Saggi 04 spagine oronzina greco su verri

Page 1

1

magazzino di poesia / saggi 04

La nave Oronzina Greco

e il sogno

Note per una “lettura” dell’opera di Antonio Verri

*

spagine

Oronzina Greco La nave e il sogno


spagine - magazzino di poesia - saggi 04 aprile 2015

Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Culturale Fondo Verri di Lecce


Oronzina Greco

La nave e il sogno

Note per una “lettura” dell’opera di Antonio Verri


Magazzino di poesia - Saggi


5

Forse non dirò nulla di nuovo a chi Antonio Verri ha conosciuto, a chi con Verri ha discusso di poesia e di letteratura, di suggestioni rievocative, di autori, di atmosfere lette nei libri dei “grandi” e vissute, poi, in maniera autobiografica, con la passione di un grande lettore – oserei dire – divoratore di libri. Però, posso, forse, dire qualcosa a chi di Antonio Verri non ha mai letto un rigo o un verso, a chi è comunque attratto dal mondo letterario, anche se non sa come fare per avvicinarsi ad esso. La ricerca letteraria di Verri parte, a mio avviso, da una profonda conoscenza, non episodica, del panorama culturale italiano e non solo, degli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta (1) e dei fermenti dei poeti e pensatori salentini, unita ad una conoscenza di fondo dei “classici”. Classici che ritroviamo nei suoi scritti in certe situazioni, in certi richiami appena abbozzati, in certe “figure” che rimandano ad altro e che ce lo fanno scoprire attento conoscitore e lettore prima che scrittore. Scrittore e poeta non facile Antonio Verri; i suoi scritti sono da scoprire e da intendere, mettendoci dentro il proprio retroterra culturale, facendo ricorso al proprio percorso formativo; scritti che prima di essere capiti vanno forse guardati riflessi sul proprio “io”, riletti alla luce delle sensaOronzina Greco


6

zioni che possono suggerire ed evocare, così come accade quando si ammira un dipinto e si “scopre” in esso sempre un po’ quello che “ognuno” con la propria sensibilità vuole trovarci. Ed è proprio come una tela, una grande tela, talvolta con i segni abbozzati, talvolta ancora con i segni ripetuti e rituali, che io vedo gli scritti di Antonio Verri. Simboli e parole, linguaggio e introspezione, luoghi e persone, nostalgia e memoria costituiscono la sua originalità, fatta di cultura “antica” e di fervore nella scrittura, di ideali e di ricerca, di suggestioni e di fede illimitata nella potenza del verso poetico e nella forza pragmatica della parola. Verri, infatti, parte, direi quasi sempre nella sua ricerca poetica e letteraria, da quell’idea fissa che ogni parola è adorabile, anche la sciocca, la usata, adorata, adorata! (2) Sì, la parola è adorabile, con essa si può comunicare, costruire, demolire, ricordare, inventare, ricercare, giocare; e mi sembra proprio la dimensione del gioco, “il fatto ludico”, un elemento da sottolineare in molti scritti di Antonio Verri. Il fatto stesso che spesso la parola non ci dica nulla di concluso e sensato, che non costruisca una storia ma che serva solo ad evocare immagini, suoni ed emozioni, sta ad indicare -secondo me- l’intenzione di La nave e il sogno


7

stupire il lettore, di fargli chiedere a che cosa serva tutto ciò. La parola è, quindi, ammiccare al lettore, condurre un gioco e ricercare il bandolo di una matassa ma è anche cardine della sua poetica, sia che non dica e lasci immaginare nel vano tentativo di concretizzarsi, sia che spinga – come nel caso di Fate fogli di poesia, poeti - ad esporsi in questa società che appare piena di montati, vanesi e falsi (3).

Cominciate, poeti, a spedire fogli di poesia ai politici, gabellieri d’allegria, a chi ha perso l’aria di studente spaesato a chi ha svenduto lo stupore d’un tempo le ribalte del non previsto ai sindacalisti, ai capitani d’industria

Disprezzate i nuovi eroi, poeti cacciateli nelle secche del mio gazebo oblungo Spedite fogli di poesia, poeti dateli in cambio di poche lire insultate il damerino, l’accademico borioso

Osteggiate i Capitoli metropolitani, poeti i vizi del culto, le dame in veletta, i “venditori di tappeti” i direttori che si stupiscono, i direttori di qualcosa i burocrati, i falsi meridionalisti

Oronzina Greco


8

Non alzatevi in piedi per nessuno, poeti …se mai adorate la madre e il miglio stompato

le rabbie solitarie, le pratiche di rivolta, il pane. Ecco. Fate solo quel che v’incanta! Fate fogli di poesia, poeti vendeteli per poche lire!

