Tremiti: un MARE di Storia

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Tremiti: un Mare di Storia





Adelmo Sorci

Tremiti: un Mare di Storia

Progetto editoriale: Adelmo Sorci in collaborazione con Giannini Editore Realizzazione editoriale: Giannini Editore Progetto grafico: ADPhoto

foto di

Pippo Cappellano Adelmo Sorci Giorgio Mesturini Paolo Fossati

GIANNINI EDITORE



Tremiti: un Mare di Storia

Tra fotografie e parole riemergono come da un’ immersione lunga 2000 anni, preziose testimonianze di antiche navigazioni custodite gelosamente dal mare delle Tremiti. Conoscere il nostro patrimonio è il primo passo per poterlo proteggere.

11 sono le aree di interesse storico archeologico che regalano alle Tremiti un grande primato.




Prefazione

Dott. Arcangelo Alessio Responsabile Soprintendenza per i beni Archeologici per la Puglia

Un libro non scritto, ove le parole lasciano il posto solo ad immagini con brevi didascalie, potrebbe apparire, ragionevolmente, muto, svuotato cioè di un qualsiasi messaggio, incapace di comunicare alcunché. Ma non è questo il caso del bel volume ora edito dalla Giannini Editore. Non lo è perché le fotografie di Pippo Cappellano, regista da sempre avvezzo a spiare la natura e gli uomini con una inconsueta attenzione e curiosità, non sono solo “belle immagini” che ritraggono spazi e dimensioni spesso non accessibili ai più, ma vogliono riflettere l’atteggiamento e il rapporto che l’autore mantiene nei confronti del mare e di quello che esso cela e conserva. Ed è così che le sue fotografie portano alla nostra attenzione angoli segreti del mare, spesso illuminati da luce artificiale che squarcia il buio naturale dei fondali e allarma i piccoli, colorati abitanti; coglie sabbie movimentate dalle correnti; rocce perforate in cui trovano rifugio pesci, molluschi e crostacei, o sulle quali si abbarbicano spugne tenaci e alghe. Un mondo fatto di colori, che cangiano in rapporto alla capacità della luce solare di penetrare la profondità dell’acqua e di grandi intensi silenzi che bene conosce chi è avvezzo alle immersioni; un mondo “diverso” dal nostro, nel quale il vero sub, esperto e maturo, si cala con rispetto e circospezione, con la consapevolezza che ciò che non ci è strettamente familiare può offrire motivi di piacevole stupore ma anche grandi dolori. Come testimoniano i miseri resti di tragedie umane che nel corso del tempo si sono consumate in quelle profondità. Carichi di navi naufragate, resti lignei di imbarcazioni inghiottite dalle acque e distrutte dalla vorace teredo rappresentano oggi importanti documenti che gli archeologi ricercano e, se possibile, recuperano per ricostruire il rapporto che si è sviluppato nel tempo tra l’uomo e il mare, ma che comunque, sempre, sono il frutto di eventi nefasti conclusisi infelicemente, con un danno economico o, più tragicamente, con la perdita di vite umane.


Di tali significati si fanno carico le fotografie di Pippo Cappellano e Adelmo Sorci, scelte e raccolte per questo volume: dico scelte, perché le evidenti difficoltà tecniche di ripresa nell’ambiente marino, impongono numerosi scatti tra i quali selezionare poi le immagini che il fotografo ritiene non tanto e non solo tecnicamente riuscite, quanto meglio di altre capaci di comunicare i sentimenti e lo stato d’animo presenti al momento della ripresa. Immagini che fotografano il silenzio, che fermano il tempo - qui nei fondali marini più di quanto sia possibile sulla terra emersa - che riescono a ritrarre il contrasto tra il momento presente e l’evento umano trascorso: flora e fauna marina che vivono e prosperano sopra o nelle immediate adiacenze delle ruote e della biella del piroscafo chiamato Lombardo o delle piastre di rame rettangolari, ancora di dubbia funzione, identificate nella zona di mare non lungi da Capraia, oppure sui blocchi di granito una volta trasportati da una lapidaria romana, o sulle anfore che ancora costellano il relitto delle Tre Senghe. Queste fotografie diventano così anche un atto d’amore verso il mare e la terra, delle Tremiti. Sulla scia di quell’amore che altri, come il mitico Arturo Santoro, hanno dimostrato in anni e anni di frequentazione di queste acque. Perché il mare delle Tremiti è, diciamolo, diverso dagli altri. Sarà perché Diomede - che abbandonò il trono di Argo per fondare, tra l’altro, queste isole - e i suoi compagni trasformati in uccelli dalla dea Venere, usciti dalla leggenda, appaiono ancora profondamente radicati da queste parti; sarà perché la verde San Domino, con la particolare configurazione della sua costa, interrotta dalle tante cale e calette dai nomi suggestivi (Cala Tramontana, Cala degli Inglesi, ecc), restituisce un paesaggio di una bellezza primigenia, antica e sconvolgente; sarà perché il complesso abbaziale che domina dall’altura di San Nicola le limpide acque circostanti, con la chiesa di Santa Maria, evoca ancora sofferte prigionie, rumori di battaglia, incursioni turche e stragi di pirati dalmati; ma anche la solitudine degli eremiti Benedettini, e le litanie e i cori di monaci Cistercensi e Lateranensi; tra sordi echi di mare in tempesta e il sibilare del vento; tra forti odori di salsedine e intensi profumi di lentisco, cisto e reseda, in giornate assolate di una intensità che solo qui pare accadere. Una terra e un mare ricchi quindi di bellezze e di suggestioni, di quel fascino non ancora, per il momento, troppo inquinato dal turismo di massa, che le fotografie qui raccolte intendono restituire e comunicare. Un atto d’amore, si diceva, una testimonianza del rapporto consapevole, maturo e responsabile con il mare e con quello che esso contiene, che è poi lo stesso che Adelmo Sorci insegna da anni al MARLINTREMITI alle centinaia di appassionati sub che da tutta Italia giungono in queste isole richiamati dalle bellezze del posto. A loro, interpreti e custodi di questo straordinario patrimonio, vada il nostro ringraziamento.

Arcangelo Alessio


Premessa

Pippo Cappellano Giornalista, regista e fotografo. Autore di numerosi documentari dedicati al mare e all’archeologia subacquea

“La lengua no basta para decir, ni la mano para escribir todas las maravillas del mar”, così scriveva un grande navigatore, Cristoforo Colombo, e in questa frase è racchiuso il fascino profondo che il mare ha sempre suscitato sugli uomini di ogni epoca e civiltà. Il mare crea la storia degli uomini e la storia, sul mare, si intreccia sempre con la leggenda. Per millenni la conoscenza del mare si è limitata alla sua superficie: così l’uomo ha popolato le vaste distese d’acqua di una folla di misteri. Da questo senso di ignoto sono nati i culti del mare, che ancora oggi sopravvivono in molte civiltà, e le leggende su isole e continenti scomparsi, su mostri marini incredibili e spaventosi. Poi la scienza ha incominciato a gettare una luce sui misteri di questo vasto elemento del nostro pianeta. Dalla prima grande spedizione oceanografica, condotta dal vascello di Sua Maestà Britannica Challenger, sono passati poco più di cent’anni, ma da allora la conoscenza degli oceani e di ogni loro aspetto ha registrato enormi progressi. Per non parlare dello sviluppo delle attrezzature: era il 1893 quando Louis Boutan, professore di zoologia alla Sorbona, ebbe per primo la geniale idea di immergersi con uno scafandro da palombaro e usare una macchina fotografica racchiusa in una scatola di rame con comandi esterni e lastra da impressionare. Strumenti sempre più sofisticati hanno permesso all’uomo di affrancarsi, almeno in parte, dalla sua condizione di “animale terrestre” e di spingersi con crescente determinazione a esplorare il mistero del mondo subacqueo. Quei mostri marini, immortalati nei bestiari che fino al ‘700 rappresentavano una buona parte delle conoscenze biologiche sul mare, hanno quindi cominciato ad assumere contorni più reali. Sotto l’occhio attento e sempre più esperto di generazioni di scienziati, le creature del mare hanno rivelato una loro storia naturale non meno affascinante della leggenda e del mito.


