Exhibit design Cappellini Cassina Poltrona Frau

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Exhibit design Cappellini Cassina Poltrona Frau



Exhibit design Cappellini Cassina Poltrona Frau a cura di Giulia Pellegrini



Indice

Il mese del design contemporaneo Il Gruppo Poltrona Frau a Palazzo Tassoni Estense di Giulia Pellegrini

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Unico centro Sentire condiviso per il futuro di Giancarlo Tintori

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cappellini’s heroes Esploratori del design tra immaginazione e realtà di Stefania Orlandi

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Maralunga di Vico Magistretti compie 40 anni di Federica Capoduri

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DNA Noé Duchaufour-Lawrence per le Icone di Poltrona Frau di Federica Capoduri

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Exhibit design Cappellini Cassina Poltrona Frau

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11-29 novembre 2014

In mostra

Il mese del design contemporaneo

Cappellini Cassina Poltrona Frau

Dipartimento di Achitettura di Ferrara Palazzo Tassoni Estense

Promotori UniversitĂ degli Studi di Ferrara Dipartimento di Architettura di Ferrara Laboratorio MD Material Design Patrocini Comune di Ferrara Ordine degli Architetti di Ferrara Sostenitori Cappellini Cassina Poltrona Frau 5

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Il mese del design contemporaneo Il Gruppo Poltrona Frau a Palazzo Tassoni Estense di Giulia Pellegrini

B. Munari, Arte come mestiere, p. 28, Editori Laterza, Bari, 2006 (I ed. 1966), pp. 256.

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«Il designer è quindi l’artista della nostra epoca. Non perché sia un genio ma perché con il suo mestiere di lavoro riallaccia i contatti tra arte e pubblico.»1 Il Mese del design contemporaneo, riuscita iniziativa culturale nata dalla collaborazione tra il Laboratorio di ricerca Material Design del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara e il gruppo dei rinominati brand Cappellini, Cassina e Poltrona Frau, ha preso vita negli spazi di Palazzo Tassoni Estense sul finire del 2014. Ad ogni marchio è stata dedicata una mostra che ha saputo far dialogare il cinquecentesco scenario di Palazzo Tassoni Estense con i linguaggi del design contemporaneo. Ciascuna mostra è stata inaugurata da una conferenza in cui i relatori hanno narrato momenti salienti e poco noti della storia dei brand che si celano dietro la creazione di prodotti di design divenuti icone internazionali dell’abitare contemporaneo. Giulio Cappellini per Cappellini, Barbara Lehmann e Vanni Pasca per Cassina, Marco Romanelli per Poltrona Frau, hanno condiviso con l’ampio pubblico vicende e processi, frutto di incredibili alchimie personali e imprenditoriali,

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che potrebbero apparire oggi tanto contingenti e irripetibili quanto invece ricchi di stimoli e visioni per il futuro; hanno comunicato, in particolare, al pubblico cittadino e agli studenti, le radici della scuola italiana di design testimoniando come ogni oggetto sia nato prima di tutto dalla passione, dall’entusiasmo e dalla visionarietà di alcuni incredibili talenti creativi italiani a cui si sono aggiunti – negli ultimi decenni – designer della scena internazionale attratti dalla cultura del Made in Italy e dal coinvolgimento promosso da imprenditori illuminati del Paese. Nello spazio temporale di un mese molti oggetti icona dell’abitare contemporaneo – stimolatori dell’attenzione percettiva, elementi di memorizzazione e […] di affezione2 – si sono offerti ai visitatori e grandi designer sono stati evocati e ‘avvicinati’ grazie alla presenza delle loro opere: Ronan e Erwan Bourollec, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Renzo Frau, AG Fronzoni, Vico Magistretti, Alessandro Mendini, Marc Newson, Gio Ponti, Marcel Wanders… Tre significativi eventi legati fra loro da un comune fil rouge, anzi, orange, e connotati da un grande

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M. Romanelli, Icone Poltrona Frau Icons, p. 12, 2013, pp. 100.

