Magazine M - Dicembre 2011

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Dicembre 2011

M

MAGAZINE MARE MARLINTREMITI inserti speciali in lingua : Russa e Inglese

Специальный выпуск на русском языке Special English language

Le

Grotte

delle Tremiti

Uno straordinario ambiente da esplorare

10

N u m b e r

T e n




I AM your destination


for your holidays


MARLINTREMITI e la redazione del

Magazine M

Augura a tutti Voi un Buon Natale e un

Felice 2012


Da parte mia e della redazione un sincero ringraziamento a tutti i collaboratori, a tutti coloro che hanno espresso apprezzamento e a tutti i lettori che ogni mese ci regalano suggerimenti e note di stima, consentendoci di proseguire con entusiasmo in questo ambizioso progetto. Per il 2012 alcune novità editoriali e tecnologiche che vi sveleremo nei prossimi numeri. Con questo numero che esce in prossimità delle festività Natalizie a tutti Voi un augurio di Buon Natale e per un Felice nuovo Anno. Un saluto e buona lettura. Adelmo Sorci

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Magazine MARLINTREMITI Sito internet www.marlintremiti.it e.mail info@marlintremiti.it Phone / fax +39 0882 46 37 65 Phone / Mobile +39 336 82 97 46

MARLINTREMITI Via A. Vespucci 71040 - ISOLE TREMITI - FG

Специальный выпуск на русском языке

Special English language Il Magazine può essere scaricato in formato pdf, ed in questo numero le procedure da seguire sono descritte a pag. 75.

M n.10 - Dicembre 2011

Cari Amici, si sta per chiudere l’anno 2011. Un anno che ci ha consentito di crescere, sviluppare la nostra rivista e ampliare la rete delle collaborazioni.


M

Magazine MARLINTREMITI

con il patrocinio

Magazine Reportage - Storia - Photo - Cultura

Mare Ambiente - Immersioni - Vita Sottomarina Attività Informazione

MARLINTREMITI Attività Subacquee - Ricerca Scientifica Esplorazioni - Formazione professionale Eventi

In questo numero: Foto di Adelmo Sorci ( ADphoto) , Paolo Fossati, archivio

Progetto grafico MARLINTREMITI Redazione Direzione

Adelmo Sorci info@marlintremiti.it adelmo.sorci@marlintremiti.it

Hanno collaborato

Paolo Fossati Gian Piero Villani Gruppo Speleologico Montenero G. Notarbartolo di Sciara E. Demma Paola Di Turo Fabrizio Vallesi Cristiana Bartolomei Pio Fumo

Inserti Speciali

Natalia Ivantchenko edizione in lingua Russa Andrea Mancini edizione in lingua Inglese

Testi e foto di proprietà MARLINTREMITI. E’ vietata la riproduzione totale o parziale dei contenuti e delle immagine inserite nel presente Magazine M.

13

le Grotte delle Tremiti

20

il censimento delle grotte


M n.10 - Dicembre 2011

Sommario

24 26

La foca monaca del Mediterraneo

26

1953-1981 gli avvistamenti del Bue marino alle Isole Tremiti

33

33 43 58

M

dal Mare delle Tremiti l’Argonauth

il Faro di Caprara

43 Sub: l’Immersione di Cala Caffè

Magazine MARLINTREMITI

58


by ADPhoto


C’è

un modo migliore per sentirsi il

Vieni alle Isole

Mare “dentro”

Tremiti...


Le

Grotte Testo di Adelmo Sorci e archivio Foto di Paolo Fossati e Adelmo Sorci ( ADphoto)

delle Tremiti


La tormentata e suggestiva morfologia delle Tremiti è dovuta alla natura geolitologica delle rocce ed all'azione del mare che con la sua azione incessante ha creato cale, grotte, baie, archi, faraglioni, recessi e punte aspre e incantevoli. 13 Magazine M - Number Ten


Grotte emerse, semisommerse e sommerse Esistono differenti modi per definire un “grotta”. Per comodità utilizzeremo la definizione proposta da Ridel (1966) e successivamente ripresa e modificata da Bianchi (1994) e Bianchi et al. (1996) secondo cui si può considerare “grotta marina” una cavità di varia origine, in tutto o in parte occupata dal mare ed accessibile all’uomo; inoltre il rapporto tra i numeri che esprimono il volume totale (in m³) e l’area di ingresso (in m²) deve essere superiore a 1, e la larghezza dell’ingresso non deve essere superiore a quella media interna. Avvalendosi della definizione sopra citata è dunque possibile suddividere le grotte marine, confermando la classificazione già proposta da Parezan (1960), in: [a] - Grotte costiere emerse. Accessibili da terra, il

cui ingresso, cioè, si apre al di sopra del livello del mare, e sono accessibili all’uomo senza l’uso di un battello. Si dividono in due gruppi fondamentali: grotte senza comunicazione evidente col mare e grotte con comunicazione evidente col mare, a seconda che non abbiano alcuna comunicazione col mare visibile all’ingresso, oppure che, pur essendo comodamente accessibili a piedi, presentino tuttavia qualche canale o rigagnolo, attraverso il quale le acque marine possono entrare ed uscire dalla grotta. [b] - Grotte semisommerse. Accessibili solo via mare. Vi appartengono quelle grotte che hanno un ingresso piu o meno visibile dall’esterno, ma in gran parte al di sotto del livello del mare, anche se nel corso dello sviluppo interno possono risalire e riab-


bassarsi alternativamente, sopra e sotto il livello del mare. [c] - Grotte sommerse. Accessibili solo in immersione. Questo, come i due gruppi precedenti, comprende grotte a sviluppo prevalentemente orizzontale, a sviluppo prevalentemente verticale ed a sviluppo esclusivamente verticale. Queste ultime vengono dette “pozzi” (cavita cui si accede dall’alto in basso) e “camini” (formazioni capovolte, cui si accede dal basso all’alto) analogamente alle morfologie delle grotte terrestri. Le grotte marine possono avere una duplice origine e, tuttavia, l’una non esclude necessariamente l’altra: l’erosione carsica e quella marina.

