Mamma! Numero 9

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Anno IV. Numero 2/2012

autoproduzione editoriale no-profit a cura dell'Ass. Cult. Altrinformazione

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sergio nazzaro

S o n o Loretta. Non canto, disegno. Oggi recupero un’ora. Cantano gli uccelli, è Primavera. C’è il sole anche se poi piove. Contratto a progetto, neanche mille euri al mese. Cambio vita, ho deciso. Per adesso faccio la grafica, metto insieme le facce dei supereroi. Domani li comprate in edicola. Batman sconfigge il crimine, Superman muore e risorge, l’Uomo Ragno si arrampica sui tubi ed io cambio vita. Ho voglia di amare, ho voglia di cazzo senza tanti pensieri. Lavoro a Sud. Ho anche un cartellino, ma niente straordinari, solo multe. A pisciare non si può andare, devi timbrare. Non puoi fumare una sigaretta, si la- vorano 9 ore, ogni giorno e anche una mezza giornata il sabato. C’è la crisi, ma qui dove facciamo i fumetti si fa così da sempre. Lavoriamo anche il 25 aprile e il primo maggio. Pagheranno gli straordinari: 15 euri. E’ tutto vero, non è un fumetto, non è Topolino o le Winx, è lavoro, anche se non facciamo le automobili come a Torino lavoriamo. Ma è Primavera, cambio vita. Me ne vado un giorno a Roma, per amare e non tornare. Non è vero, prendo il regionale delle sei di sera, costa meno. Me ne voglio andare, ma non mi chiama nessuno. Sono brava, non a cantare, a mettere le facce insieme su uno schermo, e poi escono i libri, tutti seduti a discutere del futuro dell’arte. Una mia collega è ricoverata, è uscita pazza. Dall’ufficio dell’azienda non si esce mai, se no perdi il lavoro e stai disoccupata. Oggi recu- pero un’ora. Ogni giorno per ripagare il permesso che ho preso per essere libera di amare, di farmi una scopata, tenera. Non posso neanche rispondere al telefono, non si può. Ti multano, devi timbrare, si prendono i miei soldi. Mi hanno aumentato lo stipendio da poco, 80 euri all’anno. E’ primavera, il sole batte dietro la tapparella rotta che non si aggiusta perché i soldi non ci stanno mai. Io entro presto, esco tardi e non riesco a vedere più nessuno. L’Italia è lontana, qua è Sud, ma domani vado via. Dal mio amore, solo per lui disegno. Aspetta, qua c’è un problema: non entra una striscia. E domani il papà che compra il fumetto al bambino come glielo spiega che è un errore, che il pacco che ha portato quei fumetti è sottopagato, che c’è chi si è separato e sparato perché Superman riuscisse ad arrivare a salvare gli innocenti? Basta, cambio vita. Ho deciso. Non devo avere paura. Aspettavo la chiamata del mio amore, come il canto degli uccelli a prima mattina. Mi ha chiamato ma non ho potuto rispondere. Quando sono uscita con il buio ci ho pensato io a chiamarlo. Mi hanno risposto da un ospedale, non era il mio amore. Non mi avrebbe più risposto. Non mi avrebbe più chiavato dolcemente. Un incidente. Nella città la strada è pericolosa. Ma ho deciso cambio vita e mi sono messa a fumare. Nel magazzino di nascosto, durante l’ora di lavoro. Tutti colleghi, mai amici: non abbiamo saputo metterci insieme e farci fare l’aumento da 15 a 20 euri. Non fa niente, è primavera, fa caldo, i fumetti bruciano e ho chiuso le porte, così nessuno può uscire e cambiamo vita tutti quanti. Non canto, metto insieme le facce che gridano, come uccelli che cantano.

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Ellekappa

rimavera non bussa lei esplode sicura (ho visto cose) Ho visto una rondine fare primavera. Guardando meglio, era un avvoltoio.

Ho visto l'Italia passare da un anziano comico a un comico anziano nel giro di un tweet.

Ho visto un avvoltoio azionare un timer e dilaniare la Primavera.

Ho visto l'Italia passare dall'uomo qualunque al grillo qualunque dopo una sosta di diciassette anni con il mafioso qualunque.

Ho visto i magistrati non escludere nessuna pista e scavare a mani nude tra le telecamere per riuscire a seguirle.

Ho visto la Grecia uscire dall'Euro e le stock options sui lager schizzare alle stelle. Ho visto una esagitata cassandra profetizzare un'Europa in transito dalla moneta comune alla fossa comune. Era in preda a una crisi di ottimismo.

Ho visto miserabili replicanti del nulla farneticare di primavere informali evocando cupi inverni del secolo scorso.

Ho visto un imprenditore impiccarsi perché non poteva pagare più gli stipendi ai suoi dipendenti.

Ho visto miserabili vigliacchi sparare alle ginocchia di un paese in ginocchio.

Ho visto Marchionne ricevere un bonus di cinquanta milioni di

Ho visto la fine di Berlusconi. Perché, come diceva Falcone, come ogni fatto umano Berlusconi ha un inizio e una fine.

dollari perché non pagava più lo stipendio ai suoi dipendenti.

Ho visto sessanta donne uccise dai loro uomini dall'inizio dell'anno. Se erano uomini poteva essere una strage.

Ho visto che Andreotti invece no. Ho visto evaporare PDL e Lega, e i loro voti finire con tutti i comfort in un cassonetto a 5 stelle. Ho visto che in fondo la Padania non era così grande come si credeva. Sta giusta giusta nelle tasche di Bossi.

Ho visto nel giro di dodici anni duemila carcerati suicidarsi circondati da un rispettoso silenzio di tomba. Ho visto. La gente della mia età...

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copertina di

penne

in apertura il calligramma di

MP5

matite

SERGIO NAZZARO

ed i versi di ELLEKAPPA

Riccardo Orioles | Ill. Lucio Villani IL PARTITO DEI RAGAZZINI pag. 6 Gianpiero Caldarella | Ill. Marco Tonus CERCHIAMO DI QUAGLIARE pag. 10

Kanjano FARE LE COSE CON INTELLIGENCE pag. 7 Dario Campagna SOTTOSUOLO pag. 11

Andrea Coccia | Foto di Alessandro Borbone | Ill.Vito Manolo Roma

CECI N'EST PAS UN PRINTEMPS pag. 12

Marcella Brancaforte & Marco Trulli FUNERALI ALLA CULTURA pag. 19

Yukari Saito | Ill. Harumi Mat SALVIAMO LA CARPA VERDE pag. 17 Flyfra | Illustrazione Elena Ferrara LA MERKEL è UNA ZOCCOLA pag. 18 Carolina Cutolo | Ill. Andrea Chronopulos

IL FESTIVAL DELL'INDEBITO pag. 21 Claudio Gianvincenzi | Ill. Fabrizio Des Dorides

Ale Giorgini

LA RIVOLUZIONE è UN PRANZO DI MERDA pag. 22

VEGETARIANO PER UN MESE pag. 27

Roberto Ugolini | Ill. Chiara Smacchi CERTE NOTTINGHAM pag. 24

Giuseppe Lo Bocchiaro GUERRILLA GARDENING pag. 31

Pino Scaccia | Ill. Maurizio Boscarol LO SCUGNIZZO DI KABUL pag. 33

Assia Petricelli & Sergio Riccardi NON TOCCA A NOI PAGARE pag. 34

Carlo Gubitosa PARMIGIANO TERREMOTO E INTERNET pag. 38

Mauro Biani ROSA pag. 41

Demerzelev ALTIERO MALAGUTI pag. 44

Lucio Villani COCCODRILLY ROCKABILLY pag. 45

Arnald | Ill. Lo Scorpione PULIZIE DI PRIMAVERA pag. 44

Emmepi DANTE pag. 49

Lorenzo Iervolino | Ill. Toni Bruno LO SGOMBERO pag. 48

Mario Gaudio è SOLO UN PUPAZZO pag. 54

Thierry Vissol Joseph Wresinski e il rifiuto della miseria pag. 52

Mamma! numero 9 - Giugno 2012 Testata numero 130640 - ROC Emilia-Romagna.

Copertina: MP5 (mpcinque.com) Direttore editoriale, Progetto grafico: Kanjano (Giuliano Cangiano) Direttori irresponsabili: Carlo Gubitosa − Mauro Biani Sysadmin www.mamma.am: Francesco Iannuzzelli Grafinchiesta: Ale Giorgini (abnormale.blogspot.it) Tutti i presenti: Alessandro Borbone,Alessia Zabatino,Andrea Bersani,Andrea Chro-

Il numero 9 di Mamma! è stato stampato in proprio presso Me.Ca. - Recco (GE) e sostenuto dagli abbonamenti sottoscritti da Igor F. (FI), Michele I. (CA), Manuela C. (TO), Davide M. (VE),Teresa P. (SVIZZERA), Stefania D. (RM), Anna R. (NA), Alfredo P. (BR), Mauro S. (VA), Ernesto B. (NA), Andrea N. (BO), Enrico B. (RM), più altri valorosi che possono esserci sfuggiti nel marasma dell'impaginazione.

nopoulos,Andrea Coccia,Andy Ventura,Anna Bellia,Arnald,Assia Petricelli e Sergio Riccardi, Carolina Cutolo, Chiara Smacchi, Claudio Gianvincenzi, Dario Campagna, Demerzelev, Elena Ferrara, Ellekappa, Fabrizio Des Dorides, Flyfra, Frago, Gianpiero Caldarella, Giuseppe Lo Bocchiaro, Harumi Mat, Lo Scorpione, Lorenzo Iervolino, LucioVillani, MP5, Malì Erotico, Marcella Brancaforte, Marco Pinna, Marco Tonus, Marco Trulli, Mario Gaudio, Maurizio Boscarol, Paolo Manganiello, Pino Scaccia, Riccardo Orioles, Roberto Ugolini, Sergio Nazzaro,Tabagista,Thierry Vissol,Toni Bruno,Vito Manolo Roma,Yukari Saito.

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Alle 22:44 del 7 giugno, per mantenere in vita la rivista Mamma! dobbiamo raccogliere 201 abbonamenti entro 207 giorni, 2 ore, 19 minuti e 42 secondi. Il primo gennaio 2013, se non avremo abbastanza lettori, la rivista chiuderà il suo ciclo e ci inventeremo qualcos'altro. Decidi tu se dobbiamo resistere o chiudere: se vuoi fare la tua parte clicca su www.mamma.am/300

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Malì Erotico | www.malierotico.com

intervista

fiori di

carlo gubitosa

primavera italiana il trionfo del pensiero multiplo

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ioriscono le primavere in Arabia e in Egitto, a Wall Street con gli "occupy", in Turchia con Twitter e a Madrid con gli "indignati", e anche la Grecia rialza la testa schiacciata dal debito. In Italia, poi, siamo dei campioni del "pensiero multiplo", e per ogni tre attivisti ci sono almeno cinque iniziative diverse: raccogliendo storie di ribellione creativa la rivista si è praticamente scritta da sé. Dalle penne e matite mammifere sono sbocciati racconti di giardinieri sovversivi, teatri popolari, economisti eretici, ferrovieri bilicenziati, eco-vegetariani, preti da bidonville, sgomberi goliardici, carpe antinucleari, scarpe afghane e perfino redazioni di disabili mentali molto più sane di quelle della grande stampa.Vita piena, che ci aiuta a rialzarci anche quando le bombe vigliacche e gli scossoni del pianeta ci piegano le gambe.

dai cervelli più attenti proprio come le sfilate militari. Aspettando il risveglio mentale di un popolo dove il 54% delle persone legge meno di un libro all'anno, continuiamo a seminare la passione ostinata che nutre questa rivista e i nostri libri, e vi diamo appuntamento in rete, nelle librerie indipendenti, alle fiere e negli incontri pubblici (si accettano inviti). Nel frattempo però abbonatevi: ci mancano 200 compagni di viaggio per sopravvivere. Buona lettura e buona vita.