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impatto comunicativo capace di unire il razionale all’emozionale, hanno coinvolto fortemente il pubblico attraverso un’esperienza memorabile. Peculiarità questa, auspicabile, per ogni manifestazione live che, attivando una multisensorialità di fruizione, si concretizza – per il pubblico presente – nel vedere, nell’ascoltare, nel parlare, nell’agire e, talvolta, nel gustare. Non casualmente l’evoluzione recente della comunicazione punta a una valorizzazione delle iniziative e dei format che – senza abbandonare le forme e le modalità tradizionali del diffondere i contenuti e i messaggi attraverso stampa, tv, radio, web – risultino centrati, sempre di più, su eventi live con sviluppo di interazioni e di relazioni per un coinvolgimento diretto dei destinatari della comunicazione stessa. E gli eventi organizzati nel Mese del design in Palazzo Tassoni Estense a Ferrara ne sono stati concreta e riuscita testimonianza. La collaborazione tra il Dipartimento di Architettura di Ferrara e il Gruppo Poltrona Frau è, inoltre, un’importante testimonianza della sinergia collaborativa che può innescarsi tra un’istituzione

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pubblica, quale l’Università, e aziende del settore privato che, proprio nel dialogo e nella ricerca universitaria, individuano un’opportunità di confronto e di crescita. Un significativo esempio in controtendenza nel panorama del nostro Paese, i cui dati in questo senso sono preoccupanti se confrontati con le tendenze europee e internazionali; infatti la spesa in ricerca e sviluppo per favorire il trasferimento tecnologico tra atenei e imprese del paese risulta molto bassa3 riferita all’incidenza sul prodotto interno lordo. L’azienda deve essere capace di creare innovazione in proprio e l’università di produrre ricerca di qualità in campi rilevanti dal punto di vista dell’azienda. Dimensione della collaborazione tra impresa e università che, una volta iniziata, spesso diviene stabile nel tempo. Il booklet Exhibit design della collana Micropress, che presenta in forma sintetica i tre eventi svolti in Palazzo Tassoni Estense, si pone l’obiettivo di restituire una testimonianza della fruttuosa collaborazione, documentandone i momenti salienti, nella speranza di trasmettere al lettore lo stesso senso di stupore e meraviglia che le opere di Cappellini, Cassina e Poltrona Frau hanno suscitato nei visitatori.

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D. Fantino, A. Mori, D. Scalise, “Collaboration between firms and universities in Italy: the role of a firm’s proximity to top-rated deparments”, p. 4, in Temi di discussione, n. 884, Ottobre 2012, Banca d’Italia, Roma, pp. 38.

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Unico centro Sentire condiviso per il futuro

di Giancarlo Tintori

Possiamo affermare che un marchio come il Gruppo Poltrona Frau può essere un ‘centro di gravità’? Possiamo dire che un polo universitario può essere, a sua volta, un ‘centro di gravità’ nel diffuso sistema del Design? Io ne sono certo: nel mese di novembre del 2014 sotto il cielo di Ferrara, presso Palazzo Tassoni Estense, sede del Corso di Laurea in Disegno Industriale, queste due forze gravitazionali hanno generato un ‘unico centro’, accogliendo tanti corpi celesti uniti dalla stessa frequenza di energia gravitazionale: Cappellini, Cassina e Poltrona Frau, tre stelle intense, riconoscibili e forti della galassia Design. Il valore di questo ‘unico centro’ è stato quello di avvicinare i marchi a tutto il Dipartimento, ma, in particolare, ai giovani studenti e a alla città attraverso gli allestimenti e le conferenze che si sono succedute nel salone di via della Ghiara. Nell’accezione comune, il Design è visto come una disciplina giovane. Lo è, in particolare per quello che ‘emerge’ da qualche decennio nel mondo della comunicazione e dei media, è diventato una commodity per rafforzare e veicolare infiniti oggetti e iniziative.