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Cenni sul Carsismo della Puglia Anche se in passato alcuni autori (Gortani, 1937; Anelli, 1963; 1973) hanno ritenuto opportuno classificare i fenomeni litologici pugliesi come paracarsici e non carsici, le tendenze attuali sono orientate a considerarli comunque associabili al carsismo propriamente detto. In realtà la natura della gran parte della roccia pugliese non è ascrivibile al litotipo calcareo bensì a quello calcarenitico. Pur avendo la medesima origine da un punto di vista chimico (per azione dissolutiva dell'acqua percolante sul Carbonato di Calcio delle rocce), le cavità formate nei calcari e nelle calcareniti si possono differenziare per i tempi di formazione differenti (anche se, in realtà, nel primo caso si formano per fratturazione, nel secondo, per capillarizzazione). Dunque il motivo per cui le cavità di tipo calcareo sono in genere dimensionalmente superiori a quelle di tipo calcarenitico è da ascrivere unicamente all'età notevolmente più lunga delle prime (Palmisano, 1993). La Puglia con il Salento e le Isole Tremiti pur essendo costituite da litotipi calcarenitici, risultano ricche di grotte. Il fenomeno erosivo che, fin dal Cretaceo (terminato circa 65 milioni di anni fa), ha in più riprese agito sulle rocce di questa area dell’Adriatico che è stato a sua volta influenzato dalle oscillazioni del livello del mare. Durante questo lungo periodo, infatti, il livello del mare è variato, e più volte, anche di centinaia di metri. Queste oscillazioni hanno alternativamente scoperto e sommerso tratti di territorio costiero nel susseguirsi dei periodi geologici. Durante le numerose glaciazioni che si sono succedute sul pianeta, gran parte delle terre emerse a Nord e a Sud dei 45° di latitudine vennero ricoperte dal ghiaccio. Quest'acqua che, cosi segregata sulle terre emerse, non faceva ritorno al mare, ne indusse un abbassamento di livello che, alle nostre latitudini, può essere stato di circa 100 metri al culmine dell'ultimo periodo glaciale (circa 18.000 anni fa). Un abbassamento del livello del mare di questa portata allontanò anche di diversi km le acque marine dalle coste attuali fino anche a circa 15 km. Fig.1 – In neretto la localizzazione delle principali aree costiere di interesse speleomarino. Rif. “Le Grotte marine del Salento: Classificazione, localizzazione e descrizione” di Raffaele Onorato- Francesco Denitto – Genuario Belmonte. Nell'ambito di questi avvicendamenti geologici, il fenomeno carsico ha esplicato la propria attività in vario modo tra cui, quindi, la formazione di una quantità di cavità naturali originatesi in ambiente sicuramente aereo per l'attività drenante di paleocorsi idrici, e sommerse dal mare in periodi successivi. E’ per questo semplice motivo che la costa rocciosa delle Isole Tremiti è molto ricca di grotte sommerse più di quanto se ne possano individuare esternamente.


Le Grotte marine dal punto di vista biologico Per il subacqueo sportivo e naturalista, l'esplorazione delle grotte è certamente una delle immersioni più interessanti e stimolanti. Oltre allo spettacolo creato dai giochi di luce che spesso caratterizzano gli ingressi, le cavità sommerse offrono numerosi motivi di interesse dati dalla estrema particolarità degli ambienti. Da un punto di vista biologico, uno dei principali motivi che spinge all'esplorazione di questi habitat è legato alla zonazione dei popolamenti bentonici. Le grotte sommerse infatti, rappresentano un sito ideale per l'analisi della distribuzione della fauna marina lungo gradienti ambientali, dal momento che in esse è riproducibile un effetto pari a quello generato dal gradiente batimetrico, ma in spazi ben più limitati. Nelle grotte marine, anche di bassa profondità, è possibile rinvenire popolamenti animali tipici di profondità elevate, per questo motivo la bionomia bentonica considera tali biotopi come 'enclaves' del piano circalitorale, nell'infralitorale. Il riferimento alla sola fauna non è casuale, poiché un'altra caratteristica delle grotte sommerse è l'assenza, almeno in gran parte di esse, della componente floristica. Questo fenomeno è imputabile all'insufficienza della radiazione luminosa nei riguardi della sia pur minima esigenza fotosintetica delle alghe più sciafile. L'ambiente di grotta (in questo le “sommerse”) che ad un primo esame potrebbe apparire sfavorevole, presenta tuttavia condizioni di stabilità termica durante tutto l'anno, e di stabilità meccanica non essendo soggetto al-

l'azione diretta delle onde. Il problema principale che gli abitanti delle grotte devono affrontare riguarda l'alimentazione. In questi ambienti la produzione primaria è infatti assente o trascurabile, c'è quindi una selezione trofica pura del sistema, poiché essa dipende esclusivamente da input esterni. I nutrienti vengono in genere trasportati da deboli flussi di corrente (grotte Sommerse) e raggiungono i vari distretti talvolta molto lentamente. Di massima importanza in questi ambienti è quindi il riciclo dei cataboliti che avviene in un turnover continuo. Molto rilevante è anche il ruolo svolto dalle acque dolci che filtrano dalla superficie e concorrono al trasporto di sostanze organiche. La maggior parte degli input sono rappresentati da materiale organico particolato sotto forma di plancton di dimensioni assai variabili. Questa, oltre ad essere la più importante fonte di cibo per tutti i filtratori di grotta, lo è anche per una grande varietà di organismi vagili. Ciò che non viene utilizzato dai filtratori passa infatti nel comparto dei detritivori, che vivono per lo più nel sedimento. A causa di tale particolare situazione trofica, i livelli della catena alimentare