La parola come un’arma, quindi, la poesia come lotta contro persone ignoranti e piene di sé e contro “menzogne vendute in codici”. L’uso originale e spregiudicato della parola è, dicevo sopra, un fatto ludico ma è anche una ricerca continua e mi appare tale e ancora più evidente in un’altra opera di Verri, Il Naviglio innocente, dove ci vedo la libertà, le parole in libertà, la ricerca del testo, i tentativi di scrittura, gli incipit, i possibili intrecci del “Romanzo”, i tentativi di avviarsi alla grande “Opera”, un insieme di prosa e poesia (4).

Tu tieniti stretta l’idea del tuo Declaro e che ad essa corrisponda il corpo nave e che tu possa poi dare quell’infinità di mutazioni, forse la leggerezza nella commedia

La nave e il sogno


9

Solo un estremo bisogno di parole che sappiano forse tessere l’aria e inseguire una forma appesantirsi all’occorrenza oppure dialogare leggere, pari a zamparicoli diffusi, oppure banali e dissalate e sciocche parole…

Rompe le acque la nave Castro diffusa nei generi e composita e porosa, s’arrotonda, nomina, canta del pesce che si morde la coda, della schiuma del metallo fuso, s’arriccia, irrompe, si organizza… (5)

Intorno e dentro a questa costruzione linguistica, che potremmo ricondurre alla neo-avanguardia, se volessimo fare un’analisi storica e di contesto degli scritti di Verri, esplodono i “luoghi” della libertà, Castro, Maglie, Otranto, Martano, il Salento, la propria casa materno-paterna, e l’Italia delle città (molto delicata quella poesia-racconto Per Roberta a Bologna e soprattutto quell’incipit soave e rievocativo, quella nostalgia, quel nostos, quei luoghi cui si legano le sensazioni e i frammenti di vita vissuta in un piccolo paese del Salento.

Oronzina Greco


10

Se ti accadesse, Roberta, traversando via Ugo Bassi, all’altezza del Self Service, di incontrare un vecchio giocoliere un marinaio irsuto dell’Appia, o quel goffo barbuto che si rosicchiava il niente, in un giorno di libertà sulla parte sinistra del Reno, andando per Kostanz, o se ancora ti accadesse… …di sentire nell’aria salendo al Rizzoli o, o che so, a San Luca, l’odore del pane, o dell’orzo bollito, le mille leccornie per noi sconsiderati…

(come faccio a spiegarti i misteri del pane, l’inverno senza neve le notti senza luna, i frisi? o le rivolte senza senso, i contraccolpi le secche risposte di mio padre, i suoi tormenti i ceci fritti, i baci in bocca a fine d’anno) oh come faccio a spiegarti che qui il niente non può trovare casa, che non siamo molto distanti dalla vita. O che solo questo è la vita. Se qualcosa di tutto questo ti accadesse, Roberta (6)

La nave e il sogno


11

Ma, accanto ai luoghi, anche le metafore; nel Naviglio innocente, per esempio, la nave come metafora della ricerca continua sul linguaggio che è vita, che si fa vita esso stesso. Ancora la forza della parola, quindi!(7) E, sempre nel Naviglio innocente, anche l’Europa e l’America delle città, le cittàstalla-spazzatura con il linguaggio della pubblicità, dei media, la parola che si aggancia alla musica e al video. E qui sta anche l’attualità di Antonio Verri, sempre attento anche ai cambiamenti, a voler cogliere le potenti irruzioni dei media nella vita di tutti i giorni, improntata ad antichi valori rappresentati anche in opere grafico-visive dello stesso Verri e letterariamente vissuti come simboli impliciti ma sempre validi e irrinunciabili. Di tutti quelli che io chiamo simboli-valori vorrei evidenziarne tre che mi sembrano racchiudere un mondo possibile, forse l’universo poetico di Antonio Verri: la madre, la nave, il linguaggio. Il grande archetipo (molto junghiano) della madre, la madre come Terra, come Sud, come “radici”, soprattutto ne Il pane sotto la neve, rappresenta quelle radici da non abbandonare, da tenere ben salde, e ricordare anche nei figli più degni di questo estremo Sud salentino: Vittorio Bodini, Tommaso Fiore, Maria Corti, Vittore Oronzina Greco