Per la microeditoria libera, purtroppo, è ancora inverno. Ma da questo laboratorio artigianale di fumettismo già si osservano i primi germogli di un mondo dove le televisioni generaliste, i supermercati del libro e i colossi che invadono le edicole faranno la fine dei dinosauri, e la parata delle riviste patinate sarà disertata

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riccardo orioles [isiciliani.it]

il partito dei ragazzini

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ivorno Uno si chiama Garibaldo, ha i capelli bianchissimi, è un partigiano anarchico ed ha esattamente cento anni. Un altro si chiama Giacomo, è un rappresentante studentesco del liceo Enriquez, capelli neri e ricci, ed ha diciassette anni. "Auguri" – fa il vecchio – con un sorriso tranquillo. "Mandateci le gabbie-base – fa il ragazzo – e ne faremo qualcosa". Siamo a Livorno, nella scuola fondata cinquant'anni fa, in un quartiere di poverissimi – la "Corea" – da un prete di quei tempi e quei luoghi, amico di don Milani, che si chiamava don Nesi. Appena l'abbiamo saputo – racconta il ragazzo – abbiamo fatto il giro delle classi e siamo scesi tutti nella strada. Poi – non parla del terremoto, ma delle bombe – abbiamo fatto il corteo, senza neanche un volantino, e davanti a ogni scuola "Giù tutti, giù tutti!" "In piazza eravamo tremila". E i partiti, e i grandi? "Si stavano consultando, dovevano decidere in giornata. Poi hanno deciso di scendere in piazza anche loro, il sindacato, i partiti". Bene. E allora vi siete accodati a loro? "No, loro si sono accodati a noi. Capivano che non c'era un minuto da perdere, e noi in piazza c'eravamo già, ed eravamo in tanti". Questo è successo a Livorno, Italia, il giorno della strage. I vecchi cercavano di decidere, ma i ragazzini erano già in piazza. Nello stesso momento, a Roma, i ragazzi di Libera e del Pd e di Rifondazione premevano sui rispettivi adulti con le stesse parole: "In piazza, subito! contro i mafiosi". E a Catania e a Palermo, e a Brindisi natualmente, succedevano le stesse cose. Palermo, una ventina di anni fa: i giudici del pool antimafia, i mafiosi che ammazzano, i politici che discutono gravemente del che fare, e i ragazzi del liceo Meli e dell'Einstein che scendono in piazza subito a difendere i "loro" giudici contro i mafiosi. "Il partito di Falcone e dei ragazzini", lo definiva qualcuno. E' ancora vivo, esiste e va avanti ancora.

illustrazione di

Stiamo facendo qualcosa di simile, a metà fra un circo equestre e un giornale – una rete di giornali, una rete di cose simili a giornali, un insieme stranissimo di cose strane – esattamente in questi mesi, in questi giorni e in queste ore. "Mamma!" c'è dentro fino al collo, senza capire bene come c'è finita – e in questa rete, d'altronde, le idee completamente chiare non le ha nessuno. Eppure saltella e vola, come un uccello strano, dalle ali troppo grandi rispetto al corpo, sfidando ogni idea di aerodinamica – eppure vola.

Lucio Villani

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[kanjano.org]

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FumĂŠttismo

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mammasantissima

gianpiero caldarella [scomunicazione.it]

cerchiamo di Quagliare illustrazione di

Marco Tonus | marcotonus.blogspot.it

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uando si parte da lontano si rischia di non arrivare. Migliaia di chilometri a bordo di un fuoristrada carico di armi non sono uno scherzo. Le chiacchiere stanno a zero. Con quelle non si quaglia. E poi, anche volendo, una quaglia non fa primavera. Figuriamoci una rondine. Solo quando arrivano a migliaia può iniziare la “festa”, con gli immancabili botti e le luminarie. Per questo “spettacolo di primavera” ci vogliono fucili da caccia all'elefante muniti di silenziatore, cartucce, visori notturni, radio trasmittenti, intensificatori di luce artigianale ad infrarossi. Come quelli sequestrati a fine marzo nel Parco di San Rossore, vicino Pisa. Tutto l'occorrente per fare una guerra, insomma, o una rivoluzione. Le rivoluzioni, poi, a primavera dicono che riescano meglio. Il fatto è che, Gandhi a parte, non esistono rivoluzioni in cui non si sia fatto ricorso alle armi. E le armi producono ferite, mentre l'attesa di nuove ferite provoca terrore. Il terrore, una volta condiviso, diventa poi terrorismo. E col terrorismo non si scherza. Ad ogni nuova “primavera” brigatista o informale seguono lunghi inverni di mancanza di diritti democratici. È a quel punto che lo Stato si fa cacciatore, si muove con i suoi uomini migliori, attiva scorte, servizi di intelligenze, scandaglia le vite delle persone e dei movimenti alla ricerca di qualche traccia. L'efficienza degli apparati si moltiplica. I controlli diventano più serrati. C'è chi si chiede se basta uno spinello in tasca per finire nella lista dei “socialmente pericolosi”. E intanto che il terrore delle armi si fa più stringente, la primavera si fa attraversare da milioni di uccelli e l'Italia si fa attraversare in lungo e in largo, da nord a sud, da centinaia di uomini armati fino ai denti. In Sicilia, ad esempio succede che il comandante del Nucleo operativo regionale del corpo forestale siciliano, Gioacchino Leta, racconta di “cacciatori ben organizzati che arrivano da

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Bolzano, Brescia o dal Veneto, con i fuoristrada carichi di munizioni, cani, trappole e fucili”. Avrete capito che non si tratta di cacciatori di latitanti o di terroristi, ma di “semplici” bracconieri e che il fenomeno interessa diverse regioni del Mezzogiorno d'Italia, in particolare quelle attraversate dalle rotte migratorie degli uccelli che finiscono spesso nelle polente. Se non fosse che gli unici a sembrare interessati a questo genere di notizie siano gli iscritti alla Lipu, ci sarebbe da prendere il fenomeno del “turismo venatorio” molto sul serio. La geografia dei bracconieri può essere ricomposta più o meno con le stesse modalità con le quali si ricostruiscono le geografie del potere mafioso o dei gruppi terroristici. I bresciani trafficano in allodole, i vicentini tengono saldo il business delle quaglie, i bergamaschi ingrassano col sangue dei cardellini. Affari da milioni di euro, come ce ne sono tanti in questo paese. Però, al di là delle considerazioni di carattere fiscale, culinario o animalista, c'è un particolare di questa vicenda che ha dell'inquietante. Mentre migliaia di uomini dello Stato cercano di individuare colui che ha impugnato la vecchia pistola Tokarev che ha gambizzato il dirigente dell'Ansaldo Roberto Adinolfi, ci sono interi arsenali che viaggiano su e giù per l'Italia, anche in periodi di caccia vietata e senza tante preoccupazioni o sanzioni, se non qualche multa per furto venatorio o per incauta custodia delle armi. E, considerato il business, sono in molti a pensare che ne vale la pena. Sì, perché il rischio che si corre ad armare la propria mano non è lo stesso se si parla di bracconieri o di terroristi. Anche se l'arsenale dei bracconieri è molto più potente e più mobile. Se non altro perché un bracconiere può sempre dire di “aver confuso una cicogna nera con un'allodola” come testimoniano i racconti della Lipu. Ma un terrorista informale che può dire? Di aver confuso una rivoluzione con un tiro a segno?


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illustrazione di

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Dario Campagna | rassegnastagna.com MAMMA! | n. 9 | Primavera Italiana


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altritalia

andrea coccia [elaleph.it]

Ceci n'est pas un Printemps

foto di Alessandro Borbone | talialab.com

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Mappa dei

palchi liberati Teatro Marinoni Occ.

teatromarinoni.org

Macao

MILANO maggio

macao.mi.it

VENEZIA

Teatro Valle Occupato

teatrovalleoccupato.it

2012

settembre

Sala Arrigoni

2011

nuovocinemapalazzo.it

La Balena

labalena.wordpress.com

Teatro Garibaldi

teatrogaribaldiaperto.wordpress.com leggi col tuo smartphone

Cantieri Zisa

The legitimate illegality

cantierizisa.it

Teatro Coppola

teatrocoppola.it

2011

aprile

cartografia di Kanjano con il supporto prezioso di

un reportage di

Anna Bellia e Alessia Zabatino

Alessia Zabatino

ROMA giugno

2011

NAPOLI marzo

aprile

2012

2012

PALERMO aprile

CATANIA

2012

dicembre

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e dovessi spiegare a un amico straniero come se la passa la cultura in Italia, senza indugi utilizzerei come prima immagine una casa che un paio di migliaia di anni fa ospitava dei gladiatori, a Pompei, talmente abbandonata a se stessa da sbriciolarsi, da sparire sotto il suo stesso peso. L'amico straniero capirebbe al volo, ma non avrebbe che una visione parziale del panorama, che non è fatto di sole macerie, ma anche di tentativi di ricostruzione. Per questo aggiungerei una seconda immagine, quella di un teatro, anzi di molti, bellissimi e ricchi di storia, dimenticati dallo Stato – come la casa dei gladiatori – ma riscoperti e occupati dai cittadini, che li hanno riportati in funzione. Prendiamo il Teatro Valle, che è stato occupato da qualche decina di lavoratori dello spettacolo nel giugno del 2011. Si tratta di uno dei teatri più antichi di Roma ed

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era in stato di semi abbandono. Era chiuso. E la cosa più interessante non è che a questa occupazione hanno partecipato, in un anno scarso, migliaia di persone. E nemmeno che gli occupanti stiano riuscendo nell'impresa di riportare in vita il teatro e di costituirsi come fondazione – Fondazione Teatro Valle Bene Comune – entrando a piedi uniti nella battaglia tra pubblico e privato con una nuova proposta, una specie di gestione comunitaria. No, la cosa più interessante è che questa esperienza, a partire dal Valle, si è diffusa in altre città e realtà: dal Coppola di Catania, al Garibaldi di Palermo, dalla Balena di Napoli al Nuovo Cinema Palazzo di Roma, e di esempi ce ne sarebbero anche tanti altri. Parlando di queste realtà al mio amico straniero, probabilmente rischierei di usare l'espressione Primavera Italiana, per fargli capire al volo la situazione riutilizzando un