non ripropongono la classica successione: erbivori, carnivori, carnivori di alto rango. In questo caso infatti si può parlare di "produttori secondari", animali che vivono direttamente dell'import organico, di "consumatori veri", animali cioè che si nutrono del materiale organico prodotto nella grotte, e di "riduttori", organismi che utilizzano la frazione organica morta, sia importata che prodotta "in situ", e che liberano prodotti inorganici di riciclo. Le biocenosi caratteristiche degli ambienti di grotta sono piuttosto eterogenee e si differenziano in base alla morfologia a seconda che si tratti di grotte con aperture superficiali e situate sotto il livello del mare, grotte semisommerse e sommerse, grotte con

un unico ambiente o grotte con tunnel e canali profondi. Questa varietà di situazioni porta ad una particolare strutturazione delle comunità. In rapporto alle condizioni di luminosità possiamo distinguere un ambiente di avangrotta, uno proprio di grotta semioscura ed uno di grotta oscura. Semplificando potremo dire che sono individuabili due grandi tipi di popolamenti. Il primo occupa le porzioni semi-oscure, mentre il secondo è limitato alla zona ad oscurità totale. E' comunque necessario precisare che non esiste una fauna specifica di grotta, tutti gli abitanti delle grotte, sia bentonici che nectonici, possono essere osservati anche all'esterno seppure a profondità talvolta rilevanti.

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Il Censimento delle grotte delle Tremiti Da un punto di vista generale, legato piÚ ad un aspetto eco-ambiente il progetto di censimento delle Grotte Marine delle isole Tremiti ed il suo approfondimento potrà fornire elementi per una attenta analisi ambientale e biologica che confrontata con l’impatto antropico attuale potrebbe dar vita a delle azioni di salvaguardia e tutela di questi specifici habitat.

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Le grotte costiere, sommerse, semisommerse ed emerse, costituiscono un patrimonio di valori ambientali e scientifici che caratterizza gran parte delle coste italiane. Purtroppo, tale patrimonio risulta ancora in gran parte misconosciuto e questo rende molto difficile da parte delle Istituzioni, in particolare degli Enti Parco, procedere ad una tutela ed una valorizzazione appropriata e sostenibile. Per colmare in parte questa lacuna il giorno 16 settembre 2011 il Gruppo Speleologico Montenero ha iniziato ad accatastare le grotte e cavità artificiali delle fantastiche Isole Tremiti, con un progetto finanziato dal PO FESR Puglia 2007/2013 Asse IV – Linea d’ intervento 4.4 – Azione 4.4.1 – Attività E.,

con la partnership tra Regione Puglia, Federazione Speleologica Pugliese e Gruppo Speleologico Montenero. Attrezzature, qualche provvista, tanto spirito d’avventura ed ecco pronto un team di sei speleologi, coraggiosi e disposti ad immergersi, per ben tre giorni, in cavità buie e inesplorate, talvolta irte di pericoli, pur di saziare la loro sete di curiosità e conoscenza. Frutto di questa spedizione sono state 41 grotte censite e 4 nuove grotte esplorate, molto belle da vedere ma per alcuni tratti difficili da fruire perché sommerse. L’esplorazione ha riguardato tutte le isole dell’arcipelago: San Domino, San Nicola, Capraia e Cretaccio, ad eccezione di Pianosa,

Gruppo Speleologico Montenero L'Associazione nasce il settembre 1996 a San Marco in Lamis. E' iscritta alla Società Speleologica Italiana ed alla Federazione Speleologica Pugliese, nonché alle Associazioni provinciali e comunali.


La Grotta del Bue Marino

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E’ senza dubbio la grotta più famosa delle Isole Tremiti. Essa prende il nome dalla foca monaca (Monachus monachus) che secondo la tradizione, era solita trascorrere una parte della propria vita in questa grotta, riproducendosi su una piccolissima spiaggia interna. La grotta è la più grande dell'isola, misurando una lunghezza di circa 70 m e una larghezza di circa 10 m che va restringendosi verso la parte

terminale, piegata ad angolo retto. Anche in questo caso la luminosità è estremamente ridotta, soprattutto nella parte terminale, per cui i riflessi azzurri del cielo determinano una colorazione delle acque e dell'ambiente di grande effetto visivo.


La Foca Monaca del Mediterraneo È l’unico Pinnipede presente nel Mediterraneo. Ha il corpo massiccio lungo circa 240-280 cm nel maschio adulto (la femmina è leggermente più piccola); il peso varia dai 350 ai 400 kg. I piccoli nascono lunghi circa un metro e pesano poco più di 20 kg. Il capo è arrotondato, ornato da lunghe vibrisse (i “baffi”); lunghe sopracciglia ornano gli occhi. Le pinne pettorali sono allargate e ogni falange porta un unghia alla sua estremità. Le pinne posteriori, dalla forma molto caratteristica, hanno il primo e il quinto dito più lungo e le dita intermedie più corte. La coda è piccola e poco visibile. Il pelo è corto. La specie fu descritta per la prima volta nel 1779, con il nome di Phoca monacus. Successivamente John Flemming creò il genere Monachus del quale vennero a fare parte tre specie simili: 1) Monachus monachus, foca monaca del Mediterraneo; 2) Monachus tropicalis, foca monaca dei Caraibi (oggi estinta); 3) Monachus schauinslandi, foca monaca delle Hawaii (oggi la specie raggiunge il numero di circa 1000 esemplari, grazie ad uno straordinario progetto di conservazione). È probabile che il suo nome derivi dal colore del mantello, simile al colore del saio dei monaci.

