Raccolta di atti parlamentari 30 giugno 2016

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Raccolta di atti parlamentari http://www.laboratoriopoliziademocratica.it/index.php? option=com_content&view=category&id=27&Itemid=138


Petizione Firma e fai firmare

Revoca della licenza ai tassisti che ingannavano colleghi e passeggeri a Fiumicino https://www.change.org/p/comuni-di-roma-e-fiumicino-revoca-della-licenza-ai-tassisti-cheingannavano-colleghi-e-passeggeri-a-fiumicino

Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-13471 presentato da BRESCIA Giuseppe testo di Lunedì 13 giugno 2016, seduta n. 636   BRESCIA, LOREFICE e COLONNESE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:    in attuazione dell'Agenda europea sulla migrazione, e a norma della decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio che istituisce norme temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia, è stata redatta una Road map di attuazione degli impegni assunti dall'Italia che introduce i cosiddetti hotspot;    recentemente, il Ministero dell'interno ha reso pubbliche le «Procedure Operative Standard» (SOP) applicabili agli hotspot, un documento che illustra le indicazioni operative per le attività da svolgere al loro interno;    intese quali la Road map e successive «Procedure Operative Standard» (di seguito SOP), nonché la stessa Agenda europea sulla migrazione, non rappresentano una fonte normativa;    il decreto legislativo n. 142 del 2015 non menziona in alcun modo gli hotspot, né è possibile desumere che si tratti di centri di primo soccorso e accoglienza in quanto questi risultavano disciplinati, anche se sommariamente, prima dell'attivazione degli hotspot; non risultava inoltre previsto al loro interno il compito di separare i richiedenti asilo dai cosiddetti migranti economici, per giunta ad opera di funzionari di polizia, cosa non prevista da alcuna norma vigente;


nelle stesse SOP si specifica come l’hotspot possa anche essere inteso come approccio, tanto da prevedere un team mobile operativo anche al di fuori dei luoghi individuati come hotspot;    gli hotspot risultano non avere alcuna base giuridica nell'ordinamento italiano, né tantomeno all'interno della normativa dell'Unione europea;    la Costituzione italiana non prevede in alcun modo il trattenimento dei migranti per soli fini identificativi, eppure le SOP al punto B.3 indicano chiaramente che «la persona può uscire dall’hotspot solo dopo essere stata foto-segnalata (...)» senza alcuna garanzia rispetto alla procedura di trattenimento e ai tempi, conformemente con la normativa vigente;    la Corte europea dei diritti dell'uomo ha già condannato l'Italia, con la sentenza Khlaifia e altri c. Italia, per il trattenimento illegittimo a Lampedusa nel 2011 di alcuni cittadini tunisini, in seguito raggiunti anche da provvedimento di respingimento del questore;    la normativa italiana non consente in alcun modo che venga utilizzata la forza, o altra forma di coercizione, nei confronti dei migranti che rifiutino, ponendo una resistenza passiva, di farsi identificare;     le SOP prevedono esplicitamente al punto B.7.2.c che «Fino all'adozione di nuova normativa da parte del Governo italiano, si applicano la Circolare del Ministero dell'Interno n. 400/A//2014/1.308 del 25.09.2014 e le relative disposizioni sulle attività di foto-segnalamento tenendo conto che a tal fine, ove si renda necessario, è doveroso un uso della forza proporzionato a vincere l'azione di contrasto (...)»;    con nota del 10 febbraio 2016 n. 88/S.N. il sindacato UGL Polizia di Stato ha ritenuto di esprimersi per denunciare le criticità rispetto al «vuoto normativo» circa l'uso della forza nelle operazioni di foto-segnalamento e nella rilevazione delle impronte digitali i cittadini stranieri, ed italiani, contestando quanto espresso dalla circolare del Ministero dell'interno n. 400/A//2014/1.308, e circa il rischio di esporre il personale di polizia a conseguenze di rilevanza penale;    dalla loro apertura risulta siano state respinte sistematicamente le richieste di accesso della stampa all'interno degli hotspot motivando il diniego per «ragioni organizzative», l'ultimo episodio comprovato risulta in data 13 maggio 2016 quando il Ministero dell'interno ha rifiutato l'ingresso ad alcuni giornalisti nell’hotspot di Pozzallo;    con sentenza n. 4518/2012 il TAR del Lazio ha dichiarato illegittimo il divieto generico di ingresso a giornalisti all'interno dei centri di identificazione ed espulsione (C.i.e.), centri sotto diversi profili accomunabili agli hotspot;    le SOP prevedono che «altri soggetti, incluse le organizzazioni non governative, sulla base di singole autorizzazioni rilasciate dal DLCI, avranno diritto all'accesso per l'erogazione di specifici servizi, appositamente richiesti»;    secondo quanto previsto dalle SOP non risulta garantita in maniera efficace ai migranti l'informativa sulla normativa e nello specifico sulla possibilità di richiedere protezione internazionale ai sensi dell'articolo 8 della direttiva


2013/32/UE, principio ribadito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 5926, del marzo 2015, e per giunta richiamato dalla circolare ministeriale del 26 gennaio 2016, in particolar modo nella primissima fase di accesso che prevede una prima informativa cartacea, questa non terrebbe conto della pluralità di lingue conosciute dai migranti nonché della possibile presenza di analfabeti a cui tale prima fondamentale informativa sarebbe preclusa;    nelle SOP si conferma in più passaggi il ruolo centrale della polizia di Stato, dimostrando la priorità data agli accertamenti e alle indagini ai fini della sicurezza;    nel testo delle SOP si legge che «in caso di discrepanze fra questo e la legislazione vigente, si applica quest'ultima» –:    se e quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, affinché sia evitata ogni forma di limitazione della libertà personale contraria alla legislazione italiana;    se e in che modo intenda esprimere con chiarezza la contrarietà all'uso della forza nel rispetto della normativa vigente;    se non ritenga di garantire il diritto di cronaca attraverso l'accesso della stampa negli hotspot, indicandone le modalità ed evitando che vi sia una concessione dell'ingresso su basi discrezionali;    se non ritenga di consentire l'accesso ad avvocati, enti di tutela indipendenti ed altri esperti di settore, al di là di quanto previsto in maniera del tutto generica e restrittiva dalle SOP;    se non intenda riportare la centralità degli interventi ai temi dell'accoglienza e della tutela, piuttosto che alla criminalizzazione dell'immigrazione che dà grande centralità a metodi di polizia;    se non intenda revisionare con urgenza le linee guida SOP in tutti i punti che sono palesemente in contrasto con la normativa vigente, per evitare che vengano impropriamente applicate. (4-13471)

Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-13501 presentato da PAGANO Alessandro testo di Mercoledì 15 giugno 2016, seduta n. 638   PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:    con una nota a firma del segretario della Camera del lavoro Pino Pardo e del segretario provinciale del SILP — CGIL Lino Mastrantonio, sono state rese note le pessime condizioni strutturali, igieniche e funzionali del complesso che ospita il commissariato di polizia del comune di Niscemi, in provincia di Caltanissetta;    la nota dei due rappresentanti sindacali ha inoltre sottolineato come il peggioramento progressivo delle condizioni dello stabile, sia anche dovuto


all'impossibilità di effettuare i dovuti lavori di manutenzione, ordinaria e straordinaria;    una tale situazione di degrado ed inefficienza continua a manifestarsi nonostante si siano finora verificati due scioglimenti degli organi elettivi per infiltrazioni mafiose, nonostante vi siano stati numerosi casi di omicidio frutto delle guerre di mafia che si sono combattute sul territorio, nonostante persone innocenti ed oneste abbiano pagato con la vita il loro desiderio di legalità e di denuncia del malaffare;    in un tale contesto di criminalità diffusa, si assiste ad una situazione in cui il commissariato di Niscemi perde rilevanti unità di organico e figure professionali, la cui assenza impedisce un'adeguata erogazione dei servizi alla cittadinanza (dal basilare servizio di ricezione delle denunce all'indispensabile attività di controllo del territorio);    secondo la segreteria provinciale del SILP — CGIL, negli ultimi anni ben sette ufficiali di polizia giudiziaria (quattro sovrintendenti e tre ispettori) sono stati sottratti all'organico del commissariato di Niscemi, a causa di trasferimenti e pensionamenti, ma senza che si sia provveduto alla loro sostituzione;    si registrano addirittura dei casi di assistenti capo che avrebbero potuto raggiungere il riconoscimento professionale della promozione a sovrintendente e, nonostante ciò, sono stati costretti a rinunciare al corso ed alla qualifica in quanto altrimenti sarebbero stati trasferiti lontano da Niscemi;    il 10 giugno 2016, è scaduto il bando prefettizio per la ricerca di un immobile adeguato per il commissariato, ma, proprio come altre volte, sembra che non si sia pervenuti a nuove proposte in grado di permettere al commissariato di funzionare in maniera adeguata –:    se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa;    se non ritenga di intraprendere le dovute iniziative, di concerto con l'amministrazione comunale di Niscemi, affinché si possa garantire al commissariato della cittadina nissena una sistemazione idonea allo svolgimento dell'attività di polizia e controllo del territorio, magari utilizzando immobili comunali attualmente vuoti che, con dei lavori di adeguamento, potrebbero ospitare gli uffici ed il personale del commissariato di Niscemi;    se non ritenga di provvedere affinché il commissariato di Niscemi sia potenziato a livello di personale, sostituendo quanti siano stati trasferiti o siano andati in pensione. (4-13501)

Atto Camera Risoluzione in commissione 7-01025 presentato da MOLTENI Nicola testo di


Mercoledì 15 giugno 2016, seduta n. 638   La II Commissione,    premesso che:     dopo numerose sollecitazioni, sono stati assegnati di recente, da parte del Consiglio superiore della magistratura, presso il tribunale di Vicenza, nuovi magistrati, e precisamente 6, di cui due con funzioni inquirenti e 4 con funzioni requirenti. Tale nuove nomine consentiranno sicuramente di poter dare un aiuto fattivo alla drammatica situazione in cui versa detto tribunale;     purtroppo, seppur si stia cercando di sopperire alla carenza strutturale del tribunale di Vicenza con dette nuove nomine, al contrario, come ha ben ricordato il procuratore capo dottor Antonino Cappelleri, durante la cerimonia di insediamento, e come risulta da notizie apparse su quotidiani locali e su diversi siti web, «La giustizia non procede solo con i magistrati, (ho dovuto pescare) anche fra la polizia giudiziaria, per assegnare ai nuovi Pubblici Ministeri del personale di cancelleria. Tutti gli uffici scontano una pesante carenza di organico, che rende complessa l'attività quotidiana. E la coperta, da qualunque parte la si tiri, resta sempre molto corta», mentre, come sempre segnala il procuratore capo, i servizi di cancelleria sono al collasso;     se i servizi di cancelleria, necessari e prodromici al lavoro dei magistrati, rimanessero nelle condizioni prospettate, tenuto conto anche delle indagini in corso sulla Banca Popolare di Vicenza che probabilmente sfocerà in un ulteriore carico per le cancellerie, si creerebbe un disservizio tale che le nuove nomine di magistrati a poco servirebbero, e un utile nomina e rafforzamento dell'organico dei magistrati verrebbe immediatamente svilita e sarebbe priva, de facto, di effetti utili, impegna il Governo ad assumere le iniziative di competenze per porre rimedio urgente, anche mediante iniziative normative emergenziali, alla situazione di cui in premessa favorendo l'immediata ricostituzione dell'organico degli operatori giudiziari e consentendo alle cancellerie del tribunale di Vicenza di funzionare in modo efficiente ed efficace affinché possa essere svolto in tempi ragionevoli il ruolo che costituzionalmente è assegnato a detti uffici giudiziari. (7-01025) «Molteni, Busin».

