito un altro lavoro come “krishok” (contadino) nei campi degli stessi shaheb.Così il futuro è assicurato: i soldi per due “sher” (chilogrammo) di riso al giorno non mancheranno. Inoltre il Member Shaheb e il Khan Shaheb hanno detto che i Muci non potranno mai avere alcun vantaggio dalla scuola: anche se potessero imparare a scrivere e leggere per loro non ci sarà mai nessun impiego da nessuna parte. Quindi, se per i Muci non ci sarà mai un “chakri” (impiego) perché mandare i figli a scuola? Queste non sono parole di gente ignorante: il Khan Shaheb è un impiegato in banca e il Member Shaheb è un maestro della scuola governativa; per cui le loro parole sono la verità. La scuola per i Muci è inutile, anzi, dannosa perché esige delle spese. Chi si sobbarca queste spese? Se il “boro father” (parroco) della Missione provvede ai libri, paga un maestro, fornisce quaderni, regala un vestito, allora si può tentare altrimenti non è possibile. Per le ragazze il discorso non è diverso. In casa ci sono tanti lavori da sbrigare: c’è da fare il “lapon” (spalmare i muri della capanna con il fango), curare i fratelli piccoli, guardare la capra, raccogliere la legna, ecc. E poi le ragazze si sposano presto per cui non hanno bisogno di essere istruite. 29


1.38

La discriminazione continua

Secondo la Costituzione del Bangladesh tutti hanno diritto di accesso alla scuola, senza distinzione di casta o di classe. Tuttavia i pregiudizi, sia da parte dei maestri che da parte degli altri studenti verso i Muci non sono ancora completamente caduti. E così, anche chi potrebbe sobbarcarsi la spesa che la scuola pubblica esige, di fronte alla prospettiva di diventare oggetto di scherno quotidiano, perde coraggio e rimane a vagabondare nel villaggio. Si è saputo che nella scuola governativa Alamtola (Paigacha Thana) i maestri durante le ore scolastiche, qualche anno fa, si divertivano a far cantare e ballare i ragazzini Muci. A Chuknagar, negli intervalli delle lezioni, gli scolari danno quattro calci al pallone; i primi tempi i bambini Muci non erano ammessi al gioco. Solo in seguito alle nostre proteste anche a loro fu poi concesso di giocare. I Muci Chuknagar chiedevano da anni alla Missione di Satkira un a scuola per i loro figli. Quando finalmente fu possibile venire in contro ai loro desideri, si diede inizio ad una piccola scuola aperta a tutti. Nelle vicinanze della Muci - para abita un gruppo di Mussulmani miserabili i cui bambini non frequentano nessuna scuola. I primi giorni la nostra scuola fu presa d’assalto dai ragazzini Muci, mentre i Mussulmani si rifiutavano di aggregare i loro figli. Poi, pian piano, anche tra i Mussulmani, qualcuno timidamente chiese di iscriversi, ma il capo villaggio ci tenne a precisare che i bambini della para Mussulmana sarebbero venuti a una condizione: che si facessero due turni per i due gruppi separati. Di fronte alle nostre obbiezioni per una tale divisione, il capo villaggio insistette perché i bambini Mussulmani sedessero almeno su stuoie separate da quelle su cui sedevano gli scolari Muci. Questi casi mettono in evidenza ancora una volta quanto sia profondo il livello di separazione che esiste tra i Muci e gli altri gruppi sociali. 1.39

La brillante intelligenza dei Muci

Alcuni catechisti di Satkira, durante la raccolta di informazioni e di dati circa i Muci, elencarono, tra i motivi per cui i loro figli difficilmente hanno accesso alla scuola statale, la loro superiorità intellettuale. La brillante intelligenza dei Muci sarebbe fonte di invidia e di gelosia tra gli altri scolari. Una affermazione del genere potrebbe essere gratuita, ma in base alla nostra esperienza nella scuola di Chuknagar, ci sembra di poter affermare 30


che effettivamente in campo scolastico i Muci hanno brillanti capacità intellettuali. Nel giro di quattro o cinque mesi i bambini Muci in età scolare sono in grado di esaurire completamente il programma previsto per la prima elementare con una rapidità e capacità di apprendimento veramente sorprendenti. In confronto a loro gli scolari Mussulmani si dimostrano molto più lenti e di testa dura. Non a caso nel villaggio si dice: “Mucir buddhi kuci kuci” (l’intelligenza dei Muci è sottilissima). Si potrebbero citare molti casi a conferma delle brillanti capacità intellettuali dei Muci; ne riportiamo solo due. Ogni anno, nella Mission Primary School di Satkira, gli alunni più meritevoli vengono selezionati per un esame particolare che dà adito, se superato, ad una borsa di studio per continuare gli studi fino alla classe VIII gratuitamente. Fra gli alunni selezionati c’è sempre qualche scolaro Muci che immancabilmente vince la borsa di studio. Qualche anno fa, nel seminario di Bonani a Dhaka, in occasione di un corso di musica, ottennero il primo e il secondo premio due ragazzi Cristiani Muci di Borodol. Con queste brillanti capacità intellettuali è veramente un peccato sociale che la maggioranza dei Muci trovi ancora chiusa la porta della scuola a causa di pregiudizi di casta e per mancanza di mezzi economici. 1.40

Salvation through education

È risaputo che l’istruzione su vasta scala è il mezzo migliore per risvegliare la coscienza e per creare i presupposti di una nuova società con strutture economico-sociali più umane. Ma per l’istruzione occorrono possibilità economiche che consentano di affrontare le spese che la scuola richiede. La maggioranza dei Muci è chiusa in questo circolo vizioso: da una parte la scarsità di mezzi economici preclude ogni possibilità educativa; dall’altra il livello d’istruzione quasi zero impedisce qualsiasi miglioramento sociale ed economico e la consapevolezza dei propri diritti. Una priorità di lavoro per la Chiesa di Khulna e specialmente per i Missionari Saveriani che lavorano in questa Diocesi potrebbe essere anche il tentativo di rompere questo circolo vizioso in cui i Muci si dibattono senza via d’uscita. Anche questo tipo di servizio dovrebbe rientrare nel lavoro di evangelizzazione dei poveri. 31


Chi avrà il coraggio di rimboccarsi le maniche per affrontare questa impresa non si sentirà inutile e non avrà crisi di identità, anche se i frutti saranno sempre inferiori alla fatica e agli sforzi che tale campo di lavoro richiede. 1.41

Emarginazione religiosa

Oltre alla emarginazione geografica, sociale ed educativa dei Muci, si potrebbe parlare anche della loro emarginazione religiosa. I Muci, come si vedrà più avanti, si professano Indù ma, circa la loro religione, non conoscono molto. Il testo sacro di cui qualcuno ha sentito parlare è la Gita. Nella capanna di chi ha avuto la possibilità di frequentare la scuola è possibile trovare un’edizione economica di questo libro sacro, spesso rosicchiato dai topi, insieme ad altre immagini del pantheon Indù usate per decorare i muri. Oggi la separazione tra le caste non è più rigida come in passato. In occasione di grandi festività religiose spesso molte caste organizzano la “puja” insieme e insieme raccolgono la “chanda” (offerta) per le spese delle celebrazioni liturgiche. Solo ai Muci, nonostante si professino Indù, non viene chiesta nessuna chanda. Sempre in occasioni di feste religiose tra le varie caste ricorrono reciproci inviti di partecipazione, ma i Muci normalmente vengono ignorati. La festività religiosa crea sempre curiosità e anche i Muci vanno a vedere la puja; però non possono oltrepassare il sacro recinto entro il quale è situato il “thakur” (statua della divinità di turno) e dove si svolgono le funzioni. Un giorno, in occasione della Durga puja, ci recammo con gli scolari Muci sul luogo dove si svolgeva la festa. Tutti puliti e ben vestiti i ragazzi portavano la loro offerta floreale. Arrivati sul luogo della puja si schierarono davanti al sacro recinto con i fiori in mano. Il “purohit” (sacerdote) quando si accorse della loro presenza, chiese in tono bonario da dove venissero e a che gruppo appartenessero. “Veniamo da Putimari e siamo Rishi” rispose un frugoletto con aria trionfante. Il tono bonario del purohit divenne subito ruvido e probabilmente solo per rispetto a noi che accompagnavamo il gruppetto accettò di prendere i fiori. Anche i Muci, due o tre volte all’anno, celebrano le loro puja ed estendono l’invito a parteciparvi anche agli altri gruppi Indù. Gli unici che accettano l’invito sono gli altri Muci dei villaggi vicini. Soltanto in occasione del “nam Joggo” (festa in onore di Krisna) abbiamo constatato la presenza, seppur momentanea, nella Muci-para di qualche altro Indù di casta diversa. 32


Altrimenti gli unici spettatori delle puja dei Muci sono i vicini Mussulmani i quali non perdono l’occasione per sghignazzare e criticare “l’idolatria” Indù. 1.42

I Muci oppressi

Dall’emarginazione all’oppressione e allo sfruttamento il passo è breve. Nessuno infatti si fa scrupolo di perpetrare contro i Muci ingiustizie di ogni genere. 1.43

Abusi verbali

I Muci sono oggetto quotidianamente di abusi verbali. Si è già visto come il termine Muci sia dispregiativo, ragion per cui gli stessi Muci preferiscono sostituirlo con il termine Rishi. Pochi però nel villaggio hanno la delicatezza di usare questo termine che risulterebbe meno offensivo. I Muci del villaggio sono Muci e basta; anche quelli che sono diventati Cristiani rimangono per la gente del villaggio i Muci; al massimo sono chiamati Muci Cristiani per distinguerli da quelli Indù. Ai Muci non si mostra nessun rispetto, neppure agli adulti e agli anziani. La cultura Bengalese esige un grande rispetto per gli anziani: la lingua Bengalese per indirizzarsi a questa categoria di persone usa termini onorifici come: Apni, Apnara, Ini, Uni, Tini. Questi termini per i Muci non sono usati. I Muci sono solitamente apostrofati con termini dispregiativi: Tumi, Tui, Tora, ecc. I ragazzini appartenenti ad altri gruppi sociali sembrano divertirsi un mondo a lanciare frizzi e a prendersi gioco dei Muci, siano essi piccoli, adulti o vecchi. Questi si guardano bene dal reagire: un gesto di rabbia o di protesta sarebbe interpretato come un gesto di insubordinazione e potrebbe venire all’orecchio dei capi Mussulmani i quali chiamerebbero a rapporto chi ha osato protestare e la faccenda potrebbe finire male non solo per l’interessato ma anche per tutti gli altri Muci del villaggio. 1.44

Non c’è più religione!

I Muci sono un “nichu jiat” (razza di basso rango), per cui non devono avere pretese o manie di grandezza. Qualcuno tra i Muci, specialmente tra i giovani, nel tentativo di autopromozione sociale, cerca di adottare quelli che nel villaggio sono considerati i simboli “dell’arrivato”; la bicicletta, la penna nel taschino 33


della camicia, l’orologio al polso e i pantaloni stirati. Questi simboli attirano subito l’attenzione degli altri Indù e dei Mussulmani i quali sono sempre pronti a lanciare sferzanti frecciate ironiche contro queste pretese “civili” dei Muci. Molti poi non sopportano che i Muci possano arrivare a tanto. Specialmente gli Indù di casta alta si lamentano di questi Muci che tentano di disgregare l’ordine sociale con il loro comportamento. “Certe cose - osservava con disgusto un Bramino della Raypara di Chuknagar - ai Muci non dovrebbero essere permesse: bisogna essere degni di portare l’orologio al polso e la penna nel taschino: i Muci non potranno mai esserlo”. 1.45

Might is right!

I Muci non sono contadini. Qualcuno però alleva animali domestici come galline, anatre e capre. La para dei Muci è normalmente circondata dai terreni dei Musulmani e spesso capita che le capre e le galline dei Muci razzolino nei campi di riso o di ortaggi del Khan Shaheb o del Sardar Shaheb. Nei villaggi del Bangladesh, quando una capra, una mucca o qualsiasi altro animale domestico viene sorpreso a rovinare i raccolti, i contadini possono rinchiudere la bestia che ha causato danni nel “khor” (prigione degli animali). Il proprietario può sempre riscattare il suo animale pagando una multa al danneggiato. Per le bestie dei Muci non c’è khor o multa che tenga: la bestia è immediatamente sequestrata dal proprietario del terreno danneggiato e finisce nella sua padella. 1.46

Prestiti pericolosi!

In genere i Muci vivono alla giornata: l’idea del risparmio è al di fuori della loro mentalità e della loro possibilità. E così, quando hanno bisogno di soldi per malattie, per sposare le figlie o per svolgere i loro piccoli commerci stagionali, si rivolgono al “nana” (nonno) o al “mamu” (zio) Mussulmano per avere un prestito. Il nana o il mamu si dimostrano in tali occasioni molto accoglienti e generosi: sono disposti a concedere prestiti ai Muci a patto però che questi impegnino qualcosa come garanzia. La mucca non viene accettata in pegno perché potrebbe morire; la bicicletta neppure perché potrebbe essere rubata.

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I Muci, che non possiedono altri oggetti di valore, sono costretti così ad impegnare il pezzetto di terra di cui sono proprietari. L’ipoteca ha normalmente una scadenza fissa: se entro un dato periodo di tempo non si restituisce il prestito la terra diventa proprietà del creditore. All’approssimarsi della scadenza dell’ipoteca il debitore si fa avanti per riscattare la sua terra, ma il mamu o il nana con parole suadenti lo convincono che non è il caso di essere così preoccupato: non c’è da avere paura; la terra è lì e non la ruba nessuno. E così il tempo per la scadenza dell’ipoteca scatta e, secondo la legge, la terra diventa proprietà del mamu o del nana. A volte invece non si fissa nessuna scadenza, esiste solo tra il debitore e il creditore un accordo verbale secondo il quale il debitore salderà il conto quando potrà. Un bel giorno capita che il creditore ha urgente bisogno di soldi: ha trovato un buon partito per la figlia ma il matrimonio comporta parecchie spese. Come e dove rimediare? La terra che il Muci ha ipotecato presso di lui potrebbe essere una soluzione. Il proprietario di quel terreno non sarà in grado di disimpegnarlo per cui dovrà registrarlo a nome del suo creditore il quale lo rivenderà ad altri per ottenere la somma necessaria al matrimonio della figlia. E così un pezzo di terra del valore di 10.000 taka deve essere ceduto al nana o al mamu per nemmeno la metà del suo valore reale. 1.47

Un Muci creditore?!

Anche se raramente a volte capita che il mamu Mussulmano in difficoltà economiche si abbassi a chiedere un prestito a qualche Muci facoltoso. In questo caso non è necessario ipotecare la terra del mamu. Passano i mesi e gli anni, ma difficilmente il mamu restituirà il suo debito al Muci creditore. Due anni fa il nostro cuoco di Chuknagar fece un prestito di 300 taka ad un Mussulmano della Morol-para. Il debito avrebbe dovuto essere saldato nel giro di sei mesi. Allo scadere del tempo fissato il creditore osò ricordare al debitore la faccenda delle 300 taka. Il Mussulmano andò su tutte le furie giurando e spergiurando di non aver mai preso prestiti da nessuno in tutta la sua vita. 1.48

Gioto dosh Nondo Ghosh

I Muci si sa, spesso per procurarsi con facilità una carogna da scuoiare non si fanno scrupolo di avvelenare le mucche e le capre dei vicini, per cui,

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quando una bestia viene trovata morta, il sospetto e la colpa cadono necessariamente sui Muci, anche se a volte l’animale muore per altre cause. Qualche anno fa, sempre a Chuknagar, due donne Muci raccoglievano sterpi nel bil. Dopo qualche ora fu trovata nei paraggi una mucca morta. La colpa cadde subito sulle due donne. Il proprietario della mucca, infuriato, fece chiamare le due donne che furono legate a un albero, spogliate e frustate a sangue. Risultò poi che la mucca non era morta avvelenata. Il proverbio Bengalese “Gioto dosh Nondo Ghosh” si adatta bene anche ai Muci: colpevoli o meno, possono fungere facilmente da capro espiatorio. 1.49

Divide et impera!

I Mussulmani controllano la vita pubblica e privata dei Muci. Quando nella Muci-para scoppia un litigio tra due fazioni il “matobbar” (capo) Mussulmano si precipita subito a stabilire l’ordine e la pace. Naturalmente, per arrivare ad un accordo pacifico, occorre il “biciar” (giudizio). Il giudizio non è mai imparziale: la fazione che può largheggiare di più in favori verso il giudice, vincerà la causa. E così, grazie al giudizio del nana o del mamu Mussulmano, tra i Muci regna sovrana la divisione e il controllo di chi li opprime e li sfrutta è garantito. 1.50

Timeo Danaos et dona ferentes

C’è un altro proverbio che suona così: “ghume cine na shoshan ghat, khude cine na Mucir bhat” (quando non se ne può più dal sonno si dorme anche nel posto in cui si bruciano i morti e quando non se ne può più dalla fame si mangia anche il riso dei Muci). Il proverbio si adatta bene ad una forma particolare di oppressione a cui i Muci sono soggetti sia da parte dei Mussulmani che degli Indù di casta alta. Le donne Muci non sono tutte da disprezzare: tra le giovani spesso qualcuna è dotata di una particolare selvaggia bellezza verso cui i signorotti non sono insensibili. In fatto di sesso non c’è impurità o intoccabilità che tenga. Il mamu Mussulmano o il babu Indù hanno notato per la strada una bella ragazza Muci che ha stimolato i loro bassi istinti. Appurato di chi sia figlia, moglie o sorella, il giorno del bazar cercano di incontrare il padre, il marito o il fratello al quale chiedono, con grande

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cordialità e benevolenza, informazioni sulla situazione finanziaria della famiglia. Il babu o il mamu si mostrano ben disposti a prestare al parente della ragazza tutti i soldi di cui ha bisogno senza alcun interesse e senza ipoteche. Il parente non può rifiutare: da una parte ha bisogno di soldi: dall’altra , rifiutare sarebbe un gesto sgarbato. Dopo qualche settimana, il babu o il mamu si recano a casa della ragazza addocchiata con il pretesto di vedere se il commercio di suo padre, fratello o marito, da lui finanziato, procede bene. È un ospite di riguardo per cui bisogna trattarlo bene: il “pan” (foglia di betel da masticare), le sigarette e i “misti” (dolci) sono d’obbligo. Il gentiluomo si trattiene a lungo. I parenti della ragazza, quando hanno capito le intenzioni del loro benefattore, si allontanano con qualsiasi pretesto, lasciandolo solo con la bella fanciulla che non può certo opporre resistenza alle voglie del babu o del mamu, i quali potrebbero ritirare i loro finanziamenti. Gli altri Muci della para, molto perspicaci, quando notano questo tipo di relazioni, si tengono alla larga dalla capanna in cui si svolgono i traffici: La paura generale è tale da impedire ogni forma di reazione o di protesta. E così il gioco è iniziato. La prossima volta il mamu o il babu, quando le loro mogli saranno assenti, faranno chiamare la ragazza a casa loro e potranno divertirsi con maggior tranquillità e intimità. 1.51

La chiusura del cerchio

Oltre a questa c’è un’altra sottile forma di oppressione perpetrata contro i Muci per precludere loro anche l’ultimo spiraglio verso un po’ di rispetto e dignità umana. Si è visto precedentemente che il motivo principale della loro intoccabilità e emarginazione è il loro mestiere di scuoiatori e la dieta del “mora khaoa”. La società rurale non perdona ai Muci questa loro colpa. Ma la stessa società, quando qualcuno di essi si rifiuta di continuare l’occupazione dei suoi padri, è pronta a ricordargli che quella di scuoiare è la sua professione: “se non lo fanno i Muci questo lavoro, chi altro lo potrà fare?”. E così il circolo è perfettamente chiuso: da una parte la ripulsione verso i Muci perché scuoiano carogne e ne mangiano la carne; dall’altra l’obbligo e la costrizione su di loro perché continuino la professione tradizionale del loro gruppo. 37


Questo è il gioco ipocrita della società a spese dei Muci. Dice bene il proverbio: “shap more, lathi na bhanghe” (che il serpente muoia ma che il bastone non si spezzi!). Contro tutte queste (e altre!) forme di sfruttamento, oppressione e ingiustizia, i Muci non oppongono resistenza. Si rassegnano alla loro sorte di schiavi, accettandola con fatalismo e ripetendo di padre in figlio: “che cosa possiamo fare: è colpa nostra se la nostra sorte è così!!!”.

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L’AMBIENTE MATERIALE DEI MUCI C’è un altro detto nei villaggi di Khulna e Satkhira circa gli Intoccabili: “Kaurader nei kan, Mucider nei nak” (i Kaura non hanno orecchie e i Muci non hanno naso). I Kaura allevano i maiali e li conducono al pascolo; spesso, attraversando i campi con il loro branco, danneggiano i raccolti e scatenano le ire e gli insulti dei contadini; ma i Kaura procedono per la loro strada come se fossero sordi alle ingiurie a loro rivolte; per questo si dice che non hanno orecchie. I Muci vivono in ambienti sporchi e poco igienici, insensibili al tanfo che si sprigiona dalle pelli che lavorano; per cui si dice che non hanno naso. In realtà gli ambienti dei Muci, le loro capanne e i loro cortili non si differenziano eccessivamente dagli ambienti degli altri poveri. I quartieri dei Muci sono però peculiari per il disordine con cui le capanne sono costruite, per la trasandatezza a tutti i livelli e la sporcizia visibile ovunque. Entrando in una para-Muci saltano subito all’occhio le donne spesso con il busto seminudo, scarmigliate, con i capelli rossi; i bambini completamente nudi, sporchi di fango e pieni di croste. Dalle capanne in cui si conservano per più giorni le pelli degli animali scuoiati esce spesso un tanfo insopportabile. 1.52

La Capanna

Lo stile delle loro capanne è quello usuale nei villaggi: un terrapieno innalzato su cui poggiano i muri di fango battuto dell’unica stanzetta che serve da ripostiglio per pentole, i pochi vestiti, qualche stuoia o coperta, legna da ardere e recipienti vari. Le case dei Muci più benestanti sono abbastanza ampie e spaziose con la veranda sui quattro lati e il tetto in tegole. I più poveri devono accontentarsi di un’unica veranda. La stanzetta interna delle capanne più povere è normalmente sprovvista sia di porta che di finestre. Il tetto è di paglia di riso (bicioli) o in “golpata” (lunga foglia che si trova in foresta). Ogni anno, prima della stagione delle piogge, è necessario rimpiazzare la paglia e la golpata vecchia del tetto con materiale nuovo che permetta un buon riparo dall’acqua. Le capanne, addossate l’una all’altra, non lasciano spazio nè per un orticello nè per qualche albero da frutto. Nei piccoli corridoi esistenti tra una capanna e l’altra si gettano i rifiuti, si sputa, si orina. 39


Ogni metro di terra tra le varie capanne è caldamente disputato. Le condizioni delle capanne sono spesso molto precarie: per l’incuria nel dire il “lepon”, a base di sterco di mucca e fango, i muri si sgretolano facilmente e si riempiono di crepe. I bambù che sorreggono i tetti frequentemente sono marci. I muri, malprotetti dall’acqua, finiscono per diventare pericolanti. Le capanne dei più poveri hanno tetti così bassi che, per accomodarsi nella veranda, bisogna entrare quasi carponi. 1.53

Condizioni igieniche

Tra le varie capanne gli escrementi dei bambini sono sparsi quà e là. Gli adulti hanno l’avvertenza di soddisfare i loro bisogni naturali in luoghi un po’ appartati dalle capanne, ma sempre troppo vicini agli ambienti in cui la gente vive. E così le condizioni igieniche dei quartieri Muci sono sempre molto deplorevoli. Cani scheletriti e rognosi e galline razzolano dappertutto, nei cortili e sulle verande. Le capre spesso condividono il poco spazio della veranda con gli abitanti della capanna. I maiali sono legati a pochi metri di distanza. Nei pochi metri quadrati di terreno libero tra le capanne spesso si stendono le pelli per l’essicatura, creando così un ambiente ideale per le mosche, tafani e insetti di tutti i tipi. Ciò che rende le condizioni igieniche e sanitarie degli ambienti Muci ancora più precarie è la mancanza di “pukur” (stagni d’acqua). In quasi tutte le Muci-para esistono sì degli stagni, ma raramente mantengono l’acqua tutto l’anno. Durante la stagione calda, quando c’è maggior bisogno d’acqua e d’acqua pulita, i Muci di molti villaggi sono costretti a bagnarsi, a lavare i vestiti e le pentole in poco più di mezzo metro d’acqua stagnante. In queste condizioni la sporcizia è di casa e i bambini specialmente, non potendosi lavare bene, sono pieni di croste e di malattie della pelle. 1.54

Oggi come 150 anni fa

La mancanza di norme igieniche tra i Muci andrebbe descritta più ampiamente e in modo più accurato. L’Abbè Dubois, un missionario delle Missioni Estere di Parigi che, verso la metà del 1800 girò per 30 anni in tutto il Sub-Continente Indiano raccogliendo notizie e informazioni sugli Indù, ha descritto l’ambiente

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fisico-materiale degli Intoccabili molto realisticamente. Leggendo le sue annotazioni circa i loro ambienti sembrerebbe che l’autore non sia esistito nel secolo scorso, ma stia descrivendo quello che si vede ancora oggi in tanti villaggi Muci. Stralciamo qualche brano dal suo classico libro “Hindu manners, customs and ceremonies”, dalla sezione circa gli Intoccabili: “Their habits of uncleanliness are disgusting. Their huts, a mass of filth and alive with insects and vermin are, if possible, even more loathsome than their persons ... The majority of them, men and women, are never clothed in anything but old rags. But in order to obtain a true idea of their abject misery one must live amongst them, as I have been obliged to do. About half of my various congregations consisted of Pariah Christians. Whenever I went I was constantly called in to administer the last consolations of religion to people of this class. On reaching the hut towich my duty led me. I was often obliged to creep in on my hands and knees, so low was the entrance door to the wretched hovel. When once inside. I could only partially avoid the sickening smell by holding to my nose a handkerchief soaked in the strongest vinegar. I would find there a mere skeleton, perhaps lying on the bare ground, though more often crouching on a rotten piece of matting, with a stone or a block of wood as pillow. The miserable creature would have for clothing a rag tied round the loins, and for covering a coarse and trattered blanket thet left half the body naked. I would seat myself on the ground by his side, and the first words I heard would be: “Father, I am dying of cold and hunger”. I would spend a quarter of an hour or so by him, and at last leave this sad spectacle with my heard torn asunder by sadness and hopelessness of it all, and my body covered in every part with insects and vermin. Yet, after all, this was the least inconvenience that I suffered, for I could rid myself of them by changing my clothes and taking a hot bath. The only thing that really afflicted me was having to stand face to face with such a spectacle of utter misery and all its attendant horrors, and possessing no means of affording any save the most inadequate remedies”. Quelli di noi che hanno lavorato e lavorano tra i Muci possono testimoniare ancora oggi quello che l’Abbè Dubois raccontava 150 anni fa. 1.55

La vecchia e le formiche

Parecchio tempo fa, con il Nanok Master di Satkhira, eravamo in visita al villaggio di Dhandia. Appena giunti nei pressi della Muci-para cristiana, un 41


ragazzetto ci venne ad informare che una vecchia stava morendo abbandonata da tutti. Ci recammo sul posto e trovammo avvolto in stracci luridi un fagotto di ossa scheletrite che le formiche rosse stavano divorando. La vecchia non era ancora morta ma era ormai in stato di incoscienza. Radunammo le donne della para e chiedemmo la loro collaborazione per pulire e lavare quello scheletro umano invaso dalle formiche. Non ottenendo risposta dalle donne, ci demmo da fare noi due con un secchio di acqua fresca a lavare in qualche modo la vecchia moribonda: Le levammo di dosso gli stracci sudici a cui demmo subito fuoco e il Nanok Master la ricopri con il suo “lungi” che aveva nella borsa. La nostra opera di Buoni Samaritani non ebbe grandi risultati, perché dopo 5 minuti, forse anche per il contatto con l’acqua fresca, la donna morì. Il villaggio in cui avvenne questo fatto è abitato da Muci passati al Cristianesimo 50 anni fa e la casa della vecchia era vicina a quella del catechista che avrebbe dovuto, in qualità di leader sociale, morale e spirituale del villaggio, o almeno come stipendiato della Missione, prendersi cura del caso. Suor Filomena e Suor Veronica dovrebbero essere in grado di riportare altri casi del genere, purtroppo molto comuni negli ambienti dei Muci, dove, spesso, gli animali sono meglio curati e più assistiti delle persone. Suor Filomena, nel villaggio di Rogonathpur, afferma di aver assistito all’allattamento contemporaneo di un bambino e di un capretto: il bambino attaccato ad un seno e il capretto che succhiava dall’altro seno della madre del bambino. 1.56

L’arredamento...