(Monachus monachus). Testo di G. Notarbartolo di Sciara, E. Demma


La foca monaca è una straordinaria nuotatrice. Per nuotare utilizza gli arti posteriori, che muove lateralmente, e gli anteriori per manovrare. Agile ed aggraziata in acqua, ha una pessima mobilità a terra al contrario delle otarie che utilizzano le pinne anteriore come propulsore in acqua e una volta a terra si sollevano sui quattro arti, diventando più agili della monaca che invece utilizza solo il ventre. È un animale stanziale e costiero, che partorisce all’età di cinque sei anni. Ogni due anni, dopo una gestazione di 11 mesi un unico piccolo, all’asciutto in una grotta. Il piccolo viene allattato circa 16 settimane e solo dopo lo svezzamento entra per la prima volta in acqua. Non restano che 300 esemplari di foca monaca del Mediterraneo, distribuiti tra Turchia, Mauritania, Spagna, Tunisia e Grecia. Fino agli anni ‘70 era presente in Sardegna, nelle isole Tremiti, nel Salento e all’isola d’Elba. Accusata dai pescatori di rubare pesce dalle reti causando danni alle stesse è stata barbaramente uccisa per decenni persino con la dinamite. Data il suo scarso tasso riproduttivo,(ogni due anni un cuccioli dopo il quinto anno di età e data l’altissima mortalità infantile dovuta alla stagione delle nascite agosto novembre, ¹ spesso le grotte dove nascono i cuccioli si allagano e le onde trascinano il cucciolo incapace di nuotare per i primi quattro mesi) la sua sopravvivenza è legata

solo all’opportuno ed efficace intervento dell’essere umano per la sua protezione e conservazione. Solo creando aeree protette e controllate si può sperare di riottenere i successi che sono stati raggiunti con la specie hawaiana. Ciò impedirebbe la scomparsa della specie dal Mediterraneo.

La Foca Monaca è il Bue Marino delle Tremiti Nell’Adriatico, stando al Brusina, le popolazioni di lingua italiana chiamavano la Foca monaca “Vedello marin”, “Vecchio marin” (Venezia e Trieste) in Dalmazia “Videlo marin” (“Bue marino” spesso lungo le coste italiane), “Vecio marin”, “Orso marin”, “Foca” ecc. Le popolazioni slave invece lo chiamavano soprattutto “Orsa di mare” (morska medvjedica) ma anche “Uomo di mare” (morski čovik), cui fa eco il tipico nome veneto di “Vecio marin” - caso interessante di antropomorfizzazione che può suggerire una antica radice totemica. A Rovigno in particolare la foca era nota come “Vecio marin”, o “Viecio marein”. Sulla presenza della specie a Rovigno testimonia anche il Benussi (Radossi, 2008) che menziona il “Bus de Badina” che, secondo il Tommasini (1650), era anche noto come “Bus del viecio marein”. Si sa per certo che un “vitello marino” fu ucciso “presso Rovigno in Istria” nel 1722 ma, sempre secondo il Benussi, anche in tempi a lui più vicini vi “stavano dei vitelli marini, che attesi con reti alla bocca in certi tempi se ne pigliano, i quali son poi trasportati a Venezia ed altrove vivi servono per spettacolo curioso”. Le catture in zona dovettero essere ancora abbastanza frequenti nell’800 visto che sempre il Benussi affermava che il Vecio marin era il nome locale “col quale i pescatori chiamavano certi vitelli marini che a mia ricordanza ne furono colà o in siti prossimi veduti e ammazzati con archibugio” (Radossi, 2008). E’ pertanto possibile che la località di Orsera (Vrsar in croato), presso Rovigno, area costiera rocciosa, ricca di insenature, isolotti e spiagge, decisamente meno idonea ad ospitare l’Orso bruno (peraltro frequente a non grande distanza nell’Istria interna e in Dalmazia) tragga il suo antico nome dalla presenza storica di tale specie. Il nome “Orso di mare” è del resto utilizzato anche sulla costa turca (Johnson, 1998). In Italia la specie è stata denominata “Bove di mare” (Alto Tirreno; “Foca”, “Bai” e “Vitellu marinu” in Sardegna; “Foca marina” in Calabria; “Vacca di mare” o “Bove di mare” in Sicilia; “Bue marino” e “Foca bianca” in Puglia. Numerose grotte “del Bue marino” sono menzionate per svariate località: non meno di 4 in Sardegna (la più famosa delle quali, oggi sito molto frequentato dai turisti in estate, nel Golfo di Orosei); una in Sicilia sull’isola di Filicudi; una in Puglia a S. Domino (Isole Tremiti). Nel Salento, in Puglia, esistono inoltre una “Grotta della Foca” ed una “Caverna della Monaca” (Di Turo, 1983 – 84).

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1953-1981

gli avvistamenti del Bue Marino alle Isole Tremiti Dati storici Per quanto riguarda la costa adriatica occidentale ed in particolare la Puglia, Paola Di Turo (1983 – 84; 1984;) riassume una serie di importanti dati che attestano la presenza della specie in alcuni tratti di costa e nelle isole Tremiti. Si tratta in buona parte di informazioni raccolte nell’ambito di una indagine denominata “Niphargus 1983” e condotta a cura della Sezione Speleobiologica Pugliese sotto la guida di P. Parenzan. I dati in questione vengono sintetiz-

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zati e schematicamente esposti nelle seguenti tabelle, con alcune aggiunte derivanti da notizie raccolte da Roberto Basso (com. pers.; 1989) e parzialmente inserite in un articolo di Mastragostino (1989). Secondo i pescatori locali intervistati nel 1982, la Foca monaca si faceva ancora vedere, solo nel periodo autunnale, presso l’isola di San Nicola e, con maggiore frequenza, in prossimità dell’isola di Pianosa, poco distante da Pelagosa in Dalmazia (Di Turo, 1984).