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Associato alla Moda, il Design è da tempo considerato il toccasana ai mali del nostro paese e un baluardo culturale ed economico cui tutti si riferiscono: sappiamo bene, noi che di Design viviamo, che potrebbe essere così nella sostanza, ma che la realtà è ben diversa. Tuttavia il Design è anche ‘vecchio’, meravigliosamente antico, eclettico e così denso e percepibile nella nostra storia da essere giunto fortissimo anche nel nostro quotidiano. Possiamo spostare il calendario indietro di cinquecento anni e sbalordirci, ma probabilmente gli ultimi cinquant'anni sono quelli che più hanno ispirato le nostre generazioni e reso globale l’incanto della nostra professione. Resta innegabile, tuttavia, che il nostro terreno di sviluppo, nel quale hanno affondato le radici uomini di pensiero, di progetto e innovazione sia l’Italia, dove artigianato, arte e saper fare ricoprono un valore degli esiti e dal gusto unici. Sono un designer che ha oltre il mezzo secolo di età e spesso ritengo scontate alcune conoscenze in questo ambito, convinto che possano essere condivise con tutti i rappresentanti del nostro ambiente professionale. Poi, parlando con un designer di

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Unico centro


venticinque anni, scopro che le sue modalità di accesso alle informazioni, la sua cultura sul prodotto e la sua conoscenza di aziende e brand di settore è grande e totalmente differente dalla mia. Si rende dunque necessario un punto di incontro, un ‘unico centro’ inteso come piattaforma che possa portare tutti a un contatto e a una conoscenza condivisa e attualizzata, come è avvenuto per questi tre celebri Brand. Se osserviamo i marchi più rappresentativi e ricchi al mondo, troviamo colossi conosciuti e vecchi, come Coca-Cola, oppure marchi noti e relativamente recenti, come Apple. Lontani da noi in termini di collocazione geografica sia nelle sedi che nelle factory dislocate nel mondo. Lontani, lontanissimi e veloci sotto ogni modalità operativa e imprenditoriale da non poterla condividere, che ci piaccia o no. Il celebre Steve Jobs, con il suo discorso motivazionale tenuto alla Stanford University nel 2005, ha avuto una risonanza globale tale da cancellare ogni altro commitment speeach fatto sino a quel momento. Pare che il suo «siate affamati, siate visionari» abbia suonato come mai nella storia quale tuono risvegliatore e rivelatore. Con immancabile rispetto per il grande lavoro e i risultati conseguiti da Jobs,

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di italiani che hanno gridato queste frasi e ne hanno fatto un modello di vita e sviluppo, ce ne sono stati qualche migliaio e uno di loro è stato nostro ospite: Giulio Cappellini. Ci ha portato all’interno di un racconto fatto di episodi semplici, naturali, ma dai contenuti elettrizzanti, relazioni magiche tra designer e azienda che hanno scritto la storia del gusto e dell’abitare degli ultimi decenni. Ha raccontato ai più giovani come dietro le storie di successo delle star si celino infinita passione, dedizione profonda alla ricerca e al lavoro e, perlopiù, un inizio sommesso, povero e difficoltoso. Ecco, le aziende che abbiamo ospitato, raccontano questa straordinaria capacità di determinare, attraverso un percorso comune con il designer, la tenacia nel voler coniugare il concetto estetico con la funzione, materializzata attraverso un processo industriale e poi distribuita nel mondo sino a diventare parte del nostro vivere. Nell’‘unico centro’ risiedono questi valori, attuali e antichi, il nostro sentire condiviso e il nostro futuro pensare, ma soprattutto la gioia di sapere che tra noi, in quei giorni di novembre, fosse seduto più di un prossimo grande designer.

