Lussino 62

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Quadrimestre 62 - Aprile 2020 - pagina 29

Lucizza Riri Gellussich Radoslovich A New York, durante una giornata invernale con pioggia mista a neve, nebbia e vento, mentre mi trovavo sola in casa, improvvisamente, mi ha preso una gran nostalgia pensando ai giorni passati nella nostra bellissima Lucizza. Ho deciso allora di aprire una scatola dove tengo certi ricordi a me cari: lettere, foto, ritagli di giornale; dall’Argentina spesso nella nostra corrispondenza Alfeo Martinoli mi spediva articoli da lui scritti per “L’Arena” di Pola. Guardando le foto, ho pensato di scrivere su Lucizza dove abbiamo trascorso giornate liete e serene della giovinezza, giorni che sono stati i più belli della nostra vita. Lucizza è una valletta distante 12 km da Lussinpiccolo. A quei tempi aveva solo 7 casette, ora ve ne sono 12.

Le nostre famiglie lussignane possedevano terreni dove i nostri nonni e bisnonni coltivavano olivi, viti e piante di fichi. A giugno, finita la scuola, si partiva in barca da San Martino, con tutta la mercanzia necessaria. Fino a settembre godevamo il mare, giocavamo a tombola, a carte, a pedini. Non avevamo luce elettrica, radio, TV, neppure gas e acqua potabile che dipendeva dalla pioggia per riempire le cisterne. Era una vita semplice, senza paura di nessuno, porte e finestre erano sempre aperte, estati da godere! Tutto finì e cambiò durante la guerra con i bombardamenti quando abbiamo dovuto sfollare da Lussinpiccolo a Lucizza. La nostra valletta si riempì di parenti e amici costretti a trovare rifugio, dormendo ovunque e aiutandoci reciprocamente. San Giacomo e Chiusi erano i due paesi più vicini ma dovevamo camminare per 3 km per assistere a qualche ora di lezione a scuola, due classi assieme. Gli studenti dell’Istituto Nautico andavano in bicicletta a Lussino, passando con grande paura sotto il Forte. Rientrando raccontavano le novità, soprattutto quali case erano state danneggiate dalla bombe del “Tonin Campanella” che sorvolava la valle ogni sera.

Don Nevio Martinoli cercava sempre di riunirci alla domenica e ci portava nei paesi vicini per assistere alla Santa Messa. Davanti alla casa di sua nonna Caterina Antunovich Martinoli si facevano delle recite; ricordo una commedia scritta da don Nevio: “Martin Mariana”. Martin era Don Nevio, Mariana era mio cugino Giovanni Giadrossich vestito con gli abiti della mamma. L’orchestra, come si vede nella foto di allora, estate 1944, era composta da: Claretta Gamulin alla fisarmonica, Severo Chersich alla tromba, Dinetto Gellussich alla fisarmonica, Mirtia e Alfeo Martinoli ai tamburi, io da zingara al cimbalo. Si suonavano le tipiche canzoni dell’epoca con il valzer della Vedova Allegra. Fungeva da palcoscenico lo spazio in cemento dove il signor Mario e il capitano Mirtio asciugavano le reti, mentre gli spettatori, mamme, nonne e zie, sedevano su un muretto o su scagnetti. Finita la rappresentazione mia cugina Anna Maria che era la più piccola andava a raccogliere dal pubblico i centesimi che non valevano niente perché non c’erano botteghe dove spenderli.

Ritornati a Lussinpiccolo dopo la “liberazione”, cominciò l’esodo. Per anni non ci siamo più visti ma siamo rimasti sempre in corrispondenza ricordando i bei giorni trascorsi a Lucizza. Il novembre scorso sono ritornata per alcuni giorni a Lussino con mia figlia. Il mattino dopo l’arrivo abbiamo assistito alla S. Messa nella chiesa di San Nicolò, poi ci siamo recate in cimitero a visitare i nonni e poi subito a Lucizza. Ricordavo ogni sasso dove camminavo e non finivo di parlare e di raccontare alla mia cara Annette le storie della famiglie che vi abitavano. La casetta del mio Fido è ancora lì e immaginava di vederlo cuccio dentro a dormire. Cercavo di comunicare a lei tutto l’amore che mi ha sostenuto in tanti anni per quel mare e per quei sassi dove ho vissuto. Amore che coltiverò e rimarrà sempre in me, anche se vivo lontana dalla mia Lucizza, dal mio mare, dai miei sassi.


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