La Scuola Vela Mascalzone Latino su "Sette" del Corriere della Sera

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Napoli La scuola di vela voluta dall’armatore Vincenzo Onorato

Una gioventù bruciata qui ritrova l’orizzonte Giovani allievi, dei quartieri difficili e violenti, scoprono in mare una nuova rotta imparando valori come lealtà e fiducia di Micaela De Medici

È

questione di un attimo. Un momento prima se ne stanno nell’aula con occhi attenti e curiosi ad ascoltare l’istruttore che impartisce le basi di teoria. E un momento dopo sono fuori, per le scale, in uno sciame di voci e risate, di corsa a prendere ciascuno il proprio piatto di penne alle melanzane. È ora di pranzo alla Scuola di Vela Mascalzone Latino, in un lunedì di sole e di brezza da Ponente che increspa il mare di Napoli. C’è sempre un grande andirivieni qui. Le ampie stanze luminose della palazzina sul porticciolo del Molosiglio presa in affitto dalla Marina Militare – oggi completamente ristrutturata, ma fino a pochi anni fa magazzino per merci in totale abbandono – sono dal 2010 la sede di questa scuola di vela nata nel 2007 da un’idea di Vincenzo Onorato, armatore, presidente della compagnia di navigazione Moby Lines e proprietario della Tirrenia, nonché presidente di Mascalzone Latino, team velico da lui fondato nel 1993. Non si tratta, però, di un club di vela come gli altri. La scuola, infatti, è destinata a bambini 88

SETTE | 18— 06.05.2016

dai 6 anni in su e a ragazzi appartenenti a fasce sociali deboli o a rischio, che vivono un forte disagio sociale ed economico, ed è completamente gratuita. L’idea è quella di offrire loro un’opportunità di riscatto attraverso lo sport della vela e i suoi valori – la lealtà, lo spirito di squadra, la capacità di affrontare le difficoltà e di fidarsi l’uno dell’altro – e di fare sì che, in un secondo momento, le attività svolte alla scuola possano servire ai giovani per una carriera professionale legata al mare. «Le radici del progetto affondano nella mia esperienza di velista», racconta Onorato, vincitore, con il team Mascalzone Latino, di sei titoli mondiali. «La vela italiana oggi è rappresentata dai triestini. Nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia ogni anno emerge un giovane promettente: questo perché nei circoli velici vengono cresciute le giovani generazioni. Sembra di essere a Auckland, San Francisco o Sydney. Trieste vive di vela e di mare. Lì la vela è uno sport di massa, un fenomeno popolare che sforna campioni. Napoli invece non ha campioni tra i giovani. L’ultima generazione vincente è

stata quella dei miei coetanei, De Angelis, Lamaro, oggi intorno alla sessantina. E sa perché? Perché a Napoli i circoli di vela sono circoli aristocratici, dove vanno i figli di papà con la pancia piena e senza motivazione. Perciò non ne escono campioni». Da qui l’idea della scuola: «Vogliamo avvicinare al mare bambini che non possono farlo attraverso i circoli ufficiali. Questi ragazzi hanno voglia di emergere: noi pun-


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