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Unico centro


cappellini’s heroes Esploratori del design tra immaginazione e realtĂ

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11-16 novembre 2014

In mostra opere di Shiro Kuramata Tom Dixon Marc Newson Patrick Norguet Fabio Novembre R&E Bouroullec Francois Azambourg Jasper Morrison Alessandro Mendini Marcel Wanders Dror Benshetrit Doshi Levien Giulio Cappellini AG Fronzoni Nendo

Sono intervenuti Alfonso Acocella Coordinatore del Corso di laurea in Design del prodotto industriale Massimo Maisto Vice Sindaco del Comune di Ferrara Giancarlo Tintori Docente al Corso di laurea in Design del prodotto industriale di Ferrara Conferenza Giulio Cappellini Art director di Cappellini

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cappellini’s heroes Esploratori del design tra immaginazione e realtà

di Stefania Orlandi

Giulio Cappellini, imprenditore e designer, si racconta al pubblico di Palazzo Tassoni Estense, attraverso un racconto caleidoscopico di incontri, sogni e idee, progetti e realizzazioni. La narrazione è arricchita dall’entusiasmo e dalla passione propri di chi ha vissuto in prima persona le esperienze, con la fiducia riposta nel concetto di “made in Italy” e soprattutto attraverso la visione del design come scommessa per il futuro. Il design, per Giulio Cappellini, non può limitarsi ai musei o ai libri di architettura; il progetto di design deve essere utile e avere una funzionalità che vada oltre l’esser un pezzo d’arte da ammirare. Ciò si esplica attraverso le fasi di studio e esecutivizzazione del progetto affinché l’oggetto risponda ai desideri, anche inespressi, degli utilizzatori. Ci si concentra perciò, nell’analisi, sul ruolo del progettista dal momento che oggi è cambiata la modalità del progettare: negli anni ’80 il progetto poteva dirsi ‘un segno’, oggi progettare è qualcosa di più complesso, un’azione da seguire passo dopo passo, con ripensamenti e modifiche durante la realizzazione del prototipo, a volte fino a variare

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anche in maniera sostanziale l’idea originaria. Ma allora, come oggi, il vero compito del buon progettista è far sognare il consumatore, avvicinarsi alla gente e dare al pubblico ciò che si aspetta. Questa aspirazione continua verso idee innovative ha portato Giulio Cappellini alla ricerca di artisti provenienti da tutto il mondo. Cappellini può dirsi imprenditore ma anche talent-scout, non solo artista, ma anche viaggiatore instancabile; sempre aperto a incontri che contribuiscano alla creazione di ciò che definisce come il «progetto globale d’azienda», sua mission per il brand Cappellini. Lavorare con autori diversi – per cultura, tradizioni, rispettandone la libertà di pensiero – appare come il filo rosso che lega tutto, che connette questi progettioggetti solo apparentemente molto diversi fra loro. L’incontro con questi personaggi – gli Heroes in mostra nella cornice rinascimentale di Palazzo Tassoni Estense – ha contribuito a far maturare la propria idea sul design, imparando da ogni singolo designer un punto di vista diverso, un approccio differente e cercando di creare con ciascuno ‘nuovi classici’ del design contemporaneo.

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Mendini, Morrison, AG Fronzoni, Dixon, Lissoni, Boroullec, Novembre, Nourget, Wanders, Azambourg, Barber & Osgerby sono solo alcuni dei tanti creativi coinvolti da Cappellini. Poche linee, tratti chiari, semplici, ben definiti e ordinati (come nel caso di Jasper Morrison); generosità e forme morbide per altri (Alessandro Mendini), mantenendo come principio cardine il concetto che il design deve servire a molto più che a farsi ammirare. L’obiettivo è costituito da semplificazione e sintesi, ma negli spazi per la casa che ha in mente Giulio Cappellini, la creatività porta a testare colorazioni inusitate, talora forse azzardate, pur confermando la premessa: linearità, concretezza ma allo stesso tempo un tocco morbido e nuovo che salti all’occhio. L’azienda deve saper cogliere il meglio del momento per poter creare il ‘pezzo unico’, la creazione che possa esser tramandata, di padere in figlio, ai posteri.

