Inseguendo il raggio verde libro

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Inseguendo il raggio verde

Inseguendo il raggio verde


I datteri alle mie spalle non sono veri datteri, sono idee. Se ne vedono una minima parte.

Max Loy cinquantotto anni, pittore


Il raggio verde è una luce visibile per brevi secondi nelle chiare serate estive, subito dopo il tramonto del sole. In metafora è qualcos’altro di più significante, è una luce interiore che va cercata lì dove ha dimora: nel silenzio.


Nei viottoli deserti di questo villaggio fantasma ritrovo scorci e nicchie protette di luoghi remoti nella memoria e di nuovo mi sento a casa, nuovamente calcando la sabbia di Ostia dei miei diciott’anni, guardando il mare da dietro un cancello arrugginito dalla salsedine, seduto sul legno di un pattino tratto in secco e buttato a ridosso d’una siepe selvatica, getto l’ancora nel porto di Itaca.


1970


Ricordo quando un giorno dell’aprile del 1970 vidi per la prima volta alcune opere di Max Loy. Ricordo l’impressione che mi fecero, così insolite, così poco scultura e così troppo pittura, svincolate dalle forme usuali, delimitate da linee spezzate quasi che il contenuto avesse voluto infrangere la normale riquadratura alla ricerca di un’evasione che, in effetti, tutte le opere per la loro tematica sembravano ricercare. Era quella dell’aprile 1970 una piccola mostra-mercato all’aperto per lo più di dilettanti dove pochi erano i professionisti ed ancor meno gli artisti. Accompagnava le opere un ragazzo giovanissimo, schivo, in perenne ricerca di una soluzione per se stesso, incerto fra la vita tranquilla borghese e l’insicuro mondo dell’Arte.


Per questo forse nelle sue opere c’era qualcosa di autobiografico: “Solitudine”, “Evasione”, “Libertà” erano titoli, ma erano invero solo stati d’animo. Spesso la figura umana era racchiusa in grotte, serrata da saldi legami e l’evasione e la libertà divenivano utopia, luce lontana sognata e speranza resa irraggiungibile da ostacoli invalicabili. Non c’era soluzione per l’essere umano prigioniero di una routine e Max si sentiva un ingranaggio nella pallida esistenza dei più. Era libero solo nell’atto creativo, ma la libertà si esauriva presto e ne rimaneva solo il grido racchiuso nel quadro.




1973


“vivo in una dimensione particolare della realtà,quella del sogno,la dimensione in cui lo spirito, libero dal limite del corpo, può fondersi per diventare le stesse cose che ama”


1974


(…) Certamente le opere di questo secondo periodo – o meglio del primo periodo del nuovo Max – sono diverse da quelle a cui il giovane autore ci aveva abituati. Sono lavori più raffinati nella tecnica esecutiva e nella scelta del colore, più difficili nel dialogo con il fruitore. Non ci sono più espedienti atti a condizionare e a procurare nell’osservatore un piacere quasi epidermico, ma le opere richiedono attenzione paziente per chi ne sappia e voglia coglierne l’essenza ed il significato.


La scelta dei toni che ricordano preziose porcellane di Capodimonte con toni che sfumano dal tenue marrone su fondo quasi bianco al verde ed al rosa, non è delle più semplici. Il disegno ed il rilievo ottenuti a volte con graffiti, a volte con applicazioni materiche a grande stesura e respiro creano suggestioni nell’osservatore a patto che questi non si lasci deviare dalla tenue cromia e cerchi invece di captare il messaggio dell’opera. Dico “il messaggio dell’opera” e dovrei dire “il messaggio che l’opera manda all’osservatore”, perchè è questo che oggi vuole Max, il fruitore-attore, vuole che chi vede senta nel quadro emozioni personali che si concretizzano prescindendo dal significato che l’autore ha voluto dargli. Infatti oggi Max opera al limite dell’informale.





