Tar luglio 2017 “corretto svolgimento delle relazioni sindacali”

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TAR luglio 2017 - “corretto

svolgimento delle Relazioni sindacali”

Pubblicato il 10/07/2017 N. 08082/2017 REG.PROV.COLL. N. 16452/2014 REG.RIC. logo REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 16452 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da: -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avv.ti Rosita Salimbeni e Antonella Miele, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Roma, via Regina Margherita, 1; contro Ministero della Giustizia - D.A.P., in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; nei confronti di -OMISSIS-, non costituita in giudizio; per l'annullamento con ricorso introduttivo: - del provvedimento a firma del Provveditore Regionale del Lazio, Ministero della Giustizia, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Provveditorato Regionale del Lazio, Ufficio del Personale e della Formazione - Gestione del Personale Comparto Ministeri, in data 28 novembre 2014, PR09-0074945-2014, notificato alla ricorrente il successivo 1° dicembre 2014, mediante il quale viene prorogato alla medesima dott.ssa -OMISSIS-, dirigente penitenziario, l'incarico di direttore reggente della Casa di Reclusione di XXXX, in servizio di missione sino al 19 gennaio 2015; - del precedente decreto (notificato il 5 novembre 2014) a firma del predetto Provveditore Regionale, mediante il quale veniva conferito alla ricorrente lo stesso


incarico in via provvisoria, in servizio di missione fino al 30 novembre 2014; - per quanto occorrer possa, della nota prot. 23/RIS del 25 novembre 2014 del Provveditore Regionale indirizzata ai difensori; con primi motivi aggiunti: - del provvedimento, in data 16 gennaio 2015, a firma del Provveditore Regionale del Lazio, avente ad oggetto il “corretto svolgimento delle Relazioni sindacali”; - dell’ordine di servizio n. 7 del 15 gennaio 2015 della Direzione della Casa circondariale “XXXX”; con secondi motivi aggiunti: - dell'ordine di servizio n. 60 del 16 aprile 2015 della Direzione della Casa Circondariale "XXXX", avente ad oggetto "dirigenti penitenziari - attribuzione incarichi di gestione", conosciuto in data 23 aprile 2015; - della nota PR09-0032983-2015, in data 25 maggio 2015, del D.A.P., Provveditorato Regionale del Lazio, Ufficio del Personale e della Formazione - Gestione del Personale Comparto Ministeri, mediante la quale la ricorrente, come direttore aggiunto, è stata la sola esclusa dall'attività dì reggenza della direzione dell'Istituto circondariale di “XXXX” per il periodo di congedo straordinario del direttore titolare; - di ogni atto ad essi presupposto e/o conseguente, comunque connesso; per la cessazione di ogni condotta lesiva dei diritti ed interessi della ricorrente sul posto di lavoro e per il risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza dell'illegittimo comportamento tenuto dall'amministrazione resistente. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatrice la dott.ssa Laura Marzano; Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2017, i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con il ricorso introduttivo la dott.ssa -OMISSIS-, dirigente penitenziario in servizio presso la Casa circondariale XXXX”, ha impugnato il provvedimento con il quale le è stato prorogato l'incarico di direttore reggente della Casa di Reclusione di XXXX, in servizio di missione sino al 19 gennaio 2015 e il precedente decreto, notificatole il 5 novembre 2014, con cui le veniva conferito lo stesso incarico in via provvisoria, in servizio di missione fino al 30 novembre 2014. Il Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, si è costituito in giudizio per resistere al gravame. Con motivi aggiunti notificati il 17 marzo 2015 la ricorrente ha impugnato l’ulteriore provvedimento, in data 16 gennaio 2015, a firma del Provveditore Regionale del Lazio, avente ad oggetto il “corretto svolgimento delle Relazioni sindacali” e l’ordine di


servizio n. 7 del 15 gennaio 2015 della Direzione della Casa circondariale XXXX, chiedendo, altresì, l’immediata cessazione di ogni condotta lesiva dei suoi diritti sul posto di lavoro e il risarcimento dei danni ad essa conseguenti. Con ulteriori motivi aggiunti, notificati il 24 giugno 2015, la ricorrente ha impugnato l'ordine di servizio n. 60 del 16 aprile 2015 della Direzione della Casa Circondariale "XXXX", avente ad oggetto "dirigenti penitenziari - attribuzione incarichi di gestione" e la nota in data 25 maggio 2015, con la quale la ricorrente, come direttore aggiunto, è stata la sola esclusa dall'attività di reggenza della direzione dell'Istituto circondariale di XXXX per il periodo di congedo straordinario del direttore titolare. Alle camere di consiglio del 23 gennaio 2015 e del 24 aprile 2015 la ricorrente ha rinunciato alle relative istanze cautelari. In vista della trattazione del merito le parti hanno depositato scritti conclusivi. All’udienza pubblica del 13 giugno 2017 il difensore della ricorrente ha chiesto non tenersi conto dell’ultima produzione documentale dell’amministrazione, in quanto tardiva. All’esito della discussione la causa è stata trattenuta per la decisione. 2. La ricorrente, dirigente penitenziario presso la Casa Circondariale XXXX a decorrere dal 18 marzo 2006, rientrata in servizio dopo un periodo di malattia, in data 5 novembre 2014 si è vista notificare il decreto, a firma del Provveditore Regionale, dott.ssa -OMISSIS-, in data 22 settembre 2015, con il quale le veniva conferito, in via provvisoria, l'incarico di direttore reggente della Casa di Reclusione di XXXX, in servizio di missione fino al 30 novembre 2014 (doc. 2 del fascicolo di parte ricorrente). Pertanto, a far tempo dal 6 novembre 2014 la ricorrente prendeva servizio presso la Casa di Reclusione di XXXX e, al contempo, a mezzo dei suoi difensori, notificava all'Amministrazione un atto di diffida stragiudiziale, con contestuale istanza di accesso agli atti, con il quale chiedeva l'annullamento in via di autotutela del provvedimento di conferimento dell'incarico de quo, ritenuto illegittimo (doc. 4 id.). Dopo uno scambio di comunicazioni di reciproca contestazione (doc. 3 e 5 id.), l’amministrazione, in data 1 dicembre 2014, notificava alla ricorrente il decreto di proroga dell'incarico di reggenza sino al 19 gennaio 2015, sul presupposto asserito che tale proroga fosse stata condivisa. 3. Tali atti sono stati censurati con due motivi di seguito sintetizzati. 1) Violazione degli artt. 7 e 10 del D.Lgs. n. 63/2006 (recante l'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziario, a norma della legge 27 luglio 2005, n. 154), violazione degli artt. 3 e 97 Cost., violazione degli artt. 3 e 7 L. 241/90, eccesso di potere per falsità dei presupposti, illogicità, ingiustizia, contraddittorietà, sviamento: con tale motivo la ricorrente sostiene che il primo decreto sarebbe stato adottato in violazione degli artt. 7 e 10 D.Lgs. n. 63/2010, ossia senza verificare la disponibilità dei funzionari ad assumere l'incarico, senza considerare la situazione familiare della -OMISSIS-, in totale assenza di ragioni di urgenza mancando il presupposto del posto vacante, essendone titolare altra dirigente, la dott.ssa Patrizia Bravetti (a sua volta illegittimamente destinata alla temporanea reggenza dell'istituto circondariale di