Ma torniamo alle capanne dei Muci. Le suppellettili delle loro case sono limitatissime. I più facoltosi posseggono una sedia, spesso a tre gambe e un tavolino zoppicante per far accomodare gli ospiti di riguardo. La maggioranza possiede solo qualche stuoia su cui i membri della famiglia si siedono, prendono i pasti e dormono. Molto usati per sedersi sulla veranda sono i “piri”, specie di sgabellini in legno. In molte capanne non manca la “huka”, tipica pipa bengalese ad acqua. Tra gli utensili di cucina si trovano pentole, piatti e il “da”, il coltellaccio per tagliare carne, verdura, pesce, ecc. 42


I più benestanti, vicino alla capanna, hanno la “ranna ghor”, un’altra capannuccia che serve da cucina; i più poveri cucinano il riso nella “ciula” (stufetta) scavata davanti alla casa o in un angolo della abitazione stessa. Come mezzo di illuminazione per la notte i Muci più facoltosi dispongono della lanterna a petrolio; gli altri devono limitarsi al “temi”, lumicino a stoppino, sorgente di fumo più che di luce. Per dormire solo i più ricchi dispongono del “khat” (pancaccio di legno); la maggioranza dorme sopra una stuoia. Su i muri della capanna sono spesso incollate immagini sacre, che rappresentano scene della mitologia Indù e profane (divi del cinema, cantanti, danzatrici, ecc.). Le immagini a colori sono ricercatissime. 1.57

Il vestito

I Muci si vestono come gli altri: il “lungi” è il vestito dei giovani e degli uomini in tutte le occasioni. I ragazzini, fino ai dieci-dodici anni, portano i calzoncini corti. Il “dhoti” è usato solo dai vecchi e dagli uomini più influenti in speciali occasioni: festività religiose, matrimoni, viaggi, ecc.. I giovani più istruiti stanno adottando l’uso dei pantaloni. Le donne vestono il “sari”; all’interno del villaggio il sari semplice senza “blouse” (camicetta) o “pettycoat” (sottoveste) è l’unico loro indumento. Le ragazzine vestono il “frog”. I vestiti, sia maschili che femminili, vengono lavati piuttosto raramente e spesso senza sapone. Per speciali occasioni, il prestito reciproco di indumenti è di uso comune. Ogni anno per la “puja” della “Durga” tra i Muci Indù e a Natale per i Muci Cristiani, i vestiti vecchi vengono rimpiazzati con abiti nuovi. Ornamenti maschili sono rari: i giovani amano però fregiarsi le mani di anelli; i più istruiti si pavoneggiano con l’orologio al polso e la penna e il pettine nel taschino della camicia. Molte donne, specialmente le più povere, hanno i capelli rossi perché non se li ungono con l’olio della noce di cocco. Le più ricche, quando vanno in visita a parenti o in altre particolari occasioni, indossano sari sgargianti e si ornano i capelli con spille e ciondoli. Le bambine amano ornarsi i polsi con i “ciuri” (braccialetti) e fregiarsi la fronte con il “tip”. I maschietti spesso portano al collo catenelle con le immagini delle varie divinità Indù: Shiva, Khali, Gones, ecc. 43


1.58

Mora khaoa

La dieta dei Muci è come quella di tutti i Bengalesi, con l’unica differenza che per loro niente è proibito, nemmeno ciò che per altri gruppi è tabù, come la carne di maiale per i Musulmani e la carne di mucca per gli Indù. L’uccisione di un maiale è una buona occasione per avere carne fresca, gustosa, saporita e a buon mercato. In molti villaggi, specialmente quelli più disastrati economicamente, è una festa quando si può trovare la carogna di una mucca. Dopo averla scuoiata, tutti si precipitano con cestini e pentole a spolpare la carcassa fino all’osso. Cani e avvoltoi aspettano impazienti per dividersi il resto. Ancora oggi come 150 anni fa, ai tempi dell’Abbè Dubois che citiamo per la seconda volta: “That chiefly disgusts other natives is the revolting nature of the food which the Pariah eat. Attracted by the smell, they will collect in crowds round any carrion, and contend for the spoil with dogs, jaklals, crows and other carnivorous animals. They then divide the semiputrid flesh and carry it away to their huts, where they devour it, often with out rice or anything else to disguise the flavour. That the animal should have died of disease is of no consequence to them, and they some times secretly poison cows and buffaloes that they may subsequently feast on the foul, putrefying remains ... When it is impossible to consume in one day the stock of meat thus obtained, they dry the remainder in the sun and keep it in thei huts until they run short of other food. There are few Pariah houses where one does not see festoons of these horrible fragments hanging up; and though the Pariah themselves do not seem to be affected by the smell, travellers passing near their the people living there. This horrible food is, no doubt, the cause of the greater part of the contagious diseases which decimate them and from which their neighbours are free”. Molti Muci ancora oggi non sanno resistere alla tentazione di cibarsi di queste carni. All’interno di quasi tutte le Muci-para c’è sempre qualcuno che non si lascia sfuggire l’occasione di procurarsi un buon pasto a base di carne di animali morti. Molti sono costretti a questa dieta per “obhab” (necessità), ma per tanti è questione di “shobhab” (abitudine) che li accompagnerà fino alla tomba. Risulta infatti che molti, pur non essendo economicamente miserabili, non desistono da questi traffici neanche se bastonati di santa ragione.

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1.59

Il veleno

Tra questi, ancora oggi, qualcuno, per soddisfare la voglia di mangiare carne e per procurarsi buoni e facili guadagni, ricorre all’espediente del veleno. La pelle di animali è uno dei prodotti non di secondaria importanza in Bangladesh e, come tale, ha un buon valore commerciale. Anche questa è una ragione che spinge molti Muci a procurarsi la possibilità di lavoro attraverso questo mezzo piuttosto deprecabile e disonesto. Si è cercato di indagare sul come avviene l’operazione di avvelenamento, ma non si è riusciti a capire molto. Chi esercita ancora questa professione è molto geloso di essa e anche chi l’ha abbandonata per adottare altri mezzi di sussistenza più onesti non è certo incline a rivelare i segreti del vecchio mestiere. Sembra comunque che il veleno si trovi facilmente nei negozi e pare che sia sufficiente un pizzico in una buccia di banana o in una foglia accartocciata, gettata di nascosto davanti al muso di una capra o di una mucca, per ricevere, qualche ora dopo, l’informazione che l’animale morto deve essere scuoiato. I più esperti sanno dosare la quantità di veleno e calcolare il tempo necessario perché questo faccia effetto. Naturalmente l’operazione di avvelenamento richiede grande circospezione e vigilanza, altrimenti, con la pelle dell’animale che si tenta di avvelenare, potrebbe andarci di mezzo la pelle dell’avvelenatore stesso. In molti villaggi a Sud di Khulna e Satkhira questa occupazione è ancora molto in voga tra i Muci. Essendo la pelle e il cuoio una merce di valore, sembra che anche qualche Mussulmano sia implicato in questi traffici, restando però sempre tra le quinte. Il traffico si svolge secondo questa procedura: il “mohajon” (colui che presta i soldi) Mussulmano assolda l’avvelenatore Muci e gli fornisce il veleno. Ad operazione compiuta, la pelle dell’animale deve essere consegnata al mohajon che la compra ad un prezzo molto ridotto per poi rivenderla sul mercato ad un prezzo raddoppiato, ottenendo così forti guadagni, senza fatica e senza rischi. In quasi tutti i villaggi, dove esiste una Muci-para, casi di avvelenamento di animali si registrano spesso ancora oggi. Parecchi tra i Muci Cristiani a loro volta non sono ancora riusciti a liberarsi completamente da questa tentazione. 45


1.60

I Muci scuoiatori

Chi ha avuto occasione di assistere all’operazione della scuoiatura è unanime nell’affermare che lo scuoiatore Muci è un autentico artista. Con un semplice coltellino, in pochi minuti, è capace di scuoiare l’intero animale, lasciando solo la carcassa. La pelle, ben ripulita dal grasso, viene esposta al sole ad asciugare; perché non marcisca viene poi ricoperta con un sottile strato di sale. Le pelli esposte al sole, allineate su un palo di bambù, sono uno spettacolo normale nei villaggi Muci. Il numero di pelli esposte all’essicatura aumenta in occasione delle feste Mussulmane. In queste fese i Mussulmani sacrificano capre e mucche e ne vendono le pelli ai Muci i quali ne traggono buoni profitti. 1.61

Commercianti in pelle

Il commercio della pelle rappresenta un aspetto importante nella economia dei Muci. Normalmente la maggioranza di quelli che si dedicano a questa attività riesce a malapena a sopravvivere, non avendo grandi capitali da investire; ma spesso c’è qualcuno con un certo fiuto per gli affari che, investendo il capitale sempre preso in prestito dal mohajion, riesce a farsi una certa posizione economica, superando il livello di semplice sussistenza. Questi Muci, quando sono in veste di commercianti, si presentano con la borsa di pelle sotto il braccio, con gli abiti ben puliti e l’orologio al polso; qualcuno si avventura fino a Dhaka con una disinvoltura e una naturalezza sorprendenti. La buona posizione economica raggiunta attraverso il commercio è però soggetta a facili crolli: è sufficiente che il mohajon ritiri il suo capitale perché il distinto commerciante Muci si ritrovi nella miseria di prima. I facili guadagni potrebbero dare la possibilità al commerciante Muci di crearsi un capitale proprio: purtroppo questa possibilità non diventa mai realtà. I guadagni finiscono sempre per essere sperperati in lauti banchetti e divertimenti vari. 1.62

Ciabattini

Altre tipiche professioni dei Muci sono il “juta selai” (cucire scarpe) e il “dhol banano” (costruire tamburi). Quelli che siedono al bazar o lungo le strade a cucire e riparare scarpe in genere appartengono al gruppo dei Muci.

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Il lavoro del juta selai è considerato uno dei più bassi e ignobili. La disistima per questa attività viene automaticamente rivolta anche a chi la svolge, per cui i ciabattini Muci che siedono tutto il giorno a riparare scarpe non godono di grande rispetto. Il loro lavoro è ricompensato da clienti che gettano in fretta qualche spicciolo ai loro piedi con un gesto di volgare disprezzo. Molti, tra questi calzolai, sono in grado, non solo di riparare ciabatte rotte ma anche di cucire scarpe nuove che, sebbene non rifinite perfettamente, potrebbero però avere una buona richiesta sul mercato locale. Questa abilità non trova purtroppo nessuna possibilità di sviluppo perché il singolo calzolaio non possiede mai capitali sufficienti per la produzione di questi articoli e l’idea della associazione in cooperative per tali lavori è ben lontana dalla mente dei calzolai Muci. E così queste potenziali abilità professionali sono destinate a rimanere nascoste e i ciabattini Muci, che siedono tutto il giorno nei bazar, continuano ad essere oggetto di scherno e di disprezzo. La loro situazione economica poi non supera mai il livello di semplice sussistenza. 1.63

Costruttori di tamburi

Altra attività con cui i Muci riescono a sbarcare il lunario in qualche modo è l’artigianato di qualsiasi strumento musicale a percussione, la cui cassa armonica richiede la copertura in pelle. Gli artigiani di questi strumenti musicali conoscono bene il loro lavoro. Con i loro attrezzi rudimentali scavano da un tronco di palma da dattero o di noce di cocco, tagliato a pezzetti, la cassa armonica dello strumento, che viene poi rivestito di una lunghissima e sottilissima striscia di pelle. A proposito di questa lunga e sottile striscia di pelle, in molti villaggi, si racconta la storia di un incallito avvelenatore Muci il quale, richiesto che cosa volesse come ricompensa per abbandonare l’abitudine di avvelenare mucche e capre, risposte di non voler altro che un pezzo di terra vasta quanto la superficie di una pelle di capra. Dopo di che, ritagliando la pelle di una capra, ne ottenne una striscia tanto sottile e lunga da circondare il perimetro di un acro di terra. L storia è raccontata dai Muci con un certo senso di orgoglio circa la loro furbizia e scaltrezza. Chi si dedica a questa professione riesce ad ottenere buoni guadagni perché esiste sempre una forte richiesta di strumenti musicali a percussioni da parte del “kirton dol, kobi ganer dol, jattra dol” (compagnie musicali e teatrali). 47


Lo smercio più intenso di questi articoli dell’artigianato Muci avviene in occasione delle “mela” (fiere di villaggio). Qualche mese prima di queste fiere, nei quartieri Muci si svolge una attività febbrile: in questi periodi almeno gli artigiani di strumenti musicali trovano un sostitutivo al gioco delle carte, alle risse e alle baruffe. 1.64

Suonatori

Essendo molti Muci esperti artigiani nella fabbricazione di strumenti musicali è ovvio che tra di loro vi siano anche abili musicisti. La musica costituisce per tanti di essi una buona fonte di guadagno. In quasi tutti i villaggi Muci esistono gruppi di suonatori che vengono scritturati in occasione di matrimoni e feste religiose. L’armamentario musicale di questi gruppi è costituito da un harmonium, da un clarinetto, da una cornetta, da tamburelli vari e da piatti. I gruppi più richiesti si fregiano di bizzarre divise con tanto di berretto e occhiali. Il “dol” (gruppo) di Muci Cristiani di Borodol, per differenziarsi dagli altri suonatori Indù, anni fa aveva adottato, insieme alla camicia, i pantaloni, il berretto e gli occhiali, una specie di stola da diacono con lo stemma crociato. Il servizio musicale offerto da questi suonatori viene discretamente ricompensato, ma la loro dignità umana è ancora una volta calpestata. Se svolgono il loro servizio musicale in occasioni di puja o festività religiose, non possono avvicinarsi al luogo dove è esposto il “thakur” la statua della divinità di turno. Se vengono scritturati per allietare con la loro musica le celebrazioni dei matrimoni, durante il pranzo nuziale, per loro c’è posto solo nella stalla delle mucche e il piatto, che al loro contatto risulterebbe contaminato, è sostituito da una foglia di banana da gettare via a pasto consumato. 1.65

Facchini e scaricatori

Un’altra attività molto comune tra i Muci è quella di prestare la loro mano d’opera come facchini e scaricatori. I Muci dislocati lungo i fiumi trovano in questa attività un buon impiego. Quando i barconi carichi di merci varie attraccano ai porticciuoli fluviali i gruppi di “koolie” (scaricatori) Muci vengono assoldati per scaricare sacchi di riso, frumento, sale, zucchero, cemento, ecc. A volte, durante la bassa marea, osservandoli arrancare in mezzo alla spianata di fango che separa il barcone-merci dai vari negozi del bazar,

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sotto il peso di grossi sacchi issati in testa, madidi di sudore e pieni di polvere, si ha l’impressione di vedere degli schiavi ai lavori forzati. Altri Muci svolgono la stessa professione nei magazzini della juta e nei grossi negozi, sempre sotto la vigilanza dei padroni, i quali non abbondano nè in elogi nè in denaro per ricompensare il duro lavoro dei loro dipendenti. 1.66

Drivers ...

Un buon numero di Muci, specialmente dove le vie di comunicazione sono discrete, in questi ultimi tempi sono diventati guidatori di mezzi di trasporto a due o tre ruote. Tra di loro pochissimi sono però proprietari del veicolo che guidano: quasi tutti guidano il “van” o il “ricksha” di altri con i quali devono dividere gli incassi della giornata. 1.67

Poliziotti ...

Un’altra strana attività di qualche Muci è quella di “ciokidar”: poliziotto del villaggio. In molte para non è insolita la presenza anche di due o tre ciokidar, armati di bastone, lanterna per la notte, ombrello per ripararsi dal sole e dall’acqua, fregiati di una speciale divisa che comprende pantaloni e camicia caki, scarpe, berretto basco e cinturone. Investigando circa la ragione di una tale professione svolta dai Muci è venuto alla luce che non è certo per grossi interessi finanziari personali o per difendere il proprio gruppo che qualcuno tra di loro diventa poliziotto. Il ciokidar Muci è il messaggero del Chairman o dei Members della Union, i quali si servono di lui per compiere i loro loschi traffici di “ghush” (bustarelle), adulteri e prostituzione. Inoltre svolge la professione di facchino per il personale della stazione di polizia: deve provvedere allo sgombero delle carogne degli animali morti dai quartieri dei vari strati sociali. Frequentemente è lo stesso ciokidar Muci che esegue la scuoiatura della carogna. Inoltre deve svolgere il compito di becchino e provvedere alla cremazione e alla sepoltura dei morti di cui nessuno si occupa. 1.68

Abili artigiani

Nella speranza di poter occupare un posto più alto sui gradini della scala sociale Indù molti Muci hanno abbandonato il lavoro della pelle per il lavoro artigianale in bet e bambù.

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Questo tipo di artigianato comprende svariati articoli: i più comuni sono i “chiach”, le stuoie di bambù e i “juri”, eleganti cestini che servono come contenitori di riso, frutta, verdura, ecc. Data la grande utilità per l’uso domestico questi articoli hanno tutto l’anno una grande richiesta sul mercato locale: il costo non è però mai equiparato alla pazienza e al tempo che questo tipo di produzione richiede. 1.69

Buoni guadagni

Quella che si presta a buoni guadagni è la produzione di stuoie che trovano buon impiego, dopo la stagione delle piogge, per le “gola”, i silos per contener il riso o come paravento per le verande delle capanne. Da novembre a marzo, a Sud di Khulna e Satkhira, dove i raccolti di riso sono in genere abbondanti, questo tipo di merce è molto richiesta sul mercato. Molti Muci del Nord trascorrono questi mesi al “dokkin” (al Sud) e ritornano a casa con un buon gruzzolo. I profitti ottenuti durante questi mesi di assiduo lavoro non durano però a lungo perché il senso del risparmio e la costante operosità sono virtù che i Muci non conoscono. 1.70

... e dolce vita ...

Nel giro di qualche settimana, trascorsa in ozio e gozzoviglie, che solitamente girano attorno a questi quattro ingredienti: “mansho, mach, mod, moithun” (banchetti a base di carne, pesce, liquori e sesso) con l’aggiunta di “gaja” (droga leggera) e “tashkela” (gioco delle carte), il piccolo patrimonio accumulato in mesi di lavoro al Sud viene sperperato ai quattro venti. 1.71

Il kolshi del riso

Finché hanno uno spicciolo in tasca solitamente i Muci si guardano bene dal mettere mano a qualsiasi genere di lavoro, tanto che la loro pigrizia è diventata proverbiale. Si dice infatti che essi sono talmente pigri che, vicino alla stuoia su cui rimangono sdraiati nella veranda della loro capanna, tengono il “kolshi” (anfora) del riso. Ogni giorno allungano un piede per scuotere il kolshi e misurare la quantità di riso rimastavi. Quando il kolshi suona vuoto allora è tempo di alzarsi e riprendere il lavoro.

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Anche per questa pigrizia e mancanza di operosità la situazione economica dei Muci rimane sempre al livello di semplice sussistenza, non solo nei mesi di maggiore scarsità, ma anche in quelli di relativa abbondanza. Giustamente si può dire che vivono ”from hand to mouth” per dodici mesi all’anno. Le conseguenze di questa situazione sono disastrose: quando il reddito non è neanche sufficiente per il cibo e quando non esiste nessun risparmio non si può pretendere che i Muci si preoccupino di tenere in ordine la capanna, procurarsi dei vestiti decenti, mandare i bambini a scuola e migliorare le condizioni igienico-sanitarie. 1.72

Chi dorme mangia ...

Data questa situazione economica così dissestata, non è raro trovare tra i Muci famiglie intere capaci di resistere anche più giorni senza mangiare, dimostrando una incredibile resistenza ai morsi della fame. In questo gli appartenenti agli altri strati sociali dichiarano apertamente la loro sconfitta. Non c’è nessuno che sappia digiunare così a lungo come i Muci. Nei giorni di digiuno obbligato un buon rimedio contro gli stimoli della fame è quello di sonnecchiare sdraiati in un’angolo della veranda, tanto da giustificare il detto: “chi dorme mangia”. 1.73

Chi ruba ..., pure!

Quando la resistenza alla fame raggiunge l’ultimo stadio e occorre darsi da fare per mettere qualcosa sotto i denti, la tentazione più facile è quella di rubacchiare qua e là tutto ciò che è commestibile: banane, noci di cocco, ortaggi, pesce dei pukur, ecc. Nè gli insulti nè le botte dei contadini derubati riescono a correggere i ladruncoli Muci da queste cattive abitudini. I Saveriani che hanno svolto la loro attività missionaria tra i Muci hanno una buona esperienza circa queste ruberie. Nel recinto della Missione di Satkhira esistono più di 50 piante di noci di cocco. È successo che, volendo mangiare un “narikel” (noce di cocco) o bere un “dab” (latte di cocco), si è dovuto comprarli al mercato. 1.74

Contadini fannulloni

La maggioranza dei Muci è senza terra: molti non sono nemmeno proprietari dei quattro metri quadrati su cui è costruita la loro capanna. Ma anche chi possiede qualche piccolo appezzamento di terra raramente è intento ai lavori agricoli.

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I Muci non sono mai stati agricoltori. In passato, molti di essi, pur possedendo buoni appezzamenti di terra sembra, che raramente li abbiano coltivati con le loro stesse mani. La terra è sempre stata usata come estremo mezzo di salvezza nei momenti di maggior ristrettezza economica. Che i Muci non abbiano molta predisposizione all’agricoltura risulta chiaramente dai possedimenti che la Missione Cattolica ha comperato per i cristiani. Quasi tutte queste proprietà, che dovrebbero essere coltivate e amministrate dai Muci cristiani, sono spesso in stato di riposo sabbatico tutto l’anno. L’unico modo di far fruttare questi terreni è quello di darli in affitto ai contadini di altri gruppi. 1.75

Dipendenza economica

La gente dei villaggi ripete spesso questo altro detto: “Muci jat jekane pae sekane kat” (i Muci, dove possono avere qualcosa, non solo si siedono, ma si sdraiano). Il detto esprime bene la loro assoluta dipendenza economica. La loro sopravvivenza economica è sempre legata ai prestiti del moahajon, dal quale non riescono mai a sganciarsi e con il quale devono dividere i loro scarsi guadagni. Di conseguenza il circolo vizioso in cui è inserita la loro economia non è facile da rompere: da una parte l’assoluta mancanza di senso del risparmio, dall’altra la mancanza di operosità continua, la pigrizia e l’apatia costante; da un altra parte ancora le numerose ipoteche sulle loro scarse proprietà e i debiti verso il mohajon non offrono grandi speranze per il miglioramento e lo sviluppo della loro economia che rimane, per la maggioranza dei casi, “below the poverty line”. 1.76

Le conseguenze di una economia disastrata

Si sa che i risultati e le conseguenze della povertà e della miseria sono: la sregolatezza nella dieta, la malnutrizione e spesso la fame. Gli esperti in medicina nutritiva affermano che la malnutrizione esercita un’azione distruttiva lenta ma continua sul fisico e sulla psiche umana di generazione in generazione. La deficienza nutritiva non presenta notevoli sintomi esterni, ma mina inesorabilmente la salute e, con la salute, la vitalità, gli interessi, i desideri e le aspirazioni umane, fino a sopprimerle completamente.

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L’unica preoccupazione di chi è malnutrito p concentrata esclusivamente sul cibo, che cerca di procurarsi con qualsiasi mezzo e a qualsiasi rischio. I primi risultati della malnutrizione e della fame si vedono nella irritabilità e nella anormale eccitazione nervosa, nello stato di apatia, pigrizia, depressione e indolenza. La malnutrizione, dicono poi gli scienziati, ha l’effetto di rendere l’istinto sessuale più forte e conseguentemente di aumentare l’incremento demografico, per cui il circolo vizioso della povertà e della miseria si allarga in progressione aritmetica. La malnutrizione lascia il segno sul fisico e sulla psiche dell’uomo. Nessun altro fattore ambientale agisce così dispoticamente nè lascia segni così profondi come la malnutrizione. I Muci (e non solo i Muci) da generazioni sono vittime di questa situazione che in Bangladesh sembra peggiorare di giorno in giorno: non ci si dovrebbe meravigliare quindi se il loro mondo sociale, religioso e morale è così lontano, per non dire diametricamente opposto, da quello delle caste superiori. Almeno noi missionari non dovremmo cadere nell’errore dei privilegiati della società che biasimano le loro vittime. E almeno noi, che dovremmo capire le cause delle debolezze umane, non dovremmo scandalizzarci se i Muci “quorum Deus venter est”, sono più interessati al nostro portafoglio che alle “Good News” di cui vorremmo essere messaggeri.

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CAPITOLO QUINTO: L’AMBIENTE SOCIALE DEI MUCI Esiste un altro proverbio circa i Muci dei villaggi di Khulna e Satkhira che suona così: “ cira juta, bhutha keci, ta nie Muci kore ghecia gheci” (i Muci si azzuffano per una scarpa rotta e un falcetto senza lama). Cioè per futili motivi. 1.77

Blame the victims

Sulla rivista Vidyajoti del Gennaio 1979 è apparso uno studio su questo comportamento tipico di tutti gli Harijans, Muci compresi. Secondo l’autore di quello studio, il sistema delle caste accetta nella società una stratificazione gerarchica, secondo la quale, chi è al di fuori di questo sistema è riconosciuto come un individuo senza valore. Una società fondata sul sistema delle caste è una società di privilegiati a tutti i livelli: questa società di privilegiati per essere stabile deve essere accettata da tutti, altrimenti i privilegiati potrebbero essere in pericolo. Di conseguenza si cerca una teoria per giustificare e per sostenere la realtà economica di questo gruppo privilegiato. La giustificazione dei privilegiati avviene attraverso il disprezzo e la condanna dei non privilegiati. Se i non privilegiati sono pigri, ubriaconi, amorali, non sono degni di godere, non si dice dei privilegi, ma nemmeno dei normali diritti. Non devono quindi lamentarsi se sono esclusi dalla società. I privilegi sono poi sostenuti da teorie di carattere religioso per cui in India si crede che gli Intoccabili stiano scontando le colpe commesse nella loro vita precedente. Queste idee sono accettate da tutti, Intoccabili compresi. Per i privilegiati queste idee e questi valori non fanno altro che rafforzare il loro stato di benessere in tutti i sensi, mentre, proprio a causa delle stesse idee, i non privilegiati sono privati dei loro diritti umani fondamentali, con conseguenze disastrose dal punto di vista psicologico e soprattutto 1.78

Tutti “underdogs”

Un Intoccabile (Muci) ragiona più o meno così: se io non valgo niente, se non sono degno di rispetto, se non ho dignità, anche quelli del mio gruppo non devono essere poi tanto rispettabili. Se non sono degni di rispetto, non possono neppure essere degni di fiducia

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La conseguenza di tutto questo, all’interno del gruppo dei non privilegiati, è la disistima reciproca, la gelosia, l’invidia che trova il suo naturale sbocco nelle zuffe, nelle baruffe e nella disunione. E così anche l’unica forza che i non privilegiati potrebbero avere, quella dell’unione, è stroncata. I Muci ,come tutti gli altri Intoccabili, sono vittime di questi trucchi. 1.79

Concordi nella … disunione

I Muci dei vari villaggi si incontrano per occasioni di lavoro, festività religiose e scambi matrimoniali. Questi incontri finiscono invariabilmente in scontri. Piccole imprese commerciali tra Muci di villaggi diversi, che a prima vista sembrerebbero fondarsi sulla mutua fiducia e cooperazione, finiscono presto per gli imbrogli o dell’uno o dell’altro partner. Legami matrimoniali, iniziati con il pieno accordo e consenso dei parenti dei due sposi, finiscono, dopo qualche mese, con il ripudio della ragazza perché la promessa della dote non è stata mantenuta. Certe celebrazioni religiose, compiute in collaborazione tra più villaggi, finiscono a bastonate tra i partecipanti per il semplice sospetto che chi ha fatto il bazar per il “bhoj” (pranzo di comunione) abbia trafugato qualche chilo di riso o intascato qualche rupia. Anche i “prem bhoj” di Natale tra i Muci Cristiani difficilmente finiscono senza qualche rissa tra i partecipanti. 1.80

La rugiada e il vento

Un Muci cristiano di Borodol così si è espresso circa i rapporti sociali all’interno del gruppo: “come le gocce di rugiada che di notte si depositano sulle foglie più alte del “kociu” (una pianta grassa), alla prima brezza del mattino vengono sballottate sulle altre foglie più in basso fino a cadere per terra, così è la fiducia, l’amicizia e l’unità all’interno dei Muci. È sufficiente un alito di vento, un semplice sospetto, una battuta scherzosa o una frase ironica perché si scatenino insulti, ingiurie, minacce e baruffe”. Circa l’ambiente sociale dei Muci esamineremo ora la divisione esistente tra il gruppo dei Boro Beghi e dei Cioto Beghi. Faremo poi accenno all’espulsione, alla scomunica e alla riammissione al gruppo esaminando brevemente la famiglia, il matrimonio e la leadership.

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1.81

Boro Beghi e Cioto Beghi

Come è già stato accennato, nella prima parte di questa ricerca, esiste tra i Muci di Khulna e Satkhira una netta divisione in due gruppi ben distinti: i Boro Beghi e i Cioto Beghi. Il fiume Kopotokko, che per un lungo tratto fa da confine tra le due suddivisioni, costituisce anche il termine geografico di separazione tra i due gruppi. Il Kopotokko, il cui nome significa “occhio del piccione”, nome pittoresco suggerito dalla sua placida corrente, ricordato anche dal poeta Michael Modhu Shudon Dotto in una sua poesia, provenendo dal distretto di Jessore, passa per Tala, Kopilmuni e Borodol. A sud di Borodol assume un nome diverso e sfocia nella Baia del Bengala. Ad Est e ad Ovest del Kopotokko sono rispettivamente dislocati i due gruppi Muci. Esiste una diatriba tra i due gruppi circa il nome di Boro Beghi. Ogni gruppo pretende per sé questo titolo e si sforza di inventare i motivi di questa pretesa. Di fatto, se per Boro Beghi bisogna intendere il gruppo che ha sostituito il lavoro della pelle con altre arti e mestieri, a questo gruppo dovrebbero appartenere i Muci ad est del Kopotokko, nella suddivisione di khulna. Pochi di questi Muci infatti avvelenano e scuoiano ancora carogne di animali. Mentre il gruppo ad ovest del Kopotokko, nella suddivisione di Satkhira, continua per la maggior parte la professione tradizionale. Inoltre la situazione economica dei Muci ad est del Kopotokko non sembra così disastrata come quella del gruppo dislocato oltre la sponda opposta del fiume. Anche dal punto di vista dell’istruzione ci pare di poter dire che i Muci della sponda est del fiume sono un gradino più avanti di quelli della sponda Ovest. 1.82

Bhoddro Kul e Obhoddro Jat

Un vecchio di Chuknogor si è riferito ai Muci dell’est del Kopotokko come al “Bhoddro Kul (gruppo civilizzato), mentre ha definito il gruppo ad ovest del fiume come l’”Obhoddro Jat” (gruppo non civilizzato). Il primo sarebbe più raffinato e incivilito, mentre il secondo sarebbe quello ancora barbaro, dedito agli scuoiamenti e agli avvelenamenti. Inoltre, sempre secondo lo stesso vecchio, l’Obhoddro Jat in passato, veniva anche chiamato il “Shindurer Somaj” perché le vedove, dopo la

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morte del marito, contro gli usi e i costumi Indù, non si levavano il shindur (segno rosso delle donne sposate) dalla fronte. In passato tra i due gruppi non c’erano relazioni di nessun tipo: oggi i due gruppi accettano di mangiare insieme, ma sembra che la linea matrimoniale non oltrepassi il Kopotokko. La linea matrimoniale dei Muci di Chuknogor, per esempio, si dirige verso Keshobpur e Monirampur nel vicino distretto di Jessore e verso Dumiria, nella suddivisione di Khulna: Legami matrimoniali con la suddivisione di Satkhira difficilmente si spingono oltre il Kopotokko. Tra le donne sposate nella Muci-para di Chuknogor provengono da Borodol , dall’Obhoddro Jat solo, perché al tempo del loro matrimonio, i Muci di questo villaggio intendevano diventare cristiani e Borodol rappresentava il centro della Cristianità Muci, di cui il Bhoddro Kul era simpatizzante. Circa i due gruppi è stata fatta una scoperta interessante: tutti i muci che finora hanno aderito al Cristianesimo sono dislocati ad ovest del Kopotokko. Tutti i villaggi Muci delle tre parrocchie di Shimulia, Satkhira e Borodol, eccetto Gourikali e Alamtola, dovrebbero appartenere ai Chioto Beghi i quali, sempre secondo il vecchio di Chuknogor, trovandosi in condizioni economiche e sociali disperate hanno cercato rifugio e salvezza nel Cristianesimo. Le condizioni dei Boro Beghi non sarebbero mai state così disastrate, per cui non hanno mai avuto il bisogno urgente di cercare aiuto e protezione presso i Missionari. Solo in questi ultimi tempi l’oppressione si sta facendo sempre più insistente: di conseguenza, si notano timidi tentativi, anche da parte dei Boro Beghi, di avvicinarsi ai Shaheb bianchi. Chuknogor e Tala sono due esempi. 1.83

Il “somaj”: scomunica e riammissione

Nei villaggi del Bangladesh per somaj si intende la collettività, la casta o la classe, il gruppo sociale a cui un individuo appartiene. In passato , anche nel somaj dei Muci, come in tutti gli altri somaj, esisteva una ferrea disciplina. Si poteva essere espulsi dal somaj per vari motivi. I peccati sociali più grossi consistevano nella disobbedienza ai “ matobbor “ (capi villaggio), nei matrimoni illeciti e nel cambiamento di religione.

