I Siciliani, n.10-11_1983

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Le due capitali

Quale di queste due immagini è stata scattata a Catania e quale a Palermo? Do· manda un po' ruffia· na, poichè la risposta sembra ovvia, addirit· tura folkloristica. Ma non è certo ragionano do di sonnolenza o vi· talità dentro la sto· ria , che si può tenta· re di risolvere il pro· blema, grave e sem· pre più attuale , della capitale in Sicilia. La soluzione è quella di costruirne, anzi di in · ventarne una nuova , senza storia , e quindi senza vizi e invincibili corruzioni e violenze alle spalle.

fatto i brasiliani che, incerti e dilaniati tra la faraonica potenza di Rio e il tumultuoso dilagare di San Paolo, hanno inventato la capitale Brasilia e l'hanno costruita nel centro del loro sterminato Paese, dove una volta erano paludi, sabbie mobili, giungla, serpenti, zanzare, malatti e terribili, quasi a esemplificare l'idea dell'uomo che diventa padrone del territorio, anzi di un popolo che diventa finalmente nazione. Voglio dire una cosa da siciliano. Essendo io siciliano, con tutti gli innumeri, intatti fanatismi e violenze dei siciliani, sono portato fatalmente ad amare Palermo e Catania, l'amore furioso e ingenuo che si può nutrire per due affascinanti bagascie, cioè fatto di odio, sofferenza, insopportabile e interminabile desiderio, una f cosa carnale come una malattia; le amo entrambe splendide e putrefatte come sono, viziose, mentitrici e bellissime, Palermo la immagino alta, bianca, due immensi occhi azzurri, le labbra sottili, le vene pulsanti alle tempie, e questa donna senza eguali però divorata dai vermi; e Catania invece, chissà perchè, nera di occhi, capelli, pelurie, una meravigliosa bocca rossa e vorace, che ride sempre come ridevano le

puttane dei casini, la sera, leccandosi il pollice per contare i soldi delle marchette quotidiane . lo amo Palermo e Catania e tuttavia sogno che capitale della Sicilia possa essere una città, tutta nuova, costruita giusto nel cuore della Sicilia, su quell'immenso altopiano che si estende fra le montagne di Enna e le Madonie, dove una volta, per le acque del fiume Imera venivano le navi dei Cartaginesi ed ora c'è solo un greto di pietre e di polvere, e per tutto l'orizzonte, per montagne e montagne, non c'è un albero, e solo qualche massaria di contadini sperduti, qualche mandria che migra chi sa da dove e chi sa per dove. In questo cuore maledetto e arcano della Sicilia io sogno questa nuova capitale, che possa essere una piccola città, moderna, perfetta, esemplare, solo per il governo, per l'assemblea, gli assessorati, i palazzi dello Stato, gli uffici tecnici, finanziari e amministrati vi: una città semplice, tutta bianca, pulita, ordinata, ogni cosa al suo posto, ogni edificio con una perfetta destinazione, le abitazioni, i parcheggi, i giardini, le scuole, i negozi, un eliporto, un'autostazione,un teatro, tre cinema, dieci bar, due ristoranti, un al -

bergo , dieci campi da tennis, due piscine, una biblioteca, un piccolo ospedale, cioè una struttura civile perfetta e tuttavia bastevole soltanto per coloro i quali (governanti, deputati, funzionari, tecnici, impiegati) sono chiamati ad amministrare la Sicilia, e in più solo gli addetti ai servizi sociali, medici, autisti, bibliotecari, carabinieri, netturbini, meccanici, pompieri. Non uno di più! Gli altri cittadini arrivano, presentano le loro richieste, i documenti, i progetti, trovano politici, funzionari, tecnici e impiegati infallibilmente àl loro posto di lavoro, disbrigano i Idro affari e se ne vanno. Nessuno spiraglio per quella moltitudine di clienti personali, imbroglioni, ribaldi, mafiosi, mistificatori, speculatori, quella oscena corte dei miracoli che da decenni soffoca, corrompe , divora la capitale Palermo. Questo il sogno, che è anche una proposta politica e culturale attorno alla quale potrebbe finalmente cominciare a realizzarsi la unità storica dei siciliani: un luogo, anzi un'idea nuova, accostandosi alla quale ogni siciliano sia costretto a spogliarsi dei suoi vizi, come di un lercio soprabito da lasciare in anticamera. Giuseppe Fava


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