XXXX, pur se sottoposta a procedimento penale), infine provocando l'interruzione dei progetti e delle attività di cui la ricorrente era responsabile presso l’istituto XXXX. Il secondo decreto, in data 29 novembre 2014, di proroga dell'incarico fino al 19 gennaio 2015, sarebbe illegittimo sia in via derivata, sia per l’ulteriore motivo di aver indicato il falso presupposto che "l'opportunità di prorogare l'incarico è stata condivisa con l'interessata". 2) Violazione degli artt. 1, 2, 4, 35, 97 Cost.; eccesso di potere per sviamento; contraddittorietà; irragionevolezza; illogicità ed ingiustizia manifesta: con tale motivo la ricorrente censura, in particolare, la nota del 25 novembre 2014, inviata dal Provveditore Regionale ai difensori della ricorrente in riscontro alla diffida, che, a suo dire, svelerebbe il clima e le reali finalità sottese all'adozione dei decreti impugnati. Si tratta della nota con la quale l’amministrazione: - imputa alla ricorrente di aver violato il diritto alla riservatezza della dirigente penitenziaria dott.ssa Bravetti per aver fatto menzione di una "vicenda personale" di quest'ultima, ossia l’esistenza del procedimento penale a suo carico; - sostiene che la ricorrente, prendendo servizio in XXXX, avrebbe prestato acquiescenza al provvedimento essendosi limitata ad una semplice diffida; - le addebita "un comportamento non consono ai doveri dei dirigenti delle pubbliche Amministrazioni chiamati ad operare secondo il dovere di lealtà". 4. Con i primi motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato la nota, in data 16 gennaio 2015, con cui le veniva contestato il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati rispetto ai rapporti con le organizzazioni sindacali e di non aver dato alcun apporto organizzativo e migliorativo del sistema, nonchè l'ordine di servizio n. 7 del 15 gennaio 2015 con cui le venivano sottratti i precedenti incarichi e le venivano affidati incarichi, a suo dire, diminutivi delle sue qualità professionali. Tali atti sono stati censurati per eccesso di potere per falsità dei presupposti, sviamento; contraddittorietà; irragionevolezza; illogicità ed ingiustizia manifesta, violazione degli artt. 1, 3, 32, 97 Cost. e dell’art. 2087 c.c.: in sintesi, secondo la ricorrente, il vero scopo dei decreti provvisori sarebbe rivelato dagli atti successivi e consisterebbe nella volontà di allontanarla dalla casa XXXX, sottraendole tutte le complesse attività già affidatele. Infatti, la nota del 16 gennaio 2015 conterrebbe accuse pretestuose e infondate, traducendosi, di fatto, in un giudizio negativo, inserito nel suo fascicolo personale, tale da incidere anche sulle successive valutazioni. L’ordine di servizio n. 7/2015 rappresenterebbe un vero e proprio atto di demansionamento. 5. Con i secondi motivi aggiunti la -OMISSIS-ha impugnato l'ordine di servizio n. 60 del 16 aprile 2015, avente ad oggetto "dirigenti penitenziari - attribuzione incarichi di gestione" - che, pur formalmente revocando l'ordine di servizio n. 7/2015, in realtà si risolverebbe in una reiterazione del contenuto del precedente - nonché la nota in data 25 maggio 2015, del D.A.P., Provveditorato Regionale del Lazio, con cui la ricorrente, come direttore aggiunto, è risultata l’unica dirigente esclusa dall'attività di reggenza della direzione dell'Istituto circondariale di XXXX per il periodo di congedo


