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L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum Anno CLV n. 52 (46.890)

POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt

Città del Vaticano

giovedì 5 marzo 2015

.

All’udienza generale Papa Francesco parla dell’importanza dei nonni e della loro problematica condizione

La persecuzione dei cristiani assiri e caldei

Gli anziani siamo noi

Sulla propria pelle

E con i vescovi amici dei Focolari ricorda i drammi di Siria, Iraq e Ucraina «L’attenzione agli anziani fa la differenza di una civiltà»: è il monito rilanciato da Papa Francesco all’udienza generale di mercoledì 4 marzo. Incontrando in piazza San Pietro dodicimila fedeli provenienti da ogni parte del mondo, il Pontefice ha proseguito il ciclo di riflessioni dedicate alla famiglia e si è soffermato sulla «problematica condizione attuale» dei nonni, a fronte di tante situazioni di abbandono e indifferenza. E ha definito “perversa” «una società senza prossimità» nei confronti di «questa età della vita». Aggiungendo, come di consueto, alcune considerazioni personali al te-

sto preparato, il Papa ha spiegato che gli «anziani sono una ricchezza, non si possono ignorare», perché «questa civiltà andrà avanti» solo «se saprà rispettare» la loro saggezza e la loro sapienza. Infatti, ha pro-

seguito con un’immagine forte, «una civiltà in cui gli anziani sono scartati perché creano problemi porta con sé il virus della morte». Attingendo alla sua esperienza durante il ministero episcopale a

Una nuova tragedia dell’immigrazione ROMA, 4. Nuova tragedia dell’immigrazione nel Mediterraneo che riporta in primo piano il tema della sicurezza e dei sistemi di gestione del fenomeno migratorio in Europa. I corpi di dieci migranti, vittime del ribaltamento di un gommone carico di profughi, sono stati recuperati questa mattina nel Canale di Sicilia dalla nave D attilo. In totale — stando agli ultimi dati raccolti — sono circa un migliaio i migranti soccorsi nelle ultime ore in diverse operazioni nel Canale e che stanno per approdare in alcuni porti siciliani. Oltre alla Dattilo, sono impegnate nelle attività una petroliera che sta portando 183 persone a Pozzallo. Altri 319 migranti sono diretti a Porto Empedocle. Complessivamente sono stati soccorsi cinque gommoni e due barconi carichi di migranti di provenienza siriana, palestinese, tunisina, libica e subsahariana. Tra le persone tratte in salvo oltre trenta bambini e più di cinquanta donne, di cui una incinta. Nel frattempo, la Procura di Siracusa ha aperto un’inchiesta sul naufragio che causato la morte dei dieci migranti nel ribaltamento del gommone. L’ipotesi di reato — affermano fonti di stampa — è omicidio. Le indagini, condotte dal Gruppo interforze della Procura, hanno accertato che le vittime erano insieme ad altre 120 migranti sul natante che si è rovesciato mentre altre 309 si trovavano su un’altra imbarcazione.

Buenos Aires, il Pontefice ha ricordato la vicenda di un’anziana abbandonata dai figli che non si lamentava nonostante fossero passati otto mesi dalla loro ultima visita. «Questo si chiama peccato mortale» ha commentato. Quindi ha riproposto la storia — raccontatagli da sua nonna — di una famiglia in cui un anziano che «nel mangiare si sporcava» era stato confinato «in cucina» per non far fare «una brutta figura quando venivano gli amici a pranzo o a cena». Il racconto prosegue con la scena del capofamiglia che pochi giorni dopo, tornando a casa, trova il figlioletto che gioca con legno, martello e chiodi. Quando il papà chiede cosa stesse facendo, il bambino risponde: «Faccio un tavolo per quando tu diventi anziano, così puoi mangiare lì». Dimostrando, ha evidenziato Francesco, che nel rapporto con gli anziani «i bambini hanno più coscienza di noi». Prima dell’udienza generale il Papa aveva ricevuto nell’aula Paolo VI sessanta vescovi amici del movimento dei Focolari. Nel discorso il Pontefice ha rivolto un ringraziamento «particolare» ai presuli provenienti «dalle terre insanguinate della Siria e dell’Iraq, come pure dell’Ucraina. Nella sofferenza che state vivendo con la vostra gente — ha assicurato — voi sperimentate la forza che viene da Gesù Eucaristia».