12

Fiore, Rina Durante e tanti altri che si scoprono nascosti ma simbolici nella sua scrittura (e questo è ancora un altro interessante discorso…) (8). Ed è sempre la figura della madre, reale e umanizzata, ne La Betissa (opera complessa che sembra una vera e propria sperimentazione sull’uso sonoro del linguaggio) destinataria del messaggio del poeta e depositaria del valore infinito della poesia in alcuni passi di quello che a me appare come il vero manifesto poetico di Antonio Verri. Nella lettera di Alessandro alla madre – Alessandro è uno dei tanti personaggi che compaiono ne La Betissa – è apertamente dichiarato ciò che in altri scritti trovavamo appena abbozzato e cioè l’immenso amore verso la scrittura che si estrinseca nella ricerca di parole che dicano, che facciano fede ai diversi e a volte strani momenti della mia vita che molti dicono povera (9). È evidenziato qui, in due pagine dense di significato, il travaglio di chi tende a costruire un’opera, il trabiccolo dice l’autore, che resti nel tempo. Cara madre, sono da due mesi in questo posto, ho solo occhi per questo congegno, questo trabiccolo, come ormai lo chiamo (due grosse e belle ali, tenui e flessuose, ma nello stesso La nave e il sogno


13

tempo compatte e senza cera) a cui lavoro anche di notte.

A volte guardo con sgomento il trabiccolo: oddio, mi dico, ma gliela farò, è tempo adesso? Poi quando qualcosa comincia ad andar bene, quando qualcosa di nuovo (qualche nota, qualche formuletta) c’è da appuntare sui miei quaderni, o allora non so che cosa è lo sgomento, e tutto è furia, tutto brilla, e io sono vivo. Ma a che serve poesia, dicevi un tempo: a che serve il cielo, puoi dire adesso, a che questa immensa voglia di alzarsi, volare?... Colpa anche della vaghezza, madre, della vaghezza e della stupidità della terra, della sua porosità… La poesia, per Antonio Verri, è vita, è il suo modo di essere vivo, è il tentativo di innalzarsi al di sopra delle vaghezze e della stupidità della terra. Ed è anche la speranza di riuscirci, di non restare solo coi miei quaderni, come, sempre in quest’opera, egli scrive. L’altro elemento molto simbolico è la nave che naviga… gode solo del suo lungo percorrere e che rappresenta , secondo me, lo scrittore stesso che , imperterrito e creativo, scrive di un mondo irreale, molto onirico, e quando il sogno, per un motivo Oronzina Greco


14

o per un altro, svanisce in qualche metafora, annega in una bolla o fluisce in una similitudine o si arena in un mare di parole, egli si interroga sull’incertezza del testo e forse anche sulla precarietà della vita e sull’inevitabilità della morte, per dirla con Italo Calvino.

Una nave. Affascinato da una sorta di esercizio che potevo inventare lì per lì - la pensavo piena di oggetti, di parole stipate – pensavo al grande moto irregolare a cui certamente non poteva sfuggire. Eppure essa solca con caparbietà regolare, mi dicevo, con infaticabile fermezza il suo solcare non conosceva una pur minima sosta. Essa naviga, stupendamente infeconda, lontanissima dai porti, corpo gigantesco, intuizione assoluta, oggetto poetico (10).

Simbolo-valore è anche, secondo me, il linguaggio, così come viene usato ne I Trofei della città di Guisnes, testo questo di grande estro inventivo linguistico. In questa opera il ritmo è dato dai personaggi che si superano a vicenda, da situazioni assurde e surreali che cerchi di seguire e che facilmente perdi nei meandri delle parole che ti sopraffanno e intanto passano rapidamente a dire altro o a non dire La nave e il sogno


15

niente, a diventare semplicemente suoni onomatopeici o follemente – genialmente - (a seconda dei punti di vista) “sequenze” di parole, di verbi, di significati,di sfumature che si rincorrono e giocano-giocano, si librano in spazi sempre più improbabili (11). Ma qui il linguaggio non ha niente del gioco giocoso, del “fatto ludico” di cui si diceva prima, perché appare, invece, come una tensione, una disperazione, un conflitto non risolto, quasi a simboleggiare,secondo me, una lacerazione nell’animo del suo creatore.

Non sanno decidersi se suonare o no stasera, le distillerie sono zeppe di rane ubriache Nella taverna sfrigola la compagnia, e come gode il roditore! … Non sanno decidersi se suonare o no stasera, stasera che la lingua del vecchio Franz ha guadagnato facilmente il soffitto… O servi scrivitori, il testo ha mille signori e non ha altro (12).