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«Il design crea dei best-sellers, il buon design crea dei long-sellers»: ecco dunque ribadito l’obiettivo del brand Cappellini: una sorta di ‘atemporalità’ contemporanea a un utilizzo durevole nel tempo, possibile nel contesto reale e quotidiano. Non può esistere contemporaneità senza innovazione e l’innovazione non sempre deve essere gridata, ma insita all’interno dello stesso prodotto, tavolta invisibile ai ‘non addetti ai lavori’. Grazie a tutto ciò, grazie alle Clouds, alle Rainbow chairs, alle Lotus, il marchio Cappellini è noto in tutto il mondo, con una forte presenza non solo in Europa, ma anche negli Stati Uniti, negli Emirati Arabi, a Singapore, in India e in Australia.

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Cappellini sa coniugare arte ad architettura di interni, sviluppando idee innovative e concrete, non obliando certamente l’ambito comunicativo, elemento che al presente può fare la differenza. Varie sono state le strategie comunicative perseguite nel tempo, con l’occhio rivolto sempre al futuro, ma con i valori e le idee tipiche e rappresentative del marchio. Parole e immagini che incarnino idee, prendono vita grazie ai designer e, in particolare, alle competenze tecnico produttive del sistema d’azienda. Cappellini raggiunge il pu<bblico quindi con un programma di eventi e istallazioni, è presente ai principali appuntamenti di divulgazione del design a livello internazionale, sempre sotto l’occhio attento, la dedizione e il fervido trasporto di Giulio Cappellini, art director e regista del successo dell’omonimo brand.

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Maralunga di Vico Magistretti compie 40 anni

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19-23 novembre 2014

In mostra Cassina festeggia i 40 anni di Maralunga, il divano icona firmato Vico Magistretti in un progetto che racconta il passato, il presente e il futuro. In mostra anche una selezione dei progetti firmati dagli studenti dell’ECAL – Università d’arte e design Losanna.

Sono intervenuti all'inaugurazione Veronica Dal Buono Docente al Corso di laurea in Design del prodotto industriale di Ferrara Giancarlo Tintori Docente al Corso di laurea in Design del prodotto industriale di Ferrara Conferenza Barbara Lehmann Direttrice dell’archivio storico Cassina Vanni Pasca Docente di Storia e critica del Design

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Maralunga di Vico Magistretti compie 40 anni

di Federica Capoduri

Dedicato a Cassina il secondo appuntamento del Mese del design contemporaneo, con un’esposizione dal titolo Maralunga. Il divano di Vico Magistretti compie 40 anni in cui – in un completo sviluppo temporale tra passato, presente e futuro – la nuova versione Maralunga ‘40 ha affiancato il modello classico con l’edizione limitata Mercurio Vivo (40 pezzi numerati). Nella stessa occasione sono stati esposti anche i due prototipi vincitori del progetto di studio eseguito dagli studenti dell’ECAL – l’Università d’arte e design di Losanna – in collaborazione con Cassina. Con questa iniziativa l’azienda rende omaggio al prolifico maestro e a uno dei pezzi più riusciti del design contemporaneo – vincitore del Compasso d’Oro nell’edizione del 1979 – narrando ai numerosi presenti un racconto industriale d’alta gamma e ricco di aneddoti grazie alle parole di Barbara Lehmann – Responsabile dell’Archivio Storico di Cassina – e Vanni Pasca – Docente di Storia e critica del design. Nelle loro brevi introduzioni, Giancarlo Tintori e Veronica Dal Buono hanno narrato le esperienze vissute con personaggi tangenti allo storico

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imprenditore Cesare Cassina. Tintori racconta dell’incontro fortuito a un Salone del Mobile di Milano con Franco Cassina – figlio di Umberto, fondatore e socio con il fratello Cesare – e Dal Buono narra dell’incontro, avvenuto qualche anno prima, con Aldo Businaro, stretto amico di Carlo Scarpa, che dal 1962 avvia un lungo sodalizio con Cassina ottenendo anche la cessione dei diritti per l’acquisizione dei progetti di Le Corbusier. Dopo questo ricordare, Barbara Lehmann conduce nel vivo dela lezione attraverso la storia aziendale. Cassina è ancora oggi una solida realtà che punta su un approccio al design che coniuga comunicazione e ricerca; nata nel 1927 con una produzione di tavolini in legno, poi passati al settore contract, esplode negli anni ‘60 con il boom economico e l’utilizzo di nuovi materiali, in particolare del poliuretano, e contribuirà da allora ad affermare il design italiano nel mondo. Fondamentale anche il rapporto dell’azienda con vari Archivi e Fondazioni storiche che hanno permesso – e ne permettono tuttora – la produzione di prodotti di design di alcuni tra i più grandi Maestri: Albini, Asplund, Le Corbusier, Mackintosh, Perriand, Rietveld, Wright.