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altritalia modo di dire giornalistico premasticato. E la situazione di sicuro la capirebbe, ma accorcerei il ragionamento, gli fornirei una bella immagine pronta da digerire, ma non direi fino in fondo la verità. Quella che si sta vivendo in questi luoghi culturali, tornati alla cittadinanza grazie a un lavoro rimarcabile di centinaia di persone, sostenute da interi quartieri, difatti, non è una Primavera. È non lo è per un motivo principale, alla prova dei numeri e dell'allargamento fuori dai teatri – come nel caso di MACAO, a Milano – si è visto che i tempi non sono ancora maturi, o meglio, che forse la gente ancora non lo è. MACAO è un'avventura milanese che ha dimostrato diverse cose che sarà utile ricordarsi per il futuro. Primo: che esiste un bisogno di partecipare e condividere qualcosa da parte di migliaia di persone, ma che non basta a se stesso. Secondo: che senza un'idea precisa e senza un gruppo di persone che sa quel che fa e che la porta avanti, queste migliaia di persone sono destinate ad essere spettatori e la ripartenza dal basso finisce in vacca. Terzo: se non ci decidiamo a fare a pezzi un modo di parlare, e quindi di pensare, ormai tanto estraneo alla realtà da non non significare una mazza, finiremo col perderci in un mare di cazzate. Quarto: se non ci prendiamo del tempo per riflettere sul serio prima di agire, siamo destinati a continuare a cinguettarci addosso supercazzole a mitraglia, senza arrivare mai da nessuna altra parte che schiantati sul muro che ci attende al varco. C'è un famosissimo quadro di Magritte dove lo spettatore vede una pipa, ma è avvisato dall'artista che invece si sbaglia, che quella non è una pipa, al contrario delle apparenze. In quel caso c'entra la finzione. Quella non è una pipa perché è chiaramente un quadro, una rappresentazione di una pipa e lo spettatore resta uno spettatore, non un fumatore. Ecco, queste esperienze rischiano di assomigliare a quel quadro.

Rischiano di essere soltanto la rappresentazione di un cambiamento dal basso possibile, di una nuova e rinfrescante ondata di partecipazione della società, di voglia condivisione, di apertura, restandone però soltanto la parvenza perché incapaci di trasformare lo spettatore in attore. Hanno un valore immenso, ma non sono che un laboratorio, un esperimento di attivismo diverso e partecipato che deve ancora diffondersi per poter generare un cambiamento effettivo. Se la gente parteciperà a queste esperienze con la passività dello spettatore, infatti, questa primavera resterà a tutti gli effetti come la pipa di Magritte, che in fondo non è una pipa. Chioso, concludo e rilancio: questa non deve essere una primavera. E non deve esserlo perché la Primavera, come il termine Rivoluzione, ha a che fare con il ciclico. Non sovverte quindi, ma al contrario, prende il posto di qualcosa, e lo lascerà al momento debito a qualcos'altro, che ricominci il giro. Per cambiare sul serio la preoccupante realtà sociale e culturale che ci circonda, questi tentativi devono continuare, devono espandersi e diffondersi nel paese. Ma soprattutto devono riuscire a riattivare la vita sociale, quella vera. Devono riuscire a trasformare milioni di telespettatori in persone in grado di prendersi una responsabilità: tornare a occuparsi del mondo che li circonda. Solo così potremo veramente sperare, quando tutto crollerà, di essere in grado di ricostruire qualcosa, evolvendo definitivamente, dimenticandoci i cicli delle stagioni. Non so se siamo in grado, ma di sicuro provarci e condividere delle esperienze di questo tipo ci fa molto bene. È l'unico modo intelligente che ci resta per prepararci alla tempesta a cui stiamo andando incontro da anni, e che si fa sempre più vicina.

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illustrazione di

Vito Manolo Roma | vitomanoloroma.it

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outthere

yukari saito [semisottolaneve.org]

salviamo la carpa verde Pesce di maggio per l’astinenza Dal nucleare

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uando leggerete queste righe, chissà se la nostra carpa verde sarà ancora viva e vegeta, oppure sarà stata ammazzata e sepolta viva, anzi, pescata e eviscerata, poi cotta a piacimento per essere servita al banchetto della lobby nucleare (giapponese e non). La carpa verde rappresenta un simbolo adottato di recente dalla società civile giapponese per festeggiare l’uscita di fatto – sia pur temporanea – del Paese dalla dipendenza dall’energia nucleare che era prevista per la tarda notte del 5 maggio scorso. Infatti, dopo l’incidente nucleare di Fukushima in seguito alle terribili scosse ed allo tsunami dell’11 marzo 2011, anche i reattori giapponesi non danneggiati dal sisma e rimasti in funzione sono stati spenti l’uno dopo l’altro, per essere sottoposti a controlli periodici o per guasti e anomalie, senza che gli altri venissero riattivati a causa delle crescenti opposizioni popolari che impedivano alle autorità di concedere l’autorizzazione. Così alla fine dell’estate scorsa è iniziato il conto alla rovescia: il numero dei reattori operativi nell’arcipelago andava riducendosi ogni mese fino ad arrivare al fatidico zero. Alle 23.03 ore locali del 5 maggio, si è fermato l’ultimo dei 50 reattori nucleari in esercizio commerciale, il numero 3 della centrale di Tomari nell’isola di Hokkaido di fronte all’isola russa Sachalin. Non sarebbe esagerato definirlo un momento storico dato che è successo per la prima volta in 42 anni, cioè dal 1970 quando per alcuni giorni gli unici due reattori commerciali all’epoca esistenti nel Paese si fermarono contemporaneamente. Era una giornata di liberazione per i vecchi antinuclearisti e un momento di grande sollievo e di gioia per tantissimi cittadini comuni, soprattutto i giovani. I vecchi abituati al nucleare che non hanno cambiato idea nemmeno davanti a Fukushima riusciranno ad abituarsi a questa novità?

Koinobori il coraggio e la determinazione davanti alle difficoltà

Però, che c'entra una carpa con tutto questo? C'entra eccome. Il giorno del 5 maggio è una festività giapponese dedicata ai bambini. Gli si augura un futuro meraviglioso e si festeggia facendo sventolare una specie di manica a vento a forma di carpa. Una volta, quando la maggior parte delle abitazioni erano fatte di case basse, da metà aprile fino al

5 maggio sopra i tetti nel cielo giapponese volavano tantissime carpe: ad una canna di bambù vengono legate tre o quattro carpe in tessuto; il più grosso in alto è disegnato in nero e rappresenta il babbo mentre la seconda un po’ più piccola in colore rosso raffigura la mamma, seguita da una o due giovani carpette azzurre. Oggi, con tanti palazzi e grattacieli condominiali il paesaggio cittadino è assai cambiato. Eppure nelle famiglie con bambini piccoli, maschietti in particolare, questi addobbi non mancano mai. E così ad alcune associazioni ambientaliste è venuta l’idea di lanciare una nuova carpa da aggiungere a quelle tradizionali, di colore verde, naturalmente, perché si addice alla sostenibilità e a una nuova era, quella senza nucleare. Per pubblicizzarla hanno scelto la giornata della Terra, il 22 aprile, con un allegro corteo di giovani che ha attraversato il cuore di Tokyo. Sarebbe stato difficile scegliere un simbolo migliore. C’era già una felice coincidenza della data: l’ultimo reattore nucleare si spegne per la festa dei bambini, le prime vittime dell’incidente atomico. Tra l’altro, si dice che la festività derivi da un rito medioevale (risalente al secolo VIII), celebrato nella corte per scongiurare calamità naturali. Anche la scelta della carpa, comparsa solo nel Settecento nelle usanze popolari, si ricollega ad una leggenda cinese altrettanto significativa: la carpa era l’unico tra i pesci capace di risalire una grande cascata del Fiume Giallo che, alla fine, si trasformava in un drago, animale di fantasia e di buon auspicio. Perciò la carpa veniva introdotta nella festa giapponese con la speranza che i bambini crescano sani, coraggiosi e vincenti. Riuscirà anche la nostra carpa verde a risalire il minaccioso torrente nuclearista e a trasformarsi in un drago liberatore? Staremo a vedere. Nel frattempo, se volete tifare per la carpa, c'e' un ottimo sistema per farlo: sottoscrivere l'Appello per una moratoria nucleare in Giappone e per l’immediata rimozione del combustibile nucleare dall’impianto di Fukushima, lanciato poche settimane fa da un gruppo di scienziati italiani:

http://url.mamma.am/fukushima

Tra i promotori dell'appello c'è l'autrice di questa carpa verde, un'artista giapponese che me l'ha mandata alla vigilia della festa: "finalmente è arrivato il momento di abbandonare davvero l'energia nucleare. Le preoccupazioni per il futuro del Giappone (e del mondo) non ci mancano, ma almeno stasera nessuno può impedirci di festeggiare!"

illustrazione di Harumi Mat

Riccardo Orioles Segnalazioni gratuite di iniziative amiche. Nessun annuncio a pagamento è presente nella rivista

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popeconomy

flyfra

la merkel

è una zoccola

tecnicamente parlando

illustrazione di

Elena Ferrara

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uand'ero più giovane, sebbene ora mi senta più giovane di allora (è la crisi dei 30 anni che parla) mi incazzavo per qualunque cosa dicesse Berlusconi. Oggi invece lo rivaluto a differenza di voi poveri comunisti. Non che rivaluti tutto, ma sicuramente apprezzo la sua espressione del Settembre 2011 in cui definiva la Merkel una "culona inchiavabile". Da economista trovo queste parole la miglior descrizione del sistema finanziario europeo, che lei incarna. Vista quindi l’incertezza dei mercati, se seguite bene i consigli miei e del Sig. Rossi, potreste riuscire a fare di questo periodo la vostra primavera finanziaria. Andate short sui CDS di grecia e spagna, e long sui Bund. Fate cassa col currency swap, ma non ditelo agli amici. Rivendete I BTP alla vostra amante spacciandoli per un ottimo strumento con cui pagarci affitto e bollette, ma assicuratevi che non abbia amici che ne capiscono di finanza (guardate cosa è successo a Berlusconi con le olgettine). Fate daytrading sullo spread e con il cash-flow investite tutto in futures dei seguenti prodotti: profilattici, creme abbronzanti e Brunello di Montalcino. Appaltate la parruc-

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chiera settimanale che viene a casa per vostra moglie e assegnatela a chi paga la mazzetta più alta. Regalate la suocera al vicino. Ipotecatevi la casa, nello stesso giorno, con 4 banche diverse. Rubatevi la macchina e chiedete il rimborso all’assicurazione. Giocate sul cavallo in corsia 3 alle 4 del pomeriggio di domani. Non fatevi la barba per due mesi, imparate un leggero accento greco e iniziate a chiedere l’elemosina al semaforo durante la pausa pranzo (e se vi avanza qualche spicciolo chiamate in questura e chiedete il numero di Ruby). Dopo aver seguito tutti i miei consigli andate a Berlino e aspettate la Merkel davanti al Bundestag con un cartello con su scritto “Sei una zoccola” firmato MM. Poi iniziatevi a spogliare e gioite, la primavera è arrivata.


graphiclife

[marcellabrancaforte.blogspot.com]

viterbo 28 aprile 2012

funerali alla cultura e mai vista così tanta gente viva

N

on ho mai visto tanta gente sorridere ad un funerale. Siamo tutti vestiti a festa, con la tristezza che in realtà è superata dall'emozione. Siamo tanti e su Via Marconi, il cosiddetto "Boulevard", il corteo sembra non finire mai. Occupiamo tutto ciò che è a portata di sguardo. Ed è tutto nero. Una distesa nera adornata "a festa"; compagnie, cittadini, attori e gente che con la cultura prova a viverci. Anche a Viterbo, città grigio-triste, ci sono persone, testarde, che pensano di poter vivere con il duro lavoro dell'attore, dell'artista o del qualcosadelgenere. A Piazza del Comune, sotto gli occhi del sindaco, ci stendiamo a terra al suono di una sirena.