Atto Camera Interpellanza 2-01399 presentato da MARTI Roberto testo di Martedì 21 giugno 2016, seduta n. 639


Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:    secondo quanto si apprende dai media, il Conapo Sindacato autonomo dei vigili del fuoco ha messo in atto una serie di mobilitazioni su tutto il territorio nazionale per denunciare la disparità di trattamento retributivo e pensionistico esistente tra i vigili del fuoco ed il personale degli altri Corpi dello Stato ad ordinamento civile;    il sindacato Conapo chiede di pervenire alla parità di trattamento mediante l'inserimento dei vigili del fuoco nel cosiddetto «comparto sicurezza» (con relative norme di perequazione previste dagli articoli 43 e 43-ter della legge n. 121 del 1981) o, in subordine, mediante l'estensione anche ai vigili del fuoco in applicazione dell'articolo 19 della legge n. 183 del 2010 (specificità lavorativa) di tali istituti retributivi e pensionistici da tempo riservati alle forze armate e di polizia in virtù del particolare servizio cui questo personale è sottoposto;    in particolare, gli esponenti del sindacato Conapo chiedono di istituire per i vigili del fuoco (compresi i funzionari direttivi) lo scatto dell'assegno funzionale ai 17,27 e 32 anni di servizio, già dal 1987 in godimento agli appartenenti alle forze di polizia ad ordinamento civile (articolo 6 del decreto-legge n. 387 del 1987 convertito, con modificazioni, alla legge n. 472 del 1987), di perequare tutti gli importi della indennità di rischio agli importi della indennità pensionabile attualmente corrisposta alle analoghe qualifiche degli appartenenti alle forze di polizia ad ordinamento civile, di istituire i 6 scatti aggiuntivi utili sull'importo della pensione nella misura già corrisposta, sin dal 1987, agli appartenenti alle forze di polizia ad ordinamento civile (articolo 6-bis del decreto-legge n. 387 del 1987 convertito, con modificazioni, dalla legge 472/1987), di istituire per il personale in uniforme dei vigili del fuoco l'aumento di servizio ai fini pensionistici di un anno ogni cinque così come già corrisposto, sin dal 1977, agli appartenenti alle forze di polizia ad ordinamento civile (articolo 3, comma 5 della legge n. 284 del 1977) e di istituire per il personale in uniforme vigili del fuoco direttivo e dirigente gli aumenti retributivi ai 13 e 23 e ai 15 e 25 anni di servizio, come attualmente già corrisposti (sin dal 1981) alle medesime qualifiche direttive e dirigenziali degli appartenenti alle forze di polizia ad ordinamento civile (articolo 43, commi 22 e 23 e articolo 43-ter della legge n. 121 del 1981);    al fine del reperimento delle risorse finanziarie occorrenti, il sindacato chiede di valutare anche la possibilità di utilizzare i risparmi di spesa derivanti dalla attuazione della legge n. 124 del 2015 relativa alla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione di quelli già vincolati per il riordino delle carriere delle forze di polizia –:    quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere al fine di equiparare il trattamento retributivo e pensionistico dei vigili del fuoco con quello degli altri Corpi dello Stato ad ordinamento civile mediante l'estensione delle norme esplicitate in premessa o l'introduzione di norme di analoga portata;    se ritengano opportuno affrontare sin da subito tale problematica visto che la


sperequazione retributiva e pensionistica denunciata perdura ormai da troppi anni. (2-01399) «Marti».

Atto Camera Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-02338 presentato da PESCO Daniele testo presentato Martedì 21 giugno 2016 modificato Mercoledì 22 giugno 2016, seduta n. 640   PESCO, GRILLO, ALBERTI, FICO, PISANO, RUOCCO e VILLAROSA. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:    il Corpo della Guardia di finanza, che fa parte delle Forze armate della Repubblica italiana, dipende dal Ministero dell'economia e delle finanze; la Guardia di finanza opera in molti settori delicati quali polizia tributaria,polizia economicofinanziaria, contrasto al traffico di sostanze stupefacenti, repressione dei reati di criminalità organizzata, riciclaggio del denaro;    tutti gli appartenenti alla Guardia di finanza sono tenuti ad attenersi in maniera rigorosa al principio della neutralità della pubblica amministrazione; tali principi si applicano vieppiù anche alle strutture apicali del Corpo per ovvie ragioni etiche, anche per stimolare nell'istituzione lo spirito dell'ammirazione verso i superiori gerarchici; pertanto, è tanto più tenuto al rigore nel proprio curriculum e nella propria azione quotidiana chi assume la carica di comandante della Guardia di finanza;    su Il Fatto quotidiano del 18 giugno 2016 (articolo intitolato «Inchiesta Sopaf, la mail di Toschi: “Mio fratello comanderà a Roma. Quanto di più utile per noi”», a firma di Giorgio Mielettie e Valeria Pacelli) si legge testualmente: «La famiglia Toschi ottimizzava le sinergie, come direbbe un bravo manager. C’è Giorgio, il fratello maggiore, pezzo grosso della Guardia di finanza, lanciato in una carriera che lo porterà nella primavera 2016, anno III dell'era renziana, sulla poltrona di comandante generale. C’è Andrea, il più giovane, impegnato nella finanza milanese, nel gruppo Sopaf dei numerosi e attivissimi fratelli Magnoni, figli di Giuliano, socio e consuocero di Michele Sindona. A capo della Adenium Sgr (società di gestione del risparmio), Toschi junior è particolarmente attivo nei rapporti con le casse previdenziali, in particolare con Enpam (medici) e Inpgi (giornalisti). Il 18 giugno 2011 Andrea Toschi scrive un'ispirata mail a uno dei suoi capi, Giorgio Magnoni: “Ho appena appreso da ’familiari’ che dal prox anno la Guardia di finanza avrà anche il compito di sorvegliare e verificare la documentazione relativa agli investimenti finanziari e ai processi organizzativi relativi a tutte le casse di previdenza. La Guardia di finanza collaborerà con la


Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione). (...) Meglio di così!! (...) Saluti” (...). Andrea Toschi è stato arrestato nel maggio 2014 e oggi è a processo con Aldo Magnoni e altri per associazione a delinquere: «Si associavano tra loro allo scopo di commettere più delitti di bancarotta fraudolenta, truffa aggravata, appropriazione indebita, frode fiscale, trasferimento fraudolento di valori finalizzato ad agevolarne il riciclaggio». Andrea Toschi è accusato dal giudice per le indagini preliminari di aver sfruttato «la propria rete di relazioni esterne per agevolare la realizzazione di operazioni illecite e conseguire i relativi guadagni». (...) Ma i magistrati hanno in mano un rapporto della Banca d'Italia, precisamente dell'Uif (Unità d'informazione finanziaria). C’è scritto che alla Banca di credito cooperativo di Anagni, che aveva fatto una «segnalazione di operazione sospetta», Toschi «si sarebbe presentato in banca affermando di essere il fratello del comandante generale della Guardia di finanza Giorgio Toschi». Barbara Rossato, responsabile del controllo rischi e funzione antiriciclaggio della Banca di credito cooperativo di Anagni, ha raccontato ai magistrati che Fabrizio Carracoi (anche lui a processo) chiese alla banca una fidejussione a garanzia di un progetto finanziario. L'operazione apparve «anomala». «A parere della banca – racconta Rossato – l'anomalia era dettata dal fatto che era risaputo che il Carracoi non era una persona che finanziariamente potesse sostenere una operazione del genere. La cosa che più ha insospettito la banca è stato il fatto che spendessero il nome di Andrea Toschi, presentato come fratello di un generale della Guardia di finanza». Su questo insieme di impressioni e mezze frasi deve fare chiarezza il tribunale di Milano. Ma il sospetto che Toschi junior usasse il nome del fratello per aggirare gli ostacoli sul suo cammino è confermato da un'altramail privata che Il Fatto quotidiano ha potuto leggere. Il 21 febbraio 2010 Toschi scrive al collega e amico Alberto Ciaperoni, oggi a giudizio con lui. All'interno di un lungo sfogo sui rapporti con la famiglia Magnoni, che non sembrano andare per il meglio, parte la cannonata: «Desidero anche informarti (mi raccomando la max riservatezza...) che proprio ieri ho avuto notizia (la notizia era già nell'aria da un po’...) che il mio fratellone con greca e stelle d'argento, verrà a Roma (entro giugno) a comandare quanto di più importante e utile per noi. Ti dico solo che tutti gli organi di vigilanza, gli istituzionali, il gotha romano, faranno la fila per essere da lui ricevuti ed invitati (...) Camporese e Falconi si sono già proposti per incontrarlo quanto prima. Secondo te io posso sbagliare? Possiamo sbagliare?». Puntualmente la notizia in anteprima trova conferma. A giugno Giorgio Toschi lascia il comando regionale della Toscana per approdare alla capitale come comandante della scuola di polizia tributaria della Guardia di finanza. Posizione prestigiosa: prende il posto di Saverio Capolupo, che in breve tempo diventerà comandante generale. E subito incontra Camporese, come il giornalista riferisce ai magistrati.»;    d'altronde, come si riscontra su Rainews 24 in merito a Camporese, «il giudice per l'udienza preliminare di Milano rinvia a giudizio altre nove persone per il crack della Sopaf Inpgi: rinvio a giudizio per il presidente Camporese. Accusato di truffa e corruzione. Il giudice per l'udienza preliminare di Milano ha rinviato a


giudizio il presidente dell'Inpgi Andrea Camporese e altre nove persone coinvolte in un filone dell'inchiesta sulcrack della holding Sopaf dei fratelli Magnoni»;    sempre dall'articolo riportato su Il Fatto quotidiano, si apprende poi delle «perplessità» sulla nomina di Toschi, manifestate da altre cariche istituzionali: «La resistenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a firmare la nomina di Toschi è stata piegata dal Premier Matteo Renzi, lasciando interdetti gli esponenti politici di peso che «per le vie brevi» avevano segnalato al Quirinale il sospetto che Andrea usasse il nome del fratello per mettere il turbo agli affari. Dopo l'arresto, Toschi ha respinto con vigore l'accusa. Nel primo interrogatorio, il 12 maggio 2014, i pubblici ministeri di Milano gli contestano il fatto: «Lei va in banca e dice “sono il fratello di un grosso generale della Guardia di finanza”». Lui reagisce: «E allora mi devono dire quali sono queste banche. Io non mi sono mai vantato. Mai nella mia vita, mai, di una situazione familiare. Mai» –:    se non sia il caso di riconsiderare la recente nomina del generale Toschi al vertice della Guardia di finanza, in considerazione dell'inopportunità della sua posizione in ordine ai fatti descritti in premessa, che può nuocere all'onore e portare disdoro all'istituzione del Corpo della Guardia di finanza. (3-02338)