Osservazioni per le Isole Tremiti dal 1953 al 1981 (Di Turo, 1983 – 84;)

Già nel 1774 l’abate Fortis nel suo Viaggio in Dalmazia scriveva: “...amano i fondi interrotti da scogli ed isolette, per uscire all’aria sovente; e quindi spesse volte se ne incontrano lungo le coste dell’Istria, e fra le Isole del Quarnaro. Gli abitanti del litorale attribuiscono a questo anfibio una grandissima propensione alle uve, e protestano asseveramente, che in tempo di notte egli esce a succhiare i grappoli pendenti delle viti nella stagione opportuna”



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33 Magazine M - Number Ten


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Lo abbiamo chiesto a Fabrizio Vallesi, titolare di un’attività decennale nel settore dell’orologeria nonché grande appassionato di immersioni subacquee. Passione, esperienza, sacrificio e competenza, sono questi gli ingredienti che nel tempo hanno fissato in me i requisiti per poter realizzare questo nuovo orologio. Passare molte ore sott’acqua in innumerevoli parti del mondo fanno sì che emergano tutte le necessità di cui un subacqueo esigente ha bisogno. Tutte necessità queste che ho voluto sintetizzare in questa mia creatura. L’assenza delle anse, unitamente all’adozione di una ghiera unidirezionale a scatto favoriscono una presa estrema e sicura anche nelle situazioni più sfavorevoli che si possono vivere durante le immersioni a grandi profondità. Strategie tecniche, dunque alle quali va ad affiancarsi anche tanta qualità. La tenuta dell’orologio è garantita fino 1200 metri di profondità /120 bar di pressione, grazie all’unito utilizzo di componenti di estrema fattura e resistenza. Il vetro è in zaffi ro bombato con spessore di ben 4,00 mm, materiale secondo solo al diamante per resistenza alla scalfitura. La cassa di 47mm prodotta in acciaio inossidabile 316L, risultato di una lavorazione artigianale dal pieno, ospita ad ore 4 la corona a vite anch’essa lavorata dal pieno e ad ore 10 la valvola per l’espulsione automatica dell’elio. L’elio, è un gas che satura l’atmosfera presente all’interno delle campane pressurizzate utilizzate durante i periodi di sosta dagli operai che lavorano a grandi profondità. Le particelle di elio, avendo un peso molecolare minimo, riescono a penetrare quelle di acciaio che compongono la cassa dell’orologio. L’importanza della valvola è quindi


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intervista a Cristiana Bartolomei

Il Faro di Caprara

Foto di Adelmo Sorci ( ADphoto)

immagini di una struttura in disuso che conserva ancora un fascino unico Il faro a luce intermittente dell’isola di Capraia si trova sull’istmo della sottile penisola di Punta Secca. Il primo progetto, del 1862, fu bocciato dal Ministero dei Lavori Pubblici perchè troppo costoso; i lavori iniziarono del 1866 e furono sospesi per una richiesta di revisione dei costi: il faro fu ultimato solo due anni dopo. La torre è, oggi, diroccata e l’edificio a due piani è stato abbandonato nel 1980. Tutt’intorno, sono visibili le costruzioni utilizzate come depositi dei faristi di un tempo.


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Lat.: 42° 08′N Long.: 15° 31′E Costruzione: 1868 ARLHS: ITA207 WAIL: PU038 WAIS: Int.: E2296 IIA: FG003 IOTA: EU050 WLOTA: no

L'isola di Caprara si sviluppa su una superficie di circa 45 ha, per una lunghezza di 1.600 metri, una larghezza di 600 metri, con uno sviluppo costiero di 4.700 metri e un'altezza massima di 53 metri s.l.m. (Colle del Grosso). Dista 350 metri da San Nicola, 1.450 metri da San Domino e 900 metri dal Cretaccio.


I fari italiani costituiscono una risorsa storica e culturale del nostro patrimonio architettonico, ma anche per il paesaggio costiero regionale. Geometria, costruzione, architettura e ottica costituiscono il filo conduttore di questa analisi specialistica offerta nelle pagine di questo sito, utile per cmprendere la loro natura fisica e metafisica. Luci che si accendono al tramonto, torri sommerse dal sole o minacciate dalle

nuvole, scale vorticose che ricordano le architetture di GaudĂŹ, il gioco degli specchi sulle lanterne, scorci di mare e di terra come appaiono dall’alto, per rivivere la struggente atmosfera dei fari nostrani. La storia delle lanterne è stata ricostruita attraverso pannelli con immagini e testi, accompagnati da audiovisivi, oggetti e simboli legati alla storia dei fari.