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Il tipo di matrimonio che esigeva la scomunica era il “ nika kora “, l’unione con una vedova o con una donna abbandonata o divorziata dal marito: La riammissione al gruppo avveniva normalmente con severe punizioni: il colpevole doveva tagliarsi i capelli, i baffi e ingoiare la bevanda chiamata 2 poncha gavya “ (i cinque prodotti della mucca) che si supponeva avesse poteri purificatori. In ogni caso doveva umiliarsi davanti al gruppo e dare pubblica dimostrazione di docilità e pentimento. 1.84

La boro khana

Soprattutto doveva impegnarsi ad offrire a tutti i membri, o almeno ai notabili del gruppo, una boro khana (gran pranzo), di cui doveva sostenere le spese. A noi Missionari stranieri riesce difficile capire l’importanza che i Muci attribuiscono a questa boro khana. L’importanza è data dal fatto che il mangiare insieme è per gli Indù l’espressione migliore di appartenenza sociale ad un gruppo. Se l’esclusione dal mangiare insieme o dal fumare insieme la “huka” (pipa) è una delle pene più severe per esprimere la degradazione e la colpevolezza dello scomunicato, la sua riammissione alla tavola comune rappresenta la pubblica dichiarazione del suo reinserimento nel gruppo sociale. Oltre che l’esclusione dalla tavola comune, come segno di scomunica, un tempo era in vigore il divieto di usare i beni pubblici del villaggio: la pompa dell’acqua, il pukur, la strada, ecc.. Per i Muci cristiani a queste pene si aggiungeva l’esclusione dalla chiesa e dalla scuola. La pena poi non colpiva solo il peccatore ma tutta la sua famiglia: il peccato personale aveva sempre una dimensione sociale. I Muci cristiani di Senergati , qualche anno fa, volevano costringere il parroco e il vescovo a dimettere dal seminario il figlio di un pubblico peccatore che era stato scomunicato dal somaj. 1.85

Verso un somaj meno severo

Attualmente tra i Muci la scomunica e l’espulsione dal somaj è quasi scomparsa: esiste maggior libertà in tutti i campi: I mattobor hanno perso buona parte della loro autorità e del loro prestigio, anche perché il loro servizio all’interno del gruppo, più che mirare al bene pubblico, era sempre (e lo è tuttora) in vista dei propri interessi.

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Per cui, colpe che in passato venivano rigorosamente punite, oggi passano quasi inosservate. Specialmente se il peccatore può disporre di qualche soldo con cui accattivarsi la simpatia dei personaggi più influenti del somaj, spesso le sue colpe passano inosservate. A Chuknogor un giovanotto muci piuttosto danaroso recentemente si è permesso il lusso di portarsi in casa, come seconda moglie, la sorella della prima. Nessuno dei quattro matobbor ancora esistenti nella para, che il giorno del matrimonio sedevano in prima fila per la boro khana, ha avuto niente da obiettare. Un tempo per un Muci che cambiava religione la scomunica dal somaj era inevitabile. Alcuni Muci di Chuknogor, venti anni fa, a causa della loro simpatia per il Cristianesimo, erano stati completamente ostracizzati dal somaj. Per essere riammessi, oltre alle spese della boro khana, avevano dovuto assoggettarsi al taglio dei capelli e alla cerimonia purificatrice del pancha gavya. Lo stesso gruppetto di Muci, con la nostra presenza a Chuknogor, ha dimostrato ancora apertamente di avere una simpatia per il Cristianesimo. Da parte del somaj, questa volta, non ci sono state né scomuniche né punizioni. A parte qualche frecciata ironica nei loro confronti da parte degli altri membri del gruppo, hanno sempre potuto muoversi all’interno del somaj con piena libertà. 1.86

Il ghosti

All’interno del somaj esiste il “ghosti”, il gruppo tra i cui membri ci sono relazioni di consanguineità e parentela. In una para possono esistere anche tre o quattro “ghosti”. Non sempre però esistono legami profondi tra i membri di uno stesso ghosti. Anzi, spesso, l’invidia e la gelosia sono di casa Soltanto in caso di pericoli seri all’invidia e alla gelosia subentrano la solidarietà e l’aiuto reciproco che finiscono però subito con lo scomparire del pericolo. Ogni famiglia di un determinato ghosti è autonoma dal punto di vista economico. Membri dello stesso ghosti spesso negano di avere parenti stretti nella para, soprattutto nel caso in cui questi siano in cattive condizioni economiche, probabilmente per non dover essere investiti della responsabilità di provvedere al loro mantenimento. A questo proposito, quelli di noi che hanno lavorato o lavorano con i Muci potrebbero avere qualcosa da dire. Sarebbe sufficiente elencare casi di 59


vedove, orfani e ammalati rifiutati dal loro ghosti che con qualsiasi preteso declina ogni responsabilità nei loro confronti per addossarla completamente sulle spalle dei padri e delle suore della Missione. All’interno dei vari ghosti quasi sempre esiste la lotta per il potere politico ed economico. Il ghosti più forte economicamente di solito schiaccia quello più debole. Le risse tra i vari ghosti, anche per i motivi più futili, sono avvenimenti si ordinaria amministrazione. Il ghosti è il luogo privilegiato per gli scambi matrimoniali: spesso però le alleanze matrimoniali che vengono stipulate con il consenso e l’entusiasmo generale, finiscono dopo pochi mesi con la rottura del matrimonio e con diatribe interminabili. Il ghosti occupa un posto molto importante nel tessuto sociale dei Muci e andrebbe quindi studiato con maggior profondità e ampiezza. Lasciamo aperto lo studio e la ricerca circa l’argomento. 1.87

La famiglia

Dopo il somaj e il ghosti, l’elemento più forte del tessuto sociale è costituito dalla famiglia. In passato la famiglia era di tipo patriarcale. Al presente questo tipo di famiglia sta scomparendo. Nella Muci-para di Chuknogor, su 50 famiglie, solo tre sono “jouto poribar” (famiglia unita). In genere pare si possa affermare che la famiglia nucleare è il punto di riferimento primario dell’individuo. Solo nel caso in cui i fratelli svolgano il medesimo lavoro e ci siano interessi comuni, si trovano ancora famiglie unite sotto l’autorità del padre. Diversamente, se il padre è morto e i fratelli svolgono attività diverse, ogni famiglia pensa per sé e talvolta tra gli stessi fratelli ci sono grosse disparità di condizione economica. Nei villaggi di Khulna e Satkhira il maggior numero di famiglie unite si riscontra tra quelli che svolgono ancora il lavoro tipico del gruppo. Con la differenziazione dei mestieri tende a disgregarsi, sotto ogni aspetto, anche l’unità della famiglia patriarcale. All’interno dei Muci il legame tra famiglie della stessa discendenza in linea paterna sono piuttosto deboli. Tra i nuclei famigliari esistono spesso sentimenti di invidia e gelosia.

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È sufficiente che uno dei fratelli riesca ad abbellire o ad ingrandire la capanna perché gli altri scoppino di invidia e ogni pretesto è buono per discreditarsi a vicenda. Il peso della famiglia grava sul capofamiglia. Nella famiglia unita il padre controlla l’andamento economico della medesima: la madre (suocera) quello domestico. 1.88

Le mogli

Affetto, comprensione ed amicizia da parte della suocera per le nuore (o la nuora), sono casi rari. Spesso per le nuore della casa, oltre alle botte del marito, si aggiungono anche quelle del suocero. Le giovani spose in una famiglia patriarcale hanno la vita più dura che nella famiglia nucleare. Il rapporto tra marito e moglie, di norma, è improntato al modello padrone-schiava. Non è insolito sentire nei villaggi i mariti rivolgersi alle loro mogli con l’appellativo di “maghi” (prostituta) invece che con quello onorifico di “ma” (madre), come vorrebbe la cultura bengalese. È comune tra i Muci, anche quelli cristiani, l’idea che la moglie si debba picchiare. Con le mani, con i piedi e con il bastone. Casi di uccisione della moglie non sono rari. Qualche anno fa, in un villaggio vicino a Chuknogor, una donna è stata strangolata dal marito che poi è fuggito in India. Molti aborti tra le donne dei Muci sono dovuti alle botte. 1.89

I figli

I rapporti tra marito e moglie migliorano dopo la nascita del primo figlio. Anche il legame matrimoniale, con i figli, diventa più stabile. I bambini all’interno della famiglia sono guardati con affetto e premura. I maschi, a differenza delle femmine , ricevono maggior attenzione e cura perché sono una forza produttrice, Anche nell’istruzione i maschi hanno la precedenza sulle femmine. Già in tenera età i figli devono contribuire al sostentamento della famiglia: devono pescare granchi, raccogliere legna e sterpi da ardere, portare al pascolo la mucca o le capre, tagliare l’erba, vendere le uova, rubacchiare frutta e verdura, custodire i fratellini più piccoli, ecc.. Nelle famiglie più povere e numerose qualche ragazzo può vivere in casa di un parente più benestante o in una famiglia più facoltosa della para. In

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cambio dei lavoretti domestici questi ragazzi ricevono da mangiare due volte al giorno e ogni tanto un vestito nuovo. 1.90

Le figlie

Le ragazze, dopo le prime mestruazioni, incominciano ad essere una preoccupazione per la famiglia: una preoccupazione finanziaria perché, oltre al cibo, hanno bisogno di tante altre cose e soprattutto una preoccupazione per il “shomman” (onore) della famiglia stessa. La possibilità di un comportamento scorretto da parte della ragazza, oltre che pregiudicare il suo futuro, potrebbe rovinare il buon nome della famiglia. Per cui, quando le ragazze sono mature, anche se ancora in quasi tenera età, devono essere sposate. Non è necessario che abbiano raggiunto il sedicesimo anno di età richiesto dalla legge civile e da quella ecclesiastica per i Muci cristiani. Chi ha dovuto sbrigare casi matrimoniali tra i Muci cristiani sa bene a quali grattacapi ha dovuto andare incontro per concordare le richieste dei genitori della ragazza da sposare e del suo “ghotok” (la persona incaricata dei contratti matrimoniali) con le esigenze del Diritto Canonico. Tutti i motivi che il parroco porta per dilazionare la data del matrimonio sono sempre riconosciuti validissimi, ma in pratica non vengono mai accettati da chi ha in casa una ragazza “paka” (matura) per il matrimonio. Nella maggior parte dei casi, più che il peso economico che la ragazza comporta, è la paura del suo disonore che spinge ad accelerare il tempo del matrimonio. 1.91

Rapporti prematrimoniali

I rapporti prematrimoniali, sebbene non siano accettati in teoria, in pratica sono ammessi e pare non siano una rarità tra i giovani Muci. Si è scoperto che la “bala” (braccialetto) della ragazza è il segno della sua disponibilità ad un incontro intimo con un ragazzo. Se una ragazza manda il suo braccialetto al suo spasimante ciò significa che è disposta ad avere una tresca amorosa con lui. 1.92

Malattie veneree

Se si volesse stabilire quale percentuale di giovani hanno rapporti prematrimoniali, sarebbe sufficiente fare l’elenco dei Muci affetti da malattie veneree.

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Nella Muci-para di Chuknogor qualche anno fa nella lista sarebbero stati parecchi: molti giovanotti della para, per parecchi mesi, fecero la coda davanti alla stanza di P. Luigi Lupi per avere medicine contro la sifilide. È risaputo poi che molti giovani frequentano i “murghir hat” (mercato delle galline), i luoghi dove si possono trovare delle prostitutelle a buon mercato: altri preferiscono arrangiarsi nei “kustar ket” (campi di juta). A volte le ragazze restano incinte: si procede allora all’aborto segreto. Le donne esperte della para si prestano volentieri all’operazione. 1.93

Il matrimonio

Il matrimonio tra i Muci è sempre endogamo (all’interno del proprio gruppo) e esogamo (al di fuori del ghosti). Può avvenire all’interno del villaggio tra due ghosti diversi, ma, se il villaggio è piccolo, di solito si stabiliscono vincoli matrimoniali con i villaggi vicini. Anche per i Muci occorre il “ghotok” (mediatore dei contratti matrimoniali). Durante il “pan pottro” (primo accordo antecedente il matrimonio) le due parti si accordano sulla dote, secondo quella famigerata usanza del “joutuk protha” (sistema della dote). Il motivo fondamentale che giustifica la scelta della ragazza da parte dei genitori del ragazzo è normalmente di ordine economico. Il padre della ragazza deve essere in grado di dare al suo genero una cospicua dote, preferibilmente soldi o oggetti che conferiscono prestigio sociale: bicicletta, orologio, radio, ecc.. Per una famiglia povera sposare una figlia diventa quasi impossibile, a meno che la ragazza non sia di carnagione chiara. 1.94

Il colore della pelle

Per le ragazze scure di pelle il matrimonio risulta una faccenda molto problematica: e questo non solo per i Muci. Il fatto che tra le suore, novizie e postulanti delle varie congregazioni femminili bengalesi ci siano così tante ragazze scure di pelle e così poco attraenti fa pensare alla autenticità della loro vocazione. Per le ragazze chiare di pelle e con una certa istruzione la fortuna è più amica. A volte per queste esiste anche la possibilità del “ulto pon” (dote alla rovescia). In questo caso non sono i parenti della ragazza a dover sborsare, ma quelli del ragazzo, che si sobbarcano le spese del matrimonio.

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Spesso sono disposti anche a dare un contributo monetario alla famiglia della ragazza per il buon acquisto fatto. Un caso simile è successo recentemente tra i Muci di Chuknogor. Una nostra scolara, che frequentava la quinta elementare, è stata sposata con un ragazzo analfabeta i cui parenti si sono sobbarcati tutte le spese e in più hanno comperato la sposa bambina per la somma di 1000 taka. Il padre della nostra alunna, nonostante le nostre proteste, non ha rinunciato all’occasione d’oro che gli si è presentata. A noi è rimasta la consolazione di aver contribuito ad aumentare il prezzo di vendita della ragazza 1.95

Mala bodoler bie

Il giorno, o meglio la notte del matrimonio (il matrimonio tra i Muci si svolge sempre di notte), in teoria, a casa della ragazza sarebbe richiesta la presenza del “Baun” (bramino) per dirigere la cerimonia religiosa. In pratica però, in quasi tutti i matrimoni Muci, il bramino è assente ed è sostituito dal ghotok. Il contratto matrimoniale è suggellato dal semplice scambio di una collana di fiori tra i due sposi in presenza del ghotok. Circa il matrimonio avvenuto non esiste nessun documento scritto. Solo a chi si sposa in corte viene rilasciato un documento che di solito cerca di proteggere la parte più debole contro i danni che potrebbe avere da una eventuale rottura del contratto matrimoniale. Casi di matrimoni in corte sono però molto rari: Il “mala bodoler bie” (matrimonio con lo scambio della collana) è quasi, la regola tra i Muci, spesso anche tra quelli cristiani. 1.96

Divorzi facili

Separazioni e divorzi sono normali e si susseguono con una certa frequenza. Da una inchiesta tra i Muci di Chuknogor è risultato che, su tre nuclei familiari, due sono alla seconda e, in alcuni casi, anche alla terza moglie. I motivi per cui le mogli vengono respinte possono essere vari: presunta o sospetta infedeltà della donna, promessa della dote non mantenuta, incapacità della moglie a svolgere i lavori domestici, ecc.. A volte il semplice motivo del divorzio è che il marito si è invaghito di un’altra ragazza più giovane e bella la quale, oltre ad offrirgli la possibilità

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di soddisfare i suoi istinti carnali, rappresenta sempre un affare dal punto di vista economico. “Ek dhila die dui paki mara” dice il proverbio: due piccioni con una fava. Le donne ripudiate tornano alla casa paterna: se sono fortunate possono sposarsi con qualcun altro. Questa unione, chiamata “nika kora”, non richiede nessuna celebrazione. Le donne sposate mantengono contatti frequenti con la loro famiglia di origine: tornano alla famiglia di paterna per partorire e visitano spesso i loro genitori. Il legame affettivo con la famiglia d’origine persiste. 1.97

Casi di bigamia

Spesso si trovano casi di bigamia. La seconda moglie è giustificata in genere dalla sterilità della prima; ma spesso la ragione di una seconda moglie è solo di ordine economico. Una seconda moglie offre la possibilità di avere due braccia in più e costituisce un investimento domestico, anche se c’è una bocca in più da sfamare. Questo tipo di bigamia avviene però solo tra i Muci più benestanti. Spesso poi la bigamia è una tradizione di famiglia. Tra le due a volte la prima cerca di suicidarsi perché le attenzioni del marito sono rivolte maggiormente alla seconda. A volte anche la seconda tenta di togliersi la vita perché angariata, schiacciata ed oppressa in tutti i modi dalla sua “shotini” (compagna), che, essendo la prima moglie, si considera la padrona di casa. 1.98

Mezzi anticoncezionali

Le relazioni intime tra marito e moglie pare siano molto frequenti. I mariti accusano le mogli di essere molto vogliose, ma il rovescio dell’accusa dovrebbe corrispondere a maggior verità. Mezzi anticoncezionali sono poco usati: la pillola è conosciuta ma non usata regolarmente. Preservativi maschili hanno spesso doppio uso. Servono ai genitori nella notte come anticoncezionali e ai bambini di giorno come palloncini. Molti Muci, in questi tempi, incoraggiano la moglie a farsi sterilizzare, la sterilizzazione maschile è molto rara. L’aborto è frequente e viene praticato dalle donne esperte della para o dall’”haturi kobiraj” (dottorastro del villaggio.

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Il feto è interrato nelle vicinanze della capanna. Casi di morte in seguito ad aborti mal praticati non sono una rarità. I rapporti extraconiugali non sono sconosciuti. I più facoltosi e i più influenti, di fronte ai quali tutti tacciono per paura, sono i più inclini a queste relazioni illecite. 1.99

Incesto?

Per completare molto sommariamente questa ricerca sulla vita segreta dei Muci dobbiamo accennare ad un punto circa il quale abbiamo avuto solo informazioni indirette e ci augureremmo che queste informazioni non corrispondessero a verità. Da un vecchio catechista della parrocchia di Satkira, che per 40 anni ha lavorato tra i Muci abbiamo sentito più volte dire che tra questi, in certe feste di tipo religioso orgiastico, tipo la puja di Shiva, tra padre e figlia e tra madre e figlio non ci sono più distinzioni: il che se è vero, farebbe pensare all’incesto. Non vorremmo credere facilmente alla verità di queste informazioni, ma, visitando certi villaggi, isolati e sperduti, di fronte a certe fisionomie, a certe sembianze e a certi sgorbi somatici, ci è venuto il sospetto che le informazioni del vecchio catechista non fossero del tutto infondate. Gli aspetti della vita di un popolo su cui l’investigazione riesce più difficile sono quelli che concernono la vita sessuale, Si è tentato di dire qualcosa circa questo argomento ma siamo coscienti che quanto è apparso e emerso non è altro che la punta dell’iceberg. 1.100 La leadership: i mattobbor

Tutte le famiglie Muci residenti nella stessa para sono soggette alla nefasta influenza di tre o quattro oscuri e tenebrosi personaggi chiamati matobbor: i capi villaggio. In un meeting di qualche anno fa con i catechisti di Satkhira e Borodol la figura del matobbor la figura del matobbor fu dipinta con tinte molto fosche. I matobbor furono definiti una specie di dittatori intelligenti ed astuti che usano il loro pèotere e la loro intelligenza esclusivamente per i loro interessi egoistici In passato il potere dei matobbor doveva essere assoluto: non per niente erano chiamati “gramer ghera” (la palizzata del villaggio). Niente e nessuno

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poteva attraversare il recinto del villaggio senza il loro consenso e il loro permesso. Il matobbor di solito eccelle sul gruppo per l’intelligenza, la scaltrezza, l’astuzia e la buona posizione economica. L’ufficio di matobbor un tempo veniva conferito per trasmissione ereditaria: oggi la sua autorità può essere riconosciuta anche solo grazie alla sua abilità nell’accaparrarsi i favori di un certo numero di famiglie all’interno della para. 1.101 Servizio… interessato

I matobbor, in qualità di leaders del somaj, devono far rispettare le regole sociali e religiose. A loro spetta la conduzione dei “bichar” (giudizi) in caso di liti, conflitti tra famiglie, latrocini. Divorzi, ecc.. In caso di matrimonio i matobbor devono essere necessariamente interpellati: spesso sono loro a condurre le trattative circa la dote e la “borokana”. Naturalmente il servizio dei matobbor, per qualsiasi faccenda, deve essere rimunerato: la rimunerazione più semplice e meno dispendiosa è quella del “khaoa daoa” (invito a pranzo). Per i matobbor tutte le occasioni sono buone per rimpinzarsi lo stomaco. A volte la semplice khaoa daoa non è sufficiente e deve essere integrata con remunerazioni pecuniarie abbastanza sostanziose e l’aggiunta di “mod” (alcool) e liquori di buona qualità: Quando qualcuno trasgredisce le regole sociali e religiose del somaj, il trasgressore è condannato a pagare una multa. Se la multa consiste nell’offrire da mangiare ad un certo numero di persone della para i matobbor non possono mancare. Se la multa è invece di genere pecuniario i soldi, che il colpevole dovrebbe versare nel fondo per le spese pubbliche, vanno normalmente a finire nelle loro tasche. 1.102 Vizietti particolari…..

I matobbor non sono campioni di moralità. I catechisti di Satkhira e Borodolsono stati unanimi nel denunciare, oltre le continue ingiustizie sociali perpetrate contro i più deboli e indifesi del gruppo, anche il loro scarso senso morale: Nei villaggi, quando si parla di “ loose character” ci si riferisce normalmente alle sregolatezze di carattere sessuale.

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Le scappatelle dei matobbor non sono segreti. Tutti ne sono a conoscenza ma nessuno osa denunciarle. se un matobbor è colto in flagrante durante la sua avventura si eclissa dal villaggio e torna due settimane dopo quando l’incidente è ormai dimenticato. L’unità dei mattobor si verifica solo quando c’è qualche interesse comune da difendere, altrimenti sono spesso l’uno contro l’altro, specialmente quando sono in gioco il prestigio personale e gli interessi economici del proprio ghosti. Fortunatamente anche nel villaggio sta nascendo una certa coscienza critica verso di loro, così che il loro potere non è più incontrastato come in passato. Qualcuno incomincia ad agire in maniera sempre più indipendente dai matobbor e a risolvere privatamente i suoi problemi senza far ricorso a loro. 1.103 I matobbor cristiani

Sarebbe interessante un’analisi del comportamento dei matobbor Muci passati al Cristianesimo. In base alla nostra esperienza con i matabbor dei villaggi cristiani ci sembra di poter dire che, nella maggior parte dei casi, la leadership dei matabbor Muci convertiti non si scosta molto dal modello di leadership dei matabbor rimasti Indù. Quasi tutti i matabbor cristiani hanno trovato nella Missione e nelle sue istituzioni un nuovo mezzo per aumentare il proprio prestigio sociale e per favorire i propri interessi economici. Fino a qualche fa erano loro ad amministrare i terreni della Missione: in qualche villaggio forse qualche appezzamento è ancora in mano loro. La San Vincenzo non poteva funzionare senza di loro e senza i loro uomini. Nella parrocchia di Satkhira loschi affari di compravendita di terreni, effettuati a nome della Missione, si svolsero in vista dei loro interessi. Ma quello che rende queste figure così odiose sono le ingiustizie da loro perpetrate senza alcun rimorso di coscienza, anzi spesso in nome della morale e della religione, contro i più poveri e i più deboli. Riferiamo due casi. 1.104 I quattro volponi di Dhandia

Nel villaggio di Dhandia un giovanotto aveva avuto un’innocente tresca amorosa con una ragazza.

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Il padre del ragazzo era uno dei nullatenenti del villaggio, un uomo semplice ed onesto che pensava ai fatti propri e viveva alla giornata tessendo stuoie di bambù. L’incidente di suo figlio venne all’orecchio dei matobbor., quattro volponi matricolati, i quali organizzarono subito il bichar, condannando padre e figlio a pagare una multa di 500 taka, pena la scomunica dal somaj. Il povero uomo non poté fare altro che piegarsi al verdetto dei giudici e raggranellare, non si sa come, le 500 taka che avrebbero dovuto rinforzare il fondo della San Vincenzo. 1.105 Gli esemplari… matobbor di Borodol

Un altro caso simile accadde a Borodol. Una ragazza di sospetta condotta non trovava marito. Il padre chiese aiuto ai matobbor, i quali si mostrarono subito interessati alla faccenda, pur che venissero esauditi alcuni loro “dabi” (richieste). Tra i dabi c’era la solita Khaoa daoa e mod di prima qualità. Dopo qualche giorno la ragazza era sposata con un Muci indù. Di fronte alle nostre obiezioni, i matobbor spiegarono che erano stati costretti a prendere tali provvedimenti per il buon nome del somaj cristiano, per il shomman del padre della ragazza e per il bene della ragazza stessa che, con il “durnam” (cattiva fama) che le pesava sopra, non avrebbe mai trovato un buon partito all’interno del gruppo cristiano. Dopo qualche mese, la ragazza, incinta, picchiata e maltrattata dal marito, tornava a casa del padre. I matobbor protestarono. Una ragazza in quelle condizioni non avrebbe potuto essere accettata nel somaj cristiano. Il padre della ragazza ancora una volta si rivolse a loro per trovare una via di uscita all’inghippo. La soluzione fu trovata, ma solo dopo la solita khoao daoa, il mod di prima qualità e questa volta anche la multa pecuniaria che il padre della ragazza dovette sborsare per l’errore commesso sposando la figlia a un Indù. Con una leadership di questo tipo non è certo possibile nutrire grandi speranze circa la promozione sociale, lo sviluppo e il risveglio di nessun gruppo umano. Se la situazione dei Muci è così disastrata lo si deve anche alla leadership così povera di questo gruppo.

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1.106 Virtù dei matobbor

Abbiamo dipinto la figura dei matobbor a tinte forse troppo fosche, ma non ci pare di avere fatto un torto alla verità. Bisogna però ammettere anche qualche aspetto positivo di questa leadership. I matobbor sono gli unici che possono calmare risse, baruffe e ristabilire la pace all’interno del gruppo. Sono gli unici ad essere in grado di salvare vincoli matrimoniali che rischiano di sciogliersi. In caso di morte di un membro del gruppo che non abbia parenti, i matobbor provvedono alle cerimonie funebri. Inoltre, se l’organizzazione di cerimonie o feste religiose viene affidata alla loro responsabilità, si può essere sicuri che porteranno a termine l’incarico con successo. In tanti casi sono ancora in grado di frenare l’indisciplina e le sregolatezze sociali. Durante un meeting con i Muci cristiani di Borodol una sera si parlava dei matobbor. Qualcuno, data la loro scarsa efficienza, proponeva di sostituirli con i membri più attivi del somaj. “Potete abolirci- disse uno dei matobbor- me se con noi si fa poco senza di noi si farebbe ancora meno.” 1.107 Nei mamar ceie…

Anche se i matobbor stanno perdendo mordente, il loro influsso è ancora molto forte e purtroppo non sta ancora emergendo nessun altro tipo di leadership. “Nei mamar ceie kana mama bhaolo” dice il proverbio: piuttosto che non avere nessun zio è meglio uno zio sguercio. Chi vuole avere a che fare con i Muci prima o poi dovrà fare i conti anche con questa nefasta istituzione della società bengalese. 1.108 Thar bhasa

Prima di finire il discorso sull’ambiente sociale dei Muci ci sembra opportuno spendere due parole sulla “thar bhasa”, uno strano dialetto che i muci vantano di avere come loro esclusiva proprietà. Il termine thar può forse derivare dal verbo “thar khora” o “thar paoa” il cui significato è riportato dal Samsad Bengali English Dictionary come”to find, to recognize, tocome or to be able to see, or notice visualize, or discern or find or determine or anticipate”.