Atto Senato Interrogazione a risposta orale 3-02958 presentata da LUIS ALBERTO ORELLANA giovedì 23 giugno 2016, seduta n.645 ORELLANA, LANIECE, ANITORI, MOLINARI, Fausto Guilherme LONGO, ZIN, FUCKSIA, MORGONI, BATTISTA, MASTRANGELI, BIGNAMI, DE PIETRO, LIUZZI, LO GIUDICE, BERGER - Al Ministro della giustizia - Premesso che: la casa circondariale "Torre del Gallo" di Pavia, seppur in condizioni di lieve sovraffollamento, desta più di qualche preoccupazione, con specifico riferimento al problema di manutenzione dell'edificio, la cui inadeguatezza va ricondotta alla costante mancanza di fondi; altra grave carenza è quella riferita al personale, con un numero di addetti nettamente inferiore a quello necessario e agenti di Polizia penitenziaria costretti agli straordinari e a fronteggiare singolarmente situazioni, in atto o in potenza, pericolose, quali aggressioni, tentativi di suicidio o atti di autolesionismo; è bene inoltre specificare che la casa circondariale di Pavia ospita 300 detenuti protetti, la cui rieducazione richiede personale altamente qualificato e un continuo trattamento di natura riabilitativa, tuttavia l'amministrazione dovrà gestire l'imminente apertura di un polo psichiatrico, richiedente personale medicosanitario ad oggi non individuato. La sezione psichiatrica ospiterà 20 detenuti, di


cui 10 subacuti provenienti da altre carceri e ospedali psichiatrici giudiziari e 10 con vizio di mente subentrato; a destare particolare preoccupazione è la condizione di un cittadino di nazionalità italiana affetto da patologia diabetica, le cui complicazioni hanno portato all'amputazione di un arto inferiore, costretto ad essere accudito nell'igiene quotidiana da un compagno di cella. Il signor A.G., sezione 1, non può lavarsi autonomamente perché il locale docce è sprovvisto dei corrimano e degli ausili necessari ai portatori di disabilità; inoltre, le condizioni psico-fisiche del signor G. appaiono come manifestamente incompatibili con la detenzione in una casa circondariale; i detenuti denunciano, altresì, il grave stato di decadimento delle sezioni 2, 5 e 6, nonché dei locali cucina del vecchio padiglione; inoltre nel locale docce va rilevata la costante presenza di muffe ed infiltrazioni, manopole usurate ed inutilizzabili, scarichi completamente tappati. Il servizio doccia deve pertanto essere effettuato in fasce orarie precise e solo in questo modo tutti i detenuti hanno la possibilità di provvedere alle proprie necessità di carattere igienico. Anche i locali della cucina versano in condizioni igienico-sanitarie particolarmente critiche, con la presenza di muffe, infiltrazioni, presenza di topi e calcinacci cadenti. La luce artificiale nella cella è fruibile solo tramite avvitamento manuale della lampadina pendente dal soffitto: operazione a rischio dell'incolumità fisica che richiede determinate abilità (non tutti i detenuti sono in condizioni di perfetta motilità); premesso altresì che: particolare preoccupazione destano inoltre le condizioni di vita dellaPolizia penitenziaria; difatti, l'organico è insufficiente, le divise carenti (fornite solo sporadicamente) e i turni di lavoro straordinario sistematici; i locali della caserma contano 62 inquilini e 15 stanze inagibili per i danni provocati dalle infiltrazioni di acqua piovana penetrate dal tetto, dal sistema elettrico ed idraulico obsoleti e dalla scarsa manutenzione. Le camere singole o triple sono estremamente anguste, poco funzionali, con bagni inadeguati per qualsiasi necessità. È stata inoltre riscontrata una presenza massiccia di muffe e calcinacci che rendono l'aria irrespirabile ed insalubre; il tetto è in condizioni tali da permettere periodicamente ai residui piovani di infiltrarsi nel quadro elettrico, ragione per cui è stata rimossa parte dell'illuminazione; è bene specificare che gli agenti di Polizia penitenziaria che vivono nella caserma, nonostante le condizioni precarie della struttura, sono comunque tenuti a pagare delle spese mensili per il soggiorno (44 euro per una stanza singola e 66 euro per una tripla); considerato che:


la Convenzione europea dei diritti dell'uomo non contiene alcun riferimento specifico alla condizione dei soggetti privati della libertà; a differenza di altri documenti internazionali, quali il Patto sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite del 1966 o la Convenzione americana sui diritti umani del 1969, l'art. 3 della Convenzione non statuisce alcun principio positivo di tutela in proposito; la lacuna della Convenzione, tuttavia, è stata colmata dall'attività giurisprudenziale della Corte europea di giustizia e della Commissione, gli organi giurisdizionali del Consiglio d'Europa, i quali hanno operato fin dalla metà degli anni '60 per riempire questo vuoto normativo; secondo la giurisprudenza elaborata a livello europeo sulla base dell'articolo 3 della CEDU, le condizioni detentive dei detenuti o delle persone sottoposte a custodia da parte della polizia sono rimesse alla tutela dello Stato, il quale è obbligato a garantire uno standard minimo delle condizioni delle carceri che tenga conto del rispetto della dignità dei detenuti; la Corte si è occupata per la prima volta delle condizioni detentive dei soggetti privati della libertà nel caso Kudla c. Polonia dell'ottobre 2000, fissando incidentalmente un elenco degli obblighi positivi che la Convenzione crea in capo agli Stati, con specifico riferimento all'obbligo generale di garantire che la detenzione si svolga in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana, nonché all'obbligo di assicurare che l'esecuzione della pena non causi sofferenze e angosce superiori a quelle fisiologicamente intrinseche alla punizione detentiva; tale orientamento è stato confermato in una sentenza successiva, ossia la Dougoz c. Grecia, grazie alla quale la Corte ha stabilito che le condizioni di detenzione non devono arrivare a rappresentare un serio danno alla salute del detenuto. Oggetto dell'analisi da parte dei giudici di Strasburgo sono state principalmente le condizioni igieniche, l'accesso a luce naturale o ventilazione, la possibilità di uscire dalla cella per un'attività ricreativa o lavorativa o, ancora, per svolgere esercizi fisici, l'assenza di privacy dentro la cella e, infine, ma non certamente meno importante, le condizioni di spazio all'interno dell'unità di detenzione; una svolta decisiva sul tema delle condizioni di detenzione si ha con la sentenza Kalashnikov c. Russia, nella quale emerge che la condizione subita dal ricorrente non era il frutto di un atteggiamento ostile dell'amministrazione penitenziaria o delle guardie nei suoi confronti, al contrario la Corte sottolinea in vari punti che non si rinviene una volontà di umiliare o ledere il detenuto, ma che vi è stata una partecipazione attiva delle guardie ad alleviare le sofferenze laddove possibile. La Corte ha pertanto rilevato che le condizioni di detenzione del signor Kalashnikov sono sintomatiche di una grave insufficienza degli standard penitenziari della Russia e che la causa del deficit strutturale è da imputare a ragioni economiche, con specifico riferimento alla mancanza di risorse finanziarie per modificare le infrastrutture, anche se vengono apprezzati gli sforzi per migliorare le condizioni di detenzione;


in tale sentenza la Corte ha stabilito che la sofferenza psichica e fisica patita dal ricorrente a causa del sovraffollamento e delle scarse condizioni igieniche, unita al periodo particolarmente lungo di detenzione in simili condizioni, hanno provocato una violazione dell'art. 3, indipendentemente dalla presenza di intenzionalità o meno di ledere o umiliare il detenuto da parte dell'amministrazione penitenziaria, si chiede di sapere: quali azioni il Ministro in indirizzo intenda adottare, con specifico riferimento alla casa circondariale "Torre del Gallo" di Pavia, al fine alleviare quanto prima le condizioni di disagio e sofferenza dei detenuti e degli agenti di Polizia penitenziaria; se intenda provvedere a un rimodernamento delle carceri a livello nazionale e a una contestuale implementazione dei programmi di educazione e formazione dei detenuti, al fine di migliorare direttamente le condizioni sanitarie all'interno delle strutture e promuovere la riabilitazione sociale dei detenuti, valutando a tal fine l'opportunità di attingere al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), al Fondo sociale europeo (FSE) e al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS). (3-02958)

Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-13538 presentato da TOFALO Angelo testo di Martedì 21 giugno 2016, seduta n. 639   TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:    è in corso di svolgimento il concorso interno per 1400 vice ispettori della polizia di Stato, concorso bandito nel mese di settembre 2013, per il quale sono state presentate circa 22.000 domande;    sembrerebbe che l'analisi dei compiti non sia stata uniforme, alla luce di quanto emerso dai candidati esclusi che hanno acquisito tutti gli atti del procedimento amministrativo, compresi tutti gli elaborati che la commissione ha giudicato idonei;    sembrerebbe che ci siano anomalie anche nella composizione della commissione che ha corretto i compiti –:    se sia stato e sarà garantito il precetto costituzionale di cui all'articolo 97, comma 1, secondo il quale «i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati secondo il quale il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione»;


quali determinazioni ed iniziative intendano intraprendere in merito al prossimo corso di formazione per vice ispettore della polizia di Stato visto che, da quanto emerge, sembrerebbero essere state disattese le norme sulla trasparenza nei concorsi pubblici e sulla formazione della commissione;    quali determinazioni ed iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato, atteso che nel ruolo degli ispettori della polizia di Stato vi è una carenza organica di oltre 11.000 posti, ossia oltre il 50 per cento della pianta organica. (4-13538)

Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-13517 presentato da CANCELLERI Azzurra Pia Maria testo di Martedì 21 giugno 2016, seduta n. 639   CANCELLERI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:    nel sud Italia e più precisamente in Sicilia, si registra un aumento del tasso di criminalità. Le statistiche parlano chiaro: le famiglie più a rischio per i furti in abitazione sono al Nord, mentre è nel Nord-ovest che sono più comuni i borseggi. Per le rapine vale l'opposto: esse tendono a verificarsi più spesso al Sud. Calabria, Campania, Sicilia e Puglia sono invece le regioni con il più alto tasso di omicidi;    un tasso che fa riflettere è anche quello della criminalità minorile, infatti è ormai noto come si evince da molte sentenze definitive, come le cosche mafiose da sempre prediligono l'utilizzo di adolescenti di 15-16 anni per la commissione di omicidi, e, anzi, hanno fatto di questa opzione una precisa strategia militare, contando sull'effetto sorpresa del ragazzino che apparentemente sta bighellonando sulla strada, mentre, in realtà, è armato e sta per portare a compimento una missione di morte; alla base dell'utilizzo dei minori vi è anche una cinica strategia processuale, informata delle meno gravi sanzioni previste dall'ordinamento penale nei confronti dell'imputato minorenne;    a questo vanno aggiunti i problemi che comporterà il programma del Ministero volto alla revisione degli uffici giudiziari delle corti di appello, secondo cui alcune verranno accorpate come nel caso di quella di Caltanissetta, che è l'unica in Italia ad occuparsi di processi di mafia a carico di minori;    indubbiamente la criminalità aumenta con il perdurare della crisi, ma ciò non toglie che buona parte di responsabilità sia dovuta ad un mancato controllo del territorio legato a diversi fattori, in primis alla mancanza di mezzi e di risorse umane. A questo si aggiunga che buona parte del personale di polizia ha superato l'età media dei 45 anni ed è demotivato per mancanza di incentivi remunerativi e di carriera e che i Governi che si sono succeduti negli ultimi 10 anni hanno effettuato tagli alla sicurezza per svariati miliardi di euro senza ridurre privilegi e sprechi. Le


forze dell'ordine, infine, sono ancora in attesa di un auspicato riordino delle carriere: negli uffici di polizia, per esempio, mancano gli uomini per effettuare regolari turni nell'arco delle 24 ore;    i presidi di legalità vivono ogni giorno disagi, come ad esempio il commissariato di polizia di Niscemi che in questi giorni è a rischio, sfratto; è necessaria la presenza dello Stato in un territorio nel quale va garantita la sicurezza e la serenità del cittadino e delle imprese che vi operano –:    quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda mettere in atto al fine di affrontare una situazione emergenziale quale quella descritta in premessa. (4-13517)