straordinario del direttore titolare. Tali atti sarebbero viziati in via derivata. La ricorrente, in sintesi, sostiene che l'ordine di servizio n. 60/2015, come il precedente, avrebbe mantenuto a tutte le Colleghe della -OMISSIS-i precedenti incarichi, in ragione della "pregressa esperienza maturata" presso l'Istituto di appartenenza; viceversa li avrebbe sottratti alla ricorrente, e soltanto ad essa, fatta eccezione per il settore della cd. "Sorveglianza dinamica", avendoli inopinatamente il Direttore titolare avocati a sè, così rivelandone il reale intento, ossia sottrarre spazi di gestione dirigenziale alla ricorrente in modo da esautorarla e collocarla ai margini. Inoltre, al contrario di ciò che avveniva in precedenza, da quando la ricorrente è rientrata nell'Istituto XXXX, non è più stata individuata come direttore reggente in sostituzione del direttore titolare, nonostante tale necessità si presenti almeno una volta a settimana e, di recente, si sia presentata per venti giorni consecutivi. Conclusivamente la ricorrente ha chiesto la cessazione dei comportamenti lesivi di cui è destinataria e il risarcimento dei danni derivanti dall'illegittimo comportamento datoriale. 6. L’amministrazione si è difesa contestando tutti gli assunti della ricorrente, argomentando tra l’altro che la stessa avrebbe maturato risentimento per non aver superato l’interpello per l’assegnazione della Direzione titolare dell’Istituto XXXX. L’amministrazione ha, inoltre, eccepito l’inammissibilità dei motivi aggiunti facendo presente, infine, che, a seguito di adesione ad interpello, a far data dal 26 aprile 2017 alla ricorrente è stato conferito l’incarico della reggenza temporanea per tre mesi della Casa di Reclusione di Mamone in Sardegna, per quattro giorni a settimana. Infine l’amministrazione ha fatto rilevare come, in ogni caso, difettino nel caso di specie gli elementi costitutivi del cd. mobbing, essendone mancata del tutto la prova da parte della ricorrente. 7. Preliminarmente deve evidenziarsi come sia venuto meno l’interesse della ricorrente all’annullamento degli atti impugnati, ossia dei provvedimenti di assegnazione temporanea dell’incarico di reggenza della Casa di Reclusione di XXXX e gli ordini di servizio riguardanti l’Istituto XXXX, dal momento che i suddetti atti hanno esaurito i loro effetti, limitati nel tempo. In tale parte, dunque, il ricorso va dichiarato improcedibile. Quanto alla nota in data 16 gennaio 2015, a firma del Provveditore Regionale del Lazio, avente ad oggetto il “corretto svolgimento delle Relazioni sindacali”, il ricorso è inammissibile dal momento che trattasi di comunicazione priva di valore provvedimentale. Del pari inammissibile è il ricorso nella parte diretta a censurare la nota del 25 novembre 2014, trattandosi di nota che si inserisce nella interlocuzione sulla diffida inviata, dunque priva di valore provvedimentale. Sempre in via preliminare deve rilevarsi come risulti non più attuale anche la domanda tesa ad ottenere la cessazione dei comportamenti datoriali denunciati come lesivi degli interessi della ricorrente; invero da una parte risulta dagli atti che la ricorrente, a domanda, è stata assegnata temporaneamente ad altra sede in Sardegna; dall’altra,


la relativa istanza risulta sostanzialmente abbandonata negli scritti conclusivi, anche perché non suffragata da ulteriore documentazione a supporto dell’eventuale protrarsi nel tempo della denunciata condotta. Viceversa mantiene attualità la domanda per il risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza del denunciato comportamento, asseritamente tenuto dall'amministrazione resistente: a tal fine tutti gli atti impugnati e la documentazione prodotta vanno presi complessivamente in esame al fine di valutare la sussistenza, nel caso di specie, di tutti gli elementi costitutivi del mobbing, così come declinati dalla giurisprudenza. A tale proposito si rileva che la domanda della ricorrente non risulta delineata con precisione oscillando la relativa doglianza fra il demansionamento e il mobbing. Pertanto, all’esito dell’eventuale positiva delibazione dell’una o dell’altra, ovvero di entrambe le fattispecie, dovranno essere valutati l’esistenza e l’ammontare del danno. 8. Così perimetrato l’ambito dell’indagine demandata a questo giudice, è essenziale ripercorrere la scansione temporale degli eventi, al fine di verificare, preliminarmente, se siano configurabili gli estremi del mobbing. Ciò in quanto, a parere del Collegio, l’attribuzione alla ricorrente, dirigente penitenziario, dell'incarico di direttore reggente della Casa di Reclusione di XXXX, certamente non integra l’ipotesi del demansionamento, per quanto si dirà. La scansione temporale degli eventi, dunque, prende le mosse dal suddetto provvedimento, adottato il 22 settembre 2014 ma notificato soltanto il 5 novembre 2014 al rientro della ricorrente da un periodo di assenza per malattia (doc. 8 del fascicolo del ricorso introduttivo), primo atto impugnato che rappresenta l’incipit dell’intera vicenda denunciata (doc. 2 id.). Tale atto veniva immediatamente contestato dalla ricorrente, con diffida stragiudiziale del 15 novembre 2014 (doc.4 id.). Seguivano: - la nota di riscontro del Provveditorato Regionale in data 25 novembre 2014 (doc. 3 id.); - la nota di ulteriore contestazione a firma dei difensori, in data 26 novembre 2014 (doc. 5 id.); - il provvedimento di proroga dell’incarico fino al 19 gennaio 2015, adottato in data 28 novembre 2014 (doc. 1 id.). Nel 2015 si registrano i seguenti atti: - l’ordine di servizio n. 7 del 15 gennaio 2015 adottato dalla Direttrice -OMISSIS-, relativo alla rotazione degli incarichi presso la Casa Circondariale XXXX, che riguarda anche la ricorrente in vista del suo rientro a tempo pieno (doc. 2 del fascicolo dei primi motivi aggiunti); - la comunicazione del Provveditore Regionale -OMISSIS-, diretta alla ricorrente in qualità di Direttore reggente della Casa di Reclusione di XXXX (doc. 1 id.); - la nota di riscontro in data 19 gennaio 2015, a firma della -OMISSIS-, in tale ultima qualità (doc. 4 id.); - l’ordine di servizio a firma della Direttrice -OMISSIS-, n. 48 del 26 febbraio 2015


