Lussino54

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pagina 40 - Quadrimestre 54 - Settembre 2017

A Lussinpiccolo nell’estate 1832 di Rita Cramer Giovannini Cercando nelle varie biblioteche pubblicazioni utili per un paio di tesi di laurea sulla storia di Lussino, che saranno a breve discusse a Pola e a Trieste, mi sono imbattuta in uno scritto dello storico Antonio Battistella (Udine 1852 – Firenze 1936) comparso nel 1930 sulla rivista friulana d’arte e cultura “La Panarie”. Il titolo dell’articolo in questione è: “Quando la vita volgeva più lenta… Viaggio d’un secolo fa nell’Istria e nelle isole del Quarnero”.

Antonio Battistella

Il Battistella nel suo scritto riporta le note di viaggio di un impiegato del Governo austriaco a Trieste, di cui non si conosce il nome, che in due occasioni ebbe modo di visitare l’Istria e le isole del Quarnero: più precisamente, nel giugno 1826 e dal 17 giugno al 15 dicembre 1832. Nel 1832, il viaggio d’ispezione del nostro impiegato coprì il seguente itinerario: Volosca, Fiume, Buccari, Porto Re, Veglia. Poi, passando da Smergo, Cherso, Ossero, Lussinpiccolo. Quindi nuovamente Cherso e da qui a Fianona, Pisino, Pola, Pirano e Capodistria. Vengono fatte delle interessanti, quanto inaspettate, descrizioni delle varie località visitate e di alcuni costumi dell’epoca. Qui sotto riporto integralmente quanto scritto dal Battistella, sulla base delle note dell’ignoto viaggiatore, per quanto concerne la visita effettuata a Lussinpiccolo. Non posso nascondere di essermi molto divertita alla lettura di queste righe. La narrazione inizia con la partenza dell’ispettore e di un amico da Ossero.

Racconta Antonio Battistella:

Il domani, ai primi albori, risaliti a cavallo, proseguirono la gita, passarono il meschino ponticello accennato e s’inoltrarono per una buona strada ora corrente tra piane vallicelle, ora saliente tra umili collinette, e dopo qualche ora giunsero al lungo porto di Lussin piccolo, la più recente e la più bella delle due cittadelle di quell’isola. Sorge essa sopra una ridente collina elevantesi a modo d’anfiteatro a poca distanza dalla spiaggia. Nel suo porto non c’era che un’unica nave guardacoste, poiché soltanto l’inverno esso è affollato di navigli dei mercanti che rimpatriano dai loro viaggi e che danno al paese una certa vivacità. Trovarono alloggio in casa d’un conoscente che risparmiò loro la grave difficoltà di cercarlo altrove. Riposatisi alquanto, volendo farsi un’idea della cittadella, uscirono, ma vi poterono, in causa d’un sole cocente, visitare soltanto il duomo, una chiesa che di notevole altro non ha che i suoi giovani e galanti sacerdoti e dove un’altra cosa che destò la loro meraviglia fu l’acconciatura femminile consistente in una specie d’alto turbante formato d’uno scialle bianco di cotone bene inamidato che chiamano bendizza. La chiesa non era frequentata che da donne essendo i mariti, i figli, i fratelli tutti in navigazione, e quando i nostri due viaggiatori v’entrarono gli sguardi di tutte in un subito furono loro addosso lampeggianti d’ardore e di desiderio e rilevanti il bollore del sangue di quelle derelitte spose condannate nel fior dell’età a lunghe astinenze. Si spiegava così l’informazione che ad essi avea dato il loro conoscente sulla poca difficoltà di buone avventure e sulla fortunata intraprendenza dei giovani ed azzimati leviti. La sera al passeggio si rinnovò il focoso saettamento di quelle nere pupille appena essi comparvero, ma fu tutto inutile: intrepidi, giudiziosi e invulnerati, abbandonarono le belle lussignane e si cacciarono in un caffè e poco dopo se n’andarono a letto, concedendo ad esse soltanto nei sogni qualche vittoria. La mattina seguente col loro ospite, girata a piedi la collina, dopo una mezz’ora di traversata in battello, visitarono Lussin grande più antica, ma più spopolata dell’altra; al tramonto però tornarono a


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