In arte fran - omaggio a Mario Franci (1912-1999)

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Nato a Sant’Angelo in Lizzola da famiglia di origine urbinate (suo cugino era l’incisore Umberto, recentemente scomparso all’età di 103 anni), Mario Franci (19121999) fu insegnante di professione, e caricaturista per inarrestabile inclinazione. Dopo la laurea presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, conseguita nel 1937, Franci lavora per un breve periodo a Roma; nel 1941 sposa a Zara (oggi Zadar, Croazia) Geni Decovich: dalla loro unione nascerà Ambra. Costretta ad abbandonare Zara dopo l’8 Settembre 1943, la famiglia Franci comincia una vita errabonda nei campi profughi, trovando stabilità solo a guerra quasi finita, quando Mario otterrà una cattedra presso l’Istituto per Geometri di Sondrio. Trasferitosi nel 1949 a Milano, dove insegnò all’Istituto per Geometri “C. Cattaneo”, Franci collaborò a numerose testate italiane e svizzere, dal “Corriere Lombardo” a “Terra e vita”, la più autorevole rivista di agricoltura italiana. Di particolare rilevanza, infine, le caricature di campioni dello sport apparse sul “Guerin Sportivo” e altre riviste del settore. A Sant’Angelo, dove amavano trascorrere le estati, Mario e Geni riposano oggi nel piccolo cimitero di Monte Calvello (c.o.).

Comune di Sant’Angelo in Lizzola

in arte Mario Franci a cento anni dalla nascita

Piccola antologia di disegni Sant’Angelo in Lizzola, 1-16 settembre 2012

Fran - ovvero Mario Franci - ritorna a Sant’Angelo, suo paese d’origine, dove è accolto con tutti gli onori, come si conviene all’emigrante di lusso che dopo gli inizi difficili si è fatto un nome in città, Milano per la precisione. Una mostra diffusa in diversi luoghi significativi per la comunità (il caffè, il supermercato, i negozi), culminante nella torre civica; il riposizionamento del murale caro ai santangiolesi sulla facciata della casa del borgo; infine, questo volumetto nel quale sono raccolti alcuni dei suoi disegni più rappresentativi: ecco i primi passi di un omaggio che speriamo possa in seguito offrire ulteriori e più consistenti occasioni di riflessione sull’autore del lampioncino.


Nato a Sant’Angelo in Lizzola da famiglia di origine urbinate (suo cugino era l’incisore Umberto, recentemente scomparso all’età di 103 anni), Mario Franci (19121999) fu insegnante di professione, e caricaturista per inarrestabile inclinazione. Dopo la laurea presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, conseguita nel 1937, Franci lavora per un breve periodo a Roma; nel 1941 sposa a Zara (oggi Zadar, Croazia) Geni Decovich: dalla loro unione nascerà Ambra. Costretta ad abbandonare Zara dopo l’8 Settembre 1943, la famiglia Franci comincia una vita errabonda nei campi profughi, trovando stabilità solo a guerra quasi finita, quando Mario otterrà una cattedra presso l’Istituto per Geometri di Sondrio. Trasferitosi nel 1949 a Milano, dove insegnò all’Istituto per Geometri “C. Cattaneo”, Franci collaborò a numerose testate italiane e svizzere, dal “Corriere Lombardo” a “Terra e vita”, la più autorevole rivista di agricoltura italiana. Di particolare rilevanza, infine, le caricature di campioni dello sport apparse sul “Guerin Sportivo” e altre riviste del settore. A Sant’Angelo, dove amavano trascorrere le estati, Mario e Geni riposano oggi nel piccolo cimitero di Monte Calvello (c.o.).

Comune di Sant’Angelo in Lizzola

in arte Mario Franci a cento anni dalla nascita

Piccola antologia di disegni Sant’Angelo in Lizzola, 1-16 settembre 2012

Fran - ovvero Mario Franci - ritorna a Sant’Angelo, suo paese d’origine, dove è accolto con tutti gli onori, come si conviene all’emigrante di lusso che dopo gli inizi difficili si è fatto un nome in città, Milano per la precisione. Una mostra diffusa in diversi luoghi significativi per la comunità (il caffè, il supermercato, i negozi), culminante nella torre civica; il riposizionamento del murale caro ai santangiolesi sulla facciata della casa del borgo; infine, questo volumetto nel quale sono raccolti alcuni dei suoi disegni più rappresentativi: ecco i primi passi di un omaggio che speriamo possa in seguito offrire ulteriori e più consistenti occasioni di riflessione sull’autore del lampioncino.