Atto Senato Interrogazione a risposta scritta 4-05974 presentata da ENRICO CAPPELLETTI martedì 21 giugno 2016, seduta n.641 CAPPELLETTI, MANGILI, DONNO, MORONESE, BERTOROTTA, MORRA, BLUNDO, LEZZI, PUGLIA, BOTTICI, PAGLINI, GIARRUSSO - Al Ministro della giustizia Premesso che: il decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002, recante "Recepimento dell'accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e dello schema di concertazione per le Forze di poliziaad ordinamento militare relativi al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003", all'art. 36, prevede alcune norme a tutela dei dirigenti sindacali; il comma 2 dispone che "Il dirigente che riprende servizio al termine del distacco o aspettativa sindacale può, a domanda, essere trasferito con precedenza rispetto agli altri richiedenti in altra sede dalla propria amministrazione, quando dimostri di aver svolto attività sindacale e di aver avuto domicilio negli ultimi due anni nella sede richiesta e nel caso non abbia nel frattempo conseguito promozioni ad altro ruolo a seguito di concorso"; considerato che: da un comunicato stampa della UILPA (Unione italiana lavoratori pubblica amministrazione) Polizia penitenziaria, diramato a seguito di una riunione, tenutasi in data 23 marzo 2016, presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, si apprende che molti sindacati rappresentativi utilizzano la norma citata con uno scopo diverso da quello per cui è stata prevista, che è quello di garantire il diritto del sindacalista ad essere distaccato presso altra sede per poter svolgere la propria attività; risulta agli interroganti che sempre più frequentemente giovani appena arruolati


nel corpo di Polizia penitenziaria, al termine della scuola di formazione, vengono posti in aspettativa sindacale, spesso non retribuita, "a tempo determinato" per 2 anni, il tempo necessario per ottenere il trasferimento presso la sede desiderata, solitamente vicino al luogo di residenza; tale fenomeno interesserebbe soprattutto le regioni del sud Italia, dove giovani poliziotti penitenziari, assegnati alle sedi del Nord, ottengono celermente il trasferimento, con precedenza rispetto ad altri che sarebbero in attesa di trasferimento da anni e la cui speranza di rientrare nei luoghi di provenienza diventa sempre più flebile; durante l'incontro svolto presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, come riportato dal citato comunicato della UILPA, è emerso che l'accoglimento delle richieste di trasferimento per altre motivazioni (assistenza di familiari diversamente abili ex legge n. 104 del 1992, espletamento di mandato elettorale, eccetera) è tutt'altro che automatico ed avviene dopo diversi anni di attesa; considerato inoltre che: il decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002, all'art. 31, rubricato "Distacchi sindacali", dispone che: "A decorrere dal 1 gennaio 2003 il limite massimo dei distacchi sindacali autorizzabili a favore del personale di ciascuna Forza di polizia ad ordinamento civile è determinato rispettivamente nei contingenti complessivi di sessantatre distacchi per laPolizia di Stato, di trentadue distacchi per il Corpo di polizia penitenziaria e di dieci distacchi per il Corpo forestale dello Stato"; l'ultimo comma dell'articolo citato dispone che "I periodi di distacco per motivi sindacali sono a tutti gli effetti equiparati al servizio prestato nell'amministrazione (...). I predetti periodi sono retribuiti con esclusione dei compensi e delle indennità per il lavoro straordinario e di quelli collegati all'effettivo svolgimento delle prestazioni"; il comunicato UILPA del 23 marzo 2016, in tema di aspettative sindacali non retribuite, riporta che "coloro che dal 2013 al 2015 sono stati trasferiti a seguito di aspettativa sindacale sono 45", mentre attualmente risultano in aspettativa sindacale 83 poliziotti penitenziari; considerato infine che il citato art. 36, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002, legittima i suddetti trasferimenti prevedendo espressamente la facoltà di trasferire il "dirigente che riprende servizio al termine del distacco o dell'aspettativa sindacale", ma non obbliga all'accoglimento del trasferimento, si chiede di sapere: se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa; quali misure intenda adottare per contrastare l'applicazione impropria della norma


che, a giudizio degli interroganti, comporta ingiusti privilegi e favoritismi per alcuni componenti del corpo di Polizia penitenziaria; quali iniziative intenda intraprendere per garantire che i trasferimenti vengano effettuati in presenza di reali esigenze ed al termine di un'attenta procedura valutativa, al fine di scongiurare automatismi e l'esercizio arbitrario del potere facoltativo previsto dalle norme; quali verifiche intenda promuovere per controllare la regolarità e la legittimità dei provvedimenti di trasferimento sinora emessi e se, del caso, non intenda disporne la revoca con efficacia immediata. (4-05974)

Atto Senato Interrogazione a risposta scritta 4-05957 presentata da ALDO DI BIAGIO martedì 21 giugno 2016, seduta n.641 DI BIAGIO - Al Ministro dell'interno - Premesso che: l'Unione europea, con la decisione della Commissione 91/398/CEE, e con le successive direttive 98/10/CE e 2002/22/CE, ha stabilito che ogni Stato membro debba adottare il 112 come numero unico europeo per le chiamate di emergenza; il Ministro delle comunicazioni, con decreto del 22 gennaio 2008, ha disposto la gestione unificata delle chiamate di emergenza indirizzate al 112 ed al 113, attualmente servite dalle centrali operative di Carabinieri ePolizia di Stato, senza però prevedere l'unificazione degli altri numeri telefonici di emergenza nel numero unico europeo 112; la settima sezione della Corte di giustizia europea, con sentenza del 15 gennaio 2009, ha condannato l'Italia per inadempienza della direttiva 2002/22/CE sull'istituzione del numero di emergenza unico europeo (art. 26, n. 3); successivamente, l'Italia si è adeguata progressivamente alle direttive europee, istituendo un numero unico di emergenza in alcune province, ed in particolare, l'Azienda regionale emergenza urgenza (Areu) della Lombardia è stata individuata come Ente incaricato di garantire l'operatività del 112; da ultimo, il 20 gennaio 2016, il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto attuativo per l'introduzione in Italia del numero unico per le emergenze 112; nella pratica si registrano, però, forti disagi e disservizi, considerato che al 112 rispondono i Carabinieri, che poi smistano le chiamate verso gli altri numeri;


di conseguenza, viene a mancare la ratio stessa dell'istituzione del numero unico, in quanto vengono comunque mantenuti i diversi numeri di emergenza, che continuano a funzionare individualmente; a giudizio dell'interrogante il 112, così come organizzato, non corrisponde all'idea del sistema unico della segnalazione, non aiuta e, anzi, sembra quasi un modo per evitare le sanzioni dell'Europa; sempre più spesso si registrano forti disagi da parte dell'utenza, che denuncia una scarsa efficienza e funzionalità del numero unico di emergenza, consapevoli che ogni minuto di ritardo nella risposta equivale, per chi ha bisogno di aiuto, ad un'eternità di tempo perso per il suo soccorso; è di tutta evidenza, infatti, che l'istituzione effettiva del numero unico aiuterebbe ad essere più efficienti nel soccorso, ad evitare sprechi e a risparmiare risorse, si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della situazione e se intenda disporre un coordinamento più efficace che garantisca un servizio così importante per la vita dei cittadini e di chi visita il nostro Paese, in grado, altresì, di ridurre i costi di gestione delle numerazioni di emergenza. (4-05957)

Atto Senato Interrogazione a risposta scritta 4-05953 presentata da FRANCESCO BRUNI martedì 21 giugno 2016, seduta n.641 BRUNI - Ai Ministri dell'interno e per la semplificazione e la pubblica amministrazione - Premesso che: secondo quanto si apprende dai media, il CONAPO, Sindacato autonomo dei Vigili del fuoco, ha messo in atto una serie di mobilitazioni su tutto il territorio nazionale per denunciare la disparità di trattamento retributivo e pensionistico esistente tra i Vigili del fuoco ed il personale degli altri Corpi dello Stato ad ordinamento civile; il sindacato CONAPO, con la propria iniziativa, ha chiesto che sia assicurata la parità di trattamento mediante l'inserimento dei Vigili del fuoco nel "comparto sicurezza" (con relative norme di perequazione previste dagli articoli 43 e 43ter della legge n. 121 del 1981) o, in subordine, mediante l'estensione anche ai Vigili del fuoco, in applicazione dell'art. 19 della legge n. 183 del 2010 (sulla specificità lavorativa), di taluni istituti retributivi e pensionistici da tempo riservati alle forze armate e di polizia in virtù del particolare servizio svolto; nel dettaglio, le richieste si sono incentrate: sull'istituzione per i Vigili del fuoco


(compresi i funzionari direttivi) dello scatto dell'assegno funzionale ai 17, 27 e 32 anni di servizio, già dal 1987 in godimento agli appartenenti alle forze di polizia ad ordinamento civile (art. 6 del decreto-legge n. 387 del 1987, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 472 del 1987); sulla perequazione di tutti gli importi dell'indennità di rischio agli importi dell'indennità pensionabile attualmente corrisposta alle analoghe qualifiche degli appartenenti alle forze di polizia ad ordinamento civile; sull'istituzione dei 6 scatti aggiuntivi utili sull'importo della pensione nella misura già corrisposta, sin dal 1987, agli appartenenti alle forze di poliziaad ordinamento civile (art. 6-bis del decreto-legge n. 387 del 1987); sull'istituzione per il personale in uniforme dell'aumento di servizio ai fini pensionistici di un anno ogni 5 così come già corrisposto, sin dal 1977, agli appartenenti alle forze di polizia ad ordinamento civile (art. 3, comma 5, della legge n. 284 del 1977); e, infine, sulla istituzione per il personale in uniforme direttivo e dirigente degli aumenti retributivi ai 13 e 23 e ai 15 e 25 anni di servizio, come attualmente già corrisposti (sin dal 1981) alle medesime qualifiche direttive e dirigenziali degli appartenenti alle forze dipolizia ad ordinamento civile (art. 43, commi 22 e 23, e art. 43-ter della legge n. 121 del 1981); preso atto che tali richieste sono state ulteriormente motivate alla luce della possibilità di utilizzare i risparmi di spesa derivanti dall'attuazione della legge n. 124 del 2015 relativa alla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione di quelli già vincolati per il riordino delle carriere delle forze di polizia, si chiede di sapere quali iniziative di propria competenza i Ministri in indirizzo intendano intraprendere, al fine di equiparare il trattamento retributivo e pensionistico dei Vigili del fuoco con quello degli altri Corpi dello Stato ad ordinamento civile, mediante l'estensione delle norme indicate o l'adozione di nuove previsioni normative di analoga portata, che consentano di eliminare la sperequazione retributiva e pensionistica denunciata. (4-05953)