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Con il termine thar, forse storpiatura di thahar, i Muci connotano questo dialetto che solo loro sono in grado di parlare e di capire. Veramente anche i Beara (Mussulmani di infima categoria) sono in grado di capire qualche parola di questo linguaggio segreto dei Muci. Probabilmente i Beara hanno potuto imparare qualche parola di questo dialetto perché hanno l’occasione di trovarsi spesso con i Muci durante i matrimoni. Questi infatti, durante le celebrazioni nuziali, svolgono il ruolo di suonatori, mentre quelli hanno il compito di portare il “palkhi” (portantina degli sposi). Con questo linguaggio i Muci sono in grado di riconoscersi, di comunicare tra loro senza che nessun altro sia in grado di capire quello che dicono. Questo linguaggio è usato per lo più quando si trovano in situazioni incresciose, in caso di pericolo. Se ne servono quando vogliono imbrogliare la gente che non appartiene al loro gruppo ed è un buon stratagemma per lanciare insulti verbali contro chi li opprime. Nei villaggi del sud, dove molti Muci vivono ancora di furti e latrocini, il vocabolario di questa thar bhasa è particolarmente ricco. Negli altri linguaggi solo i più vecchi hanno dimestichezza con questo linguaggio, ma quasi tutti, anche i bambini, sono a conoscenza dei termini più usati. In appendice a questa ricerca trascriveremo alcune parole di questo linguaggio. L’origine di questo dialetto rimane da stabilire: può darsi che derivi semplicemente da una distorsione di termini della lingua bengalese o dalla mescolanza con antichi dialetti tribali. Lasciamo aperto il campo alla ricerca e all’approfondimento. I Muci sono orgogliosi della thar bhasa e ne custodiscono gelosamente il segreto. Solo se si riesce ad accattivarsi la loro simpatia si può avere il privilegio dell’iniziazione a questo linguaggio. Tra i Saveriani che hanno svolto la loro attività missionaria tra i Muci, P. Serafico Della Vecchia è stato quello che più è riuscito ad entrare nel loro mondo. I Muci lo hanno ricompensato insegnandogli la loro thar bhasa.

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IL MONDO PSICOLOGICO DEI MUCI Chi ha lavorato o lavora con i Muci sa bene quanto sia difficile smuovere la loro apatia, indifferenza, pigrizia e incostanza in tutti i campi. Sembrerebbe logico che chi stia affogando e sta chiamando aiuto abbia ad afferrare almeno la fune che gli viene gettata se vuole essere trascinato in salvo. Tutti i missionari alle prime armi con i Muci, nel loro entusiasmo e zelo apostolico sognano di poter cambiare in breve tempo la sorte della parrocchia o del villaggio affidati alle loro cure.. Ma quasi tutti, dopo alcuni anni di duro lavoro, stanchi, sfiduciati, frustrati, e demoralizzati, unanimemente arrivano alla conclusione che i Muci, qualsiasi fune venga loro gettata nel mare in cui stanno affondando, non la degnano a volte neanche di uno sguardo, nonostante gridino ai quattro venti per essere salvati. Vivendo con loro anno dopo anno, scoprendo poco alla volta la mentalità radicale di rifiuto, rigetto e repulsione da parte degli altri strati sociali, si riesce a capire il perché della loro apatia, indolenza e fatalismo. 1.109 Il posto delle scarpe

Qualche anno fa, nella nostra scuola di Chuknogor, stavamo chiacchierando con i nostri scolari Muci e Mussulmani. Il discorso verteva sulle cause per cui i Muci sono disprezzati. Tra gli scolari Mussulmani interpellati qualcuno cominciò ad elencare i motivi per cui la società li rifiuta. Noi ci sforzavamo di dimostrare come anche i Muci non sono da meno degli altri in tutti i campi: nel lavoro, nel gioco, nella scuola, ecc. Al che un ragazzino mussulmano troncò il discorso dicendo: “un paio di scarpe, anche se costa 500 take, non lo si porta in testa, ma ai piedi”. La frase del ragazzino mussulmano esprime perfettamente la mentalità generale circa i Muci: i Muci devono star sotto i piedi come le scarpe. Questo atteggiamento di rifiuto e di rigetto da parte di tutti i gruppi sociali ha conseguenze disastrose per la psicologia dei Muci. Esamineremo brevemente questo sconquasso psicologico che la mentalità di disprezzo da parte della società ha creato in loro. 1.110 Amra manush na

“Amra manush na”, noi non siamo uomini: questa è una delle espressioni che i Muci ripetono spesso con un senso di sconfinato pessimismo. 72


Questa bassa immagine di se stessi che si è creata nell’animo dei Muci è una delle cause profonde della loro apatia, indifferenza e incostanza. Sembra quasi che nel loro animo non ci sia posto per la speranza: una barriera invalicabile sembra porsi di fronte a loro, per cui l’unica cosa che si può fare è quella di rimanere seduti al di qua della barriera senza neppure sperare che potrebbe forse esserci la possibilità, prima o poi, di riuscire a passare al di là. Questa è la filosofia dei Muci. Una filosofia non astratta e campata per aria, ma reale, fondata e comprovata dalla realtà dei fatti. La loro storia passata non ha dato prove contrarie a questa teoria che è diventata certezza e convinzione profonda. La soluzione migliore del problema è quindi l’accettazione della propria sorte e la rassegnazione. Con la rassegnazione, il fatalismo, l’apatia, e l’indifferenza Quanta pazienza si richiede da chi vuole lavorare con questo gruppo umano! 1.111 Due monumenti a Borodol

Tra il gruppo più interessato ai Muci, spesso qualcuno, commentando la pazienza e la costanza di chi ha lavorato con i Muci cristiani di Borodol, ripete, tra il serio e il faceto, che in questa parrocchia di dovrebbero erigere due monumenti Il primo a ricordo di P. Serafino e il secondo in memoria di P. Giuliano, i due Saveriani che hanno resistito più a lungo tra i Muci di Borodol sorretti solo dalla fede e dalla carità di Cristo e dalla speranza dell’avvento del suo Regno anche in questa Missione, giudicata da un Superiore Generale dei Saveriani un luogo pericoloso, per la vita spirituale, morale e fisica dei missionari stessi. Solo chi conosce Borodol sa a quale prezzo si è pagato ogni piccolo sforzo, anche solo per migliorare le condizioni fisiche dell’ambiente. 1.112 Complesso di inferiorità

Oltre a questa apatia in tutti i campi, la mentalità di rifiuto e di repulsione crea nell’animo dei Muci un senso di inferiorità che li spinge a sottovalutarsi e a ritirarsi nel proprio isolamento quando si tratta di confrontarsi con altri gruppi sociali. La nostra presenza a Chuknogor vuole essere un tentativo di introdurre i Muci nel “ main stream” della società.

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La nostra casa, posta ad equa distanza tra il gruppo Muci e quello Mussulmano, voleva e vuole essere una specie di “trait d’union” tra i due gruppi. Lo scopo della scuola in comune tra i Muci e i Mussulmani mirava e mira al tentativo di rompere la barriera che li separa e li tiene lontani dalla società. La resistenza più forte a questi tentativi di unione l’abbiamo notata e la notiamo ancora, a distanza ormai di parecchi anni, da parte del gruppo Muci il quale, per tutte le iniziative, sembra ripiegarsi su se stesso e tirarsi indietro. È da notare che per tutte le iniziative di qualsiasi tipo i Muci sono sempre stati i più beneficati: la maggioranza dei bambini che frequentano la scuola è costituita da loro, il numero più forte dei maestri è di estrazione muci; gli incarichi di maggior responsabilità son sempre stati affidati a loro; ecc. Nonostante questo si intravede in loro un senso di disistima personale che li blocca, li frena e impedisce loro di partecipare attivamente alla vita sociale del villaggio. Questo complesso di inferiorità è visibile già nei bambini i quali, quando devono competere in prove di forza fisica e abilità sportiva con i ragazzini mussulmani, hanno la tendenza a ritirarsi con qualsiasi pretesto. 1.113 Vittimisimo

Pari passo a questo complesso di inferiorità si accompagna per i Muci una specie di complesso di vittima, espresso invariabilmente con questo espressioni: “noi siamo Muci poveri e ignoranti: tutti ci disprezzano e nessuno ci ama”. I Muci di Chuknogor ci ripetono spesso questo ritornello: “noi speravamo che almeno voi cristiani stranieri foste veramente interessati a noi, ma ci siamo sbagliati; non avete costruito la vostra casa nella nostra para, non avete fatto la scuola solo per i nostri figli, non ci avete fatto cristiani, non ci avete dato un lavoro, per cui dobbiamo concludere che anche noi ci disprezzate come tutti gli altri”. Sotto questo complesso di vittima c’è evidentemente il tentativo da parte dei Muci di attirare l’attenzione esclusivamente su di loro; il tentativi di accaparrassi per il solo proprio uso e consumo tutto quello che non hanno mai avuto.

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1.114 Dipendenza

Parlando dell’ambiente naturale dei Muci abbiamo accennato alla loro dipendenza economica ma questa forse è la meno grave; più disastrosa è la loro dipendenza psicologica. Spesso con i Muci si ha l’impressione di avere a che fare con dei pesi morti. Per farli muovere, renderli attivi, farli uscire dal sonno eterno in cui sembrano riposare, suadenti parole di incoraggiamento cadono nel vuoto; forti sferzate di incitamento ottengono effetto contrario ed anche il vecchio adagio “exempla trahunt” si dimostra poco efficace. Questo atteggiamento di passività e di dipendenza è comune sia ai Muci indù che quelli cristiani. I Muci indù sono dipendenti sono dipendenti dai capi villaggio musulmani o dagli indù di casta alta: i Muci cristiani si aspettano tutto dalla Missione. 1.115 L’onnipotenza del missionario

Il missionario diventa in certo qual senso il nuovo padrone a cui i Muci si rivolgono. La parola del nuovo padrone è criterio di verità; la sua opinione decisiva in qualsiasi questione personale, sociale, economica e religiosa. Il padrone di prima era influente forte, ma il nuovo padrone è addirittura onnipotente: è l’esperto in religione, lo specialista in agricoltura e medicina il trait d’union tra la gente e gli ufficiali del governo, il giudice per le dispute del villaggio e spesso il match maker per i matrimoni. Al missionario è attribuito un potere così ampio e capillare che per ogni problema, anche minimo, ci si rivolge a lui. Nessuno può negare che questo nuovo padrone usi questo potere, che effettivamente detiene, per il benessere del villaggio, ma la mentalità di dipendenza e sottomissione della sua gente aumenta. 1.116 I pericoli della dipendenza

Date le condizioni socio-economica disastrose dei Muci noi missionari non possiamo rimanere con le mani in mano e gli occhi chiusi di fronte alla loro colossale povertà e indigenza. Spesso, con il pretesto che la nostra gente è illetterata, manca di responsabilità e onestà, ci sentiamo autorizzati a portare avanti noi la direzione dei progetti sociali a loro favore. E spesso non è possibile fare diversamente.

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Ma dovranno tenere presente che i nostri progetti, spesso impostati di paternalismo e assistenzialismo, se da una parte aiutano materialmente i Muci, dall’altra feriscono e calpestano la loro dignità umana. A causa della loro povertà economica e incoscienza psicologica i nostri beneficati adesso rimangono zitti, ma, il giorno in cui prenderanno coscienza e diventeranno autosufficienti economicamente, il loro orgoglio ferito e la loro dignità umiliata potrebbero risvergliarsi. Dovrebbe quindi essere estremamente importante che in ogni progetto sociale per la loro crescita economica e materiale, non venisse mai a mancare il loro pieno coinvolgimento, la loro collaborazione e la loro controparte. Lo sviluppo materiale dovrebbe essere accompagnato dallo sviluppo umano attraverso il quale essi stessi dovrebbero sentirsi attivi e responsabili della loro crescita. 1.117 Sottomissione

Il Muci trova posto solo in fondo alla scala sociale. Per lui non è possibile protestare contro le ingiustizie e i soprusi: deve occupare gli ultimi posti e stare sottomesso a tutti. Questo senso di sottomissione è già visibile nel bambino. A Chuknogor, nell’intervallo della scuola, gli scolari Muci e Mussulmani fanno spesso il gioco dell’elefante. Il gioco consiste nel raffigurarli, con un intreccio di corpi, la figura dell’elefante. In questo intreccio qualcuno deve mettersi in ginocchio a camminare a quattro zampe, mentre qualcun altro si siede pacificamente sul groppone di chi sta sotto. In questo gioco raramente abbiamo visto un ragazzino Muci salire in groppa a chi sta sotto: il posto dei Muci nel gioco è sempre sotto e non c’è bisogno neanche di forzarli ad andare sotto: basta che qualcuno faccia la proposta del gioco dell’elefante perché spontaneamente quattro ragazzi Muci si prostrino per terra e gli altri scolari Mussulmani si siedano a cavalcioni sopra di loro. Per gli adulti la situazione non è diversa. Nella veranda della nostra casa spesso si accalca molta gente di qualsiasi estrazione a chiacchierare del più e del meno. Per sedersi sono a disposizione delle panche e delle sedie. Se tra i presenti c’è qualche Muci, questi hanno la tendenza a rimanere in piedi. Se invitati a sedersi non scelgono mai la sedia ma la panca: anzi spesso preferiscono sedersi per terra anche quando c’è posto sulla panca. 76


1.118 Paura e isolamento

Congiunto all’atteggiamento di sottomissione si coglie nell’animo dei Muci un continuo senso di paura. Circola nei villaggi questo proverbio: “ondhokare o Muci cina jae” (i Muci si riconoscono anche al buio). Non si fa fatica infatti a distinguerli dagli altri gruppi per la loro tendenza a isolarsi e per la loro paura di fronte a tutto. Paura a parlare, ad esporsi, a partecipare alla vita sociale del villaggio. Loro stessi confessano di non avere forza d’animo per cui preferiscono restare chiusi nei loro ambienti. Nei primi tempi di permanenza a Chuknor la nostra casa era presa d’assalto dai curiosi, attratti prima di tutto dalla nostra pelle bianca e poi dalle novità della nostra abitazione: gli utensili da cucina, i letti, il gabinetto, l’acqua corrente, ecc. I Muci, dalla loro para, osservano il viavai dei curiosi. Quando, dopo aver ispezionato dappertutto, i visitatori non Muci se ne andavano, solo allora si precipitavano i Muci a perlustrare gli angoli più remoti della casa. Ancora adesso, dopo tanti anni, se passando per la strada notano sulla veranda della nostra casa la presenza di qualche visitatore estraneo, procedono diritti per la loro via; se invece non c’è nessuno, spesso ci invadono la casa. 1.119 Alienazione

Lo sconquasso psicologico di cui si sta parlando ha altre ripercussioni disastrose nel mondo interiore dei Muci: crea in loro una falsatura della loro identità che potremmo chiamare alienazione. Qualcuno tra di loro incomincia a rendersi consapevole della situazione in cui si trova e cerca tutti i modi per uscirne. Dai modelli che vede nella società il Muci “coscientizzato” capisce che la fonte del rispetto e della dignità è il privilegio economico, sociale, culturale e religioso. Questi privilegi sono patrimonio dei gruppi diversi dal suo, per cui, per ottenere rispetto e dignità, una delle vie semplici sarà quella di far dimenticare la propria dignità sociale e cercare di scimmiottare quelli che sono in una condizione di privilegio, tentando di farsi passare per uno di loro.

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I privilegiati sono benestanti economicamente: i segni evidenti del benessere economico sono: l’orologio, la penna nel taschino, la bicicletta, gli occhiali, i pantaloni, la radio, il registratore e, in questi ultimi tempi, la televisione. La casa del Muci “coscientizzato” è provvista di questi oggetti, ma spesso è sprovvista perfino del riso che serve per la sopravvivenza giornaliera. La capanna, non di rado diroccata, è piena di sporcizia e per di più il grande signore Muci è assediato giorno e notte dai creditori. Dice bene il proverbio: “Baire babu kocia tane, ghore idur terat kore” (un gran signore sulla strada, un topo affamato nella propria casa). Dal punto di vista sociale i privilegiati sono influenti: la loro parola ha valore, è ascoltata e rispettata. Di conseguenza anche il nostro Muci alienato si darà l’aria di capo villaggio, si eleverà a giudice di ogni causa persa e si spaccerà come una persona integra e onesta. Il suo inconscio userà tutti i mezzi possibili per elevarsi sul gruppo e distaccarsi da esso, ma nel tentativo di farsi passare per quello che non è sarà costretto a ricorrere alla menzogna, all’imbroglio e alla disonestà. A volte arriverà alla presunzione di dichiarare di non appartenere al gruppo Muci, oppure, se confessa di esserlo, si vanterà di essere diverso dagli altri e cercherà di distinguersi dal gruppoi in tutti i modi: attraverso un lavoro diverso, per lo più disonesto, facendosi discepolo di un “guru deb” e adottando le pratiche devozionali della “bhookti”. A volte, per distaccarsi completamente dal gruppo, ricorrerà ad un altro espediente: il matrimonio di una ragazza non Muci. A Chuknogor ci sono ameno due casi di questi Muci che, nello sforzo di auto-promozione sociale, con imbrogli e trucchi vari, sono riusciti a sposare delle ragazze cristiane di Khulna. Molti poi ricorrono allo stratagemma di cambiare il cognome e tanti Dash diventano Bhari, Sorkar, Mundol, ecc. Uno degli sforzi maggiori che deve fare il Muci emigrato in città pare sia quello di mantenere l’incognito sul proprio gruppo di origine perché nessuno venga a conoscere la sua vera estrazione sociale. 1.120 La rivolta dei cristiani di Satkhira

A proposito di questo sforzo per nascondere la propria identità e estrazione sociale molti di noi ricorderanno l’ammutinamento dei cristiani di Satkhira, quando, per una semplice inavvertenza, la rivista del Training Center di 78


Jessore, “Nuton Asha” annunciò un corso speciale per i Rishi di Satkhira e Borodol. Il termine Rishi scateno a tal punto le loro ire che si dovette fare un incontro speciale, capeggiato dal vescovo in persona, per scagionare il parroco di Salkhira e il direttore di Nutun Asha dall’accusa di aver diffamato pubblicamente il buon nome dei cattolici Satkhiressi. Questi stessi cattolici, forse per la prima volta nella storia della parrocchia di Satkhira, fecero a loro spese il giro dei villaggi cristiani per suscitare la rivolta e aizzare tutti i parrocchiani contro i pastori che avevano degradato e disonorato il buon nome del loro gregge con il termine Rishi. 1.121 Istinto possessivo

Lo sconquasso psicologico genera più nell’animo dei Muci un tremendo istinto possessivo che a sua volta provoca reazioni istantanee, imprevedibili e irrazionali, di cui essi sono completamente inconsapevoli e di cui, chi a che fare con loro, non riesce facilmente a trovare spiegazioni. Può essere opportuno fermarsi un momento a studiare queste reazioni che spesso mettono a repentaglio i nervi e la pazienza di chi convive con loro giorno dopo giorno. I Muci sono possessivi: questo istinto si riversa soprattutto su quelli che mostrano simpatia, rispetto, calore umano e accettano di mettersi al loro servizio. Questo loro atteggiamento è più che naturale e logico: rifiutati per generazioni, quando finalmente trovano qualcuno che potrebbe essere il loro salvatore, la reazione più istintiva è quella di impossessarsene e accaparrassi l’esclusiva. La Missione di Salkhira anni fa riceveva frequenti visite di amici Mussulmani e Indù. I cristiani della parrocchia, vedendoci a volte in compagnia di questi, mostravano spesso risentiti sentimenti di gelosia e più volte ci accusavano di negligenza pastorale nei loro confronti perché spendevamo troppo tempo con i nostri cristiani. La mentalità ancora in vigore ancora oggi tra i Muci cristiani è che il personale della Missione, padri e suore, dal momento in cui mettono un piede in parrocchia, devono essere a loro completa ed esclusiva disposizione. Questo critiche furono rivolte a P. Tedesco, quando a Satkhira iniziò i primi timidi tentativi di dialogo con i Mussulmani!

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Quando qualcuno di noi si staccò da Satkcira per iniziare un nuovo tipo di presenza tra i Muci non Cristiani, molti parrocchiani considerarono la nostra azione come una fuga e un tradimento noi loro confronti. Questo forte istinto possessivo provoca nei Muci queste reazioni: rivolte in massa, ammutinamenti, abusi verbali di tutti i generi, spesso anche tentativi di violenza fisica contro chi lavoro con loro e per loro. 1.122 I tre lati di un triangolo

In India qualcuno ha cercato di studiare i meccanismi di queste reazioni tipiche degli Intoccabili contro chi lavoro per la loro liberazione umana e sociale. Le scoperte di questi studi si possono applicare anche ai nostri Muci, sia quelli cristiani che Indù. Secondo questi studi, nell’animo di un intoccabile esiste un triangolo in cui i tre lati rappresentano la figura di una vittima, di un oppressore e di un salvatore. La vittima è lo stesso Intoccabile. Il persecutore è rappresentato da tutti gli individui degli altri gruppi sociali, specialmente quelli che li opprimono e li calpestano. Sul terzo lato del triangolo c’è sempre la speranza di un salvatore che prima o poi potrebbe presentarsi a liberare la vittima dalla sua situazione di schiavitù. Quando questo salvatore si presenta, nelle vesti di missionario, la figura dell’oppressore contro cui l’Intoccabile ha accumulato nel suo animo odio, rancore e vendetta, sparisce momentaneamente per lasciare posto a sentimenti di amore, dedizione e venerazione. Questi sentimenti perdurano fin che il salvatore è accondiscendente verso i desideri della vittima, capricci compresi. Ma quando il salvatore si rifiuta di svolgere questo ruolo, la vittima automaticamente e inconsciamente vede in lui l’oppressore di un tempo. Contro di lui scaglia tutta la rabbia e l’odio che ha accumulato in passato. Da notare il comportamento nuovo della vittima: in passato, di fronte hai soprusi e alla ingiustizie del vero oppressore, non reagiva. Ora invece reagisce perché inconsciamente capisce che questo nuovo persecutore non si vendicherà.

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1.123 L’oppresso diventa oppressore

E così cambia il ruolo dei personaggi del triangolo: il salvatore diventa di fatto la vittima e la vittima diventa il persecutore. Anche Paulo Freire ha scoperto questo fenomeno nei suoi studi circa la liberazione sociale. L’oppressore secondo Freire è presente nella mente e nel cuore degli oppressi: l’oppresso conosce un asola via per usare il potere: quella che ha imparato dal suo oppressore. Normalmente il salvatore, che crede nel perdono cristiano, accetta, pur soffrendo, di svolgere il ruolo di vittima: in questo casa la rabbia la furia del vero oppresso si smorza presto. La vera vittima finisce per dimenticare quanto accaduto e la riappacificazione non tarda tornare. Se però il salvatore, di fronte agli insulti e agli abusi che possono spesso anche arrivare alla violenza fisica dovesse reagire veramente da persecutore, allora potrebbe temere per la sua incolumità fisica perché, alla rabbia e alla furia della vittima, si aggiunge anche quella del suo gruppo. In queste occasioni il gruppo sperimenta la forza dell’unità e le emozioni inconsce, irrazionali e incontrollate dell’individuo emergono vissute da tutto il gruppo contro il suo persecutore e tutti i suoi collaboratori. Questi screzi normalmente avvengono contro il parroco o la persona che, avendo maggiore autorità, è considerata insignita di maggior potere è quindi più soggetta ad essere vista come persecutore e oppressore. 1.124 Un processo contro la Missione di Satkhira

A conferma dei meccanismi psicologici che scatenano queste reazioni nell’animo dei Muci è forse utile riportare le accuse fatte dai cristiani di Satkhiraai loro pastori, in seguito al licenziamento di un impiegato della Missione. Il fatto aveva causato non solo la furia dell’interessato, ma anche la rabbia generale del gruppo. Su i muri della Missione erano apparsi scritte molto eloquenti a scopo diffamatorio contro i padri e le suore. Alla domenica le uniche persone presenti in chiesa erano i bambini e le bambine dell’orfanotrofio. Per sbloccare l’incresciosa situazione invitammo i capi villaggio e quelli che sputavano più veleno ad un incontro di riconciliazione che si tramutò in un processo contro il personale della Missione.

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Per tre sere consecutive furono lanciate contro i padri e le suore accuse di tutti i generi, in un clima di rabbia e di eccitazione tale che alcuni accusatori avevano la bava ala bocca. Riportiamo i principali capi di accusa: • • • • • • • • • • • •

La missione commette ingiustizie. La missione disprezza e insulta i Muci. Padri e suore non amano i loro cristiani. I parroci si comportano come i Bramini e spadroneggiano sul loro gregge povero e peccatore. Padri e suore non hanno pazienza. Tra il personale della Missione non c’è unità. Gli stranieri scaricano sempre i loro errori sui locali. Le suore non servono la gente e sono superbe. Lo staff della Missione non conosce usi e costumi del Bangladesh. Padri e suore non dicono la verità. Attraverso le attività sociali la Missione si arricchisce alle spalle dei poveri. I padri rovinano la fede dei loro cristiani.

E la lista potrebbe prolungarsi. Quanto riportato sopra dovrebbe essere sufficiente a mostrare come questi meccanismi psicologici, oltre a causare nei Muci emozioni incontrollabili, facciamo perdere loro anche qualsiasi capacità di giudizio oggettivo. 1.125 la piena liberazioni dei muci

Un’autentica liberazione dell’uomo è sempre, oltre che materiale, anche spirituale. Per gli Intoccabili, e nel nostro caso per i Muci, è necessario anche una liberazione psicologica. I Muci devono liberarsi dalla paura, dai loro complessi, dalla bassa immagine che hanno di se stessi, dai tranelli dell’alienazione e dai risvolti pericoloso del loro inconscio. Lo sforzo per la loro istruzione, coscientizazione ed evangelizzazione dovrebbe cercare di fare nei Muci, siano essi cristiani o Indù, degli uomini liberi dai loro condizionamenti psicologici. La loro vera e autentica liberazione forse può avvenire solo a questo stadio.

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IL MONDO RELIGIOSO E MORALE DEI MUCI I Muci condividono la visione religiosa ed etica degli Indù, ma essendo sempre stati socialmente e religiosamente emarginati, i loro sforzi in campo religioso sono solo dei tentativi di scimmiottare le cerimonie sacre e le celebrazioni liturgiche delle altre caste. 1.126 I risultati di una inchiesta

Da un’inchiesta fatta tra i Muci di Chuknogor sulla loro coscienza dell’Induismo è risultato che su 45 famiglie solo 5 conoscono qualche storia di mitologia, sanno che la Gita è il libro più importante della scrittura Indù, hanno una vaga idea delle concezioni fondamentali dell’Induismo e cercano di osservare alcune pratiche rituali. La massa è per lo più ignorante di tutto: al massimo sa distinguere Shiva da Krisma, Kali da Lokki, Gones da Kartik e si limita, in occasione di festività religiose, ad eseguire passivamente e meccanicamente ilo rituale prescritto. Abbiamo più volte cercato di chiedere spiegazioni su questi concetti fondamentali dell’Induismo: • Dhormo: la religione, la legge, il dovere proprio dell’individuo. • Kormo: la legge della causazione cosmica per cui ogni azione compiuta in fluisce a determinare la condizione in cui ogni individuo si reincarnerà. • Mayta: il mondo, la realtà materiale, terrena come illusione. • Moksa: la liberazione finale dal ciclo delle reincarnazioni. • Porolok: l’aldi là, l’alttro mondo, con la sua duplice dimensione di premio e... Castigo. Dall’indagine è emerso che il concetto noto quasi a tutti è quello di Dhormo, che alcuni hanno spiegato come dovere religioso di mantenersi fedeli ad alcune leggi sociali e compiere alcuni atti rituali: il matrimonio endogamo, la partecipazioni alle feste religiose, il contribuire alle spese delle medesime, ecc. Parlando del Kormo ci è stato spiegato che ognuno deve seguire la propria natura accettando la sua condizione di vita. Le donne hanno identificato come alla propria natura l’accudire la casa e la famiglia e gli uomini hanno considerato il Kormo come il lavoro proprio della lor casta. Gli altri concetti sono i risultati sconosciuti a tutti.