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Se avrete la fortuna di percorrere una delle scale a chiocciola che si avvitano all’interno della loro torre o di salire sino alla camera della lanterna, proverete un brivido di eccitazione

Sospesi tra terra e mare i fari sono sinonimo di orientamento e sicurezza. Ma evocano anche significati poetici e metafisici. Cristiana Bartolomei li studia da anni e ce ne svela alcuni segreti. "Sono architetture eroiche, sempre in prima linea con l'arduo compito di non abbandonare mai il navigante. Di giorno e di notte. I creatori di queste architetture solitarie del giorno e della notte sono anonimi, ma il risultato della loro azione creativa è dirompente" I fari sono tra le strutture architettoniche più affascinanti e accattivanti, perché secondo lei? "Perché sono architetture eroiche, sempre in prima linea con l'arduo compito di non abbandonare mai il navigante. Di giorno e di notte. I creatori di queste architetture solitarie del giorno e della notte sono anonimi, ma il risultato della loro azione creativa è dirompente, di successo e inventiva, combina la metafisica della gravità e della levità, dell'oscurità e del chiarore, progetto finito dell'infinito. Al giorno appartiene la loro forte presenza a completamento del paesaggio; paradigma di solidità, certezza e dominazione, la loro figura intera testimonia la sfida dell'uomo sulla natura. Alla notte appartiene l'ignoto della terra e la loro ar-


chitettura si smaterializza e cede il passo al noto, un fascio intermittente, sfuggente, esile, attaccato, dirompente nel buio e nella solitudine del mare notturno che lascia spazio all'immaginazione e al desiderio di concludere il proprio viaggio".

Oggi il faro di Caprara è in uno stato di completon abbandono. La struttura sta cedendo al trascorrere del tempo, alle intemperie e all’incuria. Per anni e anni ha aiutato pescatori e naviganti ed è un peccato che strutture architettoniche cosĂŹ importanti non possane essere recuperate e rese fruibili e destinate a laboratori del mare, mostre o musei.


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Chi è Cristiana Bartolomei FARI D’ITALIA La prima guida completa sui 155 fari italiani. Suddivisi per regione, sono descritti con le loro caratteristiche, la posizione, il modo di raggiungerli, le fotografie e le curiosità che li caratterizzano. Editore: Magnamare autore: Bartolomei Cristiana anno: 2009

nata a Ravenna, è autrice di numerose pubblicazioni sull'argomento, ed è considerata una delle maggiori esperte italiane in materia di fari. Con la collaborazione del Servizio Fari della Marina Militare Italiana, ha realizzato nel 2010 il libro: FARI D’ITALIA, uno strumento fondamentale per tutti gli amanti dei fari e del mare, siano essi naviganti o semplicemente viaggiatori curiosi Laureata in Ingegneria Civile Edile presso l’Università di Bologna, ha frequentato nel 2000 il Summer Program In Architecture, History and Urban Design organizzato a Londra dalla University of Notre Dame. Dal 2002 è dottore di ricerca in Disegno e Rilievo del Patrimonio Edilizio con una tesi dal titolo “Luce e Mare. Geometria e Tipologia dei Fari Italiani”. Successivamente ha conseguito il Master in “Architettura per lo spettacolo” presso l’Università di Genova dedicando i propri studi alla scenografia per il teatro e il cinema, all’allestimento museale e alle video installazioni. Nel 2005 si è specializzata in Restauro dei Monumenti presso l’Università di Genova. Attualmente è professore a contratto presso l’Università di Bologna e l’Università di Ferrara. Titolare dello studio Cathedra Design, svolge attività di progettista a Bologna, promuovendo i principi della progettazione tradizionale applicati all’architettura e all’urbanistica.

cristiana.bartolomei@unibo.it

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L’importanza di farsi conoscere

Quando abbiamo un obiettivo, o un desiderio, quando vorremmo cambiare qualcosa nella nostra vita oppure fare in modo che ci arrivino le opportunità per farlo, la prima cosa che facciamo, consapevolmente o no, è crearci un’immagine.

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Autore: genere: lingua: Editore: formato: Anno:

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Una parete coloratissima, una grotta stupenda e tanto pece pelgico. Siamo nella zona B della Riserva Marina delle Isole Tremiti e l’immersione si chiama

Cala Caffè Caprara

Isole Tremiti Franate, secche, grotte e pareti che si spingono giĂš nel blu profondo ricche di vita, colore e frequentate da ogni specie di vita pelagica. Sono oltre 40 i siti d'immersione.

Magic dive 69 Magazine M - Number Nine



Sub Una delle tante immersioni che si possono effettuare alle Isole Tremiti e che lasciano il segno nel cuore dei subacquei. Una parete coloratissima, una grotta enorme e tanto pesce. Le caretteristiche morfologiche del fondale e una gestione della profondità attenta, ne consentono l’esplorazione sia a sub con esperienza che a sub con brevetto di primo livello (max 18 mt). Il percorso comunque più completo spinge l’immersione fino ai 35 mt. anche se la profondità media di tutta l’immersione è di circa 20 mt.

Testo di Adelmo Sorci Foto di Paolo Fossati e Adelmo Sorci ( ADphoto)

Tutto inizia con l’ancoraggio all’interno di una piccola cala, Cala Caffè, sul lato nord dell’isola di Caprara. L’ancoraggio si effettua sul pianoro a 14 metri di profondità che si apre a semicerchio e che unisce le due estremitià della cala. Sul fondo grandi massi che a fine immersione consentono ai sub un percorso articolato e divertente. Da qui si parte per l’immersione che si sviluppa in direzione Punta secca, (parte a destra come si potrebbe dire nel breafing). Il primo tratto del percorso porta i sub a 15/18 mt di profondità. L’ambiente è caratterizzato da una parete fortemente inclinata e ricca di alghe, spugne, piccoli anfratti spesso occupati da gronghi e polpi. Guardando verso l’alto è facile osservare banchi di salpe, saraghi e tranquilli saraghi 61 Magazine M - Number Ten


