La Melma dei Giorni N° 2 - Il Fallimento

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ATICA DA BESTIA FA CRESCERE IL MUCCH

MALARENDE TRISTE LA VITA melMA DEI GIORNI n째2 - novembre/dicembre 2013

Direttore responsabile: Marco Gallocchio Consigliere speciale: Natali Segreteria di redazione: Abraham B. Caporedattore: Luciano Silighini Garagnani impaginazione e grafica: Cagnaccio & Globus Tecnico della fotografia: Marcello R. Hanno collaborato: Spartaco | Paolo Ranieri | Vanessa Apfel | M. Passamani | Nando | Natali | Valentina Frasisti | Floro | Giovane Vecchio | Paese Cinico | Sigarette di cemento | Zoninoz | Mattia Luigi Pozzi | Dough | Areb | Dominchia | Kafuka | Compagno Jeremy Irons | Alfiere del Postirio | Callu | Paolo Pochesci

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MENU’ MENU’ MENU’ MENU’ MENU’ Cavalier Gallocchio CavalierMalriuscito Malriuscito Spartaco....................................................................5 Spartaco Coppini Atomici Falliti di tutto il mondo rallegriamoci Paolo Ranieri...................................6 Falliti di tutto il mondo rallegriamoci... Floro Disagio Vanessa Apfel...................................................................................9 Paolo Poesia tratta da “I DIari Isolati” SenzaRanieri Rendere Conto M. Passamani..........................................................10 Disagio Areb Nando Globus e Gallocchio......................................................................13 Vanessa disegno LorenzoApfel Natali come Luke Perry Lorenzo Natali.......................................18 Senza Rendere Dominchia A Pugni ChiusiConto Spartaco...........................................................................20 M. Passamani Prospettive insurrezionali la domenica Secolari Minuti Ultimi Valentina................................................................21 Le Avventure Nando Compagno Jeremy Irons LaMeravigliose Forma è un Arma Floro di - Gallocchio.......................................................23 Globus e Gallocchio L’alfiere del Postirio Incursioni nel Grottesco Jonas Orlandi....................................................24 Lorenzo Natali Lukee Perry David di Chiara Il principio delcome divismo l’effetto d’impotenza Zoninoz..........................27 Lorenzo Natali Le Meravigliose Avventure di Nando Scalmanare il Fallimento Mattia Luigi Pozzi.............................................32 ANando Pugni Globus Chiusi - Gallocchio.........................................................................35 Globus e Gallocchio Spartaco Genesi Boria Diego - Gallocchio - Natali................................................................38 Secolari Minuti Ultimi Gallocchio e Natali Vent’anni Gallocchio.................................................................................39 Valentina Paese Cinico Coppini Atomici Floro...............................................................................40 La Formatratta è un Arma Notizie dal Buon Paesotto Poesia da “I DIari Isolati” Areb........................................................41 Floro e Gallocchio Natali Metastasi Dominchia.................................................................................42 Incursioni Eccetra eccetra L’angolo nel del Grottesco Kafuka Kafuka.......................................................................44 Jonas Orlandiinsurrezionali la domenica Compagno Natali - Gallocchio Prospettive Jeremy Irons............45 Paese Cinico L’albero con l’occhio L’alfiere del Postirio Davide di Chiara......................................................48 - Nando Globus - Gallocchio..........................................................................50 Callu Il Genesi principio del divismo e l’effetto I Misteri del Sesso Gallocchio - Natali............................................................................54 d’impotenza Prof. Paolo Pochesci Vento d’estate Pietro Mandreoli - Cagnaccio..............................................56 Samuele Noviziato L’alberoZoni con l’occhio Callu......................................................................60 Scalmanare Fallimento Natali I Misteri delil Sesso Prof. Paolo Pochesci.................................................61 Mattia LuigiNatali............................................................................................62 Pozzi Paese Cinico Noviziato Paese Cinico Le Meravigliose Avventure di Nando Globus e Gallocchio Boria Diego - Gallocchio - Natali Vent’anni

la maggior parte degli esseri umani non sono mai stati altro che animali da soma, capaci di promuovere una tecnologia al servizio dei loro interessi predatori ma incapaci di affinare la vita e raggiungere così la 3 propria specificità.


DAlla cappa opprimente

della provincia

Parlare di fallimento in quest’epoca richiama di solito immagini di sconfitta vergognosa, miseria economica e morale: un fallimento affrontato a capo chino, da inferiore. Non è questo l’unico modo di concepirlo; si può provare rigetto colpevole o un orgoglioso compiacimento, si può vederlo con tagliente ironia o come un taguardo desiderato in cui riconoscersi ma prima di tutto il fallimento è una possibilità. Una naturale conseguenza dell’azione e un elemento vitale per ogni ricerca, quanto il successo, poichè produce conoscenza delle cose e distacco dalle cose già conosciute. Il fallimento segna ogni vita e le dà senso. Bisogna averne però il coraggio. Dice Cioran : “Se in me non c’è niente che mi spinga a parlare del dolore o del nulla, perchè perdere tempo a studiare? Bisogna cercare tutto in se stessi, e se non si trova ciò che si cerca, ebbene, si deve lasciar perdere. Quello che mi interessa è la mia vita.“

