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Quadrimestre 45 - pagina 33

In cucina, attorno al fogoler… di Marì Rode Giorni fa, aprendo un cassetto della cucina, ho trovato una raccolta di ricette, arrivate non so come da Lussino. C’è un quaderno con le pagine male ridotte, ma scritte chiaramente a penna; ci sono foglietti volanti scritti a matita dove i segni, slavati dal tempo, non hanno più significato. Le ricette non sono dosate in “etti”, come in Italia, sono portate in “deca”, quindi risalgono ai tempi dell’Imperatore Francesco Giuseppe, quando Lussino faceva parte del dominio austro – ungarico. Altra curiosità, a proposito dei pesi, osservo: … per le omelettes bisogna sbattere bene 5 uova e 3 “oncie” di zucchero… Qua e là leggo con interesse; la signora Giuditta consiglia: la minestra per due persone e detta: nel brodo va una “pasta butada” fatta con 2 cucchiai di burro, 2 tuorli, i bianchi a neve, sale e farina, quanto basta e richiede una pasta né dura, né tenera. Poi informa: in qualunque preparato la chiara, sbattuta a neve, va messa all’ultimo momento. Quasi tutte le ricette hanno un titolo e il nome di chi le ha date. La signora Giacomina insegna che per la sfoglia dello “strucolo” (strudel) va tanta farina quanta ne assorbe l’uovo. Oggi giorno si va a prendere al supermercato la sfoglia per fare le torte salate. Nella cucina lussignana non c’erano “torte salate”, c’erano gli “strucoli”: salati con le verdure, dolci con puina, con frutta varia, e tanti con le mele. Non esistevano i supermercati; le donne lussignane andavano in Riva, alla cooperativa, o all’inizio della Strada Nuova, dal Bedon, a prendere la farina, le uova, il burro, e sulla spianatoia, fissata sopra la tavola della cucina, preparavano il “paneto” iniziale, che poi spianavano col matterello e lo assottigliavano come un velo; lo riempivano di cose buone, lo arrotolavano e, piegato a ferro di cavallo, lo mettevano in forno. Leggo: il “Kugluf ” – fino – richiede 8 gialli d’uovo e il “Kugluf ” – ordinario – solo 3 gialli. La signora Marietta de Prico dice che nel dolce economico va un uovo solo su 28 “deca” di farina, perciò ci vuole “polvere” per farlo crescere. La polvere consisteva in un composto di bicarbonato e cremor-tartaro, sempre pronto in farmacia. Per indorare qualunque cosa: prima avvoltolarla nel pan-grattà, poi nell’uovo, di nuovo nel pan-grattà, e poi friggerla. E ora, dalla signora Catina de San Martin, arrivano le ricette del “Brodetto”. Il “Brodetto” va iniziato col tramortire 3 cipolle alle quali si aggiunge la conserva, il “qucchiaino” di farina, l’acqua e, quando bolle, il pesce: 7 qualità, e ricordo che il cap. Gianni aggiungeva un sasso de mar. Nel “Brodetto” alla Pescatora il pesce misto e gli ingredienti, messi a strati, vanno cotti per ¾ d’ora. Poi si versa il tutto – de colpo – in una terrina nella quale si è messo prima del pane tostato. La signora Antonietta de Castello raccomanda che la carne a tocketi in tecia va messa a freddo con tutti gli ingredienti… alla fine si ingiallisce due cucchiai di farina nel burro per infissirne il sugo. Il quaderno porta tante ricette per frittole, ma questa è fantasiosa: 1 Kg di farina richiede ancke 10 “soldi” di uva e mezzo bicchiere con mistrà – cipro – rosolio. I consigli che si susseguono sono deliziosi e tanta tenerezza fanno le “q” dei qucchiaini che si devono aggiungere se la salsa è “desavia”. La signora Anna racconta come la torta e le galettine (biscotti) di guerra si facevano con la farina gialla (da polenta). La Norma conclude all’Anita: per la torta fa la pasta solita e sovra metti la crema che ti sa… In un foglietto volante ho trovato l’acqua per levare le macchie. 4 soldi de radice saponaria mezzo pugnetto di soda un poca de cenere due tocheti di sapone Si fa bollire per un’ora, si passa oltre una pezzetta e poi si mette in bottiglia. Dopo lavata la macchia col sudetto si resenta con acqua pura. Quanti suggerimenti sanno dare ancora le nostre donne lussignane!...


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