Atto Camera Interrogazione a risposta in commissione 5-08974 presentato da GUIDESI Guido testo di Mercoledì 22 giugno 2016, seduta n. 640   GUIDESI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:    nel 2015 è stato indetto il bando di concorso per il reclutamento di n. 15 sottotenenti in servizio permanente effettivo del «ruolo speciale» del Corpo della Guardia di finanza, terminato in data 24 dicembre 2015 con la determina del


comando generale, che assegnava, per l'appunto, i predetti posti ai vincitori;    al concorso parteciparono oltre 100 candidati, risultandone idonei 36; la graduatoria finale pertanto era composta da 30 «altri ispettori» e 5 «laureati», rimanendo pertanto capiente di 21 militari risultati idonei, al netto dei quindici assegnatari dei posti;    in data 10 giugno 2016, il comando generale della Guardia di finanza, nonostante la predetta graduatoria aperta e capiente per n. 21 posti complessivi, invece che attingervi ha bandito un nuovo concorso per 15 posti, in contrasto con la ratio di spending review e di contenimento della spesa pubblica;    i recenti interventi del legislatore, infatti, sono orientati a far sì che in tutti i comparti del pubblico impiego, inclusi quelli speciali, le amministrazioni procedano prima all'esaurimento delle graduatorie vigenti ed ancora valide e solo successivamente procedano ad indire nuovi bandi concorsuali;    la stessa legge di stabilità per il 2016 ha previsto lo scorrimento delle graduatorie per altri comparti del pubblico impiego connotati da specialità (diplomatici, prefetti e avvocati dello Stato), in coerenza con l'obiettivo di contenimento dei costi;    peraltro, anche altre Forze di polizia ad ordinamento civile (Poliziadi Stato e penitenziaria) effettuano lo scorrimento delle graduatorie prima di bandire un nuovo concorso, per cui solo la Guardia di finanza e il Comando dei carabinieri si avvalgono ancora oggi del principio della discrezionalità amministrativa per motivare le scelte di reclutamento;    tale nuovo concorso, inoltre, appare ancora più insensato all'interrogante alla luce della prossima approvazione dei decreti legislativi sul riordino delle carriere nelle forze di polizia anche ad ordinamento militare come la Guardia di finanza, che dovrebbe contemplare la soppressione del «ruolo speciale» e l'entrata in vigore del periodo transitorio –:    come i Ministri interrogati ritengano che il nuovo bando di concorso indetto il 10 giugno 2016 richiamato in premessa si concilii con le esigenze di spending review considerato che per l'interrogante esso rappresenta un inutile e superfluo aggravio dei costi della spesa pubblica, alla luce sia della vigenza di una graduatoria di ben 21 idonei su 15 posti da ricoprire e sia della probabile prossima soppressione del ruolo speciale per cui il bando medesimo è bandito, e di conseguenza se e quali iniziative di propria competenza intendano adottare in coerenza con gli obiettivi dispending review. (5-08974)

Atto Camera Risoluzione in commissione 7-01030 presentato da VITO Elio testo di


Mercoledì 22 giugno 2016, seduta n. 640   Le Commissioni I e IV,    premesso che:     l'articolo 8, comma 1, lettera a) della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante: «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge, agosto 2016, uno o più decreti legislativi per modificare la disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali;    tra i principi e criteri direttivi da rispettare nell'esercizio della delega, con riferimento all'amministrazione centrale e a quella periferica, vi sono le modificazioni agli ordinamenti del personale delle forze di polizia, in aderenza al nuovo assetto funzionale e organizzativo, anche attraverso la revisione della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione in carriera tenendo conto del merito e delle professionalità, nell'ottica della semplificazione delle relative procedure, prevedendo l'eventuale unificazione, soppressione ovvero istituzione di ruoli, gradi e qualifiche e la rideterminazione delle relative dotazioni organiche, comprese quelle complessive di ciascuna forza di polizia, in ragione delle esigenze di funzionalità e della consistenza effettiva alla data di entrata in vigore della presente legge, ferme restando le facoltà assunzionali previste alla medesima data, nonché assicurando il mantenimento della sostanziale equiordinazione del personale delle forze di polizia e dei connessi trattamenti economici, anche in relazione alle occorrenti disposizioni transitorie, fermi restando le peculiarità ordinamentali e funzionali del personale di ciascuna forza di polizia;     il comma 4-bis, dell'articolo 7, del decreto-legge n. 185 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2016, reca una novella all'articolo 1, comma 5, della legge delega per la revisione dello strumento militare (legge n. 244 del 2012), aggiungendo la previsione in base alla quale una quota parte non superiore al 50 per cento dei risparmi di spesa di parte corrente di natura permanente derivanti da tale revisione, deve essere impiegato per adottare ulteriori disposizioni integrative entro il 1oluglio 2017, al fine di assicurare la sostanziale equiordinazione delle Forze armate e delle forze di polizia;     il tema del riordino delle carriere è uno dei temi più importanti per gli appartenenti alle forze del comparto sicurezza-difesa, impegnano il Governo:    ad aprire un confronto diretto con i rappresentanti del comparto sicurezzadifesa;    ad assumere iniziative normative volte:     a) ad affrontare il problema dell'allineamento delle distinte deleghe tra Forze armate e forze di polizia, in modo da permettere una effettiva equiordinazione tra gli operatori dei diversi comparti rispettando il principio di specificità del settore,


b) a stanziare le opportune risorse, senza le quali non ci potrà essere un vero riordino delle funzioni e delle carriere del personale. (7-01030) «Vito, Centemero, Palmizio, Gregorio Fontana, Secco». Atto Senato Ordine del Giorno 0/2389/5/0304 presentato da ALBERTO AIROLA martedì 21 giugno 2016, seduta n. 019 Il Senato, premesso che: il comma 4 dell'articolo 3 autorizza la spesa per l'impiego di un ufficiale dell'Arma dei carabinieri in qualità di Police Advisor presso l'Uganda Police Force, in attuazione dell'accordo di collaborazione tecnica tra l'Arma dei carabinieri e la Polizia ugandese nei settori della formazione e logistico, siglato a Kampala il 19 maggio 2015; considerato che: con riferimento meramente geografico a quanto innanzi citato si rammenta che l'Italia ha sottoscritto nel 2010 i cosiddetti "Emendamenti di Kampala allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale", già ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, adottati a Kampala l'11 giugno 2010; gli emendamenti in questione non sono mai stati ratificati dal Parlamento italiano; nonostante l'assenza di disegni di legge di iniziativa governativa, come da prassi, volti alla ratifica dell'accordo in titolo, neppure la presentazione, occorsa nel febbraio del 2015, dell'atto Senato 1692 - firmatario il sottoscrittore del presente atto - ha permesso al Senato di ratificare l'accordo citato o anche solo di vederlo incardinato presso la competente Commissione affari esteri, emigrazione; il presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, in un incontro a Bruxelles con alcuni europarlamentari del Movimento 5 Stelle, aveva garantito, già nei primi mesi del 2015, il suo impegno affinché l'Italia recuperasse l'inqualificabile ritardo nella ratifica di un accordo internazionale di tale importanza. Nonostante l'impegno governativo innanzi citato, alla data odierna non risultano depositati in Parlamento disegni di legge per la ratifica e l'esecuzione degli emendamenti di Kampala allo Statuto della Corte penale internazionale, ad eccezione del citato atto Senato 1692; ritenuto che: non possa sostenersi un'azione politica internazionale valida e coerente, nel campo della cooperazione e della collaborazione, con l'Uganda e non solo, se non in prosecuzione di un impegno del nostro Paese a riconoscere e sottoporsi alla disposizioni di cui agli Emendamenti di Kampala al citato Statuto della Corte Penale internazionale; edotto delle prerogative assegnate dall'articolo 71 della Costituzione; impegna il Governo: ad adoperarsi, entro sessanta giorni, al fine di presentare alle Camere un disegno


di legge governativo volto a ratificare e dare immediata esecuzione agli emendamenti di Kampala allo statuto della Corte Penale internazionale. (0/2389/5/0304) AIROLA, BERTOROTTA, LUCIDI, COTTI, MARTON, SANTANGELO

Atto Camera Interpellanza 2-01404 presentato da DI BATTISTA Alessandro testo di Lunedì 27 giugno 2016, seduta n. 642   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:    la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (cosiddetta «legge di stabilità») ha modificato il regio decreto legge 21 febbraio 1938, n. 246 convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, prevedendo al comma 153 lettera a) che «La detenzione di un apparecchio si presume altresì nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica e al comma 153 lettera b) chiarisce che «Il canone di abbonamento è, in ogni caso, dovuto una sola volta in relazione agli apparecchi di cui al primo comma detenuti, nei luoghi adibiti a propria residenza o dimora, dallo stesso soggetto e dai soggetti appartenenti alla stessa famiglia anagrafica, come individuata dall'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n.  223»;    sempre al comma 153, lettera c) si prevede poi che: «Per i titolari di utenza di fornitura di energia elettrica di cui all'articolo 1, secondo comma, secondo periodo, il pagamento del canone avviene in dieci rate mensili, addebitate sulle fatture emesse dall'impresa elettrica aventi scadenza del pagamento successiva alla scadenza delle rate»;    la legge di stabilità è pertanto chiara nello specificare che il canone verrà riscosso in bolletta esclusivamente per chi è titolare di utenza elettrica nel luogo di propria residenza anagrafica;    il successivo comma 154 demanda ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione di «termini e modalità per il riversamento all'Erario, e per le conseguenze di eventuali ritardi, anche in forma di interessi moratori, dei canoni incassati dalle aziende di vendita dell'energia elettrica [...]»;    da ultimo, il comma 156 dispone che per l'attuazione di quanto sopra «l'Anagrafe tributaria, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l'Acquirente Unico Spa, il Ministero dell'interno, i comuni, nonché gli altri soggetti pubblici o privati che ne hanno la disponibilità sono autorizzati allo scambio e


all'utilizzo di tutte le informazioni utili, e in particolare dei dati relativi alle famiglie anagrafiche, alle utenze per la fornitura di energia elettrica, ai soggetti tenuti al pagamento del canone di abbonamento alla televisione [...] nonché ai soggetti esenti dal pagamento del canone»;    in ragione di quanto sopra, pertanto, l'Agenzia delle entrate avrebbe dovuto richiedere ed ottenere — da parte delle anagrafi comunali — i dati relativi alla composizione dei nuclei anagrafici, e ciò al fine di imputare correttamente il canone/imposta Rai in bolletta, evitando duplicazioni illegittime di imposizione a soggetti non tenuti al pagamento del canone Rai perché già pagato da altro componente del nucleo familiare anagrafico;    tuttavia, l'Agenzia delle entrate non ha utilizzato i pubblici registri anagrafici ma ha, a giudizio degli interpellanti, con con procedure di dubbia legittimità, stabilito che l'intestatario di utenza elettrica residenziale, il cui canone/imposta Rai era già pagato da altro componente del nucleo familiare, avrebbe dovuto inviare apposita dichiarazione sostitutiva nella quale avrebbe dovuto indicare quale componente del proprio nucleo anagrafico già pagava il canone;    con provvedimento del 24 marzo 2016 (Definizione delle modalità e dei termini di presentazione della dichiarazione sostitutiva relativa al canone di abbonamento alla televisione per uso privato ai sensi dell'articolo 1, comma 153, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e approvazione del relativo modello) è stata infatti prevista la necessità per il contribuente — al fine di evitare doppie imposizioni illegittime di canone Rai in bolletta elettrica — di inviare una dichiarazione sostitutiva che il canone di abbonamento alla televisione per uso privato non deve essere addebitato in alcuna delle utenze elettriche intestate al dichiarante in quanto il canone è dovuto in relazione all'utenza elettrica intestata ad altro componente della stessa famiglia anagrafica, di cui il dichiarante comunica il codice fiscale;    tale violazione è stata peraltro segnalata da alcune associazioni dei consumatori come Aduc — Associazione per i diritti degli utenti e consumatori — che in particolare ha sottoposto all'attenzione della magistratura penale per mezzo di un esposto/denuncia per il reato di cui all'articolo 323 del codice penale, secondo il quale commette il reato di abuso d'ufficio il pubblico ufficiale che in violazione di norme di legge intenzionalmente procura ad altri (lo Stato) un ingiusto vantaggio patrimoniale (pagamento di imposte non dovute) e arreca ad altri (i contribuenti) un danno ingiusto, consistente o nel pagamento non dovuto di una imposta o alla assunzione di responsabilità penale per dichiarazioni attinenti fatti altrui;    tale prassi, e i relativi provvedimenti dell'Agenzia delle entrate, sembrano agli interpellanti non conformi con la legge di stabilità, e di fatto sovvertire il criterio di imputazione del canone Rai in bolletta che in questo modo non avviene più nei confronti di chi ha una bolletta intestata nell'abitazione di residenza, ma avviene nei confronti di tutti i cittadini italiani e stranieri residenti in Italia che siano intestatari di utenza elettrica residenziale, a prescindere dal luogo di residenza