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Per ogni teatro o cinema chiuso lungo il cammino un attore ne legge la nascita, la vita, la morte. Come si fa con i santi, coi navigatori e quella roba lì. Camminiamo spediti verso la fine del

corteo e, a Piazza del Teatro, la tensione si scioglie nelle voci degli interventi che si susseguono, che raccontano anni di fatiche a montare fari o ad arrotolare cavi.

Marcella Brancaforte Paolo Manganiello

foto elaborate da e

"Se chiudo gli occhi, vedo cartapesta" dice Augusto, un burattinaio, e racconta così tutto quello che c'è da dire: la passione e la rabbia si sentono forti nelle espressioni e negli sguardi di molti di noi. Non ci sono spazi per l'arte e allora ci siamo presi le piazze, abbiamo attraversato una città che dorme un letargo antico e l'abbiamo scossa, per un giorno in cui non poteva che esserci il sole. Abbiamo fatto il funerale alla cultura, per non doverlo fare alla città. Marco Trulli MAMMA! | n. 9 | Primavera Italiana

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sfruculiamenti

carolina cutolo [scrittorincausa.blogspot.com]

il festival dell'indebito

illustrazione di

E

ro a un passo dalla gloria, dagli allori del successo, dal vedermi finalmente consacrato tra i mostri sacri della letteratura italiana. Avrei certamente ottenuto, grazie al mio mirabile esordio, tutti i riconoscimenti più prestigiosi: Campiello, Strega e perché no, anche l'ambitissimo Prize-On-Demand.

Sarei stato osannato dalla pagina culturale del Sole 24 Ore, avrei troneggiato nella classifica dei libri più venduti del Corriere della Sera per mesi. I critici letterari più severi mi avrebbero salutato come la nuova voce che attendevano da sempre. Sarei stato tradotto in tutte le lingue, avrei vinto premi internazionali, cenato con Philip Roth e Paul Auster e sarei stato corteggiato dal New Yorker. Giornalisti di tutto il mondo mi avrebbero chiesto come ho fatto in così breve tempo ad influenzare i miei contemporanei tanto profondamente da strappare a David Foster Wallace la dichiarazione: “La storia della letteratura si divide in prima e dopo Nicolino Gandolfini”. E invece niente. Per colpa di quattro stronzi di blogger. Ero il favorito al Festival dell'Indebito, un progetto geniale che bastava pagare solo 600 euro per partecipare, invece di dover leccare il culo nel salotti letterari dei mafiosi di sinistra. Era patrocinato dal Comune di Firenze, città-culla della lingua italiana; i più stimati intellettuali della scena culturale nazionale avrebbero selezionato le opere in gara: impossibile non veder riconosciuto il mio valore. Inoltre il Festival era supportato dalle due più importanti case editrici italiane, che si sarebbero scannate per accaparrarsi un contratto di edizione con il sottoscritto. Cosa sono 600 euro di fronte a queste garanzie di un futuro letterario lastricato d'oro? NIENTE. E invece ecco che quattro sfigati, incapaci di riconoscere la portata rivoluzionaria del Festival dell'Indebito, cominciano a gettare merda sull'intero progetto: iniziativa lucrosa, regolamento capestro, pubblicità ingannevole. Tutte illazioni frutto di invidia, è chiaro, perché da pezzenti falliti quali sono non potevano permettersi di pagare la quota d'iscrizione, e hanno ben visto di impedire ad altri, evidentemente più meritevoli, di ottenere quello che era loro precluso. Decine di blog ingiuriosi hanno fatto la guerra a questa nobile iniziativa rimbalzando su inter-

Andrea Chronopoulos | achron.tumblr.com

net alla velocità della luce, ci rendiamo conto? BLOG! La morte delle lettere! Spazi dove chiunque può pubblicare cazzate sgrammaticate e informazioni false come fossero oro colato. Se fossero già entrate in vigore la legge contro l'informazione in rete e le sacrosante multe a fare da deterrente, tutto questo non sarebbe successo. È proprio vero che in Italia, quanto più un disegno di legge è sensato, tanto più è difficile che passi. E poi quella ridicola lettera al Comune di Firenze, stilata da quattro livorosi scrivani fiorentini che meritano solo di vergare etichette di detersivi per l'eternità. In un paese normale sarebbero stati derisi. In un paese normale non avrebbero raccolto centinaia di firme di altrettanti babbei contro il primo progetto davvero democratico in un regime culturale governato dai raccomandati e sempre più in mano alle lobby di sinistra. In un paese normale il Comune di Firenze li avrebbe ignorati, come meritavano, invece di inginocchiarsi a un manipolo di illetterati, a un passaparola calunnioso degno di Radio Serva. Ecco a cosa ci hanno portati cinquant'anni di slogan populisti: all'invidia al potere. Signor Presidente, scrivo a Lei perché è uno dei pochi che si rende conto del baratro nel quale stiamo precipitando. A causa di questo malcostume, di questo deplorevole regresso culturale, i vili ricatti immorali di quattro ignoranti incapaci di competere artisticamente, contano più del diritto ad accedere alla gloria letteraria per un talento, mi creda, indiscutibile, come quello del sottoscritto. E così il Festival dell'Indebito, questa incredibile opportunità che ho atteso per tutta la vita, è stato infine sospeso. Signor Presidente (perché Lei sarà per sempre il MIO Presidente), Lei è la mia unica e ultima speranza, mi aiuti a realizzare il mio sogno, a vedermi finalmente riconosciuta la gloria letteraria che merito: qualunque sia la cifra che ritiene congrua perché io goda del Suo inestimabile appoggio non sarà mai sufficiente a sdebitarmi moralmente nei Suoi confronti, dunque non si faccia remore, e faccia di me un uomo felice di scambiare mero denaro con la certezza dell'immortalità. Confido dunque in Lei, uno dei pochi, in questo paese di asini, ad aver capito che la cultura non ha prezzo. Devotamente Suo, Nicolino Gandolfini

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claudio gianvincenzi [sdrammaturgo.wordpress.com]

illustrazione di

Fabrizio Des Dorides | fabriziodesdorides.blogspot.com

la rivoluzione è un pranzo di merda M

entre se ne stava assorto e trasognato pensando che un mondo migliore fosse possibile, gli fregarono il portafoglio. Nonostante le guerre, le devastazioni, le sopraffazioni, le crudeltà, le atrocità, gli orrori, la difesa della Roma di Luis Enrique, l'umanità poteva ancora riuscire ad edificare la società ideale. In fondo l'homo sapiens aveva avuto solo duecentomila anni per cambiare le cose. Serviva ancora un po' di tempo. Ma le cose erano migliorate nel corso della Storia, e si vedeva. Ad esempio, in passato c'era la schiavitù, e per sopravvivere bisognava alzarsi all'alba e faticare tutto il giorno con orari massacranti, sfruttati da padroni per paghe insufficienti al sostentamento. Ora, invece, questo era un grande diritto. Era stato risolto anche il problema del lavoro minorile: una volta era accettato, poi si iniziò a contestarlo, quindi lo si condannò e finalmente si riuscì a spostarlo in India. Salì sull'autobus. Ecco, gli autobus erano un chiaro esempio che le cose potevano migliorare. Prima infatti alle persone di colore non era permesso sedersi vicino ai

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bianchi sui mezzi pubblici. Ora invece i bianchi erano liberi di evitare di sedersi vicino alle persone di colore. Prese posto mentre un gruppetto di persone era intento ad emarginare un nordafricano per eludere il rischio di contagio. Ché non si sa mai: cominci col sederti accanto a un marocchino, e come niente ti ritrovi con un figlio che vuole iscriversi a danza. Il problema erano i media, pensava. A furia di demonizzare lo straniero, avevano diffuso la paura del diverso. Ma un giorno, un giorno i media sarebbero stati migliori: sulla copertina di Marmitte Fragorose ci sarebbe stato scritto: «Non comprare noi, compra Genti Disagiate»; all'edicolante i clienti avrebbero chiesto: «È uscito Bricolage Con Resti Umani? Grazie. Uh, ma... C'è una nuova rivista sulle nuove tecniche di rispetto per il prossimo e lei non mi dice niente?!» Passò il controllore. L'abbonamento era nel portafogli, i documenti anche, così il controllore, benché non controllato, fu obbligato a fargli una multa con identificazione in questura. Il controllore andava capito: eseguiva gli ordini. Quello era il suo lavoro, e le regole sono regole. La colpa era della legge.