Comune di Sant’Angelo in Lizzola

in arte Mario Franci a cento anni dalla nascita

Piccola antologia di disegni Sant’Angelo in Lizzola, 1-16 settembre 2012


Comune di Sant’Angelo in Lizzola

Provincia di Pesaro e Urbino

con il sostegno di

In arte Fran. Mario Franci a cento anni dalla nascita Piccola antologia di disegni a cura di Cristina Ortolani In copertina, sul frontespizio e a pagina 15: Mario Franci, Autofran (1986); in copertina e a pagina 30, sullo sfondo: Sant’Angelo in Lizzola, 1934; a pagina 4: Enrico Berlinguer (1977); a pagina 6: Rulli (1933); a pagina 9: “Geni Decovich” (anni Quaranta del ‘900); a pagina 10: “Ambretta” (1946); a pagina 11: Il pilota da caccia in licenza (anni Quaranta-Cinquanta del ‘900); a pagina 30: Sant’Angelo in Lizzola, fine anni Settanta del ‘900. Fran dipinge il murale dedicato a Sant’Angelo in Lizzola, 1934. Tutte le immagini provengono dalla raccolta di Ambra Franci, Sant’Angelo in Lizzola/Milano. Nota per la lettura: i titoli attribuiti dalla curatrice sono indicati tra “ ”. Si ringraziano: Giuseppe Ballarini, Giovanni Barberini, Paola Franci. Info: www.comune.santangeloinlizzola.pu.it; www.cristinaortolanistudio.it. Questo libretto è pubblicato anche online all’indirizzo www.issuu.com/miss_nettle.


Il ritorno di Fran Per un appassionato lettore giovanile di fumetti e di romanzi d’avventura qual ero, con qualche sconfinamento in età adulta, scrivere la parola “il ritorno di…” è un tuffo in un mondo magico, quello delle “nuvole di confine”, del disegno, del fumetto, della caricatura, un mondo particolare rappresentato appunto dal nostro Franci, in arte ”Fran”. Siamo per questo particolarmente grati ad Ambra Franci, figlia del grande Mario, che in occasione del centenario della nascita di “Fran”, fa dono al Comune di Sant’Angelo in Lizzola ma direi alla comunità di tutti i “santangiolesi” dell’opportunità di poter “mirare ed ammirare” grande parte delle opere realizzate in ben oltre settant’anni di “bugatt”. “I bugatt” è il termine nostro locale con cui definiamo gli “omini”, le caricature realizzate dal Franci, caricature che colpiscono i grandi personaggi della storia e della politica, dello spettacolo e degli sportivi del tempo, ma anche i cittadini comuni, i “santangiolesi” dell’epoca nei momenti e nelle espressioni più genuine della vita quotidiana. Il ritorno di Fran è innanzitutto un’esposizione di parte delle sue opere in due ambienti separati: nel bar i “ritratti” dei santangiolesi, esposti nel luogo tradizionale di ritrovo dei personaggi ripresi da Franci, nel Municipio le caricature “istituzionali” della politica, dello spettacolo e sportive. Il ritorno di Fran è anche la realizzazione di un volume con una raccolta di alcune sue caricature, il primo volume monografico a lui dedicato, quello appunto che state sfogliando, che credo rappresenti un piccolo ma significativo omaggio della “municipalità” ad un suo figlio illustre. Nel volume ci sono gli affetti (la figlia Ambra e la moglie Geni), le donne e gli uomini dello spettacolo (la grande Ingrid Bergman, il grande Totò), lo sport in grande (Bartali, Coppi, il Torino di Valentino Mazzo3


la, la nazionale di calcio del 1952), i grandi personaggi della storia (da Vittorio Emanuele III ad Enrico Berlinguer, passando per Guareschi, il padre di Don Camillo e Peppone), ci sono la storia (Radio Londra), la politica (Candido uomo credulone, l’uomo qualunque), l’ironia (l’autoritratto) ma soprattutto ci sono loro che poi siamo noi, i santangiolesi, la gente normale, di ogni giorno, che fa la storia a piccoli passi. Guardata nel suo insieme l’opera di Franci è una narrazione per immagini, e le sue immagini in un mondo ormai ipertecnologico e globalizzato al massimo, sono una pausa di riflessione, un pensiero che resiste più delle parole. Ma l’opera complessiva è comunque una propria visione del mondo, attraverso una sensibilità artistica particolare, fatta di approcci personali, ricerca e sperimentazione, uno sguardo non neutro sul mondo che trasmette emozioni e sentimenti. Ma il ritorno di Fran è anche un fatto fisico. Grazie infatti all’impegno della figlia Ambra, sarà riposizionato un disegno importantissimo di Mario Franci sulla facciata della casa di famiglia, un murale dedicato a Sant’Angelo in Lizzola del 1934, anzi agli amici santangiolesi del bar, ritratti in un momento di vita autentica, con l’ironia, perché la caricatura è ironia, caratteristica dell’opera di Franci. Bentornato Fran! Guido Formica Sindaco di Sant’Angelo in Lizzola

