Monetizzazione congedo - Varie sentenze sullo specifico argomento

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La Suprema Corte ha affermato il diritto del lavoratore a percepire l'indennità sostitutiva per le ferie non fruite a causa di malattia. Nel caso di specie la Corte d'Appello aveva rigettato la domanda proposta dal lavoratore, diretta al riconoscimento della sua indennità sostitutiva delle ferie maturate e non godute, al momento del suo collocamento al riposo, a cause di lunghe assenze per malattia, sulla base del fatto che il contratto collettivo di appartenenza prevedeva come unica ipotesi di pagamento dell'indennità il fatto che il mancato godimento delle ferie fosse motivato da "esigenze di servizio", ciò che nel caso concreto non era avvenuto. La Suprema Corte, ricordando che il diritto alle ferie gode di una tutela rigorosa, di rilievo costituzionale, visto che l'art. 36, terzo comma, Cost. prevede testualmente che "il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi", ha precisato che "l'indennità sostitutiva, oltre a poter avere carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita del bene (il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l'opportunità di svolgere attività ricreative e simili) al cui soddisfacimento l'istituto delle ferie è destinato, per un altro verso costituisce un'erogazione di natura retributiva, perché non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive, ma più specificamente rappresenta il corrispettivo dell'attività lavorativa resa in un periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perché destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l'eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse.". La mancata monetizzazione in caso di mancata fruizione del congedo a causa della malattia è in contrasto anche con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'UE che, con sentenze C-350/06 e C-520/06, ha chiarito che "l'articolo 7 della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che sebbene la norma nazionale possa stabilire dei limiti temporali per il godimento delle ferie dalla loro maturazione, non è ammissibile escludere il diritto all'indennità finanziaria sostituiva quando i dipendenti siano in congedo per malattia". ________________________________________________________________-

LAVORO (RAPPORTO DI) Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 09-07-2012, n. 11462 Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo La Corte d'appello di Perugia, in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale della stessa sede, rigettava la domanda proposta da M.L. contro il Ministero della istruzione, università e ricerca e l'Istituto tecnico commerciale statale e per geometri (OMISSIS), diretta al riconoscimento del suo


diritto all'indennità sostitutiva delle ferie che aveva maturato e non goduto, al momento del suo collocamento a riposo, a causa delle lunghe assenze per malattia che era stato costretto a fare nel corso degli ultimi anni di servizio. La Corte d'appello affermava di fare applicazione della norma di cui all'art. 19 del CCNL 1994/1997, confermata dall'art. 49 del CCNL 1999/2001, secondo cui le "ferie non sono monetizzabili salvo quanto disposto dal successivo comma 15", rilevando che secondo quest'ultima disposizione, in caso di mancato godimento delle ferie entro il termine contrattualmente previsto (dell'aprile dell'anno successivo), è possibile il pagamento dell'indennità sostitutiva delle ferie nella sola ipotesi in cui all'atto della cessazione del rapporto residuino ferie non godute per "documentate esigenze di servizio". La Corte, ricordato in linea di fatto che, come era pacifico, il rag. M., direttore dei servizi amministrativi presso il suindicato istituto scolastico, non aveva goduto nell'anno scolastico 2000/2001 di 29 giorni di ferie, fruibili fino al 30.4.2002, e nell'anno scolastico 2001/2002 di 28 giorni di ferie (oltre 3 di festività soppresse), fruibili fino al 30.4.2003, rilevava in particolare che non risultava documentata al riguardo alcuna esigenza di servizio e che lo stesso ricorrente aveva precisato che la mancata fruizione era dovuta a lunghi periodi di assenza per malattia, assenza che alla fine si era protratta ininterrottamente dal 3 gennaio 2002 fino alla risoluzione del rapporto, avvenuta il 10 luglio 2002. Il M. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi illustrati con memoria. Il Ministero dell'Istruzione e l'Istituto scolastico resistono con controricorso.

Motivi della decisione 1.1. Il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 36 Cost., e dell'art. 2109 c.c., nonchè contraddittorietà di motivazione, censura la sentenza per il suo contrasto con i principi di rango costituzionale e di legge ordinaria, relativi alla indisponibilità e irrinunciabilità del diritto alle ferie, o congedo ordinario, e al diritto ad un indennità sostitutiva, in ragione anche dei principi di proporzionalità della retribuzione, in caso di mancato godimento delle stesse per ragioni obiettive e in particolare in caso di assenze per malattia. Si sottolinea anche che non può essere posto a carico del lavoratore l'onere di organizzare le proprie ferie in maniera tale di fruirle tutte entro i limiti posti dal CCNL, gravando invece sul datore di lavoro l'onere di provare di avere adempiuto o offerto di adempiere il proprio obbligo di assicurare il godimento delle ferie. 1.2. Il secondo motivo, deducendo violazione del CCNL del comparto scuola per il quadriennio normativo 2002/2005 e il biennio economico 2002/2003, lamenta che la sentenza impugnata abbia erroneamente individuato la normativa contrattuale applicabile. Infatti, nella specie, il diritto alle ferie si era perfezionato ed era diventato azionabile solo alla fine del rapporto di lavoro, cessato per quiescenza d'ufficio nel luglio 2002. Peraltro già con il ricorso introduttivo del giudizio era stato invocato l'art. 13, comma 15, del CCNL sopra richiamato, secondo cui "all'atto della cessazione del rapporto di lavoro, qualora le ferie spettanti a tale data non siano state fruite, si procede al pagamento sostitutivo delle stesse, sia per il personale a tempo determinato che indeterminato".


1.3. Il terzo motivo, denunciando vizi di motivazione, lamenta il mancato esame delle circostanze di fatto allegate e documentate dal ricorrente circa le esigenze di servizio che gli avevano impedito la fruizione delle ferie nel periodo di presenza in servizio, e precisamente circa i disagi organizzativi e funzionali nello svolgimento delle varie attività di competenza della segreteria dell'istituto dovuti alle assenze dell'attuale ricorrente, direttore dell'ufficio, e alla mancanza di personale in grado di sostituirlo adeguatamente (nota del 15.5.2001 del dirigente scolastico). 2.1. Il ricorso, i cui motivi sono esaminati congiuntamente stante la loro connessione, merita accoglimento con riferimento alla censura di fondo e assorbente di cui al primo motivo. Non può darsi invece positivo rilievo a quanto dedotto con il secondo motivo, in quanto il c.c.n.l. per il quadriennio giuridico 2002-2005 non è applicabile al rapporto di lavoro del ricorrente, in quanto è stato stipulato il 24.7.2003 e, secondo l'art. 1, i relativi effetti giuridici decorrono solo dal giorno della sottoscrizione, successivo alla data di conclusione del rapporto (10.7.2002). 2.2. La giurisprudenza di questa Corte ha rilevato che il diritto alle ferie nel diritto italiano gode di una tutela rigorosa, di rilievo costituzionale, visto che l'art. 36 Cost., comma 3, prevede testualmente che "il lavoratore ha diritto al riposto settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi". In particolare ha conseguentemente precisato che, in relazione al carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito anche dall'art. 36 Cost., ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l'indennità sostitutiva che, oltre a poter avere carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita del bene (il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l'opportunità di svolgere attività ricreative e simili) al cui soddisfacimento l'istituto delle ferie è destinato, per un altro verso costituisce un'erogazione di natura retributiva, perchè non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive, ma più specificamente rappresenta il corrispettivo dell'attività lavorativa resa in un periodo che, pur essendo di per sè retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perchè destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l'eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse (Cass. n. 13860/2000, 14070/2002, 19303/2004, 237/2007; cfr. anche Cass., sez. un., n. 24712/2008 sull'irrinunciabilità del diritto alla ferie e alla sua monetizzabilità solo al momento della fine del rapporto di lavoro). Ne consegue (come del resto riconosciuto dai precedenti richiamati), l'illegittimità, per il loro contrasto con norme imperative, delle disposizioni di contratti collettivi che escludano il diritto del lavoratore all'equivalente economico di periodi di ferie non goduti al momento della risoluzione del rapporto, salva l'ipotesi del lavoratore che abbia disattesa la specifica offerta della fruizione del periodo di ferie da parte del datore di lavoro. 2.3. La sentenza impugnata risulta in contrasto con gli esposti principi di diritto per avere fatto applicazione dell'art. 19, commi 8 e 15, del c.c.n.l. per il quadriennio normativo 1994-1995, confermato - salvo una modifica che ora non rileva - dall'art. 49 del successivo c.c.n.l. per il quadriennio 1998/2001, secondo cui, rispettivamente, "le ferie sono un diritto irrinunciabile e non sono monetizzabili, salvo quanto previsto dal comma 15 (...)", e "all'atto della cessazione del rapporto di lavoro, qualora le ferie spettanti a tale data non siano state fruite per documentate esigenze di servizio, si procede al pagamento sostitutivo delle stesse", mentre avrebbe dovuto rilevare l'illegittimità di tali disposizioni nella parte in cui contrastano con i sopra esposti principi di


diritto. Nè vi è stato minimamente l'accertamento della ricorrenza delle condizioni effettivamente ostative del diritto alla c.d. indennità sostitutiva delle ferie. 2.4. E' opportuno anche rilevare, visto che il normale godimento delle ferie da parte dall'attuale ricorrente è stato ostacolato dalle sue assenze per malattia - e ciò in maniera incontestabile quanto al periodo di malattia con il quale si è concluso il rapporto - che almeno in parte la sentenza impugnata si pone in contrasto anche con principi enunciati dalla Corte di giustizia della Unione Europea in sede di interpretazione delle norme sul godimento delle ferie dell'art. 7 della direttiva dell'Unione 2003/88. Infatti tale Corte, pur riconoscendo che la normativa nazionale può contenere una disciplina relativa alle condizioni del godimento delle ferie e, in tale quadro, prevedere per esempio un periodo massimo per il godimento delle ferie successivamente al periodo della loro maturazione e normale fruizione - c.d. periodo di riporto delle ferie -, con una serie di pronunce ha individuato ipotesi in cui le restrizioni al diritto alle ferie sono incompatibili con un'adeguata salvaguardia del diritto previsto dalla direttiva. In particolare con la sentenza 20 gennaio 2009, pronunciata nei procedimenti riuniti C- 350/06 e C-520/06, ha ritenuto che l'art. 7 della direttiva deve essere interpretato in un senso che osta a disposizioni o prassi nazionali le quali escludano il diritto ad un'indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute del lavoratore che sia stato in congedo per malattia per l'intera durata o per una parte del periodo di riferimento o di un periodo di riporto e per tale ragione non abbia potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite. 3. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice, che si atterrà al principio enunciato al paragr. 2.2. Al giudice di rinvio si demanda anche la regolazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'appello di Firenze. _______________________________________________ • o

Sentenza della Corte (grande sezione) del 20 gennaio 2009. Gerhard Schultz-Hoff contro Deutsche Rentenversicherung Bund (C-350/06) e Stringer e a. contro Her Majesty's Revenue and Customs (C-520/06). Domande di pronuncia pregiudiziale: Landesarbeitsgericht Düsseldorf (C350/06) - Germania e House of Lords (C-520/06) - Regno Unito. Condizioni di lavoro - Organizzazione dell’orario di lavoro - Direttiva 2003/88/CE - Diritto alle ferie annuali retribuite - Congedo per malattia -


Ferie annuali coincidenti con un congedo per malattia - Indennità sostitutiva di ferie annuali retribuite non godute alla fine del contratto a causa di malattia. Cause riunite C-350/06 e C-520/06.

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62006CC0350

Titolo e riferimento Conclusioni dell'avvocato generale Trstenjak del 24 gennaio 2008. Gerhard Schultz-Hoff contro Deutsche Rentenversicherung Bund (C-350/06) e Stringer e a. contro Her Majesty's Revenue and Customs (C-520/06). Domande di pronuncia pregiudiziale: Landesarbeitsgericht Düsseldorf (C-350/06) - Germania e House of Lords (C-520/06) - Regno Unito. Condizioni di lavoro - Organizzazione dell’orario di lavoro - Direttiva 2003/88/CE - Diritto alle ferie annuali retribuite - Congedo per malattia - Ferie annuali coincidenti con un congedo per malattia - Indennità sostitutiva di ferie annuali retribuite non godute alla fine del contratto a causa di malattia. Cause riunite C-350/06 e C-520/06. raccolta della giurisprudenza 2009 pagina I-00179

Testo G IT LV LT HU MT NL PL PT RO SK SL FI SV A htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l BG ES CS DA DE ET EL EN FR

Lingua facente fede •

tedesco


Date del documento: 24/01/2008 della domanda: 21/08/2006

Classificazione •

Argomento: disposizioni sociali

Altre informazioni • • •

Autore: Corte di giustizia delle Comunità europee Forma: conclusioni Informazioni complementari: causa riunita : 62006CJ0520

Procedimento • • • • • • •

Tipo di procedimento: Domanda pregiudiziale Parte ricorrente: ........................................................... Parte convenuta: ........................................................... Osservazioni: ........................................................... Nazionalità delle parti: Repubblica federale di Germania , Gran Bretagna Giudice relatore: Levits Avvocato generale: Trstenjak

Relazioni tra i documenti • •

Trattato: Comunità economica europea Atti citati nella giurisprudenza: 11992E118A : N 50 11997E010 : N 45 11997E013-P2LB : N 50 11997E136 : N 51


11997E137 : N 34 11997E137-P2LB : N 49 11997E234 : N 1 80 11997E249-P3 : N 32 31976L0207-A05P1 : N 56 31992L0085-A11PT2LA : N 56 31993L0104 : N 4 38 32000X1218(01)-A31P2 : N 38 39 40 32003L0088 : N 38 49 62 68 72 73

GRATIS 38 49 62 68 72 73

32003L0088-A01P1 : N 34 32003L0088-A07 : N 3 4 32 35 40 41 77 32003L0088-A07P1 : N 1 31 42 - 44 47 52 - 56 60 63 64 74 32003L0088-A07P2 : N 1 69 71 76 32003L0088-A15 : N 51 32003L0088-A17 : N 5 52 32003L0088-A23 : N 51 61972CJ0030 : N 45 61975CJ0048 : N 32 61980CJ0244 : N 82 61983CJ0184 : N 56 61989CJ0345 : N 68 61991CJ0083 : N 80 61992CJ0421 : N 56 61993CJ0032 : N 56 61993CJ0422 : N 82


61994CJ0084 : N 50 51 61995CJ0136 : N 56 61996CJ0314 : N 82 61996CJ0411 : N 56 61997CJ0217 : N 45 61998CJ0214 : N 45 61998CJ0303 : N 34 61999CC0173 : N 35 38 39 44 71

GRATIS 35 38 39 44 71

61999CJ0173 : N 34 41 43 - 45 47 48 52 70 61999CC0353 : N 39 62000CJ0062 : N 45 62001CJ0342 : N 41 56 57 70 62001CJ0380 : N 80 - 83 62001CJ0397 : N 34 62002CJ0151 : N 34 62002CJ0313 : N 34 62003CC0165 : N 82 62003CJ0165 : N 82 62003CJ0519 : N 57 62003CJ0540 : N 39 62004CJ0014 : N 34 41 62004CJ0131 : N 43 52 70 71 62005CJ0124 : N 41 42 57 70 62005CJ0127 : N 65 62005CJ0303 : N 39


62005CJ0432 : N 39 62006CJ0062 : N 39 •

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Testo Doppia visualizzazione: BG CS DA DE EL EN ES ET FI FR HU IT LT LV MT NL PL PT RO SK SL SV Conclusioni dell avvocato generale

Conclusioni dell avvocato generale

Indice I – Introduzione II – Contesto normativo A – Normativa comunitaria B – Normativa nazionale 1. Disposizioni legislative 2. Contratti collettivi applicabili III – Fatti, causa principale e questioni pregiudiziali IV – Procedimento dinanzi alla Corte V – Argomenti principali delle parti VI – Valutazione giuridica A – Sulla prima questione 1. Osservazioni introduttive 2. Il diritto alle ferie annuali retribuite come diritto sociale fondamentale 3. Il diritto ad un periodo minimo di ferie retribuite nella normativa comunitaria


a) La competenza di attuazione degli Stati membri b) Il livello di tutela garantito dal diritto comunitario c) Collegamento del diritto alle ferie con la capacità lavorativa i) Trasponibilità dei principi elaborati dalla giurisprudenza ii) Contrasto con la ratio dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 – Rischio di un’interpretazione estranea alla finalità normativa – Interpretazione ispirata agli interessi delle parti del rapporto di lavoro iii) Confronto con le disposizioni di cui alla convenzione n. 132 dell’OIL B – Sulla seconda questione C – Sulla terza questione VII – Conclusione I – Introduzione 1. Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale il Landesarbeitsgericht (Tribunale d’appello per le cause di lavoro) di Düsseldorf chiede alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 234 CE, di interpretare l’art. 7, nn. 1 e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (2) (in prosieguo: la «direttiva 2003/88»). 2. La questione pregiudiziale si pone nel contesto di una controversia sorta fra il sig. Gerhard Schulz-Hoff (ricorrente) e il suo ex datore di lavoro, la Deutsche Rentenversicherung Bund (ente federale tedesco per le pensioni) (convenuta), in cui il Landesarbeitsgericht è chiamato a decidere se il ricorrente, una volta cessato il rapporto di lavoro, abbia diritto a percepire dalla convenuta un’indennità sostitutiva per le ferie non godute. 3. Il Landesarbeitsgericht di Düsseldorf intende sostanzialmente sapere se sia compatibile con l’art. 7 della direttiva 2003/88 il fatto che il diritto di un lavoratore a fruire di un periodo di ferie retribuite di almeno quattro settimane si estingua alla fine dell’anno di riferimento o, al più tardi, alla fine del periodo di riporto, e che le ferie non debbano essere sostituite da un’indennità finanziaria in caso di cessazione del rapporto di lavoro, qualora il lavoratore sia successivamente divenuto inabile al lavoro per motivi di malattia fino alla fine del detto periodo di riporto. II – Contesto normativo A – Normativa comunitaria 4. Il 2 agosto 2004 la direttiva 2003/88 ha sostituito la direttiva 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (3) . Analogamente alla direttiva precedente, essa mira a stabilire determinate prescrizioni minime di sicurezza e sanitarie in materia


di organizzazione dell’orario di lavoro. L’art. 7 della direttiva 2003/88, ripreso senza alcuna modifica rispetto alla direttiva precedente, stabilisce quanto segue: «Ferie annuali 1) Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali. 2) Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro». 5. L’art. 17 della direttiva 2003/88 prevede che gli Stati membri possano derogare a talune prescrizioni di quest’ultima. L’art. 7 non rientra tra le prescrizioni alle quali la direttiva 2003/88 consente di derogare. B – Normativa nazionale 1. Disposizioni legislative 6. Il Bundesurlaubsgesetz (legge federale sulle ferie minime per i lavoratori dipendenti; in prosieguo: il «BurlG») dell’8 gennaio 1963, modificato da ultimo dalla legge 7 maggio 2002, stabilisce segnatamente quanto segue: «Art. 1 – Diritto alle ferie Tutti i lavoratori dipendenti hanno diritto, in ciascun anno solare, a ferie retribuite per riposarsi. (...) Art. 3 – Durata delle ferie 1) Le ferie hanno una durata minima di 24 giorni lavorativi l’anno. (...) Art. 7 – Periodo di godimento, riporto e monetizzazione sostitutiva delle ferie 1) Ai fini della determinazione del periodo in cui le ferie possono essere fruite occorre tenere in considerazione i desideri del lavoratore, salvo che vi ostino necessità rilevanti dell’azienda o richieste di ferie di altri lavoratori, meritevoli di maggiore considerazione sotto un profilo sociale. (...) 3) Le ferie devono essere concesse e godute nell’anno solare in corso. Un riporto delle ferie al successivo anno solare è ammissibile solo qualora sussistano rilevanti ragioni legate alla gestione dell’impresa o alla persona del lavoratore. In caso di riporto, le ferie devono essere concesse e godute nei primi tre mesi del successivo anno solare. 4) Qualora le ferie non possano essere più concesse, integralmente o in parte, a causa della fine del rapporto di lavoro, esse devono essere monetizzate».


7. L’art. 13 del BurlG stabilisce che i contratti collettivi possono derogare alle disposizioni precedenti, compreso l’art. 7, n. 3, del BurlG stesso, qualora ciò non comporti un danno per il lavoratore. 2. Contratti collettivi applicabili 8. Il contratto collettivo quadro per i dipendenti della Bundesversicherungsanstalt für Angestellte (in prosieguo: il «MTAng-BfA») stabilisce quanto segue: «Art. 47 – Congedo ordinario per riposo 1) Il dipendente ha diritto, in ogni anno di riferimento, a ferie retribuite per riposarsi. L’anno di riferimento è l’anno solare. (...) 7) Le ferie devono essere godute entro la fine dell’anno di riferimento. Ove le ferie non possano essere fruite entro la fine dell’anno di riferimento, devono essere prese entro il 30 aprile dell’anno di riferimento successivo. Qualora le ferie non possano essere fruite entro il 30 aprile successivo per motivi di servizio, per incapacità lavorativa o a motivo dei periodi di tutela stabiliti dalla legge sulla maternità, esse devono essere utilizzate entro il 30 giugno. Qualora, nel corso dell’anno di riferimento, le ferie stabilite per tale anno siano state riportate su disposizione della Bundesversicherungsanstalt für Angestellte ad una data successiva al 31 dicembre e non sia stato possibile fruirne entro il 30 giugno dell’anno successivo per incapacità lavorativa ai sensi della seconda frase del presente paragrafo, esse devono essere utilizzate entro il 30 settembre. (...) Le ferie non godute entro i termini indicati non sono più utilizzabili. (...) Art. 51 – Indennità sostitutiva per ferie non godute 1) Qualora al momento della dichiarazione di recesso dal rapporto di lavoro il diritto alle ferie non sia stato ancora utilizzato, le ferie devono essere concesse e utilizzate durante il periodo di preavviso, purché ciò sia possibile compatibilmente con le esigenze di servizio o dell’impresa. Qualora le ferie non possano essere concesse o il periodo di preavviso non sia sufficientemente lungo, deve essere corrisposta un’indennità sostitutiva. Le stesse disposizioni si applicano nel caso in cui il rapporto di lavoro termini in virtù di un contratto di liquidazione (art. 58) o per diminuzione della capacità lavorativa (art. 59), ovvero quando vi sia un collocamento a riposo ai sensi dell’art. 59, n. 1, primo comma, quinta frase». III – Fatti, causa principale e questioni pregiudiziali 9. In seguito alla cessazione, in data 30 settembre 2005, del rapporto di lavoro tra esse intercorrente, le parti della causa principale controvertono sulla questione se il ricorrente abbia o meno diritto ad un’indennità per le ferie non godute per gli anni 2004 e 2005. 10. Il ricorrente, nato il 14 gennaio 1949, ha iniziato a lavorare dal 1° aprile 1971 alle dipendenze dell’ente competente prima del subentro della convenuta, e poi della convenuta stessa. A tale


rapporto di lavoro era applicabile il MTAng-BfA. Da ultimo il ricorrente percepiva una retribuzione inquadrata nell’11° scaglione retributivo. A partire dal 1985 il ricorrente era impiegato nella succursale di Düsseldorf quale collaboratore del servizio esterno. Tra le sue funzioni rientrava l’espletamento di controlli sulle imprese e sugli uffici per la riscossione dei contributi previdenziali; a tal fine egli era costretto a far uso di un’automobile. 11. Il ricorrente, riconosciuto disabile grave secondo la normativa tedesca (GdB 60 «G») (4), ha dovuto sottoporsi a partire dall’anno 1995, a causa di una grave discopatia, a 16 operazioni chirurgiche. Si sono susseguiti periodi in cui egli era abile al lavoro e periodi di inabilità dovuti a malattia. Nell’anno 2004 egli è stato in condizione di lavorare fino all’inizio di settembre. A partire dall’8 settembre 2004 è stato dichiarato in malattia con certificato medico, condizione che si è protratta in modo ininterrotto fino al 30 settembre 2005. La continua assunzione di farmaci antidolorifici contenenti morfina gli impedisce da allora di guidare un autoveicolo. 12. Con lettera del 13 maggio 2005 il ricorrente chiedeva che gli fossero concesse, a partire dal 1° giugno 2005, le ferie per l’anno 2004. La convenuta respingeva la richiesta in data 25 maggio 2005, affermando che il servizio medico del personale avrebbe prima dovuto verificare la sua idoneità al servizio ai sensi dell’art. 7, n. 2, del MTAng-BfA. Con lettera 10 agosto 2005 il ricorrente chiedeva che gli fosse sottoposta, a titolo di misura di reinserimento nel lavoro, una proposta per lo svolgimento di attività lavorativa presso il proprio domicilio. Il 6 settembre 2005 la convenuta rispondeva che essa, in seguito alla domanda di pensionamento poco dopo presentata dal ricorrente, intendeva aspettare l’esito della relativa procedura. 13. Con provvedimento del settembre 2005, la convenuta rilevava, nella sua veste di ente pensionistico, che il ricorrente presentava una ridotta capacità lavorativa, e concedeva, con effetto retroattivo a partire dal 1° marzo 2005, la pensione a tempo indeterminato per invalidità totale. In seguito a tale constatazione il rapporto di lavoro fra le parti aveva termine in data 30 settembre 2005 a norma dell’art. 59 del MTAng-BfA. 14. Nel novembre 2005 il ricorrente adiva l’Arbeitsgericht (Tribunale di primo grado per le cause di lavoro) di Düsseldorf per ottenere la monetizzazione delle ferie per gli anni 2004 e 2005. Con sentenza 7 marzo 2006 l’Arbeitsgericht respingeva la domanda. Il ricorrente, in data 27 aprile 2006, interponeva appello contro tale pronuncia dinanzi al Landesarbeitsgericht di Düsseldorf, odierno remittente. 15. Il ricorrente, sulla base di 35 giorni di ferie annui e di un reddito mensile lordo da lavoro dipendente pari a EUR 4 362,67, quantifica il proprio credito nella somma complessiva lorda di EUR 14 094,78. Egli sostiene di aver avuto intenzione di utilizzare le ferie richieste a partire dal 1° giugno 2005 per potersi ritemprare in vista della partecipazione futura ad una misura di reinserimento nel lavoro. Egli sostiene inoltre di essere in grado di svolgere, a tempo parziale, un lavoro d’ufficio leggero. 16. La convenuta sostiene invece che l’attività d’ufficio a tempo parziale indicata dal ricorrente non rappresenterebbe un adempimento delle mansioni lavorative previste dal suo contratto. Dato che l’incapacità lavorativa del ricorrente perdurerebbe fino ad oggi, i diritti alle ferie non avrebbero potuto essere esercitati entro il corrispondente termine finale del periodo di riporto, e pertanto sarebbero estinti. Al ricorrente non spetterebbe dunque neanche l’indennità sostitutiva richiesta. 17. Il giudice a quo è dell’avviso che la soluzione della controversia dipenda dall’interpretazione della direttiva 2003/88. Esso ha pertanto sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:


«1) Se l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 (…) debba essere interpretato nel senso che il lavoratore deve in ogni caso godere di un periodo di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane e che le ferie non godute nel corso del periodo di riferimento a causa di malattia devono essere concesse in un momento successivo, oppure se disposizioni e/o prassi nazionali possano prevedere che il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua qualora il lavoratore, nel periodo di riferimento, divenga inabile al lavoro per causa di malattia prima di fruire delle ferie e non recuperi la propria capacità lavorativa prima della conclusione del periodo di riferimento o del periodo di riporto determinato dalla legge, dal contratto collettivo o da quello individuale. 2) Se l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 (…) debba essere interpretato nel senso che, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore ha comunque diritto ad un’indennità finanziaria a titolo di compensazione per le ferie maturate e non godute (indennità finanziaria sostitutiva), oppure se disposizioni e/o prassi nazionali possano prevedere che il lavoratore non abbia diritto all’indennità finanziaria sostitutiva qualora risulti inabile al lavoro a causa di malattia sino alla fine del periodo di riferimento o del successivo periodo di riporto e/o benefici, dopo la conclusione del rapporto di lavoro, di una pensione a titolo di ridotta capacità lavorativa o di invalidità. 3) In caso di soluzione affermativa della prima e della seconda questione: Se l’art. 7 della direttiva 2003/88 (…) debba essere interpretato nel senso che il diritto alle ferie annuali o all’indennità finanziaria sostitutiva presuppone che il lavoratore abbia effettivamente lavorato nel periodo di riferimento, oppure se il diritto sorga anche in caso di assenza giustificata (per malattia) o di assenza ingiustificata nel corso dell’intero periodo di riferimento». IV – Procedimento dinanzi alla Corte 18. L’ordinanza di rinvio pregiudiziale del 2 agosto 2006 è pervenuta nella cancelleria della Corte il 21 agosto 2006. 19. Hanno presentato osservazioni scritte, nei termini di cui all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia, la convenuta nella causa principale, i governi tedesco, del Regno Unito e italiano, nonché la Commissione delle Comunità europee. 20. All’udienza svoltasi il 20 novembre 2007 sono comparsi i rappresentanti dei governi tedesco, del Regno Unito e olandese, nonché della Commissione per esporre le loro osservazioni orali. V – Argomenti principali delle parti 21. La convenuta sostiene che un riporto illimitato del diritto alle ferie nel caso di lavoratori abili al lavoro sarebbe esattamente contrario all’obiettivo di tutela perseguito dalla direttiva (garanzia di periodi minimi di riposo a tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori). Nel caso di lavoratori inabili al lavoro, il riporto a tempo indeterminato potrebbe addirittura indurre i datori di lavoro a separarsi anticipatamente da lavoratori affetti da patologie di lunga durata licenziandoli. In caso contrario, infatti, essi incorrerebbero nel pericolo di dover monetizzare, all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, un rilevante numero di giorni di ferie eventualmente accumulatisi nel corso di vari anni, ciò che potrebbe comportare un pregiudizio gravoso per gli interessi dell’azienda. 22. Il governo tedesco ritiene che l’art. 7, n. 1, della direttiva sull’orario di lavoro stabilisca unicamente che ad un lavoratore spetta un periodo di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Oggetto di regolamentazione della suddetta norma sarebbe esclusivamente la durata minima delle ferie annuali. La direttiva rimetterebbe la disciplina delle modalità di concessione


delle ferie, fra cui è annoverabile la decadenza dal diritto alle stesse, al potere normativo degli Stati membri e all’interpretazione del diritto nazionale da parte della giurisprudenza. 23. In merito alla seconda questione pregiudiziale il governo tedesco asserisce che sarebbe lasciato agli Stati membri e alle istituzioni degli stessi decidere se e a quali condizioni intendano prevedere una indennità sostitutiva per le ferie non godute in caso di cessazione del rapporto di lavoro. 24. Secondo il governo del Regno Unito il ricorrente non avrebbe lavorato durante il periodo in cui era in congedo per malattia e pertanto non avrebbe neanche avuto bisogno di un «periodo di riposo effettivo» per potersi ritemprare dal lavoro. La finalità dell’art. 7, secondo la tesi propugnata dal governo del Regno Unito, sarebbe quella di tutelare la sicurezza e la salute di coloro che lavorano effettivamente prevedendo per essi periodi di riposo. Nel caso di specie la concessione di ferie non avrebbe tuttavia avuto un effetto positivo per la sicurezza e la salute del lavoratore. Non sarebbe stato possibile fruire delle ferie prima della fine del rapporto di lavoro. Ove il ricorrente nel caso di specie avesse un diritto alle ferie per riposo annuali, ci si dovrebbe chiedere: riposo da cosa? Pertanto, affermare che il ricorrente fruisce di «ferie annuali» durante il «congedo per malattia» non avrebbe alcun senso. 25. Il governo del Regno Unito sottolinea che la risposta alla seconda questione pregiudiziale discende dalla soluzione della prima. Non avendo alcun diritto alle ferie annuali ai sensi dell’art. 7, n. 1, un siffatto lavoratore non potrebbe neppure avere diritto ad un’indennità sostitutiva per le ferie non godute ai sensi dell’art. 7, n. 2. Quest’ultima, inoltre, sarebbe sì ammissibile alla fine di un rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 7, n. 2, ma non obbligatoria. Pertanto non potrebbe esistere alcun obbligo ad un siffatto pagamento ove taluno sia rimasto assente dal lavoro per incapacità lavorativa prolungata dovuta a malattia. 26. Il governo italiano rinvia sia alle convenzioni nn. 52 e 132 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL o ILO secondo l’acronimo inglese) sia alla giurisprudenza della Corte di giustizia relativa all’interpretazione dell’art. 7 della direttiva. In considerazione dei principi sviluppati dalla Corte, secondo il suddetto governo non è possibile concludere che il diritto alla concessione effettiva delle ferie a favore del ricorrente del procedimento principale si estingua, se non si vuole rimettere in discussione la diversa finalità delle ferie per il riposo e del congedo per malattia. 27. Dalle considerazioni che precedono il governo italiano deduce che un lavoratore avrebbe comunque diritto, alla fine del rapporto di lavoro, ad un’indennità finanziaria a titolo di compensazione per le ferie maturate e non godute. Pertanto, una norma nazionale in base alla quale i lavoratori non abbiano alcun diritto ad un indennizzo per le ferie non godute perché rimasti malati fino alla scadenza dell’anno di riferimento o del relativo periodo di riporto, non sembrerebbe in sintonia con i principi comunitari. 28. La Commissione sostiene che l’obiezione secondo cui un lavoratore che sia stato assente per malattia e non abbia lavorato non avrebbe necessità di un corrispondente periodo di riposo, non è compatibile con i principi formulati dalla Corte nella sua giurisprudenza. In caso di prescrizione medica di riposo per malattia del lavoratore il diritto alle ferie annuali non potrebbe essere considerato come goduto, poiché tale prescrizione di riposo conseguirebbe all’inabilità al lavoro del lavoratore e non servirebbe per riposarsi, per operare uno stacco dal lavoro e per recuperare energie, bensì per la guarigione ed il recupero della salute e della capacità lavorativa. Secondo la Commissione gli Stati membri devono rispettare i limiti loro imposti dalla direttiva. I provvedimenti nazionali, pertanto, non potrebbero spingersi fino al punto di obbligare il lavoratore a prendere le ferie annuali entro un periodo di riporto limitato nell’anno successivo e di sanzionare la mancata osservanza di tali condizioni con la decadenza automatica dal diritto alle ferie. La


decadenza dal diritto senza compensazione alternativa contrasterebbe pertanto con la finalità della direttiva. 29. Per quanto attiene alla seconda questione pregiudiziale, la Commissione afferma che l’argomentazione portante della giurisprudenza della Corte, secondo cui la possibilità di sostituire il diritto alle ferie annuali con un’indennità finanziaria sarebbe in linea di principio incompatibile con la direttiva 2003/88, è applicabile a maggior ragione anche ad una normativa nazionale che stabilisca la decadenza automatica dal diritto alle ferie in seguito alla mancata fruizione delle stesse. 30. Il governo olandese pone in dubbio, nelle sue osservazioni orali, l’applicabilità in via di principio della direttiva 2003/88 a casi di assenza dei lavoratori dovuta a malattia, adducendo a motivazione il fatto che questa non è materia disciplinata dal detto testo normativo. Il campo di applicazione della direttiva 2003/88 sarebbe limitato esclusivamente ai lavoratori attivi, con la conseguenza che nel caso di specie si applicherebbe solo il diritto nazionale. Tuttavia, la molteplicità delle normative nazionali non consentirebbe di inferire conclusioni universalmente valide in relazione ai diritti dei lavoratori malati. VI – Valutazione giuridica A – Sulla prima questione 1. Osservazioni introduttive 31. Con la prima questione pregiudiziale il Landesarbeitsgericht di Düsseldorf solleva un problema di interpretazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88, in particolare relativamente all’espressione «secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali». Sotto il profilo giuridico questo problema di interpretazione riguarda la questione se e in che misura gli Stati membri abbiano la competenza a stabilire i requisiti normativi per una decadenza dal diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite. 32. Per quanto attiene alla ripartizione delle competenze legislative fra la Comunità e gli Stati membri riguardo al riconoscimento del diritto alle ferie annuali retribuite, occorre innanzi tutto rilevare che, adottando la direttiva 2003/88, il legislatore comunitario si è servito di uno strumento giuridico che, ai sensi dell’art. 249, terzo comma, CE, lascia certamente agli organi nazionali un determinato margine discrezionale circa la scelta dei mezzi e della forma di attuazione, ma al contempo fissa dei limiti cui essi devono attenersi, in quanto la direttiva vincola ciascuno Stato membro per quanto riguarda il risultato da raggiungere (5) . In sede di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite, agli ordinamenti giuridici nazionali sono dunque conferite ampie, seppur non illimitate, possibilità organizzative (6) . Nell’adempiere il proprio compito normativo di trasposizione dell’art. 7, gli Stati membri devono pertanto tenere sempre in considerazione gli scopi della direttiva 2003/88. 2. Il diritto alle ferie annuali retribuite come diritto sociale fondamentale 33. Per poter rispondere al giudice a quo in modo adeguato, a mio avviso è necessario partire da lontano ed esaminare il diritto alle ferie annuali retribuite tanto alla luce delle norme di diritto derivato in cui esso trova espressione all’interno dell’ordinamento giuridico comunitario, quanto nel contesto più ampio dei diritti sociali fondamentali. 34. Riguardo allo scopo della direttiva 2003/88, risulta sia dall’art. 137 CE, che costituisce il fondamento normativo di quest’ultima, sia dal primo, quarto, settimo e ottavo ‘considerando’,


nonché dal testo dell’art. 1, n. 1, della direttiva stessa, che questa mira a fissare prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori mediante il ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti, in particolare, l’orario di lavoro (7) . L’armonizzazione a livello comunitario in materia di organizzazione dell’orario di lavoro è intesa a garantire una migliore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo godere a questi ultimi periodi minimi di riposo giornalieri, settimanali e annuali e periodi di pausa adeguati e prevedendo un tetto per la durata della settimana lavorativa (8) . 35. Nell’interpretare l’art. 7 della direttiva 2003/88 occorre tuttavia considerare che il diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite non ha trovato il suo primo riconoscimento con la direttiva sull’orario di lavoro, bensì è in realtà da tempo annoverato, indipendentemente dalla durata del periodo di ferie garantito, fra i diritti sociali fondamentali riconosciuti dal diritto internazionale (9) . A livello internazionale questo diritto fondamentale è menzionato, ad esempio, all’art. 24 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (10), che conferisce a ciascuno «il diritto al riposo ed allo svago, inclusa una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite». Esso è del pari riconosciuto all’art. 2, n. 3, della Carta sociale del Consiglio d’Europa (11), nonché all’art. 7, lett. d), del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali (12) come espressione del diritto di ciascuno a condizioni di lavoro eque e favorevoli. 36. Nel contesto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), istituzione specializzata delle Nazioni Unite, il diritto ad un periodo minimo di ferie retribuite è stato sinora oggetto di due convenzioni multilaterali; più precisamente, la convenzione n. 132 (13), entrata in vigore il 30 giugno 1973, ha modificato la convenzione n. 52 (14), valida sino a quel momento. Esse contengono precetti vincolanti per gli Stati firmatari con riferimento all’attuazione del suddetto diritto sociale fondamentale all’interno dei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali. 37. Questi variegati atti internazionali si differenziano però tra loro sia per contenuto precettivo sia per portata normativa, in quanto in alcuni casi essi sono trattati internazionali, mentre in altri si tratta solo di dichiarazioni solenni prive di effetto vincolante (15) . Anche la sfera d’applicazione ratione personae varia da caso a caso, per cui la cerchia degli aventi diritto non è mai identica. A questo riguardo, agli Stati firmatari, in quanto destinatari dei suddetti atti, è solitamente concesso un ampio margine discrezionale attuativo, per cui i beneficiari non possono invocare direttamente tale diritto. È tuttavia significativo che il diritto alle ferie retribuite venga qualificato in modo non equivoco dalla totalità dei suddetti atti internazionali come uno dei diritti fondamentali dei lavoratori. 38. Ancora più importante, a mio avviso, è il fatto che questo diritto, attraverso l’inserimento nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (16), abbia ottenuto il riconoscimento più qualificato e definitivo per la propria natura di diritto fondamentale (17) . All’art. 31, n. 2, la Carta infatti precisa che «[o]gni lavoratore ha diritto ad una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite». Sotto il profilo della genesi storica, tale norma ricalca l’art. 2, n. 3, della Carta sociale del Consiglio d’Europa, nonché il punto 8 della Carta comunitari a dei diritti sociali dei lavoratori (18), tenendo presente che, secondo i chiarimenti forniti dal Segretariato del Presidium della convenzione, si è tenuto debito conto della direttiva 93/104 in quanto direttiva precedente l’attuale direttiva 2003/88 (19) . 39. L’art. 31, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali sancisce pertanto il diritto a ferie annuali retribuite come un diritto umano spettante a chiunque (20) . Vero è che alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, così come anche a taluni degli strumenti giuridici internazionali citati in precedenza, non è stata attribuita un’autentica portata normativa, per cui in essi è ravvisabile in primo luogo una dichiarazione politica. Sono nondimeno dell’opinione che sarebbe


sbagliato privare la Carta di qualsivoglia rilievo nell’interpretare il diritto comunitario (21) . Indipendentemente dalla questione – che dovrà ulteriormente essere chiarita in futuro – del valore giuridico definitivo della Carta all’interno dell’ordinamento giuridico dell’Unione europea, essa rappresenta già oggi una concretizzazione di valori fondamentali comuni dell’Europa (22) . 40. Essa, inoltre, riflette per una parte considerevole anche le tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. Per quanto mi consta, questa conclusione è senz’altro vera per il diritto ad un periodo minimo di ferie retribuite, dal momento che l’art. 31, n. 2, della Carta ha numerosi antecedenti nelle costituzioni di diversi Stati membri (23) . In una controversia vertente sulla natura e sulla portata di un diritto fondamentale come quella di specie è dunque perfettamente lecito fare riferimento al precetto fondamentale di cui all’art. 31, n. 2, della Carta per interpretare l’art. 7 della direttiva 2003/88 (24) . 3. Il diritto ad un periodo minimo di ferie retribuite nella normativa comunitaria a) La competenza di attuazione degli Stati membri 41. La Corte di giustizia ha riconosciuto la portata del diritto alle ferie annuali retribuite e ha affermato che «[i]l diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite va considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla stessa direttiva 93/104» (25) . Le disposizioni di cui all’art. 7 della direttiva 2003/88 sono formulate come una regola secondo la quale il lavoratore deve potere beneficiare di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute (26) . 42. Per poter conseguire le finalità della direttiva occorre assumere a presupposto, in accordo con la giurisprudenza, che l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 offra una tutela estesa sotto il profilo temporale, motivo per cui le seguenti considerazioni valgono anche per le ferie che non vengono prese nell’anno in corso, bensì in un momento successivo. Al riguardo, infatti, la Corte ha affermato che è vero che l’effetto positivo delle ferie sulla sicurezza e sulla salute del lavoratore si manifesta pienamente se le ferie vengono prese nell’anno all’uopo previsto, cioè l’anno in corso. Tuttavia, tale periodo di riposo non perde al riguardo la sua importanza nel caso in cui venga goduto in un momento successivo. Dato che le ferie, anche se godute nel corso di un anno successivo, possono comunque contribuire alla sicurezza e alla salute del lavoratore, rientrano anche in questo caso nel campo di applicazione della direttiva (27) . 43. Secondo la giurisprudenza, gli Stati membri svolgono un ruolo molto importante nella realizzazione del suddetto diritto in quanto essi, nell’espletare il compito di attuazione di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88, hanno il dovere di stabilire le necessarie modalità di applicazione nazionali (28) . Ciò include la determinazione delle condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite, tenendo presente che gli Stati membri restano liberi di precisare le circostanze concrete in cui i lavoratori possono avvalersi di tale diritto, ad essi spettante sulla base dell’integralità dei periodi di lavoro compiuti (29) . 44. Il rinvio alle legislazioni nazionali operato dall’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 mira in special modo a consentire agli Stati membri di definire un quadro normativo che regoli gli aspetti organizzativi e procedurali per la fruizione delle ferie, quali ad esempio: la pianificazione dei periodi di ferie, l’eventuale obbligo del lavoratore di comunicare previamente al datore di lavoro quando intende fruire delle ferie, il requisito della prestazione di attività lavorativa per un periodo minimo prima di poter fruire delle ferie, i criteri per il calcolo prorata del diritto alle ferie annuali


quando la durata del rapporto di lavoro è inferiore ad un anno, ecc. (30) . Ma si tratta pur sempre di provvedimenti volti a stabilire le condizioni per l’ottenimento e la concessione del diritto alle ferie, come tali consentiti dalla direttiva 2003/88. 45. Dal principio di lealtà comunitaria di cui all’art. 10 CE discende per contro l’obbligo incombente agli Stati membri, sancito dal diritto comunitario, di omettere in sede di trasposizione dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 nella normativa nazionale tutto ciò che possa costituire un ostacolo al suddetto obiettivo (31) . Ciò riguarda soprattutto l’adozione di provvedimenti che potrebbero pregiudicare l’esistenza stessa del diritto ad un periodo minimo di ferie retribuite (32) . Coerentemente, la Corte, nella sentenza BECTU (33), ha dichiarato incompatibile con il diritto comunitario una normativa nazionale la quale prevedeva una condizione di concessione del diritto alle ferie annuali retribuite tale da impedire la costituzione stessa di tale diritto a favore di taluni lavoratori, adducendo come motivazione che essa non solo svuotava di sostanza un diritto individuale esplicitamente conferito dalla direttiva 93/104, ma era anche in contrasto con l’obiettivo di tale direttiva. 46. Secondo la mia opinione, la Corte nella menzionata sentenza ha applicato il principio dell’effetto utile del diritto comunitario e al riguardo ha giustamente riconosciuto che uno Stato membro che sia autorizzato a decidere circa la nascita di un diritto può vanificare o addirittura sopprimere quest’ultimo anche subordinandone il godimento a requisiti di difficile soddisfacimento. Ritengo che il diritto in questione possa essere ugualmente vanificato nel caso in cui uno Stato membro sia autorizzato a stabilire i requisiti per la decadenza dal diritto medesimo, poiché in entrambi i casi viene in questione l’esistenza stessa di quest’ultimo. 47. Sussiste infatti il medesimo pericolo per la realizzazione del diritto alle ferie annuali retribuite se ad uno Stato membro è concessa la facoltà di stabilire in quali circostanze un lavoratore perda tale diritto dopo il decorso di un certo termine. A questo proposito non si tratta più della decisione circa le modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite (34), e cioè dell’attuazione concreta del suddetto diritto, bensì della definizione della portata di una norma comunitaria, ossia dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88. 48. Un’interpretazione di questa disposizione nel senso che le ferie annuali si prescrivano col decorso di un determinato termine, sebbene i lavoratori non ne abbiano potuto fruire a causa di inabilità al lavoro per motivi di malattia, finisce infatti per escludere determinati lavoratori da tale diritto attraverso una limitazione dell’ambito di applicazione ratione personae della tutela garantita (35) . 49. Tuttavia, a seguito dell’armonizzazione in questo settore della normativa sociale sul lavoro – finalità questa perseguita dall’art. 137, n. 2, lett. b), CE, costituente il fondamento normativo della direttiva 2003/88 –, la competenza a determinare la portata del suddetto diritto spetta ormai alla Comunità (36) . Infatti, qualora essa rientrasse nella disponibilità degli Stati membri, sarebbe in pratica impossibile garantire all’interno della Comunità un livello di protezione omogeneo, e quindi l’obiettivo dell’armonizzazione. Per questo motivo si deve respingere l’argomentazione addotta dal governo tedesco, secondo cui la decadenza dal diritto alle ferie rientrerebbe tra le modalità di concessione delle stesse e sarebbe soggetta al potere di regolamentazione degli Stati membri. b) Il livello di tutela garantito dal diritto comunitario 50. Reputo inoltre importante ricordare che la libertà degli Stati membri nel determinare i provvedimenti interni di attuazione è limitata dalla circostanza che l’art. 137, n. 2, lett. b), CE intende garantire, mediante l’adozione di prescrizioni minime, un determinato livello di tutela