(‌) Nei suoi quadri di questo periodo vi è un mondo di colori esasperati e violenti provenienti da una lontana ed ineffabile sorgente di luce che determina una spasmodica ricerca di infinito dove i richiami naturalistici, sempre presenti, son posti quali ancore al pensiero astratto e fanno si che il mondo emozionale creato dai colori cada d’un tratto sulla terra. Ugo Cavallero



1975


1976



(…) Nei suoi quadri le figure sono immerse in profondità spaziali dilatate, in paesaggi primordiali (qui prevale la dimensione del sogno e della fantasia) dove i colori, sfumandosi su decise e calde tonalità richiamano atmosfere surreali che portano a suggestioni profonde recuperando miti, leggende e costumi di antiche civiltà. Tali suggestioni permangono anche quando nella composizione ogni cosa, ogni elemento si fa simbolo: sono significative in tal senso “l’ora del crepuscolo” dove la donna sembra nascondersi alla notte che risveglia le paure, le angosce, forse annunciate dall’occhio folle del fagiano, pronto ad ingannare con la bellezza dello sgargiante piumaggio, od “ombre” dove la leggera bolla aerea (ricorrente in molte opere) posta tra la ragazza che osserva trasognata, dall’alto, le rovine di una remota civiltà, sta forse a ricordarci la fragilità della vita ed il trascorrere inesorabile del tempo. Plinio Bianchi




1977


(‌) Crepuscoli lenti, una diffusa chiarità aurea si adagia sulle foglie e sulle corolle dei fiori, sui rami, su sconfinate paludi, su lande deserte, mentre al sole calante si contrappone una sfera opalina che racchiude frammenti di paesi di sogno.

Maschere di legno, anfore spezzate, crateri fumanti di vulcani contro cieli di silenzio, fagiani dal collo scattante, fiere belle e mansuete, rami spezzati.





Questo mondo sarebbe disperato se in esso non sbocciasse, fiore trionfale, la compagna del sogno e della realtĂ .


Solo schiudendo l’anima alla grande luce della poesia si può intuire, anzi si può assaporare, questa chiarità aerea di albe in cui si staglia il fiore di tutti i fiori: la donna. Giuseppe Pau


1978


(…) Diciamo che l’arte di Max parla a ciascuno di noi secondo il nostro linguaggio, ma per potere essere capita bisogna possedere anche, forse soprattutto, età, cultura e formazione. Se il pubblico coglie solo il mondo delle apparenze trova perfezione nella forma e corrispondenza perfetta nel colore. Come argomento può non conoscere il mito di Orfeo ed Euridice o non conoscere, diciamo, i totem (chiamiamoli così) della civiltà da cui Max prende spunto... si ferma lì e non va oltre: forma e colore, ed entrambi son rispettati. La persona di cultura trova invece i riferimenti storici e poetici attraverso queste forme che gli son messe, per andare sempre più a fondo nell’argomento stesso. Alla fine coglie l’atmosfera del quadro, la parte migliore, il proponimento dell’artista. Raffaello Borsetti





(…) si può parlare di un realismo magico sostenuto da un discorso cromatico caldo e smagliante di toni, da un racconto lirico risolto con palpitante concretezza. I paesaggi assorti e le figure emblematiche che si compongono con fertile estrosità e vivono nelle sue opere, anche per l’accento esotico che spesso anima gli uni e per la fissità trasognata che caratterizza le altre, vibrano di un tremore ancestrale e richiamano ai grandi silenzi di un’età primigenia ed incontaminata. Marcello Serra




(…) Quello che mi piace di lui è, infatti, non solo il senso nostalgico del remoto che, come soffio di vento leggero, aleggia su ognuna delle sue creazioni, ma soprattutto amo quell’orizzonte poetico che fa nascere dal sogno di una notte di mezz’estate un cielo stellato dove la luce dell’ultima stella non si spegne mai... R. Poletti