Ferdinand Georg Waldmüller, «La richiesta della bambina» (1860)

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Auspicata dagli Stati Uniti e da quattro Paesi europei

Soluzione pacifica in Ucraina WASHINGTON, 4. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e i leader europei hanno «ribadito il loro appoggio per una soluzione pacifica del conflitto nell’est dell’Ucraina e per l’attuazione dell’accordo di Minsk». Lo afferma la Casa Bianca riferendo della conference call di ieri fra Obama e i capi di Stato e di Governo di Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia. I leader occidentali chiedono a «tutte le parti di cessare tutte le azioni militari, cooperare con l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa» e sono pronti «ad agire rapidamente e all’unisono per imporre significativi costi ulteriori se gli accordi di Minsk fossero violati o se i separatisti appoggiati dalla Russia cercheranno di guadagnare nuovi territori». I leader occidentali sono dunque uniti sulla crisi in Ucraina alla vigilia della missione che il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi, si appresta a fare a Kiev e Mosca. Barack Obama, David Cameron, Angela Merkel, François Hollande, Matteo Renzi e il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, hanno discusso in videoconferenza oltre un’ora per valutare l’attuazione degli accordi di Minsk, stesso tema al centro della conversazione di lunedì sera tra i presidenti ucraino, russo, francese e il cancelliere tedesco mentre Bruxelles tesseva la tela dei negoziati sul gas. Se l’intesa rag-

giunta con la mediazione Ue rientra infatti nei punti richiesti da Minsk, secondo una nota di Berlino, a fronte dell’apprezzamento per i «recenti sviluppi positivi» è stata sottolineata l’importanza di «stabilizzare la tregua attuale, rendere verificabile il ritiro delle armi pesanti e rendere possibile l’inizio di un processo politico» oltre a «rafforzare la missione Osce». Anche perché, avverte l’Ue, la posizione sulle sanzioni non cam-

bia: queste restano «strettamente legate» all’attuazione completa degli accordi di Minsk, e in caso di una nuova escalation Ue e Stati Uniti sono «pronti a nuove sanzioni». Nel frattempo, una decisione sull’estensione del mandato della missione Osce in Ucraina verrà presa in tempi brevi. Lo ha detto ieri il presidente in carica dell’organizzazione, Ivica Dačić, ministro degli Esteri serbo.

Rifugiati in Ciad, Camerun e Niger

In fuga da Boko Haram un milione di nigeriani GINEVRA, 4. Sono almeno un milione i nigeriani che si sono rifugiati in Camerun, Ciad, Niger per sfuggire alle violenze di Boko Haram, senza contare gli sfollati interni. La cifra è stata fatta ieri a Ginevra dal ministro della Giustizia nigeriano, Mohammed Bello Adoke, in un intervento davanti al Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti umani. Nel frattempo, il Governo ha annunciato di aver inviato

rinforzi consistenti alle truppe impegnate contro Boko Haram nel nord-est del Paese, dove stanno operando da un mese anche oltre ottomila soldati la forza africana costituita da Ciad, Camerun, Niger e Benin. Fonti governative di Abuja hanno specificato che a questo scopo sono stati richiamati anche militari impegnati nelle missioni internazionali nel Darfur e in Sud Sudan.

Il Papa e don Bosco

Storia di un ragazzo MARCELLO FILOTEI y(7HA3J1*QSSKKM( +,!"!@!"!\!

di MANUEL NIN

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L’originalità del cristianesimo secondo Guillaume Jedrzejczak

Confronto con l’impensabile LUCETTA SCARAFFIA

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Profughi durante una distribuzione di cibo (Afp)