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1.127 Riunioni interessanti

Nell’estate del 1980 i Muci di Chuknogor in blocco lanciarono la proposta di diventare cristiani. Era tempo di carestia!… una volta a settimana, per quasi due mesi, i Muci adulti della para invasero la nostra casa per contrattare il prezzo della loro adesione al Cristianesimo. Una sera, parlando delle motivazioni per cui avrebbero voluto aggregarsi alla Chiesa, un vecchio natoborr disse che i Muci non avrebbero mai avuto nessun vantaggio dalla loro religione e invitò tutti ad abbandonare la vecchia e sgangherata macchina dell’Induismo per salire su quella nuova e luccicante del Cristianesimo. L’idea della macchina ci sembrò buona e lo sfruttamento per continuare il discorso per altre settimane. Analizzammo le varie parti della macchina: il motore, la benzina, le ruote, il prezzo del biglietto, il meccanico, i passeggeri e i driver. Ognuno trovò il proprio posto nelle varie parti della macchina: le ruote avrebbero potuto essere i quattro matoborr, i più istruiti e intelligenti avrebbero potuto costruire il motore, la gente comune si sarebbe potuta sistemare tra i passeggeri, ecc. le questione più importante fu quella della scelta del driver. Ci dilungammo a spiegare si sarebbe dovuto trovare un driver esperto, che conoscesse la strada da percorrere, prudente, attento ai pericoli, ecc. Sorse subito una diatriba su chi avrebbe dovuto svolgere il compito di drive. A parere di tutti questo compito doveva essere svolto da noi. Spiegammo che noi, come stranieri eravamo i meno adatti: ogni tre-quattro anni noi ce ne andiamo in vacanza, potremmo ammalarci e non tornare; il Governo potrebbe anche impedirci di restare. Tentammo di spiegare che un driver probabilmente era già presente in mezzo a loro; anzi quel driver c’era sempre stato; si trattava solamente di riconoscerlo come tale. Nella ricerca di questo driver passò più di mezz’ora senza che si riuscisse a scoprirne l’identità. Alla fine chiedemmo se il ruolo di driver non poteva essere svolto da Dio. Ci fu un silenzio di tomba per un momento, poi alcuni giovinastri, con uno scatto d’ira, balzarono in piedi dicendo che di un simile driver non sapevamo che farsene. Se poi questo driver c’era sempre stato in mezzo a loro perché mai - chiesero -, fino allora aveva sempre dormito e non si era mai fatto riconoscere come tale? Un driver simile, anche se ci fosse

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veramente stato, non sarebbe servito a niente: avrebbe dato loro possibilità di lavoro? Avrebbe prestato loro dei soldi? Uno di questi giovinastri, qualche mese prima, era tornato dall’India ammalato di lebbra. “Io - disse - ho avuto un bel regalo da questo driver: sono stato a Tarokhessor e Baba Taroknath mi ha regalato la lebbre.” Abbiamo ritenuto importante raccontare accuratamente i particolari di quell’incontro perché ci sono sembrati significativi per capire L’humus religioso dei Muci. Dalle reazioni emerse durante quegli incontri, ci è sembrato di intravedere, oltre l’abissale ignoranza, un generale disinteresse e una certa indifferenza religiosa: forse anche una certa forma di materialismo pratico che suona strano in un ambiente pregno di sentimento religioso diffuso come quello degli altri strati sociali del Bengalesi. Tenteremo ora di descrivere brevemente l’ambiente religioso dei Muci come si presenta esternamente. Prima di entrare in questi particolari spenderemo due parole su quelli che si distinguono dalla massa per la loro pretesa di una maggiore coscienza dell’Induismo e per l’osservanza di certe ostentate forme religiose che comprendono diete speciali e riti particolari. 1.128 Gli iniziati

Questi personaggi li potremmo chiamare “iniziati” perché hanno avuto la “dikka” (iniziazione) dal loro “guru deb” (maestro spirituale). Il gruppo di questi iniziati ,uomini, donne e bambini portano al collo la “tulsi mala” (una collanina di legno di tulsi, una pianta sacra della stessa famiglia del basilico. La pianta di tulshi sembra stata deificata dagli Indù per le sue proprietà medicinali ed è associata dai Bramini al culto dei Visnù. In un angolo della veranda o nelle vicinanze della capanna ogni famiglia di iniziati costudisce un tempietto del quale si trovano immagini di Shiva, Kali e Krisna. Nel tempietto questi iniziati dovrebbero svolgere la preghiera e offrire alla divinità il “bhog” (offerta di frutti e dolci). Alla sera, davanti al tempietto, le donne dovrebbero accendere un lumicino, soffiare nel “shonka” (conchiglia), dare l’”ulu” (tipico verso delle donne fatto della lingua), fare l’”aroti” (danza con le mani). Il tempietto spesso, oltre che per queste cerimonie rituali, serve come pollaio per le galline e cuccia per il cane.

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Periodicamente i maschi adulti iniziati invitano casa loro il gurudeb per aver lezioni di spiritualità. Tutti gli iniziati cercano di distinguersi dalla massa con la dieta rigorosa a cui dicono di assoggettassi. Nessuno di poi mangia carne di mucca: dovrebbero poi escludere qualsiasi tipo di carne o pesce, cipolla, aglio e digiunare due volte al mese. Nel caso di morte di un parente stretto devono compiere la cerimonia dello “shraddo”: per undici giorni, dopo il decesso del congiunto, dovrebbero mangiare solo riso e patate, cuocere il cibo in pentole ed utensili da cucina nuovi e vestirsi di bianco. All’undicesimo giorno dovrebbero tagliarsi i capelli e, perché l’anima del defunto trovi pace, invitare i parenti e membri di altre famiglie ad un banchetto. 1.129 Processo di bramanizzazione

La dieta, il tentativo di approfondimento della dottrina e della spiritualità Indù e l’adozione di pratiche generalmente seguite in genere delle caste più alte sono mezzi che gli Intoccabili, tra i quali i Muci, utilizzano per elevarsi nella gerarchia sociale. Questo tentativo di ascesa sociale è stato definito dagli studiosi con il termine di “sanscritizzazione” o “bramanizazione”. In teoria, secondo questi studiosi, nelle caste medie della gerarchia sociale, la parte inferiore potrebbe, in una generazione o due, raggiungere una più alta condizione nella gerarchia, facendo propri i costumi, i riti, le credenze, il pantheon e il rituale braminico. In pratica però tutto questo non sempre si avvera né per le caste medie né, tanto meno, per gli Intoccabili. Lo sforzo di bramanizazione dei Muci viene per lo più ignorato e cade nel vuoto, soprattutto perché questo tentativo di ascesi sociale è intrapreso da un numero troppo ristretto di persone tra le quali non esiste né unità né coscienza di condurre una lotta collettiva. 1.130 Pratica devozionale della bhokti

Oltre al tentativo di bramanizazione un altro sforzo di questi Muci iniziati per avere un posto più alto nella scala sociale è quello di aggregarsi ai culti devozionali della Bhokti. “Bhoktite mukti”: la salvezza è nella devozione: questo pare sia il passaggio centrale della Gita.

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La dottrina della bhokti, profonda devozione e Krisna, che dovrebbe cancellare i peccati e l’impurità, sembra portare un po’ di consolazione spirituale agli Intoccabili e favorire, sempre in teoria, la loro ascesa sociale. Di fatto pare, nella storia, che anche appartenenti alle caste basse, attraverso questi culti devozionali, siano riusciti a raggiungere un grado di santità riconosciuto persino tra gli Indù di casta alta. Basti ricordare il già citato Rovidash Chamar, il nobile storico antenato dei Muci. 1.131 Il gruppo del “Boisnob Tontro”

Tra questi gruppi devozionali il più noto tra gli iniziati Muci è quello del Boisnob Tontro, la corrente Visnuita, i cui aderenti si spacciano per adoratori di Krisna, che nella mitologia Indù è la nona incarnazione di Visnù. Questi devoti di Krisna tra i Muci iniziati, ogni anno, nella loro para, organizzano la celebrazione del “Namjoggo”, l’unica festività dei Muci alla quale partecipano anche gli altri Indù. Quando gli altri Indù a loro volta organizzano questa celebrazione, estendono l’invito a partecipare anche ai Muci, in particolare a quelli iniziati. In occasione di questa festa, la barriera della separazione sembra momentaneamente cadere: Muci e non Muci arrivano perfino a mangiare insieme. Ma appena terminata la celebrazione devozionale, la separazione ritorna chiara e netta come sempre: lo stato di impurità continua e l’intoccabilità dei Muci, anche di quelli iniziati, persiste nonostante il loro sforzo per la bramanizzazione e le pratiche devozionali della Bhokti. 1.132 I personaggi “religiosi” dei Muci 1.132.1 Il gurudeb

Tutti gli iniziati tra i Muci ricevono la dikka dal gurudeb. Il gurudeb dei Muci proviene dalla loro stessa casta e può essere sposato o celibe. Il gurudeb celibe gode di maggior stima, fiducia e rispetto. È vestito di arancione (gherua bhoshon) e gira di villaggio in villaggio per fare proseliti tra i membri del suo gruppo. Sa leggere e scrivere, ha una certa conoscenza delle scritture e visita spesso i luoghi di pellegrinaggio. Visita spesso anche i suoi discepoli, mangia con loro e accetta le loro offerte. Appartiene al Boisnob Tontro ed è devoto di Krisna. Tra i discepoli chi vuole può ricevere la dikka da lui. La dikka obbliga l’iniziato a quattro impegni precisi: dietetico, morale, religioso e famigliare. 87


L’impegno dietetico riguarda l’astinenza dalla carne (specialmente quella di mucca), dal cibo cucinato dai Musulmani, ecc. Con il secondo impegno l’iniziato non dovrebbe imbrogliare, non dovrebbe commettere adulterio, rubare, ecc. L’impegno religioso consiste nella recita dei “montro” (formule magiche) prima di prendere i pasti e prima di fare il bagno, nella devozione a Krisna, nella lettura e nella meditazione della Gita e nel portare al collo la tulsi mala. L’ultimo impegno riguarda la famiglia: l’iniziato deve accontantarsi di una moglie sola che dovrebbe trattare, se non con amore, almeno con rispetto e deve preoccuparsi dell’educazione morale e religiosa dei figli. Il gurudeb, nella visita ai suoi discepoli iniziati, li esorta spesso alla regolare osservanza di questi impegni. Tra i vari personaggi religiosi dei Muci, quella del gurudeb è la figura più interessante. 1.132.2 Thakur, purohit, baun (storpiatura di Brammon)

Tre nomi diversi per indicare la stessa funzione. Il Thakur, purohit o baun appartiene allo stesso somaj dei Muci e dovrebbe svolgere quello che è considerato il compito del Bramino. Si suppone che abbia un minimo di istruzione. Di solito il thakur appartiene ad un ghosti che esercita questa professione di padre in figlio: si tratta quindi di una occupazione ereditaria di cui il Thakur è geloso. La sua professione è il suo mezzo di sostentamento. Il suo lavoro consiste nel celebrare le varie puja pubbliche e private dei Muci. È chiamato anche per presiedere alle cerimonie funebri e nuziali. Il suo servizio deve essere ben retribuito: insieme all’honorarium pecuniario la remunerazione per i suoi servizi comprende di solito doni in natura. Il thakur pretende , da chi richiede i suoi servizi, devozione e rispetto. Ma i Muci sono piuttosto avari, non solo in doni, ma anche nella venerazione verso il loro purohit. Più volte ci è capitato di assistere a delle liti interminabili tra i Muci e il loro thakur circa la tariffa e i doni da versare nel suo sacco. Abbiamo sentito anche insulti e titoli pesanti contro questo personaggio accusato spesso di essere troppo avido e ingordo. Il thakur è sposato come tutti e non necessariamente eccelle sul gruppo a livello di comportamento morale. 88


1.132.3 Goshai

Un altro personaggio religioso dei Muci è il goshai (corruzione di goshami). È una specie di gurudeb di seconda categoria. Devoto di Krisna, veste il gherua boshon (vestito arancione), tiene i capelli e la barba lunga e distibuisce collane di tulsi ai suoi devoti. Si dà arie da santone e maestro spirituale. Nella maggior parte dei casi la sua spiritualità è soltanto un espediente per sbarcare il lunario. Si trova presente a tutti i tipi di celebrazioni religiose dove c’è la possibilità di racimolare qualche elemosina e mangiare a ufo. Mangia di tutto e con tutti e ha un debole per la “gaja” (droga leggera) e il “mod” (liquore). 1.133 La puja

Come tutti gli Indù anche i Muci celebrano la puja in onore delle varie divinità. Certe puja hanno carattere famigliare, altre richiedono la partecipazione della comunità o almeno di chi eccelle per una spiccata religiosità. Possiamo catalogare le varie puja sotto questa distinzione: puja private e puja pubbliche-comunitarie. 1.134 Le puja private 1.134.1 Narayoner puja

La Narayoner puja (puja in onore di Visnù di cui Narayon è uno dei tanti nomi) si celebra di domenica e si richiede la presenza del thakur, che legge il Narayoner Pachali (i Pachali sono poemetti che celebrano le glorie delle varie divinità, sono reperibili in qualsiasi negozio di letteratura religiosa indù). Alla fine della recitazione del Pachali segue il sermone parenetico del thakur. Partecipano alla funzione tutti i membri della famiglia per la quale viene celebrata la puja. Materia sacrificale della puja sono fiori, frutta e dolci che sono offerti alla divinità e vongono poi distribuiti tra i presenti, specialmente tra i bambini. La funzione si svolge davanti ad una statuetta o ad un’immagine di Narayon collocata sul “than” (probabilmente storpiatura del termine “sthan” = luogo), un piccolo altarino di fango costruito appositamente per l’occasione, al quale è riservata una speciale attenzione anche quando non è usato per nessuna celebrazione.

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Ci siamo accorti di questa venerazione, che la massa dei Muci nutre per questo luogo sacro, quando, girando per la para, ci è capitato più volte di calpestarlo inavvertitamente. Una volta, in occasione di queste involontarie profanazioni, abbiamo notato nella gente, bambini compresi, un senso di disapprovazione come si ha di fronte ad un’azione scorretta. Il than non va toccato con i piedi perché è il luogo in cui ha dimorato la divinità e quindi è da considerarsi sacro. Si possono trovare questi than davanti alle capanne: la loro presenza è il segno che in quella casa è stata celebrata una puja. Il than non viene mai distrutto dalle mani dell’uomo: a demolirlo ci pensano le formiche che non di rado vi fanno il nido o l’acqua della stagione delle piogge che lo trascina via nel fango. 1.134.2 Shonir puja

Si celebra il sabato. Anche per questa puja è richiesta la presenza del thakur che segue più o meno il rituale prescritto per la Narayoner puja. È la puja privata familiare più frequente, almeno tra i Muci di Chuknogor. Ce ne siamo accorti dal fatto che molti bambini, il sabato pomeriggio, marinano la scuola; vengono da noi a far razzia di fiori, che servono per la puja e di foglie di banano, che fungono da piatto per la distribuzione dei dolci e della frutta alla fine della celebrazione. 1.134.3 Gach tolar puja

È una puja senza statue e senza immagini. In termini tecnici è chiamata “nirakar puja”. La presenza del thakur è indispensabile. Pure indispensabile per questa puja è l’offerta sacrificale che consiste in un capretto non castrato la cui testa deve essere troncata con un taglio netto da una specie di scimmitarra dalla lama affilatissima. Con il sangue dell’animale viene segnata la fronte dei partecipanti che si dividono poi la carne. La testa del capretto spetta al thakur. La puja è in onore di Kali, la dea sanguinaria. Viene detta “gach tolar puja” perché il rituale della celebrazione deve svolgersi necessariamente sotto una pianta. Si svolge solo una volta all’anno e sempre di notte. Per questa puja si può confrontare: John Fagan – The Mouchi Untouchables: a people set apart – pp. 9-10.

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1.134.4 Lokki puja

Puja in onore di Lokki perché conceda abbondanza di cibo. Solitamente la svolgono le donne al lunedì o al venerdì in qualsiasi periodo dell’anno. Il rituale contempla la recita del pachali davanti ad un cestino di riso o ad un kolsi di gur (anfora di melassa) su cui è dipinto questo grafico : segno, così ci è stato spiegato, di Lokki, la dea della prosperità. Questo segno lo si vede spesso tracciato anche sui silos del riso e sugli stipiti delle porte. Così pure lo si può vedere a volte segnato sul fondo di un kolsi sorretto da un bastone piantato nei campi di riso. A noi dà l’idea di uno spaventapasseri: per gli Indù e i Muci deve essere un segno per propiziarsi il favore di Lokki, la dea dell’abbondanza e della prosperità. Questo segno di cui stiamo parlando, i nostri informatori lo hanno sempre riferito a Lokki, mentre John Fagan, nel suo studio, lo presenta come un simbolo di Kali. Potrebbe darsi che per i Muci le idee circa le varie divinità non siano molto chiare, tanto da usare indifferentemente lo stesso simbolo sia per Kali che per Lokki. La questione è lasciata aperta allo studio e all’approfondimento di chi volesse fare ulteriori ricerche. 1.134.5 Trinater puja

È la puja di Brahma, Visnù e Shiva, le tre divinità principali dell’Induismo prese collettivamente. Viene celebrata in occasione di voti o adempimenti di voti per grazie ricevute. 1.135 Le puja comunitarie 1.135.1 Puja di Shiva

È chiamata anche “Del puja” (del è la corruzione di “deul” = tempio). Si svolge infatti nel tempietto della para oppure in una capanna di bambù e foglie di banano costruita per l’occasione. Questa puja è chiamata anche “chot puja”. Chot è la corruzione del termine “Choitro”, Marzo-Aprile, il mese entro cui deve essere celebrata. Alcuni giorni prima della puja, alcuni devoti di Shiva, eseguono una specie di sacra rappresentazione itinerante di villaggio in villaggio, allo scopo di raccogliere fondi per la festa.

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Tra i vari personaggi della sacra rappresentazione trovano posto la dea Durga, Kartik (suo figlio), Krisna e naturalmente Shiva, rivestito di stracci, con lunghi capelli finti e barba ispida. 8.10.1.11

La scenografia della puja

La puja dura tre giorni. Chi guida la celebrazione è chiamato “balaidar”. La cerimonia prescritta dal rituale è svolta da un gruppo di giovani, i shonnasi, vestiti con il gherua boshon. Il numero dei shonnasi deve essere dispari e può andare da 5 a 13. Ad essi fa capo il prodhan shonnasi, il più autorevole del gruppo, il quale ha la responsabilità di eseguire a puntino le cerimonie. Il tempietto della para è addobbato con foglie, fiori e drappi, dato che per alcuni giorni sarà il luogo della presenza di Shiva. Simbolo di questa divinità è un lungo bastone a forma fallica, il cui nome è universalmente conosciuto in India con il termine di “shib-lingam”. I Muci lo chiamano “pat”, probabilmente corruzione o storpiatura di “pati” = signore-padrone. Shiva è conosciuto infatti anche con il nome di Pati, Umapati, Poshupati. Al pat si indirizzano le preghiere e le pratiche rituali compiute dal balaidar. Al pat è unito il “bet ashon”, rami di bet intrecciati secondo la forma dello “joni” (l’organo genitale femminile) e il “trishul” (il tridente di Shiva), simbolo della sua signoria sui tre mondi. Pat, Bet ashon e trishul sono avvolti in una tela e per tutto l’anno la preziosa reliquia è custodita dall’individuo più religioso del villaggio che la può tenere nella capanna o in un tempietto apposito. All’inizio della puja il pat è portato in processione dai shonnasi e collocato nel tempietto dove si svolgeranno le sacre funzioni. I shonnasi vegliano accanto al pat e per tutta la durata della puja non devono mangiare altro che cibo crudo e non dovrebbero dormire, ma solo riposare negli intervalli tra le varie cerimonie di cui sono gli attori. 8.10.1.12

Antichi culti della fertilità

La cerimonia principale della puja consiste nella scalata dei shonnasi sulla pianta del dattero fino ad impossessarsi dei frutti acerbi che vengono poi gettati ai partecipanti. Soltanto la palma da dattero viene utilizzata per questa scalata, probabilmente per la sua forma fallica.

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La scalata alla pianta avviene poi in modo strano: i shonnasi devono iniziare la salita passando attraverso il bet ashon tenuto in mano dal prodhan shonnasi a ridosso della pianta. Il significato di questo rito-movimento potrebbe essere il seguente: la caratteristica di tutti i tempietti di Shiva è il shiv-lingam (fallo) poggiato sulla joni (vulva). Se l’unione di questi due elementi rappresentasse solo la copula, il coito, sarebbe logico che il lingam entrasse nella joni, mentre in tutti i templi di Shiva si vede l’azione opposta: il lingam sembra quasi fuoruscire dalla joni. Lo stesso movimento avviene nel rito della scalata alla pianta. I shonnasi salgono su questo albero passando dal di sotto e uscendo attraverso il bet ashon proprio come il lingam esce dalla joni. Questo movimento, non soltanto deve rappresentare l’unione tra i due sessi, ma deve essere soprattutto una raffigurazione plastica della caratteristica principale di Shiva che è, secondo la tradizione Indù, un dio ermafrodita. In Shiva sono intrecciati i principi maschile e femminile dell’universo. Nel momento della creazione egli fa esplodere la parte femminile di se stesso, la sua “shokti”, la sua potenza creatrice. Come tale Shiva è chiamato anche Ordhaniresshor, il dio mezzo donna e mezzo uomo. L’insistenza continua di questa puja sulla simbologia sessuale, ricorrente attraverso i segni del pat e del bet ashon, è tipica delle religioni della natura, centrate sui culti della fertilità. La puja di Shiva, che i Muci celebrano in primavera, quando la natura riprende vita, deve avere origini antichissime. Forse affonda le sue radici nell’ambiente pre-ariano dell’India e, forse, risale allo stadio teologicopoetico dell’umanità, quando l’uomo, di fronte al mistero della vita, della natura e della donna, trovava come unica soluzione la loro divinizzazione. O forse, più semplicemente, questa simbologia sessuale che insiste sul valore vulva (donna-femmina) e sul suo opposto fallo (uomo-maschio), non esprime altro che quella analfabeta e selvaggia religiosità popolare che vede la sessualità e l’accoppiamento come la sola felicità e l’unico paradiso su questa terra. 8.10.1.13

Altri ingredienti della puja

Le altre parti della celebrazione consistono in prove di abilità che, se superate, senza essere infortunati, provano la buona condotta dei partecipanti, i quali devono saltare tra le fiamme di un fuoco acceso nelle vicinanze del tempietto e compiere pericolosi esercizi acrobatici tra affilate 93


lame di lunghi coltelli. Tutte queste prove vengono affrontate con una invocazione a Shiva per chiedere la sua protezione. Per tutta la durata della puja l’aspetto della festa, del gioco e dello scherzo è dominante. Il rito finale contempla il “dhulot”, un euforico gioco che consiste nell’imbrattarsi reciprocamente di polvere e di fango. In questo gioco cadono tutte le barriere di rispetto tra uomini e donne, tra giovani e vecchi e tra piccoli e grandi. Durante la notte, per tutta la durata della puja, si beve mod e si fuma gaja. Durante ogni rito e recita di formule sacre i shonnasi cantano e danzano freneticamente al grido di “Shib moha deb” (Shiva grande dio). Attraverso l’alcool, la droga, il frenetico rullo dei tamburi e la convulsione della danza, la puja spesso sconfina in una atmosfera orgiastica che incute quasi paura. Prima del rito finale del dhulot il prodhan shonnasi, portando sulla testa il pat, visita tutte le capanne della para. Gli abitanti delle varie case dovrebbero, secondo il rituale, preparare nel cortile un altarino su cui collocare il shivlingam al quale vengono offerti fiori, frutta e dolci. La devozione più profonda per il pat, simbolo di Shiva pellegrino tra i suoi fedeli, l’abbiamo notata nelle donne sterili della para. Queste donne sono le più ferventi nel preparare e adornare l’altarino, nell’offrire fiori, frutti e dolci, prostrandosi in riverente adorazione di fronte al pat che spalmano di olio e “oludh” (zafferano). 8.10.1.14

Shiva e i Muci

Circa il significato di questa puja pare ci sia tra tutti una generale ignoranza. Abbiamo cercato d’interpellare la massa circa l’identità del dio Shiva. Per gli iniziati Shiva non è un vero e proprio dio come Krisna: è solo un santone e un intermediario con la divinità. Nessuno mostra di intuire il profondo simbolismo di fecondità creatrice di questa puja. Qualcuno ha spiegato l’importanza per i Muci del culto di Shiva in questo modo: c’è una sorte di identificazione tra questa divinità e gli intoccabili. Si racconta infatti che Shiva, durante una lotta con gli dei per la supremazia, tagliò la testa di Brahma e per questo fu condannato a vivere come vagabondo e mendicante. I Muci, uccisori della mucca, hanno peccato come Shiva. Inoltre questo dio si intossicava con alcool, droga e sesso; per cui i suoi devoti, specialmente

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in occasione di questa puja, devono ubriacarsi di mod e fumare gaja. L’ingrediente sessuale non è stato menzionato dai nostri informatori. L’uso di droga e alcool l’abbiamo potuto constatare con i nostri occhi: della componente sessuale orgiastica non abbiamo avuto prove, ma l’abbiamo sentita e respirata nella atmosfera generale della puja. 1.135.2 Il namjoggo

Oltre alla puja di Shiva in quasi tutti i villaggi Muci, nel mese di Boishak (aprile-maggio), si svolge una pratica religiosa chiamata il namjoggo. Il namjoggo sembra essere una specie di “sacrificium laudis” biblico. Durante la sua celebrazione si cantano infatti senza interruzione le lodo di Krisna. Può avere tempi di varia durata: i più brevi sono il “cioto prohar” (dodici ore di giorno) e il “nishi prohar” (dodici ore di notte). Il prohar è una misura del tempo equivalente a tre ore. Per dodici ore consecutive, di giorno o di notte, a secondo che si tratti di cioto o nishi prohar, senza interruzione, vari gruppi di suonatori danzanti si alternano a cantare i nomi e le lodi di Krisna. Il namjoggo può essere anche di otto prohar (24 ore), di 16 prohar (48 ore), di 24 prohar (72 ore) e di 32 prohar (96 ore). I Muci di solito celebrano il namjoggodi otto prohar. Per questa celebrazione i Muci di vari villaggi si invitano a vicenda. Spesso l’invito è esteso anche ai membri delle altre caste. Questa celebrazione è l’unica occasione, come già si è accennato, in cui la barriera dell’intoccabilità e della separazione è momentaneamente dimenticata. È anche l’unica occasione in cui gli esponenti di altre caste accettano cibo, “khacia” (non cotto): dolci, frutta, sigarette, ecc. dalle mani dei Muci e non disdegnano di sedersi nella veranda della loro capanna. La celebrazione del majoggo, l’unica festa religiosa che si svolge con una certa compostezza, disciplina e decoro, termina con un “bhoj” (pasto di comunione) a cui prendono parte tutti quelli che hanno contribuito alle spese e gli ospiti dei vari villaggi. 1.136 Pellegrinaggio

Sempre in onore di Shiva, i Muci, nel mese di Cioitro (marzo-aprile), vanno in pellegrinaggio al tempio di Tarokeshor, nelle vicinanze di Calcutta.

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Il pellegrinaggio richiede l’osservanza di certe regole: per un mese i pellegrini devono mangiare solo cibo vegetariano e astenersi da qualsiasi rapporto sessuale. Devono vestire il gheroa boshon, portare in mano il trishul, il tridente di Shiva e il bak, un paletto di legno su cui sono appesi dei campanelli e dei pentolini. I campanelli servono per richiamare l’attenzione della gente sui pellegrini e i pentolini sono usati per raccogliere l’acqua benedetta del santuario. In viaggio, i pellegrini chiedono l’elemosina e ripetono i vari nomi di Shiva; al tempio di Tarokeshor portano offerte di fiori, frutta, e dolci, che depositano ai piedi del Shiblingam. Il ritorno dal pellegrinaggio non sempre è a lieto fine: molti dei pellegrini non resistono alla tentazione di portarsi qualche souvenir dall’India. Passando il confine, a volte, questi pellegrini richiamano l’attenzione delle guardie di frontiera, le quali, non si fanno scrupolo di malmenarli e sequestrare i loro oggetti ricordo. E così, spesso, questi poveri pellegrini Muci, tra i souvenir del loro pellegrinaggio indiano, l’unico che riescono a portarsi a casa è il segno sulle loro schiene del manganello delle guardie di frontiera. Altra grazia di Shiva per i suoi devoti!!! 1.137 Voti e promesse

Molti, tra i Muci, in caso di malattia o pericolo grave, fanno dei voti che si impegnano a sciogliere quando il pericolo è passato o dopo che la guarigione è stata ottenuta. Questi voti (manosha) vengono fatti specialmente per i bambini affetti da serie malattie. Come segno del voto fatto, sulla testa del bambino si lascia crescere un ciuffo di capelli, che non viene tagliato se non dopo aver sciolto il voto. Il ciuffo si chiama “citki”. Il voto si può sciogliere sia durante una puja pubblica che durante una puja privata, impegnandosi a pagare parte delle spese che la puja richiede e offrendo un pranzo a tutta la gente della para. Oppure si può adempiere il voto recandosi al “moth”, una specie di tempiosantuario custodito da un santone, che vende ai miracolati un “putul” (statuetta) da collocarsi nel sancta sanctorum del tempio, come segno di grazia ricevuta.