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FALLITI DI TUTTO IL MONDO, RALLEGRIAMOCI! di Paolo Ranieri

Il fallimento, concetto giuridico nato in ambito commerciale e di lì metastatizzato nella società intera, significava in origine qualcosa di differente dalla sua accezione corrente: la legislazione sui fallimenti introdotta, fra molti dubbi e marce indietro (perché percepita come immorale), nasce per proteggere, infatti, non già il creditore ma il debitore fallito. Dichiarare fallimento significa richiedere alla comunità comprensione e sollecitare un accomodamento. Serve in sostanza a riconoscere che il fallito, colui che non riesce più a pagare i propri debiti, è differente da un ladro, anche quando, come sovente accade, i danni da lui procurati sono molto più rilevanti di quelli causati da un semplice furto.

di ricchezze, magari non solo materiali), questa dichiarazione contiene un’ammissione di inadeguatezza. Ci si riconosce falliti a capo chino. Tuttavia, se il fallimento è l’opposto del successo, non sempre viene affrontato a capo chino: può viceversa essere rivendicato con orgoglio e lanciato come un guanto di sfida. Di atteggiamenti come questi possiamo individuare almeno tre interpretazioni fra loro differenti, e in certo qual modo, a loro volta, opposte l’una rispetto all’altra.

Da una parte abbiamo il successo impossibile, perché l’esistente non avrebbe spazio per contenerlo, ben rappresentato da questo famoso brano di In girum imus nocte et consumimur igni: Ma dichiararsi falliti può trovare “Quel che un poeta dell’epoca venia solo perché, in una società T’ang ha scritto Separandosi fondata sul successo (identificato da un viaggiatore, potrebbe il più delle volte con l’accumulo applicarsi a quest’ora del mio 6


racconto? “Discesi da cavallo: gli feci offerta del vino dell’addio / e gli chiesi quale fosse il fine del suo viaggio./Mi rispose: non sono riuscito negli affari del mondo;/ faccio ritorno ai monti Nan-Chan per cercarvi riposo.” Ma no, vedo molto distintamente che non esiste riposo per me; prima di tutto perché nessuno mi fa la grazia di pensare che io non sono riuscito negli affari del

colui il quale ha scelto di non gareggiare, di rifiutare sé stesso alla competizione: “Geremia che avrebbe potuto essere tutto e preferì essere nessuno” (Una ballata del mare salato, Hugo Pratt). Da una terza parte, troviamo chi ha scelto il contrario del successo, un successo nero, infernale, nemico di ciò che

il fallimento diviene in ciascuno di questi casi il traguardo desiderato, il successo rispetto al proprio personale disegno. mondo. Ma, fortunatamente, nessuno potrà dire neppure che io vi sia riuscito”. Occorre dunque ammettere che non vi erano successo o fallimento per Guy Debord, e per le sue pretese smisurate.

esiste. Un esempio mirabile e mirabilmente descritto ce lo offre Sade in : “Tutti conoscono la storia del Marchese di *** che, informato sulla sua condanna ad essere bruciato in effigie, tirò fuori il cazzo dai pantaloni e gridò “Dio fottuto, Dalla parte opposta, abbiamo ecco dove volevo arrivare; sono 7


coperto d’obbrobrio e di infamia; lasciatemi, lasciatemi che devo godere!” . E lo fece all’istante”. Ecco dove volevo arrivare: il fallimento diviene in ciascuno di questi casi il traguardo desiderato, il successo rispetto al proprio personale disegno. Essere dimenticati, essere impossibili da misurare, essere ricordati al vertice del peggio.

Essere dimenticati, essere impossibili da misurare, essere ricordati al vertice del peggio.

violentemente perché non ne avrebbe la possibilità. Ugualmente possiamo considerare che ripudi il successo, che scelga il fallimento unicamente chi avrebbe le doti per riuscire, e non già chi avrebbe voluto ma semplicemente non era all’altezza, non era all’altezza di questa società. Il che, considerando i requisiti davvero infimi che questa reclama, suggerisce che probabilmente si tratterebbe di soggetti troppo meschini per qualsiasi società.

Anche per fallire con decoro occorrono dunque delle doti, occorre impegno: chi avesse Tutti modi in cui si esprime il pensato di abbandonarsi pigraproprio ripudio dell’esistente, mente al nulla che avanza, si delle masse che lo percorrono, rassegni. Sarà fallito anche in dei valori che tali masse quanto fallito. esprimono. Anche se, senza dubbio, anche in questo caso vale, debitamente adeguata, l’avvertenza di Gandhi riguardo alla nonviolenza: è non-violento chi, potendo reagire violentemente, rinuncia a farlo e non già chi, debole e imbelle, non reagisce 8


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SENZA RENDERE CONTO di Massimo Passamani

“la rosa è senza perché ; fiorisce poiché fiorisce , di sé non gliene cale, non chiede d’esser vista’’ Angelo Silesio, il pellegrino cherubico

Nihil sine ratione. Niente è senza fondamento . Così afferma da sempre il pensiero filosofico , con il solido accordo del senso comune. La coincidenza di essere e fondamento dice che ogni ente ha un fine , e solo come realizzazione di questo fine la sua esistenza trova ragione , ragione di cui si può e si deve rendere conto. Questo “rendere conto “ indica che ogni ente è calcolabile , misurabile. La vita dell’individuo non fa eccezione.

quello che rappresenta la negazione del fondamento e del fine, in quanto modelli esterni imposti all’individuo.