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Cassina Maralunga


La narrazione prosegue e si snoda attraverso immagini di prodotti iconici e progettisti illuminati fino all’aneddoto che il protagonista della mostra, il divano Maralunga, porta con sé e su cui fonda la propria indelebile peculiarità: la possibilità di configurarsi con lo schienale alto o basso operando un semplice ribaltamento del poggiatesta. La semplicità; ossia la costante che Vico Magistretti ricerca e che trova qui per caso grazie al pugno sferrato da Cesare Cassina al suo prototipo, il quale non riusciva a rispondere in maniera esaustiva a una richiesta di comfort estremo. La conseguente rottura dello schienale mal riuscito illuminò l’architetto milanese che individuò nel maldestro movimento un intuitivo criterio per rinnovare una tipologia tradizionale esclamando: «Ecco, benissimo, così mi sembra perfetto». Cesare Cassina, una volta trovata la soluzione, azzardò un «ne venderemo tantissimi»... profeta non solo in patria. Fu quindi grazie a una ‘piccola’ trasformazione e all’uso della catena da bicicletta, che permise la meccanica della rotazione, che il pezzo divenne un grande e duraturo successo nel mercato internazionale.

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Al concetto di durata nel tempo – intesa non solo come ciclo di vita, ma anche come straordinaria capacità di vendita – si lega l’incipit dell’intervento di Vanni Pasca che ribadisce l’importanza del rapporto tra designer e imprenditore, la somma delle loro conoscenze, scala 1:1 direttamente proporzionale che porta alla cultura degli oggetti-mito della produzione seriale. Ma soprattutto si rende necessario distinguere tra cultura d'impresa e cultura progettuale che non è mai elitaria ma deve farsi apprendere da quanti più possibile, da chi abita, da chi vive l’ambiente domestico. «Perché un mobile non è una scultura, è oggetto domestico che va vissuto». Non può quindi che essere citato Gio Ponti e uno dei suoi prodotti che, nella purezza formale, esprime – grazie al sapiente incastro a sezione triangolare delle gambe – la sua valenza: Superleggera, classe 1957, definita da molti la prima sedia moderna in Italia che nel 2011 viene riproposta da Cassina con la seduta imbottita e colorata.

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Tirando le fila di questi esempi – rievocando Magistretti e il suo amore per il concept design: «Quello che è talmente chiaro che puoi anche non disegnarlo», la ricerca della semplicità e l’uso geniale delle trasformazioni (la lampada Eclisse ne è testimone ancora oggi) – ci rendiamo quindi conto che per comprendere a fondo la modernità è necessario avere sempre una mano nel passato e una nel futuro. E la conclusione di questa lezione ci lascia un messaggio positivo, presente segnale di ottimismo; le nostre imprese, l’Italia che produce e che opera con maestranze artigiane e qualità seriale è ancora oggi meta ambita di moltissimi designer stranieri. Il dialogo e i valori intrinseci a questi rapporti possono e devono quindi far leva e spronare i progettisti italiani a trovare il loro spazio. Anche fosse solo, in partenza, di nazional diritto.