(doc. 9 id.), che integra il precedente n. 7/2015 incrementando le attribuzioni della -OMISSIS-; - l’ordine di servizio a firma della Direttrice -OMISSIS-, n. 60 del 16 aprile 2015, che annulla i precedenti e dispone temporaneamente per il futuro (doc. 1 del fascicolo dei secondi motivi aggiunti); - la nota del Direttore del DAP del Provveditorato Regionale, -OMISSIS-, in data 25 maggio 2015, che dispone la turnazione della reggenza per i 20 giorni di congedo ordinario della Direttrice -OMISSIS- (doc. 2 id.), affidata ai nominativi indicati da quest’ultima (docc. 4 e 6 id.). In modo coevo, nel periodo gennaio – giugno 2015, risultano comunicazioni interne, riguardanti la ricorrente, intercorse fra la Direttrice della Casa Circondariale XXXX, -OMISSIS-, e il Provveditore Regionale, dott.ssa -OMISSIS- (docc. 1, 2, 3 e 4 prodotti in data 2 maggio 2017); infine la nota del 28 settembre 2015, a firma della Direttrice della Casa Circondariale XXXX, -OMISSIS-, avente ad oggetto le deduzioni della -OMISSIS-sulle tematiche dedotte dalla ricorrente in ricorso in epigrafe (doc. 5 id.). Si tratta di atti non impugnati ma depositati quali elementi probatori a suffragio della tesi del disegno persecutorio. 9. Tanto chiarito in punto di fatto, il Collegio ritiene anzitutto che vadano qui richiamati e trascritti alcuni principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. ex plurimis: Cons. Stato, ad. plen., 19 aprile 2013, n. 7; id., sez. V, 12 giugno 2012, n. 1441; id., sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739; C.G.A., 24 ottobre 2011, n. 684; sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8291), in forza dei quali, testualmente: “a) nel giudizio risarcitorio che si svolge davanti al giudice amministrativo, nel rispetto del principio generale sancito dal combinato disposto degli artt. 2697 c.c. (secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda) e 63, comma 1 e 64, comma 1, c.p.a. (secondo cui l'onere della prova grava sulle parti che devono fornire i relativi elementi di fatto di cui hanno la piena disponibilità), non può avere ingresso il c.d. metodo acquisitivo tipico del processo impugnatorio, pertanto, il ricorrente che chiede il risarcimento del danno da cattivo (o omesso) esercizio della funzione pubblica, deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda; b) la qualificazione del danno da illecito provvedimentale rientra nello schema della responsabilità extracontrattuale disciplinata dall'art. 2043 c.c., conseguentemente, per accedere alla tutela è indispensabile, ancorché non sufficiente, che l'interesse legittimo sia stato leso da un provvedimento (o da comportamento) illegittimo dell'amministrazione reso nell'esplicazione (o nell'inerzia) di una funzione pubblica e la lesione deve incidere sul bene della vita finale, che funge da sostrato materiale dell'interesse legittimo e che non consente di configurare la tutela degli interessi c.d. procedimentali puri, delle mere aspettative o dei ritardi procedimentali; c) la prova dell'esistenza del danno deve intervenire all'esito di una verifica del caso concreto che faccia concludere per la sua certezza la quale a sua volta presuppone: l'esistenza di una posizione giuridica sostanziale; l'esistenza di una lesione, che è configurabile (oltreché nell'ovvia evidenza fattuale) anche allorquando vi sia una


rilevante probabilità di risultato utile frustrata dall'agire (o dall'inerzia) illegittima della p.a.; d) i doveri di solidarietà sociale che traggono fondamento dall'art. 2 Cost. , impongono di valutare complessivamente la condotta tenuta dalle parti private nei confronti della P.A. in funzione dell'obbligo di prevenire o attenuare quanto più possibile le conseguenze negative scaturenti dall'esercizio della funzione pubblica o da condotte ad essa ricollegabili in via immediata e diretta; questo vaglio ridonda anche in relazione all'individuazione, in concreto, dei presupposti per l'esercizio dell'azione risarcitoria, onde evitare che situazioni pregiudizievoli prevenibili o evitabili con l'esercizio della normale diligenza si scarichino in modo improprio sulla collettività in generale e sulla finanza pubblica in particolare; e) il mobbing, nel rapporto di impiego pubblico, si sostanzia in una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del dipendente nell'ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all'ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del medesimo dipendente, tale da provocare un effetto lesivo della sua salute psicofisica (Cons. Stato, Sez. VI, 12 marzo 2015 n. 1282). Pertanto, ai fini della configurabilità della condotta lesiva da mobbing, va accertata la presenza di una pluralità di elementi costitutivi, dati in particolare: a) dalla molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente secondo un disegno vessatorio; b) dall'evento lesivo della salute psicofisica del dipendente; c) dal nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell'integrità psicofisica del lavoratore; d) dalla prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio. La sussistenza di condotte mobbizzanti deve essere qualificata dall'accertamento di precipue finalità persecutorie o discriminatorie, poiché proprio l'elemento soggettivo finalistico consente di cogliere in uno o più provvedimenti e comportamenti, o anche in una sequenza frammista di provvedimenti e comportamenti, quel disegno unitario teso alla dequalificazione, svalutazione od emarginazione del lavoratore pubblico dal contesto organizzativo nel quale è inserito che è imprescindibile ai fini dell'enucleazione del mobbing (Cons. Stato, Sez. III, 14 maggio 2015 n. 2412). Conseguentemente un singolo atto illegittimo o anche più atti illegittimi di gestione del rapporto in danno del lavoratore, non sono, di per sé soli, sintomatici della presenza di un comportamento mobbizzante (Cons. Stato Sez. VI, 16 aprile 2015 n. 1945)”: (così testualmente: Cons. Stato, sez. VI, 28 gennaio 2016, n. 284). 10. Così tratteggiati i principi in materia di risarcimento da condotta illegittima del datore di lavoro, il Collegio ritiene che debba essere verificato se, nel caso di specie, siano ravvisabili gli elementi costitutivi del mobbing, come declinati nella richiamata pronuncia al punto e). In proposito innanzitutto deve rilevarsi che complessivamente gli atti impugnati