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Mario Franci Probabilmente sono molte le famiglie santangiolesi che custodiscono una caricatura di Mario Franci; la sua piccola matita vulcanica, che ha ritratto i più famosi personaggi dello sport, dello spettacolo, della politica, ha infatti debuttato, ed ha continuato per tutto il periodo della sua lunga carriera artistica, con la caratterizzazione dei suoi compaesani nei momenti di vita quotidiana. Una efficace sintesi la troviamo nel disegno riposizionato sulla casa di famiglia di Mario Franci; sono i santangiolesi degli anni Trenta, M° Bassi, Dott. Filippini, Pipana, Vasinto, Lincoln, Capanna, Sanchietti, ai quali si sono affiancate le caricature di tutti gli altri compaesani, spesso ritratti su pezzi di carta i più disparati, “recuperati” al momento dell’ispirazione. Allora nella “piccola antologia di disegni” allestita nella torre civica, la sezione dedicata ai santangiolesi assume il sapore particolare di “cassetto di un vecchio comò nel quale per oltre cinquant’anni si sono riposte immagini di vita”, e con quella trepida e tenera curiosità che sempre alimenta la nostalgia, ognuno che entra può trovare tracce delle proprie memorie, in quelle immagini che Franci ha fissato col sorriso e l’arguzia dell’umorista. “L’umorismo caricaturale di Franci - così hanno scritto vari critici - è un’arte nel senso vero della parola, perché è uno stile, una vera espressione personale; c’è il suo modo particolare di vedere la vita nei suoi aspetti più vari. Egli ha nelle mani la vivacità dell’uomo fecondo e gioviale, e nella mente quella fertilità inventiva che fanno di “Fran” un autentico umorista. Un umorista però, non col “dente avvelenato” ma dalla matita garbata che sollecita e non scalfisce anche se le verità 5


riesce ugualmente a dirle. Questo è il segreto del suo successo!” Gioviale e aperto ha sempre conservato il suo spirito giovanile, inconfondibile per chi l’ha conosciuto, come i suoi ex allievi dell’Istituto Cattaneo di Milano, dove ha insegnato Agraria per decenni, i quali a coronamento della sua carriera di vignettista di giornali italiani e svizzeri hanno voluto sottolineare anche questo aspetto conferendogli, nel 1997, il titolo di “Compagno di classe”. La mostra è un amarcord di come eravamo, un breve viaggio nel passato più o meno prossimo ma ben presente a chi ha memoria degli eventi e del costume. Si sorride sempre davanti alle vignette di Franci, in cui sono colti in sintesi significativa personaggi dello sport, uomini politici, attrici, artisti, molti dei quali hanno autografato i loro ritratti con dedica all’autore; al quale una volta, in Svizzera, un ricco americano come compenso per il suo ritratto donò cento dollari (l’equivalente di un mese di stipendio), imitato da quattro o cinque suoi amici (per un totale memorabile) che si portarono oltre Oceano sull’aereo personale la loro immagine vista dallo spiritoso “Fran”. Franca Gambini Assessore di Sant’Angelo in Lizzola

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Il cappotto a quadri “Per una volta non ho fatto una caricatura” rispose mio padre ad un amico che gli diceva: “Ah, tua figlia?” Ma che bella bambina!” Avevo quattro anni ed un enorme fiocco azzurro in testa. Radio Londra, 1944-’45. Grosio, Valtellina. La radio era enorme, in radica, una delle poche cose che, profughi, avevamo salvato e portato con noi. Accesa, tra fischi e raschi, si sintonizzava con un cursore che si muoveva a scatti. Emanava una luce giallognola-rosata che sembrava delimitare la zona d’ascolto; lì dentro si stava tutti vicini, il volume tenuto molto basso... il nemico ti ascolta. E qualcuno seguiva i movimenti degli eserciti nemici-amici sull’atlante. Le pesanti tende alle finestre (c’era l’oscuramento) creavano un senso di intimità, di protezione: un DENTRO di speranza in contrasto con un FUORI incerto e minaccioso. Una famiglia “cinese” ovvero “Il cappotto a quadri”. Tutta la nostra piccola famiglia collaborava all’attività collaterale di Mario Franci, in arte “Fran”: far i bugatt*. Mamma e sua zia Irma cancellavano i tratti di matita sotto la china, attività fisicamente faticosa per i grandi cartoni di squadre di calcio o di ciclismo. Io invece mi dedicavo con grande passione a quadrettare giacche e cappotti. Ora questa quadrettatura un po’ british derivava da un cappotto di cammello molto raffinato del periodo “benestante” di babbo quando, ancora spensierato scapolo lavorava a Roma e guadagnava più delle famose “mille lire al mese” della canzone lanciata da Gilberto Mazzi a fine anni Trenta. * attività sì non ufficiale ma molto più remunerativa di quella di professore.