Non tutto, naturalmente, è stato svelato e l’esplorazione biologica del mare riserva ancora sorprese che riguardano anche gli animali più comuni. Oggi il nostro approccio verso il mare è sempre più tecnologico. L’esplorazione del pianeta Terra si è spinta, sott’acqua, a profondità impensabili solo pochi decenni fa. Batiscafi e veicoli filoguidati hanno portato l’uomo negli abissi o inviato alla superficie le immagini di un’oscurità squarciata per la prima volta da una luce artificiale. Anche un subacqueo con una buona preparazione tecnica e con l’uso di miscele di gas può spingersi molto oltre quelli che si ritenevano limiti invalicabili. Oggi siamo in grado di fotografare e filmare ad alta profondità, di datare reperti mediante tecniche sempre più accurate, di confrontare con facilità dati e informazioni attraverso una veloce rete telematica. Eppure, le leggende e i misteri rimangono. L’archeologia subacquea è una delle scienze che più di ogni altra si misura con il mistero. Possiamo immergerci nei mari ad osservare le tracce dell’uomo che questi custodiscono, ma la sfida più impegnativa è ricostruire quelle pagine di storia che gli elementi della natura, e talvolta la mano dell’uomo, hanno cancellato prima ancora che qualcuno potesse scriverle. Sott’acqua, anche un minimo indizio può rappresentare un tesoro, non per il valore intrinseco dell’oggetto ma per quello che può regalare al nostro sapere. Ed è sott’acqua che l’indagine degli archeologi compie lo sforzo maggiore, nel ricomporre un prezioso mosaico attraverso gli oggetti ritrovati e, ancor più, cercando di immaginare con metodo scientifico ciò che è andato perduto. Per questa ragione recuperi incauti o atti vandalici sono un danno ingente alla nostra storia, poiché sottraggono al loro contesto oggetti che tratti fuori dall’acqua perdono ogni significato. Il mare, talvolta, è il migliore custode dei propri misteri, anche di quelli svelati, quando per tante ragioni si ritiene più corretto lasciarli dove gli eventi li hanno trascinati. Le Isole Tremiti, in questo senso, sono un vero museo sottomarino, dove si possono osservare relitti di naufragi noti e reperti ancora avvolti nel mistero. Avvicinato con il dovuto rispetto e con una guida esperta, è un museo in grado di regalare emozioni intense. Le acque cristalline concedono spesso una visione straordinaria dell’insieme del sito, la presenza del parco assicura un’abbondanza di vita marina ad arricchire ogni scenario, la profondità non eccessiva di alcuni siti consente al visitatore di godere con calma di ogni dettaglio. Osservando gli oggetti che giacciono sui fondali, riprendono vita sotto i nostri occhi storie di navi e di naufragi, di navigatori esperti traditi dalle insidie di un mare ancora sconosciuto, di tempeste che hanno strappato all’uomo carichi preziosi e forse la vita stessa, di battaglie condotte con un’audacia più potente delle armi. Storie che hanno avuto come teatro le vie immaginarie del nostro mare.

Pippo Cappellano


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Il relitto delle Tre Senghe


Una Civiltà passata a pochi metri di profondità Il relitto delle “Tre Senghe” riguarda un’imbarcazione lunga circa 20-24 metri e larga 5, con uno stivaggio di circa 900 anfore. La nave naufragata alle Tremiti, impegnata in commerci lungo le rotte adriatiche, trasportava anche alcune anfore vinarie nord-adriatiche, di forma Dressel 2-4 e 6A, oltre a qualche anforetta utilizzata verosimilmente per contenere vini di migliore qualità. Sulla base degli oggetti del carico e delle suppellettili di bordo è possibile datare il naufragio alla fine del I secolo a.C.

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metri


All’inizio degli anni Ottanta si sono svolte nelle acque delle Isole Tremiti alcune campagne di scavo sul relitto romano delle Tre Senghe, volute dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia, dopo un sopralluogo effettuato nel settembre del 1980.

Foto archivio Giorgio Mesturini pag. 17-17-18-19

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Il relitto delle Tre Senghe può essere collocato nel contesto dei commerci che si svolgevano nel Mediterraneo tra il II e il I secolo a.C. Il luogo dell’affondamento prende nome da una roccia spaccata da tre fessure all’estremità sud-occidentale di San Domino, presso Punta di Ponente. Il relitto è situato su un pianoro sabbioso ad una profondità di circa 25 metri, a meno di 100 metri dalla riva. L’affondamento è stato probabilmente causato dal maltempo e dovuto ad un urto contro la scogliera rocciosa, visto che questo braccio di mare è aperto ai venti e assai pericoloso per la navigazione. La campagna di scavi ha permesso di portare alla luce numerose anfore. Molte di queste recavano impresso sull’orlo il bollo rettangolare con la sigla M.FVS, timbro anforario documentato per la prima volta sulle anfore di questo relitto, oltre a numerosi tappi fittili di chiusura.

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Le Anfore delle Tremiti Le anfore sono contenitori usati per trasporti marittimi, fabbricate e vendute come contenitori per prodotti quali olio, vino, frutta, salsa di pesce, pesce salato. Una volta riempita l’anfora veniva sigillata con tappi di terracotta. Sul collo, sulle anse, sull’ orlo e sui puntali sono frequenti bolli con indicazione del nome del fabbricante, del commerciante, del contenuto, delle quantità e del peso. Riempite e sigillate le anfore erano imbarcate nelle stive delle navi, impilate con cura in file, sfalsate e sovrapposte, per rendere il carico stabile e il più capace possibile. Le anfore del relitto delle “Tre Senghe” appartengono al tipo Lamboglia 2 che veniva fabbricato lungo il versante adriatico dell’Italia e originariamente destinato al trasporto del vino. Le Lamboglia 2, sono considerate le anfore adriatiche dell’età repubblicana: hanno grossa pancia, collo corto, breve orlo a fascia ribattuta, anse diritte e parallele al collo con il puntale lungo e stretto.


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Controllo Monitoraggio Censimento per la tutela del patrimonio archeologico subacqueo da tempo il Laboratorio del Mare MARLINTREMITI esegue, con l’autorizzazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici per la Puglia, studi e ricerche su nuove tecniche di rilievo e censimento. Spesso queste vengono seguite anche dal Nucleo Subacqueo dei Carabinieri di Bari.

