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la Repubblica MARTEDÌ 20 LUGLIO 2010

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ECONOMIA

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PER SAPERNE DI PIÙ www.fiat.com www.chrysler.com

Fiat ricomincia da Detroit, via allo scorporo Domani Marchionne terrà il cda in America, dove Chrysler vende il 35% in più SALVATORE TROPEA DETROIT — Al quartier generale della Chrysler, sulle rive del Lago Michigan, arriva a bordo di una Grand Cherokee ultima versione. Fra sei mesi conta di poterlo fare a bordo di una Fiat 500 e per lui, Sergio Marchionne, sarà la prima vera vittoria della “campagna americana”. Da qui Pomigliano d’Arco e gli scioperi di Melfi e di Mirafiori sono lontani come la luna, perché qui il numero uno del Lingotto ha vinto mentre in casa rischia di perdere o comunque fatica a vincere. A meno che, come insinua qualche analista maliziosamente, non consideri questa la casa principale, il ponte di comando dal quale governare la nave Fiat-Chrysler. Una tentazione, che in questi giorni caldi dell’estate italiana 2010, deve averlo sfiorato più volte. L’idea di tenere a Detroit il cda di metà anno del Lingotto Marchionne l’aveva già quando in aprile ha presentato a Torino il piano strategico 2010-2014. Oggi è ancor più convinto di quella decisione, perché visto dalla sponda americana il cammino verso la “nuova Fiat” appare meno in salita di quanto non

Fitch conferma al Lingotto il rating BB+ e l’outlook negativo per il futuro assetto sembri guardato da Mirafiori e dintorni. “Una volta che il progetto sarà stato approvato formalmente dal board saremo in grado di completare l’operazione in sei mesi” aveva comunicato l’ad del Lingotto riferendosi allo spin-off e alla nascita di Fiat Industrial. Il board è appunto quello di domani e si capisce che esso sarà importante non tanto per i risultati del secondo trimestre di Fiat, non proprio entusiasmanti dopo la flessione delle vendite seguita alla fine della stagione europea degli ecoincentivi, quanto per la definizione del nuovo assetto societario del Lingotto. Marchionne ha preferito cominciare dall’America dove i risultati sono decisamente più incoraggianti. Il 33 e il 35% di aumento delle vendite di Chrysler in Usa, rispettivamente in maggio e in giugno, con andamenti più o meno dello stesso tenore in Canada, hanno fatto cambiare idea persino al Wall Street Journal che nei giorni scorsi ha parlato di “Resurrezione della Chrysler”. E hanno portato complessivamente al 12% il margine di crescita

La televisione

dei primi sei mesi dell’anno. I 143 milioni di dollari di utile operativo registrati nel primo trimestre del 2010 sono stati il segnale della svolta che Marchionne inseguiva da quando ha messo mano all’operazione americana. La più piccola delle big three americane, che un anno fa era affaccioata sull’abisso del fallimento, ha ripreso a fare cassa.

Questo vuol dire che Marchionne può restituire al Tesoro americano i soldi avuti in prestito, accelerare il ritorno della società in Borsa previsto per il 2011, avere una base più solida per procedere verso lo spin-off. Il controllo della Chrysler ha le tappe ben scandite. Il primo motore certificato per l’uso in America porterà al 25% l’attuale quota del 20;

l’avvio della produzione in Usa di auto su piattaforma Fiat vale altri 5 punti; l’esportazione di veicoli prodotti in America con tecnolgia Fiat ne ancora 5. Con questi tre step il Lingotto raggiungerà quota 35%. Oltre questa soglia e fino al 49 sarà possibile arrivare soltanto dopo che il debito verso il Tesoro americano e il governo canadese risulterà più

che dimezzato e dunque inferiore ai 3 miliardi di dollari rispetto alla cifra iniziale di 7,4 miliardi. Per sforare quota 49 per cento Fiat dovrà prima saldare il debito e questo è previsto per il 2014. La flessione del mercato dei suv e dei pik-up (-9% in tre anni) dimostra che gli americani hanno cominciato a convertirsi alle auto di piccola e

IL MANAGER Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo Fiat

media cilindrata. E’ un buon segnale questo per Marchionne che entro il prossimo autunno conta di portare la 500 nelle vetrine di ben 41 stati a stelle e strisce. Il primo traguardo è già in vista ma presto la Fiat punta a sfondare anche con i motori ecologici di cui dispone. Marchionne e i suoi uomini, alcuni dei quali come Alfredo Altavilla, Harald Wester, Olivier François sono pendolari tra Torino e Detroit, non dimenticano che la loro avventura americana ha avuto inizio con la scommessa ambientalista di Obama. I risultati conseguiti e che dovrebbero portare al pareggio di bilancio entro la fine di quest’anno gli permettono di dedicarsi all’operazione scorporo e al rimpasto dei manager ai quali affidare le sorti di Iveco e CNH confluite nella Fiat Industrial. E c’è chi dice che dopo lo spin-off si capirà se in futuro si dovrà parlare di Fiat-Chrysler o di Chrysler-Fiat. Che non è esattamente la stessa cosa. Intanto l’agenzia Fitch ha confermato a Fiat il rating BB+ e l’outlook negativo: «la flessibilità finanziaria è migliorata ma ci sono incertezze sulla futura struttura finanziaria del gruppo, dopo lo scorporo». © RIPRODUZIONE RISERVATA