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L’adorato cappotto ha avuto una vita lunghissima, come era d’uso in quell’epoca pre-consumista. Fu goduto nel primo dopoguerra per le “grandi occasioni”. A St. Moritz babbo si presentava negli alberghi più esclusivi come il Palace o il Suvretta per proporre le sue caricature ai vip (ma allora non si chiamavano così): lo scià di Persia forse già sposato con la bellissima Soraya, il re Farouk d’Egitto, il giovanissimo Aga Khan, i sovrani del Liechtenstein e attori, musicisti famosi. Il cappotto quadrettato, sportivo ma chic, aveva un ruolo fondamentale per non essere scambiato per un “barbone” (la barba ce l’aveva) ed essere buttato fuori da solerti guardaportoni gallonati. Poi il glorioso indumento, ormai liso al collo e ai gomiti, fu adibito a interno di un impermeabile che doveva essere molto molto caldo nelle sue trasferte attraverso Svizzera, Francia e Italia, al seguito delle squadre ciclistiche o a rendere testimonianza grafica di sport e olimpiadi invernali (-20/-25 °C). Infine il tessuto quadrettato divenne un vestitino per “Ambretta”, non prima però di essere immortalato in decine di caricature. Cacciatore di teste. Mia madre Geni brontolava perché babbo aveva sempre tutte le tasche bucate. Il fatto è che per lui era impensabile uscire di casa senza un paio di matite piccolissime, appuntitissime, temperate su tutte e due le estremità e un bloc-notes di metallo, pesantissimo, con un gancio a trappola acerrimi nemici di qualsiasi tasca. Doveva essere sempre pronto a “immortalare” un viso. Non necessariamente di persone famose. Certo, era un “cacciatore di teste” di professione e quindi per portare a casa i “danè” (milanese: denaro, vile ma utile) inseguiva calciatori, olimpionici, sciatori, ciclisti, attori. Ma a lui piaceva proprio cogliere in un attimo, in piedi, per strada, i tratti non solo del volto ma l’intera 8


personalità, oserei dire l’animo e talvolta l’anima, di un passante che attirava la sua attenzione. E ciò è testimoniato anche da tutte le piccole, sbrindellate caricature dei compaesani. Sant’Angelo era all’epoca un paese di cacciatori appassionati. Mio padre era l’eccezione. Mite, e timidamente rispettoso degli animali, aveva comunque ereditato lo sguardo acuto, rapido, predatorio dei suoi compaesani e lo scatto del gesto: quelli per imbracciare il fucile e puntare la preda, lui per estrarre le sue armi, i fatidici taccuino e matitine, trasformandosi da un tranquillo insegnante di Estimo-Agraria-Contabilità in un rapace e spietato “cacciatore di teste”. (Con gravi danni per le tasche delle giacche, ma con qualche vantaggio per la ‘tasca’ economica familiare). Profughi. Profughi, immigrati. Se ne parla tanto oggi. E sono gli “altri”. Allora, dopo l’8 settembre 1943, eravamo “noi”. Scappavamo da Zara (ora Zadar, Croazia), rasa al suolo dai bombardamenti a tappeto. Zara, città natale di mia madre, Geni Decovich, e mia, dove mio padre, eterno sottotenente, aveva finito di combattere una guerra insensata, come forse tutte le guerre. 9


Sbarcammo sulla penisola italiana con una radio e un po’ di argenteria, regali di nozze del ’41 di mamma e papà, cercando di porre argine al senso di smarrimento e di precarietà di quel periodo storico. I miei tentavano, a volte con viaggi estremi in vagone-bestiame, fra rastrellamenti ed esplosioni, di riallacciare i contatti con parenti ed amici sparsi per l’Italia, alcuni al di qua, altri al di là della Linea Gotica: Milano - Sant’Angelo, paese natio di babbo - Roma. Dopo i primi mesi nei campi di concentramento per profughi della Dalmazia e dell’Istria, approdammo a Grosio, piccolo paese in provincia di Sondrio nel ’44’45. Eravamo sfollati, senza radici e senza una storia riconoscibile, guardati con diffidenza dai locali, montanari semplici, anche persone di cuore, come scoprimmo col tempo, ma travagliati da avvenimenti sempre più confusi. Fascisti in fuga verso il nord, dopo Salò, forse verso la Svizzera, a pochi chilometri da Grosio ed i partigiani, appostati a contrastarne la fuga e a catturarli sulle montagne adiacenti. Insomma eravamo affamati, “senza arte né parte”. E lì l’arte di mio padre - far i bugatt - fino ad allora relegata ad un ruolo secondario, acquistò un valore aggiunto: la famosa “h” che (come scrive Mario Franci nella sua breve autobiografia pubblicata poco più avanti), si aggiunse al cognome trasformandolo in franchi (svizzeri) all’insegna del lampioncino di Fran. Ambra Franci