occupano un segmento temporale che va da settembre 2014 a maggio 2015, ossia un periodo di circa 8 mesi. Tali atti sono costituiti da: - un incarico, quello di reggenza della Casa di Reclusione di XXXX, per un periodo nominale di 4 mesi, ridottosi di fatto a soli 2 mesi e mezzo circa, a conclusione del quale è intervenuta la comunicazione del 16 gennaio 2015; - 2 ordini di servizio, ossia il 7/2015 integrato dal n. 48/2015, e il n. 60 del 16 aprile 2015, che annulla i precedenti e dispone temporaneamente per il futuro; - una nota del Direttore del DAP del Provveditorato Regionale, in data 25 maggio 2015, che nel disporre la turnazione della reggenza per i 20 giorni di congedo ordinario della Direttrice -OMISSIS-, la affida ai nominativi indicati dalla stessa e non anche alla ricorrente. A parere del Collegio gli atti descritti e la loro collocazione temporale portano ragionevolmente ad escludere che gli stessi possano qualificarsi alla stregua di una condotta del superiore gerarchico, complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del dipendente nell'ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all'ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del medesimo dipendente, tale da provocare un effetto lesivo della sua salute psicofisica. Innanzitutto depone in senso contrario a quanto sostenuto dalla ricorrente la limitata durata nel tempo della condotta censurata: 8 mesi sono, infatti, un periodo di tempo troppo breve perché possa parlarsi di condotta prolungata e reiterata. D’altra parte anche il carattere persecutorio, complessivamente espressione di un disegno vessatorio, difficilmente lo si può ricondurre all’attribuzione ad un dirigente carcerario di un incarico di reggenza di una Casa di Reclusione. Non a caso la disciplina che la ricorrente invoca, e che assume violata, definisce, quelli previsti nella tabella A allegata al D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 63, quali “incarichi superiori” (art. 7) e ne subordina il conferimento al rispetto di criteri tassativi: “a) risultati conseguiti nei programmi e negli obiettivi precedentemente assegnati; b) attitudini e capacità professionali del funzionario; c) natura e caratteristica degli obiettivi da conseguire” (art. 10). In definitiva, l’incarico temporaneo di reggenza della Casa di Reclusione di XXXX attribuito alla -OMISSIS-, a prescindere dalle modalità procedurali seguite, rappresenta senz’altro un incarico superiore del quale ben difficilmente chiunque potrebbe dolersi e che ancora più difficilmente può essere qualificato come l’atto iniziale di un disegno persecutorio protratto nel tempo. Il fatto che alla ricorrente il suddetto incarico non sia stato gradito non rende, per ciò solo, il relativo atto di conferimento illegittimo ovvero espressione di intento mobbizzante. Le considerazioni che precedono rendono recessiva ogni indagine ulteriore sulle denunciate violazioni procedimentali atteso che, quand’anche accertate, le suddette violazioni formali non ridonderebbero in illegittimità sostanziali dell’atto, qualificabili