Tre Senghe

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I relitti e l’archeologia subacquea L’archeologia subacquea, uno dei più recenti e promettenti settori della moderna ricerca archeologica, consente l’acquisizione di moltissimi dati sui commerci, che nel mondo antico si effettuavano principalmente per via marittima, durante la buona stagione, nonostante le difficoltà della navigazione (tempeste, pirateria, naufragi). I relitti di navi affondate costituiscono un documento storico particolarmente importante per la ricostruzione dei commerci antichi. Ricostruire la composizione del carico di una nave, definirne la provenienza, seguirne l’itinerario, stabilirne la possibile destinazione, fissarne la cronologia consente infatti di ricostruire le antiche rotte commerciali e di valutare i flussi di merci tra luoghi di produzione e mercati.

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Il Laboratorio del Mare 25


Robot e Archeologia La robotica marina trova oggi vaste applicazioni nello studio del mondo marino, in attività di monitoraggio ambientale, nella sicurezza dei traffici marittimi, nell’organizzazione tecnologica della cantieristica, nonché nell’ambito delle riparazioni navali, della logistica portuale e dell’archeologia subacquea. Robot vengono inoltre impiegati in aree offshore per la costruzione e manutenzione di oleodotti e gasdotti, deposito di fibre ottiche, esplorazione dei fondali alla ricerca di materie prime o in attività di ecotomografia marina. Alle Isole Tremiti, la collaborazione sinergica tra MARLINTREMITI e Università Politecnica delle Marche - Dipartimento Robotico, (nata nel 2006) ha consentito l’utilizzo dei Robot sottomarini sia nel campo dell’archeologia subacquea che nel campo della biologia marina. Molti i progetti di ricerca e documentazione portati a termine con importanti risultati e che hanno visto la partecipazione e collaborazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici per la Puglia e dei Carabinieri Subacquei di Bari.

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Relitto delle “Tegole” Isola di San Nicola Una nave di epoca Romana con un carico di tegole e anfore. Situato sul lato sud di San Nicola ad una profondità di 55 metri è stata oggetto di studio da parte del Laboratorio del Mare in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche e del nucleo dei subacquei dei Vigili del Fuoco con la supervisione delle Soprintendenza per i Beni Archeologici per la Puglia. Il progetto ha consentito di realizzare un censimento dei reperti molto accurato con un vero e proprio cantiere realizzato a 55 metri. Le tecnologie robotiche utilizzate hanno permesso la mappatura dell’area attraverso un fotomosaico ad alta definizione che ne ha consentito successivamente una riproduzione in 3D.

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Nelle immagini, affioranti dal fondo di sedimento e sabbia a sx: cumuli di tegole romane; a dx: anfore e anforette in parte integre ed in parte in frammenti.

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Il fotomosaico digitale

Alcune immagini di fotomosaico digitale di alcuni siti archeologici alle Isole Tremiti elaborate dal dipartimento DII dell’Università Politecnica delle Marche. Le immagini finali sono state ricavate attraverso centinaia di foto scattate da fotocamere applicate sul ROV (Remotely Operated Vehicle). Da queste rappresentazioni bidimensionali, con programmi specifici si può passare a rappresentazioni digitali tridimensionali. sx: relitto di nave con carico di tegole romane. Isola di San Nicola

dx: relitto di nave con carico di blocchi di pietra, “lastroni”. Isola di San Domino



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Il Laboratorio Subacqueo Marlintremiti nasce dalla convinzione che subacquei ricreativi grazie all'evoluzione della tecnica dell'immersione sportiva e delle relative attrezzature possono aiutare e/o affiancare Enti di ricerca, di studio e di controllo sulla segnalazione e la valorizzazione di aree archeologiche subacquee. Parte integrante e fondamentale dei progetti di documentazione saranno quindi tutti quei subacquei che parteciperanno e/o usufruiranno dei servizi del MARLINTREMITI. Questi potranno partecipare ai progetti di documentazione e ricerche senza alcun obbligo ma comunque previa preparazione specifica che verrĂ fornita dai responsabili del Laboratorio Subacqueo in forma gratuita. Va sottolineato che i progetti privilegiano la documentazione dell'ambiente marino e costiero delle Isole Tremiti.

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Isole Tremiti La leggenda le fa risalire a Diomede, l’eroe omerico di straordinaria forza e coraggio, che un giorno ebbe l'ardire di contraddire l’orgogliosa Venere. Ferita dalla sua arroganza, la dea gli fece trovare la moglie, Egialea, tra le braccia dell’amante e Diomede, disonorato, fuggì dalla Tracia. Sbarcò sulla costa del Gargano, e qui si accinse a segnare i confini della Daunia, il suo nuovo regno, servendosi delle pietre portate dalla patria. Del carico rimasero inutilizzati tre enormi massi che, gettati nell’Adriatico, emersero con la cima sopra la superficie del mare. Ebbero così origine le Tremiti, ovvero i Sassi di Diomede, come anticamente si chiamava l’arcipelago. Leggenda o storia che sia, i massi sono sempre lì, San Domino, San Nicola e Capraia a cui si sono aggiunti nel tempo, Cretaccio e la più lontana Pianosa.

Cinque isolotti di color smeraldo e oro, sospesi nel blu, continuamente modellati dalle onde e che sembrano in cammino verso il cuore dell’Adriatico. Si trascinano dietro una storia orgogliosa di cui è simbolo, sopra gli alti dirupi di San Nicola, l’Abbazia di Santa Maria a Mare. Una presenza che ha fatto delle Isole Tremiti, almeno nei secoli tra il X e il XVI, uno dei centri di cultura e di influenza civile e morale più importanti del Mare Adriatico, meta di numerosi pellegrinaggi e tappa obbligata sulla via di Gerusalemme.

A 12 miglia dalla costa garganica e a 24 da quella molisana, nelle acque più limpide che l’Adriatico abbia conservato, si specchia l’Arcipelago delle Tremiti, un autentico concentrato di bellezze naturali e di monumenti storici sospeso nell’azzurro di cielo e mare. 37


La Storia delle Isole Tremiti dal 1000 al 1932 Scarsa la documentazione sull'Arcipelago agli inizi dell'era Cristiana; tale mancanza viene, però sostituita dal fiorire della leggenda del Santo Eremita che, in seguito a successive apparizioni della Vergine, riuscì a rinvenire sull'Isola di San Nicola un tesoro ed a costruire, grazie ad esso, la chiesa di Santa Maria, destinata a divenire in breve tempo meta di numerosi pellegrinaggi. Per questo motivo, agli inizi dell’anno Mille, la cura del Santuario fu affidata dal Papa ai Benedettini, fondatori della celebre Abbazia, e in seguito, intorno al 1236, ai Cistercensi i quali, nella prima metà del XIV secolo subirono, però, una grave incursione di pirati che, dopo aver fatto strage di loro, distrussero la chiesa e buona parte delle fortificazioni. Con l'inizio del nuovo millennio le fonti documentarie indicano un primo centro religioso affidato ai monaci Benedettini Cassinesi. Ai primi anni dell'XI secolo si pensa sia riconducibile la costruzione del monastero e della Chiesa di S. Maria. Quel che è certo è che nel corso dell'XI secolo l'Abbazia di Tremiti visse un periodo di vero splendore, aumentando significativamente i propri possedimenti in terraferma. L'importanza assunta dall'Abbazia di Tremiti generò presto tensioni con l'Abbazia di Montecassino da cui i monaci tremitesi rivendicavano l'indipendenza. L'autonomia e il potere segnarono l'inizio di una decadenza morale e materiale dell'ordine e nel 1237 il Cardinale Raniero da Viterbo incaricò il Vescovo di Termoli di sostituire l'ordine dei Benedettini con l'ordine dei Cistercensi del Monastero di Casanova presso Parma. Le fonti storico documentarie e i rilievi architettonici attribuiscono al periodo Cistercense opere di ricostruzione e di ampliamento della chiesa di S. Maria e del Monastero nonché la trasformazione dell'Abbazia in fortezza.