(…) Toccanti i ritratti in cui annega un sentimento di melanconia e di sogno infranto. (…) Si può facilmente arguire che egli non vuol erigersi a suggeritore di atteggiamenti intellettualistici poichè la semplicità delle sue opere e la trasparenza dei suoi temi lo pongono nella schiera di coloro che dell’arte hanno fatto modello di vita e tema morale convinto e vissuto. (…) Vi è in quelle opere tutto l’uomo e il travaglio di un’esistenza non facile anche se senza rimpianti, in cui i giorni chiari trasparenti in alcune opere contrastano con le nebbie avvolgenti che ne caratterizzano alcune altre. Gianni Franceschetti


1980





(…) Portato a comunicare, egli dipinge come se narrasse, con una misura essenziale e verosimile. Non per nulla viene da una terra, la Sardegna, ancorata nel tempo e nello spazio, dove il sentimento ha le dimensioni dell’eternità e il gusto del vivere radici arcaiche e primitivamente sensuali. Di qui la carnosità, tutta mediterranea, delle sue figure, delle sue rappresentazioni soffuse di una coralità così partecipata da svelarsi apertamente al di là del surrealismo stilistico che promette in superficie. Francesco Boneschi



(...) Max Loy è pittore della luce e della figura. Visitando la mostra ricaviamo una sensazione di serenitĂ diffusa che propone una pacata, quieta meditazione sulla vita, sul tempo che passa, sulle attese e sulle speranze dell’adolescenza. Romano Cannas







(…)

Nelle

figure

di

donne

flessuose

e

morbide,

appassionate e materne, Loy sembra frugare dentro, scavare e cercare tormenti passati. Siamo di fronte ad una pittura che prende, affascina, coinvolge e che dona cascate d’emozioni fino a stordirci. Lo splendore del paesaggio ha qualità sorprendenti, dà l’illusione d’avere raggiunto il proprio sogno e la sensazione di vivere una magia. Giuliana Plastino Fiumicelli



(…) In Max Loy maturo riemergono i volti, i cieli, i tramonti vagheggiati con minuziosa perfezione immaginaria in quella stagione di insaziate avventure oniriche che è la primissima giovinezza; stagione di archetipi impossibili, di sfere magiche e di candidi turbamenti, propizia all’invenzione di favole e leggende, di trasparenti confessioni dei propri segreti più profondi. Licisco Magagnato




(…) I soggetti dimostrano il lirico temperamento del pittore Max Loy: gli stessi titoli dei quadri sono evocativi di luci del giorno, di aspetti delle stagioni, di momenti del cielo che ci avvolge, delle acque che scorrono a noi d’intorno, di piante e fiori respiranti, di viventi animali e dell’umana vicenda. La pittura del Loy non è mai descrittiva, ma piuttosto rivelatrice d’una animazione interiore nella quale, ad esempio, la presenza visibile di un’ora si compenetra di risonanze evocatrici, di accostamenti lirici, di momenti tipici di uomini pensanti, di donne sognanti.

Mario Rivosecchi





(…) Descrive l’immagine con una precisione straordinaria del tratto e una ricerca certosina del timbro e del tono del colore, ma poi trascende sempre la forma e la sublima. Antonio Colloca (…) Come mantenere i valori assoluti del segno e del colore e nello stesso tempo piegarli in funzione di un’immagine codificata? In Max Loy, la contrapposizione è però solo un falso problema. La sua figura infatti è tutto ciò che si percepisce coi sensi, ma è anche ciò che ciascuna nasconde simbolicamente. Anzi, quanto più è nitida (e non retorica), tanto più rivela trasparenze che permettono l’indagine dell’io e delle cose. L’immagine si fa dunque astrazione e metafisica. Fiorisce allora il mondo dei simboli, musicali e surreali in cui trovano accordo le urgenze della materia – che scompare – e le aspirazioni dello spirito - che si manifesta – Paolo Gestri





(…) A conclusione di un ciclo tormentato di ricerche nelle quali la figura umana è stata ancora una volta al centro di un’indagine avvertita e, per questo, alquanto laboriosa, la donna, all’incontro con la realtà e con la poesia, la sua presenza rievocata nelle vicende storiche o mitiche rivive, attraverso questa esperienza recente e si offre ancora, ad un’iconografia in lenta metamorfosi, come interprete di affetti segreti che Loy seguita a coltivare nella coscienza: ricordi assillanti di un passato non personalmente vissuto ma di cui si sente cittadino onorario. Tommaso Paloscia