in termini di contenuto persecutorio. Questo perché, come egregiamente chiarito dalla pronuncia del Consiglio di Stato innanzi richiamata testualmente, per accedere alla tutela del danno da illecito provvedimentale, è necessario, anche se non sufficiente, che l'interesse legittimo sia stato leso da un provvedimento (o da comportamento) illegittimo dell'amministrazione, reso nell'esplicazione di una funzione pubblica e che la lesione incida sul bene della vita finale, che funge da sostrato materiale dell'interesse legittimo e che non consente di configurare la tutela degli interessi c.d. procedimentali puri, delle mere aspettative o dei ritardi procedimentali. 10.1. Deve aggiungersi che, secondo i parametri innanzi declinati, ulteriore requisito per la configurabilità del mobbing è la sussistenza dall'evento lesivo della salute psicofisica del dipendente, nonché del nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell'integrità psicofisica del lavoratore. In proposito il Collegio osserva innanzitutto che la ricorrente non lamenta condotte lesive, in ipotesi poste in essere prima dell’atto di assegnazione dell’incarico temporaneo di reggenza della Casa di Reclusione di XXXX; ciò posto, il suddetto atto è stato adottato il 22 settembre 2014, ma è stato notificato soltanto il 5 novembre 2014, al rientro della ricorrente da un periodo di assenza per malattia (doc. 8 del fascicolo del ricorso introduttivo). In ricorso non è specificata la patologia per la quale la -OMISSIS-era assente dal lavoro nel suddetto periodo, fino al 5 novembre 2014; tuttavia, dalla documentazione versata in atti si rileva che la Direttrice del carcere, in data 22 giugno 2015 (doc. 4 dell’ultimo deposito) riferisce al Provveditore regionale che la ricorrente, dal settembre 2014, presentava “referti medici privi di diagnosi ma rilasciati dallo specialista in neurologia”. A tale proposito, fra la scarna documentazione medica prodotta dalla ricorrente, si rinviene (doc. 7 del fascicolo dei primi motivi aggiunti) un unico certificato, a firma della-OMISSIS-, neurologo, in data 2 aprile 2015, recante diagnosi di “-OMISSIS-”, in cui si aggiunge che “necessita pertanto di terapia farmacologica a parte precisata”. Infatti, in pari data, lo stesso medico neurologo prescriveva alla ricorrente -OMISSIS-) con relativi dosaggi. Tuttavia il Collegio rileva che (sempre come doc. 7 del fascicolo dei primi motivi aggiunti) risulta prodotta contestualmente dalla ricorrente anche una prescrizione farmacologica in data 14 ottobre 2014, a firma dello stesso medico neurologo, recante terapia farmacologica identica per tipologia e dosaggio. La suddetta produzione documentale, effettuata proprio dalla ricorrente, dimostra senza margini di dubbio che la -OMISSIS-era affetta dalla patologia consistente nello -OMISSIS-, per la quale necessitava di terapia costituita da -OMISSIS-, certamente almeno dal 14 ottobre 2014, ossia da una data antecedente la conoscenza, avvenuta solo il 5 novembre 2014, dell’atto di assegnazione dell’incarico temporaneo di reggenza della Casa di Reclusione di XXXX: atto al quale la ricorrente riconduce l’inizio del disegno persecutorio del superiore gerarchico. Come affermato dalla Sezione, elemento indefettibile per poter affermare la


ricorrenza del mobbing è il disegno persecutorio, in assenza del quale non rileva che si sia verificato il danno alla salute e alla vita di relazione, anche quando questo sia maturato ed esploso in tutta la sua portata inibitrice proprio sul posto di lavoro (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I Quater, 28 giugno 2016, n. 7494). Nel caso di specie, da una parte la sequenza temporale e la consistenza degli atti incriminati esclude in radice l’esistenza di una volontà persecutoria; dall’altra il danno alla salute che la ricorrente lamenta, e del quale non è dato dubitare in considerazione della documentazione medica prodotta, certamente non è ascrivibile per motivi temporali, tanto meno in termini di nesso eziologico, agli atti impugnati e ai comportamenti denunciati. 10.2. Per dovere di completezza non può sottacersi come, nel caso di specie, la condotta asseritamente mobbizzante del datore di lavoro sarebbe da imputare non soltanto alla Direttrice del Carcere -OMISSIS- ma anche al Provveditore regionale -OMISSIS- nonché al Direttore del DAP del Provveditorato Regionale, -OMISSIS-, così dovendosi spingere ad ipotizzare una sorta di complotto finalizzato a danneggiare la ricorrente; complotto che, oltre che essere difficilmente ipotizzabile in astratto, certamente non risulta concretamente dimostrato nè allegato in concreto. In questa prospettiva, a parere del Collegio, deve essere letta la nota, in data 25 maggio 2015, del Direttore del D.A.P., Provveditorato Regionale del Lazio, con cui la ricorrente, come direttore aggiunto, è stata la sola esclusa dall'attività di reggenza della direzione dell'Istituto circondariale di “XXXX” per il periodo di congedo straordinario di 20 giorni del direttore titolare. Considerato che l’individuazione dei nominativi è stata fatta, a monte, proprio dalla direttrice del carcere, l’esclusione della ricorrente dai turni di reggenza, (peraltro si trattava di pochi giorni), è agevolmente riconducibile alla situazione non serena creatasi fra la -OMISSIS-e la -OMISSIS-, senza che a tale atto debba necessariamente riconoscersi la valenza di atto persecutorio. 11. Esclusa, dunque, la configurabilità del mobbing, resta da verificare se gli ordini di servizio impugnati, in totale in numero di 2, possano essere intesi come atti di sostanziale demansionamento della ricorrente. In proposito il Collegio deve richiamare, in premessa, uno dei principi innanzi declinati, cui il Consiglio di Stato ricollega l’accoglibilità della domanda risarcitoria in subjecta materia, ossia la necessità di contemplare i doveri di solidarietà sociale, che impongono di valutare complessivamente la condotta tenuta dalle parti private nei confronti della P.A. in funzione dell'obbligo di prevenire o attenuare quanto più possibile le conseguenze negative scaturenti dall'esercizio della funzione pubblica o da condotte ad essa ricollegabili in via immediata e diretta. Esportando il superiore principio al caso di specie il Collegio deve necessariamente evidenziare come, secondo quanto emerge dal fascicolo di causa, la ricorrente abbia reagito subito in modo piuttosto energico, ancorchè lecito, con una diffida stragiudiziale a firma dei suoi legali, al primo degli atti impugnati, ossia all’assegnazione dell’incarico temporaneo di reggenza della Casa di Reclusione di XXXX: atto al quale, come si è visto, difficilmente può ascriversi lesività di sorta in