Courmayeur, Settembre 1968 Ho molti ricordi di mio zio Mario, ma l’occasione di questa mostra di caricature mi ha fatto ripensare ad un lontano giorno del settembre 1968. Ero ospite della sua famiglia a Courmayeur. Mio zio era commissario d’esame di maturità ad Aosta e la sessione autunnale volgeva al termine. Come ogni anno, si disponeva a realizzare una caricatura della commissione da lasciare in ricordo. La scintilla della creatività si era già accesa nella sua mente: avrebbe ritratto presidente e commissari nell’atto di “caricare” i candidati dentro un cannone che poi li avrebbe “sparati” maturi. Solo a pensare alla vignetta che poi avrebbe realizzato gli ridevano gli occhi. Mentre allestiva con cura il tavolo da lavoro, si sfregava le grandi mani dalla contentezza: sembrava un bambino impaziente di assemblare il giocattolo nuovo! Mi rendo conto di non esprimere un concetto originale, ma, riferendomi a mio zio, posso dire che in fondo all’animo conservasse “il fanciullino”, la capacità di stupirsi, di emozionarsi, di creare e di ricreare la realtà dietro il velo di un’ironia sottile, ma bonaria, mai sconfinante nel sarcasmo. Quell’ironia, a pensarci bene, gli serviva forse per prendere un po’ le distanze dalla vita e ricomporre in un sorriso la sua profonda vita interiore, l’emotività associata alle mutevoli circostanze dell’esistenza. Paola Franci 11


“Autoritratto” (1977)

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Tra Raffaello Sanzio di Urbino e Mario Franci di Sant’Angelo in Lizzola tanti anni fa fu stipulato un accordo: Mario rinunciava a dipingere e Raffaello si asteneva dal fare caricature. Siccome l’accordo fu scrupolosamente rispettato, io non divenni mai pittore ma mi dedicai a fare brutte le persone. Ho mosso i primi passi nel lontano 1927 e il debutto lo feci nel 1931 pubblicando nella “Fionda” di Pesaro una felice caricatura di Maggioli (studente del Conservatorio Rossini) a cavalcioni di una scassatissima motocicletta. L’avvio fu promettente ma la mia attività non riuscì per vari anni a varcare i confini della provincia. “Se io avessi la tua mano, farei questo... farei quest’altro” mi dicevano e io, che ero l’unico a possedere quella mano, invece, non riuscivo a fare né questo né l’altro. Fu a guerra finita (nella quale ho perso tutto, esclusa la pelle), che tentai la fortuna cominciando con l’esporre a Sondrio un assortimento di circa 300 facce valtellinesi. La stampa locale espresse giudizi positivi sui miei lavori e prese a ospitare sulle sue pagine caricature e scritti miei. Passai ben presto il confine svizzero alla ricerca di quelle acca che, di scarso valore per gli altri, per me significavano la possibilità di trasformare il cognome da Franci in Franchi: così St. Moritz divenne l’aurea meta dei miei weekend. Due giri ciclistici di Svizzera (1947-1949) e le Olimpiadi invernali di St. Moritz mi misero a contatto col mondo dello sport internazionale. Così ebbe inizio la mia proficua attività 13


di produttore di caricature e di vignette-ricordo per i personaggi (atleti e non) del ciclismo, del bob, del calcio, dello sci e della pallacanestro, e la collaborazione a giornali svizzeri e italiani (il primo fu il “Guerin Sportivo”). Nel 1949 il professor Franci, assieme al caricaturista Fran, si trasferì a Milano, dove si intensificò il lavoro di disegno. Il “Corriere Lombardo” mi affidò una vetrina al centro di Milano, nella quale esposi in rotazione continua per vari mesi disegni illustranti i più importanti avvenimenti quotidiani. A partire poi dal 1952 iniziai a pubblicare nello stesso giornale delle vignette in veste di commentatore grafico delle riunioni del Consiglio Comunale di Milano. Intanto nello stesso 1949, al Canton dei Grigioni si era aggiunto il Canton Ticino come campo di lavoro. Mentre “Il Pungolo” iniziava a pubblicare quindicinalmente 2 mie vignette a carattere politico, il Carnevale ticinese richiedeva la collaborazione della mia matita per commentare fatti, fatterelli e scandali accaduti nell’arco di 365 giorni a Bellinzona, Biasca, Mendrisio, Capolago, Malvaglia, Ludiano e Bodio. Quest’anno ho festeggiato il 21° anno di collaborazione con Biasca. ESPOSIZIONI: 5 in provincia di Sondrio, 2 al Salone dell’Umorismo di Bordighera, 2 alla Mostra della Caricatura di Trieste. COLLABORAZIONI: “Guerin Sportivo” di Milano, “La Ronda Sportiva” di Verona*, “Goal!” di Milano, “L’Esule” di Milano, il “Corriere Lombardo” di Milano, “Terra e Vita” di Bologna, 14


“Agricoltura Nuova” di Bologna, vari settimanali di Sondrio, “Tip” di Basilea, “Sport” di Zurigo, “Die Tat” di Zurigo, “Aftonbladets” di Stoccolma, “Il Pungolo” di Mendrisio. Eccomi, ora, a Pesaro con una personale alla Piccola Galleria. Questa mostra rappresenta una simbolica torta per il festeggiamento di mezzo secolo di mia attività nel mondo della caricatura. Sulla torta non ci sono candeline ma cinquanta lampioncini: sono i lampioncini della firma di Fran. FRAN