anagrafica e a prescindere dal fatto che altro componente del nucleo familiare già assolva il pagamento dell'imposta, che così coprirebbe anche gli altri componenti dello stesso nucleo familiare;    il cittadino che si trovi in tale situazione, per evitare una imposizione illegittima, dovrà allora attivarsi e comunicare con apposita dichiarazione sostitutiva — la cui falsità comporta responsabilità penale anche in caso di erronea compilazione in buona fede — di non essere tenuto al pagamento del canone Rai sull'utenza elettrica residenziale a lui intestata poiché il canone per le tv che detiene è già pagato da altro componente del nucleo familiare;    tale prassi era stata peraltro criticata dal Garante per la protezione dei dati personali che, nel parere emesso sulla bozza di decreto ministeriale (Registro dei provvedimenti n. 192 del 27 aprile 2016), aveva stigmatizzato una simile decisione: «Suscita perplessità la scelta di individuare i soggetti obbligati al pagamento automaticamente, e in via presuntiva, attraverso i dati relativi alla tipologia di tariffa applicata per l'erogazione di energia D2 (clienti domestici con utenza nel luogo di residenza anagrafica) anche per i contratti stipulati antecedentemente al 2016, senza nemmeno effettuare preventive verifiche con i dati di residenza presenti in anagrafe tributaria. Ciò, in quanto i dati relativi all'indirizzo di fornitura dell'energia elettrica non sono «normalizzati» e, pertanto, non verificabili con quelli relativi alla residenza anagrafica del contribuente presenti anagrafe tributaria»;    il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 13 maggio 2016, n. 94 pubblicato in Gazzetta ufficiale del 4 giugno 2016 ed in vigore dal 5 giugno 2016, emanato con un ritardo di oltre tre mesi e mezzo rispetto a quanto imposto dalla legge di stabilità, a giudizio degli interpellanti illegittimamente conferma la bontà di tali prassi, così eccedendo la delega ricevuta dalla legge di stabilità;    la legge di stabilità demandava infatti al successivo decreto esclusivamente l'individuazione delle modalità di riversamento da parte delle società elettriche delle somme incassate in favore dell'erario, e non altro;    il decreto ministeriale n. 94 del 2016 viola per gli interpellanti altresì la stessa legge di stabilità, confermando quanto stabilito dall'Agenzia delle entrate, e cioè che il canone Rai verrà addebitato su tutte le utenze elettriche residenziali e non — come invece previsto dalla legge — sull'utenza elettrica intestata al contribuente nel luogo di propria residenza;    così facendo, il nominato decreto ministeriale e i provvedimenti dell'Agenzia delle entrate in materia violano per gli interpellanti inoltre l'articolo 6, comma 4, della legge n. 212 del 2000, cosiddetta «Statuto del Contribuente», poiché onerano il cittadino alla comunicazione di dati (la residenza anagrafica e la composizione del nucleo familiare) già in possesso della pubblica amministrazione;    prevede, difatti, l'articolo 6 — rubricato «Conoscenza degli atti e semplificazione» — al comma 4: «Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente. Tali documenti ed informazioni sono acquisiti ai sensi dell'articolo 18, commi 2 e 3,


della legge 7 agosto 1990, n. 241, relativi ai casi di accertamento d'uffici di fatti, stati e qualità del soggetto interessato dalla azione amministrativa»;    ancora, il nominato decreto ministeriale e i provvedimenti dell'Agenzia delle entrate in materia sembrano violare per gli interpellanti, per gli stessi motivi, la legge sul procedimento amministrative n. 241 del 1990 che — specularmente allo Statuto del contribuente — all'articolo n. 18 prevede che «i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti. Parimenti sono accertati d'ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare»;    a ciò si aggiunge che le dichiarazioni sostitutive richieste ai cittadini e agli stranieri residenti espongono il dichiarante a responsabilità penale in caso di falsità delle dichiarazioni: la possibilità di aver commesso e commettere in buona fede errori nella compilazione è decisamente elevata tenuto conto che dal mese di marzo fino a fine maggio si sono susseguite diverse indicazioni da parte dell'Agenzia delle entrate, peraltro rese esclusivamente tramite il sito web istituzionale; in questo senso, si riporta quanto evidenziato sul punte dal Garante per la protezione dei dati personali nel proprio parere: «Al fine di assicurare idonee garanzie ai contribuenti in relazione alla correttezza del trattamento dei dati nell'addebito del canone in bolletta, occorre quindi che venga assicurata la maggior consapevolezza possibile dei contribuenti in relazione alla circostanza che i dati acquisiti in sede di stipula del contratto per la scelta della tipologia di tariffa di fornitura dell'energia elettrica sono adesso utilizzati anche ai fini dell'addebito del canone, nonché in ordine alle modalità di aggiornamento/rettifica degli stessi». Tale richiesta del Garante al Ministero dello sviluppo economico è rimasta lettera morta;    l'Agenzia delle entrate ha pertanto deciso di partire non — come previsto dalla legge di stabilità dal dato anagrafico messo a disposizione dei comuni, ma dall'intestazione di una utenza elettrica residenziale: tale dato tuttavia non necessariamente rispecchia l'effettiva residenza dell'intestatario in quell'immobile, poiché per le più varie ragioni (da un mancato aggiornamento incolpevole ad una consapevole omissione nella comunicazione contrattuale con la società elettrica), è possibile che questi sia titolare di utenza elettrica intestata ma abbia residenza anagrafica altrove, con il proprio nucleo familiare che già paga il canone Rai;    l'intestatario si trova quindi davanti ad una scelta: da una parte può inviare la dichiarazione sostitutiva per non dover pagare illegittimamente il canone Rai già pagato dal familiare, così esponendosi alla modifica della tariffa elettrica applicata e al ricalcolo degli ultimi 5 anni di consumi con la tariffa non residenziale (dai rapporti AEEGSI, 34/2015/R/EEL, si stima un aumento medio del 50 per cento degli


importi per ogni anno); dall'altra si vede costretto ad accettare di pagare una imposta non dovuta di 100,00 euro (importo probabilmente di gran lunga inferiore all'ipotesi di ricalcolo delle tariffe elettriche);    così facendo, l'Agenzia delle entrate pone secondo gli interpellanti il cittadino nella condizione di pagare una imposta non dovuta, intromettendosi nella gestione di un rapporto contrattuale di tipo privatistico e favorendo indebitamente o l'erario o le casse dei gestori elettrici, quale indiretta remunerazione ulteriore rispetto a quella già cospicua, prevista dal decreto ministeriale;    di ciò ha dato conferma 12 direttrice dell'Agenzia delle entrate, Rossella Orlando, nel corso di un'audizione presso la commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria della Camera dei deputati dell'8 giugno 2016, durante la quale – secondo fonti di stampa – avrebbe dichiarato in merito: «È solo nell'ipotesi che un cittadino abbia più utenze elettriche intestate con la tariffa agevolata per prima casa, il che vorrebbe dire che è scorretto, che o cambia tariffa oppure paga il canone Rai»;    sempre nel corso della medesima audizione la direttrice dell'Agenzia delle entrate ha infine reso noti i dati ufficiali relativi alle dichiarazioni di esenzioni ricevute dall'Agenzia delle entrate, ovverosia 817.000 dichiarazioni. Si tratta di un numero particolarmente esiguo, come evidenziato dall'Aduc Associazione per i diritti degli utenti e dei Consumatori (http:// tlc.aduc.it/rai/comunicato/imposta+canone+ rai+polizia+morale+mafia+cioe_24497), poiché non riguarda le sole dichiarazioni di non detenzione di una tv, ma tutte le dichiarazioni pervenute, anche da parte di chi è titolare di utenza elettrica residenziale ma è già coperto dal canone Rai pagato da altro componente del nucleo familiare. L'esiguità delle dichiarazioni pervenute avvalora ancor di più quanto finora evidenziato –:    quali iniziative intenda il Governo assumere per porre rimedio alle criticità descritte in premessa in ordine ai provvedimenti adottati dall'Agenzia delle entrate e dal Ministero dello sviluppo economico che secondo gli interpellanti risultano di dubbia legittimità;    se sia intenzione del Governo assumere iniziative normative urgenti al fine di posticipare la riscossione in bolletta elettrica del canone Rai e consentire una corretta e compiuta informazione dei contribuenti. (2-01404) «Di Battista, Fico, Liuzzi, Caso, Scagliusi, L'Abbate, Manlio Di Stefano».

Atto Senato Interrogazione a risposta orale 3-02958 presentata da LUIS ALBERTO ORELLANA giovedì 23 giugno 2016, seduta n.645 ORELLANA, LANIECE, ANITORI, MOLINARI, Fausto Guilherme LONGO, ZIN,


FUCKSIA, MORGONI, BATTISTA, MASTRANGELI, BIGNAMI, DE PIETRO, LIUZZI, LO GIUDICE, BERGER - Al Ministro della giustizia - Premesso che: la casa circondariale "Torre del Gallo" di Pavia, seppur in condizioni di lieve sovraffollamento, desta più di qualche preoccupazione, con specifico riferimento al problema di manutenzione dell'edificio, la cui inadeguatezza va ricondotta alla costante mancanza di fondi; altra grave carenza è quella riferita al personale, con un numero di addetti nettamente inferiore a quello necessario e agenti di Polizia penitenziaria costretti agli straordinari e a fronteggiare singolarmente situazioni, in atto o in potenza, pericolose, quali aggressioni, tentativi di suicidio o atti di autolesionismo; è bene inoltre specificare che la casa circondariale di Pavia ospita 300 detenuti protetti, la cui rieducazione richiede personale altamente qualificato e un continuo trattamento di natura riabilitativa, tuttavia l'amministrazione dovrà gestire l'imminente apertura di un polo psichiatrico, richiedente personale medicosanitario ad oggi non individuato. La sezione psichiatrica ospiterà 20 detenuti, di cui 10 subacuti provenienti da altre carceri e ospedali psichiatrici giudiziari e 10 con vizio di mente subentrato; a destare particolare preoccupazione è la condizione di un cittadino di nazionalità italiana affetto da patologia diabetica, le cui complicazioni hanno portato all'amputazione di un arto inferiore, costretto ad essere accudito nell'igiene quotidiana da un compagno di cella. Il signor A.G., sezione 1, non può lavarsi autonomamente perché il locale docce è sprovvisto dei corrimano e degli ausili necessari ai portatori di disabilità; inoltre, le condizioni psico-fisiche del signor G. appaiono come manifestamente incompatibili con la detenzione in una casa circondariale; i detenuti denunciano, altresì, il grave stato di decadimento delle sezioni 2, 5 e 6, nonché dei locali cucina del vecchio padiglione; inoltre nel locale docce va rilevata la costante presenza di muffe ed infiltrazioni, manopole usurate ed inutilizzabili, scarichi completamente tappati. Il servizio doccia deve pertanto essere effettuato in fasce orarie precise e solo in questo modo tutti i detenuti hanno la possibilità di provvedere alle proprie necessità di carattere igienico. Anche i locali della cucina versano in condizioni igienico-sanitarie particolarmente critiche, con la presenza di muffe, infiltrazioni, presenza di topi e calcinacci cadenti. La luce artificiale nella cella è fruibile solo tramite avvitamento manuale della lampadina pendente dal soffitto: operazione a rischio dell'incolumità fisica che richiede determinate abilità (non tutti i detenuti sono in condizioni di perfetta motilità); premesso altresì che: particolare preoccupazione destano inoltre le condizioni di vita della Polizia penitenziaria; difatti, l'organico è insufficiente, le divise carenti (fornite solo sporadicamente) e i