fissato in norme comunitarie, che gli Stati membri non possono comprimere. Come ha affermato la Corte di giustizia nella sentenza Regno Unito/Consiglio (37) in relazione alla nozione di «prescrizioni minime» nel senso di cui alla precedente base normativa costituita dall’art. 118 A del Trattato CE, tale disposizione non limita l’intervento comunitario al minimo denominatore comune, ossia al più basso livello di tutela fissato dai diversi Stati membri. Piuttosto, la detta nozione va intesa nel senso che gli Stati membri sono liberi di concedere una tutela maggiore rispetto a quella eventualmente elevata risultante dal diritto comunitario. 51. Tale interpretazione è confermata dal testo dell’art. 136 CE che prescrive come obiettivo della politica sociale «il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro». Ivi si afferma espressamente che tale obiettivo deve essere conseguito mediante una parificazione «nel progresso» (38) . Per conseguire questa finalità sancita dal diritto primario, l’art. 15 della direttiva 2003/88 autorizza gli Stati membri ad applicare o a promuovere l’applicazione di misure più favorevoli per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori. Al contempo, l’art. 23 della direttiva 2003/88, con riferimento al livello di tutela dei lavoratori, stabilisce che, fatto salvo il diritto degli Stati membri di fissare disposizioni diverse, a condizione che i requisiti minimi previsti dalla direttiva siano rispettati, l’attuazione di quest’ultima non costituisce una giustificazione per il regresso del livello generale di protezione dei lavoratori (39) . 52. Sulla base della direttiva 2003/88 è possibile determinare il livello di tutela minima stabilito dal legislatore comunitario in materia di diritto alle ferie. Al riguardo si deve osservare che l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 non contempla alcuna limitazione del diritto alle ferie. La direttiva non stabilisce che il lavoratore debba chiedere in tempo utile e godere effettivamente delle ferie entro un determinato momento, e cioè entro la fine dell’anno di riferimento o del periodo di riporto, né prevede la decadenza dal diritto. L’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 non figura neanche fra le disposizioni alle quali l’art. 17 di quest’ultima permette espressamente di derogare (40) . 53. In tal modo il legislatore comunitario aspira consapevolmente ad un livello minimo di tutela superiore a quello accordato dalla convenzione n. 132 dell’OIL (41) . Mentre l’art. 9 della suddetta convenzione prevede per la concessione e il godimento delle ferie annuali un limite temporale di un anno o di 18 mesi dopo la fine dell’anno per il quale è maturato il diritto alle ferie (42), nell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 manca totalmente una disposizione in tal senso. Ciò consente di concludere che la tutela che il diritto comunitario intende garantire ai lavoratori ha una portata più ampia rispetto a quella accordata dalle norme giuslavoristiche del diritto internazionale (43) . 54. Pertanto, un’interpretazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 nel senso che il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua una volta decorso un determinato periodo di tempo, ove esse non vengano godute a tempo debito, non è compatibile né con lo scopo del legislatore comunitario di garantire un livello di protezione superiore rispetto a quello offerto dalla convenzione n. 132 dell’OIL, né trova un fondamento nel testo della suddetta norma. c) Collegamento del diritto alle ferie con la capacità lavorativa i) Trasponibilità dei principi elaborati dalla giurisprudenza 55. Contrariamente all’opinione dei governi del Regno Unito e olandese non vi sono neanche spunti per sostenere che l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 colleghi il diritto ad un periodo minimo di ferie retribuite alla capacità lavorativa del lavoratore nell’anno di riferimento o nel periodo di riporto. Senz’altro si potrebbe in linea di principio eccepire che un lavoratore che sia stato assente per malattia e non abbia lavorato non necessita di un corrispondente periodo di riposo. Tuttavia,


come correttamente rilevato dalla Commissione, questo approccio non è compatibile con quello espresso dalla Corte nelle sentenze Merino Gómez (44) e FNV (45) . 56. Nella causa Merino Gómez la Corte si era occupata del rapporto esistente fra ferie annuali e congedo di maternità secondo il diritto comunitario. In concreto la questione era se, alla luce dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88, dell’art. 11, n. 2, lett. a), della direttiva 92/85/CEE (46) e dell’art. 5, n. 1, della direttiva 76/207/CEE (47), in casi in cui gli accordi collettivi stipulati fra un’azienda ed i rappresentanti dei lavoratori stabilissero i periodi di ferie per la totalità del personale e tali periodi coincidessero con il suo congedo di maternità, una lavoratrice avesse diritto a fruire delle ferie annuali in un periodo diverso da quello concordato, non coincidente con il congedo di maternità. La Corte di giustizia ha osservato, al riguardo, che la finalità del diritto alle ferie annuali è diversa da quella del diritto al congedo di maternità. Quest’ultimo è volto alla protezione della condizione biologica della donna durante e dopo la gravidanza nonché alla protezione delle particolari relazioni tra la donna e il bambino durante il periodo successivo alla gravidanza e al parto (48) . La Corte ha pertanto sentenziato che una lavoratrice deve poter godere delle sue ferie annuali in un periodo diverso da quello del suo congedo di maternità (49) . 57. La Corte ha confermato questo principio nella sentenza FNV e ha ulteriormente precisato che se alla fine di un anno si cumulano i periodi di più congedi garantiti dal diritto comunitario, può essere inevitabile riportare le ferie annuali o una parte delle stesse all’anno successivo (50), poiché un congedo garantito da norme comunitarie non può pregiudicare il diritto di godere di un altro congedo garantito a livello comunitario (51) . 58. Sebbene una gravidanza non possa certamente essere equiparata ad uno stato di malattia, è possibile addurre diversi motivi a favore di una corrispondente applicazione di questa giurisprudenza al rapporto fra ferie annuali e congedo per malattia. Analogamente al congedo di maternità, il congedo per malattia, infatti, ha lo scopo di preservare l’integrità psico-fisica del lavoratore, offrendogli la possibilità, mediante lo svincolo dal dovere di lavorare e la concessione di un periodo di riposo, di riprendersi fisicamente e di reinserirsi successivamente nel proprio posto di lavoro. Diversamente dalle ferie annuali, che servono per ritemprarsi, distaccarsi e riposarsi, il congedo per malattia mira pertanto esclusivamente alla guarigione e alla cura, cioè al superamento di uno stato patologico le cui cause risiedono per di più al di fuori della sfera di controllo del lavoratore interessato (52) . 59. A tale riguardo, in adesione alla tesi del governo italiano, si deve affermare che, in considerazione dei principi elaborati dalla Corte di giustizia, non è possibile pervenire alla conclusione che il diritto del ricorrente della causa principale all’effettiva fruizione delle ferie si estingua, senza con ciò mettere in discussione le diverse finalità del congedo ordinario per riposo e del congedo per malattia. Secondo la tesi fondamentale della suddetta giurisprudenza, non dovrebbe essere consentito concedere il congedo per malattia a spese delle ferie annuali retribuite, in quanto in caso contrario si potrebbe pervenire ad uno svuotamento di questo diritto sancito come fondamentale. ii) Contrasto con la ratio dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 – Rischio di un’interpretazione estranea alla finalità normativa 60. Oltre ai dubbi già espressi in precedenza contro un’interpretazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 che permetta una perdita del diritto alle ferie dopo il decorso un certo termine, si può addurre come argomento ulteriore l’incompatibilità di una siffatta normativa con la finalità


della direttiva 2003/88 di garantire il miglioramento della sicurezza e la tutela della salute dei lavoratori. 61. La ratio originaria del divieto imposto dalle norme giuslavoristiche di accumulare giorni di ferie non goduti, quale previsto sino ad oggi da taluni ordinamenti giuridici nazionali – fra cui quello tedesco –, sembra quella di garantire l’effettiva fruizione delle ferie entro l’anno corrente, ponendo a carico del lavoratore stesso la responsabilità dell’attuazione del proprio diritto alle ferie nel caso singolo. Secondo questa concezione appare palesemente coerente porre a carico del lavoratore le conseguenze della sua inerzia o del tardivo azionamento del diritto mediante la perdita del medesimo (53) . 62. Occorre tuttavia riflettere sul fatto che lo scopo originario della tutela sociale del lavoratore, che ispira la suddetta normativa ed in quanto tale è identico a quello della direttiva 2003/88, viene rovesciato nel suo esatto contrario se il lavoratore non può realizzare il proprio diritto alle ferie annuali per motivi a lui non imputabili. Fra le circostanze non imputabili al lavoratore rientra, da un lato, la possibilità di un inadempimento intenzionale da parte del datore di lavoro, che per di più viene premiato da una siffatta disciplina; ma vi rientrano, dall’altro, anche circostanze naturali di forza maggiore, estranee alla sfera di controllo del soggetto interessato, come la malattia. 63. In entrambi i casi attraverso la perdita del diritto alle ferie non solo lo scopo perseguito viene perso di vista, ma si determina in ultima analisi una sanzione a carico del lavoratore, non giustificabile oggettivamente. Una siffatta conseguenza giuridica è palesemente inconciliabile con la ratio della direttiva 2003/88. Conseguentemente l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 non può essere interpretato nel senso che l’incapacità lavorativa del lavoratore dovuta a malattia comporti una perdita del diritto ad un periodo minimo di ferie annuali garantito come diritto fondamentale. – Interpretazione ispirata agli interessi delle parti del rapporto di lavoro 64. Contrariamente a quanto affermato dalla convenuta della causa principale, è senz’altro possibile un’interpretazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 che tenga conto degli interessi del datore di lavoro e allo stesso tempo comprima il diritto fondamentale ad un periodo minimo di ferie annuali in misura minore rispetto alla normativa tedesca controversa. Come correttamente chiarito dalla Commissione, appare opportuno che uno Stato membro stabilisca condizioni affinché, nell’interesse della salute e della sicurezza, ad esempio, i diritti alle ferie possano essere riportati solo nella misura in cui ciò appaia necessario. Sarebbe ipotizzabile anche la creazione di incentivi per indurre i lavoratori a fruire delle ferie annuali entro un periodo di tempo ragionevole nell’anno successivo. 65. L’attuazione concreta di questi provvedimenti a livello d’impresa spetta per contro al datore di lavoro, il quale grazie ai suoi ampi poteri di organizzazione e coordinamento (54) è in grado di conciliare il più possibile il diritto dei lavoratori alle ferie con i bisogni della propria azienda. iii) Confronto con le disposizioni di cui alla convenzione n. 132 dell’OIL 66. Contro un collegamento fra diritto alle ferie e capacità lavorativa del lavoratore depone inoltre la circostanza che, secondo il testo non equivoco dell’art. 5, n. 4, della convenzione n. 132 dell’OIL, «le assenze dal lavoro per motivi indipendenti dalla volontà della persona impiegata interessata, come ad esempio le assenze per malattia, incidente o congedo per maternità, saranno calcolate nel periodo di servizio» (55) . Inoltre l’art. 6, n. 2, della medesima convenzione prescrive espr essamente che «i periodi di inabilità al lavoro derivanti da malattie o incidenti non possono essere calcolati nel congedo pagato minimo annuale».


67. Pertanto, le suddette disposizioni devono essere intese, conformemente alla loro finalità, nel senso che un congedo fruito in precedenza per malattia non può pregiudicare il diritto ad un periodo minimo di ferie retribuite (56) . È vero che gli Stati firmatari, fra cui figura la maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea (57), devono «garantire ciò secondo condizioni stabilite dalle autorità competenti o con procedure adeguate in ciascuno Stato»; tuttavia la competenza degli Stati membri è limitata anche in questo caso all’adozione di provvedimenti attuativi, per cui dovrebbe essere loro giuridicamente vietato non considerare le suddette assenze dal lavoro come periodi di servizio. 68. Di conseguenza, le norme della convenzione n. 132 dell’OIL e della direttiva 2003/88 sono sostanzialmente convergenti nel loro contenuto normativo di base (58) . Quindi gli Stati membri sono tenuti ad interpretare tali testi e ad organizzare i propri ordinamenti giuridici nazionali in modo tale che le assenze dal lavoro a causa di malattia non pregiudichino il diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite. B – Sulla seconda questione 69. Oggetto della seconda questione pregiudiziale è la portata normativa del diritto all’indennità per le ferie non godute previsto dall’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88. La monetizzazione delle ferie, ovvero il pagamento delle ferie annuali non godute, si sostituisce alla concessione di tempo libero quando le ferie non possono più essere concesse a seguito della fine del rapporto di lavoro. Questo diritto rappresenta l’unica eccezione al divieto di monetizzazione previsto in linea di principio dalla direttiva, che vieta altrimenti in modo categorico alle parti di un rapporto di lavoro di sostituire le ferie annuali con un’indennità finanziaria, indipendentemente dal fatto che queste debbano essere prese nell’anno in corso o riportate ad un periodo successivo. 70. Secondo la giurisprudenza della Corte questo divieto mira a garantire che il lavoratore possa di norma beneficiare di un periodo di riposo effettivo per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute (59) . In tal modo si intende impedire una «compravendita» abusiva del diritto alle ferie da parte del datore di lavoro ovvero una rinuncia del lavoratore alle stesse per motivi meramente economici (60) . 71. L’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 sottolinea la funzione del mantenimento della retribuzione durante il periodo di ferie, la quale consiste nel mettere il lavoratore, in occasione di tali ferie, in una situazione che, dal punto di vista retributivo, è paragonabile ai periodi di lavoro (61) . In altre parole l’obbligo di corrispondere tale retribuzione durante le ferie garantisce che il lavoratore sia economicamente in condizione di fruire effettivamente delle proprie ferie annuali (62) . Non diverso è lo scopo dell’indennità sostitutiva per le ferie non fruite. La finalità dell’indennità finanziaria sostitutiva è infatti che il lavoratore possa, in linea di principio, prendere un periodo di riposo retribuito anche dopo la fine del rapporto di lavoro prima di intraprenderne uno nuovo (63) . Pertanto, ove la suddetta indennità venisse meno, la conseguenza sarebbe che la finalità del riposo del lavoratore, perseguita dalla direttiva 2003/88, non potrebbe essere raggiunta. 72. La Corte di giustizia ha osservato nella sentenza Robinson Steele (64) che la direttiva 2003/88 tratta il diritto alle ferie annuali e quello al pagamento della retribuzione durante le ferie come due aspetti di un unico diritto. Sono dell’avviso che proprio questa identità di funzioni del diritto allo stipendio e di quello all’indennità per le ferie non godute induca a considerare anche quest’ultimo come una parte inscindibile del diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite. 73. A questo proposito la soluzione della seconda questione pregiudiziale discende già dalle mie considerazioni relative alla prima questione. Se infatti la decadenza automatica dal diritto alle ferie


annuali retribuite dopo il decorso di un determinato termine si pone, come già osservato, in contrasto con lo scopo della direttiva 2003/88, ciò deve valere in ugual modo per il diritto ad un’indennità per le ferie non godute collegato, quale diritto accessorio, al diritto alle ferie. 74. Per contro non si può aderire alla tesi della convenuta della causa principale secondo cui la prospettiva di dover monetizzare, alla conclusione del rapporto di lavoro, un gran numero di giorni di ferie eventualmente accumulatisi nel corso di vari anni potrebbe indurre i datori di lavoro a separarsi prematuramente dai lavoratori colpiti da malattia di lunga durata ricorrendo al licenziamento. Si può opporre a questa tesi, infatti, che proprio la mancanza di un obbligo del datore di lavoro di indennizzare le ferie non godute potrebbe incoraggiare quest’ultimo a licenziare dei lavoratori prima della concessione delle ferie annuali, in quanto egli in caso contrario sarebbe tenuto a soddisfare il diritto di costoro ad un periodo di ferie annuali retribuite ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88. Qualora si intenda prevenire un ricorso abusivo al diritto di licenziamento finalizzato all’elusione di questo diritto fondamentale garantito dalla normativa comunitaria, si deve in ogni caso attribuire al lavoratore, alla fine del rapporto di lavoro, un diritto ad un’indennità finanziaria in sostituzione delle ferie maturate e non godute. 75. Neanche un esame comparato delle disposizioni pertinenti della convenzione n. 132 dell’OIL consente una conclusione diversa. L’art. 11 della convenzione sancisce in linea di principio il diritto del lavoratore ad un’indennità sostitutiva per le ferie non godute proporzionale al periodo di servizio per il quale egli non ha ancora usufruito di ferie. Dal momento che il diritto all’indennità sostitutiva anche qui è collegato al diritto ad un periodo minimo di ferie, che si configura quale diritto principale, occorre fare riferimento all’art. 5, n. 4, della convenzione, a norma del quale le assenze dal lavoro per motivi indipendenti dalla volontà del lavoratore interessato, come ad esempio quelle per malattia, incidente o congedo per maternità, devono essere calcolate nel periodo di servizio (65) . Conseguentemente, un’incapacità lavorativa dovuta a malattia non può risolversi in un pregiudizio per il diritto ad un’indennità sostitutiva per le ferie non godute. 76. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che ai lavoratori spetta in ogni caso, alla fine del rapporto di lavoro, il diritto ad un’indennità finanziaria in sostituzione delle ferie maturate e non godute. C – Sulla terza questione 77. Come già illustrato, consegue da un’interpretazione teleologica dell’art. 7 della direttiva 2003/88 (66), nonché dalla ratio normativa dell’art. 5, n. 4, della convenzione n. 132 dell’OIL (67), che il periodo di malattia deve essere equiparato al periodo di servizio, in quanto trattasi di un’assenza per motivi indipendenti dalla volontà del lavoratore e pertanto giustificata. 78. Nel medesimo arco di tempo, perciò, sorgono tutti i diritti del lavoratore, incluso il diritto alle ferie annuali retribuite, il quale può essere fruito una volta ristabilita la capacità lavorativa o essere sostituito dal pagamento di un’indennità – in caso di fine del rapporto di lavoro – anche in caso di intervenuta incapacità lavorativa totale. 79. La nascita del diritto alle ferie annuali o di quello all’indennità non è, in linea di principio, subordinata al previo espletamento di un’attività effettiva, per cui i suddetti diritti spettano al lavoratore anche ove questi sia stato assente dal lavoro per malattia durante l’intero anno di riferimento. 80. Per quanto attiene alla parte della questione, ulteriore rispetto alla precedente, volta a stabilire se i suddetti diritti sorgano anche in caso di assenza ingiustificata nell’intero anno di riferimento,


vorrei ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, il procedimento di rinvio pregiudiziale ex art. 234 CE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto comunitario necessari per risolvere le controversie dinanzi ad essi pendenti (68) . 81. Nell’ambito di tale cooperazione, spetta esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sull’interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (69) . 82. Tuttavia, la Corte ha parimenti affermato che, in ipotesi eccezionali, spetta ad essa esaminare le condizioni in cui è adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza. Il rifiuto di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcuna relazione con i reali termini o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (70) . 83. Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere allo svolgimento del procedimento pregiudiziale implica che il giudice nazionale, dal canto suo, tenga presente la funzione di cui la Corte è investita, che è quella di contribuire all’amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche (71) . 84. Dall’ordinanza di rinvio si evince che il ricorrente della causa principale è rimasto ininterrottamente assente dal lavoro per malattia certificata dall’8 settembre 2004 al 30 settembre 2005, ovvero fino al momento della cessazione del rapporto di lavoro. La sua assenza era pertanto chiaramente giustificata, per cui la Corte non è tenuta a pronunciarsi sulla parte della questione volta a stabilire se il diritto alle ferie annuali o ad un indennizzo finanziario sorga anche in caso di assenza ingiustificata, essendo essa irrilevante ai fini della decisione nella causa principale. VII – Conclusione 85. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di giustizia di risolvere la domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta dal Landesarbeitsgericht di Düsseldorf statuendo nei seguenti termini: 1. L’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che i lavoratori devono comunque godere di un periodo di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. In particolare, le ferie non godute dal lavoratore a causa di malattia nel corso dell’anno di riferimento devono essere concesse in un momento successivo. 2. L’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore ha comunque diritto ad un’indennità finanziaria a titolo di compensazione per le ferie maturate e non godute (indennità sostitutiva). 3. L’art. 7 della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che il diritto alle ferie annuali o alla compensazione monetaria sorge anche in caso di assenza giustificata (per malattia) nell’intero anno di riferimento.


(1) . (2) – GU L 299, pag. 9. (3) – GU L 307, pag. 18. (4) – Il grado di disabilità (GdB) è un concetto utilizzato dalla normativa tedesca in materia di invalidità gravi. Si tratta di un’unità di misura per il grado di menomazione cagionato da un’invalidità. La nozione viene utilizzata nel Sozialgesetzbuch IX – Rehabilitation und Teilhabe behinderter Menschen (Libro IX del Codice delle materie sociali – Riabilitazione e inserimento dei disabili). Il GdB può variare da 20 a 100. È articolato in scaglioni di 10. Sono considerate disabili gravi tutte le persone con un grado di disabilità di almeno 50 GdB, accertato dal Versorgungsamt (Ufficio assistenza) o dall’Amt für Soziale Angelegenheiten (Ufficio per le questioni sociali). Nel documento di riconoscimento per disabili gravi sono riportati contrassegni che indicano menomazioni speciali. Il contrassegno «G» identifica una menomazione motoria nella circolazione stradale. (5) – V. la fondamentale sentenza 8 aprile 1976, causa 48/75, Royer (Racc. pag. 497, punti 69 e 73), secondo cui «gli Stati membri [sono obbligati a] scegliere, nell’ambito discrezionale loro attribuito dall’art. [249 CE], le forme ed i mezzi più idonei a garantire l’efficacia reale delle direttive, tenuto conto del loro scopo». (6) – V. Stärker, L., Kommentar zur EU-Arbeitszeit-Richtlinie , Vienna 2006, pag. 81. (7) – Sentenze 26 giugno 2001, causa C-173/99, BECTU (Racc. pag. I-4881, punto 37); 9 settembre 2003, causa C-151/02, Jaeger (Racc. pag. I-8389, punti 45 e 47); 5 ottobre 2004, cause riunite da C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer e a. (Racc. pag. I-8835, punto 91), e 1° dicembre 2005, causa C-14/04, Dellas e a. (Racc. pag. I-10253, punto 40). (8) – Sentenze 3 ottobre 2000, causa C-303/98, Simap (Racc. pag. I-7963, punto 49); BECTU (cit. alla nota 7, punto 38); Jaeger (cit. alla nota 7, punto 46); 12 ottobre 2004, causa C-313/02, Wippel (Racc. pag. I-9483, punto 47), e Dellas e a. (cit. alla nota 7, punto 41). (9) – Come afferma l’avvocato generale Tizzano nelle conclusioni presentate l’8 febbraio 2001 nella causa BECTU (sentenza cit. alla nota 7, paragrafo 22), il diritto alle ferie annuali retribuite è da tempo annoverato tra i diritti sociali fondamentali. (10) – Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata il 10 dicembre 1948 con la risoluzione 217 A (III) dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. (11) – Carta sociale europea, aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa il 18 ottobre 1961 a Torino ed entrata in vigore il 26 febbraio 1965. L’art. 2, n. 3, afferma che, per assicurare l’effettivo esercizio del diritto ad eque condizioni di lavoro, le Parti s’impegnano a garantire il godimento di ferie annuali retribuite di almeno due settimane. (12) – Il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali è stato adottato all’unanimità il 19 dicembre 1966 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. L’art. 7, lett. d), afferma che «[g]li Stati parti (....) riconoscono il diritto di ogni individuo di godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro, le quali garantiscano in particolare (...) il riposo, gli svaghi, una ragionevole limitazione delle ore di lavoro, e le ferie periodiche retribuite, nonché la remunerazione per i giorni festivi».