Fran (Mario Franci), presentazione alla mostra Cinquant’anni di caricature, svoltasi presso la Piccola Galleria di Pesaro, 17-23 Agosto 1977, Pesaro, tip. Montaccini, s.d. Dall’opuscolo è tratto anche il disegno riportato a pagina 12. 15


Totò (1980); Hitler (1947). Il tratto essenziale del ritratto di Hitler delinea una replica della caricatura con la quale Fran vinse la Coppa d’argento alla X Biennale Internazionale dell’Umorismo di Tolentino (1979). 16


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Radio Londra (1944-’45)

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Ingrid Bergman (1950). Bravo scrive di suo pugno la Bergman sulla caricatura di Fran, datata 26 settembre 1950. Di lÏ a poco (8 ottobre) sarebbe uscito nelle sale italiane Stromboli, il primo film girato dall’attrice con Roberto Rossellini: proprio su quel set era nata la storia d’amore tra i due, sposatisi il 24 maggio dello stesso anno. 19


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Il Grande Torino di Superga: Valentino Mazzola, Franco Ossola, Sauro Tomà (1947-’49 circa). I disegni appartengono a una serie di undici caricature raffiguranti i giocatori del Gran Torino, scomparsi nella tragedia di Superga il 4 maggio 1949. Oltre a Mazzola e Ossola, la serie comprende Valerio Bacigalupo, Aldo Ballarin, Eusebio Castigliano, Guglielmo Gabetto, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Danilo Martelli, Romeo Menti e Sauro Tomà. Quest’ultimo è a oggi l’unico superstite della formazione 1948-’49: costretto al riposo da un incidente al menisco, non era infatti sull’aereo che riportava in patria i giocatori dopo la trasferta a Lisbona. Nella pagina precedente: sopra, la Nazionale Italiana (1952); sotto: Gino Bartali, Fausto Coppi, Gino Sciardis (1949). I tre furono tra gli italiani presenti al Tour de France 1949 (36a edizione): Coppi vinse la competizione, Bartali arrivò secondo con 10’ 55’’ di distacco, Sciardis dodicesimo (http://memoire-du-cyclisme.net). Tutte le caricature sono autografate dai soggetti ritratti. 21


Giovanni Guareschi direttore del “Candido” (anni Cinquanta del ‘900?). E’ ancora tutto da studiare il rapporto tra Mario Franci e l’autore di Don Camillo, che il santangiolese probabilmente incontrò, come sembra documentare una sequenza di vignette riconducibile ai tardi anni Quaranta del ‘900. Certo è che tra i lavori di Franci trova spazio Candido uomo credulone, le cui peripezie di ‘uomo qualunque’ sono narrate in una serie di sapide vignette del 1947, riprodotte nella pagina seguente. 22



Il ‘piccolo paese antico’ di Mario Franci Mario, Mario Franci da Sant’Angelo in Lizzola lo conobbi a sua insaputa mentre, provenendo dalla stradina che costeggia la chiesa sulla piazzetta del “castello” si dirigeva verso la discesa che dopo la cisterna conduce al borgo. Ero in casa di mia zia Anita, Anita Ballerini in Salucci, insegnante elementare. Correvano gli anni Trenta e io, rispetto a lui, ancora bambino. Zia me lo indicò attraverso i vetri di una finestra e si era ad autunno inoltrato. “Vedi Peppino? Quello è Mario Franci e studia all’università”, mi disse. Lo ricordo con una corta barba giovane e bionda e un camminare lesto. Passarono gli anni Trenta e tanti tanti ancora e Mario, Mario Franci lo conobbi solo nel 1975, in occasione di una mia mostra di pittura organizzatami a Milano. M’era parso di sapere che risiedesse proprio in quella città; me ne accertai e gli inviai l’invito all’inaugurazione con unito un breve scritto dove narravo l’aneddoto di mia zia e la finestra che molto lo divertì. E’ solo da quel momento che fra me e Mario Franci iniziò un vero e sincero rapporto di amicizia ed ebbi il piacere di godere delle tante volte che, con la propria moglie, mi allietava con le sue visite e con le sue battute esse stesse caricaturali, e godere di quel simpatico e rarissimo merito di NON PRENDERSI MAI TROPPO SUL SERIO. Finimmo col non accorgerci della nostra diversa età tanta era la comunione nel godere dello stesso sentire. MARIO FRANCI era il paese, il PICCOLO PAESE ANTICO di 24


Sant’Angelo in Lizzola filtrato e goduto attraverso i caratteristici suoi personaggi che, tramite lui, DIVENTAVANO ESSI STESSI NARRATORI E CANTORI. C’è chi, della mia pittura, ha scritto di “SENTIRE” in essa aria di paese sempre intensamente goduta e vissuta. E QUESTO MI PIACE! Giuseppe Ballarini

