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Memorie di Guido Tedaldi nella K.u.K. Marine per l’Italia Dalla preziosa esperienza di Cattaro all’Alto Adriatico

Seconda parte

di viaggio che mi permetteva di lasciare Pola e m’informavano che dovevo scappare subito, perché ero ricercato. Verso le 11 del mattino uscivo dall’entrata principale dell’Ospedale militare per dirigermi alla stazione ferroviaria, mentre entrava un ufficiale di marina. Più tardi seppi che veniva a cercarmi , credendomi ancora ammalato e a letto; certamente per farmi arrestare. Era mia intenzione di rifugiarmi a Fiume dove sapevo di potermi nascondere perché sapevo che lì erano nascosti molti soldati italiani fuggiti dalla prigionia. Fortuna volle che in stazione trovassi un treno con ufficiali germanici di marina che rimpatriavano. Pregai il comandante di prendermi fino a San Pietro, fatto che mi venne concesso perché l’Offener Befehl mi apriva tutte le strade; e la sera ero a Fiume, senza aver lasciato traccia a Pola.

A Fiume Guido Tedaldi, capitano superiore di lungo corso, medaglia d’oro di lunga navigazione, argonauta per la salvezza di Fiume

Dopo i minamenti, i dragaggi e i sabotaggi delle mine austro-ungariche sui fondali di 200 m all’esterno dell’isola Mamola, nelle Bocche di Cattaro, Guido Tedaldi viene trasferito in Alto Adriatico.

In Alto Adriatico

Nella primavera del 1918 mi sbarcarono dal dragamine e mi mandarono nell’Alto Adriatico, al comando del piroscafo ausiliario Monfalcone. Il nostro lavoro era svolto principalmente a Trieste e nella zona minata del Golfo di Trieste, lungo la costa, verso Venezia. Qualche volta scortavo navi mercantili lungo la costa orientale dell’Adriatico e a tempo perso percorrevo la linea Trieste-Grado, con merci e passeggeri. Nella zona di Trieste il mio lavoro di informazioni era facilitato dall’ambiente favorevole e anche perché l’Austria, stanca della lunga guerra, cominciava a cedere. Molti ufficiali vedevano ormai vicina la catastrofe. Trovavo più facilmente la possibilità di inviare notizie a Venezia. Eravamo nell’ottobre 1918 quando mi ammalai di febbre spagnola e tanto gravemente da dover essere ricoverato all’ospedale militare di Pola. Ricordo il camerone dove eravamo una decina di ufficiali, dei quali solo due o tre uscirono vivi. Io superai abbastanza bene la crisi ed ero già in condizione di lasciare l’ospedale quando, il mattino del 27 ottobre, ricevetti segretamente da un mio amico un “Offener Befehl” cioè un permesso

Trovai molta confusione e disordine; non c’era più nessuno che comandasse e la città era piena di bandiere jugoslave, mentre non si vedeva alcuna bandiera italiana. La nascita del nuovo stato slavo era in atto. Ma il 30 ottobre si mossero anche i fiumani italiani. Nel pomeriggio venne formato il primo corteo di italiani a cui presero parte anche molti ufficiali della Marina Militare austriaca delle nostre province. Il corteo attraversò la città con enorme animazione e si sciolse davanti al municipio fra un delirio di gioia e di commozione del popolo. Il dott. Salvatore Bellasich, a nome del Consiglio Nazionale Italiano, lesse il proclama che consacrava Fiume all’Italia. Quel mattino mi trovavo con alcuni colleghi in Piazza Adamich, preoccupato per le future sorti della città e per i progressi che venivano fatti a vantaggio della nascente Jugoslavia. A Fiume si erano calati molti slavi dei dintorni che, con le loro coccarde blu, bianche e rosse davano alla città una preoccupante impressione. Non si vedeva nessun nostro tricolore. Mentre pensavo con tristezza alla brutta piega che prendeva la situazione, scorsi un gruppo di signore che maneggiavano di nascosto un nastro verde, bianco e rosso. Mi avvicinai e chiesi gentilmente un pezzettino del loro nastro. Le signore dapprima si turbarono, pensando forse a una mia reazione, dato che vestivo l’uniforme della Marina Militare austriaca e considerata la posizione politica incerta per gli Italiani di Fiume. Ma poi compresero le mie vere intenzioni e mi diedero un pezzettino del loro nastro. Lo misi subito all’occhiello, era il 30 ottobre 1918; era stata la signora Fede Nicolich a donarmi quel piccolo prezioso tricolore ed ero il primo italiano a Fiume a manifestare la sua italianità.


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