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Le frequenti incursioni dei pirati slavi portarono nel 1334 alla completa scomparsa dell'ordine e alla distruzione di gran parte del complesso monastico. I pirati dalmati di Almissa, infatti, riescono ad entrare nella abbazia-fortezza grazie ad uno stratagemma: fingono che il loro capo sia morto e chiedono per lui una sepoltura sull'isola. La sua bara viene portata in spalle nella chiesa di S. Nicola dai pirati slavi disarmati ma, durante la funzione sacra, la bara si apre e ne viene fuori il capo dei pirati con le spade per i suoi uomini. Nessun frate cistercense viene risparmiato e a seguito di ciò l'isola rimane disabitata per decine di anni.

In seguito all'eccidio dei monaci Cistercensi, diversi ordini religiosi rifiutarono di trasferirsi a Tremiti fin quando, dopo molte pressioni, nel 1412 Papa Gregorio XII inviò una congregazione di canonici Lateranensi. Questi monaci, come quelli che li avevano preceduti, vissero un primo periodo di rapida ascesa dell'Abbazia a cui seguì un periodo di lenta decadenza. Nel corso del primo periodo la fama dell'Abbazia richiamava moltissimi fedeli. Il complesso monastico fu completato e fortificato e nell'agosto del 1567 resistette all'attacco di 150 navi turche. I possedimenti in terraferma furono ampliati e consolidati. A questo, seguì un lungo periodo di declino dovuto alle frequenti invasioni turche e ad una profonda crisi economica. Il declino delle fortune dei monaci tremitesi si accentuò a tal punto che nel 1674, con l'assenso del pontefice Clemente X, i Padri superiori Lateranensi di Roma pensarono di vendere ai Padri Celestini l'intero monastero per pagare i debiti. Questa proposta incontrò l'opposizione della Regia Camera. Durante il periodo borbonico, il Re di Napoli Carlo III di Borbone espresse pesanti riserve sulle proprietà dei Lateranensi a Tremiti e in special modo per la Fortezza, della quale i monaci dovevano considerarsi solo custodi. Ferdinando IV, successo a Carlo III, nel 1782 soppresse l'Abbazia, bene del Regio Demanio. Nel 1792 istituì a Tremiti una colonia penale che rimase attiva fino al 1926. Nel 1932 Tremiti divenne comune autonomo. Abolita la colonia penale l'Amministrazione delle Isole si è rivolta negli ultimi decenni alla valorizzazione e allo sviluppo turistico delle stesse. Dagli anni '60 ad oggi numerosi interventi di consolidamento e restauro sono stati finanziati con fondi nazionali.

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il mistero del relitto delle “Piastre�


Il sito archeologico è sul lato Nord dell'Isola di San Nicola e tra le Isole di San Domino e Caprara nelle vicinanze di una secca ad una profondità di 33 metri. Sul fondo sono presenti numerose ancore e due cumuli di centinaia di "piastre" di materiale non ancora ben identificato ed elementi lignei semi-affioranti dal fondo.

Particolare delle piastre. Tutte perfettamente uguali nelle dimensioni e nello spessore, 41 cm x 27 cm per 0,4 di spessore. Per ora un mistero sul loro utilizzo e sulla loro destinazione che probabilmente non era Tremiti.

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Subacquei del Laboratorio del Mare durante le operazioni di rilievo fotografico.



In queste immagini i due cumuli di “piastre” individuati ai piedi di una secca a 33 metri di profondità. Centinaia e centinaia, delle dimensioni di 41 cm x 27 cm per 0,4 di spessore. I due cumuli distano circa 16 metri l’uno dall’altro. Sotto la sabbia e ghiaia ancora piastre, vasellame e il fasciame della nave.

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Ai piedi della secca quattro gigantesche ancore di tipo "ammiragliato", molto vicine fra loro, due addirittura sovrapposte e a pochi metri dal primo cumulo di piastre. Le ancore sono segnalate con una tabella recante un numero di identificazione e le caratteristiche.



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Alle Tremiti, a caccia di testimonianze del passato




Il Nucleo dei Carabinieri Subacquei di Bari durante le fasi di monitoraggio e rilievo del sito archeologico denominato dei “Lastroni�. Isola di San Domino

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In alcuni siti archeologici il continuo movimento del sedimento e sabbia del fondale, dovuto principalmente alle correnti, può portare alla luce nuovi frammenti di storia come in questa sequenza di immagini.


Vasellame, ancore, fasciame di navi antiche... le Tremiti non finiscono mai di stupire


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Molte ancore, anche di grandi dimensioni, possono essere ammirate nei fondali delle Isole Tremiti. In questa pagina alcune ancore di un “pielago barlettano�.


Spesso la sabbia conserva e nasconde il “fasciame� di antiche navi.

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Le “mani� sulla Storia Conoscere, proteggere e stupirsi


In primio piano un tappo di anfora. Appena sotto pochi centimetri di sabbia la pancia di un anfora riportata alla luce.


Il fasciame di una nave di tipo “Pielago baret

“Chiodi” utilizzati per la chiodatura delle ordinate dello scafo. Frammenti di una nave del 1800.

Nella mano sinistra del sub un frammento di un “foglio di rame” che rivestiva le murate del “Lombardo”.

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Un preziosa bottiglia con anc contenuto ritrovata nelle vicin relitto il “Lombardo”.


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L’Anima sacra delle Tremiti

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L'arte è il mezzo con cui l'uomo cerca di raggiungere il sacro che è perfezione, perciò bellezza, armonia, verità, bontà, giustizia, e di renderlo sensibile, percepibile, a tutti. Nelle chiese cristiane per esempio c'è sempre l'arte, sia pittorica che scultorea, ma anche c'è l'organo. Esso allude al fatto che il sacro presente in quel luogo non è separato in modo assoluto dal mondo profano, non è irraggiungibile, intoccabile. Sicuramente il sacro è separato dal mondo profano e deve essere rispettato, ma è anche passibile di contatto e il modo universale per mettersi in contatto è il linguaggio dell'arte, soprattutto la musica.