L’accusa

Il caso

“Persi migliaia di posti nell’auto per la task force di Obama” NEW YORK — Steve Rattner e gli altri membri della task force dell’auto di Barack Obama costrinsero la General Motors e la Chrysler a tagliare frettolosamente il numero dei concessionari senza badare ai contraccolpi sull’occupazione in un momento di grave recessione. Questa la conclusione di un rapporto di Neil Barofsky, ispettore speciale per il Tarp, il maxi-pacchetto economico con cui venne finanziato gran parte del salvataggio dei due colossi di Detroit. Le critiche dell’ispettore non sono piaciute né alla Casa Bianca né ai dirigenti delle due case automobilistiche. «Siamo in profondo disaccordo con il rapporto», ha osservato in una nota il ministero del Tesoro. «L’adeguamento del numero dei concessionari ci ha permesso di ottenere migliori

utili e un migliore servizio per i clienti», ha ribadito la Chrysler di Sergio Marchionne. La vicenda risale all’anno scorso. Nelle trattative per rilanciare le due case, Rattner e i suoi insistettero — come con-

Il New York Times critica l’ordine di chiudere i concessionari inefficienti dei big dizione per gli aiuti pubblici — per rendere più snelle la «nuova» Gm e la «nuova» Chrysler, cioè le due società che sarebbero nate dal fallimento pilotato delle vecchie. Di qui il riesame dei costo del lavoro perché fosse competitivo con quelle delle case asiatiche. Di

qui il riesame dei concessionari. La Gm ne eliminò 2mila, salvo poi «salvarne» 666; la Chrysler annunciò 789 tagli, riducendo poi il numero a 739. Proprio questo ripensamento in itinere non è piaciuto a Barofsky, il cui rapporto non ha un contenuto operativo, nel senso che non porterà a cambiamenti, ma darà un ulteriore arma ai repubblicani per sostenere che l’intervento di Obama nell’economia è stato eccessivo come portata e insufficiente come risultati. Le due società di detroit hanno ricevuto 62 miliardi di dollari dal Tarp. La Gm ne ha ripagati 6,7, e il resto è stato convertito in una quota del 61 per cento del gruppo che è in mano al governo. Lo stato controlla invece l’8 per cento della Chrysler. (ar. zam.) © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il presidente Usa in tv con tre disoccupati PER convincere il Congresso (e i repubblicani) ad approvare oggi il provvedimento sui sussidi di disoccupazione, Obama va in tv con tre disoccupati veri: «E’ di loro che stiamo parlando», dice. Sono 2 milioni i senza lavoro senza più sostegno. Per ogni posto di lavoro – aggiunge Obama - ci sono cinque candidati.

Oggi attesa la decisione, ma è possibile un rinvio. Tajani contrario. In caso di ok, il gruppo di Murdoch potrà comprare le frequenze ma niente pay tv per 5 anni

Sky sul digitale terrestre, Commissione Ue divisa

BRUXELLES — La Ue arriva divisa alla decisione sull’eventuale ingresso anticipato di Sky nel digitale terrestre italiano. L’argomento è infatti all’ordine del giorno della riunione di oggi ma al punto B, l’area dove Bruxelles discute i provvedimenti su cui non c’è unanimità. La proposta del commissario Joaquin Almunia dovrebbe prevedere un ok allo sbarco del gruppo di Rupert Murdoch sul Ddt tricolore a patto che il suo gruppo non entri per altri 5 anni nel mercato della pay-tv (su questa specifica tecnologia). Un dispositivo che consentirebbe a Sky Italia di partecipare alle prossime aste per i multiplex, cioè per le reti di ripetitori e frequenze. Contro quest’ipotesi si sarebbero però schierati i gabinetti di Antonio Tajani (Industria), John

Dall’Italia il viceministro Paolo Romani ha cercato di mettersi di traverso Gli interessi di Mediaset con l’offerta Premium Dali (Sanità, maltese) assieme al tedesco Guenther Ottinger e al romeno Dacian Ciolos (agricoltura). Il dossier Sky-digitale, per le sue evidenti criticità politiche a livello italiano legate al conflitto d’interesse del premier Silvio Berlusconi come azionista di riferimento di Mediaset, ha marciato anche a Bruxelles a scartamento ridotto. Lo stesso viceministro alle Comuni-

Rupert Murdoch

cazioni Paolo Romani si è più volte messo di traverso a una decisione che rischia di incrinare il sostanziale monopolio del Biscione nella pay-tv sul digitale terrestre trovando ora non a caso una sponda forte anche in Tajani. Un no all’anticipo è arrivato anche dal sondaggio tra gli operatori televisivi del mercato italiano (peraltro schierati in grande maggioranza sotto le bandiere azionarie o politiche di Arcore). Se la Ue mantenesse al 31 dicembre 2011 (come da accordi stipulati con Sky nel 2003 all’epoca della fusione Telepiù-Stream) la prima data in cui Murdoch potrebbe entrare sul digitale, Sky rimarrebbe tagliata fuori dalla prossima asta per le frequenze disponibili con un grave danno economico. La partita, visti gli interessi

in ballo, è delicatissima. E nella serata di ieri non si escludeva un eventuale nuovo rinvio della decisione di Bruxelles. Dalla tv alle telecomunicazioni il passo è breve. Il pre-consiglio dei ministri di oggi esaminerà il cosiddetto “Pacchetto Telecom”, il complesso di regole approvato dalla Ue che mira a riformare l’intero settore delle tlc. Più diritti ai consumatori, protezione dei dati, salvaguardia della libertà di internet. Il governo dovrà adottare uno o più decreti legislativi che recepiscono le due direttive europee, la numero 136 del 2009 e la numero 140 del 2009, che riformano l'intero comparto. Le nuove regole garantiranno inoltre un utilizzo più moderno delle frequenze radio. Il consiglio dei ministri è atteso per domani.


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