Questi modelli vengono giustificati in nome di quello che viene posto come elemento comune, come essenza generica. Se il tratto comune che ci unisce è Dio , allora il fine dell’uomo è l’attuazione della volontà divina . Se, invece, esso è individuato nella legge naturale , il suo compito sarà di realizzare gli intrinseci È chiaro che variando la con- piani della natura . Così come se cezione del fondamento , varia il dato universale è la ragione , il anche il fine dell’esistenza , così fine dell’uomo è di non contradcome mutano i criteri in base ai dire il principio di razionalità. Il quali si individua chi e che cosa modello dell’uomo come essere , di volta in volta si allontana da sociale , come animale politico quel fine o contraddice quel fon- , imporrà infine la missione di damento. Ciò che viene consi- rispettare le norme sociale e i derato folle , criminale, innatu- dettami politici. Cambiando i rale o inumano è proprio tutto principi di riferimento , cambia 10


anche la morale . ma il cielo a cui chiama è sempre lo stesso .

ta la loro esistenza . Nonostante spesso si critichi sdegnati la coercizione della pena o la violenza dell’inserimento forzato , non altrettanto spesso si arriva a negare alla radice il concetto stesso di dovere , di cui quelli non sono che corollari giacché l’autorità non è che la mediazione tra il fine e gli individui chiamati a realizzarlo .

Ogni fine , fosse anche quello della libertà , impone sacri doveri , pretende sacrifici. Anche l’ “uomo umano” è una missione , una essenza da realizzare una tautologia moralistica che porta con se i suoi tribunali e le sue scomuniche ( non è un caso ad esempio che in tedesco non-uomo e mostro si esprimano con lo Certo tra gli anarchici ci si chiasteso termine Unmensch) . ma al sicuro dalla doverosità dei precetti religiosi dalla sacralità Ogni fine , fosse anche delle imposizioni statali oppure quello della libertà , da una visione rigidamente finalistica della storia eppure si conimpone sacri doveri , tinua a credere che esistano diritti naturali ( gli uomini nascono pretende sacrifici. liberi e d eguali ) da contrapporre In nome dei diritti dell’uomo a quelli legali (si tratta dell’etersono stati sfruttati e si continua- no conflitto tra phìsis e nòmos ) no a sfruttare gli uomini . Il rogo per cui contro i secondi è possidell’ateo , la riprovazione verso bile insorgere in nome dei primi l’omosessuale o l’incestuoso , la . Già , in nome di , cioè facendo segregazione del folle e la car- sempre riferimento a qualcosa cerazione del fuorilegge sono di a noi esterno e trascendente solo modi diversi di integrare e che in qualche modo legittimi le di reprimere chiunque oltrepas- nostre scelte . si i limiti stabiliti della norma , le prescrizioni del bene. Che questo qualcosa sia Dio , la comunità , lo Stato , la natura Il valore degli individui si misura poco importa . Ciò che conta e solo in base al grado di adesione che vi siano valori pre-esitenti al fine al quale viene subordina- e conoscibili che si tratta solo di 11


applicare così la vita non è che cui muove la storia non ci sia una una marcia, trionfale o dimessa, differenza sostanziale. Il loro verso il bene . spazio è sempre il sacrificio, il loro tempo il futuro. Non c’è posto in queste concezioni per l’autonomia dei singoli, per la loro infondata individualità .

Il loro spazio è sempre il sacrificio, il loro tempo il futuro. Non c’è posto in queste concezioni per l’autonomia dei singoli, per la loro infondata individualità .

Carceri , manicomi , terapie democratiche e trattamenti ortopedici sono solo modi diversi di applicare la stessa fede in un modello. All’opposto di tutto questo c’è la vita intesa come dispiegamento delle proprie potenzialità, come interrogazione aperta . Senza rendere o chiedere il conto , come la rosa di Silesio. Una vita che ognuno , libero dalle garanzie si gioca fino in fondo . Così da poter dire come Peter Altenberg:” E dovessi anche precipitarmi nell’abisso , che sia almeno il mio abisso quello in cui mi sfracello !”. E chissà che non si riesca a danzare su quell’abisso.

Anche se sembrerà una irre- Articolo tratto da: Canenero, n. 3, sponsabile boutade , io credo che 11 novembre 1994 tra i destini della razza predicati dal nazismo, la visone di una natura che tende alla libertà e ad una differenziazione progressive teorizzata dalla versione libertaria del giusnaturalismo, e l’anarchia come ordine verso 12


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e ascolto out of vogue dei middle class a tutto spiano dalle casse gracchianti del computer di un ufficio per immigrati senza lavoro e perditempo qui nella ridente

Â

s q d i m s d a n i c

varese 21100 b e verly h ills 90210 o r s e g g i a n d o m i l e n t a m e n u a r a n t a c i n q u e c e n t e s i i c a l d a g e r m a n i a p i l s n n l a t t i n a d a m e z z o l i t e n t r e imultaneamente m’imbot i sottilette tigre fottu l carrefour on dopo essermi sparato ntramuscolo di voltaren esso.