(13) – Convenzione n. 132 relativa ai congedi annuali pagati (nuova versione del 1970), adottata dalla Conferenza generale dell’Organizzazione internazionale del lavoro il 24 giugno 1970, entrata in vigore il 30 giugno 1973. (14) – Convenzione n. 52 sui congedi annuali pagati, adottata dalla Conferenza generale dell’Organizzazione internazionale del lavoro il 24 giugno 1936, entrata in vigore il 22 settembre 1939. Questa convenzione è stata riformulata mediante la convenzione n. 132, ma continua ad essere aperta alla ratifica. (15) – Zuleeg, M., «Der Schutz sozialer Rechte in der Rechtsordnung der Europäischen Gemeinschaft», Europäische Grundrechte-Zeitschrift 1992, fascicolo 15/16, pag. 331, sottolinea che gli atti privi di efficacia vincolante, come la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, fungono innanzi tutto da orientamenti programmatici. Essi acquisiscono eventualmente una valenza giuridica allorquando gli organi giurisdizionali li prendono in considerazione a fini interpretativi o per la creazione di norme di matrice giurisprudenziale. Balze, W., «Überblick zum sozialen Arbeitsschutz in der EU», Europäisches Arbeits- und Sozialrecht , 38° aggiornamento 1998, punto 4, rileva giustamente che, sebbene la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori non sia di per sé – in quanto dichiarazione solenne – per nulla vincolante sotto il profilo giuridico, essa ha tuttavia agito da importante catalizzatore per il programma della Commissione, adottato alla fine del 1989, per l’attuazione della Carta comunitaria del 28 novembre 1989. Tale programma d’attuazione prevedeva complessivamente 23 proposte concrete di direttiva, fra l’altro nel settore della sicurezza e della tutela della salute dei lavoratori, che sono state sostanzialmente attuate entro il 1993. Se ne deduce che anche dichiarazioni solenni, in quanto fonte di ispirazione dell’attività legislativa, possono in ultima analisi acquisire importanza nella realizzazione dei diritti sociali fondamentali in esse proclamati. (16) – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364, pag. 1). (17) – Ad uguale risultato perviene l’avvocato generale Tizzano nelle sue conclusioni presentate l’8 febbraio 2001 nella causa BECTU (sentenza cit. alla nota 9, paragrafo 26). (18) – La Carta comunitaria dei diritti sociali dei lavoratori è stata adottata il 9 dicembre 1989 a Strasburgo dai capi di Stato e di governo degli Stati membri della Comunità europea. Al punto 8 della suddetta Carta si afferma che «[o]gni lavoratore della Comunità europea ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite i cui periodi devono essere via via ravvicinati, in modo da ottenere un progresso, conformemente alle prassi nazionali». Eichenhofer, E., Handbuch des EU-Wirtschaftsrechts (a cura di Dauses, M.A.), Monaco 2004, volume 1, D. III., punti 38 e 39, qualifica espressamente in questo contesto il diritto alle ferie annuali retribuite come un «diritto sociale fondamentale» sancito dalla Carta comunitaria. (19) – V., al riguardo, Rengeling, H.-W., Grundrechte in der Europäischen Union , Colonia 2004, punto 1016, pag. 812. (20) – Riedel, E., Charta der Grundrechte der Europäischen Union (a cura di Jürgen Meyer), 2ª edizione, Baden-Baden 2006, art. 31, punto 20, è dell’opinione che l’importanza dell’art. 31, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali risieda innanzi tutto nell’avere sancito in modo incontestabile come minimo sociale i principi della limitazione della durata massima dell’orario lavoro, dei periodi di riposo giornalieri e dei periodi di riposo da concedere settimanalmente, anche in caso di rapporti di lavoro con orari di servizio organizzati su turni o flessibili, nonché nell’aver proclamato le ferie annuali retribuite come diritto umano spettante a chiunque.


(21) – Ho espresso da ultimo tale opinione nelle conclusioni da me presentate il 3 maggio 2007 nella causa C-62/06, Zefeser (paragrafo 54 e nota 43), relativamente al diritto ad un processo equo sancito all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali. Precedentemente si erano espressi in tal senso l’avvocato generale Tizzano, nelle sue conclusioni nella causa BECTU (cit. alla nota 9, paragrafo 28), nonché l’avvocato generale Léger, nelle conclusioni da lui presentate il 10 luglio 2001 nella causa C-353/99 P, Consiglio/Hautala (Racc. pag. I-9565, paragrafi 73-86). Anche la Corte di giustizia si richiama con sempre maggior frequenza alle disposizioni della Carta dei diritti fondamentali. V., da ultimo, sentenza 27 giugno 2006, causa C-540/03, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I-5769, punto 38), che rinvia al riferimento alla Carta contenuto nei ‘considerando’ della direttiva controversa, nonché sentenze 13 marzo 2007, causa C-432/05, Unibet (Racc. pag. I-2271, punto 37), e 3 maggio 2007, causa C-303/05, Advocaten voor de Wereld (Racc. pag. I-3633, punto 46). (22) – V., al riguardo, Poiares Maduro, M., «The double constitutional life of the Charter of Fundamental Rights», Unión Europea y derechos fundamentales en perspectiva constitucional , Madrid 2004, pag. 306; Schmitz, T., «Die Charta der Grundrechte der Europäischen Union als Konkretisierung der gemeinsamen europäischen Werte», Die Europäische Union als Wertegemeinschaft , Berlino 2005, pag. 85, nonché Beyer, U./Oehme, C./Karmrodt, F., « Der Einfluss der Europäischen Grundrechtecharta auf die Verfahrensgarantien im Unionsrecht», Beiträge zum Transnationalen Wirtschaftsrecht , fascicolo 34, novembre 2004, pag. 14. García Perrote Escartín, I., «Sobre el derecho de vacaciones», Scritti in memoria di Massimo D’Antona , volume 4 (2004), pag. 3586, dà voce all’ipotesi che il diritto alle ferie annuali retribuite, così come sancito all’art. 40, n. 2, della Costituzione spagnola, sia il frutto dell’insieme degli strumenti internazionali preposti alla tutela del diritto fondamentale. Egli ritiene che tali strumenti abbiano contribuito complessivamente allo sviluppo di una coscienza universale o prettamente europea dell’esistenza del suddetto diritto sociale fondamentale. (23) – Secondo il diritto comunitario, spetta anzitutto agli Stati membri dettare norme per la disciplina delle condizioni di lavoro. Diversi testi costituzionali contengono garanzie relativamente alle condizioni di lavoro, che comprendono il diritto dei lavoratori ad un periodo di riposo. Ad esempio, l’art. 11, n. 5, della Costituzione del Lussemburgo e l’art. 40, n. 2, della Costituzione della Spagna attribuiscono allo Stato il dovere di creare condizioni di lavoro salubri e di garantire il riposo dei lavoratori o di provvedere al riguardo [v. González Ortega, S., «El disfrute efectivo de las vacaciones anuales retribuidas: una cuestión de derecho y de libertad personal, de seguridad en el trabajo y de igualdad», Revista española de derecho europeo , n. 11 (2004), pagg. 423 e segg.]. Una disciplina molto più completa e maggiormente aderente alla formulazione dell’art. 31 della Carta è rinvenibile nell’art. 36 della Costituzione italiana , che, fra l’altro, prevede il diritto ad un giorno di riposo settimanale e alle ferie annuali retribuite. La Costituzione del Portogallo sembra essere stata uno dei modelli ispiratori delle norme della Carta, in quanto il suo art. 59, n. 1, lett. d), sancisce il diritto al riposo e allo svago, ad una durata massima dell’orario di lavoro giornaliero, ad una pausa di riposo settimanale, nonché a ferie regolari e retribuite (v. Vieira De Andrade, J. C., «La protection des droits sociaux fondamentaux dans l’ordre juridique du Portugal», La protection des droits sociaux fondamentaux dans les États membres de l’Union européenne – Étude de droit comparé , Atene/Bruxelles/Baden-Baden 2000, pag. 677). Nella maggior parte dei vecchi Stati membri dell’Unione europea il diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite si basa su normative dettate da leggi ordinarie, che riflettono i pertinenti precetti di diritto derivato delle direttive nella misura in cui siano interessati ambiti di applicazione del diritto comunitario. I nuovi Stati membri, con l’eccezione di Cipro , presentano per contro una codificazione molto puntuale di questo diritto. Ciò vale, ad esempio, per l’art. 36, lett. f), della Costituzione slovacca , per l’art. 66, n. 2, di quella polacca , per l’art. 70/B, n. 4, di quella ungherese , per l’art. 107 di quella lettone , nonché per l’art. 49, n. 1, della Costituzione lituana , che garantiscono il periodo minimo di ferie


annuali retribuite. Di condizioni di lavoro in generale si parla nelle Costituzioni della Slovenia (art. 66), della Repubblica ceca (art. 28), nonché dell’ Estonia (art. 29, n. 4) (v. Riedel, E., op. cit. alla nota 20, art. 31, punti 3 e 4). (24) – Secondo Smismans, S., «The Open Method of Coordination and Fundamental Social Rights», Social Rights in Europe (a cura di Gráinne de Búrca e Bruno de Witte), Oxford 2005, pag. 229, nei procedimenti dinanzi alla Corte di giustizia si porrà necessariamente la questione del rapporto fra l’art. 7 della direttiva 2003/88 ed i diritti fondamentali, in primis l’art. 31, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Secondo Krebber, S., Kommentar zu EU-Vertrag und EG-Vertrag (a cura di Christian Calliess/Matthias Ruffert), 1ª edizione, Neuwied 1999, art. 136 CE, punto 35, pag. 1365, la Carta sociale europea e la Carta comunitaria forniscono importanti ausili interpretativi quanto al significato di nozioni giuslavoristiche a livello comunitario. Stärker, L., Kommentar zur EU-Arbeitszeit-Richtlinie , Vienna 2006, pag. 81, attribuisce apertamente all’art. 31, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali persino carattere normativo, sottolineando che tale disposizione impone di stabilire un periodo di ferie annuali retribuite. Secondo Benedetti, G., «La rilevanza giuridica della Carta Europea innanzi alla Corte di Giustizia: il problema delle ferie annuali retribuite», Carta Europea e diritti dei privati , 2000, pagg. 128 e 129, in una controversia sulla portata del diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite la Carta dei diritti fondamentali, seppur priva di efficacia vincolante, non può essere ignorata, in quanto essa contiene asserzioni che riflettono le tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. Nell’interpretazione del diritto comunitario essa svolge pertanto una funzione di punto di riferimento ovvero di ausilio interpretativo. (25) – Sentenze 6 aprile 2006, causa C-124/05, Federatie Nederlandse Vakbeweging (Racc. pag. I-3423, punto 28); Dellas e a. (cit. alla nota 7, punto 49); 18 marzo 2004, causa C-342/01, Merino Gómez (Racc. pag. I-2605, punto 29), e BECTU (cit. alla nota 7, punto 43). (26) – Sentenza BECTU (cit. alla nota 7, punto 44). (27) – Sentenza Federatie Nederlandse Vakbeweging (cit. alla nota 25, punti 30 e 31). (28) – Sentenza 16 marzo 2006, cause riunite C-131/04 e C-257/04, Robinson-Steele (Racc. pag. I-2531, punto 57). (29) – Sentenza BECTU (cit. alla nota 7, punto 53). (30) – In tal senso le considerazioni della Commissione nella causa BECTU, riprese dall’avvocato generale Tizzano nelle conclusioni da lui presentate in tale causa (cit. alla nota 9, paragrafo 34). (31) – Secondo una costante giurisprudenza, dall’art. 10 CE discende l’obbligo degli Stati membri di trasporre le direttive in modo da assicurarne effettivamente la piena applicazione (sentenze 11 luglio 2002, causa C-62/00, Marks & Spencer, Racc. pag. I-6325, punti 24-26; 16 novembre 2000, causa C-214/98, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-9601, punto 49, e 9 settembre 1999, causa C-217/97, Commissione/Germania, Racc. pag. I-5087, punto 31). Il legislatore nazionale deve pertanto modificare, abrogare o integrare la normativa interna in modo tale che i precetti del diritto comunitario possano dispiegare tutta la loro efficacia pratica [v. sentenza 8 febbraio 1973, causa 30/72, Commissione/Italia, Racc. pag. 161, punto 11; Kahl, W., Kommentar zu EU-Vertrag und EG-Vertrag (a cura di Christian Calliess/Matthias Ruffert), 1ª edizione, Neuwied 1999, art. 10 CE, punto 19, pag. 374].


(32) – In questo senso Bogg, A.L., «The right to paid annual leave in the Court of Justice: the eclipse of functionalism», European Law Review , volume 31 (2006), n. 6, pag. 897, secondo cui una normativa nazionale non si può spingere a negare l’esistenza del diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite. (33) – Sentenza BECTU (cit. alla nota 7, punto 48). (34) – Nella sentenza BECTU (cit. alla nota 7, punto 61) la Corte ha osservato che la direttiva 93/104 non impedisce agli Stati membri «di organizzare le modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali disciplinando, ad esempio, il modo in cui i lavoratori possono prendere le ferie cui hanno diritto durante le prime settimane di lavoro». (35) – Proprio questo, peraltro, non è consentito agli Stati membri (v. sentenza BECTU, cit. alla nota 7, punto 52). In base alla suddetta sentenza, gli Stati membri non possono limitare unilateralmente il diritto alle ferie annuali retribuite, conferito a tutti i lavoratori, subordinandone la concessione ad una condizione che ha l’effetto di escludere taluni lavoratori dal godimento di tale diritto. (36) – L’art. 137 CE rappresenta la più importante norma autorizzativa per l’adozione di direttive nel capitolo sulla politica sociale. Essa impone di dare all’armonizzazione un orientamento definito, ricavabile dal collegamento tra il primo ed il secondo paragrafo. Su questa base, l’armonizzazione deve avere luogo al fine di promuovere la funzione di sostegno e di completamento dell’attività della Comunità nei settori enunciati al primo paragrafo, lett. a)-i). Fra questi figura, ai sensi del primo paragrafo, lett. a), la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori. La precedente base normativa era costituita dall’art. 118 del Trattato CE, anch’esso connotato da un orientamento principalmente socio-politico e che, sotto questo profilo, si distingueva dall’altra norma sulla competenza di cui all’art. 100 bis del Trattato CE (art. 94 CE), finalizzato al mercato comune (v. Krebber, S., op. cit. alla nota 24, art. 137 CE, punto 18, pag. 1373). (37) – Sentenza 12 novembre 1996, causa C-84/94, Regno Unito/Consiglio (Racc. pag. I-5755, punto 56). (38) – Balze, W., op. cit. alla nota 15, 38° supplemento 1998, punto 3. (39) – Sentenza Regno Unito/Consiglio (cit. alla nota 37, punto 42). Balze, W., «Arbeitszeit, Urlaub und Teilzeitarbeit», Europäisches Arbeits- und Sozialrecht , 79° supplemento (ottobre 2002), B 3100, punto 6, pag. 9, concepisce le norme della direttiva sull’orario di lavoro come disposizioni minime conformemente alla concezione dell’art. 137 CE, per cui gli Stati membri possono adottare o mantenere normative più severe in materia di orario di lavoro. Tuttavia, ai sensi dell’art. 14 della direttiva 2003/88, eventuali norme comunitarie più specifiche prevalgono sulle disposizioni di quest’ultima indipendentemente dalla questione se il loro livello di tutela sia inferiore rispetto a quello offerto dalla direttiva stessa. (40) – V. sentenze Robinson Steele (cit. alla nota 28, punto 62) e BECTU (cit. alla nota 7, punto 41). In questo senso anche Balze, W., «Die Richtlinie über die Arbeitszeitgestaltung», Europäische Zeitschrift für Wirtschaftsrecht , n. 7 (1994), pag. 207, il quale non vede alcuna concreta facoltà di deroga a questa normativa. (41) – Si ricordi in questo contesto che, ai sensi del sesto ‘considerando’ della direttiva 2003/88, occorre tener conto dei principi dell’OIL in materia di organizzazione dell’orario di lavoro. Anche l’avvocato generale Kokott, alla nota 8 delle conclusioni presentate il 12 gennaio 2006 nella causa


Federatie Nederlandse Vakbeweging (sentenza cit. alla nota 25), vi fa riferimento. Un’interpretazione della direttiva 2003/88 che tenga conto dei principi fondamentali della convenzione n. 132 dell’OIL mi sembra inevitabile considerato che la normativa dell’OIL ha stabilito standard internazionali determinanti nel settore del diritto del lavoro. Considerati nel loro complesso, si registra un elevato grado di convergenza fra i due strumenti giuridici: ad un esame più accurato, tuttavia, non deve sfuggire che talune disposizioni della direttiva 2003/88 vanno al di là di quanto prescritto dalla convenzione n. 132 dell’OIL. Per tale motivo è corretto affermare relativamente alla direttiva 2003/88 che essa rappresenta un perfezionamento propriamente comunitario della menzionata convenzione (v. Murray, J., Transnational Labour Regulation: The ILO and EC Compared , L’Aia 2001, pag. 185). (42) – L’art. 9 della convenzione n. 132 dell’OIL è una disposizione speciale in materia di diritto alle ferie, che fa riferimento alla possibilità di frazionare le ferie annuali retribuite prevista dall’art. 8. Tale frazionamento delle ferie annuali può essere autorizzato dall’autorità competente, tuttavia il lavoratore ha diritto ad almeno due settimane ininterrotte, salvo diverso accordo tra il datore di lavoro ed il lavoratore. L’art. 9 stabilisce che la suddetta frazione ininterrotta di ferie annuali deve essere accordata e goduta entro il termine di un anno al massimo e la frazione rimanente di ferie annuali retribuite entro il termine di 18 mesi al massimo, a partire dalla fine dell’anno in cui è maturato il diritto alle ferie. È consentito un rinvio oltre i menzionati limiti di una frazione che superi un minimo stabilito, con il consenso del lavoratore, entro un termine successivo. Tale termine va fissato previa consultazione delle associazioni professionali a livello nazionale. (v., al riguardo, Böhmert, S., Das Recht der ILO und sein Einfluss auf das deutsche Arbeitsrecht im Zeichen der europäischen Integration , Baden-Baden 2002, pag. 128). (43) – Dalla disciplina dei termini di cui all’art. 9 della convenzione n. 132 dell’OIL non si evince nulla che possa fare pensare ad un’eventuale perdita del diritto del lavoratore, in quanto la stessa non prescrive conseguenze giuridiche nel caso in cui le ferie non siano fruite o concesse prima dello scadere del termine. Piuttosto emerge chiaramente dall’art. 12 della medesima convenzione che il diritto ad un periodo minimo di ferie retribuite non è disponibile, per cui qualsiasi accordo circa la disapplicazione del diritto o la rinuncia allo stesso deve essere considerato nullo o vietato, secondo le condizioni del paese interessato. García Perrote Escartín, I., (op. cit. alla nota 22, pag. 3602), è del pari dell’avviso che una normativa che preveda la decadenza dal diritto ad un periodo di ferie retribuite dopo il decorso di un determinato termine non abbia fondamento normativo né nella convenzione n. 132 dell’OIL né nella direttiva 2003/88. Dall’art. 12 della convenzione n. 132 dell’OIL si evincerebbe piuttosto la natura irrinunciabile del suddetto diritto. (44) – Sentenza Merino Gómez (cit. alla nota 25). (45) – Sentenza Federatie Nederlandse Vakbeweging (cit. alla nota 25). (46) – Direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/85/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (GU L 348, pag. 1). (47) – Direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40). (48) – Sentenze Merino Gómez (cit. alla nota 25, punto 32); 27 ottobre 1998, causa C-411/96, Boyle e a. (Racc. pag. I-6401, punto 41); 30 aprile 1998, causa C-136/95, Thibaut (Racc. pag. I-2011, punto 25); 14 luglio 1994, causa C-32/93, Webb (Racc. pag. I-3567, punto 20);


5 maggio 1994, causa C-421/92, Habermann-Beltermann (Racc. pag. I-1657, punto 21), e 12 luglio 1984, causa 184/83, Hofmann (Racc. pag. 3047, punto 25). (49) – Sentenza Merino Gómez (cit. alla nota 25, punto 38). (50) – Sentenze Federatie Nederlandse Vakbeweging (cit. alla nota 25, punto 24), e 14 aprile 2005, causa C-519/03, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I-3067, punto 33). (51) – Sentenze Federatie Nederlandse Vakbeweging (cit. alla nota 25, punto 24); Commissione/Lussemburgo (cit. alla nota 50, punto 33), e Merino Gómez (cit. alla nota 25, punto 41). (52) – González Ortega, S., op. cit. alla nota 23, pag. 432, rileva che la prima fase del congedo di maternità ha come scopo il recupero fisico, ovvero la tutela biologica della madre dopo il parto. Essa pertanto persegue una finalità diversa rispetto alla fase successiva di questo congedo, destinata alla cura del bambino nonché al rafforzamento del legame madre/figlio. L’autore traccia paralleli fra la suddetta prima fase del congedo di maternità e il congedo per malattia e si esprime dunque a favore di una corrispondente applicazione della giurisprudenza sul rapporto fra congedo di maternità e ferie annuali al rapporto fra congedo per malattia e ferie annuali. (53) – Glaser, R./Lüders, H., «§ 7 BUrlG auf dem Prüfstand des EuGH – Anmerkungen zum Vorlagebeschluss des LAG Düsseldorf», Betriebs-Berater , 61ª annata (2006), fascicolo 49, pag. 2692, ritengono che la minaccia di decadenza dal diritto alle ferie serva appunto a far sì che queste vengano fruite anche di fatto e in tempo utile. García Perrote Escartín, I., (op. cit. alla nota 22, pagg. 3593 e 3600), sottolinea che questo divieto di cumulo mira a consentire al lavoratore di godere effettivamente delle ferie annuali. In tale ottica, il lavoratore sopporterebbe l’«onere» di difendere in maniera coerente il proprio diritto alle ferie. L’autore, peraltro, fa notare che tale divieto comporta non pochi svantaggi. Esso potrebbe avere un «effetto boomerang», ben noto ai giuslavoristi, in quanto sarebbe assolutamente possibile che il lavoratore in ultima analisi perda completamente il proprio diritto alle ferie, fornendo così un sostegno ad un’eventuale violazione del diritto da parte del datore di lavoro. L’autore è dell’avviso che una siffatta normativa giustifichi le violazioni del diritto e offra l’opportunità di arricchimenti indebiti da parte del datore di lavoro. Il datore di lavoro, infatti, potrebbe assistere passivamente alla perdita delle ferie annuali da parte del lavoratore senza essere obbligato a corrispondere un’indennità finanziaria. Ciò comporterebbe che non sarebbe sanzionato colui che deve essere chiamato a rispondere della violazione del diritto (il datore di lavoro), bensì colui che non è in grado di imporre il proprio diritto (il lavoratore). (54) – Le disposizioni comunitarie sulla tutela tecnica e sociale del lavoro tengono conto degli ampi poteri di organizzazione e di coordinamento del datore di lavoro, assoggettando ad esempio quest’ultimo all’obbligo, ex art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1), di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro. V., da ultimo, sentenza 14 giugno 2007, causa C-127/05, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I-4619, punti 40 e 41), in cui la Corte ha confermato l’obbligo del datore di lavoro di assicurare ai lavoratori un ambiente di lavoro sicuro. (55) – L’equiparazione fra malattia e maternità quanto alle conseguenze giuridiche, attuata dall’art. 5, n. 4, della convenzione n. 132 dell’OIL, conferma peraltro la tesi, sostenuta supra al paragrafo 60, secondo cui il lavoratore merita uguale tutela in entrambi i casi. (56) – In questo senso anche García Perrote Escartín, I., op. cit. alla nota 22, pagg. 3584 e 3595.