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DNA NoĂŠ Duchaufour-Lawrence per le Icone di Poltrona Frau

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27-29 novembre 2014

Le poltrone in mostra Chester 1919 Vanity Fair Lyra Sanluca

Sono intervenuti all'inaugurazione Giuseppe Mincolelli Docente al Corso di laurea in Design del prodotto industriale di Ferrara Diego Farina Presidente dell’Ordine degli Architetti di Ferrara Nicola Coropulis Direttore commerciale Poltrona Frau Conferenza Marco Romanelli Curatore progetto Icone Poltrona Frau

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DNA Noé Duchaufour-Lawrence per le Icone di Poltrona Frau

di Federica Capoduri

Il terzo e ultimo appuntamento della collaborazione tra il Laboratorio di ricerca Material Design del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara e il gruppo Poltrona Frau ha visto l’inaugurazione della mostra DNA su progetto di Noé DuchaufourLawrance e la conferenza sul tema dei prodottiicona tenuta da Marco Romanelli, curatore della pubblicazione Icone Poltrona Frau Icons. L’allestimento è stato dominato dal materiale elettivo dell’azienda: la pelle. Con l’ausilio di un cordone arancione – sorta di filo rosso in rivisitazione Poltrona Frau – l’osservatore è stato guidato nella comprensione tattile e visiva dei cinque imbottiti presenti: Chester, 1919, Lyra, Sanluca, Vanity Fair. Nel corso della conferenza, già dall’introduzione del Professor Giuseppe Mincolelli si parla del concetto – sintetico, semplice, ma non banale – di icona: oggetto/prodotto, testimonianza di un tempo, di valori complessi che comprendono non solo il gesto formale, ma in cui condensano e sedimentano numerosi significati.

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è a questo pensiero che si lega l’intervento di Nicola Coropulis – Direttore commerciale Poltrona Frau – che, sulla base della notevole produzione aziendale di prodotti icona riconosciuti a livello mondiale, introduce il pubblico nella centenaria storia Frau. Dal 1912, anno di fondazione, l’azienda ha vissuto attraverso epoche, personaggi e storie molto diverse tra loro, ma che si ritrovano comunque sempre sotto il comune denominatore della tradizione artigiana, dell’eccellenza nella lavorazione della pelle e della voglia di far percepire – attraverso la tattilità, la morbidezza e il calore proprio di questo materiale – l’arredamento come fosse un’estensione del corpo. L'azienda ha saputo inoltre mantenere invariato nel tempo lo scopo iniziale: ricongiungere il mondo del sapere con il mondo del fare. Anche il gusto è sempre quello originario, quello ricercato in partenza, ossia un sapore internazionale, dato soprattutto dai primi archetipi importati dalla tradizione inglese e che il fondatore e progettista Lorenzo – Renzo – Frau, reinterpreta e su cui fonda tutta la produzione.

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Ricordiamo alcuni suoi storici progetti: uno su tutti il divano Chester – uno dei primi disegnati, caratterizzato dal macro-capitonné e dal bracciolo a voluta segnato da un profondo plissé, allora come oggi realizzato a mano – e la poltrona Vanity Fair – classe 1930, riconosciuta da sempre come uno degli emblemi del design italiano. Oggi Poltrona Frau realizza imbottiti per abitare la casa e l’ufficio, ma anche prodotti che arredano teatri, auditorium, università e che allestiscono interni di molteplici settori – automobilistico, ferroviario, navale e aereo. Ritorna dominante nelle parole di Marco Romanelli il ruolo del mobile icona che, entrando nello specifico del progettare, assume adesso un rapporto – derivato dal concetto usato in semiologia – che si pone tra emergenza e sfondo e che deve essere mantenuto in costante equilibrio. Intendere quindi l’icona come pezzo che si pone in relazione agli altri pezzi, come stimolatore dell’attenzione percettiva, elemento di memorizzazione e perciò, conseguentemente, di affezione. Il bravo progettista è capace di risolvere la funzione prima della forma e infine dare una carica semantica ai dettagli per permettere al pezzo