DEXTRA ET SINISTRA PARS MENTIS

Dal tempo d’Adamo in poi, a causa del Diavolo, che significa il divisore, tutti noi facciamo esperienza di una scissione dicotomica della realtà, viviamo nella dimensione del “due”: Nord-Sud, alto-basso, giorno-notte, bello-brutto, buono-cattivo, giusto-sbagliato, bene-male. Per orientarci in questo mondo ambivalente anche noi siamo strutturati con principio simmetrico e compensativo: due gambe, due mani, due occhi, due orecchie…due, due, due….due emisferi cerebrali preposti a diverse e complementari funzioni conoscitive: la razionalità e l’emotività.


La sintesi di queste differenti facoltà organizza il pensiero che è tipica ed esclusiva connotazione umana. Suo compito è ricucire uno strappo, sanare una lacerazione, fare ritorno all’UNO, al nostro Paradiso perduto. Così l’arte, che è metafora, interprete del Pensiero e testimone dello Spirito, tenta in ogni sua espressione la sintesi degli opposti: l’armonica via che riconduce all’unità. Sono presenti, in questi miei quadri, due diversi elementi: il colore e la

forma,

la

casualità

e

l’organizzazione,

l’intuizione

ed

il

riconoscimento. Due diverse musiche accordate come un canto e un controcanto per evocare la meraviglia di un ascolto stereofonico. Max Loy






Vivo nel relativo, nella storia dell’Esodo, sulla nave di Ulisse, nel tempo impaziente del fidanzamento che è tempo di attesa.


Inseguendo il raggio verde

Seconda parte


Ho amato tutto quello che ho fatto, ma ora la considero una storia chiusa: il corpo è dato una tantum per farne esperienza, poi passa. Ho conosciuto felicità, nella mia vita, che sono rimaste intatte nel tempo perché non avevano un corpo e, come profumo, le sento ancora nell’aria all’improvviso, inesplicabili e volatili mi svegliano al ricordo di Itaca e mi dischiudono visioni che mi fanno testimone. C’è ritmo nella mia vita, il corso del tempo disegna orbite ascendenti, conversioni al centro, velocità in aumento prossima alla caduta libera e liberatoria.





Nonostante la nostra distrazione qualcosa che non può più rimanere nascosto nell’ombra cerca di imporsi alla nostra attenzione…. Forse è un pensiero senza né capo né coda: non buttiamolo via e, prima di affidarlo alla memoria, osserviamolo bene. Frughiamolo dentro, se ha un accesso, e scopriamone gli ingarbugliati o elementari meccanismi.




I sogni‌ e beh‌ i sogni, che ne dite, non sono una miniera?





Credete ai miracoli?..........


La vita è un miracolo



Di tanto fare faccio salva l’attualità, quella che “tace” e che prega con “gemiti inesprimibili” … come avevo visto e mirato da molto lontano, curiosando tra le ultime pagine del libro.


i miei passi verso Itaca ‌..


Musica, pittura, scultura, prosa, poesia… vale sempre la stessa regola: il ritmo

Densità e vuoto, suono e silenzio, movimento e quiete… sono il pulsare di un cuore, cadenza di respiro dell’universo

(…) Forse questi quadri che ora dipingo non vengono da me…



Cos’è la bellezza?

Una sorpresa



Che può mai venire di male dal colore azzurro? E l’azzurro è il colore che ormai fa da padrone nei miei quadri.


Scrutare un orizzonte è necessità e comandamento: “vegliate” è scritto.


Il tempo ha diluito la mia tavolozza sanguigna




……Se tolgo gli occhiali vedo contorni sfumati,perdo i dettagli, non distinguo le fisionomie …. ma i colori, le forme e le luci lasciano più margine all’immaginazione che prende il mondo a pretesto per inventarne un altro.


la vita resta un quadro astratto


la via per esasperare il sentire fino all’ultima corda dei toni alti



Questi quadri non si lasciano ingabbiare, scivolano di mano come anguille, sono orizzonte che si sposta.



un riflesso nell’acqua?