(57) – Tutti gli Stati membri dell’Unione europea sono membri dell’OIL. Vero è che la Comunità europea non è un membro, tuttavia entrambe le organizzazioni, stando allo scambio di lettere fra la Commissione europea e il direttore generale dell’OIL del 14 maggio 2001, hanno assunto un comune impegno per il progresso sociale ed economico, per migliorare le condizioni di vita e di lavoro e per promuovere l’occupazione (GU C 165, pag. 23). Sin dal primo accordo fra l’OIL e la Comunità europea, nel 1958, entrambe le organizzazioni hanno approfondito gradualmente la cooperazione per conseguire queste finalità. A livello istituzionale la Commissione europea gode di uno status di osservatore. Essa partecipa al coordinamento della posizione degli Stati membri della Comunità europea in seno all’OIL, per garantire in tal modo la corrispondenza fra le norme dell’OIL e le disposizioni normative della Comunità, facilitando in tal modo la ratifica delle norme dell’OIL. Sino ad oggi hanno ratificato la convenzione n. 132 dell’OIL il Belgio (2 giugno 2003), la Repubblica ceca (23 agosto 1996), la Finlandia (15 gennaio 1990), la Germania (1º ottobre 1975), l’Ungheria (19 agosto 1998), l’Irlanda (20 giugno 1974), l’Italia (28 luglio 1981), la Lettonia (10 giugno 1994), il Lussemburgo (1º ottobre 1979), Malta (9 giugno 1988), il Portogallo (17 marzo 1981), la Slovenia (29 maggio 1992), la Spagna (30 giugno 1972) e la Svezia (7 giugno 1978). Altri Stati membri, come la Bulgaria (29 dicembre 1949), la Danimarca (22 giugno 1939), la Francia (23 agosto 1939), la Grecia (13 giugno 1952) e la Slovacchia (1º gennaio 1993) per il momento sono solo Stati firmatari della meno recente convenzione n. 52 dell’OIL. Occorre inoltre riflettere sul fatto che non di rado le convenzioni dell’OIL hanno anche un effetto concreto, in quanto, per la loro funzione di modello, esercitano anche senza ratifica formale un’influenza sullo sviluppo degli ordinamenti giuridici di numerosi Stati (v. al riguardo Verdier, J.M., «L’apport des normes de l’OIT au droit français du travail», Revue internationale du Travail , volume 132, 1993, nn. 5-6, pagg. 474 e 478; Kohl, H., «Pas de paix possible sans une politique sociale internationale», Regards sur l’avenir de la justice sociale – Mélanges à l’occasion du 75 e anniversaire de l’OIT , Ginevra 1994, pag. 177). (58) – Si rende così superfluo analizzare quale sia il vincolo risultante per gli Stati membri in caso di obblighi di contenuto discordante imposti dalla convenzione n. 132 dell’OIL e dalla direttiva 2003/88. V., in proposito, le considerazioni dell’avvocato generale Tesauro nelle conclusioni da lui presentate il 24 gennaio 1991 nella causa C-345/89, Stöckel (Racc. pag. I-4047, paragrafo 11). (59) – Sentenze BECTU (cit. alla nota 7, punto 44); Merino Gómez (cit. alla nota 25, punto 30), e Robinson Steele (cit. alla nota 28, punto 60). (60) – Nella sentenza Federatie Nederlandse Vakbeweging (cit. alla nota 25, punto 32) la Corte di giustizia ha osservato che la possibilità di sostituire con un’indennità finanziaria il periodo minimo di ferie annuali costituirebbe un incentivo, incompatibile con gli obiettivi della direttiva, a rinunciare alle ferie come periodo di riposo ovvero a fare in modo che i lavoratori vi rinuncino. Fenski, M., «Urlaubsrecht im Umbruch?», Der Betrieb , fascicolo 12 (2007), pag. 688, nonché Jacobsen, K., Münchener Anwaltshandbuch Arbeitsrecht (a cura di Wilhelm Moll), 1ª edizione, 2005, § 25, punto 102, fanno riferimento alla pratica illecita della «compravendita» delle ferie in costanza di rapporto di lavoro. (61) – Sentenza Robinson-Steele (cit. alla nota 28, punto 58). (62) – Bogg, A.L., op. cit. alla nota 32, pag. 899. (63) – In questo senso anche l’avvocato generale Tizzano nelle conclusioni presentate nella causa BECTU (sentenza cit. alla nota 9, paragrafo 38). (64) – Sentenza Robinson Steele (cit. alla nota 28, punto 58).


(65) – V. paragrafo 66. (66) – V. paragrafi 55-65. (67) – V. paragrafi 66-68. (68) – V., ex multis, sentenze 16 luglio 1992, causa C 83/91, Meilicke (Racc. pag. I-4871, punto 22), e 5 febbraio 2004, causa C-380/01, Schneider (Racc. pag. I-1389, punto 20). (69) – Sentenza Schneider (cit. alla nota 68, punto 21) e giurisprudenza ivi citata. (70) – V., ex multis, sentenze 16 dicembre 1981, causa 244/80, Foglia/Novello (Racc. pag. 3045, punto 18); 15 giugno 1995, cause riunite da C-422/93 a C-424/93, Zabala Erasun e a. (Racc. pag. I-1567, punto 29); 12 marzo 1998, causa C-314/96, Djabali (Racc. pag. I-1149, punto 19), e Schneider (cit. alla nota 68, punto 22). V. da ultimo le conclusioni dell’avvocato generale Tizzano presentate il 18 gennaio 2005 nella causa C-165/03, Längst (Racc. pag. I-5637, paragrafo 45), e la sentenza 30 giugno 2005 nella stessa causa (Racc. pag. I-5637, punti 30-35). (71) – Sentenza Schneider (cit. alla nota 68, punto 23).

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Analisi giuridica della decisione o della causa

Stato della causa Causa conclusa

Raccolta della giurisprudenza Niente

Oggetto Interpretazione dell’art. 7, nn. 1 e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/80/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro


(GU L 299, pag. 9) – Diritto di un lavoratore in congedo di malattia di durata indeterminata di prendere ferie annuali durante tale periodo – Diritto di un lavoratore licenziato durante un congedo di malattia di lunga durata ad essere indennizzato per le ferie annuali non prese nel corso dell’anno di riferimento

Schema di classificazione sistematica Niente

Citazioni di giurisprudenza o di normativa Motivi Niente

Dispositivo Niente

Conclusioni Niente

Date Data di deposito dell'atto introduttivo del giudizio

•

20/12/2006

Data delle conclusioni Niente

Data dell'udienza Niente


Data di pronuncia Niente

Riferimenti Pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale Niente

Nome delle parti Stringer e a.

Note di dottrina Niente

Dati analitici del procedimento NazionalitĂ delle parti Regno Unito

Origine della questione pregiudiziale House of Lords - Regno Unito

Materia

Niente

Procedimento ed esito

Niente


Composizione del collegio Niente

Giudice relatore Niente

Avvocato generale Niente

Lingua (lingue) processuale (processuali)

Niente

Lingua (lingue) delle conclusioni

Niente

62006CC0520

Titolo e riferimento Conclusioni dell'avvocato generale del 24 gennaio 2008. Gerhard Schultz-Hoff contro Deutsche Rentenversicherung Bund (C-350/06) e Stringer e a. contro Her Majesty's Revenue and Customs (C-520/06).


Domande di pronuncia pregiudiziale: Landesarbeitsgericht Düsseldorf (C-350/06) - Germania e House of Lords (C-520/06) - Regno Unito. Condizioni di lavoro - Organizzazione dell’orario di lavoro - Direttiva 2003/88/CE - Diritto alle ferie annuali retribuite - Congedo per malattia - Ferie annuali coincidenti con un congedo per malattia - Indennità sostitutiva di ferie annuali retribuite non godute alla fine del contratto a causa di malattia. Cause riunite C-350/06 e C-520/06. raccolta della giurisprudenza 2009 pagina I-00179

Testo G IT LV LT HU MT NL PL PT RO SK SL FI SV A htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm htm l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l BG ES CS DA DE ET EL EN FR

Lingua facente fede •

tedesco

Date del documento: 24/01/2008 della domanda: 21/08/2006

Classificazione •

Argomento: disposizioni sociali

Altre informazioni • • •

Autore: Corte di giustizia delle Comunità europee Forma: conclusioni Informazioni complementari: causa riunita : 62006CJ0520

Procedimento •

Tipo di procedimento: Domanda pregiudiziale


• • • • • •

Parte ricorrente: ........................................................... Parte convenuta: ........................................................... Osservazioni: ........................................................... Nazionalità delle parti: Repubblica federale di Germania , Gran Bretagna Giudice relatore: Levits Avvocato generale: Trstenjak

Relazioni tra i documenti • •

Trattato: Comunità economica europea Atti citati nella giurisprudenza: 11992E118A : N 61 11997E013-P2LB : N 61 11997E136 : N 62 11997E137 : N 47 11997E137-P2LB : N 60 11997E234 : N 1 11997E249-P3 : N 45 31976L0207-A05P1 : N 73 31992L0085-A11PT2LA : N 73 31993L0104 : N 4 51 32003L0088 : N 51 60 86 32003L0088-A01P1 : N 47 32003L0088-A07 : N 4 5 45 48 53 54 80 87 32003L0088-A07P1 : N 1 42 44 55 56 58 63 65 70 73 78 32003L0088-A07P2 : N 1 80 83 85 89 90 32003L0088-A15 : N 62

GRATIS 1 80 83 85 89 90


32003L0088-A17 : N 5 32003L0088-A23 : N 62 32003L0088-C1 : N 47 32003L0088-C4 : N 47 32003L0088-C7 : N 47 32003L0088-C8 : N 47 61975CJ0048 : N 45 61983CJ0184 : N 73 61992CJ0421 : N 73 61993CJ0032 : N 73 61994CJ0084 : N 61 62 61995CJ0136 : N 73 61996CJ0411 : N 73 61998CJ0303 : N 47 61999CC0173 : N 51 52 56 69 85 61999CJ0173 : N 47 54 55 58 59 84 61999CC0353 : N 52 62001CJ0342 : N 54 72 - 74 84 62001CJ0397 : N 47 62002CJ0151 : N 47 62002CJ0313 : N 47 62003CJ0519 : N 74 62003CJ0540 : N 52 62004CJ0014 : N 47 54 62004CJ0131 : N 55 63 84 85 62005CC0124 : N 64


62005CJ0124 : N 54 72 74 84 62005CJ0303 : N 52 62005CJ0432 : N 52 62006CJ0062 : N 52 •

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Conclusioni dell avvocato generale

Indice I – Introduzione II – Contesto normativo A – Normativa comunitaria B – Normativa nazionale III – Fatti, causa principale e questioni pregiudiziali IV – Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia V – Argomenti principali delle parti A – Sulla prima questione B – Sulla seconda questione VI – Valutazione giuridica A – Sulla prima questione 1. Osservazioni introduttive


2. Il diritto alle ferie annuali retribuite come diritto sociale fondamentale 3. Il diritto ad un periodo minimo di ferie retribuite nella normativa comunitaria a) La competenza della Comunità nella determinazione dell’ambito di tutela garantito dalla norma b) Il livello di tutela garantito dal diritto comunitario c) Il livello di tutela garantito dalla convenzione n. 132 dell’OIL 4. Il divieto giuslavoristico di arrecare pregiudizio come limite all’esercizio del diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite a) Il divieto di arrecare pregiudizio ai sensi della convenzione n. 132 dell’OIL b) Trasponibilità dei principi elaborati dalla giurisprudenza c) Incompatibilità con la ratio dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 5. Conclusione B – Sulla seconda questione VII – Conclusione I – Introduzione 1. Con ordinanza 13 dicembre 2006 la House of Lords ha sottoposto alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 234 CE, due questioni pregiudiziali relative all’interpretazione dell’art. 7, nn. 1 e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (2) (in prosieguo: la «direttiva 2003/88»). 2. Le questioni pregiudiziali si pongono nel contesto di una controversia fra alcuni dipendenti ed ex dipendenti (in prosieguo: i «ricorrenti») dell’amministrazione fiscale e doganale britannica – HM Revenue and Customs – e tale amministrazione (in prosieguo: la «convenuta»), in cui il supremo giudice d’appello in materia civile del Regno Unito deve pronunciarsi circa l’esistenza del diritto dei ricorrenti nei confronti della convenuta a ferie annuali retribuite o ad un’indennità per le ferie non godute. 3. Tali questioni mirano sostanzialmente a stabilire se un lavoratore assente per malattia abbia diritto alle ferie annuali retribuite durante il congedo per malattia, e in che misura un lavoratore, assente per motivi di salute per l’intera durata o per una parte dell’anno di riferimento in questione, possa eventualmente rivendicare un’indennità finanziaria sostitutiva per le ferie non godute in caso di cessazione del rapporto di lavoro. II – Contesto normativo A – Normativa comunitaria 4. Il 2 agosto 2004 la direttiva 2003/88 ha sostituito la direttiva 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (3) . Analogamente alla direttiva


precedente, essa mira a stabilire determinate prescrizioni minime di sicurezza e sanitarie in materia di organizzazione dell’orario di lavoro. L’art. 7 della direttiva 2003/88, ripreso senza alcuna modifica rispetto alla direttiva precedente, stabilisce quanto segue: «Ferie annuali 1) Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali. 2) Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro». 5. L’art. 17 della direttiva 2003/88 prevede che gli Stati membri possano derogare a talune prescrizioni di quest’ultima. L’art. 7 non rientra tra le prescrizioni alle quali la direttiva 2003/88 consente di derogare. B – Normativa nazionale 6. Gli artt. 13 e 16 dei Working Time Regulations 1998 (SI 1998/1833) (regolamenti sull’orario di lavoro; in prosieguo: i «WTR») attuano l’art. 7, n. 1, ed in parte anche l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 nel Regno Unito. Essi, nella parte qui di interesse, come modificata dai Working Time (Amendment) Regulations 2001 (SI 2001/3256) (regolamenti di modifica dei WTR), stabiliscono quanto segue: «Art. 13 1. Fatto salvo quanto disposto al paragrafo 5, il lavoratore ha diritto a quattro settimane di ferie annuali in ogni anno di riferimento. (…) 5. Se la data in cui inizia il rapporto di lavoro (per effetto di un valido accordo) è successiva alla data in cui inizia il primo anno di riferimento, le ferie cui il lavoratore ha diritto in tale anno sono pari alla frazione del periodo di cui al paragrafo 1 corrispondente alla frazione dell’anno di riferimento non ancora trascorsa alla data di inizio del suo impiego. (…) 9. Le ferie cui il lavoratore ha diritto in base al presente articolo possono essere frazionate, ma: a) possono essere prese solo nell’anno di spettanza, e b) non possono essere sostituite da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro. (…) Art. 16


1. Il lavoratore ha diritto ad essere retribuito per ciascun periodo di ferie annuali a lui spettante a norma dell’art. 13, in misura pari all’importo di una retribuzione settimanale per ogni settimana di ferie». 7. Il calcolo della «retribuzione settimanale» è stabilito dalla legge. Esso corrisponde in linea di massima alla normale retribuzione settimanale del lavoratore. 8. Qualora un lavoratore voglia esercitare il proprio diritto alle ferie annuali ai sensi dell’art. 13 dei WTR, è tenuto a darne preventiva informazione al proprio datore di lavoro ai sensi dell’art. 15 dei WTR. L’art. 15 dei WTR stabilisce, nella parte qui di interesse, quanto segue: «1. Il lavoratore può fruire delle ferie alle quali ha diritto ai sensi dell’art. 13 nei giorni di propria scelta dandone comunicazione al datore di lavoro in conformità del paragrafo 3, fatte salve le condizioni a lui imposte dal datore di lavoro ai sensi del paragrafo 2. 2. Il datore di lavoro, mediante comunicazione ai sensi del paragrafo 3, può richiedere che il lavoratore a) fruisca delle ferie alle quali ha diritto in base all’art. 13, oppure b) non fruisca di tali ferie, in particolari giorni. 3. Una comunicazione ai sensi dei paragrafi 1 o 2: a) può riferirsi alla totalità o a una parte delle ferie alle quali il lavoratore ha diritto in un anno di riferimento; b) deve specificare i giorni in cui le ferie devono o (a seconda dei casi) non devono essere fruite e, quando le ferie in un particolare giorno vengono fruite solo relativamente ad una parte del giorno, la loro durata; e c) dev’essere consegnata al datore di lavoro o, a seconda dei casi, al lavoratore entro il termine utile. 4. Ai fini del paragrafo 3 il termine utile corrisponde: a) nel caso di una comunicazione ai sensi dei paragarafi 1 o 2, lett. a), ad un numero di giorni precedenti la prima data indicata nella comunicazione doppio rispetto al numero di giorni o di frazioni di giorno cui si riferisce quest’ultima; e b) nel caso di una comunicazione ai sensi del paragrafo 2, lett. b), ad un numero di giorni precedenti la prima data indicata nella comunicazione pari ai giorni o alle frazioni di giorno cui si riferisce quest’ultima». 9. L’art. 14 dei WTR riguarda il caso in cui venga posta fine al rapporto di lavoro. Nella parte che qui rileva, esso stabilisce quanto segue: «1. Il presente articolo è applicabile nel caso in cui: a) il rapporto di lavoro cessi nel corso dell’anno di spettanza delle ferie; e


b) alla data in cui diviene effettiva la fine del rapporto (la “data di fine rapporto”), la frazione di ferie cui il lavoratore ha diritto nell’anno di riferimento ai sensi dell’art. 13 differisca dalla frazione dell’anno di riferimento che è già trascorso. 2. Ove la frazione di ferie effettivamente fruite dal lavoratore sia inferiore alla frazione dell’anno di riferimento già trascorso, il datore di lavoro deve corrispondergli un’indennità finanziaria sostitutiva conformemente al paragrafo 3. 3. L’indennità dovuta ai sensi del paragrafo 2 ammonta: a) all’importo eventualmente previsto ai fini del presente articolo da un accordo applicabile, o b) (…) ad una somma pari all’importo che spetterebbe al lavoratore ai sensi dell’art. 16, per un periodo di ferie determinato secondo la formula: (A x B) – C dove A è il periodo di ferie cui il lavoratore ha diritto ai sensi dell’art. 13, B è la frazione dell’anno di riferimento che è già trascorsa prima della data in cui termina il rapporto di lavoro; e C è il periodo di ferie godute dal lavoratore tra l’inizio dell’anno di riferimento e la data in cui termina il rapporto di lavoro». III – Fatti, causa principale e questioni pregiudiziali 10. Tutti i ricorrenti della causa principale erano dipendenti della convenuta. Si possono distinguere due gruppi di lavoratori (4) . 11. La sig.ra Khan appartiene al primo gruppo. Essa è stata assente per alcuni mesi per malattia di durata indeterminata, percependo un’indennità di malattia. Il 10 ottobre 2003, durante il suddetto congedo per malattia, essa ha comunicato al proprio datore di lavoro di volere fruire di 20 giorni di ferie annuali retribuite dal 17 novembre all’11 dicembre 2003. Il datore di lavoro non ha accolto l’istanza di ferie. La sig.ra Khan ha adito l’Employment Tribunal (Tribunale del lavoro) e, a termini dell’art. 13 dei WTR, ha rivendicato di avere un diritto alle ferie e al mantenimento dello stipendio durante tale periodo, ai sensi dell’art. 16 dei WTR. L’Employment Tribunal ha accolto la sua domanda ed ha condannato il datore di lavoro al pagamento di GBP 595,32. 12. Il sig. Ainsworth, la sig.ra Kilic e il sig. Thwaites appartengono al secondo gruppo. Essi sono stati tutti licenziati dal datore di lavoro. Tutti avevano trascorso lunghi periodi in congedo per malattia di lunga durata e, durante l’intero anno di riferimento in cui sono stati licenziati, erano stati in congedo per malattia. Nessuno di essi aveva fruito di ferie annuali nell’anno in questione. Essi hanno adito l’Employment Tribunal chiedendo indennità finanziarie ai sensi dell’art. 14 dei WTR, relativo alla posizione del lavoratore in caso di cessazione del rapporto di lavoro. In tutti i casi l’Employment Tribunal ha accolto le domande dei ricorrenti ed ha calcolato le indennità compensative dovute secondo la formula di cui all’art. 14, n. 3, dei WTR. In base a tale calcolo il sig. Ainsworth ha ottenuto GBP 16,14, la sig.ra Kilic GBP 454,74 e il sig. Thwaites GBP 967,14.


13. La convenuta ha impugnato le suddette decisioni dinanzi all’Employment Appeals Tribunal. Quest’ultimo ha respinto l’impugnazione, ma ha dichiarato ammissibile l’appello dinanzi alla Court of Appeal. 14. La Court of Appeal ha riunito le cause ed ha accolto le impugnazioni del datore di lavoro. Essa ha stabilito, fra l’altro, quanto segue: – nel caso della sig. ra Khan la Court of Appeal ha accolto la tesi del datore di lavoro secondo cui un lavoratore non può fruire di ferie annuali retribuite ai sensi dell’art. 13 durante un periodo in cui è assente per malattia e non è conseguentemente soggetto all’obbligo di lavorare; – nei casi del sig. Ainsworth, della sig.ra Kilic e del sig. Thwaites, la Court of Appeal ha accolto la tesi della convenuta secondo cui, ai fini del calcolo dell’indennità compensativa dovuta alla fine del rapporto a norma dell’art. 14, un lavoratore che non abbia alcun diritto alle ferie annuali ai sensi dell’art. 13 in quanto assente per malattia, non ha neppure alcun diritto all’indennità compensativa ai sensi dell’art. 14. 15. A seguito di ciò i lavoratori hanno interposto un ricorso dinanzi alla House of Lords. Dopo avere sentito le parti, la House of Lords ha ritenuto controversa l’interpretazione dell’art. 7, nn. 1 e 2, della direttiva 2003/88. Essa è dell’avviso che le questioni sollevate nel presente procedimento, pur presentando punti comuni con quelle evocate nella causa C-350/06 (Schultz-Hoff), se ne differenzino nondimeno in una certa misura. La House of Lords reputa pertanto possibile che le risposte date dalla Corte nella causa C-350/06 (Schultz-Hoff) non siano decisive per le questioni sollevate nel procedimento d’impugnazione dinanzi ad essa pendente. Ha quindi deciso di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali al fine di potere pervenire ad una decisione sui ricorsi: «1. Se l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 (…) debba essere interpretato nel senso che un lavoratore in congedo per malattia di durata indeterminata abbia il diritto di i) chiedere ferie annuali retribuite per un periodo successivo e ii) fruire di ferie annuali retribuite, in entrambi i casi durante un periodo che sarebbe altrimenti incluso nel congedo per malattia. 2. Qualora uno Stato membro abbia esercitato la facoltà di sostituire il periodo minimo di ferie annuali retribuite con un’indennità finanziaria in caso di fine del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 (…), se detto art. 7, n. 2, imponga determinati requisiti o criteri relativamente alla debenza e al calcolo di tale indennità finanziaria sostitutiva quando il lavoratore interessato è stato assente per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento in cui è terminato il rapporto di lavoro». IV – Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia 16. L’ordinanza di rinvio pregiudiziale è pervenuta nella cancelleria della Corte il 20 dicembre 2006. 17. Hanno presentato osservazioni scritte nei termini di cui all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia i ricorrenti della causa principale, i governi del Regno Unito, sloveno, belga, italiano, polacco e ceco, nonché la Commissione delle Comunità europee. 18. All’udienza svoltasi il 20 novembre 2007 sono comparsi i rappresentanti dei ricorrenti della causa principale, dei governi del Regno Unito e olandese nonché della Commissione per esporre le loro osservazioni orali.