Giglién (1933) 25


Sopra, da sinistra: Valentina (1927) e Verdiana (1934). Nella pagina seguente: sopra, da sinistra, Vittorina dla Tuda (1933) e Vincenzo Romani (s.d. ma prima metà degli anni Trenta del ‘900); sotto, da sinistra: Den e Angiuléna de Den (1933). Fino all’ultimo Mario Franci continuò a guardare con occhio curioso gli amici santangiolesi: una moltitudine di figurine la cui silhouette sembra ancora oggi affacciarsi dalla porta di una bottega, appoggiarsi pigramente alle mura o, ancora, attardarsi sulla piazzetta del castello, di fronte alla Collegiata di San Michele Arcangelo. Le stesse figurine che campeggiavano sulla facciata della casa di famiglia, e che lì sono tornate per volontà di Ambra Franci, alla quale si deve il riposizionamento del ‘murale’ dedicato a Sant’Angelo in Lizzola, 1934, realizzato dal padre negli anni Settanta del ‘900. I bugatt ja fatt Mario Franci, si legge sotto la firma del lampioncino. 26


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In arte Fran. Il lampioncino e la fiaccola Guareschi, sì, ma anche Umberto Onorato e forse Riccardo Chicco per la gente di teatro; per lo sport Carlo Bergoglio - Carlin - e, per la politica, i più attuali Giorgio Forattini e Emilio Giannelli: questi e molti altri sono i nomi che salgono alla mente scorrendo i disegni di Franci, non ultimo, per alcuni tocchi insolitamente spessi, Jacovitti con le sue visioni grottesche. Di indubbia utilità per la comprensione dello sfondo (il contesto) sul quale si colloca l’opera di un artista che in punta di matita raccontò circa settant’anni di storia patria, il confronto con i più noti colleghi non offusca le peculiarità del segno di Fran che, pur capace di implacabili giudizi (Hitler), si distingue per un fondamentale tratto di gentilezza, di com-passione (“sentire con”) verso le debolezze della natura umana. Icastico e talora decisamente severo, a volte amaro - il retrogusto di chi in guerra “ha perso tutto esclusa la pelle” -, spesso riflessivo e bonario, sottilmente ironico (vena, questa, che la figlia Ambra pare aver ereditato, come dimostrano i ricordi pubblicati in apertura) ma mai sarcastico, Franci possiede senz’altro il dono del caricaturista vero, la capacità cioè di fissare un carattere in una linea, arrivando al nocciolo (all’anima?) delle persone senza disperdersi in futili sovrappiù. Ancora tutta da studiare, già da una prima ricognizione l’opera di Fran riserva delle sorprese: i “commenti grafici” sull’Amministrazione Comunale di Milano (sindaco Gino Cassinis), nella cui Giunta sedeva in quei primi anni Sessanta anche l’assessore all’Economato Benedetto poi Bettino Craxi; una galleria di personaggi che inducono al sorriso ricordando l’Italia di cinquant’anni fa, da Vittorio Orefice a Edmondo Bernacca a Ave Ninchi a Tino Scotti, fino ad arrivare ai tuttora attivissimi Roberto 28


Gervaso, Maurizio Costanzo e Bruno Vespa per citare solo i più noti; intellettuali, artisti e campioni dello sport dell’Italia dell’immediato dopoguerra: Guido Piovene, Camilla Cederna, Arturo Toscanini, non escluso l’anziano Benedetto Croce e un apollineo Ottavio Tai Missoni, campione olimpico nella Londra del 1948. E poi i già citati politici, che prendono posto accanto ai teatranti Macario, Emma Gramatica, Enrico Viarisio, Nino Besozzi, Antonio Gandusio, Umberto Melnati, Eduardo De Filippo, Vittorio De Sica e Totò: insomma, un vero e proprio album di figurine capace di far emergere, appunto nella tonalità del sorriso, la storia più vera del nostro paese. “Uno che sa scrivere aforismi non dovrebbe disperdersi a fare dei saggi”, diceva più o meno Karl Kraus, che con la fiaccola* di una parola cristallina e dolente per quasi quarant’anni, tra le due guerre, provò a fare luce nell’oscurità che inghiottiva l’Europa. Fatte le debite proporzioni, la dimensione contenuta di questo primo, piccolo omaggio non dispiacerà forse a Fran - al secolo Mario Franci, l’autore del lampioncino. Cristina Ortolani * La rivista “Die Fackel”, creatura prediletta dell’intellettuale austriaco, da lui pubblicata dal 1899 al 1936, anno della morte.