Ma in questo suo modo di esprimersi ci vedo anche l’autore che diventa lettore di se stesso (e qui sta il gioco infinito della creazione letteraria, l’ineluttabilità dello sdoppiamento tra il reale e l’immaginario) con l’intento di suscitare “da autore”, consapevolmente o inconsapevolmente, traOronzina Greco


16

sformazioni nell’animo di chi legge sorprendendolo ad ogni riga, offrendogli nuove prospettive e spunti inaspettati, fornendogli immagini, parole, esempi, ma sempre a sprazzi fuggevoli e fugaci. La grande incompiutezza qui vive, si agita e, a volte, deborda… Ha origini remote la grande incompiutezza (inizia già nel Fabbricante di armonia) che per Verri, però, è una ricerca continua, la ricerca della perfezione, la voglia matta di chiudere il cerchio, di dare vita ad un nuovo modo di scrivere che badi poco alle storie e molto, moltissimo, al ritmo e alla fascinazione e alla meraviglia. Infatti, già nel Fabbricante di armonia del 1985, nella parte intitolata Variante d’autore: verso Otranto..., Verri scrive:

Chi mette a soqquadro i mattoni della torre?, la monotonia del solito linguaggio?, chi non sopporta, chi confonde la lingua?... quel che m’importa, o mio galteo, è questa bettola che mi buttano giù, … ma nella torre c’è ritmo, in questa improbabile mappa di velluto anche il vuoto ha scansioni e suoni fragorosi… e questa storia dell’uomo a scacchiera, a colpi di cassuola, è tanto maliosa o mio galteo, definitiva, unica, rozza, ariosa, convulsa, bombita, quanto spesso non lo è l’intera vita… (13) La nave e il sogno


17

E, quindi, mi chiedo, nella figura di Antonio Galateo – che altri non è che il Verri, così come scrive Antonio Errico nella quarta di copertina -, ritroviamo armonia o disarmonia, assonanza o dissonanza, rifugio in una quiete dell’intelligenza o prova della possibilità di un estro e genio creativo? Certamente, l’armonia come concetto filosofico in senso lato viene richiamata, evocata in quest’opera, ma non esiste in senso stretto come tensione di vita e non viene cercata o viene falsamente cercata dal Galateo-Verri, che cerca altro e l’altro è quello che, nelle opere successive precedentemente citate, prende forma. Prende forma in modo altamente ritmico e cadenzato in quel crescendo tragico di moltiplicarsi di figure (che mi fanno pensare al mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto) anche in Bucherer l’orologiaio (14), l’opera postuma di Verri. All’inizio di questa sua opera egli scrive

Il mondo lo si può capire se si riesce a moltiplicare i leoni, i beoni, i chips, le bibite, le ceramiche, i supporti magnetici, i vent’anni, gli zombi, la cioccolata, i raffinati monili,…la lingua che si agita nei caveaux, le calde sere d’aprile mentre si afflosciano nei canali, le capitali ingenue, Oronzina Greco


18

i versi cinici, la birra, i platani che ridono, le città rifugio, le coccole di fine anno…

Ma…, dopo aver macinato lunghi, diversi e impossibili e affascinanti percorsi mentali e linguistici, dopo aver percorso luoghi e città, attraversato oceani, bellezze sublimi e brutture nauseabonde, la storia di Verri “ poeta facitore di versi incantevoli, narratore di storie fascinose, maestro di scrittura…”,…”padre di una generazione stupenda che non ha vinto nulla, né cattedre, né premi, né mortadella alla cuccagna, perché non ha saputo vender parolette al mercato dell’usato, perché non ha voluto arrampicarsi al palo ingrassato” (15), forse finisce in una fiaba. Forse finisce in quel

C’era una volta una città e nel cuore di questa città una gassenzimmer, e nella città un fiume, e sul lungofiume un acquario, e nell’acquario un arco, e accanto all’arco una casa rossa, e attorno alla casa degli alberi di ciliegio e poi una valanga di ciotoli e fango, dei soffi potentissimi, dei pilastri divelti, treni rovesciati, bus squarciati, plastiche fuse, arabeschi, crateri enormi, caseggiati scoperchiati, chalet risucchiati, un mare di fango che inghiotte di tutto, una luce frenetica, delle regole che non servono più… (16) La nave e il sogno


19

Aveva infranto da tempo “le regole” letterarie e linguistiche, Antonio Verri, inseguendo una “luce frenetica” e, anche se non c’è dato sapere dove sarebbe approdato se avesse continuato a scrivere, a me piace immaginarlo mentre “ilare e felice sul suo innocente naviglio cercava assonanze, affabulazioni, armonie , oppure sulla “Serra di Torre Sant’Emilano, nel luogo magico fatato dove è sempre possibile ascoltare la voce del vento che sibila tra le rocce, e che parla, e che solo Verri sapeva ascoltare” (18).