V – Argomenti principali delle parti A – Sulla prima questione 19. I ricorrenti sono dell’opinione che il diritto alle ferie annuali retribuite, così come previsto dall’art. 7 della direttiva 2003/88, sia un diritto sociale fondamentale inderogabile. Verrebbe elusa la finalità della direttiva 2003/88 di migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori attraverso un’armonizzazione delle disposizioni nazionali in materia di orario di lavoro se si privasse il lavoratore del diritto di stabilire un determinato periodo per la fruizione delle ferie. Dalla giurisprudenza della Corte si evincerebbe inoltre che un diritto a congedo garantito dal diritto comunitario non può pregiudicare un diritto ad un congedo di altro tipo sancito dalla normativa comunitaria e avente un’altra finalità. Infine, un’interpretazione dell’art. 7 della direttiva 2003/88 secondo cui un’assenza dovuta a malattia comporta la perdita o la menomazione del diritto alle ferie annuali, ostacolerebbe il godimento effettivo del suddetto diritto. 20. I governi belga , ceco, sloveno e del Regno Unito sono di diverso avviso. 21. Secondo il governo belga la prima questione dovrebbe essere risolta negativamente alla luce della finalità della direttiva 2003/88. Tale finalità, e cioè il miglioramento delle condizioni di lavoro a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, si evincerebbe, tra l’altro, dai ‘considerando’ della direttiva stessa e dalla precedente direttiva 93/104, dalle motivazioni della proposta di direttiva, dall’art. 1, n. 1, della direttiva e dal fondamento normativo della stessa, l’art. 137 CE. Tale finalità sarebbe stata sottolineata dalla giurisprudenza. Una soluzione affermativa della prima questione sarebbe contraria a tale finalità, in quanto la possibilità di fruire di ferie annuali durante un’assenza dovuta a malattia non contribuirebbe al miglioramento delle condizioni di lavoro. La finalità sarebbe conseguita ragionevolmente solo fruendo delle ferie durante l’effettivo svolgimento del lavoro o l’adempimento del proprio dovere lavorativo. Tali questioni, inoltre, costituirebbero materia riservata alla giurisprudenza e alla prassi nazionali. 22. Anche il governo ceco si esprime a favore di una soluzione in senso negativo della prima questione. Esso evidenzia che la direttiva non menziona espressamente il diritto del lavoratore di fruire di ferie durante la malattia e pertanto, ai fini della soluzione della prima questione, assumerebbero rilievo le intenzioni del legislatore comunitario. La questione fondamentale consisterebbe nello stabilire se il diritto del lavoratore alle ferie annuali retribuite debba essere rispettato in tutti gli Stati membri in modo assoluto ed indipendentemente dalla disciplina giuridica ivi vigente. Secondo il detto governo, tale questione deve essere risolta in senso negativo. Il diritto alle ferie sarebbe garantito solo nel contesto della specifica normativa degli Stati membri, in quanto la finalità generale della direttiva può essere conseguita in modi diversi. Le questioni sollevate nella presente controversia non riguarderebbero l’esistenza stessa del diritto a ferie annuali retribuite, bensì esclusivamente le modalità di concessione dello stesso, modalità che dovrebbero essere regolamentate esclusivamente dal diritto nazionale. 23. Il governo sloveno è dell’avviso che la questione debba essere affrontata alla luce della finalità delle ferie annuali, che consiste nel preservare la salute dei lavoratori nel breve e nel lungo periodo. La finalità della direttiva si evincerebbe dai ‘considerando’ della stessa e anche dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui il diritto alle ferie annuali rappresenta un principio fondamentale della normativa sociale di particolare importanza, derogabile solo nei casi eccezionali contemplati dalla direttiva. L’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 non consentirebbe ad un lavoratore assente per malattia di durata indeterminata di definire la suddetta assenza prolungata come ferie annuali, né gli permetterebbe di fruire delle ferie annuali durante la sua assenza dovuta a malattia, in quanto le


ferie annuali e l’assenza dovuta a malattia si escluderebbero a vicenda sotto il profilo delle rispettive finalità. 24. Il governo del Regno Unito ritiene che la ratio dell’art. 7 della direttiva 2003/88 consista nel tutelare, mediante la garanzia delle ferie, la salute di coloro che effettivamente lavorano. Ai lavoratori che di fatto non prestano attività lavorativa le ferie per riposo non gioverebbero in ultima analisi a nulla, per cui ci si dovrebbe chiedere: «riposo da cosa?». 25. In realtà la questione delle ferie annuali fruibili durante la malattia riguarderebbe più precisamente quella del mantenimento dello stipendio, il quale in caso di ferie annuali sarebbe più elevato rispetto alle somme corrisposte in caso di malattia. Tale aspetto finanziario, tuttavia, sarebbe irrilevante rispetto allo scopo della direttiva, ovvero la tutela della salute dei lavoratori. La corresponsione dell’indennità per le ferie non godute ad un lavoratore assente per motivi di malattia costituirebbe un vantaggio ingiustificato per il lavoratore, ovvero un aggravio di costi ingiustificato per il datore di lavoro. L’obbligo di pagare un siffatto conguaglio potrebbe inoltre avere l’effetto indesiderato di indurre i datori di lavoro a porre fine ai contratti di lavoro in caso di malattie prolungate per eludere tale rischio legato ai costi. 26. I governi italiano e polacco, nonché la Commissione, sostengono opinioni leggermente differenziate tra loro. 27. Il governo italiano asserisce che l’art. 7 della direttiva 2003/88 deve essere inteso nel senso che il lavoratore assente per malattia di durata indeterminata ha diritto a fruire delle ferie annuali anche oltre l’anno in corso, in quanto l’estinzione del diritto alle ferie nonostante l’assenza del lavoratore sia giustificata per motivi di salute sarebbe incompatibile con i principi del diritto comunitario. Il governo italiano rinvia alla giurisprudenza della Corte secondo cui, in caso di cumulo di diversi periodi di congedo garantiti dal diritto comunitario, alla fine dell’anno in corso un riporto delle ferie all’anno solare successivo sarebbe inevitabile. Tuttavia, la diversità degli scopi perseguiti dalle ferie annuali e dal congedo per malattia escluderebbe che il lavoratore possa prendere ferie annuali mentre si trova in congedo per malattia. 28. Il governo polacco è dell’avviso che la prima questione pregiudiziale debba essere esaminata alla luce delle finalità e dei principi della direttiva 2003/88. Infatti, lo scopo dell’esenzione del lavoratore dal dovere di lavorare per motivi di salute differirebbe da quello delle ferie annuali. Nel primo caso si tratterebbe di un’esenzione dall’obbligo di lavorare per consentire al lavoratore di recuperare la propria capacità lavorativa mediante la guarigione. Nel secondo caso si svincolerebbe il lavoratore dal dovere di lavorare per consentirgli di ritemprarsi fisicamente e di proseguire la propria attività lavorativa abituale. Il governo polacco deduce da ciò che l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 dovrebbe essere interpretato nel senso che un lavoratore che si trovi in congedo per malattia non può chiedere ferie annuali nello stesso periodo. 29. Secondo la Commissione , nell’interpretare la direttiva si deve prendere in considerazione lo scopo della stessa, ovvero il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori. Essa è dell’avviso che una soluzione affermativa della prima questione pregiudiziale celi taluni rischi per i diritti dei lavoratori. In virtù del fatto che le somme corrisposte in caso di malattia sono inferiori rispetto allo stipendio medio del lavoratore, non si potrebbe escludere che il lavoratore malato possa essere indotto, per motivi economici, a chiedere ferie annuali retribuite. 30. La Commissione, inoltre, reputa illogico permettere che un lavoratore prenda ferie annuali proprio in un momento in cui si sta riprendendo da una malattia o da un infortunio. Essa ritiene inoltre che la funzione di riposo assolta dalle ferie annuali possa essere garantita solo se i periodi di


congedo si susseguono, poiché in caso contrario sussisterebbe il pericolo che il lavoratore, magari dietro pressione del datore di lavoro, sostituisca il congedo per malattia con le ferie annuali. 31. Nelle sue osservazioni orali il governo olandese mette in discussione l’applicabilità in linea di principio della direttiva 2003/88 a casi di assenza di lavoratori dovuta a malattia, adducendo come motivazione che questa non è materia disciplinata dal detto testo normativo. Il campo d’applicazione della direttiva 2003/88 sarebbe esclusivamente limitato ai lavoratori attivi, con la conseguenza che nel caso di specie sarebbe applicabile esclusivamente il diritto nazionale. Tuttavia, la molteplicità delle discipline degli Stati membri non permetterebbe di inferire conclusioni universalmente valide riguardo ai diritti dei lavoratori malati. B – Sulla seconda questione 32. I ricorrenti sostengono che il diritto all’indennità per le ferie non godute di cui all’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 non può essere compresso ove il lavoratore sia stato assente per malattia per una parte o la totalità dell’anno in cui anche il rapporto di lavoro è terminato. 33. Essi deducono, a scopo tuzioristico, che l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 non subordina il soddisfacimento del diritto all’indennizzo per le ferie non godute ad alcun requisito specifico. 34. Secondo il governo belga , anche la soluzione della seconda questione è deducibile, al pari della prima, dalla ratio della direttiva, ossia il miglioramento delle condizioni di lavoro per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, che dopo la conclusione del rapporto di lavoro non potrebbero più essere pregiudicate. Il governo belga suggerisce pertanto di risolvere negativamente la seconda questione nel senso che le condizioni e le modalità di un’indennità finanziaria non rientrano nel campo d’applicazione della direttiva, essendo la loro disciplina soggetta alla legislazione e alla prassi nazionali. 35. Anche il governo ceco si basa sull’obiettivo della direttiva per motivare la soluzione negativa da esso suggerita per la seconda questione. Ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2003/88 è definito «orario di lavoro» il tempo in cui il lavoratore è effettivamente a disposizione del datore di lavoro e «periodo di riposo» il periodo che non è orario di lavoro. Il fatto che durante l’assenza per malattia non siano neanche concessi, ad esempio, periodi di pausa giornalieri indicherebbe che ogni concessione di periodo di riposo è subordinata alla condizione che il lavoratore lavori o stia a disposizione del datore di lavoro. Durante l’assenza per malattia, pertanto, non sorgerebbe alcun diritto alle ferie per tali periodi e dunque neanche un corrispondente diritto ad un’indennità sostitutiva. Di conseguenza la direttiva, pur non ostando ad una normativa nazionale in tal senso, non fisserebbe alcun presupposto per un eventuale diritto ad un’indennità sostitutiva per le ferie non godute a causa di malattia. 36. Anche il governo sloveno è favorevole ad una soluzione negativa della seconda questione. Esso rinvia alle proprie argomentazioni in ordine alla prima questione e aggiunge che la direttiva non garantisce al lavoratore alcun diritto ad un’indennità finanziaria per le ferie non godute. Gli Stati membri potrebbero invero prevedere un’indennità di questo tipo ed un confronto fra le normative nazionali slovena e britannica mostrerebbe che gli Stati membri hanno regolamentato questo aspetto in modo differente. Tuttavia, qualora uno Stato membro prevedesse una siffatta indennità, il calcolo della stessa sarebbe soggetto esclusivamente alla normativa nazionale. 37. Quanto alla seconda questione, il governo del Regno Unito sottolinea che la soluzione – negativa – della stessa discende necessariamente dalla propria opinione sulla prima questione: dal momento che in caso di assenza dovuta a malattia durante l’intero periodo di riferimento già non


esisterebbe alcun diritto alle ferie, in questo caso non sussisterebbe logicamente neanche il diritto ad un’indennità sostitutiva. Inoltre l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88, pur consentendo agli Stati membri di prevedere un’indennità per le ferie non godute in caso di fine del contratto, non imporrebbe loro un obbligo in tal senso. Pertanto gli Stati membri sarebbero gli unici competenti a disciplinare le modalità di un’eventuale indennità. 38. Il governo italiano è dell’avviso che la soluzione della seconda questione discenda già dagli argomenti da esso addotti in ordine alla prima questione. Pertanto, il lavoratore avrebbe sempre diritto ad un’indennità per le ferie non godute, a titolo di indennizzo per le ferie annuali retribuite di cui egli non ha potuto fruire in quanto malato durante l’anno in corso fino al momento della fine del rapporto contrattuale. Il calcolo dell’importo dell’indennità per le ferie non godute dovrebbe tener conto del numero di mesi in cui il lavoratore ha lavorato subito dopo i periodi di congedo. A tal fine, i periodi di assenza per malattia dovrebbero essere equiparati ai periodi di servizio. 39. Il governo polacco sottolinea che il diritto a monetizzare le ferie sarebbe un surrogato del diritto alle ferie annuali. Quest’ultimo si trasformerebbe, al momento della fine del contratto, in un diritto ad un indennizzo per le ferie non godute. Conformemente a ciò, l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 dovrebbe essere interpretato nel senso che il lavoratore ha diritto ad un indennizzo riferito al periodo per cui ha maturato un diritto alle ferie annuali retribuite. 40. Secondo la Commissione , l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 garantisce un’indennità finanziaria per la perdita delle ferie annuali di cui il lavoratore non ha potuto fruire fino al momento della fine del contratto. I periodi di assenza per motivi non imputabili al lavoratore, quali malattia ed infortuni, dovrebbero essere calcolati come periodi di servizio e pertanto essere presi in considerazione nel calcolo delle ferie annuali retribuite spettanti. Inoltre la direttiva non conferirebbe agli Stati membri il potere di limitare o sopprimere questo diritto del lavoratore. La Commissione è pertanto favorevole a riconoscere al lavoratore un diritto all’indennità per ferie non godute nonostante un’assenza per malattia. 41. Per quanto concerne l’importo dell’indennità per le ferie non godute dovuta nel singolo caso, la Commissione ritiene che essa, ove sia sorto effettivamente un diritto alle ferie annuali retribuite, dovrebbe essere computata in proporzione alla retribuzione spettante al lavoratore. VI – Valutazione giuridica A – Sulla prima questione 1. Osservazioni introduttive 42. Con la prima questione pregiudiziale la House of Lords solleva un problema di interpretazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88, il quale riguarda la portata normativa del diritto dei lavoratori alle ferie annuali retribuite, sancito dalla suddetta disposizione. In concreto la questione è se ai lavoratori inabili al lavoro per motivi di malattia spetti in linea di principio, in forza del diritto comunitario, un diritto alle ferie annuali retribuite e se essi possano eventualmente fare valere tale diritto alle ferie in un periodo in cui si trovino in congedo per motivi di malattia. 43. La questione attiene a due diversi aspetti del diritto alle ferie annuali retribuite, che a mio avviso devono essere distinti in modo chiaro. La questione verte, da un lato, sull’esistenza stessa del diritto e, dall’altro, sulle condizioni per l’esercizio concreto di quest’ultimo. Per scrupolo di chiarezza è d’uopo esaminare entrambi gli aspetti in sequenza.


44. Nella presente causa alla Corte di giustizia è chiesto di accertare concretamente se la normativa comunitaria conferisca ai lavoratori taluni diritti. Si pone tuttavia implicitamente anche la questione di quali obblighi la direttiva 2003/88 imponga al diritto nazionale affinché quei diritti dei lavoratori possano trovare pratica attuazione. Di conseguenza, la successiva valutazione in diritto finisce in ultima analisi per tradursi in un’interpretazione dell’espressione contenuta nell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 «secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali». 45. Per quanto attiene alla ripartizione delle competenze legislative fra la Comunità e gli Stati membri riguardo al riconoscimento del diritto alle ferie annuali retribuite, occorre innanzi tutto rilevare che, adottando la direttiva 2003/88, il legislatore comunitario si è servito di uno strumento giuridico che, ai sensi dell’art. 249, terzo comma, CE, lascia certamente agli organi nazionali un determinato margine discrezionale circa la scelta dei mezzi e della forma di attuazione, ma al contempo impone ad essi degli obblighi, in quanto la direttiva vincola ciascuno Stato membro per quanto riguarda il risultato da raggiungere (5) . In sede di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite, agli ordinamenti giuridici nazionali sono dunque conferite ampie, seppur non illimitate, possibilità organizzative (6) . Nell’adempiere il proprio compito normativo di trasporre l’art. 7, gli Stati membri devono pertanto tenere sempre in considerazione gli scopi della direttiva 2003/88. 2. Il diritto alle ferie annuali retribuite come diritto sociale fondamentale 46. Per poter rispondere al giudice a quo in modo adeguato, a mio avviso è necessario partire da lontano ed esaminare il diritto alle ferie annuali retribuite tanto alla luce delle norme di diritto derivato in cui esso trova espressione all’interno dell’ordinamento giuridico comunitario, quanto nel contesto più ampio dei diritti sociali fondamentali. 47. Riguardo allo scopo della direttiva 2003/88, risulta sia dall’art. 137 CE, che costituisce il fondamento normativo di quest’ultima, sia dal primo, quarto, settimo e ottavo ‘considerando’, nonché dal testo dell’art. 1, n. 1, della direttiva stessa, che questa mira a fissare prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori mediante il ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti, in particolare, l’orario di lavoro (7) . L’armonizzazione a livello comunitario in materia di organizzazione dell’orario di lavoro è intesa a garantire una migliore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo godere a questi ultimi periodi minimi di riposo giornalieri, settimanali e annuali e periodi di pausa adeguati e prevedendo un tetto per la durata della settimana lavorativa (8) . 48. Nell’interpretare l’art. 7 della direttiva 2003/88 occorre invece considerare che il diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite non ha trovato il suo primo riconoscimento con la direttiva sull’orario di lavoro, bensì è in realtà da tempo annoverato, indipendentemente dalla durata del periodo di ferie concesso, fra i diritti sociali fondamentali riconosciuti dal diritto internazionale. A livello internazionale questo diritto fondamentale è menzionato, ad esempio, all’art. 24 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (9), che conferisce a ciascuno «il diritto al riposo ed allo svago, inclusa una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite». Esso è del pari riconosciuto all’art. 2, n. 3, della Carta sociale del Consiglio d’Europa (10), nonché all’art. 7, lett. d), del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali (11) come espressione del diritto di ciascuno a condizioni di lavoro eque e favorevoli. 49. Nel contesto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), istituzione specializzata delle Nazioni Unite, il diritto ad un periodo minimo di ferie retribuite è stato sinora oggetto di due convenzioni multilaterali; più precisamente, la convenzione n. 132 (12), entrata in vigore il 30 giugno 1973, ha modificato la convenzione n. 52 (13), valida sino a quel momento. Esse


contengono precetti vincolanti per gli Stati firmatari con riferimento all’attuazione del suddetto diritto sociale fondamentale all’interno dei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali. 50. Questi variegati atti internazionali si differenziano però tra loro sia per contenuto precettivo sia per portata normativa, in quanto in alcuni casi essi sono trattati internazionali, mentre in altri si tratta solo di dichiarazioni solenni prive di effetto vincolante (14) . Anche la sfera d’applicazione ratione personae varia da caso a caso, per cui la cerchia degli aventi diritto non è mai identica. A questo riguardo, agli Stati firmatari, in quanto destinatari dei suddetti atti, è solitamente concesso un ampio margine discrezionale attuativo, per cui i beneficiari non possono invocare direttamente tale diritto. È tuttavia significativo che il diritto alle ferie retribuite venga qualificato in modo non equivoco dalla totalità dei suddetti atti internazionali come uno dei diritti fondamentali dei lavoratori. 51. Ancora più importante, a mio avviso, è il fatto che questo diritto, attraverso l’inserimento nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (15), abbia ottenuto il riconoscimento più qualificato e definitivo per la propria natura di diritto fondamentale (16) . All’art. 31, n. 2, la Carta infatti precisa che «[o]gni lavoratore ha diritto ad una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite». Sotto il profilo della genesi storica, tale norma ricalca l’art. 2, n. 3, della Carta sociale del Consiglio d’Europa, nonché il punto 8 della Carta comunitaria dei diritti sociali dei lavoratori (17), tenendo presente che, secondo i chiarimenti forniti dal Segretariato del Presidium della convenzione, si è tenuto debito conto della direttiva 93/104 in quanto direttiva precedente l’attuale direttiva 2003/88 (18) . 52. L’art. 31, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali sancisce pertanto il diritto a ferie annuali retribuite come un diritto umano spettante a chiunque (19) . Vero è che alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, così come anche a taluni degli strumenti giuridici internazionali citati in precedenza, non è stata attribuita un’autentica portata normativa, per cui in essi è ravvisabile in primo luogo una dichiarazione politica. Sono nondimeno dell’opinione che sarebbe sbagliato privare la Carta di qualsivoglia rilievo nell’interpretare il diritto comunitario (20) . Indipendentemente dalla questione – che dovrà ulteriormente essere chiarita in futuro – del valore giuridico definitivo della Carta all’interno dell’ordinamento giuridico dell’Unione europea, essa rappresenta già oggi una concretizzazione di valori fondamentali comuni dell’Europa (21) . 53. Essa, inoltre, riflette per una parte considerevole anche le tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. Per quanto mi consta, questa conclusione è senz’altro vera per il diritto ad un periodo minimo di ferie retribuite, dal momento che l’art. 31, n. 2, della Carta ha numerosi antecedenti nelle costituzioni di diversi Stati membri (22) . In una controversia vertente sulla natura e sulla portata di un diritto fondamentale come quella di specie è dunque perfettamente lecito fare riferimento al precetto fondamentale di cui all’art. 31, n. 2, della Carta per interpretare l’art. 7 della direttiva 2003/88 (23) . 3. Il diritto ad un periodo minimo di ferie retribuite nella normativa comunitaria a) La competenza della Comunità nella determinazione dell’ambito di tutela garantito dalla norma 54. La Corte di giustizia ha riconosciuto la portata del diritto alle ferie annuali retribuite e ha affermato che «[i]l diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite va considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla stessa direttiva 93/104» (24) . Le disposizioni di cui all’art. 7 della direttiva 2003/88 sono formulate come una regola secondo la quale il lavoratore deve poter


beneficiare di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute (25) . 55. Secondo la giurisprudenza, gli Stati membri svolgono un ruolo molto importante nella realizzazione del suddetto diritto in quanto essi, nell’espletare il compito di attuazione di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88, hanno il dovere di stabilire le necessarie modalità di applicazione nazionali (26) . Ciò include la determinazione delle condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite, tenendo presente che gli Stati membri restano liberi di precisare le circostanze concrete in cui i lavoratori possono avvalersi di tale diritto, ad essi spettante sulla base dell’integralità dei periodi di lavoro compiuti (27) . 56. Il rinvio alle legislazioni nazionali operato dall’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 mira in special modo a consentire agli Stati membri di definire un quadro normativo che regoli gli aspetti organizzativi e procedurali per la fruizione delle ferie, quali ad esempio: la pianificazione dei periodi di ferie, l’eventuale obbligo del lavoratore di comunicare previamente al datore di lavoro quando intende fruire delle ferie, il requisito della prestazione di attività lavorativa per un periodo minimo prima di poter fruire delle ferie, i criteri per il calcolo prorata del diritto alle ferie annuali quando la durata del rapporto di lavoro è inferiore ad un anno, ecc. (28) . Ma si tratta pur sempre di provvedimenti volti a stabilire le condizioni per l’ottenimento e la concessione del diritto alle ferie, come tali consentiti dalla direttiva 2003/88. 57. Come ho affermato nelle conclusioni presentate nella causa C-350/06 (Schultz-Hoff), anch’essa pendente (29), le suddette modalità organizzative devono essere distinte in modo chiaro dalle normative degli Stati membri che riguardano l’esistenza stessa del diritto alle ferie annuali retribuite, stabilendo, ad esempio, le condizioni per la nascita o l’estinzione del diritto alle ferie. Diversamente dal dovere del lavoratore di comunicare al datore di lavoro il periodo in cui desidera fruire delle ferie annuali – citato a titolo di esempio delle siffatte modalità organizzative –, il quale svolge unicamente una funzione di coordinamento nel contesto della pianificazione aziendale delle ferie, la questione qui in discussione – ossia se ad un lavoratore inabile al lavoro per motivi di malattia spetti in linea di principio un diritto alle ferie annuali retribuite – attiene all’esistenza stessa di un siffatto diritto fondamentale. 58. Qui non si tratta più della decisione relativa alle modalità organizzative delle ferie annuali retribuite (30), riguardante cioè l’attuazione concreta del suddetto diritto, bensì viene in questione la definizione della portata di una norma comunitaria, vale a dire dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88. 59. Un’interpretazione di questa disposizione nel senso che ai lavoratori inabili al lavoro per motivi di malattia non spetti a priori alcun diritto alle ferie annuali, finisce infatti per escludere determinati lavoratori da tale diritto, attraverso una limitazione dell’ambito di applicazione ratione personae della tutela garantita (31) . 60. Tuttavia, a seguito dell’armonizzazione in questo settore della normativa sociale sul lavoro – finalità questa perseguita dall’art. 137, n. 2, lett. b), CE, costituente il fondamento normativo della direttiva 2003/88 –, la competenza a determinare la portata del suddetto diritto spetta ormai alla Comunità (32) . Infatti, qualora essa rientrasse nella disponibilità degli Stati membri, sarebbe in pratica impossibile garantire all’interno della Comunità un livello di protezione omogeneo, e quindi l’obiettivo dell’armonizzazione. Per questo motivo si deve respingere l’argomentazione addotta dai governi belga e ceco, secondo cui il diritto alle ferie annuali di un lavoratore inabile al lavoro a causa di malattia rientrerebbe tra le modalità di concessione delle ferie e sarebbe soggetto al potere di regolamentazione degli Stati membri.