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Dal bel libro “Vademecum delle Tremiti“ di Lanfranco Tavasci ... ”A San Nicola ti sorprenderà il complesso della fortezza. Si riconoscono le stratificazioni costruttive attraverso i secoli; è bene salirci a piedi, anche se c’è un ascensore. Così ti troverai nell’Abbazia, e ti sembrerà una piccola Mont Saint Michel. Sosta a lungo nella chiesa cercando di assimilare questo spazio composito: forse è nato cubico, poi ha avuto aggiunte, e un forte segno ‘francese’: il presbiterio cistecense, senza abside. Cercherai di interpretare l’insieme del mosaico pavimentale, un po’ frammentato, in cui fiorisce l’immaginario di artefici della prima metà del Mille: animali

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conosciuti, come i cervi e le aquile; animali raccontati, come gli elefanti; esseri immaginati come il grande grifone che domina il cerchio centrale del mandala ed è l’ombelico dell’edificio. Un grifone persiano, islamico, che come tanti altri simboli si è clonato dall’Oriente a tutto l’Occidente trasferendo metafore che noi non siamo più in grado di ascoltare (leggere, però, Jurgis Baltruˇsaitis, come Marija Gimbutas per il Paleolitico garganico: due Lituani che ci aiutano a comprendere la Daunia). Vedrai che nei quattro cerchi angolari del mandala sono raffigurate le diomedee: questi uccelli già mille anni fa erano il marchio dell’isola tremitese e non suonavano affatto come entità paganeggianti (oggi non si potrebbero effigiare uccelli mitici nel centro di una chiesa).f


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Entrando nel tempio sarai già stato attratto dalla grande croce dipinta, a sinistra. Un giovane Cristo vivente, con due ricciolini sulla fronte; la Madonna e San Giovanni ai lati. Didietro, il simbolo dell’agnello mistico. È un documento enigmatico. La leggenda afferma che è stato fatto a Costantinopoli, e c’è anche un’iscrizione che dice più o meno: il legno della croce era la nave, e il nocchiero io stesso; cioè: la croce ha attraversato il mare da sola ed è arrivata alle Tremiti guidata da Gesù. Se hai qualche familiarità con la pittura italiana delle origini ti verranno in mente delle croci simili fatte in Italia centrale: nel Duomo di Spoleto e, in particolare, nell’area pisano-lucchese. Io ho una teoria: che l’abbiano portata con sé i Canonici Lateranensi di San

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Frediano di Lucca, i quali nel 1412 ripopolarono il sacro luogo dove i Cistercensi erano stati massacrati dai pirati slavi. A Lucca ci sono infatti delle effigi di Cristo che richiamano questo delle Tremiti. Il venerabile Pietro da Carate, comandato qui dal Papa, non potrebbe aver fatto come don Camillo che, esiliato e solo nella chiesa di montagna, si portò dietro il crocifisso amico dalla parrocchia di pianura? Ancora ai Canonici Lateranensi si deve il retablo veneziano in legno, sul fondo della chiesa, che è un’opera vertiginosa e richiama le chiese di area alpina. E, fuori, il bellissimo chiostro rinascimentale: ridotto dai napoleonici a un solo lato, ma da reggere il confronto con i più celebrati cortili delle dimore quattrocentesche”...


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IL PIANORO DETTO DEGLI ASINI Ma se tu sei un pellegrino dello spirito rimarrai soggiogato dal Pianoro che sta dietro all’abbazia fortezza. Lì veramente, nella nudità di una piattaforma battuta dal vento e abitata solo da erba e da ligustri, senti formicolare la vita, i millenni, le esistenze che si sono accavallate. Resti di ville romane, di cisterne medievali; le tombe rettangolari perfettamente scavate nella roccia per un giacimento rannicchiato; due tombe più eloquenti: il tholos di Diomede o comunque di un signore greco, e quella di Giulia Augusta, la nipote di Augusto imperatore; e, in fondo, altri due cimiteri: quello dei prigionieri libici del 1912 e quello dei Tremitesi (se hai curiosità demografiche vedrai che i cognomi dei defunti sono quasi tutti napoletani, così come la lingua che si sente parlare più di frequente; raccontano delle storielle stupide su come una comunità di coatti tendenzialmente maschi abbia potuto far famiglia e popolare l’arcipelago fino ad oggi). Da San Nicola l’ultima barca rientra a San Domino a metà pomeriggio. Vi è una suggestione in questo extra omnes che restituisce l’abbazia alla sua austera solitudine, trasformandola in un fantasma di pietra illuminata. Di sera ti accorgi che sei al centro di una insenatura vigilata dalle luci del Gargano: Rodi, Peschici, Ischitella.

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La Facciata della Chiesa di Santa Maria Nel 1473 il priore tremitese, Padre Ambrogio da Milano, affidò l’incarico di costruire la nuova facciata della chiesa, al posto di quella ormai cadente del XI secolo (fatta erigere dai Benedettini), all’Architetto e scultore Andrea De Alexio da Durazzo ed allo scultore fiorentino Niccolò di Giovanni Cocari. Gli ideatori e costruttori dell’opera, che avevano già lavorato insieme a Spalato ed a Sebenico, pattuirono col committente un compenso di “ducati trenta oto d’oro venitiani”. I lavori furono eseguiti in breve tempo, anche perché fu usata la pietra da taglio perlinata di Risceglie, la pietra nobile di molte costruzioni sveve, ma troppo tenera per un monumento vicinissimo al mare: ciò spiega il cattivo stato di conservazione di alcune sculture del pregevolissimo portale. La vasta e levigata superficie della facciata colpisce per il ritmo e per la solenne semplicità delle sue linee architettoniche, che riflettono la ripartizione interna del tempio; essa è tripartita da quattro lesene (più alte le due centrali), che danno maggiore slancio alla costruzione con gli agili pinnacoli che le sormontano, su cui sono scolpite bifore cieche. La parte centrale della facciata, la

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più ampia, è triparita a sua volta da cornici orizzontali con aggetto e termina a cuspide con vertice decorato. La cuspide centrale e le falde inclinate delle due parti laterali (più basse e strette queste, perché coincidenti con le piccole navate laterali) sono delimitate da cornici che fanno da base, piegandosi, ai quattro pinnacoli scolpiti, di chiaro influsso veneto. Lo stesso influsso, assieme a quello dei maestri toscani del Quattrocento, si nota nel portale, ripartito anch’esso in tre scomparti sovrapposti, che sormontano l’architrave della porta d’ingresso e le due coppie di colonne corinzie che la fiancheggiano. Nel primo scomparto (molto rovinato), tra due nicchie con statue di santi (una delle quali è decapitata), scolpite a tutto tondo, è posta una lunetta in bassorilievo, in cui è rappresentato S. Agostino che dà la Regola ai Canonici Lateranensi. Nel secondo scomparto, pure tra due nicchie con statue di Santi, campeggia in altorilievo l’Assunta tra gli Apostoli inginocchiati, ad uno dei quali porge la corona, mentre i cherubini la sollevano al cielo in un guscio di mandorla.



Nel 1844 le Isole Tremiti erano unite da un ponte in legno


Sul fondo del mare la prova


in questa foto aerea viene riportato graficamente quale era la posizione del ponte fatto realizzare da Ferdinando II di Borbone.

nel XIX secolo era il ponte in legno sul mare, più lungo del mondo Un tempo

le Isole Tremiti erano unite da un

ponte in legno. San Nicola, Cretaccio e San Domino erano le isole collegate e si potevano raggiungere “camminando sopra il mare”. La distanza limitata e a quel tempo il livello del mare decisamente più basso, (stimato oggi in circa -2 metri rispetto al livello attuale), avevano spinto Ferdinando II di Borbone a realizzare un’opera così importante per quei tempi. Un’opera ingegneristica di tutto rispetto, che non trova eguali nella documentazione storico-tecnica e che poneva il ponte delle Tremiti come il più lungo a livello mondiale realizzato sul mare.