Nulla

piu’

mi

t m e r

e i r o

to te un al

scalfisce.

(Lorenzo Natali come Luke Perry) 19


Quando troppo si addensa puzza di latte guasto, sputata sul vassoio della mensa e al pozzo senza fondo data in pasto. Quando troppo si addensa Questopuzza rosso bolo cade giù, di latte guasto, sputata sul vassoio della mensa digrignando scheggia i suoi denti e al pozzo senza fondo data in pasto. Questo rosso bolopareti cade giù,in schiavitù, ma si blocca nelle digrignando scheggia i suoi denti e oppresso presso pazzia ti senti. ma si blocca nelle la pareti in schiavitù, e oppresso presso la pazzia ti senti. Freneticamente si inclina a ponte Freneticamente si inclina a ponte di schiumoso, metallico contenuto caricocarico di schiumoso, metallico contenuto si scarica contro l’alto monte si scarica l’alto crudo contro e veloce come uno monte starnuto. lanciare quante più bombe, crudoPotete e veloce come uno starnuto. ma vomiterò io sulle vostre tombe. pugni chiusi)quante più bombe, Potete(alanciare ma vomiterò io sulle vostre tombe. (a pugni chiusi) 20


Sono talmente simili al mio i volti coetanei, immemori condannati e ridenti che lo schifo , si ripiega e riversa su me; anch’io incapace di trascinarmi di sponda in sponda con crudele luce aspetto, ma pure senza convinzione aspetto aspettando che la frustrazione vuota faccia aperto dolore e sconfini fuor di me aspetto aspettando che si desti o muoia, l’anima mia e aspetto aspettando che il mio operare nel mondo scarichi il ciclo della necessità che ancora mi tiene e stringe maledettamente al corpo della vita. (secolari minuti ultimi)

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La conoscenza del mondo senza la coscienza dei desideri di vita è una conoscenza morta. Essa non ha utilità che al serviziodeimeccanismiche trasformano la società secondo la necessità dell’economia. I lenimenti che essa procura alla sorte degli uomini, non li cede che a malincuore, e sotto la minaccia di un rigore futuro che ne

cancellerà gli effetti. 22


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INCURSIONI NEL GROTTESCO di Jonas Orlandi

Si sono dati appuntamento per un suicidio collettivo, si salutano con entusiasmo e con movenze e gesti “da giovani” e si tolgono la vita.

È un grassone, frequenta un forum di cosplay, un giorno esce di testa e pubblica un set di foto in cui sborra sulle sue mutande sudate e lecca la sua stessa sborra (il suo nickname è panino99).

È una persona tranquilla, si è laureato con il massimo dei oti ed è diventato dipendente a tempo indeterminato di un’azienda: una mattina si sveglia e si fa riempire il corpo di tatuaggi di slogan e simboli nazisti.

È deceduto negli anni settanta, lo esumano per gettare i suoi resti nell’ossario comune: l’ultima cosa che ha visto sul letto di ospedale prima di morire e stato uno sketch comico di Enrico Montesano. 24


Acquista un abito di altissima sartoria da quattromila uri, lo porta a casa e ci ritaglia con le forbici un buco da cinque centimetri di diametro in corrispondenza dell’ano.

Si drogano, gli nasce un bambino, gli mettono nome Kevin.

Vive da solo, fa il fico: si mette un giacchetto di jeans e dei vistosi occhiali da sole, si guarda allo specchio del bagno e orina sul pavimento.

Ăˆ ossessionato dalla morte: immagina la sua salma indifesa sperduta in una cassettina in un immenso cimitero metropolitano (nella foto sul loculo sorride e ha un papillon).

La morte imprimerĂ un tatuaggio indelebile sul tuo corpo. 25


PAESE CINICO

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IL PRINCIPIO DEL DIVISMO E L’EFFETTO D’IMPOTENZA

[ZONINOZ]

Il divo è il modello, noi solo una sua brutta copia: la riproduzione sociale ha bisogno dei suoi cliché, perché ognuno se ne stia in riga al suo posto e sia realisticamente prevedibile. La “realtà” deve essere prevedibile, in linea di principio: senza regolarità o aspettative è solo caos, sogno, desiderio, “produzione” selvaggia e non ri-conoscibile, mentre è “reale” solo ciò che è regale. E il divo funge da calco regale per la decalcomania illimitata di una realtà adesiva “di massa”: o si è “in” o si è “out”, figo o sfigato, vincente o perdente, tertium non datur. Il divismo è un principio di realtà che opera per selezione e omogeneizzazione stratificata. Naturalmente serve una gerarchia fra modello e copie: se il divo è un assioma, deve essere irraggiungibile.

non perché sono un divo ma perché ne derivo in modo univoco, perché “partecipo”. Come in ogni sistema assiomatico, anche la realtà adesiva dei divi deve chiudere il cerchio, trovare il suo principio di

La “realtà” deve essere prevedibile, senza regolarità o aspettative è solo caos, sogno, desiderio, “produzione” selvaggia e non ri-conoscibile chiusura, colmare i vuoti, esaurire le possibilità combinatorie: se c’è il divo pro-sistema allora deve esserci anche il divo anti-sistema.