Un giorno, un giorno sarebbe stata fatta una legge che avrebbe permesso ai controllori di usare il proprio buonsenso. Sì, un giorno i controllori avrebbero potuto applicare la legge che avrebbe consentito loro di non applicare la legge. Entrarono al più vicino commissariato. Durante gli accertamenti, ebbe modo di scambiare quattro chiacchiere con alcuni agenti. Certo, avevano caricato, minacciato, ricattato, abusato, umiliato, menato, seviziato, torturato, ammazzato, ma tutto sommato erano delle brave persone. La colpa era del Governo, che tollerando comportamenti inadeguati consentiva alle mele marce di screditare il mestiere di onesti picchiatori. Si faceva presto ad insultare indiscriminatamente tutti i poliziotti, quando poi chi era vittima di un crimine si rivolgeva a loro. Egli stesso, già che si trovava lì, aveva avuto modo di denunciare il furto del proprio portafoglio, cosicché, qualora lo Stato fosse riuscito a ritrovarglielo, avrebbe potuto pagare la multa allo Stato. Un giorno, un giorno le forze dell'ordine e i corpi militari si sarebbero armati solo di zucchero filato – poiché nulla incute maggior timore di maleodoranti monosaccaridi appiccicosi. Uscì e prese a camminare. Vide un mendicante ad un angolo della strada che reggeva un cartello: «Ho dieci figli da sfamare». La colpa era del capitalismo: nessun banchiere era intervenuto ad impedire a quel pover'uomo di procreare a raffica. Un giorno, un giorno probi uomini della finanza si sarebbero vestiti da portieri e si sarebbero tuffati a parare gli spermatozoi dei poveri. Si imbatté in una manifestazione di un'associazione cattolica. Gli aderenti avevano lanciato numerose iniziative in difesa dell'embrione. Adesso avevano alzato il tiro: difesa dell'immaginazione. Se pensi a un figlio, quella è già vita. La colpa era della Chiesa. La religione aveva fatto anche del bene, per carità. Tutto

sommato, mandava un messaggio d'amore. Dio è amore – ma se non è corrisposto, si incazza e ti fa stalking. Certo era che la Chiesa era ancora troppo oscurantista. Ma poteva anche esserci una Chiesa più illuminata e progressista. Un giorno, un giorno la Chiesa avrebbe insegnato ai fedeli che la Chiesa è sbagliata. In fondo era tutto un problema di cultura, di istruzione. La colpa era della scuola. La scuola doveva insegnare a pensare con la propria testa. Un giorno, un giorno un ministro saggio avrebbe fornito al popolo gli strumenti per capire che avere un ministro è una cazzata. Forse la gente non era ancora pronta a un mondo migliore. C'erano ancora troppo egoismo, troppa indifferenza. Ah, se tutti fossero stati come lui ed i suoi amici! Pensò a quando al centro sociale cantavano Bella Ciao passandosi una canna, finanziando in tal modo la vasca idromassaggio di un boss della 'Ndrangheta. Ecco, da questi ragazzi poteva nascere un mondo migliore, un mondo con 'ndranghetisti più profumati. Quel giorno era atteso a pranzo dai parenti in campagna. Ogni inverno lo zio ammazzava il maiale ed invitava tutti a mangiare le prime carni. Si sedette a tavola. Di fronte a lui, in fondo alla sala, campeggiava il maiale, che fino a qualche ora prima grugniva, si rotolava nel fango e non si poneva troppo il problema del precariato e della crisi economica, ed ora era squartato appeso al soffitto, trofeo che lo zio esponeva all'ammirazione generale. Il sangue colava in una bacinella. Impugnò una grossa salsiccia, la addentò. “La colpa è delle persone che non hanno sensibilità, non provano empatia verso chi soffre, se ne fregano dei più deboli e dei più sfortunati, accettano la violenza e badano solo ai propri interessi. Ma un giorno, un giorno...”, pensò. Ingoiò la salsiccia.

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roberto ugolini

L

a SIAE è un ente rigoroso. Ogni associato ha il diritto di vedere riconosciuta la sua “opera dell’ingegno”. Per questo, qualsiasi esibizione musicale è sottoposta a pagamento dei diritti d’autore. Peccato però che, nella maggioranza dei casi, le entrate non tornano direttamente in tasca ai compositori ma finiscono in un vero e proprio “calderone”. Al momento di essere redistribuiti, questi proventi finiscono ai soliti da Hit Parade. Insomma, “Incidi un capolavoro, Ligabue prende i soldi”. Questo l’icastico slogan coniato da Umberto Palazzo, cantautore e DJ dalla carriera trentennale, che si è fatto promotore di una class action contro la SIAE. Ci facciamo spiegare un po' di cose direttamente da lui.

certe notTingham intervista ad umberto palazzo

loro, specializzatissime. Ma, guarda caso, rilevano solo i pezzi famosi. Per assurdo, nei dj set, dove tutto potrebbe essere controllato mediante tracciatura elettronica, i controlli sono invece tutti a campione. La tecnologia la usano solo quando fa comodo a loro, ad esempio per le radio. Quindi, se non suoni davanti a più di tot persone, sei automaticamente una cover band di Vasco. Esatto. Per la SIAE è come se nei concertini suonassero solo cover band. E questo è assurdo. Ti è mai capitato di assistere ad uno di questi accertamenti? Che soggetto ti sei trovato di fronte? Mai. Mi dicono però che questi controlli ci sono, ma non c’è alcuna trasparenza. Basterebbe pubblicare un rendiconto sulle ispezioni effettuate, non ci sarebbe niente di male. Il restante 25% dei borderò è analizzato ad estrazione, così anche l’ultimo quarto dei proventi viene distribuito sulla base di una specie di lotteria. Infatti, neanche il restante 25% è garantito, devi avere la fortuna di essere estratto. Di cento concerti può capitare che non te ne venga riconosciuto nessuno.

Il bandito e il campione Hai lanciato la tua proposta di class action lo scorso febbraio, puoi dirci a che punto è l’iniziativa e che riscontro sta avendo? Serve tempo. Sto raccogliendo documentazione sulla mia stessa attività e sto invitando altri musicisti a fare altrettanto.Vogliamo opporre cifre oggettive. Sono più di mille quelli che mi stanno seguendo su facebook, ma avrò bisogno di un sito esterno, meno vincolato. In molte interviste hai spiegato le motivazioni della tua protesta, ci hai così svelato il trucco del “concertino”... Una bella infamata quella del “concertino”. Perché sono considerate tali tutte le esibizioni in locali dove l’attività prevalente non è la musica dal vivo, quindi la grande maggioranza. il 75% dei proventi maturati da questi “concertini” non sono riconosciuti direttamente agli autori, ma divisi sulla base di controlli a campione (almeno 500 l’anno secondo la SIAE, ndr). Gli ispettori devono essere enciclopedie musicali ambulanti! Questi controlli sono eseguiti da persone, secondo MAMMA! | n. 9 | Primavera Italiana

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intervista

illustrazione di

Qualche anno fa è variato il regolamento a causa di presunte irregolarità sulla compilazione dei programmi. Come replichi a chi sostiene che la lotta andrebbe fatta ai “furbetti” ? Sarebbe come non corrispondere la pensione d’invalidità a nessuno per colpa dei falsi invalidi. Quindi, con questo sistema, i compensi finiscono sempre lì, lì nel mezzo del portafoglio di Ligabue e soci. Si, ad esempio, la buonanima di Dalla percepiva circa 800.000 € all’anno di diritti. La solitudine Possibile che nessun altro dei tuoi colleghi se ne sia accorto? Io sono in un caso particolare, suono da ormai trent’anni. Ho inciso sia con major come la Polygram che per piccole etichette indipendenti e infine sono passato alle autoproduzioni. In più sono laureato in giurisprudenza, il che mi facilita nell’analisi del linguaggio giuridico, non accessibile a tutti i musicisti. Molti non si informano e si affidano ai loro editori, ma dubito che sia una scelta saggia, lo dico per esperienza personale.

Chiara Smacchi | www.wix.com/kia063/chiarasmacchi

Ma non c’è anche un sindacato? Chi tutela gli autori? L’ente che ha il compito di tutelare gli autori è la SIAE. Ahimé! Etichette ed editori come si pongono di fronte alla questione? Non abbiamo interessi convergenti. Gli editori, presenti anche all’interno del consiglio di amministrazione SIAE, possiedono l’anima degli autori e in cambio riconoscono loro cifre ridicole. Solitamente in questo paese ognuno pensa al proprio orticello.Vediamo se per una volta vengo smentito. Ci sono artisti,tra quelli che hanno “sfondato”, che si sono interessati alla questione? No.Te lo dico francamente. Anche se sanno dell’ iniziativa. Attenti al lupo SIAE è di fatto un monopolio, non è proprio possibile un’alternativa? No. Ti ricordo che la SIAE svolge compiti di polizia tributaria ed è impossibile eluderla. Si dovrebbe cambiare la struttura giuridica del diritto d’autore. Ci si addentrerebbe in dibattiti molto alti che potrebbero

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risultare inutili, visto che si sta discutendo una legge europea in materia. Anche se poi bisognerà vedere se queste direttive verranno mai applicate. Se pensi che, nonostante il bollino SIAE sia stato dichiarato illegale dalla corte europea e per ben 3 volte dalla cassazione, ancora oggi si rischiano ripercussioni penali per l’uso non privato di CD e DVD che ne sono sprovvisti. So che ti stai informando sul sistema per la tutela dei diritti d’autore negli altri paesi europei. Quali sono le principali differenze? Non sono contenti neppure all’estero delle ripartizioni, ma non hanno situazioni patologiche come quella italiana. Ad esempio in USA e nel Regno Unito, previa apposita richiesta, si possono organizzare concerti rinunciando ai diritti d’autore e puntando tutto sugli incassi. L’ ambizione è quella di arrivare ad una riforma della SIAE? Sto volando basso, gli interessi in campo sono enormi. Per ora mi sto concentrando sui “concertini”, una questione di oggettiva iniquità sulla quale è verosimile arrivare ad una soluzione. Una vera riforma sarebbe una lotta sanguinosa. Stiamo parlando di un ente con un deficit enorme, che spende 127€ per ogni 100 che incassa, un mostro che divora tutto per autoalimentarsi. Ovviamente questo sistema non è solo un danno per gli artisti “minori”, ma anche un ostacolo per tutte le attività live e culturali in genere. Sono stato anche direttore artistico. Avere a che fare con la SIAE diventa routine, ti limiti a pagare e sperare di non dover chiudere. Certo che tutto questo soffoca la musica, soldi che potrebbero essere investiti sulla crescita degli emergenti vanno invece a foraggiare un’economia, quella della top 10, che non ne avrebbe bisogno.

Liberi liberi A proposito di presunto “danno alla cultura”, i big della musica italiana hanno recentemente partecipato ad un video contro la pirateria. Cosa ne pensi? Sono dei relitti di un’altra epoca, fanno quasi tenerezza. C’è tutto uno sfondo abbastanza torbido dietro questa operazione e mi chiedo se ne sono del tutto consapevoli. In Italia c’è un vuoto legislativo dietro al copyright in rete, che sta per essere colmato con una compressione del diritto. In questo momento c’è una bozza di legge relativa ad AGCOM, che potrà procedere senza possibilità di contenzioso. Un bavaglio che minerà fortemente la libertà in rete. Un argomento sottovalutato, ma prevedo una battaglia durissima appena questi scopriranno le carte. Per chiudere, oltre alla tua battaglia, vedi in Italia altri movimenti dal basso in grado di organizzarsi e di ottenere risultati concreti, oppure le proteste si fermeranno a twitter o facebook? Io mi occupo di politica, in passato mi sono anche candidato. La politica, per me, ha senso se si occupa di obiettivi immediati e concreti, argomenti comprensibili da tutti. Ho visto posti politicamente morti, totalmente passivi, iniziare a vincere battaglie proprio grazie ai social network che hanno preso il posto dei giornali ossequienti.