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Circa 400 metri la lunghezza e un cantiere seguito personalmente dallo stesso Ferdinando II, come testimoniano alcuni documenti storici rinvenuti dopo una ricerca lunga e complessa eseguita dall’Ing. Michelangelo De Meo. La costruzione è del 1844 quando le isole erano ancora colonia penale ed i lavori iniziarono in concomitanza con la costruzione dei primi “Casoni” all’interno delle mura di San Nicola. Un’opera veramente importante che se pur studiata nei minimi particolari non ebbe una lunga vita tant’è che venne fatta smantellare per motivi economici e militari dal Re nel 1853.


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Le intenzioni del Re e perchè fece costruire il ponte Ferdinando II di Borbone, discendente in linea diretta del Re Sole, nacque a Palermo il 12 gennaio 1810, primogenito di Francesco I delle Due Sicilie e della sua seconda moglie, Maria Isabella di BorboneSpagna. Nelle vene di Ferdinando scorreva il sangue delle più importanti dinastie europee, i Borboni di Francia, Spagna e Napoli e gli Asburgo-Lorena. Ricevette un'educazione umanistica in ambienti ecclesiastici ed una solida preparazione politica e militare nelle accademie dove trascorse gran parte della giovinezza. Salito al trono del Regno delle Due Sicilie l'8 novembre 1830, ad appena vent'anni, diede immediata prova di decisione e di un chiaro disegno di governo mirato alla riorganizzazione dello Stato, alla riduzione del debito pubblico e alla pacificazione delle parti sociali ancora in tumulto dopo il periodo napoleonico e al miglioramento delle prigioni. Sono proprio questi aspetti che fecero entrare nel piano riorganizzativo anche la Colonia penale delle Tremiti. Obiettivo era di rendere indipendente sotto il profilo logistico e degli approvvigionamenti le isole e i “coatti residenti”. San Domino diventava così l’isola ideale per essere sfruttata in coltivazioni diventando produttiva e San Nicola l’isola fortezza. Bastava far si che i coatti riuscissero a passare da un’isola all’altra e far si che su una, San Domino lavorassero e sull’altra San Nicola, tornassero per dormire. Le condizioni morfologiche ed ambientali, con l’Isola del Cretaccio di mezzo suggerirono all’intrapendente Ferdinando II la realizzazione di un ponte che le potesse collegare. Ma non solo, Il ponte se pur più impegnativo risultava il mezzo migliore e più sicuro a scongiurare fughe che invece si sarebbero potute organizzare se si fossero utilizzate barche per i trasferimenti. Ferdinando II non voleva barche o imbarcazioni sulle isole. Il progetto ed i lavori iniziarono intorno al 1844 con l’ausilio degli stessi prigionieri, (poco inclini al lavoro) e costò al Re 40.000 ducati. Il ponte era costituito da una passerella di circa 5 metri di larghezza che poggiava su una struttura verticale costituita di pali portanti in legno di quercia conficcati sul fondo e del diametro di 22 cm. (3/4 di palmi) In realtà due solide passerelle, una che univa San Nicola al Cretaccio e l’altra che univa il Cretaccio a San Domino. << essa era dell'altezza di palmi dieci ( 2,65 m), dalla cima dell'acqua, è di palmi dieci ( 2,65 m ) a dodici ( 3,18 m) nella profondità delle acque, a consimile profondità si conficcano i travi, che lo compongono; Essa è solido a segno tale da potervi far transitare pezzi di artiglieria tanti sono i contrasti dai quali viene corroborato.>> 84

il Ponte richiedeva comunque continua manutenzione. La struttura non molto alta rispetto al livello del mare veniva spesso danneggiata dal moto ondoso e le operazioni di manutenzione che dovevano essere svolte dai coatti della colonia venivano spesso eseguite non correttamente se non addirittura sabotate. Alla fine, vuoi la situazione generale del regno e la difficoltà a garantire la perfetta efficienza dell’opera portò Ferdinado II alla decisione di smontare il ponte nel 1853 e vendere buona parte della struttura all’asta. Dopo pochi anni Ferdinando II, morì e gli successe il figlio Francesco I, I’ultimo Re di Napoli il quale concesse le isole in feudo a Santangelo, suo ministro dell'interno, che lo conservò fino al 1861 con l’annessione del Regno di Napoli alla corona sabauda. Dopo questa data i relegati furono rimessi in libertà.

Sono passati 167 anni ma molti pali che costituivano la struttura principale del ponte sono ancora li sul fondo, conficcati nella roccia. Resistono ancora al mare, ai traghetti che con le loro manovre per l’attracco continuamente muovono il fondale. Ancora una volta una tangibile testimonianza di un passato che colloca le Tremiti fra le località più belle e ricche di storia del Mediterraneo.


Ferdinando II di Borbone e le Tremiti

stralcio di un documento ufficiale recuperato dall’Ing. Michelangelo De Meo nella sua ampia ricerca storica sul Ponte delle Tremiti

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Molti pali che costituivano la struttura principale del ponte sono ancora lÏ sul fondo, conficcati nella roccia. Resistono ancora al mare, ai traghetti che con le loro manovre per l’attracco continuamente muovono il fondale.



il “Lombardo� Un frammento della storia d’Italia che il destino ha regalato ai fondali delle Isole Tremiti

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19 marzo 1864 la collisione con una secca e il successivo affondamento vede ancora oggi la struttura principale del “Lombardo” a 9 metri di profondità sul fondo del mare delle Tremiti.

Le grandi ruote di dritta e di sinistra che caratterizzavano il piroscafo sul fondo a 9 metri di profondità. Isola di San Domino



Il

Pirotrasporto Lombardo

Varato a Venezia (Austria) il 1° maggio 1841 per conto dell’I.I.R.R. Amministrazione dei Piroscafi Privilegiati, società anonima per l’esercizio della navigazione fluviale e lacuale con sede in Milano, galleria De Cristoforis. -Dislocamento: 729 tonn. -Stazza: 239 tonn. registro nette. -Scafo: in legno con un ponte di coperta. -Due alberi: trinchetto a vele quadre, maestra a vele auriche, bompresso. -Due macchine a vapore Maudsley & Field da 220 cavalli nominali. -Propulsione a ruote (articolate). -Armamento nel 1860: due cannoni da 80 di ferro liscio ad avancarica.

Provenienza: 1° Armamento - Acquisto da estero Direzione Marittima d’iscrizione: Data di costruzione: Luogo di costruzione: Costruttore: Caratteristiche: Dimensioni: Portata in tonn: Apparato motore: Proprietari: Acquistato al pubblico incanto a

Genova. varato 10 maggio 1841 (Radogna) Venezia (Radogna) sulla Clyde (Gropallo) non noto in legno a ruote; un ponte e due alberi 48,35 x 7,40 x 4,23 m. 238,96 208 cav., costruito dalla Maudsley di Londra Raffaele Rubattino & c., Genova Trieste nel giugno 1846

5/5/1860, ceduto dalla Rubattino a Giuseppe Garibaldi. 06/5/1860 11/5/1860 11/7/1860

17/11/1860 17/3/1861

18/11/1863 16/12/1863 18/12/1863 10/2/1864 03/3/1864

responsabilità di Nino Bixio e (Comandante Andrea Rossi). sbarca truppe di Garibaldi a Marsala; si arena per agevolare lo sbarco e non fu possibile disincagliarlo; colpito dal fuoco borbonico. recuperato e rimorchiato a Palermo dal costruttore navale Santocanale (inviato da Castiglia a Marsala con tecnici e 200 uomini). Incorporato nella Marina Dittatoriale Siciliana. entra a far parte della Marina da Guerra Sarda. classificato come trasporto a ruote entra a far parte della Marina del Regno D'Italia. da Ancona con detenuti per Tremiti; poi Trani e Manfredonia. ad Ancona. partenza per Termoli con rientro ad Ancona il 23/12. (passa al comando dell'L.T.V. Giuseppe Deista). partenza da Ancona con truppe e detenuti per Manfredonia ed Isole Tremiti.

notte 12/13 marzo 1864, urta ed incaglia in una delle secche dell'Isola di San Domino delle Tremiti. 19/3/1864

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la nave è distrutta; affonda ed è perdita totale.