turni di lavoro straordinario sistematici; i locali della caserma contano 62 inquilini e 15 stanze inagibili per i danni provocati dalle infiltrazioni di acqua piovana penetrate dal tetto, dal sistema elettrico ed idraulico obsoleti e dalla scarsa manutenzione. Le camere singole o triple sono estremamente anguste, poco funzionali, con bagni inadeguati per qualsiasi necessità. È stata inoltre riscontrata una presenza massiccia di muffe e calcinacci che rendono l'aria irrespirabile ed insalubre; il tetto è in condizioni tali da permettere periodicamente ai residui piovani di infiltrarsi nel quadro elettrico, ragione per cui è stata rimossa parte dell'illuminazione; è bene specificare che gli agenti di Polizia penitenziaria che vivono nella caserma, nonostante le condizioni precarie della struttura, sono comunque tenuti a pagare delle spese mensili per il soggiorno (44 euro per una stanza singola e 66 euro per una tripla); considerato che: la Convenzione europea dei diritti dell'uomo non contiene alcun riferimento specifico alla condizione dei soggetti privati della libertà; a differenza di altri documenti internazionali, quali il Patto sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite del 1966 o la Convenzione americana sui diritti umani del 1969, l'art. 3 della Convenzione non statuisce alcun principio positivo di tutela in proposito; la lacuna della Convenzione, tuttavia, è stata colmata dall'attività giurisprudenziale della Corte europea di giustizia e della Commissione, gli organi giurisdizionali del Consiglio d'Europa, i quali hanno operato fin dalla metà degli anni '60 per riempire questo vuoto normativo; secondo la giurisprudenza elaborata a livello europeo sulla base dell'articolo 3 della CEDU, le condizioni detentive dei detenuti o delle persone sottoposte a custodia da parte della polizia sono rimesse alla tutela dello Stato, il quale è obbligato a garantire uno standard minimo delle condizioni delle carceri che tenga conto del rispetto della dignità dei detenuti; la Corte si è occupata per la prima volta delle condizioni detentive dei soggetti privati della libertà nel caso Kudla c. Polonia dell'ottobre 2000, fissando incidentalmente un elenco degli obblighi positivi che la Convenzione crea in capo agli Stati, con specifico riferimento all'obbligo generale di garantire che la detenzione si svolga in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana, nonché all'obbligo di assicurare che l'esecuzione della pena non causi sofferenze e angosce superiori a quelle fisiologicamente intrinseche alla punizione detentiva; tale orientamento è stato confermato in una sentenza successiva, ossia la Dougoz c. Grecia, grazie alla quale la Corte ha stabilito che le condizioni di detenzione non devono arrivare a rappresentare un serio danno alla salute del detenuto. Oggetto dell'analisi da parte dei giudici di Strasburgo sono state principalmente le condizioni igieniche, l'accesso a luce naturale o ventilazione, la possibilità di


uscire dalla cella per un'attività ricreativa o lavorativa o, ancora, per svolgere esercizi fisici, l'assenza di privacy dentro la cella e, infine, ma non certamente meno importante, le condizioni di spazio all'interno dell'unità di detenzione; una svolta decisiva sul tema delle condizioni di detenzione si ha con la sentenza Kalashnikov c. Russia, nella quale emerge che la condizione subita dal ricorrente non era il frutto di un atteggiamento ostile dell'amministrazione penitenziaria o delle guardie nei suoi confronti, al contrario la Corte sottolinea in vari punti che non si rinviene una volontà di umiliare o ledere il detenuto, ma che vi è stata una partecipazione attiva delle guardie ad alleviare le sofferenze laddove possibile. La Corte ha pertanto rilevato che le condizioni di detenzione del signor Kalashnikov sono sintomatiche di una grave insufficienza degli standard penitenziari della Russia e che la causa del deficit strutturale è da imputare a ragioni economiche, con specifico riferimento alla mancanza di risorse finanziarie per modificare le infrastrutture, anche se vengono apprezzati gli sforzi per migliorare le condizioni di detenzione; in tale sentenza la Corte ha stabilito che la sofferenza psichica e fisica patita dal ricorrente a causa del sovraffollamento e delle scarse condizioni igieniche, unita al periodo particolarmente lungo di detenzione in simili condizioni, hanno provocato una violazione dell'art. 3, indipendentemente dalla presenza di intenzionalità o meno di ledere o umiliare il detenuto da parte dell'amministrazione penitenziaria, si chiede di sapere: quali azioni il Ministro in indirizzo intenda adottare, con specifico riferimento alla casa circondariale "Torre del Gallo" di Pavia, al fine alleviare quanto prima le condizioni di disagio e sofferenza dei detenuti e degli agenti di Polizia penitenziaria; se intenda provvedere a un rimodernamento delle carceri a livello nazionale e a una contestuale implementazione dei programmi di educazione e formazione dei detenuti, al fine di migliorare direttamente le condizioni sanitarie all'interno delle strutture e promuovere la riabilitazione sociale dei detenuti, valutando a tal fine l'opportunità di attingere al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), al Fondo sociale europeo (FSE) e al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS). (3-02958)

Atto Senato Interrogazione a risposta scritta 4-05974 presentata da ENRICO CAPPELLETTI martedì 21 giugno 2016, seduta n.641


CAPPELLETTI, MANGILI, DONNO, MORONESE, BERTOROTTA, MORRA, BLUNDO, LEZZI, PUGLIA, BOTTICI, PAGLINI, GIARRUSSO - Al Ministro della giustizia Premesso che: il decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002, recante "Recepimento dell'accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e dello schema di concertazione per le Forze di polizia ad ordinamento militare relativi al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003", all'art. 36, prevede alcune norme a tutela dei dirigenti sindacali; il comma 2 dispone che "Il dirigente che riprende servizio al termine del distacco o aspettativa sindacale può, a domanda, essere trasferito con precedenza rispetto agli altri richiedenti in altra sede dalla propria amministrazione, quando dimostri di aver svolto attività sindacale e di aver avuto domicilio negli ultimi due anni nella sede richiesta e nel caso non abbia nel frattempo conseguito promozioni ad altro ruolo a seguito di concorso"; considerato che: da un comunicato stampa della UILPA (Unione italiana lavoratori pubblica amministrazione) Polizia penitenziaria, diramato a seguito di una riunione, tenutasi in data 23 marzo 2016, presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, si apprende che molti sindacati rappresentativi utilizzano la norma citata con uno scopo diverso da quello per cui è stata prevista, che è quello di garantire il diritto del sindacalista ad essere distaccato presso altra sede per poter svolgere la propria attività; risulta agli interroganti che sempre più frequentemente giovani appena arruolati nel corpo di Polizia penitenziaria, al termine della scuola di formazione, vengono posti in aspettativa sindacale, spesso non retribuita, "a tempo determinato" per 2 anni, il tempo necessario per ottenere il trasferimento presso la sede desiderata, solitamente vicino al luogo di residenza; tale fenomeno interesserebbe soprattutto le regioni del sud Italia, dove giovani poliziotti penitenziari, assegnati alle sedi del Nord, ottengono celermente il trasferimento, con precedenza rispetto ad altri che sarebbero in attesa di trasferimento da anni e la cui speranza di rientrare nei luoghi di provenienza diventa sempre più flebile; durante l'incontro svolto presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, come riportato dal citato comunicato della UILPA, è emerso che l'accoglimento delle richieste di trasferimento per altre motivazioni (assistenza di familiari diversamente abili ex legge n. 104 del 1992, espletamento di mandato elettorale, eccetera) è tutt'altro che automatico ed avviene dopo diversi anni di attesa; considerato inoltre che: il decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002, all'art. 31, rubricato "Distacchi sindacali", dispone che: "A decorrere dal 1 gennaio 2003 il limite massimo dei distacchi sindacali autorizzabili a favore del personale di ciascuna Forza di polizia ad ordinamento civile è determinato rispettivamente nei contingenti complessivi di sessantatre distacchi per la Polizia di Stato, di trentadue distacchi


per il Corpo di polizia penitenziaria e di dieci distacchi per il Corpo forestale dello Stato"; l'ultimo comma dell'articolo citato dispone che "I periodi di distacco per motivi sindacali sono a tutti gli effetti equiparati al servizio prestato nell'amministrazione (...). I predetti periodi sono retribuiti con esclusione dei compensi e delle indennità per il lavoro straordinario e di quelli collegati all'effettivo svolgimento delle prestazioni"; il comunicato UILPA del 23 marzo 2016, in tema di aspettative sindacali non retribuite, riporta che "coloro che dal 2013 al 2015 sono stati trasferiti a seguito di aspettativa sindacale sono 45", mentre attualmente risultano in aspettativa sindacale 83 poliziotti penitenziari; considerato infine che il citato art. 36, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002, legittima i suddetti trasferimenti prevedendo espressamente la facoltà di trasferire il "dirigente che riprende servizio al termine del distacco o dell'aspettativa sindacale", ma non obbliga all'accoglimento del trasferimento, si chiede di sapere: se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa; quali misure intenda adottare per contrastare l'applicazione impropria della norma che, a giudizio degli interroganti, comporta ingiusti privilegi e favoritismi per alcuni componenti del corpo di Polizia penitenziaria; quali iniziative intenda intraprendere per garantire che i trasferimenti vengano effettuati in presenza di reali esigenze ed al termine di un'attenta procedura valutativa, al fine di scongiurare automatismi e l'esercizio arbitrario del potere facoltativo previsto dalle norme; quali verifiche intenda promuovere per controllare la regolarità e la legittimità dei provvedimenti di trasferimento sinora emessi e se, del caso, non intenda disporne la revoca con efficacia immediata. (4-05974) Atto Senato Interrogazione a risposta scritta 4-06016 presentata da MARIO MAURO lunedì 27 giugno 2016, seduta n.646 Mario MAURO - Ai Ministri dell'interno e della difesa - Premesso che: l'art. 8 della legge n. 124 del 2015, recante "Delega al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche", delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per modificare la disciplina della Presidenza del


