Apologia del silenzio

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Apologia del silenzio di Loredana Semantica

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10 anni di scrittura

30 poesie

la necessità dentro della parola “silenzio”

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Indice

Ricordamelo che siamo qui Il silenzio matura come l’uva C’era un angelo muto Prima o poi sopravviene la coscienza Com’è che tutti tacciono? Poi arriva il gelo In ogni luogo il vento Vedi Giacomo come tu Cammino Minima Di poche foglie La cosa che scrive è più forte Rimase tra le bozze impubblicato Laghi Stato maestro A farsi soffio Aromi di latta Tu canti Letargo Tutto è luce bianca L’anima ha uno sbocco pietoso Trittico del sopruso Pantano Estate Senza cannone Di ogni morte di poeta ho conoscenza Non trovai nessuno In silenzio Spariremo tutti Grande

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Ricordamelo che siamo qui Ricordamelo che siamo qui che qui si dimentica che si muore ricordami di te di quel che scrivi una cosa inutile dopo l’altra quasi un morire interiore se puoi preferisci di tacere anzi se puoi taci anzi ossequia il silenzio ch’è dio salvatore venerati siano sempre dimenticanza e silenzio dai quali germina la morte.

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Il silenzio matura come l’uva Il silenzio matura come l’uva come sugli alberi le arance è d’inverno che si fa rosso d’estate invece azzurro e oro lento s’approssima apre le mani preziosissime spalanca gli orizzonti e ride forte ai profani nasconde il suo tesoro.

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C’era un angelo muto C’era un angelo muto con la bocca di pietra smangiata consunta aveva le labbra tormentate dal vento le braccia levate gli occhi al suo fianco era dentro una foto in bianco e nero di marmo. Bisogna farsi bavaglio davanti a un angelo muto nella gola annegare sprofondando tra i denti non avere parole e nemmeno ruscelli spegnere il sole nel buio coniugare in piÚ tempi in tutti i modi possibili il verbo tacere. Ammutolire fino al profondo fino ai polmoni al bacino alle dita dei piedi alle radici alla terra al silenzio.

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Prima o poi sopravviene la coscienza Prima o poi sopravviene la coscienza che scrivere è un atto di debolezza allora la nausea domina la scena anche i polmoni rarefatti e la poesia diventa un parto abominevole escrescenza prodotta contro natura allora ti abbandoni ad essa come a un vizio insano pregando che un giorno taccia il tarlo arreso all’evidenza di quanto piĂš santo sia il silenzio.

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Com’è che tutti tacciono? Com’è che tutti tacciono? Anche se apparentemente parlano molto Com’è che tutto sembra sciocco? Alcuni lo vedo bene aprono bocca dentro vi passa il vento emettono la voce vibrano le corde vocali eppure in ogni luogo il silenzio domina col nulla impera.

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Poi arriva il gelo Poi arriva il gelo che ha occhi spalancati e fissi quando cercare non ha rami quando i segni sono morti e non arrivano segnali quarantasette scomuniche di senso a dondolare di silenzio che reclama la sua ora e ne fa scempio.

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In ogni luogo il vento In ogni luogo il vento arrivava col silenzio al suo passaggio come luci si spegnevano le voci quasi le assorbisse dentro ad una ad una costruendo un enorme scatola di vuoto.

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Vedi Giacomo come tu Vedi Giacomo come tu restando nel poligono imperfetto sordo e (scusa tanto) ottuso non t’avvedi d’altro dire non afferri che la mano è tesa amica. Vedi che non cerchi non rispondi nulla senti niente doni d’attenzione. Corre il tempo imbalsamando legami di silenzio tra le sponde.

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Cammino Dunque abiterò tra voi ingrediente il tempo che si aggiunge a poco a poco e in silenzio ancora s’avvicina ancora un giorno e ancora un poco come passi riflessi verso il vuoto una stretta lenta un bianco cammino.

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Minima Essere minima voce destinata al silenzio condanna da raccogliere pena scelta e croce che nessuno dice maestosa da portare la solitudine della polvere nel vento solleva briciole a mezz’aria nel deserto scenario d’anime e di vita la terra smossa si raccoglie soffiando ai lati della strada come le foglie.

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Di poche foglie Quando il niente viene e prende a calci ti aiuterei sapessi come tendere al sopralzo ma questo mondo è strano vuole e disvuole fa baccano non c'è modo di avere il silenzio pensare al volo degli uccelli ai petali che staccandosi dal fiore volteggiano tra il cuore ed il cemento non c'è modo di restare uniti per le mani aperte congiunte palmo a palmo a sentire il battito del tempo mentre una foglia frusciando leggera si posa sul marmo e sprofonda.

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La cosa che scrive è più forte La cosa che scrive è più forte di luce si scrosta dai muri fremendo rinviene alle dita raccoglie di lingua la bocca rastrella parole si stacca di vermi si spreme sul foglio lo sporca di segni lo bagna di parto si spacca il nocciolo

silenzio che insozza le pietre la bava d’argento è lumaca resiste rimonta rigetta s’incolla potente al cervello la cosa che scrive è di gabbia placenta che al seme s’aggrappa estremo congiunto alla vita curvato gemmando di fine.