termini di volontà persecutoria, trattandosi di attribuzione di incarichi superiori. All’atto di diffida ha fatto seguito uno scambio ulteriore di reciproche contestazioni, ditalchè è agevole ricavare come si possa essere creato fra la ricorrente e l’amministrazione un clima non del tutto sereno che, certamente, non ha facilitato rapporti collaborativi e di reciproca fiducia. 11.1. Tanto considerato e passando all’esame del caso concreto, la ricorrente lamenta, in sintesi, che con gli ordini di servizio impugnati (rispettivamente con i primi e con i secondi motivi aggiunti), utilizzando lo scudo motivazionale del "principio di rotazione", in realtà attuato soltanto nei suoi confronti, tutte le sue colleghe avrebbero mantenuto i propri incarichi, in ragione della "pregressa esperienza maturala" presso l'Istituto di appartenenza, mentre soltanto a lei sarebbero stati sottratti i precedenti incarichi, ad eccezione del settore della cd. "Sorveglianza dinamica". Più in particolare, sia con l'ordine di servizio n. 7/2015, sia con il successivo ordine di servizio n. 60/2015, alla ricorrente sarebbero stati illegittimamente sottratti gli incarichi di gestione dell'Ufficio Matricola e del contenzioso, del C.D.T. e, in generale, dell'area sanitaria, inopinatamente avocati a sé dalla Direttrice, con la collaborazione, per quel che concerne il C.D.T., del direttore aggiunto, -OMISSIS-, tuttavia presente nell'Istituto di XXXX per soli due giorni alla settimana. Tale operato, secondo la ricorrente, lungi dal perseguire l’obiettivo fissato dalla legge di raggiungere la migliore organizzazione per una più efficace ed efficiente azione amministrativa, in realtà celerebbe l’intento di sottrarre spazi di gestione dirigenziale alla ricorrente, esautorandola. La ricorrente ricorda che, nella storia dell'Istituto, non è mai avvenuto che il Direttore titolare, che ha di per sé la responsabilità dell'intero Istituto, abbia mantenuto per sé detti incarichi, sottraendoli immotivatamente ai direttori aggiunti, per di più con la motivazione soltanto apparente di perseguire il "raggiungimento degli obiettivi", senza tener conto che la -OMISSIS-aveva sempre conseguito risultati di efficienza e di ottimale gestione, come costantemente riconosciutole. Relegare la ricorrente alla gestione dell'organizzazione della Sorveglianza dinamica ed al Nucleo Traduzioni e Piantonamento (NTP), salve, per quest'ultimo, le competenze del Coordinatore anche per la gestione del personale ivi assegnato, avrebbe avuto l’unico scopo di ledere la sua figura professionale. Di fatto le tre sezioni così attribuite alla -OMISSIS-di cui una, la sesta (quella della c.d. "sorveglianza dinamica"), non ancora completamente attivata, costituirebbero un incarico minore, considerato che i detenuti gestiti corrispondono complessivamente a 140 su una presenza totale di 850/900 ristretti. Inoltre tali sezioni, c.d. aperte, che ospitano perlopiù detenuti con posizione giuridica di "definitivo" - che rappresentano soltanto il 15% della popolazione totale dei detenuti, costituita per la maggior pane da coloro che sono ristretti in custodia cautelare – comporterebbero interventi limitati da parte del dirigente responsabile. Sarebbe significativo, secondo la ricorrente, che a fronte di un sistema da anni collaudato, si sia deciso di variare gli incarichi, segnatamente soltanto per lei, in concomitanza con la sua assenza (sia pure provvisoria) dall'Istituto di XXXX, per


essere stata destinata alla reggenza della C.R. di XXXX. A sostegno dell’evidenza del proprio demansionamento la ricorrente ripercorre i suoi precedenti incarichi, schematizzati come segue: - attività sanitaria ed organizzazione dei relativi servizi in ambito penitenziario con tutte le relative peculiarità; tale esperienza avrebbe determinato il precedente Direttore titolare dell'Istituto di XXXX ad assegnare alla ricorrente il reparto CDT (centro diagnostico terapeutico), articolato in tre piani (prima medicina, destinata fino a poco tempo fa ai detenuti con malattie infettive, oggi in ristrutturazione; seconda medicina con pazienti ristretti in osservazione clinica e trattamento terapeutico per patologie svariate e chirurgia, dotato di blocco operatorio, con possibilità di interventi di piccola chirurgia ambulatoriale "day surgery") dove vengono ricoverati detenuti che hanno problemi di salute e che debbono sottoporsi a trattamenti sanitari particolari; - cura, in coordinamento con il dirigente sanitario, degli aspetti relativi all'attivazione di una cucina CDT dedicata ai ristretti ricoverati ed a carico della Asl, con possibilità dì regimi dietetici a favore dei ristretti degenti; - competenza sulla prima sezione, costituita da detenuti lavoranti, con particolare libertà di movimento, e dotata di un'area protetta dedicata ai ristretti in osservazione psichiatrica; - dalla primavera del 2014, responsabilità della quinta sezione con regime di "vigilanza dinamica", ossia destinata ad ospitare detenuti pure loro lavoranti, come quelli della prima sezione, che trascorrono gran parte della propria giornata fuori della stanza di pernottamento/detenzione e che hanno meritato fiducia e dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione e trattamento; - responsabilità del settore "matricola", che ingloba la matricola sanitaria (l'ufficio destinato a curare tutte le registrazioni e comunicazioni dei detenuti autorizzati dall'autorità giudiziaria a visite e ricoveri in ospedali esterni o in strutture ospedaliere protette con relativa programmazione sulla base di codici di priorità fissati dai medici) e la matricola generale (ufficio che si occupa delle problematiche più rilevanti attinenti all'esecuzione penale con riferimento alla popolazione detenuta); in particolare alla ricorrente, quale dirigente responsabile della matricola, era stato assegnato l’incarico di seguire e curare gli adempimenti relativi all'emanazione dei nuovi istituti giuridici: la liberazione anticipata speciale, la nuova disciplina sull'espulsione dello straniero ed i relativi contatti con la questura -ufficio immigrazione-, le scarcerazioni conseguenti alla trasformazione dell'art. 73, comma 5, TU sugli stupefacenti, da attenuante a titolo autonomo di reato, nonché quelle relative al ripristino del trattamento sanzionatorio diversificato tra droghe leggere e droghe pesanti, l'introduzione dello strumento elettronico di controllo, il c.d. "braccialetto elettronico", l'introduzione dello strumento del reclamo giurisdizionale a favore dei detenuti ai sensi dell'art. 35 bis o.p.; - attribuzione del ruolo di referente per il contenzioso locale ai sensi dell'art. 35 bis e 35 ter o.p., oltreché responsabile per il nuovo servizio delle videoconferenze relativamente alte udienze dei detenuti on il magistrato di sorveglianza;