b) Il livello di tutela garantito dal diritto comunitario 61. Reputo inoltre importante ricordare che la libertà degli Stati membri nel determinare i provvedimenti interni di attuazione è limitata dalla circostanza che l’art. 137, n. 2, lett. b), CE intende garantire, mediante l’adozione di prescrizioni minime, un determinato livello di tutela fissato in norme comunitarie, che gli Stati membri non possono comprimere. Come ha affermato la Corte di giustizia nella sentenza Regno Unito/Consiglio (33) in relazione alla nozione di «prescrizioni minime» nel senso di cui alla precedente base normativa costituita dall’art. 118A del Trattato CE, tale disposizione non limita l’intervento comunitario al minimo denominatore comune, ossia al più basso livello di tutela fissato dai diversi Stati membri. Piuttosto, la detta nozione va intesa nel senso che gli Stati membri sono liberi di concedere una tutela maggiore rispetto a quella eventualmente elevata risultante dal diritto comunitario. 62. Tale interpretazione è confermata dal testo dell’art. 136 CE che prescrive come obiettivo della politica sociale «il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro». Ivi si afferma che tale obiettivo deve essere conseguito mediante una parificazione «nel progresso» (34) . Per conseguire questa finalità sancita dal diritto primario, l’art. 15 della direttiva 2003/88 autorizza gli Stati membri ad applicare o a promuovere l’applicazione di misure più favorevoli per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori. Al contempo, l’art. 23 della direttiva 2003/88, con riferimento al livello di tutela dei lavoratori, stabilisce che, fatto salvo il diritto degli Stati membri di fissare disposizioni diverse, a condizione che i requisiti minimi previsti dalla direttiva siano rispettati, l’attuazione di quest’ultima non costituisce una giustificazione per il regresso del livello generale di protezione dei lavoratori (35) . 63. Sulla base della direttiva 2003/88 è possibile determinare il livello di tutela minima stabilito dal legislatore comunitario in materia di diritto alle ferie. Al riguardo si deve osservare che l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88, contrariamente a quanto affermato dal governo olandese, non contempla alcuna limitazione del novero degli aventi diritto e men che meno opera una distinzione fra lavoratori «sani, abili al lavoro» e lavoratori «inabili al lavoro per causa di malattia». Dal tenore della suddetta disposizione, invece, risulta chiaramente che gli Stati membri devono adottare le misure necessarie affinché «ogni lavoratore» benefici di un periodo minimo di ferie annuali retribuite. L’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 non figura neanche fra le disposizioni alle quali l’art. 17 di quest’ultima permette espressamente di derogare (36) . c) Il livello di tutela garantito dalla convenzione n. 132 dell’OIL 64. Relativamente alla posizione giuridica dei lavoratori inabili al lavoro a causa di malattia, il legislatore comunitario mira dunque a conseguire comunque un livello minimo di tutela analogo a quello offerto dalla convenzione n. 132 dell’OIL (37) . L’art. 3, n. 1, di tale convenzione afferma ad esempio che «tutte le persone» cui essa si applica hanno diritto ad un congedo annuale pagato. 65. Deroghe che si risolvano in uno svantaggio per i lavoratori inabili al lavoro per causa di malattia non sono assolutamente previste nella menzionata convenzione, come neppure nell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88. Ciò consente di dedurre che, secondo gli intendimenti del legislatore comunitario, la tutela che il diritto comunitario mira a garantire ai lavoratori non può essere inferiore al livello di tutela offerto dalle norme giuslavoristiche del diritto internazionale pattizio. Tuttavia, occorrerebbe temere proprio un abbassamento di tale livello minimo di tutela ove ad una determinata categoria di lavoratori venisse precluso a priori il riconoscimento di un diritto sociale fondamentale. 66. Il fatto che il diritto alle ferie sancito dalle norme della convenzione n. 132 dell’OIL non possa essere subordinato all’idoneità lavorativa del lavoratore è dimostrato dal tenore inequivocabile


dell’art. 5, n. 4, della suddetta convenzione, in base al quale «le assenze dal lavoro per motivi indipendenti dalla volontà della persona impiegata interessata, come ad esempio le assenze per malattia, incidente o congedo per maternità, saranno calcolate nel periodo di servizio». L’art. 6, n. 2, della medesima convenzione, inoltre, stabilisce espressamente che «i periodi di inabilità al lavoro derivanti da malattie o incidenti non possono essere calcolati nel congedo pagato minimo annuale». 67. Queste disposizioni devono essere comprese secondo la loro finalità nel senso che la nascita del diritto alle ferie non può in linea generale essere subordinata a circostanze le cui cause risiedano al di fuori della sfera di controllo del lavoratore interessato, perché, ad esempio, siano riconducibili ad eventi naturali o a casi di forza maggiore. 68. Sotto questo profilo le norme della convenzione n. 132 dell’OIL e della direttiva 2003/88 sono sostanzialmente convergenti nel loro contenuto normativo di base per quanto riguarda la nascita del diritto alle ferie (38) . Gli Stati membri sono tenuti ad interpretare tali testi e ad organizzare i propri ordinamenti giuridici nazionali in modo tale che la nascita del diritto ad un periodo minimo di ferie retribuite non venga subordinata all’idoneità al lavoro del lavoratore. 69. Dalle considerazioni che precedono discende che il lavoratore acquisisce sin dal primo giorno di lavoro il diritto alle ferie e non lo perde in caso di inabilità lavorativa dovuta a malattia (39) . Pertanto egli ha diritto, in un periodo in cui altrimenti sarebbe in congedo per malattia, a chiedere ferie annuali retribuite per un periodo futuro. 4. Il divieto giuslavoristico di arrecare pregiudizio come limite all’esercizio del diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite 70. Anche se il diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 spetta ad ogni lavoratore, ciò non esclude che l’esercizio effettivo di tale diritto nel caso singolo sia associato a determinate condizioni che, senza porre in dubbio l’esistenza del diritto stesso, mirino a garantire il conseguimento degli scopi della direttiva. a) Il divieto di arrecare pregiudizio ai sensi della convenzione n. 132 dell’OIL 71. Dagli artt. 5, n. 4, e 6, n. 2, della convenzione n. 132 dell’OIL, infatti, si può dedurre un ulteriore e significativo precetto normativo, e cioè che un congedo fruito per motivi di malattia non può pregiudicare il diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite (40) . Equiparando i periodi di malattia a quelli di servizio, ovvero attraverso il divieto di imputare alle prescritte ferie annuali minime periodi di inabilità al lavoro derivanti da malattia o incidenti, si intende evitare che le ferie annuali coincidano con un periodo propriamente riservato al congedo per malattia, in quanto tipo specifico di congedo. Questo divieto di sovrapposizione di periodi di congedo tiene conto della circostanza che le ferie annuali ed il congedo per malattia hanno finalità differenti e pertanto non possono essere considerati fungibili sotto il profilo giuridico. b) Trasponibilità dei principi elaborati dalla giurisprudenza 72. Questo concetto fondamentale è rinvenibile nell’approccio adottato dalla Corte nelle sentenze Merino Gómez (41) e FNV (42) . 73. Nella causa Merino Gómez la Corte si era occupata del rapporto esistente fra ferie annuali e congedo di maternità secondo il diritto comunitario. In concreto la questione era se, alla luce dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88, dell’art. 11, n. 2, lett. a), della direttiva 92/85/CEE (43) e


dell’art. 5, n. 1, della direttiva 76/207/CEE (44), in casi in cui gli accordi collettivi stipulati fra un’azienda ed i rappresentanti dei lavoratori stabilissero i periodi di ferie per la totalità del personale e tali periodi coincidessero con il suo congedo di maternità, una lavoratrice avesse diritto a fruire delle ferie annuali in un periodo diverso da quello concordato, non coincidente con il congedo di maternità. La Corte ha osservato, al riguardo, che la finalità del diritto alle ferie annuali è diversa da quella del diritto al congedo di maternità. Quest’ultimo è volto alla protezione della condizione biologica della donna durante e dopo la gravidanza nonché alla protezione delle particolari relazioni tra la donna e il bambino durante il periodo successivo alla gravidanza e al parto (45) . La Corte ha pertanto sentenziato che una lavoratrice deve poter godere delle sue ferie annuali in un periodo diverso da quello del suo congedo di maternità (46) . 74. La Corte ha confermato questo principio nella sentenza FNV e ha ulteriormente precisato che se alla fine di un anno si cumulano i periodi di più congedi garantiti dal diritto comunitario, può essere inevitabile riportare le ferie annuali o una parte delle stesse all’anno successivo (47), poiché un congedo garantito da norme comunitarie non può pregiudicare il diritto di godere di un altro congedo garantito a livello comunitario (48) . 75. Sebbene una gravidanza non possa certamente essere equiparata ad uno stato di malattia, è possibile addurre diversi motivi a favore di una corrispondente applicazione di questa giurisprudenza al rapporto fra ferie annuali e congedo per malattia. Analogamente al congedo di maternità, il congedo per malattia, infatti, ha lo scopo di preservare l’integrità psico-fisica del lavoratore, offrendogli la possibilità, mediante lo svincolo dal dovere di lavorare e la concessione di un periodo di riposo, di riprendersi fisicamente e di reinserirsi successivamente nel proprio posto di lavoro. Diversamente dalle ferie annuali, che servono per ritemprarsi, distaccarsi e riposarsi, il congedo per malattia mira dunque esclusivamente alla guarigione e alla cura, cioè al superamento di uno stato patologico le cui cause risiedono per di più al di fuori della sfera di controllo del lavoratore interessato (49) . 76. A tale riguardo, in adesione alle tesi dei governi italiano e polacco, si deve affermare che, in considerazione dei principi elaborati dalla Corte di giustizia, non è possibile pervenire alla conclusione che il congedo per malattia e le ferie annuali possano coincidere nel tempo, senza con ciò mettere in discussione le diverse finalità del congedo ordinario per riposo e del congedo per malattia. Secondo la tesi fondamentale della suddetta giurisprudenza, non dovrebbe essere consentito concedere il congedo per malattia a spese delle ferie annuali retribuite, in quanto in caso contrario si potrebbe pervenire ad uno svuotamento di questo diritto sancito come fondamentale. c) Incompatibilità con la ratio dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 77. Oltre ai dubbi già espressi in precedenza contro un’interpretazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 che conceda al lavoratore la possibilità di fruire del proprio diritto alle ferie durante l’assenza dovuta a malattia, si può addurre come argomento ulteriore l’incompatibilità di una siffatta interpretazione con la finalità della direttiva 2003/88 di garantire il miglioramento della sicurezza e la tutela della salute dei lavoratori. 78. A prima vista, la concessione di una siffatta possibilità può apparire come un ampliamento della sfera di diritti del lavoratore e risultare dunque vantaggiosa da un punto di vista giuridico. A ciò si aggiunga che il lavoratore, quando fruisce delle ferie annuali, non di rado si trova in una posizione finanziaria più vantaggiosa rispetto a quella in cui si troverebbe se fosse in congedo per malattia, in quanto per la durata delle ferie ha diritto al pagamento continuativo ed integrale dello stipendio ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88, mentre, in caso di malattia, tale diritto alla continuazione del pagamento dello stipendio è limitato ad una frazione di quest’ultimo, nella misura


stabilita dalle rispettive normative nazionali. Ciò corrisponde, ad esempio, alla situazione della causa principale, in quanto, secondo le indicazioni del giudice a quo (50), l’art. 16, n. 1, dei WTR prescrive per ciascuna settimana di ferie un corrispettivo di importo pari allo stipendio di una settimana. In caso di malattia, invece, le pattuizioni contrattuali con i ricorrenti prevedono – come chiarito dal governo del Regno Unito nella fase scritta (51) e precisato in udienza su richiesta della Corte – un congedo per malattia di sei mesi in cui viene corrisposta la retribuzione integrale, seguiti da altri sei mesi in cui spetta solo la metà del normale salario. 79. Tuttavia, ad una più attenta valutazione giuridica, l’esercizio di tale diritto da parte del lavoratore equivarrebbe ad una rinuncia ad un diritto fondamentale (52) in cambio di un pagamento continuato del normale salario. Strettamente vincolati alla loro rispettiva finalità, i due tipi di congedo non sono fungibili e pertanto, come correttamente sostenuto dal governo sloveno, si escludono a vicenda. La sovrapposizione delle ferie annuali con i periodi di congedo per malattia conseguente all’esercizio del diritto alle ferie comporterebbe una rinuncia volontaria a quest’ultimo, in quanto il lavoratore, esercitando tale diritto, acconsentirebbe, in cambio di un corrispettivo economico, ad utilizzare le ferie annuali per una finalità che non è quella loro propria. 80. A mio parere una siffatta rinuncia non può essere dichiarata compatibile con il diritto comunitario senza con ciò frustrare lo scopo legislativo dell’art. 7 della direttiva 2003/88. Non solo verrebbe elusa l’auspicata funzione ritemprativa delle ferie annuali qualora il suddetto diritto fosse esercitato impropriamente e dunque abusivamente (53) durante i periodi di malattia. Come giustamente rilevato dalla Commissione, una siffatta possibilità di rinuncia nasconde anche determinati rischi per i diritti dei lavoratori. La prospettiva di un mantenimento della retribuzione con un importo più elevato durante i periodi di malattia sarebbe infatti idonea ad incentivare i lavoratori ad accettare la perdita della suddetta posizione giuridica soggettiva. Inoltre sussisterebbe il pericolo che i datori di lavoro possano sollecitare i lavoratori ad accettare una siffatta rinuncia (54) . Tuttavia un tale accordo fra le parti del rapporto di lavoro, che prevede sostanzialmente la «compravendita» delle ferie annuali, sarebbe palesemente in contrasto con la normativa di cui all’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88, la quale prescrive espressamente che il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria. Una siffatta disciplina andrebbe anche contro gli interessi del datore di lavoro, in quanto questi, nonostante il pagamento di un compenso maggiore per le ferie, non potrebbe pretendere dal lavoratore che egli utilizzi effettivamente il congedo fruito per guarire, al fine di ripristinare la propria capacità lavorativa. 81. Per tutelare il lavoratore ed il datore di lavoro, nonché per evitare di svuotare di significato il diritto fondamentale ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite, sancito dalla normativa comunitaria, si deve partire dall’assunto che il suddetto diritto non sia sostanzialmente nella disponibilità del lavoratore, per cui questi non vi può rinunciare legittimamente. 5. Conclusione 82. Dalle considerazioni che precedono discende pertanto che l’esistenza del diritto alle ferie annuali retribuite non può essere subordinata all’idoneità lavorativa del lavoratore, per cui anche ad un lavoratore non idoneo al lavoro per motivi di malattia spetta in linea di principio un corrispondente diritto alle ferie annuali ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88. Egli tuttavia non può godere delle suddette ferie in un periodo che sarebbe altrimenti da considerare come congedo per malattia. B – Sulla seconda questione


83. Oggetto della seconda questione pregiudiziale è la portata normativa del diritto all’indennità per le ferie non godute previsto dall’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88. La monetizzazione delle ferie, ovvero il pagamento delle ferie annuali non godute, si sostituisce alla concessione di tempo libero nel caso in cui le ferie non possano più essere concesse a seguito della fine del rapporto di lavoro. Questo diritto rappresenta l’unica eccezione al divieto di monetizzazione previsto in linea di principio dalla direttiva, che vieta altrimenti in modo categorico alle parti di un rapporto di lavoro di sostituire le ferie annuali con un’indennità finanziaria, indipendentemente dal fatto che queste debbano essere prese nell’anno in corso o riportate ad un periodo successivo. 84. Secondo la giurisprudenza della Corte questo divieto mira a garantire che il lavoratore possa di norma beneficiare di un periodo di riposo effettivo per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute (55) . In tal modo si intende impedire una «compravendita» abusiva del diritto alle ferie da parte del datore di lavoro ovvero una rinuncia del lavoratore alle stesse per motivi meramente economici (56) . 85. L’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 sottolinea la funzione del mantenimento della retribuzione durante il periodo di ferie, la quale consiste nel mettere il lavoratore, in occasione di tali ferie, in una situazione che, dal punto di vista retributivo, è paragonabile ai periodi di lavoro (57) . In altre parole, l’obbligo di corrispondere tale retribuzione durante le ferie garantisce che il lavoratore sia economicamente in condizione di fruire effettivamente delle proprie ferie annuali (58) . Non diverso è lo scopo dell’indennità sostitutiva per le ferie non godute. La finalità dell’indennità finanziaria sostitutiva è infatti che il lavoratore possa, in linea di principio, prendere un periodo di riposo retribuito anche dopo la fine del rapporto di lavoro prima di intraprenderne uno nuovo (59) . Pertanto, ove la suddetta indennità venisse meno, la conseguenza sarebbe che la finalità del riposo del lavoratore, perseguita dalla direttiva 2003/88, non potrebbe essere raggiunta. 86. La Corte di giustizia ha osservato nella sentenza Robinson-Steele (60) che la direttiva 2003/88 tratta il diritto alle ferie annuali e quello al pagamento della retribuzione durante le ferie come due aspetti di un unico diritto. Sono dell’avviso che proprio questa identità di funzioni del diritto allo stipendio e di quello all’indennità per le ferie non godute induca a considerare anche quest’ultimo come una parte inscindibile del diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite. 87. A questo proposito la soluzione della seconda questione pregiudiziale discende già dalle mie considerazioni relative alla prima parte della prima questione. Vorrei inoltre rinviare, in questo contesto, alle considerazioni esposte ai paragrafi 77 e 78 delle conclusioni da me presentate nella causa C-350/06 (Schultz-Hoff), anch’essa pendente. In esse osservo che il diritto alle ferie annuali retribuite non solo non può essere subordinato all’idoneità al lavoro del lavoratore, bensì consegue da un’interpretazione teleologica dell’art. 7 della direttiva 2003/88, nonché dalla ratio giuridica dell’art. 5, n. 4, della convenzione n. 132 dell’OIL, che il periodo di malattia deve essere equiparato al periodo di servizio, in quanto trattasi di un’assenza per motivi indipendenti dalla volontà del lavoratore e pertanto giustificata. 88. Nel medesimo arco di tempo, perciò, sorgono tutti i diritti del lavoratore, incluso il diritto alle ferie annuali retribuite, che possono essere fruite una volta ristabilita la capacità lavorativa o essere sostituite dal pagamento di un’indennità – in caso di fine del rapporto di lavoro – anche in caso di intervenuta incapacità lavorativa totale. 89. La seconda questione deve pertanto essere risolta nel senso che, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore ha comunque diritto, ai sensi dell’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88, ad un’indennità finanziaria a titolo di compensazione per le ferie maturate e non godute a


causa di malattia. Ciò vale anche nel caso in cui il lavoratore sia stato assente per malattia durante l’intero anno di riferimento controverso o una parte di esso. 90. Per quanto attiene all’ulteriore questione del calcolo della suddetta indennità finanziaria sostitutiva, occorre risolverla nel senso che l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 non prescrive uno specifico metodo di calcolo, lasciandone invece la disciplina precisa al legislatore nazionale. Tuttavia, nella misura in cui ai lavoratori spetta in linea generale un’indennità sostitutiva per le ferie non godute, nella quantificazione di tale indennità occorre tener conto del fatto che il lavoratore aveva originariamente maturato il diritto al percepimento di una retribuzione durante il periodo di ferie di importo pari al suo salario abituale. Da ciò discende l’obbligo degli Stati membri, ai sensi dell’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88, di assicurare che l’indennità finanziaria sostitutiva percepita dal lavoratore sia equivalente, per ammontare, al suo salario abituale. VII – Conclusione 91. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di giustizia di risolvere la domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta dalla House of Lords statuendo nei seguenti termini: 1. L’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che un lavoratore assente dal lavoro per malattia a tempo indeterminato ha diritto di chiedere, in un periodo che sarebbe altrimenti da considerare come congedo per malattia, ferie annuali retribuite per un periodo successivo. Egli non può tuttavia prendere le suddette ferie in un periodo che sarebbe altrimenti da considerare come congedo per malattia. 2. L’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore ha comunque diritto ad un’indennità finanziaria a titolo di compensazione per le ferie maturate e non godute a causa di malattia (indennità sostitutiva). Ciò vale anche nel caso in cui il lavoratore sia stato assente per malattia durante l’intero anno di riferimento controverso o una parte di esso. Nella quantificazione di tale diritto di credito occorre assicurare che l’indennità finanziaria compensativa percepita dal lavoratore sia equivalente, per ammontare, al suo salario abituale. (1) . (2) – GU L 299, pag. 9. (3) – GU L 307, pag. 18. (4) – Eccetto la sig.ra Stringer, tutti i ricorrenti della causa principale sono rappresentati nel presente procedimento. Sebbene la signora non sia rappresentata neanche nel procedimento d’impugnazione pendente dinanzi alla House of Lords, il suo nome continua ad essere utilizzato nel procedimento giudiziario nazionale per designare la causa. (5) – V. la fondamentale sentenza 8 aprile 1976, causa 48/75, Royer (Racc. pag. 497, punti 69 e 73), secondo cui «gli Stati membri [sono obbligati a] scegliere, nell’ambito discrezionale loro attribuito dall’art. [249 CE], le forme ed i mezzi più idonei a garantire l’efficacia reale delle direttive, tenuto conto del loro scopo».