Canzoniere Illustrato è il titolo del nuovo album di Daniele Sepe. In realtà è molto di più di un semplice album. "Canzoniere Illustrato" è un bel volume di ben 106 pagine contenente12 fumetti per 12 canzoni. Fumetti realizzati da geniali maestri del colore (Mauro Biani, Squaz, Kanjano, Akab, Kranti, Rosaria Cefalo, Shaone, Fulvio Cozza, Giuseppe Guida, Antonino Iuorio, Marcella Brancaforte,Tony Afeltra, Enzo Troiano, Giuseppe Guida, Luigi De Michele) ed arricchiti da una splendida copertina del grande Altan. La musica prevede un menù internazionale di canzoni provenienti da tutto il mondo e dal folklore italiano e con la partecipazione delle voci di Floriana Cangiano, Ginevra DI Marco, Flori N Barbu, Mazouk Mejri, Josè Seves, Robero Argentino Lagoa e Brunella Selo, oltre ad una nutritissima schiera di fantastici musicisti.

DANIELE SEPE

canzoniere illustrato MAMMA! | n. 9 | Primavera Italiana

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Segnalazioni gratuite di iniziative amiche. Nessun annuncio a pagamento è presente nella rivista.



Lo sapevi che l'industria della carne É una delle principali cause del cambiamento climatico?

Per produrre una bistecca alla fiorentina da 3 etti occorrono 13200 litri d'acqua, contro i 63 litri necessari per produrre le patate del contorno.

L'allevamento degli animali inoltre contribuisce all'effetto serra. Infatti É causa del 18% di emissione di CO2, percentuale piÚ alta dell'emissione complessiva causata dal sistema dei trasporti.

Intanto i paesi del terzo mondo sono periodicamente afflitti da spaventose siccitÁ.

I 4/5 della terra coltivata in tutto il mondo É usata per produrre foraggi per gli animali e solo 1/5 per il consumo umano di cereali, frutta e verdura.

Nell'allevamento intensivo la produzione di carne causa uno spreco insostenibile: il rendimento medio É solo del 10%. Ci vogliono 13 chili di cereali per ottenere un solo chilo di carne di manzo, 6 chili per un chilo di maiale e addirittura 21 chili per 1 chilo di agnello. Sarebbe dunque molto piÚ ragionevole, razionale e vantaggioso produrre cereali invece che carne al fine di nutrire l'umanitÁ.

Ma ovviamente questo non interessa ai signori della carne.




[inventoaltritempi.blogspot.it]

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FumĂŠttismo

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pino scaccia [pinoscaccia.wordpress.com]

outthere

lo scugnizzo

di kabul H

o conosciuto Jovid davanti alla caserma italiana di Jalalabad road. Ogni volta che andavo al campo, lo trovavo lì fuori con un pacchetto di “gomme americane”, strano destino per uno shabab afghano. Muso da scugnizzo, neppure un sorriso, al massimo dieci-undici anni, si illuminava solo quando arrivava (o usciva) qualcuno. E allora ce la metteva tutta per essere convincente mentre chiedeva il bashish, l’elemosina. Ormai era un’abitudine e gli davo sempre qualcosa, lasciandogli naturalmente il pacchetto di gomme che era il suo patrimonio e che poteva riciclare per altri bashish. In caserma lo conoscevano tutti e spesso i militari andavano alla porta per consegnargli bottiglie d’acqua o d’aranciata, biscotti o pane, talvolta qualche dolce. Lui prendeva tutto, ma c’era quella tristezza perenne negli occhi che faceva male. L’ho incontrato per mesi e una volta che non l’ho trovato tornando a Kabul mi sono preoccupato. Quando prendeva quel che gli davano i soldati, se ne andava subito come se il suo compito fosse finito. Una volta l’ho seguito. Ha camminato molto finché non è arrivato nel cortile di una casa diroccata. E’ arrivata Shatia, un’altra scugnizza come lui, storpia ma bella da mozzare il fiato, due occhi scintillanti color miele selvatico. Lui le ha consegnato tutto e lei lo ha divorato in pochi minuti senza che Jovid toccasse cibo. Mi ha talmente shoccato quella scena di una generosità straordinaria che ho voluto saperne di più. Ho chiesto a Shafique, il mio fido driver, di informarsi.

illustrazione di

Maurizio Boscarol | boscartoon.com

Di Shatia ha saputo solo il nome, di Jovid mi ha raccontato che aveva dodici anni e che era il più piccolo di nove fratelli ma era lui a mantenere la famiglia con tutti i bashish che raccoglieva in città, prima davanti a un centro commerciale, poi davanti ai negozi per turisti di Chicken street e infine alla caserma. A lui non restava niente, consegnava tutto a casa. Salvo il cibo, ma a quello rinunciava lui volontariamente perché lo offriva a Shatia.Volli incontrarlo. Gli diedi un’elemosina spropositata per lui, solo per fargli fare bella figura con i genitori ma sapevo che potevo aiutarlo soltanto con un regalo diretto. Comprai allora molti pacchi di biscotti e tanta cioccolata: mi guardò sorpreso ma ancora senza sorrisi. Gli feci chiedere da Shafique cosa desiderava. E finalmente si aprì: un paio di scarpe, voleva un paio di scarpe. Scoppiai a ridere, la felicità per lui era un paio di scarpe. Naturalmente gliele presi ma sbagliai la misura: gli stavano troppo grandi. Ma quando tentai di riprenderle per cambiarle si rifiutò, aveva paura che gliele togliessi per sempre, sarebbe stata la fine di un sogno. Lo tranquillizzai, gli diedi un bacio sulla guancia. Forse era la prima volta che ne riceveva uno. Questa è una piccolissima storia scoperta dentro l’inferno di una guerra sporca e infinita. Ma è anche una lezione per chi ancora non ha capito che per conquistare gli afghani basterebbe poco. Una bottiglia d’acqua o magari solo un paio di scarpe. Insomma, l’amore: non certo le bombe.

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FumĂŠttismo

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[assiapetricelli.blogspot.it | sergioriccardi.blogspot.it]

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illustrazione di

Andrea Bersani | andreabersani.it

progetto evasione

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all'inizio dell'anno sono morti 61 detenuti, 21 di questi sono suicidi. Un cartello luminoso posto sul tetto della sede del Ministero della Giustizia aggiorna il conteggio in tempo reale. D'estate la situazione si complica. Nella sauna del sovraffollamento l'umanitĂ detenuta non espia la colpa, la suda. E gli impiccati se MAMMA! | n. 9 | Primavera Italiana

ne stanno come d'estate, sugli alberi, le foglie.Lo Stato ha appaltato ad una societĂ privata la gestione della mente dei detenuti. Lo chiamano "Progetto Evasione". Grazie a questa multinazionale onirica specializzata in deliri personalizzati ogni detenuto potrĂ vivere la sua esperienza lisergica. Un'evasio-

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tabagista [taba.altervista.org]

ne dalla realtà per combattere la depressione, gli episodi di violenza e, soprattutto, limitare i suicidi. Questa pratica è ancora in via sperimentale. Nell'istituto penitenziario "Dei delitti e delle pene" stanno perquisendo il nuovo arrivato. Una guardia indossa un guanto di lattice e gli ispeziona la cavità anale. All'interno trova la sua dignità. "Questa deve lasciarla qui, non può portarla dentro". "Poco male, mi rimane la fantasia" dice. Il nuovo arrivato vede il bando del "Progetto Evasione" sulla bacheca della segreteria, entusiasta si propone come volontario. L'iter metafisico. Il detenuto ora è uno scarafaggio. Ricorda di essere in attesa di un processo ma non sa di cosa è accusato. E la cosa ironica è che non ha mai letto Kafka. Capisce di aver superato il provino. E' lui la cavia. Ma perché nessuno gliel'ha detto? Certo, non si aspettava che venisse l'Arcangelo Gabriele ad avvisarlo, ma per la Madonna, almeno un biglietto! Il detenuto è in tribunale. Vede un giudice di una serie tv americana che con il suo martelletto crocefigge Gesù. "Condannato!" Tra tutti spicca Pilato, P.M. o Magistrato, non ricordo, nell'antica Roma non c'era la separazione delle carriere. Pilato si lava le mani nella fonte battesimale fino ad averle pulite. Il pubblico pagante osserva, si indigna, aderisce a gruppi su facebook per salvare il nazareno. Il loro peccato originale è caduto in prescrizione. Un professore indignato con La Repubblica sotto braccio, si alza e attacca alla fronte del nazareno un post-it con su scritto: "I.N.R.I." Aggravante: il detenuto nazareno partecipò alla rivolta del carcere. Testimoni lo videro sbattere il suo santo Graal sulle sbarre svariate volte. Gesù chiede di parlare, ma

si rifiuta di giurare sulla Bibbia. Per farsi due risate e umiliarlo un po' i giudici lo costringono a giurare sul "Codice da Vinci". Al nazareno viene concesso all'istante l'ultimo aperitivo prima della condanna. Il condannato beve e s'abbuffa senza ritegno. Leonardo da Vinci, il disegnatore del tribunale, dipinge l'ultimo aperitivo. Ogni dattilografo del tribunale scrive la sua versione dei fatti, ma è la realtà ad essere apocrifa. Il detenuto sente i rumori dei cancelli che si aprono. Ma non sono quelli del carcere, sono quelli di San Pietro. Un attore di uno spot gli offre un caffè. Il detenuto lo assaggia, finge di apprezzare ma pensa: "Solo in carcere lo sanno fare". E' un intermezzo stu-

Ogni dattilografo del tribunale scrive la sua versione dei fatti, ma è la realtà ad essere apocrifa. pido. La ditta appaltatrice dei deliri piazza pure degli spot tra una visione e l'altra. La ditta che ha vinto il subappalto per le sceneggiature delle evasioni sta lavorando anche a storie personalizzate per detenuti musulmani. Il profeta Mohammed non può essere raffigurato. E' già stato contattato un team di mosaicisti specializzati in sfocati mosaici di pixel. Presto sarà accontentato anche quel target di detenuti. Gli atei o agnostici non sono tenuti in considerazione, stiamo parlando di carcerati, di gente disperata, non di gente atea e tranquilla come P. Odifreddi. Il talk show solitario. Nella cella sta per iniziare un dibattito sulla questione delle carceri. Il detenuto canticchia una

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stEndapp sigletta inventata sul momento, un grande poster di una modella mezza nuda sta alla sua destra. Modera lo stesso detetenuto che esordisce: "Buonasera, stasera grandi ospiti: la muffa sul soffitto, un mister Jingles provinciale che non sa fare nessun giochetto, il signor Ex Cirielli, un'infermiera molto carina e gentile che ho visto il mio primo giorno di galera, Bill Murray con i capelli bianchi che ride (è l'ultima cosa che ricordo prima dell'overdose), mio figlio che non vedo da quattro anni e un bravo avvocato che non posso permettermi". Parte una pubblicità di lacci di scarpe, lamette da barba e telefonini, tutte cose che il detenuto non può avere in cella. "Dalla regia ci informano che mio figlio non può essere con noi stasera, la madre non ha acconsentito". Inizia il dibattito. La muffa sul soffitto è eloquente, il signor Ex Cirielli non è reale, non è neanche un nome, l'infermiera non è mai esistita, il cachet di Bill Murray è troppo alto e questa sceneggiatura è troppo modesta per lui. "Il bravo avvocato che non posso permettermi" ovviamente non può essere presente al dibattito, al posto suo però c'è l'avvocato d'ufficio, ma è muto. Intanto il mister Jingles provinciale e senza talento è immobile, guarda il detenuto, sembra dirgli "cosa ti aspetti da me, dei numeri da circo? Confidi più in me che nel tuo avvocato". Detto questo, il topo senza talento rosicchia un pezzo di muro. Una cella si apre, il detenuto non riesce neanche ad aprire gli occhi, un signore con metà faccia di Fini e l'altra metà di Giovanardi gli dice: "Detenuto, la sperimentazione è finita, può uscire".