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La cerimonia per sciogliere il voto segue queste fasi: il pellegrinaggio al tempio-santuario da parte del miracolato e del suo seguito (genitori, parenti e amici); il contratto con il custode del moth circa il prezzo del putul; la circumambulazione del sacro recinto da parte del miracolato, che regge sulla propria testa il putul; consegna del medesimo al custode del moth e infine pasto di comunione con il codazzo di parenti e amici. Qualche anno fa i Muci di Chuknogor ci invitarono ad una di queste celebrazioni che potemmo osservare dall’inizio alla fine. Nonostante la solita scompostezza e indisciplina tipica dei Muci, da tutte le varie fasi della cerimonia ci parve di vedere emergere un sincero alito religioso che rese la funzione attraente e simpatica. 1.138 Gli spiriti

La credenza negli spiriti, che in diverse occasioni interferiscono nella vita umana, è comune nei villaggi bengalesi sia ai Muci che agli altri gruppi sociali. I Muci conoscono ben poco circa la dottrina Indù sulla trasmigrazione e reincarnazione delle anime. Risposta comune alla domanda sulla situazione delle anime dei morti è che queste diventano “bhut” (spiriti). I Muci dovrebbero, come tutti gli altri Indù, cremare i loro morti, ma i più, per l’eccessivo costo della legna, si limitano a scavare una fossa nelle vicinanze di un fiume o di un canale dove seppelliscono il cadavere del defunto, che spesso il corso dell’alta e della bassa marea dissotterra e la corrente trasporta via. Al traghetto di Kornia (thana di Dumuria) non è rara la macabra visione di cadaveri galleggianti sulle acque del fiume. Fra i Muci che seppelliscono in questo modo i loro morti c’è la credenza che lo spirito del defunto cercherà di impadronirsi di un vivo per cercare compagnia. Gli aderenti al Boisnob Tontro, alla morte di un familiare celebrano lo shraddo perché l’anima del defunto possa avere pace e non si trasformi in uno spirito destinati ad interferire negativamente con i vivi. Questi spiriti dei morti abiterebbero sugli alberi, nei luoghi dove vengono cremati i cadaveri (shoshan ghat) e di notte uscirebbero dai loro nascondigli, manifestandosi come ombre in cerca di persone da possedere. Ogni tanto capita, secondo la credenza della gente, che qualcuno sia invaso o posseduto dai bhut. I segni della possessione sono: aggressività, apatia, rifiuto di prendere il cibo, ecc. Allora i familiari chiamano il “kobirai”, una 97


specie di dottorastro stregone che dovrebbe liberare l’individuo posseduto dagli spiriti. Il kobiraj stabilisce un contatto verbale con il bhut intimandogli di abbandonare la sua vittima. Il cerimoniale dell’esorcismo contempla la recita di formule magiche (montro) e l’unzione con olio del naso, occhi e orecchie del posseduto il quale, dopo questi gesti rituali, dovrebbe essere liberato dalla nefasta influenza degli spiriti. Per proteggersi dai bhut, adulti e bambini portano legati al braccio o ai fianchi i “madhuli” piccoli contenitori di metallo, dentro i quali sono racchiuse radici di piante e formule di preghiere. Bhut è il nome per gli spiriti maschi; petni è il termine con cui vengono identificati gli spiriti femmina. Non solo tra i Muci ma anche tra i Mussulmani è diffusa la credenza in questi spiriti, che questi ultimi chiamano “jinn”, se maschi e “poiri” se femmina. Certe persone sono facilmente vulnerabili dai bhut: tra queste le donne incinte, che devono attenersi a particolari norme per tenere lontani gli spiriti: non devono bagnarsi nei fiumi perché i bhut vivono nell’acqua; non devono uscire di casa al mattino presto o alla sera al buio e non devono avvicinarsi ai luoghi dove si cremano i morti, posti privilegiati dai bhut. Quando scende la sera la donna incinta deve recarsi con il lumino acceso ai quattro punti cardinali della casa perché il fumo tiene lontani gli spiriti. Dopo il parto, per sei giorni, quando esce di casa, deve tenere in mano un bastoncino bruciato come salvaguardia contro l’attacco dei bhut. Noi occidentali consideriamo questa credenza negli spiriti assurda e superstiziosa perché abbiamo una diversa visione della realtà. Noi dividiamo la realtà in due parti: la sfera invisibile-soprannaturale, di cui si interessa la religione e la fede e la sfera visibile-naturale-empirica, di cui si occupa la ragione e la scienza. Tra queste due sfere non esistono per noi spazi intermedi che richiedano spiegazione. Non è così per i Muci e per quelli come loro che non spiegano la realtà solo in termini di fede e ragione. Per i fenomeni che sfuggono alla spiegazione della fede e della ragione i Muci cercano soluzioni in uno spazio intermedio popolato di spiriti, antenati, demoni, angeli e fate. Di qui la credenza nei bhut e la fede nei poteri dei kobiraj, questi personaggi che noi spesso accomuniamo agli imbroglioni, ma che per i Muci hanno il potere di risolvere tanti loro problemi. 98


1.139 Concetti morali dei Muci

La gente dei villaggi bengalesi riconosce un certo codice morale: delle regole di comportamento applicabili a tutti i gruppi sociali, senza distinzione di classe, casta o religione. Un “Bhalo lok” è una persona che non si arrabbia, non attacca brighe, si comporta onestamente con i suoi simili, non se ne sta in ozio e svolge bene i suoi doveri familiari, sociali e religiosi. In altre parole, disonestà, imbroglio, ubriachezza, violenza, litigiosità e immoralità sono considerate deviazione dal codice morale generalmente accettato. Questo codice morale non sempre è rispettato da tutti e tanto meno dai Muci. I Muci infatti non si fanno grandi scrupoli ad imbrogliare; trovano facilmente scuse per le menzogne che raccontano e non trovano affatto disonesto rubare quando si presenti l’occasione. Anche l’immoralità sessuale non è giudicata molto negativamente. Queste deviazioni dal codice morale non sembrano affatto tormentare la coscienza dei Muci fin che rimangono segrete. Quando diventano troppo clamorose il gruppo interviene a punire il colpevole, il quale, scontata la pena, si sente pienamente libero e esonerato da ogni colpa. La deviazione dall’ordine sociale e morale è stata un errore; l’errore è stato scoperto: per questo errore c’è stata una punizione; il caso è finito e la coscienza è tranquilla. Se l’errore non fosse stato scoperto la coscienza sarebbe stata ancora più tranquilla perché non ci sarebbe stato bisogno né di punizioni, né di pentimento, né di perdono. È difficile per noi, con la nostra mentalità biblico-cristiana di coscienza, peccato, colpa, ecc. entrare in questo ordine di idee. La nostra concezione di peccato e di colpa è legata all’idea di Dio più che a un regolamento sociale. Per noi il peccato, oltre che andare contro il codice morale sociale, va contro la legge e la volontà di Dio, separandoci dalla sua amicizia e comunione. Per gli Indù e per i Muci il peccato è essenzialmente trasgressione delle regole morali-sociali più che deviazione dalle leggi di Dio, il cui concetto è tra l’altro molto vago e sbiadito. Sembra non ci sia tra gli Indù in generale e i Muci in particolare un legame profondo tra la loro persona e le varie

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divinità; per cui viene a mancare sia l’amore che il timore di Dio, le due basi per un codice morale migliore. Sempre a proposito dei concetti morali dei Muci sarebbe interessante studiare la visione utilitaristico-terrena che gli Indù in generale e i Muci in particolare hanno della religione. Consigliamo sull’argomento il capitolo introduttivo del libro di Nirod Chowdury: Hinduism. In base a questa visione utilitaristica di Dio e della religione potremmo capire meglio, senza scandalizzarci troppo, come mai, nelle nostre parrocchie di estrazione Muci, le chiese siano così gremite ne tempi di aiuto materiale e come si svuotino facilmente quando la Missione è magra in progetti di sviluppo economico. La concezione biblica di Dio e le “Good News” di Cristo Circa Dio come Padre e Amore potrebbero correggere l’ottica della visione religiosa e della coscienza morale dei Muci e portarli alla piena conoscenza di Colui del quale anch’essi sono progenie (Atti 18, 28). A noi è stato affidato il compito di annunciare queste “Good News” a chi tra di loro le vorrà ascoltare.

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I MUCI CRISTIANI La più antica Missione tra i Muci della Diocesi di Khulna è quella di Shimulia (Distretto di Jessore) che ha ormai più di 120 anni di vita. Le altre due Missioni, quella di Satkhira e Borodol, sono relativamente giovani : la loro fondazione risale a circa 50 anni fa. 1.140 Primi tentativi dei Gesuiti

Già a partire del 1915 i missionari Gesuiti facevano i primi tentativi per avvicinare i Muci della zona di Satkhira. Venivano sporadicamente da Calcutta in barca o a cavallo. I primi battesimi riportati dai registri della parrocchia di Satkhira risalgono al 1918. Quel primo tentativo di evangelizzazione dei Muci durò una decina di anni. Stando alle cronache di quel periodo sembra che gli inizi non fossero stati molto incoraggianti. Anche allora, come oggi, i Muci erano più interessati alle tasche dei missionari che alla loro religione. Anche allora l’interesse per il Cristianesimo doveva essere direttamente proporzionale ai soldi che i missionari erano disposti a spendere. 1.141 Nuntio vobis gaudium magnum

Sempre secondo le cronache, nel 1930, uno di questi missionari, forse un po’ tirchio, durante uno dei suoi viaggi apostolici nei villaggi di Satkhira, ebbe l’amara sorpresa di non trovare più nessun neofita: i pochi battezzati avevano sconfessato il cristianesimo. Il nostro missionario, tornato a Calcutta, si presentò al vescovo con queste parole: “Eccellenza, nuntio vobis gaudium magnum: non c’è più bisogno di noi per la missione di Satkhira”. 1.142 I Missionari del Pime a Borodol

Tentativi di avvicinamento dei Muci a scopo proselitistico furono fatti anche dai missionari del Pime. Si racconta che alcuni di essi, navigando tra i meandri del kopotokko, approdarono a Borodol dove esisteva il più grosso villaggio Muci. Questi, conoscendo le intenzioni proselitistiche degli stranieri, si schierarono sulla riva del fiume e, appena la barca dei missionari raggiungeva la riva, con un calcio la rispedivano al largo.

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1.143 Criminal tribes

Queste sporadiche visite dei missionari in cerca di anime da salvare si rivelarono poi provvidenziali per i Muci di quella zona. Pare che tra i Muci di Borodol e dintorni ci fossero dei rinomati banditi di professione, (qualcuno è sopravvissuto fino ad oggi) i quali sbarcavano il lunario razziando i barconi che trasportavano le merci da Calcutta. Non per niente, in un censimento fatto dagli Inglesi nel 1921, i Muci di quelle zone erano stati classificati come “criminal tribes”. I diari della Missione di Satkhira raccontano che, verso il 1935, alcuni Muci di Borodol, forse in seguito a qualche razzia, erano stati presi con le mani nel sacco e gettati in prigione. Approfittando di quell’occasione i Sana di Borodol, il gruppo Musulmano che da generazioni detiene il potere in quella zona, minacciavano di distruggere il villaggio dei Muci e trasformarlo in luogo di bazar. I Muci di Borodol, spaventati e impauriti dalle minacce, si ricordarono degli stranieri che ogni tanto in passato avevano cercato di approdare al loro villaggio. 1.144 Ritorno dei Gesuiti

Mandarono quindi una delegazione ai Gesuiti di Calcutta per invocare aiuto e protezione. Questi si precipitarono a Satkhira e Borodol, rappacificarono le acque e fecero uscire i criminali dalla prigione. A quel tempo dominavano gli Inglesi e i bianchi godevano di poteri illimitati. I Muci di borodol capirono subito che la loro alleanza con questi stranieri avrebbe potuto essere molto proficua e vantaggiosa e li invitarono ad aprire una missione nel loro villaggio. Così ebbe inizio la Missione Cattolica di Borodol. Gli echi delle gesta degli stranieri si ripercossero presto anche in altri villaggi, specialmente in quelli che avevano a che fare più di frequente con la giustizia. Anche questi villaggi chiesero la protezione dei bianchi e si dichiararono disposti ad accettare la loro religione. Nel giro di pochi anni, dal 1935 in poi, sorse anche la missione di Satkhira, alla quale aderirono grossi villaggi Muci come Dhandia, Senergati, ecc.

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1.145 Il potere dei bianchi

Un vecchio cristiano di Goalchator, morto alcuni anni fa, quando veniva interrogato sui motivi che avevano spinto la gente del suo villaggio ad aggregarsi alla Missione, rispondeva così: “molti di noi erano ladri e banditi e finivano spesso in prigione; gli stranieri avevano il potere di liberarci: noi non potevamo non aggregarci a loro”. 1.146 “Conversioni” in massa”

E di fatto i Muci di Satkhira e Borodol non solo si aggregarono, ma si aggrapparono alla Missione, incominciando subito a pretendere tutto dagli stranieri: la terra, la scuola, la casa, il lavoro, l’assistenza medica, l’aiuto contro i soprusi e le angherie degli altri gruppi e la protezione per le loro malefatte. Tutti i villaggi ai quali furono accordati aiuto, assistenza e protezione aderirono al Cristianesimo. I primi 15-20 annidi attività missionaria tra i Muci di Satkhira e Borodol furono un successo perché aiuti economici, assistenza e protezione non mancarono. 1.147 Il bastone di Padre Koster

Quello che veniva ogni tanto a mancare, sempre secondo i diari di quei tempi, era la pazienza di P. Henry Koster, l’iniziatore di queste due Missioni il quale doveva fare i salti mortali per venire incontro a tutte le richieste dei suoi primi cristiani. A questo pioniere, raccontano tanti testimoni oculari ancora viventi, quando veniva a mancare l’energia della sua pazienza e delle sue tasche, suppliva la forza del suo bastone. Ma quelli erano i tempi del colonialismo Inglese e in quel periodo anche i missionari si potevano permettere di usare dei metodi che oggi non sarebbero più persuasivi neanche per i Muci. 1.148 Padre Koster e l’istruzione

Oltre alla assistenza e alla protezione, quello che forse contribuì maggiormente a destare l’interesse dei Muci per la missione di Satkhira e Borodol fu la grande importanza che p. Koster attribuì alla scuola e all’istruzione. A Satkhira, dove esiste ora un orfanotrofio maschile diocesano, p. Koster aveva costruito un boarding che ospitava i ragazzi migliori dei villaggi.

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Questi, oltre a frequentare regolari corsi scolastici, imparavano i primi rudimenti delle varie professioni. L’idea della istruzione non esisteva tra i Muci dei villaggi che si erano aggregati alla Missione. Sempre secondo i diari di quel tempo, P. Koster, per poter portare dai villaggi dei ragazzi che frequentassero la sua scuola, spesso doveva pagare i loro genitori e per di più aveva dovuto assumere delle guardie che, oltre a sorvegliare i ragazzi perché non fuggissero, li andassero a riprendere ai loro villaggi e li riportassero di forza al boarding di Satkhira. In seguito agli sforzi di P. Koster l’importanza della scuola cominciò ad essere capita ed apprezzata anche dai Muci, i quali non pretesero più di farsi pagare per mandare i loro figli alla Missione. Anzi, quando il bording di Satkhira fu trasformato in orfanotrofio maschile diocesano, sorsero tra i villaggi cristiani delle lamentele perché, aprendo questa istituzione agli orfani della diocesi, in un certo modo, si chiudeva la porta per una migliore istruzione ai Muci di Satkhira e Borodol. E ancora oggi i cristiani di quella zona rimproverano la Missione di aver sempre trascurato l’istruzione dei loro figli perché la Missione di Satkhira è l’unica in tutta la Diocesi di Khulna che non vanta tra le sue istituzioni una scuola superiore. 1.149 Risultati ottenuti

Nonostante queste lamentele e critiche, nella zona di Satkhira e Borodol, la più netta demarcazione tra i Muci Cristiani e quelli Indù è risultata dall’istruzione. Il tasso di alfabetizzazione tra i Muci Cristiani é molto alto, mentre nei villaggi dei Muci rimasti Indù è ancora oggi difficile trovare qualcuno che sappia leggere e scrivere. Quello dell’istruzione è forse il beneficio più grande che i Muci hanno ricevuto dal loro incontro con il Cristianesimo. Tramite questi benefici parecchi tra di loro hanno potuto diventare delle persone rispettate e autorevoli anche al di fuori dal loro gruppo. Qualcuno è riuscito anche a trovare lavoro nei paesi Arabi, da dove è tornato con un buon gruzzolo che gli ha permesso di farsi una agiata posizione economica. Parecchi tra i Muci Cristiani stanno dando un valido contributo non solo alla società Bangladeshi ma anche alla Chiesa di Khulna. Molti catechisti provengono da questo gruppo e si fanno notare per la loro serietà e il loro impegno. 104


Qualche vocazione sacerdotale incomincia ad affiorare anche tra di loro e parecchie ragazze hanno abbracciato la vita religiosa. Vari laici partecipano attivamente nelle varie istituzioni diocesane e lavorano con dedizione nei programmi della caritas. Soprattutto non bisogna sminuire il fatto che, pur con tutti i suoi difetti, la comunità cristiana Muchi sembra offrire un livello di vita morale superiore a quello degli altri gruppi, anche se i valori cristiani non solo fanno fatica a farsi strada ma forse sono ancora ben lontani dall’essere recepiti. D’altra parte soltanto mezzo secolo di attività missionaria tra questo gruppo è forse troppo poco per pretendere cambiamenti vistosi. Per di più la missionologia del passato insisteva sulla “Planatio Ecclesiae”, per cui, nell’urgenza di fondare la Chiesa là dove ancora non esisteva, un serio e lungo catecumenato per i Muci non fu mai programmato. 1.150 Osservazioni sulla storia dei Muci Cristiani

Studiando la storia delle due parrocchie di Satkhira e Borodol sembra che tra la Missione e i Muci passati al Cristianesimo sia avvenuto una specie di tacito e mutuo contratto: una specie di “do ut des”. La Missione si impegnava ad offrire aiuto, assistenza e protezione, ma chiedeva in cambio l’adesione al Cristianesimo. Da entrambe le parti c’è stato un interesse reciproco: i Muci potevano ricevere ciò di cui avevano maggiormente bisogno e la Chiesa, tramite loro, poteva aumentare la sua consistenza numerica. Non si può dire che questo reciproco interesse non sia stato in parte fruttuoso: tramite i Muci la Chiesa è stata piantata e i Muci Cristiani hanno potuto e possono avere da questa tanti benefici. Il guaio grosso è che questi benefici e privilegi sono considerati dai Muci come un loro diritto. Per il fatto di aver accettato il Cristianesimo, oltre a pretendere questi benefici, si considerano gli unici ed esclusivi destinatari di tutti i progetti socio-economici che la Missione gestisce. È chiaro che, con questa mentalità contrattuale tra Cristiani e Missione, non si può certo aspettarsi che i Muci Cristiani siano in grado di costruire una Chiesa Locale “self supporting, self ministering, self propagating”. L’apertura missionaria che noi vorremmo dalle nostre comunità cristiane Muci non sarà molto facile da attuare. Da questa mentalità contrattuale è poi sorta un’altra conseguenza negativa. Già si è visto come i Muci siano dipendenti dai loro padroni Indù o Musulmani in tutto e per tutto. 105


Qualcuno ha osservato che questa dipendenza nei Muci Cristiani si è accentuata ancora di più, sia per le faccende religiose che per le questioni secolari. Prima della loro “conversione” al Cristianesimo almeno le spese per il tempio e le celebrazioni religiose se le sobbarcavano loro stessi. Dopo la “conversione” tra i doveri della Missione c’è anche quello di trovare i fondi per le costruzioni delle chiese e per il culto. 1.151 The Muchi Christians: a people set apart?!

Ma l’effetto collaterale più serio della loro adesione alla Chiesa è stata la separazione dai loro correligionari Indù. Già erano emarginati e separati dagli altri gruppi prima della loro adesione al Cristianesimo: dopo la loro aggregazione alla Chiesa si sono concentrati attorno alla Missione, separandosi anche dal loro gruppo di estrazione e vantando per se stessi una superiorità che deriverebbe soltanto dal fatto di aver abbracciato un’altra religione. A questa separazione ha forse contribuito anche la teologia missionaria di un tempo, che era ben lontana dalle idee del dialogo ed esigeva da chi abbracciava il Cristianesimo una spaccatura e un taglio netto con il paganesimo . Per i primi cristiani di Satkhira e Borodol era assolutamente proibito, pena la scomunica, partecipare alle feste dei loro correligionari Indù. E chi stipulava relazioni matrimoniali con i Muci non cristiani incorreva in severe sanzioni. Ancora oggi, in alcuni villaggi di Satkhira e Borodol, si possono trovare i due gruppi ben distinti e separati: al di fuori delle normali relazioni di normale amministrazione il gruppo cristiano si guarda bene dal coinvolgere quello non cristiano nelle sue attività sociali e religiose. Le 50 famiglie cristiane di Satkhira non si sono mai interessate dei problemi dei Muci di Kukurali e Shantola, due villaggi che distano dalla comunità cristiana un tiro di schioppo e i Cristiani di Senergati, anni fa, si lamentavano perché le suore ogni tanto visitavano le famiglie del villaggio rimaste Indù. Con questa mentalità di ghetto non ci si può aspettare che la comunità cristiana Muci cresca.

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1.152 I 100 villaggi di Serafino

Difatti a Satkuira e Borodol, ormai da 20 anni e più, nessun villaggio Muci ha mostrato interesse per il Cristianesimo. L’ultimo tentativo di avvicinarsi alla Chiesa Cattolica da parte dei Muci Indù di quelle zone avvenne subito dopo la guerra di liberazione del 1971 quando, tramite la Missione di Satkhira fu fatto un massiccio intervento di riabilitazione in tutti i villaggi della zona. I Muci Indù fiutarono la possibilità di risolvere tanti loro problemi economici tramite la Missione e incominciarono a fare i primi passi per aggregarsi alla Chiesa Cattolica. In quella occasione vennero avanti i famosi cento villaggi di P. Serafino Della Vecchia. Ma l’entusiasmo non durò a lungo: finito il “relief” scomparve anche l’interesse dei Muci Indù per il Cristianesimo. 1.153 Muci e Cristiano: sinonimi

Oltre alla speranza di aver aiuto, assistenza e protezione, i Muci che si sono aggregati alla Chiesa pensavano di ottenere una posizione sociale più alta in confronto a quella in cui si trovavano. Speravano che la prestigiosa etichetta di “cristiano” sostituisse quella odiosa di “Muci”. Ma la sostituzione non sempre è avvenuta: quello che è avvenuto è stata la sovrapposizione dei due termini con il risultato che i Muci convertiti non sono diventati i Cristiani ma i Muci Cristiani. L’atteggiamento di disprezzo per i Muci da parte degli altri gruppi sociali non sempre è diminuito per i Muci Cristiani, che vengono inoltre accusati di aver aderito ad una nuova religione solo per interesse economico. E così, nella zona di Satkhira e Borodol, il termine Cristiano è diventato sinonimo di Muci, perché finora, al di fuori di loro, nessun altro gruppo si è avvicinato al Cristianesimo. Prescindendo dai motivi per cui i Muci hanno mostrato e mostrano interesse per la Chiesa Cattolica e considerando la loro storia da un punto di vista biblico-teologico si dovrebbe concludere che il diritto di precedenza al Regno, di cui la Chiesa dovrebbe essere segno, spettava a loro. Ma, considerando la loro conversione al Cristianesimo in termini più umani e realistici, forse la loro adesione alla Chiesa è stato un tentativo non molto fruttuoso per risolvere un problema la cui soluzione non è necessariamente quella religiosa.

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1.154 Il serpente e la rana

Qualche anno fa è stato chiesto ad un capo villaggio cristiano di Shantola (Satkhira), di descrivere la situazione attuale della comunità cristiana Muci. La persona interpellata si è espressa così: “Il nostro gruppo si può paragonare ad un serpente che ha adocchiato una grossa rana: ha cercato di ingoiarla, ma gli si è fermata nel gozzo. Adesso non riesce più né a digerirla né a rigettarla. E il serpente non sa più cosa fare: cerca di sopravvivere in quella situazione piuttosto precaria sempre con la paura che gli arrivi addosso qualche randellata”. 1.155 Dibattito sulla conversione degli Harijans

La parabola è abbastanza illuminante e potrebbe servire come spunto per affrontare sia la problematica della comunità cristiana Muci, che si trova in una situazione stagnante, sia quella degli altri Muci Indù, che, in questi ultimi tempi, sembrano volersi avvicinare al Cristianesimo. Lasciamo da parte il problema della comunità cristiana, la cui soluzione riguarda la Chiesa Locale e accenniamo brevemente al dibattito sollevato, alcuni anni fa in India circa l’adesione degli Harijans al Cristianesimo. In un articolo apparso su “Vidwjajati” del settembre 1977, P. Stephen Fuches, il famoso missionario antropologo Verbita, sosteneva che i 40 milioni di Harijans del Nord India (tra i quali 18 milioni di Chamars, stretti parenti dei Muci) sarebbero pronti a cambiare religione per accettare il Cristianesimo. Dato che anche nel Nord India le Chiese sorte tra gli Intoccabili si trovano in una situazione stagnante, P. Fuchs suggeriva che non solo si potrebbe, ma si dovrebbe rinforzare la Chiesa Locale aggregando ad essa il maggior numero di Harijans. Proponeva quindi un piano dettagliato per la loro conversione in massa. Gli Harijans del Nord India ancora oggi sono tenuti dalle caste alte in uno stato di semi-schiavitù. Il Cristianesimo potrebbe liberarli dal sistema di oppressione e degradazione a cui sono soggetti. E anch’essi, oltre che membri della Chiesa Cattolica, potrebbero diventare dei validi cittadini inseriti a tutti i livelli nella vita sociale Indiana. La proposta di P. Fuchs non ha avuto molto seguito. Anzi, sempre su Vidwjajati (Gennaio 1978) qualcuno ha chiesto a P. Fuchs di dimostrare che gli Harijans sarebbero disposti ad abbandonare l’Induismo per accettare il Cristianesimo.

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Già Gandhi, che doveva conoscere bene gli Harijans, diceva che questi sono pronti a cambiare nome e vestito, ma non sono altrettanto ansiosi di diventare zelanti e ferventi seguaci di Cristo. Inoltre è stato ricordato a P. Fuchs che l’idea biblica di conversione implica un atto libero, cosciente e volontario della persona Per non parlare poi della confusione che si verrebbe a creare tra sacro e profano quando la Chiesa, in nome della religione e forse anche per i suoi interessi, patrocinasse la causa dei diritti umani degli Harijans. Gli Harijans dell’India sono già sfruttati da tante organizzazioni politiche: sarebbe più conveniente che almeno la Chiesa rendesse loro i suoi servizi in modo disinteressato, senza prefiggersi lo scopo di aumentare, tramite loro, la sua consistenza numerica. 1.156 Evitare una casta in più?

Le motivazioni dei Muci Indù, che in questi ultimi tempi si stanno avvicinando al Cristianesimo, sembra siano le stesse di 40-50 anni fa: gli interessi da cui sono spinti non sono di natura religiosa, ma solamente di carattere socio-economico. Si stanno accorgendo che da soli non riusciranno ad uscire dalla disperata situazione in cui si trovano . Può essere giusto e conveniente chiedere, come in passato, che si aggreghino alla Chiesa in cambio dei servizi che questa può svolgere per loro? Se lo scopo ultimo della Missione non è più la Plantatio Ecclesiale non sarebbe più corretto lavorare perché anche tra di loro possa crescere il Regno di Dio di cui essi dovrebbero essere i primi destinatari ? Sempre su Vidwjajati, alcuni anni fa, è apparso un articolo di un missionario che, dopo aver lavorato una vita intera per la conversione degli Intoccabili al Cristianesimo, si chiedeva se non avesse contribuito ad aumentare il numero delle caste. Non manca infatti chi ha detto che gli Intoccabili passati al Cristianesimo si possono paragonare ad una nuova casta. Stando così le cose, non sarebbe meglio che i missionari del SubContinente Indiano insistessero nel predicare a tutti la paternità universale di Dio da cui dovrebbe derivare la fraternità degli uomini?

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1.157 La Chiesa Protestante e i Muci

In questi ultimi tempi, oltre alla Chiesa Cattolica, anche qualche Chiesa Protestante ha iniziato a mostrare interesse per i Muci . Specialmente dopo la pubblicazione del libro di Peter Mc ‘Nee: Crucial Issues in Bangladesh, nel quale si sostiene l’erronea tesi che i Muci sarebbero in Bangladesh uno dei gruppi più aperti e disposti ad accettare il Vangelo, la Chiesa Battista ha iniziato da parecchi anni a prendere contatti con questo gruppo . 1.158 Metodologia della Chiesa Battista

Lo scopo principale di questi contatti è esclusivamente proselitistico e la metodologia con cui i Muci vengono avvicinati è più o meno simile a quella seguita dalla Chiesa Cattolica 50 anni fa. Questa Chiesa prende contatti solo con quei villaggi disposti ad accettare il Cristianesimo: non esige affatto che l’intero villaggio sia d’accordo nell’accettare la presenza del pastore Battista. Il consenso di quattro o cinque famiglie è sufficiente perché la Chiesa Battista possa iniziare il suo lavoro, che viene impostato attorno alla fede in Cristo e al rinnegamento di tutte le divinità del panteon Indù. La nuova fede, a cui i nuovi convertiti dovrebbero aderire, contempla poi minuziose regole che dovrebbero essere scrupolosamente osservate: l’astensione dal fumo, l’abolizione per le donne del Shindur e delle “shaka” (braccialetti), il divieto di mangiare con i non-cristiani e la proibizione di partecipare alle feste religiose dei loro ex- correligionari. Le attività principali del pastore che deve guidare la nuova comunità Cristiana sono il sermone domenicale e l’istruzione religiosa. Durante gli altri giorni della settimana può permettersi il lusso di girovagare qua e là a suo piacimento senza alcuna determinata occupazione. Nelle zone di Dumuria, Tala, Keshabpur, dove la Chiesa Battista ha concentrato il suo sforzo proselitistico tra i Muci, solo recentemente i pastori hanno incominciato ad aprire delle scuolette alle quali sono però ammessi solo i bambini di genitori Cristiani. 1.159 Scarsi risultati

In certi villaggi, come Maltia e Dumuria, questa Chiesa è presente ormai da più di 10 anni, ma i risultati sono piuttosto scarsi. A Maltia, su 45 famiglie Muci, il numero delle famiglie Cristiane, che inizialmente si aggirava sulla decina, si è gradualmente ridotto a 4. A

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Dumuria, dove questa Chiesa è presente fin dal 1972, il numero delle famiglie battezzate si può contare su una mano. Nei villaggi dove questa Chiesa si è inserita, le solite baruffe tipiche dei Muci sono aumentate per causa della nuova religione. In quasi tutte le Muci para, dove esiste una presenza Protestante, il gruppo dei Muci si è spaccato in due: quello Cristiano e quello Indù. Per ironia della sorte l’unico momento in cui i due gruppi sembrano dimenticare la barriera e fraternizzare di nuovo è in occasione di celebrazioni religiose Indù. Per la Puja di Shiva o per il Namjoggo il gruppo Cristiano, nonostante le proibizioni e le minacce del pastore, non si fa grandi scrupoli ad offrire la sua “chanda” (offerta) per la festa e di buon grado si associa ai suoi excorreligionari, non solo per suonare il “dhol” (tamburo), ma anche per consumare insieme il mod e la gaja. 1.160 Consigli ai fratelli separati

Noi Cattolici, che conosciamo ormai abbastanza bene le caratteristiche dei Muci, abbiamo cercato di dare alcuni consigli a questa Chiesa. Come primo punto abbiamo espresso ai pastori la nostra convinzione che una presenza continua tra i Muci deve necessariamente contemplare qualche attività sociale. La sola presenza religiosa, se non controproducente, è per lo meno inutile e non porterà grandi frutti. Abbiamo poi consigliato i nostri fratelli separati di non battezzare nessun Muci se non dopo una lunga e seria preparazione che potrebbe richiedere anche anni. Infine li abbiamo scongiurati a non comperare i terreni dei Muci nel caso avessero bisogno di un pezzo di terra per le istituzioni della loro Chiesa. Se in futuro questa fosse costretta a chiudere le sue attività quei terreni avrebbero poche probabilità di ritornare nelle mani degli ex-proprietari. Senz’altro finirebbero nelle mani di qualche ricco Mussulmano. Il che vorrebbe dire avere la volpe nel pollaio e per quei poveri Muci sarebbe la fine. E così anche i Cristiani, che volevano portare ai Muci la salvezza, contribuirebbero alla loro distruzione.

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1.161 Ripensamenti

Da queste poche note, circa l’incontro dei Muci con il Cristianesimo si potrebbe pensare che il tentativo di risolvere i loro problemi con la priorità religiosa probabilmente non è destinato ad avere grande successo. Piuttosto che lo sforzo di aggregarli alla Chiesa, può essere più utile e vantaggioso per i Muci quello di inserirli e integrarli il più possibile nella società Bengalese. Per un migliore servizio al Regno di Dio e ai Muci stessi forse è necessario, nella nostra presenza missionaria tra di loro, ricercare e tentare altre vie che potrebbero anche lievemente scostarsi da quelle percorse in passato. Coscienti che “nihil sub sole novi” riprenderemo queste osservazioni e ripensamenti nel prossimo capitolo.