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Rimase tra le bozze impubblicato Rimase tra le bozze impubblicato il pensiero della notte vaghe righe enormemente aperte spazi briglie tagli sovrapposti dove irraggiungibile bianco il sonno si contorce al buio di tormenti indefiniti spine dubbi atroci cicatrici bocche urlanti nelle orecchie la fame spalancata di silenzio.

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Laghi Ogni cosa è bianca d’onda rapida e candida (calma alba pacata) le vocali le lettere il cerchio il segno la curva le braccia la faccia le virgole il senno ed il seno il costato lo sterno il bacino il corpo coperto dal bianco lenzuolo. Questo luogo è silenzio è cura e preghiera è chiostro bianco diventa l’inchiostro il velo la tenda e le scarpe il letto il ricovero il muro il bicchiere il risvolto l’arredo. Il soffitto non vedo ed è bianco anche il cielo nel bianco ogni cosa si perde e proseguo una strada alla cieca occhi chiusi imbiancati abbagliati di luce che riverbera in laghi di neve.

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Stato maestro ho visto il declinare. d’albero maestro. uno dopo l’altro disseccarsi. eppure farsi esempio è faro. scelta. guado. tutto convergendo. luce sull’abisso. ulcera nel petto. rosa maestosa che (s)fiorisce c’è matassa nel bandolo. dove si fa nudo il nocciolo. né guru né santone, non sciamano né umano. un semidio maestro. emerge dalle onde. zufolando debolezze. nel suono mortale del silenzio un’armonia di sillabe. d’organo a perpetuarne il senso. slancio svettante oltre i capezzoli. il suo contare fragile il risveglio. la leggerezza piumata dei pulcini. come un arco che si tende. curva in punta e freccia. vibra quando scocca e sfonda. il lato oscuro del bersaglio. la faccia nascosta dell’arciere.

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A farsi soffio Alla saggezza penso al silenzio consapevole al fiume lento. Se c'è un corso un'onda se trascina con forza i rami una corrente se i remi sono in barca o remano nell'acqua come un motore il sangue che al centro batte senza riposo o combustibile senza una goccia che sia una e ultima di carburante. Al traguardo penso di un'esistenza dove riporre le ali dove l'armi un luogo dove accendere almeno a farsi soffio la speranza.

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Aromi di latta

Pensare è cosa altra dall’alba di latta che affiora alle labbra e alle corde una calca. Squame aderenti e piombo a filo di carta vetrata curva di trasparenza a due millimetri dalla credenza come spigolo mobile quadro vivo a parete l’elegante poltrona le foglie d’alloro il timo al limone gli aromi penetranti dei tuoi ammiccamenti. Non c’è scampo allo sguardo incollato alla via di fuga tra le piastrelle sopra il lavello la riga scura di ceramica dura. Macchie nere sui pavimenti per le scale grigiore filamenti e mascelle alti piani silenzi masticamenti.

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Tu canti Tu canti il Padre perché ti affligge il pensiero della morte e chiamandolo più volte con tanti nomi e forte lo rendi forse più vero e più vicino Tu gli domandi quale sia la sorte e dove la sera ti conduce a cogliere narcisi tra le spighe di un tempo che ormai corto di spago si dilata a dismisura e nella tessitura filo teso si recide Io fermento un verbo impuro tra i denti e le gengive e il succo che ne sprizza come vino si riversa dentro botti di castagno aromatica mistura che trabocca dalla fenditura Io coltivo pietre di caverne alghe in laghi di corallo la bocca grida chiusa nel bicchiere di cristallo vibra vuota d’armonica la sabbia sulle labbra del silenzio l’ombra bianca.

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Letargo Stai cambiando naturalmente come il tempo senza chiedermi tempo o il permesso di andare come ore di pioggia di stagioni banali virate dal gelo al sudare letargo freddo i pori ostruiti dal grasso il gancio di ferro a uncinare un cammino d’abiti smessi il silenzio la torre del lago maschere dagli occhi chiusi deglutiscono vapore e chiodi i capelli legati ad anello intorno alle nocche fanno un’onda sul volto pensare davanti a un bicchiere di birra parlare del nulla bere il vento lasciato alle spalle lentamente divora.

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Tutto è luce bianca Tutto è luce bianca dalle sclere i bulbi gli occhi lucenti le pupille fiotti dalle palpebre le ciglia. Tutto è benedetto nel silenzio esatto dei miei sguardi è come pianto come foglie come aghi nella carne come un brivido di schianto il tetano che avanza.

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L’anima ha uno sbocco pietoso L'anima ha uno sbocco pietoso di occhio alto nel cielo che tutto vede e che piove l'anima ha un silenzio notturno tra gli esseri che formano schiere libri collezioni di premi ma l'anima è un'anima anomala come un onda che sbaglia che penosa si gonfia di un mare di cose non dette possibili grandi che quasi sembra che s'alzi e invece niente.