Tra i grandi elementi strutturali e di propulsione del “Lombardo� si possono rinvenire frammenti lignei, chiodi e bulloni.

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La maggior parte delle strutture metalliche del “Lombardo� sono oggi concrezionate e ricoperte di spugne e alghe che gli donano colori sgargianti.

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Una “Fortezza volante� in fondo al mare 99



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Il relitto dell’Aereo, imbrigliato in una grande rete a strascico, giace a 52 metri di profondità . Nelle immagini alcuni particolari della struttura dell’ala e del serbatoio. Isola di San Domino

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Uno dei tanti relitti che il mare delle Tremiti custodisce, una delle tante aree di interesse storico ed archeologico inserite nella Riserva Marina, una stupenda immersione.

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Alcune immagini dei resti dell’aereo scattate durante una immersione notturna


Anche una “Pescaccia” in fondo al Mare delle Tremiti Anni ’70, periodo di mitiche avventure subacquee e parlando di mare non possiamo non ricordare alcuni fuoriclasse di pesca sub e tra questi… Arturo Santoro. Già, proprio Arturo Santoro, ex Campione del mondo e Italiano di pesca subacquea tra il ’69 ed il ’74, ex attore di fotoromanzi e mitico personaggio da sempre delle Isole Tremiti che diventa l’artefice di una curiosa e divertente storia che vede oggi la sua vecchia auto nel mare di Tremiti a 30 metri di profondità.


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La storia della “Pescaccia” di Arturo Santoro Siamo intorno agli anni ’70, da poco Arturo Santoro si è classificato 3° ai campionati mondiali di pesca sub alle Isole Eolie e le giornate alternano allenamenti, impegni pubblicitari e la realizzazione di fotoromanzi. Ed è proprio in una di queste occasioni che Arturo conosce a Roma un alto dirigente della Volkswagen che gli propone la partecipazione a degli spot pubblicitari per il nuovo pulmino VW T2. E’ un momento d’oro per Arturo, successi sportivi e fama lo premiano con impegni continui in Italia e nel mondo. Nel frattempo partono le registrazioni per la Volkswagen e Arturo conosce un po’ più approfonditamente la casa tedesca e le proposte auto. Si innamora di un duetto VW-Porsche (prototipo) in fase di produzione e ne conferma subito l’acquisto con un acconto. Nello stesso tempo rendendosi conto di poter dare una mano ai suoi amici Tremitesi che, chi con alberghi o pensioni, si affacciavano all’attività del turismo, cerca di far avere loro quei Pulmini che tanto cercavano ad un prezzo speciale. Alla fine, grazie al buon Arturo, ben 10 pulmini sbarcano alle Isole Tremiti. Del duetto niente…, slitta la consegna per problemi di produzione. Nel frattempo viene contattato anche per collaudare una VW Typ 181 modello Pescaccia adattata a veicolo anfibio e da immettere nel mercato. Tutte le prove e il collaudo finale nel lago si trasformano in un flop e la macchina viene trasformata in un veicolo d’attrazione ed esposto a Foggia presso la concessionaria VW Crugniale. Arturo scalpita, vuole il duetto. Passano alcuni mesi e alla fine gli comunicano che l’auto non verrà più prodotta. L’acconto era stato versato… e la soluzione a questo punto la trova nel ritiro di quella “Pescaccia” che tanto aveva provato e guidato e che ben si adattava alle strada sterrate di San Domino. Sbarca a Tremiti con la sua nuova auto che comunque lì lascia, per essere utilizzata solo per fare su e giù dal porticciolo tutte le volte che tornava a casa. O meglio, questo doveva essere il suo scopo. In realtà diventa la macchina di tutti e tutte le volte che rientrava alle Isole Tremiti mai la macchina era dove l’aveva lasciata, costringendolo tutte le volte a muoversi e salire verso casa a piedi. La storiella andò avanti comunque per molto, nonostante le “Arturo” raccomandazioni, tanto i suoi amici Tremitesi sapevano, che dopo la sfuriata dei primi minuti ci si sarebbe ritrovati tutti a chiacchierare e a farsi raccontare le nuove avventure del campione. Ennesima gara, ennesimo viaggio e ritorno con attrezzatura sub, borse e valige al seguito. Il tempo di mettere piede sull’Isola sotto un sole forte e accecante a cui però aveva posto rimedio con un grande cappello e dei ray-ban, guardarsi intorno e scoprire che

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della Pescaccia, neanche l’ombra. “Aro stà a machina ?! …..chiste manna fa venì a raggj all’uocchie”. “Dove stà la macchina ?!...... questi mi devono far arrabbiare”. Molla le valige e si incammina alla ricerca della sua macchina. La trova, si siede, mette in moto e via verso Punta Secca di San Domino. Punto perfetto. Posiziona la sua “Pescaccia” nel punto più alto, scende e raccoglie una pesante pietra. Guarda il suo mare, posiziona la pietra sull’acceleratore, ingrana la marcia e via il freno a mano…. Pochi istanti e la Pescaccia salta in mare, galleggia per qualche minuto sotto gli occhi di Arturo ma poi si inabissa. Mo vojjo verè cum’a vann a pijà a sott..!!! (Adesso voglio vedere se la vanno a prendere laggiù..!!!) Oggi la Pescaccia di Arturo è ancora lì, a 30 metri di profondità su un fondale sabbioso che declina dolcemente verso il blu profondo circondata da alcuni agglomerati rocciosi ricchi di spaccature ed anfratti. A distanza di 37 anni ora gronghi e murene ne hanno preso possesso regalando agli ospiti sub un inconsueto punto d’immersione. Non sarà certo un reperto archeologico, ma di sicuro una curiosa testimonianza di un periodo “anni ‘70” delle Isole Tremiti.

VOLKSWAGEN TYPE 181 PESCACCIA 1969 Giocando sulla somiglianza con la Kübelwagen, Volkswagen produsse in piccola serie tra il 1969 e il 1979 un mezzo, sempre su base Käfer, per il fuoristrada leggero : la "Pescaccia", apparsa anche in alcuni film di guerra come "controfigura" delle ormai introvabili Kübelwagen. Nel suo breve periodo di vendita, metà produzione fu acquistata dall'esercito tedesco. Dotata del motore da 1493cc, aveva una carrozzeria in lamierati stampati e un tetto in tela come l'illustre progenitrice. CARATTERISTICHE TECNICHE : Cilindrata 1498cc, 44 cavalli a 4000 giri/minuto, RC 7.5:1, trazione posteriore, differenziale autobloccante a richiesta, freni idraulici, pneumatici 165 SR15 M+S, peso 900kg, velocità 115km/h, consumo 12l/100km


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Subacquei durante una immersione sulla “Pescaccia”.