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NUOVI MODI DI PRESENZA E DI AZIONE TRA I MUCI L’India moderna ha incominciato ad aprire gli occhi sul problema degli Harijans: non poteva disinteressarsi di questi 100 milioni e più tra i suoi abitanti. Già ai primi del 900, all’interno dello stesso Induismo, sorsero dei movimenti che si proponevano di migliorare le condizioni socio – economiche degli Intoccabili. In seguito prestigiose personalità Indiane sposarono la loro causa: basti ricordare questi nomi: Gandhi, Swami Bibekanondo, il Dr. Ambedkar, ecc. La Costituzioni dell’India libera infine garantiva parità di diritti a tutti i cittadini Indiani e aboliva l’Intoccabilità. Dal 1948 in poi il Governo Indiano, per favorire lo sviluppo socio – economico degli Harijans, ha continuato ad offrire loro privilegi particolari. In questi ultimi decenni, oltre alle ricerche antropologiche circa gruppi specifici di Intoccabili (da ricordare la monumentale opera di padre Stephen Fuchs, The children of Hair) sono state pubblicate anche delle interessanti novelle circa i problemi degli Harijans. Una di queste novelle, dal titolo Untouchable, scritta 50 anni fa da Mulk Raj Anand, uno scrittore Indiano che nutre una spiccata simpatia per gli Intoccabili, presenta tre soluzioni per abolire l’Intoccabilità. La prefazione di questa novella, che ha avuto un grande successo (è stata tradotta in 20 lingue), fu scritta da E. M. Foster, il famoso autore di A Passage to India. 1.162 Bakha

Il personaggio intorno al quale si svolge la novella è Bakha, un methor (spazzacessi) scansato e tenuto alla larga da tutti per la sua professione. Il problema giornaliero di Bakha è quello di non toccare coloro con cui viene a contatto perché la sua persona impura li contaminerebbe. Ma il vero problema del protagonista della novella è quello di trovare una via di uscita alla sua disperata situazione. Una prima speranza gli viene presentata da Rev. Hutchinson, un missionario della Salvation Army, il quale gli parla di Gesù Cristo Salvatore, che accoglie tutti senza distinzione di casta; specialmente i poveri, gli emarginati e gli Intoccabili. Ma Bakha non è in grado di capire bene i discorsi di questo missionario, la cui moglie diventa furibonda quando il marito le porta in casa questo sporco spazzacessi. 113


Una seconda speranza di poter risolvere il suo problema gli viene dalla notizia che Gandhi sta lottando aspramente per la causa degli Intoccabili. Gandhi predica che tutti gli Indù sono uguali e in India non ci sarà più distinzione tra puri e impuri. La speranza si rinvigorisce il giorno in cui Gandhi viene a tenere un discorso sui methor nella città dove Bakha vive e svolge il suo lavoro. Ma anche Gandhi rimprovera i methor di essere sporchi, bevitori di liquori e giocatori d’azzardo. Se vogliono far parte della società Indù dovranno necessariamente purificarsi e liberarsi dai loro vizi. Anche il secondo barlume di speranza svanisce rapidamente. Ma riaffiora una terza volta quando Bakha sente parlare due individui, tornati da Londra, i quali dicono che gli Inglesi hanno inventato una meravigliosa macchina per pulire i gabinetti. Una macchina che fa tutto da sola senza bisogno di mano d’opera. Questa macchina, pensa Bakha sarà l’unica soluzione del suo problema. Alcune osservazioni circa le soluzioni proposte dall’autore di questa novella. 1.163 La soluzione religiosa

La prima soluzione, quella religiosa, decisamente scartata dall’autore di Untouchable, ha sempre attirato molti sostenitori. Tra questi i missionari Cristiani, sia Cattolici che Protestanti. Probabilmente anche l’Islam, quando penetrò in India, si presentò agli Intoccabili come una religione della fraternità e dell’uguaglianza. Non sappiamo fino a che punto siano stati realizzati questi ideali tra i Musulmani dell’India, ma in Bangladesh, la mentalità di casta, di cui l’Intoccabilità è la più obbrobriosa conseguenza, ha preso piede anche tra i seguaci della mezza luna. Esistono in tanti villaggi del Bangladesh dei gruppi di Musulmani, probabilmente ex – Intoccabili, le cui condizioni socio – economiche non sono molto diverse da quelle egli Intoccabili e dei Muci. Nei dintorni di Chuknogor e Tala noi abbiamo dato ai Behara, uno di questi gruppi, il nome di Muci Musulmani. La loro situazione, sotto tutti gli aspetti, è forse peggiore di quella dei Muci stessi. Tutti analfabeti, in condizioni igieniche e sanitarie deplorevoli, anch’essi, come i Muci, e a volte più dei Muci, lottano per la sopravvivenza quotidiana.

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E anche contro di loro esistono delle discriminazioni da parte delle altre classi Musulmane. A volte la discriminazione è anche di tipo religioso. Per il “namaj” (preghiera) delle grandi festività, i Behara vengono spesso dirottati da soli verso Idgah (luoghi della preghiera) paludosi e desolati, mentre gli altri gruppi pregano in luoghi freschi e ombreggiati. Per non parlare delle discriminazioni a cui sono soggetti in campo matrimoniale. Un Behara, come un Muci, non può nemmeno sognare di sposarsi al di fuori del suo contesto sociale. Non troverebbe nessuno, neanche il più pio, devoto e fervente correligionario disposto a concedergli la mano di una figlia. E se qualche ragazza, sfidando l’autorità paterna, si accasasse con un Behara, non potrebbe più mettere piede nella sua famiglia. A questo proposito potremmo portare dei fatti ben precisi e potremmo fornire “sthan – kal – pattro” di casi avvenuti a Chuknogor e dintorni. Ogni tanto in India gruppi di Intoccabili Indù, stanchi di sopportare i soprusi dei loro correligionari di casta alta, optano per l’Islam. Conversioni in massa al Musulmanesimo sono avvenute sette – otto anni fa nel Tamil Nadu, una regione dell’India Meridionale. Gli esperti hanno profetizzato che questi neo – Musulmani rimarranno sempre Musulmani di seconda categoria. La situazione del Cristianesimo in India e in Bangladesh non è certo migliore. La mentalità di casta non soltanto esiste tra i laici, i quali in certe parti dell’India sono arrivati al punto di erigere dei muri divisori nei cimiteri per evitare che neppure i morti abbiano a toccarsi, ma pare si sia insinuata nientemeno che nelle congregazioni religiose. Non per niente i Vescovi dell’India, anni fa, pensavano di aggiungere ai tre voti religiosi un quarto voto: quello del rinnegamento della casta. 1.164 Bangladesh: three people in one Church

La Chiesa Cattolica del Bangladesh è costituita da tre gruppi ben diversi tra loro: i Cristiani di antica data di Dhaka e Chittagong; i Cristiani che provengono dalle minoranze etniche tribali, e infine i Cristiani ex – Intoccabili o provenienti delle basse caste. I Cristiani di antica data, benestanti e istruiti, si considerano il fior fiore della Chiesa del Bangladesh e sono già caduti nelle tentazioni del comunismo occidentale. I Cristiani di origine tribale, sebbene si impongano per la loro vivacità e esuberanza di vita, per i Cattolici di antica data sono i “Cristiani della foresta”, selvaggi e incivili. 115


I Cristiani ex – Intoccabili sono i “nuovi Cristiani”: quel “nuovi” è sinonimo di bassa lega e infimo grado. Sia sui Cristiani della foresta come sui nuovi Cristiani si impone l’egemonia dei Cristiani di antica data, i quali occupano i posti più importanti nella Chiesa del Bangladesh: Vescovi, direttori della Caritas, consiglieri, madri superiore delle numerose congregazioni femminili, ecc. Anche all’interno della Diocesi di Khulna si notano tre gruppi ben distinti di Cattolici. Il primo gruppo proviene dal Musulmanesimo (cosa più antica che rara); gli altri due gruppi provengono dall’Induismo. Tra questi due gruppi la Cenerentola è rappresentata dai Muci Cristiani, i quali solo in questi ultimi tempi, vale a dire dopo ormai più di 50 anni dalla loro adesione al Cristianesimo, cominciano ad essere presi in considerazione dagli altri due gruppi per gli scambi matrimoniali. Da notare però che questi due gruppi di solito danno le loro figlie, ma non prendono quelle dei Muci. E, stando a quanto dicono i Muci Crisitiani, danno sempre merce di seconda qualità… Sia Islam che Cristianesimo sono quindi contagiati dalla mentalità di casta e la guarigione da questo contagio sembra essere ancora molto lontana. Si può essere d’accordo con Mulk Raj Anand circa il fallimento della soluzione religiosa per abolire l’Intoccabilità. 1.165 La sconfitta del Dr. Ambedkar

Nel tranello di questa soluzione cadde anche il Dr. Ambedkar, il campione degli Harijans, il quale dedicò tutta la sua vita alla lotta per la loro liberazione. I 5 milioni di Harijans, che Ambedkar trascinò con sé nel Buddismo, sembra che in India siano rimasti un corpo estraneo. La loro fuga dall’Induismo non ha arrecato loro nessun vantaggio. Dicono gli storici che il Dr. Ambedkar fu imbrogliato dai suoi amici Indù di casta alta. Furono questi furfanti a consigliarlo di scegliere il Buddismo quando, dopo aver sconfessato l’Induismo, si mise alla ricerca di una religione che potesse offrire un po’ più di dignità umana agli Intoccabili. Il Buddismo infatti, secondo quegli scaltri consiglieri, era l’unica religione non straniera in India. Inoltre Buddismo e Induismo hanno una matrice filosofica comune. E così il Dr. Ambedkar, nonostante qualcuno l’avesse messo in guardia dall’adottare la soluzione religiosa per risolvere un problema di carattere sociale, cadde nel tranello e tra Islam e Cristianesimo scelse il Buddismo. 116


I suoi amici Indù di casta alta probabilmente esultarono di gioia per questa scelta: infatti il Buddismo, pur essendo nato in India come reazione all’Induismo, non mise mai radici nel Sub – Continente Indiano. Inoltre una delle differenze fondamentali tra Buddismo e Islam e Cristianesimo è questa: Islam e Cristianesimo sono religioni che sanno lottare per la dignità dell’uomo e quindi possono graffiare e mordere; il Buddismo invece è una religione senza unghie e senza denti. 1.166 Soluzione politica

La seconda possibilità di soluzione del problema dell’Intoccabilità, proposta da Mulk Raj Anand, è quella politica. Discorsi a non finire sono stati fatti sulla partecipazione degli Harijans alla vita politica: di fatti tra di loro qualcuno è stato in grado di raggiungere posti di notevole importanza nientemeno che nel Governo Indiano. Il più famoso uomo politico degli Harijans in India è Jagjiban Ram, il quale nel 1969 fu ministro della agricoltura. In complesso la partecipazione degli intoccabili alla vita politica è rimasta irrisoria. Anche le leggi fatte dal Governo Indiano per migliorare la loro situazione socio – economica non sono state in grado di portare quei cambiamenti che si sarebbero auspicati. Da una parte l’ignoranza degli Harijans circa le leggi le leggi a loro favore, dall’altra la noncuranza della burocrazia amministrativa circa l’implementazione delle medesime hanno lasciato la massa degli intoccabili nel loro letargo. Chi è riuscito a svegliarsi deve ringraziare l’istruzione e la scuola ma non certo la politica. Le stesse cose si possono dire circa gli Intoccabili del Bangladesh i quali, se vengono invitati a partecipare alla vita politica del villaggio, diventano facile preda del politicante di turno e vengono strumentalizzati per i suoi egoistici interessi. 1.167 Soluzione tecnologica

Secondo Mulk Raj Anand là dove ha fallito la religione e la politica può avere successo la tecnologia. Effettivamente la scienza e la tecnica possono contribuire a cambiare quello strano sistema di idee su cui si basa l’Intoccabilità, ma sfortunatamente passeranno ancora secoli prima che le innovazioni della scienza e della tecnica siano applicate in tutti i villaggi

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del Sub – Continente Indiano. E non si potrà certo aspettare l’avvento della tecnologia per continuare la lotta contro la mentalità di casta e l’Intoccabilità. Per la guerra contro questi due mali dell’Induismo a noi sembra che si debba usare una duplice strategia: una strategia che si potrebbe chiamare dall’alto e dal basso. 1.168 Strategia dall’alto

Questa strategia è suggerita da Rabindranath Tagore stesso. Tra i suoi innumerevoli scritti esiste un “natok” (piccola opera teatrale) tratto dalla letteratura Buddista Nepalese dal titolo “Chondalika”, reperibile nel ventiduesimo volume della collezione Rabindra Rociona Boli, da pagina 131 a pagina 155. Questo pezzo letterario di Tagore ha dei risvolti simili al racconto evangelico della Samaritana. Il personaggio attorno al quale si svolge il racconto è Prokriti, una ragazzina Chondal (i Chondal sono i crematori dei morti), che va ad attingere acqua al pozzo. Qui incontra Anondo, un mendicante discepolo di Budda, il quale le chiede da bere. Prakriti, spaventata rivela al vecchio mendicante di essere impura e intoccabile. Ma Anondo insiste nel chiedere l’acqua e le spiega che nessun essere umano è impuro. Quel semplice gesto di chiedere da bere e quelle parole “Joldao” (dammi dell’acqua) sconvolgono l’animo di Prokriti. Tornata a casa racconta alla madre la sua trasformazione interiore. Dopo l’incontro con Anondo, che le ha chiesto da bere, Prokriti non è più una Chondal: non è più impura, ma una creatura come tutte le altre; in lei è avvenuta una nuova nascita. Rabindranath Tagore, in questo suo natok, sostiene la tesi che la mentalità di casta e l’Intoccabilità spariranno soltanto se i non Intoccabili le vorranno far scomparire. Il giorno in cui gli appartamenti alle caste alte assumeranno un atteggiamento interiore simile a quello del vecchio mendicante Anondo l’Intoccabilità cesserà di esistere e anche gli Impuri saranno trasformati interiormente come Prakriti. 1.169 La metanoia delle caste alte

La stessa strategia è stata suggerita dal già menzionato antropologo P. Stephen Fuchs nella prefazione del suo libro: At the bottom of the Indan Society. P. Fuchs sostiene che nella lotta contro l’Intoccabilità, soltanto la

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strategia dal basso, lo sforzo cioè di elevare in tutti i modi le condizioni degli Harijans, non è sufficiente. È necessario e indispensabile che gli appartenenti alle caste alte capiscano che le caste e l’Intoccabilità sono state create da loro e che solo loro le potranno distruggere. La distruzione di questo sistema non solo arrecherà vantaggio alle caste basse e agli Intoccabili ma beneficherà anche le caste alte. Questo nuovo genere di idee è molto importante anche per noi missionari, che nel nostro lavoro di Evangelizzazione ci siamo quasi sempre limitati e concentrati su una casta e su un gruppo singolo, trascurando i contatti con gli altri gruppi e le altre caste. È’ molto importante cercare nelle alte sfere quelle persone di buona volontà che siano disposte a schierarsi in favore degli Intoccabili. Una loro parola piò valere più di cento nostri discorsi. Il loro atteggiamento di benevolenza, di simpatia, di accettazione e di incoraggiamento può rompere facilmente il circolo vizioso del fatalismo e della rassegnazione millenaria che toglie agli Intoccabili ogni incentivo a migliorare la loro situazione. Anche Gandhi parlava di questa strategia quando insisteva sul cambiamento del cuore da parte delle caste alte nei confronti degli Harijans. Una vera metanoia a questo riguardo richiede l’abbandono del concetto Indè di “Bornashoedharma” (il dovere dell’individuo è quello di rimanere nella propria casta), oltre che l’idea di puro e impuro ed esige la decisione di integrare gli Intoccabili nella società con piena parità di diritti e doveri. 1.170 Le risoluzioni di Kathmandu

Non sarà facile trovare, tra gli strati sociali alti, persone di buona volontà che siano disposte ad attuare questo cambiamento di cuore, ma non dovrebbe essere neppure impossibile. Anche perché il “Bissho Hindu Mohasommelon” (Congresso Mondiale dell’Induismo), svoltosi a Kathmandu nel Marzo del 1988, ha preso delle decisioni rivoluzionarie a questo riguardo. Riportiamo le due risoluzioni più importanti: Resolution No. 31: Much damage has been done to Hinduism due to caste system and untouchability. So we resolve that Hinduism be a castles society-religion and that untouchability amongst its brethren be abolished. As all Hindus are equal and all parts of God it is resolved that we eradicate these to evils of Hinduism. Resolution No 32: Let the following be the slogan for the unity of all Hindus: one religion and one caste. One society and one culture.

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1.171 Una vera lieta notizia

Le risoluzioni del Congresso di Kathmandu rappresentano per l’Induismo un enorme balzo in avanti. Con questo documento la lotta contro la mentalità di casta e l’Intoccabilità dovrebbe essere facilitata. Nella strategia dall’alto le risoluzioni di Kathmandu possono diventare un’arma molto importante. E potranno essere molto utili anche per la strategia dal basso. Gli Intoccabili potranno far forza su queste decisioni per rivendicare i loro diritti all’interno dell’Induismo al quale vogliono appartenere e questa volta, per la prima volta nella storia di questa religione, questi diritti vengono garantiti non dalla politica, dall’ONU o dalla Costituzione, ma dalla religione stessa. 1.172 La Scheduled Castes Federation

Sempre a proposito di strategia dall’alto sembra opportuno segnalare che in Bangladesh è sorta, in questi ultimi anni, la Scheduled Castes Federation (Federazione delle caste depresse), un’organizzazione che si interessa anche dei problemi degli Intoccabili e ha fatto suo il motto della Conferenza di Kathmandu: una casta, una religione, una cultura. Questa organizzazione pubblica anche una interessante rivista intitolata Somaj Darpan. Gli articoli della rivista sono a sfondo religioso – sociale e spesso trattano temi riguardanti la casta e l’Intoccabilità. Potrebbe essere utile informare questa organizzazione circa i problemi dei Muci: meglio ancora se i Muci stessi si mettessero in contatto con questa federazione e potessero usufruire della rivista per farsi conoscere meglio dai loro correligionari. 1.173 La letteratura

Un altro grande mezzo che può essere usato nella strategia dall’alto a favore dei Muci e Intoccabili in genere è la letteratura. Si dice che i semi del Verbo sono presenti dappertutto e che il Regno di Dio è già presente in un determinato gruppo umano ancor prima che arrivi la Chiesa e la Missione. Se queste affermazioni sono vere la letteratura di un popolo è uno dei luoghi privilegiati dove cercare questi semi del Verbo e scoprire i valori del Regno. La letteratura Bengalese è ricca di valori umani e i valori umani sono valori Cristiani.

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Rabindranath Tagore ha scritto delle poesie meravigliose che cantano la dignità umana e il rispetto di ogni persona. Nazrul Islam, Michael Modhon Shudon Dotto hanno attaccato nei loro scritti i mali del sistema delle caste e dell’Intoccabilità. Shukanto ha denunciato lo sfruttamento e l’oppressione dell’uomo sull’uomo. I romanzi di Shorot Chondro sono tutti incentrati sul tema del rinnovamento sociale Indiano. Probabilmente esistono altri poeti e scrittori del Bengala che prima di Gandhi e del Dr. Ambedkar hanno sognato un’India senza caste e senza Intoccabili. Noi Missionari dovremo conoscere di più la letteratura dei popoli tra cui lavoriamo perché molte liete notizie che dovremmo portare forse ci hanno già preceduto. 1.174 Matrimoni misti

Un ultimo aspetto della strategia dall’alto dovrà necessariamente riguardare i matrimoni tra gruppi diversi. Nel sistema delle caste il matrimonio tra caste diverse è il tabù dei tabù. Tutti coloro che hanno cercato delle soluzioni per sradicare la mentalità di casta e l’Intoccabilità hanno individuato nelle relazioni matrimoniali il mezzo migliore per demolire la barriera. Qualcosa si sta muovendo in questa direzione e in futuro tra i giovani che hanno accesso alla scuola e alla istruzione, i matrimoni d’amore saranno quelli che faranno crollare più in fretta il muro di divisione tra le varie caste. Anche noi possiamo contribuire a preparare il campo per promuovere e incoraggiare queste ralazioni che libereranno la società del Sub – Continente Indiano da questo tabù. 1.175 La strategia dal basso

Ci stiamo accorgendo che, in questa lunga dissertazione circa le possibili soluzioni per combattere l’Intoccabilità, i Muci sono stati momentaneamente dimenticati. Ci sembra però che quanto è stato detto finora si può benissimo applicare anche ai Muci. D’ora in poi riprenderemo il discorso particolareggiato su di loro.

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1.176 Integrazione nella società

Più volte è stato ripetuto che il problema dei Muci è un problema sociale ed esige quindi una soluzione in questa linea. Una risposta adeguata ai loro problemi più che l’aggregazione ad una chiesa (che sia Cattolica o Protestante non fa nessuna differenza), ci pare possa essere il tentativo per una loro piena integrazione nella società. I Muci stessi si rendono conto che il loro più grosso problema è l’emarginazione sociale e capiscono anche che, per essere accettati dalla società, devono necessariamente abbandonare tutto quello che viene loro rimproverato. Anni fa è circolato per alcuni mesi nella zona di Dumuria, Tala e Keshabpur un interessante documento stilato da un gruppo di Muci i quali invitavano i membri del loro gruppo sociale a “convertirsi”. La conversione esigeva l’abbandono degli avvelenamenti, degli scuoiamenti, del mangiare carne morta e il comportamento di vita secondo i canoni dell’Induismo. I firmatari del documento si proponevano una campagna su vasta scala per sensibilizzare i loro fratelli ad occupare il posto che a loro spetta nella società. L’idea di un documento scritto fatto circolare tra i vari villaggi è decisamente un segno che i Muci si stanno svegliando e sono coscienti di essere defraudati dei loro diritti umani. 1.177 Abbandono delle cattive abitudini

Il primo passo per essere accettati dal gruppo sociale più vasto è quindi, da parte dei Muci, l’abbandono delle loro tradizionali occupazioni non molto simpatiche. Qualcuno sostiene che non è necessario l’abbandono degli scuoiamenti per l’integrazione sociale: la rinuncia al mangiare carne morta e agli avvelenamenti dovrebbe essere sufficiente. Ma per un Muci che scuoia la carcassa di un animale morto la tentazione di portarsi a casa la carne è troppo forte. È consigliabile quindi ai Muci che vogliono integrarsi nella società di evitare anche le occasioni prossime di peccato. Quasi la maggioranza di loro è riuscita a liberarsi da queste perverse abitudini, ma qualcuno, incallito nel vizio, persiste in queste occupazioni. A causa di questa minoranza a tutto il gruppo viene vietato l’accesso ai luoghi pubblici. 122


In questi casi dovrebbe essere nostro dovere far notare ai notabili che governano la vita sociale del villaggio i loro errori. Non dovrebbero buttare al macero i manchi marci insieme al cestino di quelli buoni. Inoltre dovremmo far aprire gli occhi del gruppo sociale più vasto circa le sue contraddizioni. Da una parte si escludono i Muci dalla società per le loro cattive abitudini; dall’altra, se cercano di abbandonare i loro vizi, si rimproverano perché trascurano i doveri tradizionali del loro gruppo tra i quali dovrebbe essere contemplato anche quello di occuparsi degli animali morti. 1.178 Pulizia e igiene

Il primo requisito per l’integrazione sociale dei Muci è quindi l’abbandono delle loro abitudini non troppo civili. Il secondo passo che devono necessariamente fare per essere accettati dagli altri gruppi è quello della pulizia e dell’igiene. Le condizioni del loro ambiente sono state descritte nella prima parte di questa ricerca e non occorrono ulteriori dettagli. I Muci devono imparare a prendersi cura della loro persona, a lavarsi, a mantenere la capanna e il cortile puliti. E soprattutto devono imparare le più elementari regole di igiene. Alcuni anni fa il Chairman di Tala, invitato ad una riunione di Muci che si erano incontrati per discutere i loro problemi, dava loro questi tre suggerimenti: • Abbandonare definitivamente l’abitudine di fare i propri bisogni sul ciglio della strada e provvedere ai gabinetti. • Mandare i figli a scuola. • Non sposare le figlie in tenera età. Nei nostri 10 anni di presenza tra i Muci di Chuknogor abbiamo ripetutamente insistito sull’importanza dei gabinetti. La Caritas Bangladesh ha collaborato attivamente, offrendo a chi era interessato, dei gabinetti ad infimo prezzo. Una certa coscienza circa l’importanza e l’utilità dei servizi igienici sembra stia entrando ormai tra i Muci di Chuknogor. Parecchi di loro si sono costruiti il gabinetto “paka” (in mattoni); altri lo costruiranno appena ne avranno la possibilità. Per facilitare la pulizia e l’igiene estremamente importanti sono i pukur e le pompe per l’acqua di cui, negli ambienti Muci, c’è sempre scarsità. 123


Anche solo la pulizia e l’igiene potrebbero essere un campo immenso per chi vuole lavorare con i Muci; ma anche questo, come tutti gli altri progetti per loro, deve essere un progetto che richiede tempo, costanza e tenacia perché i risultati non saranno immediati. 1.179 Miglioramento dell’ambiente

Insieme alle condizioni igienico-sanitarie è necessario che i Muci migliorino anche le loro abitazioni. Il cambiamento esterno – ambientale può contribuire anche al miglioramento interno – psicologico: una capanna ben costruita, ben tenuta e ben pulita può offrire al suo proprietario una nuova coscienza di sé e gli può dare un senso di dignità personale e autorispetto. La Missione di Borodol, dopo la ristrutturazione della para con le case nuove, ha assunto una fisionomia completamente diversa. Sembra quasi che la pulizia e l’ordine abbiano creato un miglioramento anche nei rapporti sociali: sono diminuite le risse e le baruffe interne; è nato tra la gente un sentimento di maggior unità e soprattutto si è notata nella maggioranza la determinazione di abbandonare completamente le vecchie abitudini. 1.180 La scuola

Il mezzo migliore per accelerare il processo di integrazione con gli altri gruppi e per attuare una vera liberazione dei Muci a tutti i livelli rimane la scuola e l’istruzione. In tuttoil Sub-Continente Indiano la scuola è ritenuta da tutti un valore inestimabile. A chi è in grado di leggere e scrivere viene data dignità e rispetto, anche se appartiene agli strati più bassi della società. A Chuknogor abbiamo notato questi particolari: la gente apprezza e rispetta i nostri maestri i quali sono per la maggior parte di estradizione Muci. Sono chiamati con il titolo onorifico di Mastre. Capita spesso che questi maestri siano invitati a pranzo o a cena in casa di Mussulmani che mandano i figli nelle nostre scuole. Il trattamento a loro riservato è di riguardo e rispetto. Lo stesso succede tra gli studenti Muci delle scuole superiori: a lungo andare la scuola rompe le barriere sociali e fra gli studenti si stabiliscono relazioni amichevoli. In occasione di festività religiose capita spesso che i nostri studenti Muci siano invitati dai loro compagni non Muci nelle loro case dove vengono accolti con gentilezza e cordialità anche dai grandi. A loro volta gli studenti

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Muci ricambiano gli inviti e non è raro vedere studenti provenienti da altri gruppi sociali gironzolare nella Muci para. Oltre a favorire l’integrazione sociale l’istruzione e la scuola sono forse il mezzo migliore per creare nei Muci una nuova coscienza di se stessi. Si nota subito la diversità tra chi frequenta la scuola e chi rimane tutto il giorno rintanato nel villaggio. I ragazzi che studiano, oltre alla pulizia della propria persona, ci tengono a procurarsi dei vestiti nuovi ed eleganti: le ragazze, quando vanno a scuola, sembra stiano andando ad un concorso di bellezza, tanto sono lucide ed agghingate. Mentre chi non ha mai varcato la soglia di una scuola non nutre grandi speranze per un futuro migliore e vive nella rassegnazione e nel fatalismo, chi ha accesso all’istruzione capisce che la sua vita potrebbe essere diversa da quella dei suo padre si rende conto che anche i Muci possono avere delle ambizioni e dei sogni. Soprattutto quelli che studiano incominciano a rendersi conto dei soprusi e delle ingiustizie perpetrate contro il loro gruppo. Iniziano a capire che dovranno essere loro stessi a lottare per i diritti umani e timidamente avanzano le prime richieste di uguaglianza a tutti i livelli nel contesto sociale del villaggio. Oltre che rendersi coscienti dei loro diritti umani i ragazzi della scuola superiore già iniziano a capire la politica del villaggio: i vari giochi dei matobbor, la loro astuzia e i loro raggiri sempre a scapito dei più deboli e indifesi. 1.181 La donna

Particolare importanza dovrebbe essere data all’istruzione delle ragazze ed alla coscientizzazione della donna. Le donne Muci, in confronto a quelle Mussulmane e Indù di casta alta, godono di una discreta libertà. Si possono facilmente riunire in gruppo per discutere i loro problemi. Si è osservato che le cooperative di risparmio o i gruppi che lavorano meglio nei villaggi del Bangladesh sono quelli formati dalle donne e dalle donne povere. Le donne Muci non dovrebbero fare eccezione. Si entusiasmano facilmente e sono più costanti degli uomini. Con loro, programmi come alfabetizzazione degli adulti, educazione igienica, artigianato ecc. hanno buona probabilità di successo. In questa strategia dal basso per la promozione umana dei Muci la scuola per le ragazze dovrebbe essere una delle migliori priorità. 125


Le ragazze che frequentano la scuola, oltre a tutti i benefici che l’istruzione offre, possono avere anche la fortuna di sposarsi in un’età più matura, cosciente e responsabile. Recentemente il Governo del Bangladesh, per incentivare l’istruzione delle ragazze, ha stabilito che per loro la scuola sia gratuita. Se queste facilitazioni governative continueranno, anche per le ragazze Muci si aprono buone prospettive per un futuro migliore. Nella società maschilista del Bangladesh noi missionari non siamo in grado di fare molto per la promozione della donna. Anni fa è stato lanciato questo slogan: women for women. Le suore e forse in futuro le volontarie laiche potranno trovare nel mondo della donna Muci e Bengladeshi un ampio campo di lavoro. Qualche pista è gia stata tracciata: Angela Gomez è stata un grande pioniere in questo campo. Il futuro della donna Muci e Bengladeshi sarà senz’altro migliore del passato. 1.182 Comunicazioni stradali

Un altro aiuto di cui i Muci avrebbero urgente necessità sono le comunicazioni stradali. Già si è parlato della dislocazione dei villaggi Muci e si è detto che molti di questi villaggi sono completamente isolati. In questi ultimi anni parecchi Muci sono diventati guidatori di van, il caratteristico carrettino a tre ruote che serve come mezzo di trasporto di merci e persone su strade di terra battuta all’interno dei villaggi. Per mancanza di accessi decenti ai loro quartieri questi Muci sono costretti, alla fine della giornata, a lasciare gli strumenti del lavoro al bazar del villaggio, con il rischio che vengano rubati. La Caritas Bangladesh, che durante la stagione invernale si occupa spesso di “rural works”, potrebbe risolvere il problema delle comunicazioni stradali nei villaggi Muci più isolati geograficamente. Anche questo potrebbe facilitare i loro rapporti con gli altri gruppi sociali o, per lo meno, avendo una strada propria per entrare ed uscire dalla loro para, non sarebbero più oggetto di insulti e angherie da parte dei loro circonvicini. 1.183 Legal aid and legal literacy

La Chiesa Cattolica del Bangladesh incomincia a parlare, seppure timidamente, di giustizia sociale e di difesa di diritti umani.