pizzuti mentre se si rivolge lo sguardo nel blu (a sinistra) spesso si può essere affascinati dalle scorribande di palamiti e tonnetti. Dopo pochi minuti la parete diventa perfettamente verticale e precipita fino a 35 metri si caraterizza per anfratti spaccature profonde dove trovano riparo musdee e scorfani di grandi dimensioni mentre la parte esterna è ricoperta di spugne, leptosamnia, rose di mare e bellissime axinelle. Arrivati a circa 30 metri si abbandona la parete e attraversando una franata, che precipita a profondità notevoli, si arriva difronte ad uno spelendido sperone di roccia che dalla superficie precipita a oltre 40 metri, letteralmente tappezzato di parazoanthus. Un vero spettacolo di colore e negli anfratti, fluttuanti anthias, scorfani che fanno sfoggio delle loro capacità di mimetizzazione e insicure aragoste. Per gli amanti della fotografia un “set” da sogno. Si è così giunti al 18° minuto dell’immersione, si riprende il percorso inverso che vedrà costeggiare tutto lo sperone che questa volta, seguendolo in tutto il suo profilo condurrà i sub all’ingresso di una grande grotta: la grotta di Cala Caffè. Ampia, alta cira 7 metri e profonda 20, bellissima. Completamente tappezzata di spugne, la grotte riserva diverse sorprese. La prima è senza dubbio è costituita da un folto branco di sugarelli che all’ingresso dei


subacquei compie spettacolari evoluzioni e in fondo alla grotta l’altra sorpresa. Davanti ad una spaccatura verticale, sul fondo un maestoso Cerianthus membranaceus, dalla bianchissima corona di tentacoli.

Affascinate l’uscita dalla grotta che spesso viene eseguita con le torce spente per godere di più di quella ampia finestra blu che si staglia davanti agli occhi stupiti dei subacquei. Si ritorna così sulla parete che conduce all’imbarcazione. La profondità è ora di circa 15 metri e questa consente di apprezzare tutte le altre forme di vita che popolano questo tratto di parete. Al 35° minuto si è di nuovo sul pianoro di ancoraggio. L’immersione prosegue con l’esplorazione di questa zona e soprattutto completamente circondati da banchi di pesce: castagnole, occhiate, saraghi che uniti cercano di sfuggire agli attacchi dei grandi predatori in particolare dentici. Prima di risalire un ultimo sguardo tra i grandi massi del pianoro, perchè qui spesso trovano nascondiglio due timide cernie brune. insomma emozioni fino all’ultimo minuto, questa è l’immersione di Cala Caffè.




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LA PREISTORIA DELLE ISOLE TREMITI di Pio Fumo

 Esplodono intorno al 7.000 ac molti concetti importanti, compaiono i primi insediamenti di coltivatori di grano, d'orzo, di lenticchie e di avena. Così dal concetto di coltivazione e di trasformazione ebbero impulso le ceramiche e l'utensileria con nuove forme elaborate e nuovi impieghi. 
Nacque la tessitura, la lavorazione della paglia, dei vimini, una più sapiente concia delle pelli.
La conoscenza del fuoco e della pietra, il loro utilizzo, segnarono l'evoluzione dell'umanità. Scoprono molti anni addietro, il concetto teologico della Dea Madre. Inizia a navigare, non abita più nelle grotte, ma costruisce capanne che raccoglie in veri e propri villaggi. Conquista finalmente il mare e da inizio alla conoscenza di differenti materiali; si insedia sulle isole di tutto il Mediterraneo e scopre e lavora l'ossidiana. Crea utensili più utili, più taglienti che le facilitano il lavoro. Dai ritrovamenti rinvenuti sulle nostre isole neolitiche portarono le prime ceramiche dalle regioni transadriatiche partendo da quelle regioni nelle quali questo tipo di cultura è assai diffusa. Questi reperti ceramici mostrano la grande diffusione delle comunità neolitiche apportatrici di nuove culture, che dopo aver valicato il mare, usando, come trampolino, le varie isole centro adriatiche, si stanziarono alle Tremiti e sul tavoliere pugliese. Il lavoro da me condotto per l'intera estate del 1979 vuole chiarire quanto rappresentò nella sua realtà l'insediamento neolitico delle Tremiti. I manufatti litici da me recuperati sull'isola di San Domino sono 1795, i frammenti di ceramica 206, le ossidiane 98, il tutto numerato, catalogato ed esposto per l'intera estate in 12 teche con sigla D. I manufatti rinvenuti sull'isola di San Nicola sono 351 catalogati in due tavole con sigla N. Sull'Isola di Caprara ho rintracciato in totale 190 reperti catalogati in una sola tavola con sigla C. Sul Cretaccio ho recuper-

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ato 145 reperti catalogati in una sola tavola con sigla CR. Sulle quattro isole dell'arcipelago ho recuperato 98 manufatti di ossidiana. A San Domino 206 frammenti di ceramica impressa ad unghiate, con lo stecco e con il cardium, conchiglia riccia, impressioni che vogliono dimostrare una primitiva forma di lavoro estetico eseguito sulle ceramiche. I
 l tutto è conservato presso il municipio delle Isole a San Nicola. E' sul prato Don Michele che si sviluppava il grosso del villaggio neolitico delle Isole, le officine litiche erano poste tra Cala degli Inglesi e Cala di Tramontana. La comunità neolitica delle Tremiti non ebbe necessità di scavare tunnel, nè aprire pozzi, come gli olandesi, per rintracciare il materiale siliceo, furono aiutati dalla natura che fornì l'isola di Caprara di ottimo materiale colloidale.
I colpi di mare aprirono l'imboccatura del deposito siliceo a Cala Sorrentino che si raccoglieva alla base della parete erosa tra le brecce e tanti ciottoli calcarei dilavati, ancora oggi visibili.

Pio Fumo professore, scrittore e poeta molto noto alle Isole Tremiti ed a Termoli. Fumo si appassionò delle Isole Tremiti ben 60 anni fa. Da allora ha cominciato a studiarne gli aspetti più disparati recuperando oltre 10mila reperti.