No, è il rovescio della realtà.




Ogni realtà è vera e possibile nel suo specifico contesto ed il contesto che mi è familiare è l’intuizione che non ha bisogno di riscontri evidenti perché è partecipe di una conoscenza diversa. Sull’onda di un’intuizione ho creato le mie opere migliori.



….. Solo a tratti, trattenendo il respiro, riuscivo a percepire voci rapite dalla brezza alla lontanissima riva o a qualche natante invisibile, voci così flebili da poter essere confuse con altre voci alla deriva, strappate alle rive ancor più lontane della memoria ……



La mia firma sta svanendo…... Osservo il fenomeno e tengo sospesa una domanda: “sono io l’autore?”




risveglio con quadro


Le mie finestre


Guardo dentro, attraverso i colori e si apre una finestra, una porta stellare: resto affacciato sull’altrove .


compilation compilation


.



L’arte ci consente di portare nello sguardo il riflesso di quella luce che non solo riscalda il cuore come un sole estivo, ma illumina anche la nostra intelligenza con la fantasia di un metodo che sa tirar fuori oro.





davanti al vuoto azzurro di acqua e cielo si apre una finestra nell’anima





Ogni cosa si muove per colmare un vuoto. Il vento, l’acqua, l’energia viaggiano irrequieti inseguendo il loro cuore che abita altrove, li dov’è il prezioso tesoro




Si avverte un presagio di partenza, il cuore si prepara ad un commiato. L’anima dilatata vibra di dolcezza dolorosa che lentamente vira al colore malinconico e ci porta la sera a sostare piÚ a lungo davanti al tramonto e col sopraggiungere del buio ci fa credere d’essere tristi e perduti




esprimere l’inesprimibile




Gusto la bellezza e mi emoziona l’atto simbolico di “mettere al mondo”, di “generare”, di dare vita. Tutto ciò mi commuove e mi esalta. Questa sensibilità è necessaria per cavalcare l’onda anomala e gigante dell’ispirazione. Con lei posso conoscere le regioni che si estendono al di là del mio piccolo orizzonte.




Non potremmo iniziare nessun lavoro, non potremmo concepire un bel niente di nuovo se non avessimo portato a maturazione quell’enorme e sempre misterioso processo di crescita che consiste nell’accorgerci che stiamo vivendo. L’artista non crea nulla. L’artista rielabora la creazione, coniugando il retaggio del sangue e della civiltà alle esperienze della sua particolare e privata esistenza.






non si va per mare senza un sogno


L’artista, nell’investigare la vita, si troverà impegnato in un compito contraddittorio: testimoniare l’unità divisa, convivere con il paradosso.



Max Loy è nato nel 1950 a Pistoia, dove attualmente risiede. Proviene da una famiglia di tradizione militare. Pittore autodidatta, ha sperimentato le più varie tecniche, inventandone di sue, alla ricerca di una sintesi sempre più completa e specifica della propria poetica. Ha esordito trattando la pittura materica, l’arte gestuale, l’espressionismo, l’astratto, per orientarsi progressivamente verso una rappresentazione più realistica, d’improvvisazione classica, passando attraverso il simbolismo, la stagione metafisica, dove ha perfezionato la capacità descrittiva fino alla rivisitazione delle tematiche rinascimentali accostate a contesti d’attualità, privilegiando sempre nei suoi soggetti l’attenzione alla donna. Attualmente vive una nuova stagione tesa a fondere le molteplici esperienze tecniche in una sintesi consapevole, essenziale e pregnante, esplorando il libero universo della pittura astratta. Ha esposto le proprie opere nelle gallerie e nei palazzi storici di molte città italiane. E’ presente in cataloghi nazionali, regionali, riviste e pubblicazioni presentato da esperti e critici del settore.


Cell. 338 92.00.157


La vita è un miracolo Max Loy


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Scultura su legno




La magia del vetro

studio


Produzione letteraria





























Fine


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