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Trittico del sopruso Noi nasciamo dal sopruso quello versato sugli occhi ogni volta dalla nascita al giorno di natale quando aspettiamo ogni volta che spuntino le primule le ali sulla schiena la catarsi allunghiamo le braccia verso il sole e germogliamo penne dal futuro. Dal sopruso nasciamo e dalle pietre maturate al sole di gennaio come guerrieri sconfitti teste tagliate trentasei denti d’Idra nella terra seminati bianchi e lucenti fioriti dal suo sangue. Lucente fiorisce e nelle ossa trema il freddo in trasparenza il gelo il cuore che sfiancato tiene battendo duro nel tallone per i veli in superficie per le coperte per la neve che dorme per la radice per le zolle rivoltate fino all’imo per il silenzio delle piume 28


che divora la carne che impressiona.

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Pantano Se non avessi più niente da dire e il silenzio dicessi dei rivoli che si confondono dentro alla fine della cascata dei gelsomini stanchi di quel cespuglio enorme ora secco alle due colonne sulla strada per il mare appena fuori dal centro abitato direi che non importa più niente il contributo la ricchezza del pianto il passo d’allodola ed il volo la piaga leccata da lingue taglienti niente ha valore agli occhi del mondo e rilascio il sogno dell’utopia il gelo delicatissimo al suo fianco il pensiero allo sguardo fermo offrendo il profilo all’immobilità.

Il pantano di notte tace stretto tra labbra strette secche d’eterna vanità.

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Estate Il silenzio trascorre in lamine d’oro che sulle labbra posano il cielo è la tristezza il pozzo lento del pensiero sgocciolare dorato furtivo come frutto d’uva o d’ulivo pestato con forza nei tini un colore simile al mosto pressato da pietra angolare nel casale di tegole e cotto. Un vecchio attraversa la strada muove assorto le braccia e la bocca parla agli angeli di sguardi perduti con le ali che gli stanno vicino. Nella piazza del tempo le occhiaie sono cerchi di vetro azzurrino voci bianche argentine a coprire l’ascolto copricapo d’intenti in frammenti angusti orizzonti a spezzare un sogno repentino di gloria la piena chiarezza del sole nei ronzii soprassalti frinire d’erba secca e cicale arrossire.

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Senza cannone Cade l’architettura arcana eppure il male non è quello quando bocca di mare verticale spiazza e irrompe la breccia l’eco il silenzio la treccia che poi di roccia in roccia s’incrina la linea di fessura un martello che vibra la frattura Il pensiero ora trema tra le dita s'ingolfa di sabbia la parola riempie le sporte calamita i timpani la scocca ed il telaio ogni giorno un cannone un calendario.

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Di ogni morte di poeta ho conoscenza Di ogni morte di poeta ho conoscenza di ogni morte per sua mano e mente d’essere che siede fuori dalla porta bandito dal consesso umano non per azione necessariamente ma omissione maturata nel silenzio degradazione estraniamento esilio per scelta ostinata e volontà di tutte ho il colpevole reo confesso deriso ferito massacrato condannato alla gogna eterna la sua ineffabile fragilità .

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Non trovai nessuno Non trovai nessuno che per me parlasse nessun amore o piaga nessuno a pronunciare il contorno esatto della bocca nessuno che dicesse quanto il dire nel silenzio indaga e renda il preciso nome delle cose il pianto che esso sconta nessuno trovai a difendermi dal buio gli scudi sopra i ferri e sopra ancora gli elmi levati contro il sole. Cocci di frattura lago di ferita anima dispersa nessuno a rivelare la salvezza il percorso da guadare o risalita nessuno a guardare oltre il cielo sollevato il velo le pupille la bellezza.

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In silenzio Scrivono in molti oggi qualcosa un libro un saggio un romanzo d’appendice per passione intensa e questo e quello legando in bocca piena le parole. Eppure il dire ha il suo vero nome consegna ed onere di dare pane agli occhi e squarcio al velo esegesi di cosa ora nel mondo come lo vorremmo dove andare. Osserviamo ogni tre giorni un minuto di silenzio in segno di cordoglio grande per nostalgia indicibile di un grande foglio bianco.

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Spariremo tutti Spariremo tutti chi più chi meno sotto una coltre di silenzio nel buio dei cortili agli angoli del tempo come un’unghia spezzata ci piegheremo al suolo l’epidermide incrinata per tre giorni s’alzeranno onde forse persino un grido d’aquila o gabbiano poi l’acqua tornerà alla forma madre senza voli rapaci nuovamente calma e tranquilla.

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Grande Lo si diceva con la voce a filo che non c’era da parlare che il silenzio è cosa lunga (lungamente da aspettare) e non c’è strada che congiunga il pero al morso l’elefante all’unghia la distrazione al crimine al bavaglio che la giungla di liane non è appiglio mentre il limo ci gorgoglia alle caviglie e sale piano a ricoprire il sole e luce alba ed ogni (altra) cosa alta vita che si vorrebbe grande che ad ogni passo affonda immacolata sponda che più non s’innamora che di bellezza è triste quando all’imbrunire batte il capo sulla gabbia e di liquore impallidisce.

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Siracusa, 18 febbraio 2013

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