Documentary Alla scoperta di un Mare antico:

destinazione Isole Tremiti

Tre gli argomenti per raccontare l’unicità dell’arcipelago: la geologia , la storia e l’ambiente sottomarino. Gli argomenti si susseguiranno attraverso immagini e relative interviste a ricercatori scientifici che approfondiranno ogni singolo argomento attraverso la descrizione di alcune particolarità mai trattate fino ad oggi, grazie anche alle recenti scoperte che renderanno sempre più affascinate il filmato e unico l’arcipelago. 1.Le formazione geologiche delle isole e le grotte sommerse; come si sono for mate, quan to tempo fa, il ruolo del mare, le particolarità morfologiche (per es. gli archi della Secca di Punta Secca a Caprara) 2.La storia attraverso le testimonianze del passato e i misteri dei relitti sommersi. U n affascinante viaggio tra archeologia e tecnologia tra ipotesi e certezze. 3.Lo stupefacente mondo sottomarino, testimone dello scorrere degli eventi che hanno segnato l’evoluzione dell’arcipelago. Ma non solo: grazie alla recente scoperta di un corallo di 2500 anni si cercherà di ricostruire gli effetti climatici a cui le Isole Tremiti sono state sottoposte. Temi diversi, tecniche di ripresa e montaggio innovativi renderanno il documentario accattivante, con l’obiettivo di informare, emozionare e suscitare l’interesse all’approfondimento, anche grazie agli esperti intervistati.

geologia

archeologia

biologia marina

un documentario pel far scoprire e valorizzare le Isole Tremiti e il suo paesaggio unico, sintesi di un processo storico-culturale, del lavoro dell’uomo e della natura.


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Scarica il Magazine n. 9

74 Magazine M - Number Ten


Magazine M • Una rivista mensile di 80-100 pagine • Inviata per e-mail gratuitamente • Dedicata alla valorizzazione del patrimonio naturalistico, culturale e storico delle Tremiti • Distribuita con il patrocinio della: Regione Puglia Assessorato al Mediterraneo Cultura e Turismo della Regione Puglia Viaggiare in Puglia • Consultabile on line attraverso Pc/Mac, iPad, iPhone, etc. • Può essere condivisa sui social media : Facebook, Twitter, Google Buzz ed altri • Può essere scaricata gratuitamente in formato pdf

come scaricare il Magazine Inviare una richiesta e.mail indicando il numero del Magazine e ti sarà inviato il link per il veloce download. adelmo.sorci@marlintremiti.it Il file è in formato pdf Potrebbe essere anche di circa 65 / 80 Mb Tutte le immagini della versione scaricabie sono in media risoluzione


We Tremiti Islands

Biodi


iversity


Tra le escursioni:

L'Abbazia fortezza di San Nicola Percorso storico-culturale sull'Isola di San Nicola per scoprire la storia , gli eventi che si sono susseguiti da 2000 anni ad oggi. Un percorso che consentirà di entrare nelle mura, nei torrioni e nell'Abbazia di Santa Maria e riviverne il glorioso passato.

durata escursione 2:00 h

Tra le escursioni:

Snorkeling & Sea watching Lo snorkeling è uno sport semplice, divertente ed economico; non ci sono limiti di età e può essere praticato quasi ovunque. Per ammirare le meraviglie del mondo sommerso si nuota a pelo d'acqua ed occorrono: pinne, maschera ed occhi pieni di curiosità. Nell'Area Marina Protetta delle Isole Tremiti sono innumerevoli i tratti di mare e le cale, dove è possibile ed entusiasmante praticare lo snorkeling. Con al fianco i Biologi Marini del MARLINTREMITI sarete Guidati in tranquille e rilassanti esplorazioni tra le rocce del sottocosta dell'Arcipelago, scoprirete e conoscerete tutte le straordinarie meraviglie del mondo marino.

durata escursione 2:00 h

Per conoscere le Isole Tremiti

Il Programma Multimediale

presso la sede del MARLINTREMITI


Riso, patete e cozze Ingredienti e dosi per 6 persone 1000 g di cozze

Preparazione

400 g di riso 6 patate 3 cipolle

Disporre sulla teglia le patate

6 pomodori 50 g di formaggio pecorino

tagliate a fette e condirle con sale,

grattugiato

formaggio, olio ed alcuni pomodori

1 spicchio di aglio

ciliegino. Coprire la patate con uno strato di cozze sgusciate a metà. Coprire quindi le cozze con riso crudo e condire quest’ultimo con il sale, qualche

formaggio pomodoro

1 ciuffo di prezzemolo Sedano Olio d'oliva extra-vergine Sale Pepe

parmigiano, e

olio

ex-

travergine di oliva. Coprire con uno strato di patate a fette e condire – per ultimo – con formaggio, sale e olio. Mettere in forno caldo a 160° per 5 minuti. Poi, aggiungere acqua bollente fino a ricoprire il tutto. Far cuocere per circa un’ora. Potrete togliere la teglia dal forno quando vedrete che la superficie comincia a bruciacchiarsi almeno un pò, questo è molto importante, è bene che la parte superiore si bruci per gustare la vera teglia di patate riso e cozze!

Calcolo delle Calorie Aglio (5) Cipolle (72) Cozze (510) Formaggio pecorino grattugiato (189) Olio d'oliva extra-vergine (700) Patate (1080) Pepe (1) Pomodori (96) Prezzemolo (10) Riso (1360) Sale (1) Sedano (22)

Totale calorie per persona 1011

La teglia di “patate, riso e cozze” ha un sapore indescrivibile, soprattutto se avete la fortuna di assaggiare quella cucinata nel forno a legna, con carboni “fuoco sopra e fuoco sotto”.


Il Mondo delle Isole Tremiti in un

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