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L’altro Tesoro delle Tremiti Franate, secche, grotte e pareti che si spingono giù nel blu profondo ricche di vita, colore e frequentate da ogni specie di vita pelagica.

Le Isole Tremiti sono state dichiarate riserva marina con D.M. del 14 luglio 1989. Dal 1996 l’area è parte del Parco Nazionale del Gargano che ne è anche gestore. La riserva non limita in maniera significativa le immersioni nella zona.


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Le Isole Tremiti non finiscono di stupire Trovato un “corallo” di 2500 anni

Gerardia savaglia (Savalia savaglia) comunemente chiamato “Falso corallo nero”


Un Arcipelago poco conosciuto, ma non c’è dubbio… per i subacquei un vero paradiso.

Alghe e donzelle

Janolus cristatus (Delle Chiaje, 1841)

Cicala grande di mare o magnosa (Scyllarides latus Latreille, 1802)

Le Tremiti sono un sito spettacolare per tutti quelli che amano il mare. Al fascino tipico delle isole si aggiunge un’atmosfera da luogo di confine, dovuto forse alla loro posizione al limite tra le acquee più profonde del sud dell’Adriatico e quelle più a nord dove questo si avvia ad acquistare le caratteristiche forse più usuali e conosciute, fatte soprattutto di bassi fondali sabbiosi. Un luogo magico, quasi un punto d'incontro per tutte le forme di vita che popolano i fondali di questa porzione di mare che in determinate ore o periodi sembrano proprio darsi appuntamento qui, con il solo scopo di regalare emozioni ai subacquei. Ogni Isola si caratterizza per la sua morfologia ambientale, regalando una grande varietà e un gran numero di immersioni che si adattano perfettamente a tutti i livelli di esperienza e preparazione subacquea.

L’Isola di San Domino per esempio, è caratterizzata da fondali e percorsi subacquei che si sviluppano maggiormente sotto costa e all’interno di cale. Quasi tutta l’isola e nella Zona C della Riserva Marina e sul versante sud-est, il fodale scivola fino ad una profondità massima di 25 metri con ambienti ricchi di alghe, posidonia, agglomerati rocciosi, ghiaia e sabbia, ideali per osservare polpi, nudibranchi, negli anfratti magnose, gamberi, aragostine, groghi e scorfani. Sul fondo ghiaioso triglie, rombi, pesci prete, quest’ultimi veri maestri di mimetismo. Nella Posidonia non mancano splendide pinne nobilis, tordi e nel blu, alzando lo sguardo, saraghi, donzelle, castagnole e salpe. Solo sul versante sud dell’Isola, quella denominata Punta Secca, e zona B della Riserva, il fondale modifica la sua caratteristica aprendosi a una dorsale rocciosa che precipita da subito a profondità notevoli e anche oltre i 45 metri, regalando la possibilità di osservare (per i sub più esperti) anche pelagici di mole come dentici, barracuda e ricciole. L’Isola di San Nicola, invece si presenta con un fondale ricco di agglomerati e grandi massi tali da rendere i percorsi subacquei articolati e divertenti. Anche qui sicuramente il versante più interessante è quello sud-est. A differenza dell’Isola di San Domino su questo versante la batimetrica dei 25 metri determina il netto passaggio da un ambiente ricco di spaccature ed anfratti ad un ambiente sedimentoso che declina a profondità notevoli con alcune secche interesanti ma molto impegnative. Di queste quella del Ferraio è sicuramente l’immersione che può regalare incontri speciali. Unico concentrato di grandi massi in una zona pressoché desertica, questa si presenta come valido riparo, nascondiglio e zona di caccia per molte forme di vita stanziali, bentoniche e pelagiche. Per questo è facile qui incontrare grandi scorfani, polpi, gronghi di mole, murene, astici,

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Gorgonie (Paramuricea clavata) Tra le gorgonie del Mediterraneo la Paramuricea è sicuramente la più bella, la più appariscente e anche la più grande. Spoettacolari quelle bicolore delle Tremiti. Il colore dominante della specie è il rosso carminio con tendenza occasionale al violetto, ma in alcuni luoghi del Mediterraneo e alle Tremiti, le estremità di alcune ramificazioni assumono una colorazione gialla molto intensa, con il risultato che la gorgonia si presenta praticamente bicolore.

Corallo Nero (Anthipahes subpinnata) Il Corallo Nero ha una struttura molto ramificata, con rami simili a folti ciuffi bianchi con sfumature color cenere. Presenta polipi grandi qualche millimetro aventi 6 tentacoli corti e non pinnati, e questo la classifica tra gli esacoralli. Alle isole Tremiti questa colonia è tra le più superficiali del Mediterraneo


musdee e notevoli, per numero e dimensioni, aragoste ed in periodi particolari, pescatrici giganti. Anche se solo questi avvistamenti sarebbero sufficienti a soddisfare subacquei esigenti, non passeranno di sicuro inosservati, alcionari, nudibranchi, gasteropodi, spugne che colorano in maniera impeccabile gli agglomerati rocciosi. In un ambiente così ricco non potevano mancare i predatori. Infatti dentici, orate e palamiti qui sembrano quasi pattugliare tutta la zona in maniera ossessiva e regolare, consentendo osservazioni anche a distanza ravvicinata.

Pesce prete (Uranoscopus scaber)

Regina delle Isole per spettacolarità di ambiente è sicuramente Caprara. Qui veramente la natura non ha accettato nessun compromesso. Le immersioni sono straordinarie e tra queste quella denominata la Secca di Punta Secca, a ragione considerata una delle 10 più belle del Mediterraneo, lascia a bocca aperta chiunque. Una dorsale rocciosa con una parete completamente colonizzata da spettacolari gorgonie (Paramuricea clavata), bicolore, rosse e gialle, di grandi dimensioni , continuamente trafficata da banchi di ogni specie: castagnole, mennole, saraghi,salpe, occhiate, tanute che ogni giorno ogni momento sfidano l’agilità e aggressività di dentici, barracuda, palamiti e tonni. Ma Caprara non è solo questo…. Il pianoro delle cernie, la secca del corallo nero, cala caffè, cala dei turchi, i picchi di Elena o la secca della Vedova sono solo alcune delle immersioni che le Tremiti sono in grado di offrire e che difficilmente si posso dimenticare. Insomma una Riserva Marina spettacolare e una biodiversità unica da conoscere e conservare.

Tremiti: un MARE di vita Granchio facchino (Dromia personata)

è il nuovo volume che vi consentirà di ammirare e scoprire le meraviglie del suo mondo sottomarino.

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si ringrazia per la collaborazione alla stesura di questo volume Dott. Arcangelo Alessio Soprintendenza per i Beni Archeologici per la Puglia Taranto Carabinieri Subacquei di Bari

si ringrazia inoltre UniversitĂ Politecnica delle Marche - DII Prof. Giuseppe Conte Dott. Ing. Davide Scaradozzi Ancona Ing. Michelangelo De Meo Manfredonia Lanfranco Tavasci Foggia

Foto di Pippo Cappellano Adelmo Sorci Giorgio Mesturini Paolo Fossati



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