Sono un figo perché gli assomi- Il divismo, come ogni principio glio, perché mi si riconoscono di selezione, soffre di horror proprietà conformi al marchio, vacui: l’album delle figurine 27


deve essere completo o completabile, anche se illimitato (come in ogni assiomatizzazione che si rispetti, non c’è limite al limite). E la scacchiera non può avere caselle scivolose o sfondate e pezzi a sorpresa, non numerabili o mutanti. I ruoli sono unità di misura su cui la realtà adesiva di massa deve poter contare. Naturalmente, ogni pezzo ha (o è) una parabola. Ma è fondamentale che sia la parabola di un divo: il desiderio che convoglia deve essere ri-producibile in traiettorie centripete ripetibili, opportunamente trafilato e montato in serie. La copia (il figo) deve essere conforme al modello (il divo), recare il marchio regale di ogni realtà rispettabile. Il divo anti-sistema, per esempio, per esser tale deve poter trafilare il figo anti-sistema. Se la trafila non riesce, allora non c’è divo (e, solo secondariamente, per il principio del divismo, ne deriva che non c’è figo). Una “massa” può esistere senza divismo? Anzitutto una “massa” in quanto “massa e basta” è indifferenziata, 28

indeterminata, inenarrabile e priva di profili e traiettorie. Non si può dire che sia attiva ma neppure passiva: già il semplice patire ha le sue linee più o meno segmentate. La “massa” è “reale in quanto massa” solo se riconoscibile come tale, entro la prospettiva gerarchica dei modelli e delle copie, altrimenti è una molteplicità non riproducibile. Perché si possa dire “reale” una massa, è necessario togliere differenza ed estrarre variabilità alle molteplicità non numerabili (moltitudini che non sono il mero multiplo di una unità elementare omogenea -regale- e che, dunque, non sono “massa”). Ci vuole una riduzione all’uniforme, attraverso selezione e omogeneizzazione perché si dia qualcosa come una “massa”. Insomma, è necessaria una lavorazione per contrazione ed estrazione di differenze su larga scala per obliare dissomiglianze e ripetere soltanto somiglianze. Il principio del divismo è un principio di realtà o regalità che, contraendo somiglianze e sottraendo differenze,


realizza una massa distaccandone ogni determinazione. Se un massa si ottiene per sottrazione e riduzione all’indeterminazione come elemento riempitivo di un calco, il divo in quanto modello ne è l’unità di misura vuota.

Nessuno è un divo: c’é solo una decalcomania di vincenti (il figo) e perdenti (lo sfigato), presi nella parabola desiderante del divo

sivo scollato dalle possibilità che gli sono proprie, perché scartate in quanto “sfiganti” e “fuori gioco”. In quest’ottica, il figo pro-sistema ed il figo anti-sistema sono intercambiabili, poiché entrambi, riconoscibili nell’album di figurine, si muovono impotenti sulla scacchiera di un gioco già dato e prevedibile, nel rispetto delle regole assiomatizzate dal divismo, riproducendo il cliché che li ha trafilati in serie e che li ha “realizzati”.

Il divismo riduce ogni cosa all’impotenza della presenza in un piano di gioco prefigurato. Il suo grido è: “resistere è inutile!”. Ci vuole ottimismo senza speranza per resistere al Nessuno è un divo: c’é solo presente e non soccombere una decalcomania di vincenti alla stupidità. (il figo) e perdenti (lo sfigato), presi nella parabola deside- Occorre inventare nuove strarante del divo (non dobbiamo tegie, divenire impercettibili e confondere interpretato e in- ripetere imperturbabili: terpretante: il divo è un ruolo). “preferirei di no”. Se il divo è una unità di misura vuota, un cliché riproduttivo, allora il figo (non meno del sedicente sfigato) è impotente, perché è separato dalla propria potenza. Il figo è solo un ade29


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SCALMANARE IL FALLIMENTO di Mattia Luigi Pozzi

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allire. Cosa c’è di più banale, di più disperante e, al contempo, di più rassicurante? Quando si è giovani – ma cosa vuol dire giovani? Non si dica più che non si soffre a quindici, diciotto, vent’anni pena un supplizio more germanico… – esso è veramente la visione dell’abisso, gli occhi negli occhi con il nulla – del senso, degli scopi, delle realizzazioni. Ma, ahimè, ahinoi, si cresce e con il passare degli anni questa versione borghese del nulla, come la chiama Cioran, diventa irrimediabilmente – per dirla con le sue stesse parole – imborghesimento nel nulla, nell’abisso stesso, habitus, costume (e il costume è meglio che la legge…), metafisica ad uso quotidiano, filosofia della storia spicciola, panacea, nascondiglio, maschera – delizia…

condizione ontologica del fallimento, del suo essere male, del mal-essere che ne è l’epifenomeno. Ebbene, io vorrei parlare del suo peggio, quello che lo toglie dalla sua condizione di natura e lo fa divenire una questione di spirito. Perché fallire è natura, esattamente come morire lo è. Ma natura non siamo, non siamo stati mai – nessun buon Rousseau può (più?) venircelo a raccontare. Allora è spirito il fallire con dolore, con frustrazione, con imprecazioni a ogni sacro più o meno velato, più o meno vicino. Ed è altrettanto spirito il fare del fallimento il sacro, il glorificarne la distanza da noi, l’intangibilità, la nostra impotenza e godere di tale distanza – godere, appunto, delle sue delizie.

