MEDICINA DI FAMIGLIA 4-2011

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RIFLESSIONI

Medicina di Famiglia DICEMBRE 2010

24 per l’acquisizione di un consenso veramente ben informato che è il risultato di un puntuale colloquio e di una personalizzata e precisa informazione della donna, della coppia, della famiglia. Certamente non è utilizzabile il modello prestampato, spesso allegato alla cartella clinica assolutamente incompleto e anodino e tanto spesso impugnabile nella sua essenza e validità. Un secondo aspetto riguarda i casi di neonati ricoverati in terapia intensiva dove praticamente tutti sanno bene che il piccolo essere sta lottando per la vita, e anche i genitori lo sanno: alle loro domande si cerca di rispondere rassicurandoli. Ma quei genitori non chiedono rassicurazioni edotte, ma hanno bisogno di essere ascoltati, hanno bisogno di un colloquio, di elaborare un ulteriore consenso informato attraverso continua condivisione e contatti con i sanitari sicchè il colloquio diventi strumento di interazione tra medici e genitori. Nella loro confusione e rabbia devono prendersela, ed è normale, con qualcuno, anche se il problema è di tipo genetico. Noi rispondiamo spesso con frasi fatte del tipo “stiamo facendo il possibile”,” stiamo facendo di tutto” e ciò certamente non basta! Personalmente mi attivo per altre soluzioni. Siamo in una società che deve fare ricerca e una ricerca può essere fatta anche nel migliorare la comunicazione. A titolo di esempio e per essere ben compreso nell’operatività/ricerca gestionale riferisco la storia di un bambino nato da una seconda gravidanza effettuata con taglio cesareo dopo dolorosa precedente esperienza di parto espletato in altro ospedale sprovvisto di unità di terapia intensiva neonatale ed esitato in modo infausto con exitus neonatale avvenuto in terza giornata: l’evento fu riferito ad insufficiente assistenza neonatale. Questa volta la donna si ricovera in un ospedale provvisto di terapia intensiva (T.I.N), il nostro. Il bambino ha un’insufficienza respiratoria acuta con ipotonia generalizzata. Il sospetto diagnostico è quello di una sindrome neurologica di Werdnig-Hoffman che può essere confermata da un esame genetico, eseguito solo dopo la nascita. Questo bambino ha bisogno di essere collegato ad un respiratore e due giorni dopo, prima di iniziare con la respirazione artificiale, abbiamo parlato con i genitori, nel momento in cui il sospetto diagnostico diventava sempre più consistente. In quel momento non ne avevamo l’assoluta certezza, e in queste circostanze ci siamo posti la domanda: quali sono le cure più appropriate da intraprendere? Stiamo facendo il giusto? Stiamo praticando accanimento terapeutico? Come coinvolgere i geni-

tori nel processo decisionale? Come informare? Come avere il consenso? Come intervenire e perché? Abbiamo scoperto di avere un grande aiuto nella cartella clinica informatizzata, istituita nel Dipartimento Materno-Infantile e T.I.N., uno strumento incredibilmente positivo perché consente ai genitori di leggere la cartella clinica: Noi li aiutiamo in questo percorso. Nel caso di questo bambino la cartella clinica, tramite la password, aveva avuto 234 accessi alla lettura da parte dei genitori o familiari, durante tutto il periodo del ricovero lungo 4 mesi. La cartella è stata letta dai familiari e dai consulenti in una realtà di limpidezza cristallina che ha consentito anche la valutazione del nostro operato. A distanza di un mese giunge il risultato dell’indagine genetica e il sospetto diventa diagnosi: è una patologia che non perdona, è una malattia per cui non ci sono cure. Ovviamente tutto quello che stiamo facendo da più di un mese non modifica il decorso della malattia. Se lo avessimo saputo prima non avremmo disposto la respirazione assistita per quel neonato. Comunque si è continuata l’assistenza, anche a livello domiciliare, così come voluto da questi genitori che hanno scelto a seguito questa via, dopo un continuo e costante dialogo. A noi quei genitori hanno lasciato diversi messaggi: hanno trascritto i loro pensieri nei quali dichiarano di pensare sì alla sofferenza di Giovanni, così si chiama il bimbo, ma anche di percepire la gioia di Giovanni di essere venuto al mondo, di vivere con loro, di crescere con loro fino a quando sarà possibile. Dichiarano di aver utilizzato lo spazio di espressione loro concesso non per dare suggerimenti, ma per ringraziare per aver offerto il servizio di visionare la cartella del figlio. Questo li ha aiutati perché a loro sembrava di partecipare alle cure insieme all’équipe medica e infermieristica, essendo aggiornati e coinvolti in tempo reale della situazione. I genitori e i familiari, pur nella dolorosa situazione, hanno apprezzato la semplicità di accesso e la chiarezza di trascrizione dei dati, hanno individuato il problema. In sintesi questa famiglia ha seguito da vicino il piccolo Giovanni in ogni momento delle sue giornate. Credo che questo contributo possa aiutare le Unità operative di ostetricia e di neonatologia a comprendere il mistero della vita e a far di tutto perché si imbocchi la strada della protezione e della difesa della vita, anche se irta di complicazioni e di eventi ad esito infausto. Nel nostro costante agire è contenuto l’obiettivo più importante del fare medicina oggi che è umanizzazione delle cure e del prendersi cura (care)!


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