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INDICE Il ritorno di Fran Guido Formica, Sindaco di Sant’Angelo in Lizzola

pag. 3

Mario Franci Franca Gambini, Assessore di Sant’Angelo in Lizzola

pag. 5

Il cappotto a quadri Ambra Franci

pag. 7

Courmayeur, Settembre 1968 Paola Franci

pag. 11

Fran, 1977 Mario Franci

pag. 12

Piccola antologia di disegni

pag. 16

Il ‘piccolo paese antico’ di Mario Franci Giuseppe Ballarini

pag. 24

In arte Fran. Il lampioncino e la fiaccola Cristina Ortolani

pag. 28


finito di stampare nell’Agosto 2012 da SAT - Montecchio di Sant’Angelo in Lizzola (PU)


Nato a Sant’Angelo in Lizzola da famiglia di origine urbinate (suo cugino era l’incisore Umberto, recentemente scomparso all’età di 103 anni), Mario Franci (19121999) fu insegnante di professione, e caricaturista per inarrestabile inclinazione. Dopo la laurea presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, conseguita nel 1937, Franci lavora per un breve periodo a Roma; nel 1941 sposa a Zara (oggi Zadar, Croazia) Geni Decovich: dalla loro unione nascerà Ambra. Costretta ad abbandonare Zara dopo l’8 Settembre 1943, la famiglia Franci comincia una vita errabonda nei campi profughi, trovando stabilità solo a guerra quasi finita, quando Mario otterrà una cattedra presso l’Istituto per Geometri di Sondrio. Trasferitosi nel 1949 a Milano, dove insegnò all’Istituto per Geometri “C. Cattaneo”, Franci collaborò a numerose testate italiane e svizzere, dal “Corriere Lombardo” a “Terra e vita”, la più autorevole rivista di agricoltura italiana. Di particolare rilevanza, infine, le caricature di campioni dello sport apparse sul “Guerin Sportivo” e altre riviste del settore. A Sant’Angelo, dove amavano trascorrere le estati, Mario e Geni riposano oggi nel piccolo cimitero di Monte Calvello (c.o.).

Comune di Sant’Angelo in Lizzola

in arte Mario Franci a cento anni dalla nascita

Piccola antologia di disegni Sant’Angelo in Lizzola, 1-16 settembre 2012

Fran - ovvero Mario Franci - ritorna a Sant’Angelo, suo paese d’origine, dove è accolto con tutti gli onori, come si conviene all’emigrante di lusso che dopo gli inizi difficili si è fatto un nome in città, Milano per la precisione. Una mostra diffusa in diversi luoghi significativi per la comunità (il caffè, il supermercato, i negozi), culminante nella torre civica; il riposizionamento del murale caro ai santangiolesi sulla facciata della casa del borgo; infine, questo volumetto nel quale sono raccolti alcuni dei suoi disegni più rappresentativi: ecco i primi passi di un omaggio che speriamo possa in seguito offrire ulteriori e più consistenti occasioni di riflessione sull’autore del lampioncino.


Nato a Sant’Angelo in Lizzola da famiglia di origine urbinate (suo cugino era l’incisore Umberto, recentemente scomparso all’età di 103 anni), Mario Franci (19121999) fu insegnante di professione, e caricaturista per inarrestabile inclinazione. Dopo la laurea presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, conseguita nel 1937, Franci lavora per un breve periodo a Roma; nel 1941 sposa a Zara (oggi Zadar, Croazia) Geni Decovich: dalla loro unione nascerà Ambra. Costretta ad abbandonare Zara dopo l’8 Settembre 1943, la famiglia Franci comincia una vita errabonda nei campi profughi, trovando stabilità solo a guerra quasi finita, quando Mario otterrà una cattedra presso l’Istituto per Geometri di Sondrio. Trasferitosi nel 1949 a Milano, dove insegnò all’Istituto per Geometri “C. Cattaneo”, Franci collaborò a numerose testate italiane e svizzere, dal “Corriere Lombardo” a “Terra e vita”, la più autorevole rivista di agricoltura italiana. Di particolare rilevanza, infine, le caricature di campioni dello sport apparse sul “Guerin Sportivo” e altre riviste del settore. A Sant’Angelo, dove amavano trascorrere le estati, Mario e Geni riposano oggi nel piccolo cimitero di Monte Calvello (c.o.).

Comune di Sant’Angelo in Lizzola

in arte Mario Franci a cento anni dalla nascita

Piccola antologia di disegni Sant’Angelo in Lizzola, 1-16 settembre 2012

Fran - ovvero Mario Franci - ritorna a Sant’Angelo, suo paese d’origine, dove è accolto con tutti gli onori, come si conviene all’emigrante di lusso che dopo gli inizi difficili si è fatto un nome in città, Milano per la precisione. Una mostra diffusa in diversi luoghi significativi per la comunità (il caffè, il supermercato, i negozi), culminante nella torre civica; il riposizionamento del murale caro ai santangiolesi sulla facciata della casa del borgo; infine, questo volumetto nel quale sono raccolti alcuni dei suoi disegni più rappresentativi: ecco i primi passi di un omaggio che speriamo possa in seguito offrire ulteriori e più consistenti occasioni di riflessione sull’autore del lampioncino.


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