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Toni Piccini e la valigia di Gianni di Rita Cramer Giovannini

Le pareti dell’antico lavatoio di San Giacomo a Trieste ormai da tanti anni non risuonano più del chiacchiericcio delle “lavandere” e dello scrosciare dell’acqua nelle vasche di pietra. Le voci di donne anziane, colme di saggezza e di ricordi, e le risate di ragazze, ricche di un futuro che è sempre migliore, si sono ormai spente da decenni. Quell’ambiente, che tanto sarebbe piaciuto alla nostra Elsa Bragato, si è riacceso, per qualche giorno soltanto, di altre voci, altri ricordi, altre speranze. A ridar vita al vecchio lavatoio sono le immagini e i versi di Toni Piccini, haiga esposti su un muro lungo venti metri. Gli haiga di Toni, le sue belle immagini accompagnate dai tre versi di un haiku, sono ormai noti nel mondo, sia nell’ambiente della poesia che in quello delle arti visive. Dal 27 agosto al 5 settembre sono stati esposti a Trieste al “Vecchio Lavatoio” di San Giacomo, divenuto da qualche anno sede museale, a cura della sezione degli Amici delle Iniziative Scout – AMIS. L’ambientazione della mostra “Haiga nella Valigia” è quanto mai suggestiva: al di là delle vecchie vasche di pietra del 1904, una lunga parete sulla quale le opere di Toni sono esposte senza soluzione di continuità, ma tuttavia ben divise tra loro. Ai lati gli Haiga più antichi, quelli già esposti a Genova, in Ungheria, in Giappone, qui a Trieste; in posizione centrale due gruppi: gli Haiga lussignani, già ammirati a Lussino in una Villa Perla fresca di inaugurazione, e quelli inediti, coloratissimi, come una pioggia di coriandoli. La poesia delle immagini e dei versi di Toni è sempre la stessa, a differenza della tecnica che, con il tempo si è fatta più evoluta, più sofisticata. Un tempo le foto erano scatti di telefonini, di fotocamere compatte, mai rimaneg-

giati con Photoshop, neppure per eseguire un ritaglio. Ora dietro alle fotografie c’è reflex, grandangolo, fish-eye e, nei lavori più recenti, un sapiente uso del programma di elaborazione delle immagini, tutto per ottenere ciò che sente l’artista. “Nature” o sofisticati che siano, dietro a tutti gli haiga c’è il sentimento profondo di Toni: sentimento di un Lussignano non nato a Lussino, ma che ha assorbito dal padre tutto l’amore, la nostalgia, i ricordi e il patrimonio delle origini. La scelta dell’immagine sulla locandina della mostra parla da sé. Si tratta, e questo Toni non l’ha detto pubblicamente all’inaugurazione per evitare una grossa emozione al padre, della vecchia, consunta valigia con cui Gianni Piccini, diciannovenne, è partito da Lussino nel 1945, e dentro la quale si è portato via il suo mondo, i ricordi belli e brutti, l’identità. A Lussino ha vissuto gli anni duri di guerra, quel periodo in cui si avvicendarono Italiani, Cetnici, partigiani di


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