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carlo gubitosa [giornalismi.info/gubi]

parmigiano terremoto e internet Storia di un'altra economia possibile, dove le tecnologie incontrano i bisogni delle persone attraverso prodotti genuini. Una azienda di formaggi del modenese ha lanciato un appello via email per sostenere la loro attività acquistando del parmigiano danneggiato dal terremoto che ha giocato a domino con gli scaffali di stagionatura, rompendo delle forme che ora sono ottime per essere mangiate, ma non possono più stagionare. Nel farlo, hanno sottovalutato la potenza della rete e non si aspettavano di essere sommersi di richieste dopo un tam-tam spontaneo.

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opo il terremoto, per tre giorni ho provato a ordinare del parmigiano chiamando i numeri indicati nei messaggi circolati su internet. Alcuni erano inesistenti, gli altri erano spesso occupati, i messaggi lanciati in segreteria si perdevano nel nulla, a un certo punto la segreteria del cellulare si è intasata. E allora anziché lanciare un altro messaggio in bottiglia contattando l'azienda via email, il 25 maggio ci siamo messi in macchina seguendo le vaghe coordinate pubblicate sul web. Due navigatori GPS e le mappe google non sono stati sufficienti a raggiungere il posto, che abbiamo trovato solo grazie alle indicazioni fornite dalla proprietaria della bancarella che ci ha venduto pomodori e fragole di una bontà squisita. Arrivati sul posto ci ha accolto una nuova scossa di terremoto, condivisa con la signora che dava una mano al caseificio per gestire la tempesta di ordini, combattendo con due cellulari che continuavano a squillare senza sosta. Guardandola ho capito come mai non riuscivo a parlare con nessuno: il "servizio clienti" non era dimensionato per gestire l'impennata nella domanda dei prodotti.Tra uno squillo e l'altro mi ha detto che il sito internet era bloccato perché il ragazzo che li ha aiutati a farlo non si trovava e aveva lui le password per gestire la pubblicazione. Di fronte a questa commovente scena di sovraccarico pretecnologico mi sono reso disponibile per aiutarli, ho detto alla signora che mi mettevo a loro disposizione per aprire un altro spazio altrove sul web in attesa di recuperare la fatidica password, che non c'era bisogno di concentrare tutte le richieste su una sola persona, che si poteva creare in rete un servizio in grado di dare informazioni a migliaia di persone in simultanea, raccogliendo su un apposito modulo on-line gli ordini di parmigiano e i dati dei richiedenti per contattarli poi uno alla volta, e ho aggiunto che bastava una carta prepagata da 5 euro delle poste per ricevere pagamenti online. Non so se mi chiameranno, ma se lo faranno gli darò una mano più che volentieri.

Quando mi è stato spiegato che non potevano gestire le spedizioni, che avevano trentamila forme di parmigiano da 50 chili danneggiate dal terremoto, e che al momento potevano venderle solo a chi se le veniva a prendere sul posto, ho pensato a quanto potenziale inespresso c'è ancora nelle tecnologie dell'informazione. Mi sono chiesto quanto lavoro e quanta ricchezza avrebbe potuto recuperare questa azienda per compensare i suoi danni se avessero avuto un aiuto professionale per risolvere (anche grazie alle tecnologie) i loro problemi di gestione degli ordini on-line e delle relative spedizioni, o se avessero potuto utilizzare quelle infrastrutture di comunicazione che oggi permettono gratuitamente di intercettare senza sforzo cento richieste anche quando diventano centomila, e possono essere convogliate su una pagina web o una mailbox vocale che raccoglie i messaggi registrati in una casella di posta elettronica, in modo da non far rimbalzare le chiamate su un cellulare perennemente occupato e con la segreteria intasata. In quell'attimo ho capito che l'economia non è lo spread, la BCE, i tassi di interesse, i banchieri in cravatta, i tecnici in doppiopetto o il mercato dei titoli finanziari. L'economia è fatta dalle persone che aiutano altre persone a lavorare, vivere meglio e soddisfare i propri bisogni materiali e spirituali scambiando e mettendo in circolo diversi tipi di ricchezza: agricola, monetaria, cognitiva, tecnologica. Lo spaccio dell'azienda produttrice di parmigiano si trova in via Matteotti 80 a San Possidonio, in provincia di Modena. La strada per arrivarci da Bologna è bellissima, immersa nel verde e costellata da piccoli chioschetti, bancarelle e camioncini, dove i produttori locali vendono la loro frutta e verdura. Lasciate perdere il telefono e l'email, e andateci di persona. Tornando a casa avrete una bella sensazione, diversa da quella della solita spesa. Ah, dimenticavo: il parmigiano è il più buono che abbia mai mangiato.


foto di

Carlo Gubitosa


Ma non e' che poi fate una di quelle foto coi fumetti dove mi fate dire scemenze?

gia Mamma! La deontolo i. dei buontempon

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i sono ancora in ti che vogliono Italia trecento teste pensan ragionare sul m on nare le verita' a buon mercato do e abbandodi guru, partiti leader, capetti e sa , Per mantenere ntoni? droni, pubblic vi va questa rivist ità e preconce a senza patti ci bastano 20 sopravvivere e 0 nu co zardi e libertà ntinuare in questo progetto ed ovi abbonati per . A ito O si cresce o si ltrimenti non c'è problema, pa riale pieno di azssiamo a fare al muore. Se entr nuovi lettori intenzionati a o il 2012 troveremo almen tro. o 20 so continueremo st a sf idare il m enerci con un abbonamen 0 grandi coloss er to, ca to editori i. Se invece ci verrà fatto capi ale dominato dai di giornalismo re ch a fu inventeremo qu metti chiuderemo a testa al e non c'è bisogno ta al quel che ci pa cosa di nuovo e di diverso pe questa rivista e ci re, come ci pa re e dove ci pa r continuare a dire l'abbiamo fatta re. N ,m pubblici o priv ettendo in piedi senza un oi la nostra parte ce ati una rivista apprezzata da ntesimo di fondi un validissimo ch gr ha eguali nella uppo redazionale, un pian iunque la legga, o editoriale ch st e non lavorando grat ampa periodica. Più di ques to no is: o farci chiudere adesso sta a voi lettori decide n si poteva fare re se farci cres . cere

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stendapp

arnald

pulizie di primavera

demerzelev

altero malaguti

diversamenteoccupati.it

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Spazzare via gli immigrati, per non avere più razzisti. Spazzare via il parlamento, per non avere più politici. Spazzare via le elezioni, per non avere più astensionisti. Spazzare via i soldi per non avere più banche. Spazzare via gli imprenditori, per non avere più suicidi. Spazzare via i lavoratori, per non avere sindacati. Spazzare via i sindacati, per non avere lavoratori. Spazzare via il lavoro, per non avere più assenteisti. Spazzare via gli ospedali, per non avere più malati. Spazzare via le carceri, per non avere più criminali. Spazzare via i doveri, per non avere più diritti. Spazzare via l’ambiente, per non avere più inquinamento.

ura la vita del portaborse Altero Malaguti. E' sempre disponibile, accondiscendente, pettinato, educato, puntuale, sottopagato, discreto, ordinato, libero dopocena, sostituibile, insensibile, comprensivo, ambizioso e sottomesso. Lo fa perché da grande vuole fare il deputato. E c'ha un bel pelo sullo stomaco.

Un giorno, chiamato dalla moglie dell'On., doveva andare a prendere il figlio a scuola e riportarlo a casa. Nello stesso orario l'On. gli chiedeva di accompagnare a casa Mara, universitaria squillo. La questione non era se poteva farlo o meno. Al massimo poteva pensare a come disporre i passeggeri: lei davanti, il bambino dietro, o viceversa, o entrambi dietro. Tutte le posizioni da threesome possibili in auto. Ambizioso e sottomesso.

Spazzare via l’università, per non avere più laureati senza lavoro. Spazzare via l’istruzione per non avere più niente da imparare.

Spazzare via gli italiani, per ripulire il paese.

Altero quindi va, prende la squillo, la mette davanti, prende il bambino, lo mette dietro, molla la squillo, mette davanti il bambino, molla il bambino, fuma da solo, mangia un panino, beve acqua, beve una grappa, butta lo scontrino, fuma da solo, torna in auto, va verso l'ufficio, brucia uno stop, va in ospedale. Ci rimane quaranta giorni. L'On. si trova un altro che accompagni il figlio a casa. Mara invece si candida alle comunali. Gli porta un mazzo di santini in ospedale. Un piccolo favore. Distribuirli fra i malati. Lo fa perché lei è la portaborse scrotali dell'On. E lui è ambizioso e sottomesso. Così Altero fa campagna elettorale in corsia. Tiene comizi, partecipa a dibattiti, effettua sondaggi, gesti simbolici, foto storiche, social networks, garantisce guarigioni si ingrazia suore, infermieri, medici, e collaboratori sanitari. La gente lo ama e vota per Mara. Lei viene eletta, lui dimesso. Lei lo prende come segretario, lui è contento, ambizioso, sottomesso ed è per questo che se la fotte. MAMMA! | n. 9 | Primavera Italiana

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lorenzo iervolino [terranullius.it]

lo sgombero H

a sempre voglia di scherzare, Marzio. Ma quando cresce? Sta lì dietro la porta, dice Polizia, aprite. “Marzio vaffanculo” gli rispondo io, abbracciando il cuscino. E poi, non ha fatto le quattro e mezza pure lui, ieri? I numeri rossi della radiosveglia dicono che sono le sei e un quarto. Le sei e un quarto? “Marzio vaffanculoooo!” stavolta grido, che gli salta in testa di venirmi a svegliare alle sei e un quarto? Ma lui insiste con questa storia di Polizia, Polizia, aprite. Poi inizia a prendere a calci la porta. Una, due. Tre volte. E no, lo scherzo sta diventando una rottura di cazzo. Esco dalle coperte. In mutande. Il pavimento è gelato. Il palazzo, prima che lo occupassimo noi, era un convitto. Cioè dove i preti e le suore vanno a coltivare la loro fede, sperando di far carriera nell’azienda dell’Altissimo. Scaduta la concessione, i gesuiti che lo gestivano l’hanno abbandonato, lasciando che cadesse a pezzi. Cammino sui talloni. Apro il lucchetto. “Cazzo vuoi, stro...” Marzio mi guarda con gli occhi a mezz’asta. La bocca

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chiusa. Uno dei due poliziotti lo tiene per un braccio. Non ce la fa manco a stare in piedi. “Hai tre minuti per raccogliere le tue cose” mi dice l’altro. Quello che non regge Marzio, ma un manganello. “Tre minuti, stronzo”. Marzio praticamente dorme in braccio al poliziotto. Per un attimo vorrei che fosse uno scherzo dei suoi. Ma mi basta affacciarmi dalla finestra, tutta quella gente vestita di blu nel patio. Le voci robotiche dalle radioline. Le ragazze coi sacchi della mondezza pieni di vestiti. E’ finita. Ci sgomberano. Loro sono un esercito. Noi tre ragazze, due cani io e Marzio. Mi siedo sul letto. Ripenso alle parole della guardia. M’infilo sotto le coperte. Tre minuti, c’ho. Almeno me li godo. (A G. e M. che questa faccenda l’hanno vissuta).