Consiglio dei ministri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali; nel medesimo articolo 8, si individuano i seguenti principi direttivi ed i criteri: razionalizzazione, potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia; riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare, sicurezza e controllo nel settore agroalimentare, riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra forza di polizia, fatte salve le competenze del medesimo Corpo forestale di lotta attiva contro gli incendi boschivi e di spegnimento con mezzi aerei degli stessi da attribuire al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco; modificazioni agli ordinamenti del personale delle forze di polizia di cui all'art. 16 della legge n. 121 del 1981, in aderenza al nuovo assetto funzionale e organizzativo; il decreto legislativo recante disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia è orientato a privilegiare la presenza della Polizia di Stato nei comuni capoluogo e l'Arma dei Carabinieri nel restante territorio, inoltre si prevede l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nella stessa Arma dei Carabinieri e, in maniera ridotta, nella Polizia di Stato e nel Corpo dei vigili del fuoco; considerato che: in Molise sono collocate 26 stazioni del Corpo forestale dello Stato, divise in maniera equa tra la provincia di Campobasso e quella di Isernia; dal 1° settembre 2016 è previsto l'accorpamento del comando regionale dei Carabinieri del Molise con quello dell'Abruzzo, da cui prenderà origine la nuova legione chiamata "Abruzzo e Molise"; su tale proposta di piano di razionalizzazione è chiamato ad esprimersi in ultima istanza il Ministero della difesa; il venir meno di importanti presidi delle forze dell'ordine rappresenta un duro colpo per l'autonomia del Molise che di fatto si trova "impoverito" e senza i mezzi necessari per le azioni di prevenzione e di controllo; anche la temuta soppressione della Corte d'appello, unitamente agli uffici giudiziari o paragiudiziari segnerebbe la perdita e la cancellazione di fondamentali presidi di legalità nella regione; nelle relazioni presentate per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2016, dal procuratore generale e dal presidente della Corte d'appello di Campobasso si è evidenziato che per il Molise esiste il pericolo di infiltrazioni malavitose dalle aree geografiche limitrofe (Campania e Puglia); dalla medesima relazione sono evidenziati i seguenti aspetti: 1) che nel Molise resta ancora preoccupante il fenomeno dello spaccio e del consumo di sostanze stupefacenti; 2) che indubbia causa criminogena appare l'individuazione della regione, proprio per il tasso relativamente basso di criminalità, quale area idonea alla dimora protetta di numerosi collaboratori di giustizia; per appurare eventuali presenze di soggetti legati a clan camorristici, con particolare riferimento all'area venafrana, confinate con le province di Caserta e Frosinone, abitualmente elettive


per la dimora degli appartenenti a clan camorristici campani, sottoposti a misure di prevenzione, la Questura di Campobasso ha avviato, dal 2012, controlli per la verifica delle richieste di residenza effettuate in comuni della provincia da parte di cittadini provenienti dalla Campania; i cittadini, il territorio, in questo particolare momento necessitano sempre di più di una presenza numerosa e qualificata delle forze dell'ordine e delle forza di polizia; la sicurezza è un bene primario, per tutti i cittadini, riconosciuta nel nostro ordinamento costituzionale, si chiede di conoscere se i Ministri in indirizzo non ritengano di dover intervenire per porre in essere ogni iniziativa utile ad evitare la soppressione del comando regionale dei Carabinieri e a mantenere in essere, nonché potenziare, i presidi delle forze dell'ordine in Molise. (4-06016) Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-13624 presentato da BERRETTA Giuseppe testo di Mercoledì 29 giugno 2016, seduta n. 644   BERRETTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:    in data 27 giugno 2016 sul portale di informazione telematica « LiveSicilia Catania» è apparso un articolo a firma Roberta Fuschi che testimoniava la denuncia del segretario provinciale del Siap di Catania, Tommaso Vendemmia, riguardante le difficili condizioni in cui le forze di polizia operano nell'ambito dell'emergenza relativa allo sbarco dei profughi    le maggiori difficoltà riguardano l'identificazione e lo smistamento dei profughi nei diversi centri di accoglienza, solo l'ultimo sbarco ha portato nel porto di Catania 4.000 persone;    in molte città portuali come Taranto e Augusta sono stati realizzati degli « hot spot» per provvedere alle operazioni sopracitate;    dalla prefettura di Catania è giunta la proposta di realizzare tale struttura presso il Cara di Mineo;    tale scelta appare illogica, atteso che tale struttura dista 60 chilometri dal porto di Catania; sarebbe invece più efficiente ed efficace realizzare una tale struttura nelle più immediate vicinanze del porto e non nell'entroterra;    ciò a maggior ragione ove si consideri che il Cara di Mineo già oggi, senza un ulteriore carico di compiti, presenta numerose e gravi criticità e non assicura adeguati standard di accoglienza dei migranti. Senza considerare le numerose e gravi inchieste che coinvolgono amministratori del Cara e amministratori delle cooperative coinvolte nella gestione;    i rappresentanti sindacali delle forze dell'ordine hanno espresso dubbi in ordine a tale ventilata scelta –:    se non ritenga inopportuna la proposta della prefettura di Catania di realizzare un hot spot nella struttura di Mineo;


se non ritenga opportuno verificare la possibilità di realizzare l’hot spot nelle vicinanze del porto di Catania così da favorire e migliorare le condizioni, già di per sé difficilissime, in cui operano le nostre forze dell'ordine e facilitare le attività di identificazione e smistamento dei migranti. (4-13624) Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-13627 presentato da PILI Mauro testo di Mercoledì 29 giugno 2016, seduta n. 644   PILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:    sono quasi 1.400 i migranti arrivati in Sardegna in tre giorni: 737 domenica 26 giugno, 621 martedì 28 giugno;    in Sardegna si registra una vera e propria emergenza nel settore dell'accoglienza;    la prefettura di Cagliari ha dichiarato che con l'ultimo sbarco dalla nave spagnola Rio Segura, le quote destinate all'Isola, pari al 2,96 per cento del totale nazionale, sono state raggiunte, se non addirittura superate;    nei prossimi giorni non è escluso, in presenza di altri salvataggi nel Mediterraneo, che queste stesse quote vengano rimodulate al rialzo, destinando altri profughi alla Sardegna;    dei 621 migranti arrivati, 295 rimarranno nel cagliaritano, andando a sommarsi ai 350 di domenica, 187 sono destinati a Sassari (220 quelli di due giorni fa), 81 a Nuoro, che ne aveva già ricevuti 96, e, infine, 58 a Oristano, che vanno ad aggiungersi ai 70 di domenica;    la prefettura ha già pubblicato un nuovo bando per raccogliere le manifestazioni di interesse di nuove strutture per l'ospitalità;    emerge in tutta la sua gravità la questione dei minorenni non accompagnati che devono essere trasferiti in centri diversi da quelli degli adulti;    domenica 26 giugno 2016, sono arrivati 140 tra ragazzi e bambini, il 28 oltre cento;    si registra una tensione in tutta l'Isola senza precedenti con continue proteste dei migranti che chiedono di lasciare al più presto l'Isola;    nei giorni scorsi nel comune di Sadali si è registrata una vera e propria rivolta contro il proprietario della struttura, la cui auto è stata gravemente danneggiata a colpi di bastone;    sono intervenute anche in questo caso numerose forze dell'ordine, una decina di auto di polizia e carabinieri;    tutto questo sta letteralmente smobilitando i servizi ordinari delle forze di polizia creando gravissimi disagi in tutta l'Isola;    emerge che i servizi immigrazione delle questure sono di fatto rimasti inalterati nelle forze a disposizione con gravissimi ritardi nell'espletamento del lavoro –:    se non intenda assumere iniziative per bloccare qualsiasi nuovo sbarco in Sardegna per le ragioni richiamate e soprattutto per quello che appare all'interrogante il chiaro tentativo di isolare tali migranti con la creazione di notevoli tensioni che mettono a rischio la sicurezza non solo delle forze dell'ordine;    se non si intenda verificare l'adeguatezza delle strutture utilizzate per


l'accoglienza, con particolare riferimento alle norme sulla sicurezza;    se non si intenda affrontare il tema degli organici delle forze dell'ordine, considerata anche la peculiarità insulare della Sardegna. (4-13627)

Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-13631 presentato da RICCIATTI Lara testo di Mercoledì 29 giugno 2016, seduta n. 644   RICCIATTI, MELILLA e QUARANTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:    il sindacato di polizia Siulp, per il tramite del segretario della provincia di Pesaro e Urbino Marco Lanzi, ha denunciato le condizioni di difficoltà del personale nell'adempiere ai doveri di istituto a causa della carenza del personale. In particolare, il segretario del Siulp, ha segnalato come nella notte tra domenica 26 e lunedì 27 giugno non era disponibile alcuna volante della polizia per l'ordinario servizio di pattuglia a causa della assegnazione della stessa al servizio scorta per otto profughi sbarcati nei giorni scorsi sulle coste siciliane, trasferiti da Montemarciano (Ancona) a Pesaro (fonte: Il Messaggero, ed. Pesaro, del 28 giugno 2016);    la segnalazione riportata è allarmante soprattutto in relazione al particolare periodo dell'anno, la stagione estiva, caratterizzata dal moltiplicarsi di furti e di episodi di microcriminalità, e dalla necessità di garantire l'ordine pubblico nelle diverse manifestazioni estive che interessano le città rivierasche della provincia di Pesaro;    il Ministero dell'interno ha disposto l'assegnazione per l'estate di 5 agenti della polizia di Stato e di 7 carabinieri, nonché di ulteriori 5 unità, che entreranno nell'organico della questura di Pesaro e Urbino in modo permanente;    tuttavia, ad oggi, come sottolinea lo stesso sindacato di polizia Siulp, la pianificazione dei carichi di lavoro non pare adeguata alle necessità di sicurezza ed ordine pubblico, in quanto parte rilevante del lavoro legato alla gestione dell'emergenza profughi ricade sulla polizia di Stato –:    se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;    quali iniziative intenda adottare per garantire una più efficace tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nei comuni rivieraschi della provincia di Pesaro e Urbino;    se non intenda fornire chiarimenti in merito alle linee guida inviate alle prefetture sulla distribuzione delle incombenze tra le varie forze di polizia in ordine alla gestione dei profughi. (4-13631) Atto Camera Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-02354 presentato da CIRIELLI Edmondo testo presentato


Martedì 28 giugno 2016 modificato Mercoledì 29 giugno 2016, seduta n. 644   CIRIELLI, RAMPELLI, GIORGIA MELONI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:    nonostante le promesse del Governo la situazione nelle carceri italiane resta critica, aumentano i casi di recidiva e non accenna a diminuire il numero dei reclusi;    l'ultima edizione del rapporto «Space» del Consiglio d'Europa, contenente le statistiche annuali relative alla popolazione carceraria degli Stati membri, qualifica l'Italia come l'undicesimo Paese «maglia nera» per numero di carcerati rispetto alla capacità delle prigioni;    appena dieci giorni fa il Sindacato autonomo degli agenti di polizia penitenziaria ha affermato che sarebbero oltre ottomilatrecento i detenuti senza posto, denunciando come la situazione nelle carceri stia «tornando a livelli allarmanti»;    questi dati, secondo gli interroganti, dimostrano il completo fallimento delle politiche messe in atto dai Governi succedutisi in questi ultimi anni, tutte improntate al «perdonismo» e dirette unicamente a svuotare le carceri senza eseguire interventi strutturali che possano risolvere l'emergenza carceraria sul lungo periodo;    occorre, invece, investire sulla funzione rieducativa della pena, in primo luogo attraverso il miglioramento delle condizioni di vivibilità in carcere, sia per i detenuti sia per gli agenti di custodia, e in secondo luogo attraverso investimenti destinati all'assunzione di sociologi e assistenti sociali, favorendo il lavoro esterno e con ciò il reinserimento sociale dei detenuti;    gli agenti di polizia penitenziaria, che svolgono un ruolo particolarmente delicato e dovrebbero essere adeguatamente valorizzati e messi nelle condizioni di lavorare, versano da anni in una condizione di cronica carenza d'organico che oltre ad aggravare il loro lavoro ne mette a rischio anche l'incolumità personale;    è necessario costruire nuove carceri o aprire quelle già ultimate ma mai messe in servizio, che siano in linea con gli standard europei, attraverso cui offrire una sistemazione dignitosa ai carcerati, permettendo loro di fare un percorso rieducativo e smettendo, invece, di adottare provvedimenti dannosi come i cosiddetti «svuota carceri», che scardinano il sistema punitivo e creano insicurezza sociale –:    quali iniziative intenda assumere con riferimento alle problematiche di cui in premessa. (3-02354)


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