I Siciliani, n.10-11_1983

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ordine pubblico incontrerà dei limiti ben precisi che sono q uelli fissati dal codice penale ed in particolare dall'art. 53 che recita: " ... non è punibile il Pubblico Ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all' Au torità ... " . La norma respinge respinge la liceità dell'uso delle armi e di goni altro mezzo di coazione fisica quando all'ipotesi in cui l'agente sia stato costre((o dalla "necessità" .. . "di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'Autorità" . Deve poi ri velarsi che laddove si parla di "resistenza all'Autorità" deve farsi riferimento ad un comportamento concretamente minaccioso nei confronti della Autorità poiché la Giurisprundenza della Cassazione in tema di resistenza a Pubblico Ufficiale (art. 337 c.P.) ha praticamente stabilito che non costituisce reato la mera resistenza passiva. Pertanto l'autorità di Polizia può adoperare lecitamente dei mezzi di coazione fisica soltan to quando si trovi nella necessità di respingere una violenza o di vi ncere una resistenza (minacciosa) all'Autorità. Quando vengono superati colposamente i limiti stabiliti dalla legge gli agenti risponderanno a titolo di colpa dei fatti commessi, laddove questi siano preveduti dalla legge come delitti colposi. Nell 'ipotesi in cui venga superato anche il limite dell'eccesso colposo gli agenti risoonderanno comunemente per tutti qeui fatti che integrano delle ipotesi di reato. Vie n da chiedersi a questo punto da dove si avenuta fuori per le forze dell'ordine la "necessità" di vincere la resistenza (pe raltro pacifica) frapposta d ai pacifisti all'ordine di sgombero della Polizia. Evidentemente si farà ricorso alla norma di cui all'art. 219 C.P.P. che stabilisce che la Polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, deve impedire che i reati vengano portati a conseguenze ulteriori. Ammesso che i pacifisti seduti innanzi ai cancelli del Magliocco stessero commettendo il reato di blocco stradale, la Polizia giudiziaria avrebbe dovuto impedire che il reato venisse portato ad ulteriori conseguenze, dciogliendo gli assem brame nti che impedivano il transito dei veicoli.

Senonchè il contenuto concreto della norma in parola è diffide da individuare ed è fonte di continue oscillazioni della prassi giudiziaria tant'è che la stessa norma è stata invocata sia per sequestrare i beni dei parenti dei sequestrati, al fine di impedire alle famiglie di pagare il riscatto, sia per allentare temporaneamente le indagini, la fine di consentire alle famiglie di pagare il riscatto. La logica vuole che per impedire un reato minore non se ne debba commettere uno maggiore, Non si può pretendere un reato ..... ad ogni costo . In ogni caso nell'impedire il reato l'aiione coattiva delle forze di Polizia non può superare i limiti di cui all'art. 53 c.P. Pertanto di fronte all'atteggiamento di pura resistenza passiva, non violento e non minaccioso dei pacifisti la Polizia non poteva usare legittimamente alcun mezzo di coazione fisica. Se proprio voleva sgomberare l'asse stradale per garantire la libertà di circolazione la Polizia non doveva far altro che sollevare da terra i pacifisti uno per uno e spostarli ai bordi della strada. La selvaggina caccia all 'uomo scatenata dalla Polizia 1'8 agosto (ed il 26 settembre), documentata dalle agghiaccianti fotografie e testimonianze pubblicate dall'I.M.A.C., non trova alcuna giustifificazione legale, costituisce una palese violazione della normativa che regola l'uso legittimo dei mezzi di coazione ed esige una adeguata sanzione. Se nei riguardi delle cariche strettamente finalizzate a sciogliere gli assembramenti e a liberare l'asse stradale si può parlare di eccesso colposo nell 'uso dei mezzi di coazione (e pertanto si dovrà rispondere a titolo di colpa delle lesioni provocate ai pacifisti), per tutte q uelle azioni successive e non finalizzate allo sgombero si va al di fuori anche dei limiti dell'eccesso colposo. Quando la polizia dopo le cariche si reca nel campo della "Verde Vigna" ed aggredisce i medici e bastona una altra volta i feriti che erano stati lì ricoverati (secondo le testimonianze raccolte dell'I.M.A.C.), quando vengono distrutte o danneggiate tuttel e auto in sosta ai bordi della strada, quando vengono attaccati i fotografi e distrutte le macchine fotografiche o le cineprese, quando una "squadra" di Poliziotti si reca di fronte al campo dell'I.M.A.C. per continuare ad aggredire i pacifisti che tornano al campo. allora è evidente si stato non vi può essere alcuno straccio di invocata legalità che possa coprire. È chiaro che questi "eccessi" non possono essersi verificati ... per caso. Evidentemente sono stati preordinati. Pertanto i responsabili dell'ordine pubblico devono rispondere a titolo di dolo, in una con gli agenti materiali, per tutti quei fatti che non hanno alcun rapporto causale con lo sgombero delle strade attorno al Magliocco. E sarebbe auspicabile che la magistratura locale, così sollecita nel perseguire i presunti reati commessi dai pacifisti, procedesse con altrettanta sollecitudine nei confronti dei reati commessi dalle forze dell'ordine, sia pure con la speciale procedura di cui alla legge Reale. Fatti vergognosi (per lo Stato) come quelli dell'8 agosto non si devono ripetere più e non si ripeteranno se la magistratura, facendo il suo dovere, farà risuonare il tintinnio argentino delle manette alle orecchie dei responsabili dell'ordine pubblico di Ragusa. \ Domenico Gallo, magistrato


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