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thierry vissol (*)

Joseph Wresinski

e il rifiuto

della miseria La poverta' in Europa e la lotta per la dignita' degli ultimi

"P

"Le combat des tirelires et des coffres-forts" (Battaglia tra salvadanai e casseforti), di Peter Brueghel il vecchio inciso da Pieter Van der Heyden, 1563 rincipi potenti che tesori affinate / E non finite di forgiare discordia (...) Non sentite la voce della povera gente? (...) Che scontenti gridano a Dio vendetta?"

beneficio, si leva ancora più alto con la crisi economica che colpisce l'Europa dal 2008. Il voto a favore di partiti estremisti e xenofobi, spinto dalla disperazione, è un campanello d'allarme che dovrebbe fare riflettere i politici.

Se lo chiedeva alla fine del '400 il poeta francese Jean Molinet nel poema "Le risorse del piccolo popolo", e da allora niente sembra essere cambiato. Il sogno degli umanisti del Cinquecento o del Settecento di porre fine alla povertà grazie alla democrazia e al progresso scientifico non si è mai realizzato, e lo sviluppo del mondo mercantile ha dato priorità all'efficienza ad ogni costo, anche se a farne le spese è la dimensione sociale. Un mondo dove l'uomo, "fattore di produzione", è la variabile di aggiustamento di un sistema in crisi ciclica, per non dire ciclicamente permanente.

Nel nostro mondo globalizzato sarà possibile eliminare la povertà? Forse la risposta non è solo economica. Nel libro "Economia dell'età della pietra" (1980), Marshall Sahlins affermava che la povertà "è prima di tutto un rapporto tra gli uomini". Un rapporto tra gli uomini basato sulla loro dignità oggi manca, e purtroppo è sempre mancato.

Un po' di cifre: durante la rivoluzione francese il "Comitato di mendicità" stimava che il numero dei poveri fosse pari al 20% della popolazione. Dal 1975 al 1980, quando fu lanciato il primo piano contro la povertà della Comunità Economica Europea, i nove Stati membri contavano 38 milioni di poveri. Nel 1985, l'Europa "dei 12" ne contava già 44 milioni, pari al 14% della popolazione. Nel 2010, Anno europeo contro la povertà, i poveri nei 27 Stati Membri dell'UE erano ormai 84 milioni (16% della popolazione). Un dato drammatico, aggravato dalle misure di austerità per risanare i conti pubblici. Il grido di dolore dei disoccupati e degli innocenti, rivolto verso i potenti che creano ricchezza a proprio esclusivo MAMMA! | n. 9 | Primavera Italiana

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Questa battaglia per la dignità dei più poveri ha segnato la vita di padre Joseph Wresinski (1917-1988), figlio di immigrati rifugiati in Francia (padre polacco e madre spagnola). Dopo un'infanzia caratterizzata dalla miseria, fu ordinato sacerdote nel 1946 dedicandosi ai poveri e condividendo la loro vita nelle bidonville. Il suo obiettivo oltre alla soluzione dei problemi materiali fu quello di riabilitare i più poveri, restituendo loro la dignità di uomini, la possibilità di formarsi, di ritrovare la libertà d'associazione e di opinione, il diritto di costruire la propria vita e di contribuire a disegnare la società. È con loro che, nel 1957, fonda l'associazione ATD Quarto mondo, diventata poi l'attuale Movimento internazionale ATD Quarto mondo (Agire Tutti per la Dignità), presente anche in Italia da decenni (www.atd-quartomondo.it). Il pensiero e l'azione di Joseph Wresinski sono stati


mammauè sempre guidati dall'imperativo della responsabilità universale nel rapporto tra gli uomini: "escludere i più poveri costituisce uno spreco spirituale e umano intollerabile. Chi può sapere meglio di questo popolo, per il fatto di averlo vissuto, ciò che opprime gli uomini, ciò che li distrugge? Se ascoltassimo le famiglie dei quartieri sottoproletari, esse sarebbero i rivelatori di tutto ciò che, nella nostra società, sottopone l'uomo a vessazioni e lo schiaccia. La loro esperienza potrebbe insegnarci che cosa sono realmente la giustizia e la libertà. Potrebbero insegnarci le esigenze imposte da una vera democrazia in cui ogni cittadino è ascoltato perché è un uomo". Innumerevoli sono le azioni realizzate in Francia, Italia e altri paesi, ad esempio le Università popolari "Quarto mondo" e le Biblioteche di strada create per promuovere la dignità e l'emancipazione degli "ultimi" attraverso la cultura, basandosi su un rapporto paritario con i volontari e con le istituzioni. Azioni anche svolte a sensibilizzare mondo politico e funzionari nazionali e internazionali. Joseph Wresinski e la sua rete di volontari contribuirono al varo dei programmi europei contro la povertà e alla creazione – a partire del 1975 – dei fondi destinati a ridurre le differenze di ricchezza tra gli Stati membri e tra le regioni europee, fino al lancio della strategia di Lisbona (la cosiddetta Strategia 2020), mirata, tra l'altro, a ridurre di 20 milioni il numero di poveri in Europa. Tuttavia, l'azione delle istituzioni europee è limitata, sia a causa del loro bilancio ridotto (circa l'1,3 % del PIL europeo), ma soprattutto perché, in base ai Trattati europei, le azioni in campo sociale rimangono competenza degli Stati membri. Ma la volontà degli Stati riflette quella dei popoli, e quindi siamo tutti responsabili. Se il messaggio lanciato da Joseph Wresinski fosse alla base delle politiche economiche e sociali, potremmo davvero costruire un'Europa unita, perché "l'Europa non nascerà che dal rifiuto della miseria".

(*) Economista, storico della povertà, già professore di Filosofia Sociale, Consigliere Speciale Media & Comunicazione presso la Rappresentanza in Italia della Commissione europea. Il pensiero espresso dall'autore non coincide necessariamente con quello della Commissione Europea.

Padre Joseph Wresinski, 1957. Foto dall'archivio del centro Joseph Wresinski.

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no alla guerra, The Holy Bile no al nucleare

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La mia terra la difendo

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LA MIA TERRA

LA DIFENDO

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n libro per scoprire che non esiste un “nucleare civile” senza applicazioni militari derivate, non esiste “energia atomica pulita” senza rischi inaccettabili, non esistono “armi sicure” all’uranio impoverito senza vittime di guerra. Il figlio di una sopravvissuta alle radiazioni di Nagasaki ha trasformato in una appassionata denuncia a fumetti la cronaca degli incidenti alle centrali nucleari giapponesi e statunitensi, che sono stati nascosti da un velo di silenzio. Nana Kobato, studentessa delle medie, si affaccia sul “lato oscuro del nucleare”, e scopre i pericoli delle centrali atomiche, gli effetti dei proiettili all’uranio impoverito, le devastazioni ambientali che uccidono adulti e bambini. In un racconto a fumetti chiaro e documentato, Rokuro Haku descrive gli effetti delle guerre moderne sull’uomo e sull’ambiente, e mette a nudo i poteri occulti che sostengono l’energia nucleare.

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l libro degli autori di ScaricaBile, il “pdf satirico di cattivo gusto” che ha ridefinito su internet la soglia dell’indecenza con 32 numeri di puro genio e follia, centinaia di pagine maleducate, migliaia di lettori incoscienti. Da oggi lo spirito del magazine più scorretto d’Italia rivive nel libro “The Holy Bile”, una raccolta differenziata di scritti e fumetti inediti su qualunquismo, castità, religione e sondini terapeutici. Un concentrato purissimo di anticlericalismo, blasfemia, coprofagia, incesto, morte, pedofilia, prostituzione, sessismo, sodomia, violenza e volgarità gratuite. In breve, uno specchio perfetto dell’Italia moderna, per chi non ha paura di guardare in faccia la realtà con le lenti deformanti della satira. Testi e disegni di Daniele Fabbri, Pietro Errante, Jonathan Grass, Tabagista, MelissaP2,Vladimir Stepanovic Bakunin, Eddie Settembrini, Blicero, G., Ste, Perrotta, Marco Tonus, Mario Gaudio, Flaviano Armentaro, Maurizio Boscarol, Mario Natangelo, Alessio Spataro, Andy Ventura.

erti fumetti non possono farli i radical chic col culo parato o gli intellettuali da salotto. Ci voleva un lavoratore emigrato come Marco “MP” Pinna, che si è bruciato due settimane di ferie per partorire la saga di Nicola, l’antieroe in tuta blu del terzo millennio. Un mondo precario dove Nicola lotta per salvare la sua fabbrica dalla chiusura, e scopre i trucchi più loschi con cui i padroni fregano le classi medio–basse. Più spericolato di Batman, più sfigato di Fantozzi, più ribelle di Spartacus e più solo di Ulisse: Nicola è il simbolo della nostra voglia di resistere alle ingiustizie. Contro di lui un padrone senza scrupoli e una famiglia senza vergogna, incarognita dalle mode più devastanti del momento. Uno spietato “reality show” a fumetti, un micromanuale di economia finanziaria, un prontuario di autodifesa sindacale ma soprattutto lo sfogo di satira rabbiosa di un “artista–operaio”. Ottanta pagine di sopravvivenza proletaria: astenersi perditempo.

a storia di Giuseppe Gatì, 22 anni, pastore per vocazione, produttore di formaggi per mestiere, attivista antimafia per passione. Il suo volto è salito agli onori delle cronache nel dicembre 2008 per la contestazione al “pregiudicato Vittorio Sgarbi”, che ha scosso la città di Agrigento al grido di “Viva Caselli! Viva il pool antimafia!” Con l’aiuto degli amici e dei familiari di Giuseppe, Gubi e Kanjano hanno scoperto gli scritti, le esperienze e il grande amore per la terra di Sicilia di questo ragazzo, che ha lasciato una eredità culturale preziosa prima di morire a 22 anni per un banale incidente sul lavoro. Un racconto a fumetti che non cede alle tentazioni del sentimentalismo e della commemorazione, per restituire al lettore tutta la bellezza di una intensa storia di vita.

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