(6) – V. Stärker, L., Kommentar zur EU-Arbeitszeit-Richtlinie , Vienna 2006, pag. 81. (7) – Sentenze 26 giugno 2001, causa C-173/99, BECTU (Racc. pag. I-4881, punto 37); 9 settembre 2003, causa C-151/02, Jaeger (Racc. pag. I-8389, punti 45 e 47); 5 ottobre 2004, cause riunite da C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer e a. (Racc. pag. I-8835, punto 91), e 1° dicembre 2005, causa C-14/04, Dellas e a. (Racc. pag. I-10253, punto 40). (8) – Sentenze 3 ottobre 2000, causa C-303/98, Simap (Racc. pag. I-7963, punto 49); BECTU (cit. alla nota 7, punto 38); Jaeger (cit. alla nota 7, punto 46); 12 ottobre 2004, causa C-313/02, Wippel (Racc. pag. I-9483, punto 47), e Dellas e a. (cit. alla nota 7, punto 41). (9) – Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata il 10 dicembre 1948 con la risoluzione 217 A (III) dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. (10) – Carta sociale europea, aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa il 18 ottobre 1961 a Torino ed entrata in vigore il 26 febbraio 1965. L’art. 2, n. 3, afferma che, per assicurare l’effettivo esercizio del diritto ad eque condizioni di lavoro, le Parti s’impegnano a garantire il godimento di ferie annuali retribuite di almeno due settimane. (11) – Il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali è stato adottato all’unanimità il 19 dicembre 1966 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. L’art. 7, lett. d), afferma che «[g]li Stati parti (....) riconoscono il diritto di ogni individuo di godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro, le quali garantiscano in particolare (...) il riposo, gli svaghi, una ragionevole limitazione delle ore di lavoro, e le ferie periodiche retribuite, nonché la remunerazione per i giorni festivi». (12) – Convenzione n. 132 relativa ai congedi annuali pagati (nuova versione del 1970), adottata dalla Conferenza generale dell’Organizzazione internazionale del lavoro il 24 giugno 1970, entrata in vigore il 30 giugno 1973. (13) – Convenzione n. 52 sui congedi annuali pagati, adottata dalla Conferenza generale dell’Organizzazione internazionale del lavoro il 24 giugno 1936, entrata in vigore il 22 settembre 1939. Questa convenzione è stata riformulata mediante la convenzione n. 132, ma continua ad essere aperta alla ratifica. (14) – Zuleeg, M., «Der Schutz sozialer Rechte in der Rechtsordnung der Europäischen Gemeinschaft», Europäische Grundrechte-Zeitschrift 1992, fascicolo 15/16, pag. 331, sottolinea che gli atti privi di efficacia vincolante, come la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, fungono innanzi tutto da orientamenti programmatici. Essi acquisiscono eventualmente una valenza giuridica allorquando gli organi giurisdizionali li prendono in considerazione a fini interpretativi o per la creazione di norme di matrice giurisprudenziale. Balze, W., «Überblick zum sozialen Arbeitsschutz in der EU», Europäisches Arbeits- und Sozialrecht , 38° aggiornamento 1998, punto 4, rileva giustamente che, sebbene la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori non sia di per sé – in quanto dichiarazione solenne – per nulla vincolante sotto il profilo giuridico, essa ha tuttavia agito da importante catalizzatore per il programma della Commissione, adottato alla fine del 1989, per l’attuazione della Carta comunitaria del 28 novembre 1989. Tale programma d’attuazione prevedeva complessivamente 23 proposte concrete di direttiva, fra l’altro nel settore della sicurezza e della tutela della salute dei lavoratori, che sono state sostanzialmente attuate entro il 1993. Se ne deduce che anche dichiarazioni solenni, in quanto fonte di ispirazione dell’attività legislativa, possono in ultima analisi acquisire importanza nella realizzazione dei diritti sociali fondamentali in esse proclamati.


(15) – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364, pag. 1). (16) – Ad uguale risultato perviene l’avvocato generale Tizzano nelle sue conclusioni presentate l’8 febbraio 2001 nella causa BECTU (sentenza cit. alla nota 7, paragrafo 26). (17) – La Carta comunitaria dei diritti sociali dei lavoratori è stata adottata il 9 dicembre 1989 a Strasburgo dai capi di Stato e di governo degli Stati membri della Comunità europea. Al punto 8 della suddetta Carta si afferma che «[o]gni lavoratore della Comunità europea ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite i cui periodi devono essere via via ravvicinati, in modo da ottenere un progresso, conformemente alle prassi nazionali». Eichenhofer, E., Handbuch des EU-Wirtschaftsrechts (a cura di Dauses, M.A.), Monaco 2004, volume 1, D. III., punti 38 e 39, qualifica espressamente in questo contesto il diritto alle ferie annuali retribuite come un «diritto sociale fondamentale» sancito dalla Carta comunitaria. (18) – V., al riguardo, Rengeling, H.-W., Grundrechte in der Europäischen Union , Colonia 2004, punto 1016, pag. 812. (19) – Riedel, E., Charta der Grundrechte der Europäischen Union (a cura di Jürgen Meyer), 2ª edizione, Baden-Baden 2006, art. 31, punto 20, è dell’opinione che l’importanza dell’art. 31, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali risieda innanzi tutto nell’avere sancito in modo incontestabile come minimo sociale i principi della limitazione della durata massima dell’orario di lavoro, dei periodi di riposo giornalieri e dei periodi di riposo da concedere settimanalmente, anche in caso di rapporti di lavoro con orari di servizio organizzati su turni o flessibili, nonché nell’aver proclamato le ferie annuali retribuite come diritto umano spettante a chiunque. (20) – Ho espresso da ultimo tale opinione nelle conclusioni da me presentate il 3 maggio 2007 nella causa C-62/06, Zefeser (paragrafo 54 e nota 43), relativamente al diritto ad un processo equo sancito all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali. Precedentemente si erano espressi in tal senso l’avvocato generale Tizzano, nelle sue conclusioni nella causa BECTU (cit. alla nota 16, paragrafo 28), nonché l’avvocato generale Léger, nelle conclusioni da lui presentate il 10 luglio 2001 nella causa C-353/99 P, Consiglio/Hautala (Racc. pag. I-9565, paragrafi 73-86). Anche la Corte di giustizia si richiama con sempre maggior frequenza alle disposizioni della Carta dei diritti fondamentali. V., da ultimo, sentenza 27 giugno 2006, causa C-540/03, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I-5769, punto 38), che rinvia al riferimento alla Carta contenuto nei ‘considerando’ della direttiva controversa, nonché sentenze 13 marzo 2007, causa C-432/05, Unibet (Racc. pag. I-2271, punto 37), e 3 maggio 2007, causa C-303/05, Advocaten voor de Wereld (Racc. pag. I-3633, punto 46). (21) – V., al riguardo, Poiares Maduro, M., «The double constitutional life of the Charter of Fundamental Rights», Unión Europea y derechos fundamentales en perspectiva constitucional , Madrid 2004, pag. 306; Schmitz, T., «Die Charta der Grundrechte der Europäischen Union als Konkretisierung der gemeinsamen europäischen Werte», Die Europäische Union als Wertegemeinschaft , Berlino 2005, pag. 85, nonché Beyer, U./Oehme, C./Karmrodt, F., « Der Einfluss der Europäischen Grundrechtecharta auf die Verfahrensgarantien im Unionsrecht», Beiträge zum Transnationalen Wirtschaftsrecht , fascicolo 34, novembre 2004, pag. 14. García Perrote Escartín, I., «Sobre el derecho de vacaciones», Scritti in memoria di Massimo D’Antona , volume 4 (2004), pag. 3586, dà voce all’ipotesi che il diritto alle ferie annuali retribuite, così come sancito all’art. 40, n. 2, della Costituzione spagnola, sia il frutto dell’insieme degli strumenti internazionali preposti alla tutela del diritto fondamentale. Egli ritiene che tali strumenti abbiano


contribuito complessivamente allo sviluppo di una coscienza universale o prettamente europea dell’esistenza del suddetto diritto sociale fondamentale. (22) – Secondo il diritto comunitario, spetta anzitutto agli Stati membri dettare norme per la disciplina delle condizioni di lavoro. Diversi testi costituzionali contengono garanzie relativamente alle condizioni di lavoro, che comprendono il diritto dei lavoratori al riposo. Ad esempio, l’art. 11, n. 5, della Costituzione del Lussemburgo e l’art. 40, n. 2, della Costituzione della Spagna attribuiscono allo Stato il dovere di creare condizioni di lavoro salubri e di garantire il riposo dei lavoratori o di provvedere al riguardo [v. González Ortega, S., «El disfrute efectivo de las vacaciones anuales retribuidas: una cuestión de derecho y de libertad personal, de seguridad en el trabajo y de igualdad», Revista española de derecho europeo , n. 11 (2004), pagg. 423 e segg.]. Una disciplina molto più completa e maggiormente aderente alla formulazione dell’art. 31 della Carta è rinvenibile nell’art. 36 della Costituzione italiana , che, fra l’altro, prevede il diritto ad un giorno di riposo settimanale e alle ferie annuali retribuite. La Costituzione del Portogallo sembra essere stata uno dei modelli ispiratori delle norme della Carta, in quanto il suo art. 59, n. 1, lett. d), sancisce il diritto al riposo e allo svago, ad una durata massima dell’orario di lavoro giornaliero, ad una pausa di riposo settimanale, nonché a ferie regolari e retribuite (v. Vieira De Andrade, J. C., «La protection des droits sociaux fondamentaux dans l’ordre juridique du Portugal», La protection des droits sociaux fondamentaux dans les États membres de l’Union européenne – Étude de droit comparé , Atene/Bruxelles/Baden-Baden 2000, pag. 677). Nella maggior parte dei vecchi Stati membri dell’Unione europea il diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite si basa su normative dettate da leggi ordinarie, che riflettono i pertinenti precetti di diritto derivato delle direttive nella misura in cui siano interessati ambiti di applicazione del diritto comunitario. I nuovi Stati membri, con l’eccezione di Cipro, presentano per contro una codificazione molto puntuale di questo diritto. Ciò vale, ad esempio, per l’art. 36, lett. f), della Costituzione slovacca , per l’art. 66, n. 2, di quella polacca , per l’art. 70/B, n. 4, di quella ungherese , per l’art. 107 di quella lettone, nonché per l’art. 49, n. 1, della Costituzione lituana , che garantiscono il periodo minimo di ferie annuali retribuite. Di condizioni di lavoro in generale si parla nelle Costituzioni della Slovenia (art. 66), della Repubblica ceca (art. 28), nonché dell’ Estonia (art. 29, n. 4) (v. Riedel, E., op. cit. alla nota 19, art. 31, punti 3 e 4). (23) – Secondo Smismans, S., «The Open Method of Coordination and Fundamental Social Rights», Social Rights in Europe (a cura di Gráinne de Búrca e Bruno de Witte), Oxford 2005, pag. 229, nei procedimenti dinanzi alla Corte di giustizia si porrà necessariamente la questione del rapporto fra l’art. 7 della direttiva 2003/88 ed i diritti fondamentali, in primis l’art. 31, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Secondo Krebber, S., Kommentar zu EU-Vertrag und EG-Vertrag (a cura di Christian Calliess/Matthias Ruffert), 1ª edizione, Neuwied 1999, art. 136 CE, punto 35, pag. 1365, la Carta sociale europea e la Carta comunitaria forniscono importanti ausili interpretativi quanto al significato di nozioni giuslavoristiche a livello comunitario. Stärker, L., Kommentar zur EU-Arbeitszeit-Richtlinie , Vienna 2006, pag. 81, attribuisce apertamente all’art. 31, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali persino carattere normativo, sottolineando che tale disposizione impone di stabilire un periodo di ferie annuali retribuite. Secondo Benedetti, G., «La rilevanza giuridica della Carta Europea innanzi alla Corte di Giustizia: il problema delle ferie annuali retribuite», Carta Europea e diritti dei privati , 2000, pagg. 128 e 129, in una controversia sulla portata del diritto ad un periodo minimo di ferie annuali retribuite la Carta dei diritti fondamentali, seppure priva di efficacia vincolante, non può essere ignorata, in quanto essa contiene asserzioni che riflettono le tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. Nell’interpretazione del diritto comunitario essa svolge pertanto una funzione di punto di riferimento ovvero di ausilio interpretativo.


(24) – Sentenze 6 aprile 2006, causa C-124/05, Federatie Nederlandse Vakbeweging (Racc. pag. I-3423, punto 28); Dellas e a. (cit. alla nota 8, punto 49); 18 marzo 2004, causa C-342/01, Merino Gómez (Racc. pag. I-2605, punto 29), e BECTU (cit. alla nota 7, punto 43). (25) – Sentenza BECTU (cit. alla nota 7, punto 44). (26) – Sentenza 16 marzo 2006, cause riunite C-131/04 e C-257/04, Robinson-Steele (Racc. pag. I-2531, punto 57). (27) – Sentenza BECTU (cit. alla nota 7, punto 53). (28) – In tal senso le considerazioni della Commissione nella causa BECTU, riprese dall’avvocato generale Tizzano nelle conclusioni da lui presentate in tale causa (cit. alla nota 16, paragrafo 34). (29) – V. paragrafi 45-49 delle mie conclusioni nella causa C-350/06, Schultz-Hoff. (30) – Nella sentenza BECTU (cit. alla nota 7, punto 61), la Corte di giustizia ha stabilito che la direttiva 93/104 non impedisce agli Stati membri «di organizzare le modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali disciplinando, ad esempio, il modo in cui i lavoratori possono prendere le ferie cui hanno diritto durante le prime settimane di lavoro». (31) – Proprio questo, peraltro, non è consentito agli Stati membri (v. sentenza BECTU, cit. alla nota 7, punto 52). In base alla suddetta sentenza, gli Stati membri non possono limitare unilateralmente il diritto alle ferie annuali retribuite, conferito a tutti i lavoratori, subordinandone la concessione ad una condizione che ha l’effetto di escludere taluni lavoratori dal godimento di tale diritto. (32) – L’art. 137 CE rappresenta la più importante norma autorizzativa per l’adozione di direttive nel capitolo sulla politica sociale. Essa impone di dare all’armonizzazione un orientamento definito, ricavabile dal collegamento tra il primo ed il secondo paragrafo. Su questa base, l’armonizzazione deve avere luogo al fine di promuovere la funzione di sostegno e di completamento dell’attività della Comunità nei settori enunciati al primo paragrafo, lett. a)-i). Fra questi figura, ai sensi del primo paragrafo, lett. a), la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori. La precedente base normativa era costituita dall’art. 118 del Trattato CE, anch’esso connotato da un orientamento principalmente socio-politico e che, sotto questo profilo, si distingueva dall’altra norma sulla competenza di cui all’art. 100 bis del Trattato CE (art. 94 CE), finalizzato al mercato comune (v. Krebber, S., op. cit. alla nota 23, art. 137 CE, punto 18, pag. 1373). (33) – Sentenza 12 novembre 1996, causa C-84/94, Regno Unito/Consiglio (Racc. pag. I-5755, punto 56). (34) – Balze, W., op. cit. alla nota 14, 38° supplemento 1998, punto 3. (35) – Sentenza Regno Unito/Consiglio (cit. alla nota 33, punto 42). Balze, W., «Arbeitszeit, Urlaub und Teilzeitarbeit», Europäisches Arbeits- und Sozialrecht, 79° supplemento (ottobre 2002), B 3100, punto 6, pag. 9, concepisce le norme della direttiva sull’orario di lavoro come disposizioni minime conformemente alla concezione dell’art. 137 CE, per cui gli Stati membri possono adottare o mantenere normative più severe in materia di orario di lavoro. Tuttavia, ai sensi dell'art. 14 della direttiva 2003/88, eventuali norme comunitarie più specifiche prevalgono sulle disposizioni di quest’ultima indipendentemente dalla questione se il loro livello di tutela sia inferiore rispetto a quello offerto dalla direttiva stessa.


(36) – V. sentenze Robinson-Steele (cit. alla nota 26, punto 62) e BECTU (cit. alla nota 7, punto 41). In questo senso anche Balze, W., «Die Richtlinie über die Arbeitszeitgestaltung», Europäische Zeitschrift für Wirtschaftsrecht , n. 7 (1994), pag. 207, il quale non vede alcuna concreta facoltà di deroga a questa normativa. (37) – Si ricordi in questo contesto che, ai sensi del sesto ‘considerando’ della direttiva 2003/88, occorre tener conto dei principi dell’OIL in materia di organizzazione dell’orario di lavoro. Anche l’avvocato generale Kokott, alla nota 8 delle conclusioni presentate il 12 gennaio 2006 nella causa Federatie Nederlandse Vakbeweging (sentenza cit. alla nota 24), vi fa riferimento. Un’interpretazione della direttiva 2003/88 che tenga conto dei principi fondamentali della convenzione n. 132 dell’OIL mi sembra inevitabile, considerato che la normativa dell’OIL ha stabilito standard internazionali determinanti nel settore del diritto del lavoro. Considerati nel loro complesso, si registra un elevato grado di convergenza fra i due strumenti giuridici: ad un esame più accurato, tuttavia, non deve sfuggire che talune disposizioni della direttiva 2003/88 vanno al di là di quanto prescritto dalla convenzione n. 132 dell’OIL. Per tale motivo è corretto affermare relativamente alla direttiva 2003/88 che essa rappresenta un perfezionamento propriamente comunitario della menzionata convenzione (v. Murray, J., Transnational Labour Regulation: The ILO and EC Compared , L’Aia 2001, pag. 185). (38) – Si rende così superfluo analizzare quale sia il vincolo risultante per gli Stati membri in caso di obblighi di contenuto discordante imposti dalla convenzione n. 132 dell’OIL e dalla direttiva 2003/88. V., in proposito, le considerazioni dell’avvocato generale Tesauro nelle conclusioni da lui presentate il 24 gennaio 1991 nella causa C-345/89, Stöckel (Racc. pag. I-4047, paragrafo 11). (39) – In termini simili si esprime chiaramente l’avvocato generale Tizzano, che, al paragrafo 50 delle conclusioni presentate nella causa BECTU (sentenza cit. alla nota 7), mette in dubbio la compatibilità con il diritto comunitario di una normativa nazionale che impedisca ai lavoratori di maturare il diritto alle ferie sin dal primo giorno di lavoro. (40) – In questo senso anche García Perrote Escartín, I., op. cit. alla nota 22, pagg. 3584 e 3595. (41) – Sentenza Merino Gómez (cit. alla nota 24). (42) – Sentenza Federatie Nederlandse Vakbeweging (cit. alla nota 24). (43) – Direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/85/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (GU L 348, pag. 1). (44) – Direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40). (45) – Sentenze Merino Gómez (cit. alla nota 24, punto 32); 27 ottobre 1998, causa C-411/96, Boyle e a. (Racc. pag. I-6401, punto 41); 30 aprile 1998, causa C-136/95, Thibaut (Racc. pag. I-2011, punto 25); 14 luglio 1994, causa C-32/93, Webb (Racc. pag. I-3567, punto 20); 5 maggio 1994, causa C-421/92, Habermann-Beltermann (Racc. pag. I-1657, punt o 21), e 12 luglio 1984, causa 184/83, Hofmann (Racc. pag. 3047, punto 25). (46) – Sentenza Merino Gómez (cit. alla nota 24, punto 38).


(47) – Sentenze Federatie Nederlandse Vakbeweging (cit. alla nota 24, punto 24), e 14 aprile 2005, causa C-519/03, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I-3067, punto 33). (48) – Sentenze Federatie Nederlandse Vakbeweging (cit. alla nota 24, punto 24); Commissione/Lussemburgo (cit. alla nota 47, punto 33), e Merino Gómez (cit. alla nota 24, punto 41). (49) – González Ortega, S., op. cit. alla nota 22, pag. 432, rileva che la prima fase del congedo di maternità ha come scopo il recupero fisico, ovvero la tutela biologica della madre dopo il parto. Essa pertanto persegue una finalità diversa rispetto alla fase successiva di questo congedo, destinata alla cura del bambino nonché al rafforzamento del legame madre/figlio. L’autore traccia paralleli fra la suddetta prima fase del congedo di maternità e il congedo per malattia e si esprime dunque a favore di una corrispondente applicazione della giurisprudenza sul rapporto fra congedo di maternità e ferie annuali al rapporto fra congedo per malattia e ferie annuali. (50) – Punto 13 dell’ordinanza di rinvio 13 dicembre 2006 della House of Lords. (51) – Punto 22 delle osservazioni del 13 aprile 2007 del governo del Regno Unito. (52) – Secondo Fischinger, P., «Der Grundrechtsverzicht», Juristische Schulung (2007), fascicolo 9, pag. 808, si deve intendere per rinuncia ad un diritto fondamentale il consenso del titolare di un siffatto diritto a veder manomessi i propri diritti fondamentali e a subire limitazioni concrete agli stessi. Non si intende invece per tale una rinuncia assoluta, duratura, integrale, del tutto inimmaginabile già solo da un punto di vista pratico, alla tutela di uno o più diritti fondamentali. Una rinuncia ad un diritto fondamentale intesa in tal senso deve del pari essere distinta nettamente da un mero non esercizio di fatto del diritto fondamentale. Diversamente da un mero non esercizio di fatto delle libertà fondamentali, nella rinuncia è insito un elemento giuridico, in quanto colui che dà il proprio consenso è vincolato ad esso in modo tale per cui successivamente non può fare valere l’illiceità dell’attacco al diritto fondamentale. Similmente, non ha nulla a che vedere con la rinuncia ad un diritto fondamentale la cosiddetta dimensione negativa dei diritti fondamentali, che comporta, ad esempio, il diritto del singolo a non avere alcuna opinione o a non appartenere ad alcuna comunità religiosa. Secondo Adam, R., «Der Grundrechtsverzicht des Arbeitnehmers», Arbeit und Recht (2005), fascicolo 4, pag. 130, sussiste una siffatta rinuncia quando un diritto fondamentale del lavoratore viene limitato da un contratto o dal potere direttivo del datore di lavoro senza concessioni reciproche, come nel caso di una transazione. In caso di rivendicazione del diritto alle ferie nei periodi di malattia non si può parlare di concessione da parte del datore di lavoro, in quanto questi si impegna semplicemente a pagare al lavoratore il salario consueto senza che il lavoratore venga risarcito per avere sacrificato le proprie ferie annuali. (53) – L’abuso di diritto è definito come l’azionamento improprio di una posizione giuridica soggettiva e limita la possibilità di esercitare un diritto esistente. Ciò vuol dire che l’esercizio di un diritto formalmente riconosciuto incontra un limite nel principio di buona fede. Anche chi disponga di un diritto formalmente azionabile in giudizio non può esercitarlo abusivamente. Analogamente Creifelds, Rechtswörterbuch (a cura di Klaus Weber), 17ª edizione, Monaco 2002, pag. 1109, secondo cui l’esercizio di un diritto soggettivo è abusivo quando, pur essendo formalmente conforme alla legge, il suo azionamento è contrario alla buona fede a motivo delle particolari circostanze del caso di specie. (54) – Al paragrafo 32 delle conclusioni presentate nella causa Federatie Nederlandse Vakbeweging (sentenza cit. alla nota 24) l’avvocato generale Kokott ha fatto riferimento ad un rischio analogo nel caso di una monetizzazione del periodo minimo di ferie annuali riportate.


L’avvocato generale ritiene che questa possibilità costituirebbe un incentivo, incompatibile con gli obiettivi della direttiva sull’orario di lavoro, a rinunciare alle ferie come periodo di riposo ovvero a fare in modo che i lavoratori vi rinuncino. (55) – Sentenze BECTU (cit. alla nota 7, punto 44); Merino Gómez (cit. alla nota 24, punto 30), e Robinson-Steele (cit. alla nota 26, punto 60). (56) – Nella sentenza Federatie Nederlandse Vakbeweging (cit. alla nota 24, punto 32) la Corte di giustizia ha osservato che la possibilità di sostituire con un’indennità finanziaria il periodo minimo di ferie annuali costituirebbe un incentivo, incompatibile con gli obiettivi della direttiva, a rinunciare alle ferie come periodo di riposo ovvero a fare in modo che i lavoratori vi rinuncino. Fenski, M., «Urlaubsrecht im Umbruch?», Der Betrieb , fascicolo 12 (2007), pag. 688, nonché Jacobsen, K., Münchener Anwaltshandbuch Arbeitsrecht (a cura di Wilhelm Moll), 1ª edizione, 2005, § 25, punto 102, fanno riferimento alla pratica illecita della «compravendita» delle ferie in costanza di rapporto di lavoro. (57) – Sentenza Robinson-Steele (cit. alla nota 26, punto 58). (58) – Bogg, A.L., «The right to paid annual leave in the Court of Justice: the eclipse of functionalism», European Law Review , volume 31 (2006), n. 6, pag. 899. (59) – In questo senso anche l’avvocato generale Tizzano nelle conclusioni presentate nella causa BECTU (sentenza cit. alla nota 7, paragrafo 38). (60) – Sentenza Robinson-Steele (cit. alla nota 26, punto 58).


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