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Parecchi tentativi in questo campo sono già stati fatti tra le minoranze etniche tribali del nord per difendere le loro terre. Anche alcune N.G.O. (Non Governament Organization), specialmente quelle che lavorano con maggior serietà ed impegno, si stanno rendendo conto che l’aiuto legale ai gruppi più calpestati e oppressi dovrebbe essere un campo di lavoro prioritario in Bangladesh. Per i Muci l’assistenza legale potrebbe contribuire a salvare le loro poche terre rimaste: potrebbe difenderli contro le ingiustizie e soprattutto potrebbe affrontare il problema della loro forzata emarginazione sociale. Piccoli esperimenti di aiuto legale ai Muci sono stati fatti in questi anni da una N.G.O. che lavora nella zona di Tala. I casi che questa N.G.O. (Uttaran) ha portato in tribunale in difesa dei Muci (e non Muci) hanno avuto risultati soddisfacenti. L’incaricata del programma di assistenza legale di questa organizzazione, una giovane donna avvocato, Wahida Rahman, è stata letteralmente sommersa di richieste di aiuto per questioni di terre, eredità, matrimoni, divorzi ecc. Oltre all’assistenza legale un altro mezzo importante per rendere cosciente i Muci dei loro diritti potrebbe essere quello di far conoscere loro le leggi che il Governo ha emesso per difendere gli interessi dei poveri e dei deboli: leggi che dovrebbero regolare gli stipendi, la mano d’opera dei braccianti, frenare la violenza contro la donna, difenderla contro lo sfruttamento maschilista ecc. Legal aid e legal literacy potrebbero essere un campo nuovo anche per l’attività missionaria tra i Muci in particolare tra i poveri del Bangladesh. 1.184 Muci e non Muci

Nella Diocesi di Kulna, dato che i Muci sembravano essere uno dei gruppi più aperti al Vangelo, i missionari hanno sempre avuto per loro un interesse particolare, trascurando forse altri gruppi altrettanto bisognosi di assistenza. Noi missionari abbiamo seguito una metodologia che si potrebbe definire del Buon Pastore. Ci siamo caricati la pecorella smarrita sulle spalle dimenticando le altre 99. Il metodo del Buon Pastore è biblico ed evangelico, ma potrebbe anche darsi che per i Muci non sia il metodo più adatto. Già si è visto come i Muci siano rimasti estraniati dal vasto gruppo sociale anche dopo la loro adesione al Cristianesimo. Inoltre l’esclusivo interesse dei missionari per i Muci può creare in essi la convinzione di essere diversi

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dagli altri gruppi. Con questi risultati i loro complessi psicologici, invece che sparire, potrebbero aumentare e rafforzarsi. Ci sembrerebbe quindi più utile, per la loro integrazione sociale, che l’interesse dei missionari non sia rivolto esclusivamente ad essi. Insieme a questo gruppo l’attività missionaria dovrebbe preoccuparsi di seguire allo stesso modo altri gruppi umani siano essi Indù o Mussulmani, che si trovano nella medesima situazione di povertà, oppressione ed emarginazione. Tra i beneficiari del nostro progetto scolastico di Chuknogar abbiamo, insieme ai ragazzi Muci studenti che provengono da caste basse Indù, classi Mussulmane di infima categoria. Con il passare degli anni i rapporti con i vari gruppi sembrano migliorare e si spera che, in un futuro più o meno remoto, questi ragazzi, che studiano e crescono insieme, saranno in grado di demolire le barriere della divisione sociale. Anche nei gruppi dei maestri, composto da Muci Indù e Mussulmani, in questi anni, sono maturati sentimenti di stima reciproca e rispetto. Ci sembra importante, sempre in vista dell’integrazione sociale dei Muci, non promuovere nessuna iniziativa di sviluppo ad unico ed esclusivo beneficio dei medesimi. L’esperienza ha dimostrato che i progetti di sviluppo creati solo per i Muci e gestiti solo da loro non hanno mai avuto lunga durata e sempre ci sono stati casi di ruberie e disonestà. D’altra parte si dovrà però stare particolarmente attenti perché i non Muci, che aderiscono alle iniziative o progetti di sviluppo insieme ai Muci, non tolgono a questi la possibilità di esprimere le loro capacità e non abbiano a prendere il sopravvento su di loro o con la forza o con l’imbroglio: in questo caso i tentativi di integrazione sociale dei Muci sarebbero destinati al fallimento. 1.185 Liberazione psicologica

Nel capitolo sulla psicologia dei Muci è stato detto che la loro liberazione non sarà autentica finché non saranno in grado di liberarsi dalle loro paure dai loro complessi e soprattutto dalla bassa immagine che hanno di se stessi, che li spinge a vergognarsi di essere Muci e, di conseguenza, a nascondere la loro identità in tutti i modi. Il problema dell’identità e delle proprie origini è particolarmente sentito dai Muci che si sono evoluti e sono riusciti a farsi una posizione nella società. 128


Quasi tutti questi “arrivati” hanno abbandonato il villaggio e vivono in città, lavorando come maestri, operai in fabbrica, impiegati governativi ecc. Quasi tutti si sforzano di nascondere le proprie radici, costretti a mentire quando sono interpellati circa la loro provenienza e il loro gruppo sociale. E così vivono nella paura di essere scoperti e quindi rifiutati ed emarginati di nuovo. Prima o poi però saranno identificati e smascherati perché i rapporti con i parenti del villaggio, anche se deboli, persistono. E prima o poi, per casi di matrimoni eredità, malattie o altre ragioni quelli del villaggio verranno in città a cercare i loro parenti che sono arrivati così in alto. E in un modo o nell’altro i vicini di casa e gli amici scopriranno la loro provenienza e le loro radici. Ci sembrerebbe quindi molto importante, per la loro piena e autentica liberazione, che i Muci abbiano il coraggio di dichiarare apertamente la loro identità e le loro origini, anche se per questo dovessero essere seganti a dito. Ma la loro paura sparirebbe, e, oltre che rendere un servizio a se stessi, questa dichiarazione aperta e coraggiosa, ancor meglio se fosse accompagnata da un senso di orgoglio, potrebbe essere di grande aiuto anche al vasto gruppo degli altri Muci. Nella mentalità generale i Muci sono un albero secco: da quest’albero, che venga innaffiato, potato o concimato non spunterà mai niente. Il Muci “arrivato” che avesse il coraggio di dichiarare apertamente le sue origini, potrebbe dimostrare che quell’albero ritenuto secco è vivo: dai suoi rami possono spuntare foglie, fiori e frutti. Sarebbe estremamente incoraggiante e stimolante per i Muci del villaggio se queste piccole foglie verdi mantenessero stretti legami con la pianta di origine: tutta la pianta ne acquisterebbe beneficio me altre foglie, fiori e frutti non tarderebbero a spuntare. 1.186 Adesione al Cristianesimo

Come missionari noi abbiamo un compito ben specifico: quello dell’annuncio di Cristo a chi ancora non lo conosce.. Siamo convinti che i valori Cristiani, se veramente capiti e vissuti, potrebbero aiutare i Muci a cambiare e migliorare la loro condizione di vita in tutti i sensi. Crediamo quindi che la proposta di conoscere Cristo e il suo Messaggio debba essere fatta anche a loro.

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Essendo la loro condizione socio- economica così disastrata purtroppo il pericolo della loro adesione alla Chiesa per semplici interessi materiali è sempre presente. Inoltre l’adesione alla Chiesa potrebbe avvenire anche senza adesione a Cristo. In questo caso la metanoia sarebbe completamente mancante e senza metanoia non si potrebbe parlare di vera conversione. D’altra parte sarebbe illusorio sperare o aspettarsi repentini e radicali cambiamenti. Non a caso si dice che per qualsiasi gruppo che si avvicini al Cristianesimo prima di assimilare qualche valore evangelico e vivere una decente Vita Cristiana, devono passare almeno 5 generazioni. Non capiterà facilmente che i Muci rimasti Indù manifestino un vivo e ardente desiderio di conversione a Cristo, ma non si potrà neanche impedire l’azione dello Spirito Santo che soffia dove e quando vuole. Se in futuro qualche gruppo di questi Muci mostrasse una sincera simpatia per il Cristianesimo e esprimesse il desiderio di diventare discepolo di Cristo, la metodologia da seguirsi per la loro aggregazione alla Chiesa potrebbe loro essere lievemente diversa da quella seguita in passato. Solo lo Spirito Santo potrà indicare la strada da seguire, ma ci sembra che le seguenti osservazioni potrebbero essere utili: 1) Ll’interesse per il Cristianesimo dovrebbe essere direttamente proporzionale alla quantità di denaro che questi simpatizzanti sono disposti a spendere per le nuove faccende religiose. I Muci Indù per le loro feste e celebrazioni religiose i fondi li trovano, a differenza dei Muci Cristiani che addossano tutte le spese per il culto sulle spalle della Missione. Questo è un segno che per la nuova religione abbracciata non deve esserci molto sentimento. I nuovi Cristiani dimostrano quindi di “sentire” anche economicamente l’interesse religioso. 2) La simpatia che il Cristianesimo e la Chiesa, per essere credibile, dovrebbe essere direttamente proporzionale al desiderio di conoscere almeno le questioni che riguardano Cristo, la Bibbia, la Chiesa e la vita Cristiana. Un lungo e serio catecumento dovrebbe essere la “conditio sine qua non” per l’aggregazione alla Chiesa. Il processo di conversione dovrebbe necessariamente innescare dei meccanismi di cambiamento. Lo sforzo per migliorare l’ambiente fisicomentale (pulizia, norme igieniche ecc.) e sociale (non mangiare carne morta, mandare i figli a scuola, non sposare le figlie in tenera età ecc.) dovrebbe essere assolutamente tangibile. Il cambiamento nella sfera morale 130


(onestà, rettitudine, generosità ecc.) non sarà facile da attuare, ma anche in questo campo lo sforzo di conversione dovrebbe essere visibile. L’interesse per il Cristianesimo dovrebbe essere inversamente proporzionale alla richiesta di aiuti economici dalla Missione. Ci si auspicherebbe che questi potenziali Cristiani mantenessero strette e cordiali relazioni con il loro gruppo di estrazione e coinvolgessero i loro excorreligionari in qualsiasi attività di tipo socio – economico – educativo. Soprattutto non dovrebbero estraniarsi dal main strean della società Bangladeshi, ma dovrebbero partecipare a tutti i livelli alla vita sociale degli altri gruppi. Non si dovrebbero mai dimenticare che una vera Chiesa Locale dovrebbe essere self supporting, self ministering e specialmente self propagating. La missione tra i poveri, se da una parte è entusiasmante, dall’altra è estremamente difficile. Per un verso c’è sempre il pericolo di dimenticare che i poveri sono i primi destinatari del Regno di Dio e, come tali, non devono essere privati dell’annuncio della Buona Novella. Dall’altro verso lo sforzo per la promozione umana e il loro pieno sviluppo a volte rischia di essere proteso per imporre loro i nostri modelli culturali e religiosi, coartando la loro responsabilità e la loro libertà. Noi missionari dovremmo meditare spesso il n.4 della Dinitatis Humanae, il n.80 della Evangelii Nuntiandi e il n.32 della Sollicitudo Rei Socialis per evitare questo pericolo e dall’altra parte non dovremmo mai dimenticare il mandato di Cristo (cfr. Mc 16:15) e il “Vae mihi nisi evangelizavero (cfr. 1 Cor 9:16).

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CONCLUSIONE Per concludere questa ricerca alcune chiarificazioni. Potrà sembrare che alcune parti di questo studio hanno dipinto la realtà dei Muci con tinte fosche, oscure e negative. Chi conosce l’ambiente e la vita dei Muci dovrebbe convenire che abbiamo cercato di essere il più possibile realisti. A chi pensasse che nella presenza missionaria tra i Muci “ il gioco non vale la candela” vorremmo ricordare che è tanto valido il lavoro di chi semina tanto di chi miete. Certe osservazioni forse un po’ troppo azzardate su i Muci Cristiani potrebbero suonare come critiche o giudizi negativi sul faticoso lavoro dei missionari che hanno avuto la forza, il coraggio e la costanza di piantare la Chiesa tra questi Intoccabili. Se così fosse vorremmo precisare che si voleva soltanto fare delle osservazioni e non esprimere valutazioni. Avessimo noi la forza, il coraggio e la tenacia di questi pionieri. Tra questi pionieri è doveroso uno speciale ricordo per: P. Mario Chiofi, P. Valeriano Cobbe, P. Mario Veronesi e P. Serafino Della Vecchia. Dalla casa del Padre sicuramente incoraggiamo i nostri sforzi di Koinonia e Diakonia tra i Muci. Nel corso di questa ricerca ci siamo sempre espressi al plurale. Quel “noi” non vuole essere un plurale “maiestatis”, ma è da considerarsi come un pronome espressivo di tutti i Missionari Severiani che hanno lavorato e stanno lavorando tra i Muci. Non li elenchiamo perché la lista sarebbe troppo lunga. Nella lista non possono mancare le Suore Luigine di Alba, nostre colleghe di lavoro. Quel “noi” non necessariamente manifesta il consenso dei sopracitati “colleghi” nelle osservazioni, nelle idee e opinioni espresse: idee che restano solo punti di vista dell’autore il quale sarà grato a chi volesse esprimere pareri, giudizi, critiche o intavolare discussioni sui vari argomenti trattati in questa ricerca.

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Letture consigliate e ringraziamenti L’autore informa chi volesse approfondire la conoscenza dei Muci che altri Missionari Severiani del Bangladesh si sono cimentati in ricerche del genere. Essi sono: a) P.John Fagan, autore dello studio più volte citato: “The Muci Untouchables, a people set apart” e di una tesi di laurea in Antropologia su “Gandhi e l’intoccabilità” b) P. Riccardo Tobanelli, autore di uno studio sul mondo religioso dei Muci presentato al S.O.A.S. (Social Oriental African Studies) di Londra. c) P. Cosimo Zene: sta ultimando una monumentale ricerca per il Dottorato in Antropologia al S. O. A. S. di Londra sulla storia delle Missioni tra gli Intoccabili del Bengala Occidentale. Inoltre l’autore vuole ringraziare: Mr. Hasen Ali Fochir, professore di Letteratura Bengalese al College di Chuknogor-Dumuria-Khulna, Bangladesh per lo sprono e l’incoraggiamento ad affrontare questa ricerca. Miss Wahida Rahman, avvocato e consulente legale della N.G.O. Uttaran Tala-Satkira, Bangladesh per tutto l’aiuto offerto ai Muci di Chuknogor e Tala e per la sua simpatia nei loro confronti. P. Aldo Guarniero, Missionario Severiano, ex Direttore della famosa St. Joseph School di Khulna, Bangladesh per aver dattilografato la prima parte di questo studio. La Signorina Luigina Barella, professoressa di lettere e giornalista di Asia News, Mondo e Missione e Settimanale della Diocesi di Como per la collaborazione dattilografica e l’ospitalità squisitamente “orientale” offerta durante il lavoro di revisione di questo studio. P. Oscar De la Torre, Severiano Messicano, già missionario tra i Nahuatl, discendenti degli Aztechi nella sua terra di origine e ore in partenza per il Bangladesh, per la finale stesura di questo lavoro.Pur essendo “novizio” sia alle prese con la lingua Italiana che con il computer, la sua tecnica e la sua costanza hanno contribuito a far uscire i “Muci di Khulna e Satkhira” dal cassetto in cui sarebbero rimasti senza il suo aiuto.

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Indice MUCI – RISHI.............................................................................................................................................................. 5 1.1 Il termine Muci...........................................................................................................................................................5 1.2 Il Muci del narikel.......................................................................................................................................................5 1.3 Muni - Muci................................................................................................................................................................6 1.4 CI, CI, CI!.....................................................................................................................................................................6 1.5 Il disgusto del termine “Muci”....................................................................................................................................7 1.6 Rishi............................................................................................................................................................................8 1.7 Ruidash.......................................................................................................................................................................8 1.8 Riudash e Sri Krisna....................................................................................................................................................9 1.9 I Rishi di Ruidash......................................................................................................................................................10 1.10 Rishi e Dash............................................................................................................................................................11 1.11 Gli Intoccabili e le loro origini.................................................................................................................................12 1.12 Boro Beghi e Cioto Beghi........................................................................................................................................12 1.13 Bauni e Nirbauni.....................................................................................................................................................13 1.14 Porbauni e Nijbauni................................................................................................................................................14 I MUCI DI KHULNA E SATKHIRA................................................................................................................................. 15 1.15 Muci Para...............................................................................................................................................................15 1.16 Unità familiari........................................................................................................................................................15 1.17 Istruzione................................................................................................................................................................16 1.18 Religione.................................................................................................................................................................17 1.19 Proprietà della terra...............................................................................................................................................17 1.20 Emigrazione............................................................................................................................................................18 I MUCI INTOCCABILI, EMARGINATI E OPPRESSI......................................................................................................... 20 1.21 Intoccabilità............................................................................................................................................................20 1.22 Ragioni storiche......................................................................................................................................................20 1.23 La mucca sacra.......................................................................................................................................................21 1.24 La dieta...................................................................................................................................................................22 1.25 La sporcizia.............................................................................................................................................................22 1.26 Emarginazione geografica.....................................................................................................................................23 1.27 Le strade.................................................................................................................................................................23 1.28 I villaggi lungo i fiumi.............................................................................................................................................24 1.29 Promesse da marinai!............................................................................................................................................25 1.30 Emarginazione sociale...........................................................................................................................................25 1.31 Forme di discriminazione sociale...........................................................................................................................25 1.32 Amicizie pericolose!................................................................................................................................................26 1.33 The least and the lowest….....................................................................................................................................27 1.34 …and the last….......................................................................................................................................................27 1.35 …and the lost!........................................................................................................................................................28 1.36 Emarginazione educativa.......................................................................................................................................28 1.37 La scuola delle capre!.............................................................................................................................................28 1.38 La discriminazione continua...................................................................................................................................30 1.39 La brillante intelligenza dei Muci...........................................................................................................................30 1.40 Salvation through education..................................................................................................................................31 1.41 Emarginazione religiosa.........................................................................................................................................32 1.42 I Muci oppressi.......................................................................................................................................................33 1.43 Abusi verbali...........................................................................................................................................................33 1.44 Non c’è più religione!.............................................................................................................................................33 1.45 Might is right!.........................................................................................................................................................34 1.46 Prestiti pericolosi!...................................................................................................................................................34 1.47 Un Muci creditore?!...............................................................................................................................................35 1.48 Gioto dosh Nondo Ghosh.......................................................................................................................................35

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1.49 Divide et impera!....................................................................................................................................................36 1.50 Timeo Danaos et dona ferentes.............................................................................................................................36 1.51 La chiusura del cerchio...........................................................................................................................................37 L’AMBIENTE MATERIALE DEI MUCI........................................................................................................................... 39 1.52 La Capanna.............................................................................................................................................................39 1.53 Condizioni igieniche................................................................................................................................................40 1.54 Oggi come 150 anni fa...........................................................................................................................................40 1.55 La vecchia e le formiche.........................................................................................................................................41 1.56 L’arredamento........................................................................................................................................................42 1.57 Il vestito..................................................................................................................................................................43 1.58 Mora khaoa............................................................................................................................................................44 1.59 Il veleno..................................................................................................................................................................45 1.60 I Muci scuoiatori.....................................................................................................................................................46 1.61 Commercianti in pelle............................................................................................................................................46 1.62 Ciabattini................................................................................................................................................................46 1.63 Costruttori di tamburi............................................................................................................................................47 1.64 Suonatori................................................................................................................................................................48 1.65 Facchini e scaricatori..............................................................................................................................................48 1.66 Drivers ...................................................................................................................................................................49 1.67 Poliziotti .................................................................................................................................................................49 1.68 Abili artigiani..........................................................................................................................................................49 1.69 Buoni guadagni......................................................................................................................................................50 1.70 ... e dolce vita ........................................................................................................................................................50 1.71 Il kolshi del riso.......................................................................................................................................................50 1.72 Chi dorme mangia .................................................................................................................................................51 1.73 Chi ruba ..., pure!....................................................................................................................................................51 1.74 Contadini fannulloni...............................................................................................................................................51 1.75 Dipendenza economica..........................................................................................................................................52 1.76 Le conseguenze di una economia disastrata.........................................................................................................52 CAPITOLO QUINTO: L’AMBIENTE SOCIALE DEI MUCI................................................................................................. 54 1.77 Blame the victims..................................................................................................................................................54 1.78 Tutti “underdogs”...................................................................................................................................................54 1.79 Concordi nella … disunione....................................................................................................................................55 1.80 La rugiada e il vento...............................................................................................................................................55 1.81 Boro Beghi e Cioto Beghi........................................................................................................................................56 1.82 Bhoddro Kul e Obhoddro Jat..................................................................................................................................56 1.83 Il “somaj”: scomunica e riammissione...................................................................................................................57 1.84 La boro khana........................................................................................................................................................58 1.85 Verso un somaj meno severo.................................................................................................................................58 1.86 Il ghosti...................................................................................................................................................................59 1.87 La famiglia..............................................................................................................................................................60 1.88 Le mogli..................................................................................................................................................................61 1.89 I figli........................................................................................................................................................................61 1.90 Le figlie...................................................................................................................................................................62 1.91 Rapporti prematrimoniali......................................................................................................................................62 1.92 Malattie veneree....................................................................................................................................................62 1.93 Il matrimonio..........................................................................................................................................................63 1.94 Il colore della pelle.................................................................................................................................................63 1.95 Mala bodoler bie....................................................................................................................................................64 1.96 Divorzi facili............................................................................................................................................................64 1.97 Casi di bigamia.......................................................................................................................................................65 1.98 Mezzi anticoncezionali...........................................................................................................................................65 1.99 Incesto?..................................................................................................................................................................66 1.100 La leadership: i mattobbor...................................................................................................................................66 1.101 Servizio… interessato............................................................................................................................................67

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1.102 Vizietti particolari…..............................................................................................................................................67 1.103 I matobbor cristiani..............................................................................................................................................68 1.104 I quattro volponi di Dhandia................................................................................................................................68 1.105 Gli esemplari… matobbor di Borodol ..................................................................................................................69 1.106 Virtù dei matobbor...............................................................................................................................................70 1.107 Nei mamar ceie….................................................................................................................................................70 1.108 Thar bhasa...........................................................................................................................................................70 IL MONDO PSICOLOGICO DEI MUCI........................................................................................................................... 72 1.109 Il posto delle scarpe.............................................................................................................................................72 1.110 Amra manush na..................................................................................................................................................72 1.111 Due monumenti a Borodol...................................................................................................................................73 1.112 Complesso di inferiorità.......................................................................................................................................73 1.113 Vittimisimo...........................................................................................................................................................74 1.114 Dipendenza...........................................................................................................................................................75 1.115 L’onnipotenza del missionario.............................................................................................................................75 1.116 I pericoli della dipendenza....................................................................................................................................75 1.117 Sottomissione.......................................................................................................................................................76 1.118 Paura e isolamento..............................................................................................................................................77 1.119 Alienazione...........................................................................................................................................................77 1.120 La rivolta dei cristiani di Satkhira.........................................................................................................................78 1.121 Istinto possessivo.................................................................................................................................................79 1.122 I tre lati di un triangolo........................................................................................................................................80 1.123 L’oppresso diventa oppressore............................................................................................................................81 1.124 Un processo contro la Missione di Satkhira.........................................................................................................81 1.125 la piena liberazioni dei muci.................................................................................................................................82 IL MONDO RELIGIOSO E MORALE DEI MUCI.............................................................................................................. 83 1.126 I risultati di una inchiesta.....................................................................................................................................83 1.127 Riunioni interessanti.............................................................................................................................................84 1.128 Gli iniziati..............................................................................................................................................................85 1.129 Processo di bramanizzazione...............................................................................................................................86 1.130 Pratica devozionale della bhokti..........................................................................................................................86 1.131 Il gruppo del “Boisnob Tontro”............................................................................................................................87 1.132 I personaggi “religiosi” dei Muci..........................................................................................................................87 1.132.1 Il gurudeb....................................................................................................................................................87 1.132.2 Thakur, purohit, baun (storpiatura di Brammon).......................................................................................88 1.132.3 Goshai.........................................................................................................................................................89 1.133 La puja..................................................................................................................................................................89 1.134 Le puja private......................................................................................................................................................89 1.134.1 Narayoner puja...........................................................................................................................................89 1.134.2 Shonir puja..................................................................................................................................................90 1.134.3 Gach tolar puja............................................................................................................................................90 1.134.4 Lokki puja....................................................................................................................................................91 1.134.5 Trinater puja................................................................................................................................................91 1.135 Le puja comunitarie..............................................................................................................................................91 1.135.1 Puja di Shiva................................................................................................................................................91 8.10.1.11 La scenografia della puja...................................................................................................................92 8.10.1.12 Antichi culti della fertilità..................................................................................................................92 8.10.1.13 Altri ingredienti della puja.................................................................................................................93 8.10.1.14 Shiva e i Muci.....................................................................................................................................94 1.135.2 Il namjoggo..................................................................................................................................................95 1.136 Pellegrinaggio......................................................................................................................................................95 1.137 Voti e promesse....................................................................................................................................................96 1.138 Gli spiriti...............................................................................................................................................................97 1.139 Concetti morali dei Muci .....................................................................................................................................99

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I MUCI CRISTIANI.................................................................................................................................................... 101 1.140 Primi tentativi dei Gesuiti...................................................................................................................................101 1.141 Nuntio vobis gaudium magnum........................................................................................................................101 1.142 I Missionari del Pime a Borodol .........................................................................................................................101 1.143 Criminal tribes....................................................................................................................................................102 1.144 Ritorno dei Gesuiti.............................................................................................................................................102 1.145 Il potere dei bianchi............................................................................................................................................103 1.146 “Conversioni” in massa”.....................................................................................................................................103 1.147 Il bastone di Padre Koster..................................................................................................................................103 1.148 Padre Koster e l’istruzione..................................................................................................................................103 1.149 Risultati ottenuti................................................................................................................................................104 1.150 Osservazioni sulla storia dei Muci Cristiani........................................................................................................105 1.151 The Muchi Christians: a people set apart?!.......................................................................................................106 1.152 I 100 villaggi di Serafino.....................................................................................................................................107 1.153 Muci e Cristiano: sinonimi .................................................................................................................................107 1.154 Il serpente e la rana ...........................................................................................................................................108 1.155 Dibattito sulla conversione degli Harijans.........................................................................................................108 1.156 Evitare una casta in più?....................................................................................................................................109 1.157 La Chiesa Protestante e i Muci...........................................................................................................................110 1.158 Metodologia della Chiesa Battista.....................................................................................................................110 1.159 Scarsi risultati ....................................................................................................................................................110 1.160 Consigli ai fratelli separati.................................................................................................................................111 1.161 Ripensamenti.....................................................................................................................................................112 NUOVI MODI DI PRESENZA E DI AZIONE TRA I MUCI............................................................................................... 113 1.162 Bakha.................................................................................................................................................................113 1.163 La soluzione religiosa.........................................................................................................................................114 1.164 Bangladesh: three people in one Church...........................................................................................................115 1.165 La sconfitta del Dr. Ambedkar............................................................................................................................116 1.166 Soluzione politica...............................................................................................................................................117 1.167 Soluzione tecnologica.........................................................................................................................................117 1.168 Strategia dall’alto..............................................................................................................................................118 1.169 La metanoia delle caste alte..............................................................................................................................118 1.170 Le risoluzioni di Kathmandu...............................................................................................................................119 1.171 Una vera lieta notizia.........................................................................................................................................120 1.172 La Scheduled Castes Federation.........................................................................................................................120 1.173 La letteratura.....................................................................................................................................................120 1.174 Matrimoni misti.................................................................................................................................................121 1.175 La strategia dal basso........................................................................................................................................121 1.176 Integrazione nella società..................................................................................................................................122 1.177 Abbandono delle cattive abitudini.....................................................................................................................122 1.178 Pulizia e igiene....................................................................................................................................................123 1.179 Miglioramento dell’ambiente............................................................................................................................124 1.180 La scuola.............................................................................................................................................................124 1.181 La donna.............................................................................................................................................................125 1.182 Comunicazioni stradali.......................................................................................................................................126 1.183 Legal aid and legal literacy................................................................................................................................126 1.184 Muci e non Muci ................................................................................................................................................127 1.185 Liberazione psicologica......................................................................................................................................128 1.186 Adesione al Cristianesimo..................................................................................................................................129

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