Mi permetto quindi la provocazione: ma se ciò che ci blocca, nel fallimento, fosse proprio la Stirner parla in un testo che non sua delizia? Il suo piacere nesi legge molto – ma si legge, oggi, gativo, la sua abiezione, se non Stirner? – di delizie dell’aliena- eccitante, quantomeno rassizione: ebbene io oggi parlo, a curante? Perché sai, lo sai, te lo vuoto si intende, di delizie del dici di continuo, non fai che dirfallimento. Credo che molti, me- telo, sei tutto in questo dire, che glio di me, parleranno qui della tu ti sforzerai , ma che ci sarà

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sempre qualcosa più grande di te, qualcosa che farà andare male le cose, qualcosa a cui dare la colpa. Perché siamo ancora a questo punto, dopo almeno tre secoli di secolarizzazione: è sempre questione di colpa, il mondo – e noi – restiamo incantati. Mensch, es spukt! Ma ora il gioco dell’incanto è ancora più sottile. Non dico che il fallimento sia un bene, non dico che non si soffra, non dico che non svuoti di tutte le energie, della voglia di prendere un’iniziativa, della voglia di essere un individuo, un unico per parlare in termini che, come credo si sia capito, mi sono particolarmente cari. Dico che il peggio, e oggi domina questo peggio, è che fallire è divenuto moda, ossia modo di condurre la propria vita: ci viene proposto un modello, o meglio diciamo che ci si propone un modello (beata illusione di autonomia…) che non potremmo mai raggiungere – non sarà più il Dio-uomo, anche se per molti ancora lo è, sarà l’esteriorità esasperata dell’apparenza, ossia la fama, sarà, nel nostro piccolo, uno a cui riesce particolarmente bene ciò che noi facciamo, ciò che vorremmo fare, sarà un io o un noi migliore, più vicino a una perfezione im-

possibile. E ci si condanna a non raggiungerlo mai, a farne un aldilà, a dipingergli un volto di Moira o di Parca. E quindi? Costrizione al “chi s’accontenta gode” di rito? Rinunciare all’ideale – anche di un cambiamento, di una metamorfosi (sociale, individuale…) per paura dello sdoppiamento alienante (perdonatemi l’indulgenza ottocentesca)? Limitarsi alla logica di azione-reazione di fronte alle sventure che ci capitano sempre meno, non perché non accadano, ma perché le evitiamo evitando di esporci, parando i colpi in una tattica – di vita – solo difensiva? Fare addirittura della vita una tattica? Ossia come abitare il fallimento, se esso è così presente, così tangibile, se il suo nulla è così reale? Forse la (dis)soluzione passa proprio attraverso la vulnerabilità ad esso, passa attraverso le ferite che la sconfitta ci infligge. Ferite da non sedare, da non anestetizzare, piuttosto da coltivare, etimologicamente appunto da abitare, in un’etica che sia esposizione totale, alterazione totale, forse direbbe Nietzsche, corpo a corpo tenace e disperato 33


con l’esistenza, con l’esperienza, prima fra tutte quella del nulla fallimentare. E quindi scacco da affrontare senza paracadute, senza consolazioni, senza epoché possibile (che la fenomenologia sia essa stessa consolazione?). Quindi lavorare sulla disfatta, centuplicarne il ritmo, non darle tregua, respiro, modo di decantare; toglierle potenza attraverso l’intensità, toglierle energia attraverso lo sfinimento, attraverso la coazione ossessiva (come le tempie che battono) di cui, noi, ora siamo proprietari. Quindi, e sempre, scalmanare il fallimento, forsennandone il vuoto.

smacco, lo gridiamo, per accelerarne il trapasso.

Quindi, e sempre, scalmanare il fallimento, forsennandone il vuoto.

Solo così il fallimento diventerà destino, direbbe Cioran, solo così la nostra iniziativa, il nostro gesto può essere efficace, almeno per quanto concerne noi stessi: perché spingiamo talmente in là la corruzione – la nostra corruzione in seno alla più generale patologia (quella della seconda natura che tutti noi, nolenti, siamo) – da giungere alla barbarie, Perché solo così possiamo, noi, tanto più cogente quanto più coassumerne tutta la portata e vata nell’artificio. sfruttarne il potenziale euristico; perché il suo nulla non è E i nostri occhi, milioni di volte ombra, ma è luce – da tavolo più viziati perché addestrati al anatomico – con cui disseziona- tirocinio crudele (ossia, rigorore il reale, con cui dissezionare so) del fallimento, sapranno, fornoi stessi. Autopsie sui nostri se, condursi pas à pas – negaziocorpi propri per capire fin dove ne per negazione – alla gloria del l’espropriazione fallimentare disincanto. può arrivare, in una comprensione che però sia attiva, in cui noi E della risata. Per farsi beffe di ci identifichiamo con essa, fino ogni (sempre nuovo) in fondo, in cui affermiamo lo fallire. 34