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Poltrona DNA Frau


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di sopravvivere al tempo, rimanere e durare nello spazio abitativo, attraversare le generazioni. Voler creare non pezzi eccezionali, ma oggetti che dal passato ci traghettino al futuro. E, parlando di eccellenza, ecco nuovamente comparire a Palazzo Tassoni Estense la magistrale figura di Gio Ponti con la sua lezione sul voler ‘progettare e comunicare’. Nel 1965, a 74 anni, disegna per Poltrona Frau la seduta Dezza – dall’indirizzo della sua casa/studio di Milano –, un progetto componibile, leggero, confortevole e facile da adattare. Le particolarità della gamba a sezione triangolare rastremata e la sua rivoluzionaria componibilità ‘a sistema’ mediante un numero limitato di pezzi ne riassumono alcuni dei più importanti principi progettuali, sia dal punto di vista formale che metodologico. Ancora in tema di grandi progettisti, che fondano il proprio operare anche sul tema della comunicazione e dell’evoluzione del progetto, giungiamo alla figura di Guglielmo Ulrich, coetaneo di Ponti ma legato alla progettazione per l’alta borghesia milanese e ideatore di Willy – 1937, poltrona composta da un’unica sagoma avvolgente che si caratterizza per la pronunciata imbottitura a fasce verticali.

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Un altro forte long-seller della storia aziendale è Sanluca, progettato nel 1961 dai fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni, in cui concetto della poltrona bergère viene stravolto attraverso il disegno di uno schienale espressionistico, di matrice futurista, ma che muove dalla definizione di una linea di comfort ergonomico. Approdiamo infine a una ‘intelligenza dimenticata’: Gastone Rinaldi, progettista e designer di sedie che, grazie alla seduta DU 30, nel 1954 vince la prima edizione del Premio Compasso d’Oro, la cui giuria era composta da personaggi quali Aldo Borletti, Cesare Brustio, Gio Ponti, Alberto Rosselli e Marco Zanuso. Della stessa serie la poltrona DU 55, fortemente sculturale, caratterizzata da una sensuale elasticità arrotondata che si prodiga verso un’avventura ‘organicista’ e che ne fa uno dei pezzi più antropomorfi del nostro design. La conclusione di questo appassionante percorso di storie e progetti è data dalla comprensione che le icone possono e devono essere disegnate e ricercate in tutti i momenti, mediante la ricerca della multisensorialità della forma capace di coinvolgere i sensi delle persone e quindi di metterle in relazione.

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Sguardo d'insieme

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Inaugurazione 11 novembre 2014

Il mese del design contemporaneo

Sono intervenuti

Dipartimento di Achitettura di Ferrara Palazzo Tassoni Estense

Alfonso Acocella Coordinatore del Corso di laurea in Design del prodotto industriale Massimo Maisto Vice Sindaco del Comune di Ferrara Giancarlo Tintori Docente al Corso di laurea in Design del prodotto industriale Conferenza

Promotori UniversitĂ degli Studi di Ferrara Dipartimento di Architettura di Ferrara Laboratorio MD Material Design Patrocini Comune di Ferrara Ordine degli Architetti di Ferrara Sostenitori Cappellini Cassina Poltrona Frau 78

Giulio Cappellini Art director di Cappellini


Inaugurazione 19 novembre 2014

Inaugurazione 27 novembre 2014

Sono intervenuti

Sono intervenuti

Veronica Dal Buono Docente al Corso di laurea in Design del prodotto industriale

Giuseppe Mincolelli Docente al Corso di laurea in Design del prodotto industriale

Giancarlo Tintori Docente al Corso di laurea in Design del prodotto industriale

Diego Farina Presidente dell’Ordine degli Architetti di Ferrara

Conferenza

Nicola Coropulis Direttore commerciale Poltrona Frau

Barbara Lehmann Direttrice dell’archivio storico Cassina Vanni Pasca Docente di Storia e critica del Design

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Conferenza Marco Romanelli Curatore progetto Icone Poltrona Frau


micropress booklet

I Booklet rappresentano una delle sezioni di Micropress, collana editoriale in self publishing di Lab MD afferente al Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrrara.

Un progetto di Lab MD Concept Alfonso Acocella Progetto grafico Giulia Pellegrini Infografica Veronica Dal Buono Fotografie Enrico Geminiani

Copyright Media MD 2015

md material design


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