Oronzina Greco


Note

20

(1) Per la neo-avanguardia, cfr. Salvatore Guglielmino, Guida al Novecento, Principato, Milano, 1971, pag.384 e sgg. (2) Antonio Verri, Il pane sotto la neve, Ed. Pensionante de’ Saraceni, Corigliano d’Otranto, 1983, pag. 7 (3) Ibidem, pag. 24 (4) Antonio Verri, Il Naviglio innocente, Erreci Edizioni, 1990, pag. 49; 131-132 (5) Il Naviglio innocente, Erreci edizioni, Maglie 1990 (6) Antonio Verri, Il pane sotto la neve, ibidem, pag. 19-20 (7) Sull’uso della parola e della frase cfr. Antonio Errico, Post fazione al Naviglio innocente, pag. 153 e sgg. (8) Sul rapporto Verri-scrittori salentini cfr. Nicola Carducci in Annuario del Liceo-Ginnasio “G.Palmieri, Lecce 1989, pagg. 54-55 (9) Antonio Verri, La Betissa, Editrice Salentina, Galatina 1987, pag. 65 (10) Antonio Verri, Il Naviglio Innocente, op. cit. pagg. 32-33 (11) Cfr. Antonio Errico, La scrittura di un sogno infranto , Quotidiano di Lecce,6 maggio 1994 (12) Antonio Verri, I Trofei della città di Guisnes, Edizione Il Laboratorio, Parabita 1988 (13) Antonio Verri, Il fabbricante di armonia, Erreci Edizioni, Maglie 1985, pag. 108 (14) Antonio Verri , Bucherer l’orologiaio, Banca Popolare Pugliese, Ma tino (Lecce), 1995 (15) Antonio Errico, Di Stefan, del sogno di un Declaro, in Bucherer l’orologiaio, pag. XXXII (16) Antonio Verri, Bucherer l’orologiaio, op. cit. pag. 100 (17) Aldo Bello, Il merlo eretico, in Bucherer l’orologiaio, pag. XIV (18) Maurizio Nocera, Le civiltà di Badisco, in Apulia n. IV, dicembre 2002, pag 109 La nave e il sogno


Bibliografia

21

Salvatore Guglielmino, Guida al Novecento, Principato, Milano, 1971 Antonio Verri, Il pane sotto la neve, Ed. Pensionante de’ Saraceni, Corigliano d’Otranto, 1983 Antonio Verri, Il Naviglio innocente, Erreci Edizioni, 1990 Antonio Errico, Post fazione al Naviglio innocente Nicola Carducci in Annuario del LiceoGinnasio “G.Palmieri, Lecce 1989 Antonio Verri, La Betissa, Editrice Salentina, Galatina 1987 Antonio Errico, La scrittura di un sogno infranto, Quotidiano di Lecce,6 maggio 1994 Antonio Verri, I Trofei della città di Guisnes, Edizione Il Laboratorio, Parabita 1988 Antonio Verri, Il fabbricante di armonia, Erreci Edizioni, Maglie 1985 Antonio Verri, Bucherer l’orologiaio, Banca Popolare Pugliese, Matino (Lecce), 1995 Antonio Errico, Di Stefan, del sogno di un Declaro, in Bucherer l’orologiaio Aldo Bello, Il merlo eretico, in Bucherer l’orologiaio Maurizio Nocera, Le civiltà di Badisco, in Apulia n. IV, dicembre 2002 Oronzina Greco


22

Oronzina Greco La nave e il sogno


23

spagine - magazzino di poesia xx

Gennaio 2015

Il Fondo Verri è in via Santa Maria del Paradiso 8.a a Lecce (cap 73100) telefono 0832-304522 fondoverri@tiscali.it Spagine è su issuu.com/mmmotus https://www.facebook.com/perspagine


24

Oronzina Greco è nata a Caprarica di Lecce nel 1955 dove vive. Ha conseguito la laurea in Filosofia presso l'Università degli Studi di Firenze; Ê docente di Filosofia e Scienze umane presso il Liceo delle Scienze umane "A. Moro" di Maglie. Ha interessi nel campo della ricerca storico-sociale e conduce studi letterari.

*

spagine

Oronzina Greco La nave e il sogno


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.