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“eppure credo sia giusto uno a vent’anni deve partire ma non perdiamoci di vista”- così diceva mentre si camminava una sera di settembre che si fumava sui sassi a parlar di bevute e notti passate all’aperto ormai perse il sapore dell’aria era di terra bagnata -lago e montagne al loro posto e ancora, noi, avevamo speranze. (vent’anni) 39


Datemi un cammello o anche una busta di plastica va bene insaccate il blu e aggiungete una punta di arancio marcio shakerate per tre minuti una spolverata di noci di cocco con tredici banane nelle orecchie non voglio sentire il cane che urla mi sta sul cazzo

coppini atomici per scacciar la malinconia

è meglio un pelo oggi che un cocomero poco maturo a meno che non hai la cannuccia venti marciapiedi non fanno una gallina e del resto ben si sa che chi si accontenta si accontenta ho il mal di pancia e vorrei fare la cacca in cielo ma mi son dimenticato il paracadute in Turkmenistan. Volevo un cammello ma oggi non mi va meglio il solito. (Coppini 40

Atomici)


Ho la testa che pesca senza metodo idee di dubbi; pretesa da poeta giocare col reale, creare finzione, capirci qualcosa e crederci, poco. Mi sa di Han: hanno una sola parola -geni coreaniper dir: la mia passione e’ tale che m’oscura l’idea del se andasse male.

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ANGOLO DEL KAFUKA Il terzo disco dei Disappears lo devono comprare tutte le persone dotate di buon senso e di sensibilità. Dritti e filati, linee di basso semplici ed efficaci, chitarre che partono con beccate sugli armonici per poi aprirsi in svolazzamenti acidi. E quella voce brutta brutta, che rimanda alla stagione d’oro di Fall e Girls Against boys. Un piccola divagazione. Anni fa alla Casa del Disco di Varese ci lavorava un tipo chiamato Rocco, uomo dall’età indefinibile, capello lunghetto poco curato, di poche parole, massimo esperto e gran maestro di punk-rock band al femminile. Da lui acquistai dischi delle L7 e di altre brutte ragazze poco propense alla depilazione ascellare e all’uso del deodorante. Beh, un lontano giorno del 1995 entro baldanzoso nel sopracitato negozio e sento in sottofondo una roba acida, con voce profonda che mi ricorda quella di Scott McCloud. Mi avvicino a Rocco e gli chiedo con deferenza che roba stiamo ascoltando. Mi immaginavo personaggi in cura con metadone provenienti da New York o Chicago. Lui, spiccio, “sono gli Asphodel, di Varese”. Bene, Smooth degli Asphodel era un disco splendido, scuro, malato. Se avessi un’etichetta lo ristamperei al volo mettendoci dentro anche il remix di Jesus che un tipo chiamato Attila (un nome, una garanzia) assemblò nei magnifici anni ’90. Beh, l’ascolto del disco dei Disappears mi ha esaltato le funzioni mnestiche, riportandomi a quegli anni in cui i dischi si ascoltavano e non esistevano le webzine. Anni d’oro.

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Pre Language DISCHI DisappearsAsphodel - Smooth CONSIGLIATI Girls against Boys - Tutto


Prospettive Insurrezionali la Domenica A cura del compagno Jeremy Irons

( a Saronno)

Benvenuti cari amici lettori alla nostra inconsueta rubrica. Per ora non mi viene in mente niente per introdurla , per cui introducetevela da soli/e come pi첫 vi piace . Iniziamo con una bella citazione di cazzate scritte da qualcun altro , come Tradizione . Tratto da Michail A. Bakunin, Stato e Anarchia , Pagina110 :

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Proviamo a trasporre questa affascinante teoria nella realtà della nostra vita quotidiana. Del tipo: I commercianti di Saronno , nel nome dell’Amore e della Libertà , decidono di non pagare più le tasse e di stabilire il prezzo dei prodotti di momento in momento , a seconda delle disponibilità economiche e delle reali necessità delle persone .

faremo finta di niente ed andremo avanti , in pieno stile e tradizione italiana , così : “Buongiorno Signò , Famiglia ‘uttobbene , i Figli ‘uttobbene , ora scappo sono di corsa , ecc ecc “ ) .