- individuazione della ricorrente quale dirigente incaricato dalla Scuola di Formazione del personale dell'amministrazione penitenziaria "Giovanni Falcone" per la docenza nel corso di "specializzazione per matricolisti" dedicato a tutti i coordinatori delle matricole degli Istituti della Repubblica che si è articolato in varie edizioni da maggio del 2014 a febbraio 2015. A fronte dei descritti pregressi rilevanti incarichi, con gli ordini di servizio impugnati la ricorrente lamenta di essere stata relegata, oltre che alla predetta Sesta sezione, a seguire esclusivamente il nucleo traduzioni e piantonamenti che sarebbe un servizio di polizia meramente esterno, organizzato sulla base di un modello operativo e dipendente quanto alle attività e funzioni dal Provveditorato/UST. Aggiunge la ricorrente che, a decorrere dal 20 gennaio 2015, nonostante le assenze dell'attuale direttore titolare, ella non è mai stata chiamata a svolgere una funzione di reggenza, risultando, anche in tale ambito, collocata ai margini della direzione. 11.2. Preliminarmente, con riguardo a tale ultima doglianza, va rammentato che nel pubblico impiego, nel caso di richiesta risarcitoria avanzata dai dipendenti con rifermento al demansionamento asseritamente sofferto, l'inadempimento datoriale è configurabile allorché le mansioni assegnate non corrispondano alla qualifica posseduta, e non certo in relazione ad una posizione solo anelata (Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 2014, n. 1941). Tanto premesso, le doglianze della ricorrente innanzi tratteggiate vanno necessariamente correlate al principio per cui, nel pubblico impiego, il demansionamento viene ravvisato nei casi di attribuzione di funzioni inferiori non rientranti nella qualifica di appartenenza; viceversa viene escluso quando il pubblico dipendente sia dismesso dalle funzioni sino a quel momento svolte (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 7 febbraio 2015, n. 2280). Dai provvedimenti impugnati risulta che alla -OMISSIS-sono state assegnate le tre Sezioni in cui si articola la sorveglianza dinamica, ossia la I, la V e la VI e le è stato affidato il servizio di NTP. Osserva il Collegio che, benchè nella descrizione delle sue mansioni la ricorrente abbia enfatizzato le precedenti ed abbia, invece, minimizzato quelle attuali, in nessuna parte della copiosa produzione difensiva ella ha allegato e, tanto meno, dimostrato che le siano state attribuite funzioni inferiori non rientranti nella qualifica di appartenenza; viceversa si è limitata a lamentarsi ripetutamente che le siano state tolte le funzioni sino a quel momento svolte. Peraltro, nell’enfatizzare le pregresse esperienze, la ricorrente le descrive come se le avesse svolte tutte, contestualmente fino al giorno prima; viceversa le stesse risultano maturate e spalmate, con relativo avvicendamento derivante dai periodici ordini di servizio e anche in ragione dell’avvio di nuove strutture, su un arco di oltre un decennio, a far data dal 2003 (come risulta dalla documentazione prodotta – cfr. doc. 3 del fascicolo dei secondi motivi aggiunti), laddove ciascun ordine di servizio è per sua natura temporaneo. Anche per il pubblico impiego la valutazione del demansionamento, posto a fondamento della domanda di danni, non può prescindere dalla verifica relativa alla rilevanza


concreta della sottoutilizzazione professionale, potendosi configurare la dequalificazione solo quale fatto duraturo e foriero di perdita di professionalità, e dovendosi necessariamente considerare gli inevitabili assestamenti conseguenti a modifiche organizzative comportanti la cessazione e l'avvio di nuove strutture operative (T.A.R. Liguria, sez. II, 16 giugno 2014, n. 929). In altri termini, le notevoli competenze e responsabilità attribuite alla -OMISSIS-nel corso di oltre dieci anni non possono essere assemblate, come invece ha fatto la ricorrente, in modo da creare la suggestione che siano state svolte tutte contestualmente e che, per converso, con gli ordini di servizio impugnati, ella sia stata totalmente esautorata con conseguente depauperamento del suo patrimonio professionale e della sua dignità lavorativa. Si tratta, a parere del Collegio, di una rappresentazione che non trova riscontro fattuale. Dunque, anche il denunciato demansionamento non è ravvisabile. Conclusivamente, per tutte le suesposte considerazioni, il ricorso e i motivi aggiunti, fermi restando i rilevati profili in rito, devono essere respinti. 12. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto della particolare natura delle questioni trattate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Prima Quater, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, in parte lo dichiara improcedibile e inammissibile, in parte lo respinge, come da motivazione. Condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio che liquida in € 1.000,00 (mille) oltre oneri di legge, se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2017 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Mezzacapo, Presidente Anna Bottiglieri, Consigliere Laura Marzano, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE Laura Marzano

IL PRESIDENTE Salvatore Mezzacapo

IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti


interessati nei termini indicati.


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