Quindi tornando al caro vecchio Bakunin , che non finirà mai di stupirci : ‘’ … allora la strada del mare sarà aperta a tutti in egual maniera ; agli abitanti del litorale Del resto i fornitori che con direttamente agli abitanti dei i loro automezzi vengono a paesi lontani dal mare per mezzo portare ciò che andrà a riempire delle ferrovie completamente gli scaffali , non verranno più liberate da ogni tutela statale , pagati con il vil denaro , ma bensì da ogni imposta , da ogni dazio , con Abbracci Liberi emanazioni regolamento , ostacolo proibizione di Amore Cosmico e libri usati ; , permesso e ordinanza ‘’. più manate sulle spalle e ‘’ bella zio ‘’ . I veri compagni anarchici attendono con trepidazione la Inoltre a Natale è prevista la comparsa di suddette ferrovie tradizionale fetta di panettone e dell’Umanità Nova , \ o pandoro , ora però rivisitata ‘’ completamente liberate da ogni in chiave vegana , cioè senza il tutela statale , da ogni imposta , da classico trittico - Burro-Uova- ogni dazio , regolamento , ostacolo Latte ( a cui per onor del vero proibizione , permesso e ordinanza andrebbero aggiunti i mono e di ‘’. Tutto ciò sarebbe veramente gliceridi degli acidi grassi , che fantastico ! a detta di alcuni sono ricavati dagli scarti di macellazione , Resta da capire chi dovrebbe ma siccome della gente che ha progettare e poi costruire i treni, studiato ci ha detto che sono e perchè, come farà a pagare tutte cazzate complottiste , i materiali per la costruzione 46


la manodopera e l’elettricità... Forse metteranno noti militanti a riscuotere il biglietto, però in maniera completamente coerente all’etica libertaria: “Ognuno dovrebbe dare un contributo per il funzionamento del treno, però se non ti va o non hai un cazzo...” i puntini puntini sono per ora eterni. Sarebbe bellissimo, mi auguro anche di trovare una tipa carina che non conosco sui sedili del suddetto meraviglioso treno della libertà, la quale me la smollerà subito senza neanche le presentazioni, così , liberamente, per gioco.

quelle graziose scie bianche che queste macchine volanti per il progresso dell’Umanità tutta , disegnano nel cielo... che bello, ci ricorda quando scarabocchiavamo i banchi di scuola... a volte tutta la volta celeste assomiglia ad una gigantesca partita a tris durante l’intervallo... anche se però ora che ci penso quand’ero sui banchi di scuola gli aerei non lasciavano scie che rimanevano nel cielo così a lungo, si dissolvevano dopo poco che erano passati... o bhe sarà sicuramente un caso. Alla prossima!

Continua poi il Bakunin:

...bè comunque la navigazione aerea avrà tanta importanza. E infatti, come potete vedere, anche questo sta accadendo. I biglietti low-cost costano spesso meno dei loro corrispettivi treni, lo sappiamo tutti. E poi ci sono 47


L’ ALFIERE L’ALFIERE DEL POSTIRIO DEL POSTIRIO La possibilita di riprodursi viene data alle persone che riproducendosi causerebbero gravi danni alla specie, Tiziano Ferro ha avuto l’onesta intellettuale di farsi piacere il cazzo.

Perche non sono nato meno bello e affascinante ma piu intelligente? La mia vita sarebbe stata maledettamente piu semplice.

Come diceva Heidegger: “Innanzitutto e perlo più te lo butterei ovunque e in nessun luogo”.

Essere felici è quando hai la diarrea ed il bagno è libero, essere tristi è quando hai la diarrea. 48


Quando sei fidanzato il problema è il luogo, quando sei single il buffering.

Erano tanti i motivi per amarla, a me ne bastava uno. Era unica, l’unica che me l’ha data.

Il brutto del cercare un lavoro é che se trovi un lavoro devi lavorare.

Non sono abbastanza scemo da prendere una laurea.

Fino alla terza superiore sono stato il piu basso della c classe. Poi un’estate ho preso diciotto centimetri, si chiamava Marco ed e stato bellissimo.

I ciccioni non piangono, ai ciccioni sudano gli occhi. 49


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Quando ancora ci stavamo annusando il culo prima di scannarci per un paio di ciabatte poi e’ corso l’anno e il progetto tutto un fallimento non ci ha portato nemmeno una scopata due dei quattro amici, al bar senza soldi per pagare il conto ma continue indefinibili emozioni che ancora ci avvicinano e allontanano. (Marco Natali e Lorenzo Gallocchio: Genesi e Fine della Melma dei Giorni)

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A mezzanotte il vento passa infastidito in questo quartiere dormitorio non trova nessuno con cui danzare. I palazzi gli tolgono il respiro. Sente il bisogno di trasportare voci, ma riesce solo a muovere le foglie dei pochi alberi sfigati da marciapiede. Passa la notte da solo. Aspetta il mattino, annoiato, per poter scappellare i riporti dei pensionati bevitori di bianchino. (Vento d’Estate)

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Lei la classica “suorina” vestita semplice niente trucco timorata di dio e ce ne stiamo li’ nel grande salone comune a guardare vecchi vhs di quelli allegati con i giornali. E mi sembra che stiamo guardando “il muro di gomma” un film cosi’ ma io di certo non sto seguendo il film e lei nemmeno. Sara’ stato credo il 2002 suppergiu’ anno in cui ero ospite di questa comunita’ per senzatetto e disadattati vari lei credo fosse fuoriuscita da un convento di clausura dopo due anni di noviziato mentre io seguitavo la ricerca di mio padre in ogni figura d’educatore possibile. E c’era quel brivido del tutto immaginario di toccarsi al buio quel coraggio di immaginare un futuro altro poi per sempre disatteso. Quasi dieci anni. E siedo ancora sullo stesso divano. (noviziato)

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