e notizie che arrivano dal Medio oriente, con le violenze e il sequestro di tanti cristiani di tradizione siriaca, soprattutto assiri e caldei, e la distruzione totale delle loro chiese, delle loro case, delle loro vite, portano a pregare per questi nostri fratelli, a piangere con loro e a confessare con loro la fede. E a denunciare questi fatti inqualificabili in Medio oriente come in tante altre regioni della terra, deplorando l’indifferenza in occidente. Leggendo queste notizie non possiamo non pensare ed evocare una delle più venerabili tradizioni cristiane di lingua siriaca, quella siroorientale, di quei cristiani che nella loro preghiera dicono abba al Padre celeste, e che nella loro speranza gridano maran atha al Signore di cui attendono il ritorno nella gloria. Nella seconda metà del IV secolo questa tradizione, tagliata fuori dai confini dell’impero, è stata suo malgrado separata dalla comunione fraterna con le altre Chiese cristiane, e «Ultima dopo il concilio di Efeso nel 431 è rimasta fedele alla sua arcaica professione di fede radicata in quella sede patriarcale di Antiochia dove i cristiani ebbero il più grande degli onori, cioè essere chiamati col nome di colui che fu appeso alla croce. Con una spinta missionaria esemplare i cristiani siro-orientali arrivarono fino in India, Cina e Mongolia. In questi ultimi due Paesi rimasero fiorenti fino al medioevo, e nel XIII secolo, a Baghdad, elessero patriarca uno dei loro vescovi che proveniva dalla Mongolia. Questa Chiesa oggi, in Cina e in Mongolia non esiste più. Restano pochissime tracce e qualche reperto archeologico: quasi solo il ricordo di quei cristiani conosciuti con il nome di nestoriani. In India invece arrivarono portati dalla predicazione dell’apostolo Tommaso e fondarono Chiese oggi viventi e forti nella loro confessione di fede e nell’annuncio del Vangelo. Questi cristiani, riuniti nelle Chiese assira e caldea, hanno usato e usano il siriaco come lingua liturgica, e nella celebrazione dei santi misteri adoperano una delle preghiere eucaristiche più arcaiche, quella conosciuta con il nome di Addai e Mari, anafora che non ha tramandato la narrazione dell’istituzione dell’eucaristia. Queste Chiese cristiane hanno però celebrato e celebrano i santi misteri invocando il dono dello Spirito Santo per la consacrazione di quel pane e quel vino che è stato ed è il corpo e il sangue del Signore, fedeli alla loro tradizione teologica e liturgica, che li riporta alla fede degli apostoli e a quel momento in cui il Signore diede ai discepoli il suo corpo e il suo sangue affinché lo tramandassero alle sue Chiese sparse da oriente a occidente. Cristiani assiri e caldei nel nord della Siria e in Iraq oggi non hanno più le loro chiese dove celebrare la fede e ascoltare la sua Parola, non hanno più le loro case dove abitare in quella terra che è la loro da quasi duemila anni. Chiese e monasteri dall’architettura antichissima e arcaica, con una iconografia precedente l’iconoclasmo che lacerò il mondo bizantino, erano e sono testimonianza di un cristianesimo fiero della sua diversità. Cristiani assiri e caldei perseguitati già all’inizio del XX secolo assieme a cristiani armeni e siro-antiocheni, e che cercarono rifugio in occidente

L

e oltre l’oceano, oggi di nuovo sono assediati, rapiti, perseguitati. Martiri che vivono come se portassero scritte sulla propria pelle le parole del Salvatore ai suoi discepoli: questo è il mio corpo e il mio sangue. E ancora una volta la voce del Papa si è levata per questi fratelli cristiani, spinta dalle notizie «drammatiche che giungono dalla Siria e dall’Iraq, relative a violenze, sequestri di persona e soprusi a danno di cristiani e di altri gruppi». Francesco vuole così «assicurare a quanti sono coinvolti in queste situazioni che non li dimentichiamo, ma siamo loro vicini e

cena» (evangeliario siriaco,

XIII

secolo)

preghiamo insistentemente perché al più presto si ponga fine all’intollerabile brutalità di cui sono vittime». E chiede «a tutti, secondo le loro possibilità, di adoperarsi per alleviare le sofferenze di quanti sono nella prova, spesso solo a causa della fede che professano». Perché i cristiani assiri e caldei hanno le parole del loro e nostro Signore — prendete e mangiate, prendete e bevete, questo è il mio corpo, questo è il mio sangue — scritte non nei libri ma nella loro vita e nella loro testimonianza fino al martirio.

NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi di Tlalnepantla (Messico), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Francisco Ramírez Navarro, Vescovo titolare di Tlos, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Colatina (Brasile) Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Joaquim Wladimir Lopes Dias, trasferendolo dalla Sede titolare di Sita e dall’ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi di Vitória.

Nomina di Vescovo Ausiliare Il Santo Padre ha nominato Ausiliare di Tlalnepantla (Messico) il Reverendo Jorge Cuapio Bautista, del clero della Diocesi di Texcoco, assegnandogli la Sede titolare di Bisarcio.


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giovedì 5 marzo 2015

Indagine federale sulle violenze della polizia

Lo spettro di Ferguson WASHINGTON, 4. I fatti di Ferguson continuano a far discutere, ponendo all’America interrogativi molto seri. Secondo il dipartimento di Giustizia, la condotta tenuta dagli agenti della polizia nella città del

Politici brasiliani sotto inchiesta per lo scandalo Petrobras BRASILIA, 4. Il procuratore generale del Brasile, Rodrigo Janot, ha chiesto al Supremo tribunale federale di aprire un’inchiesta su altre 54 persone, fra cui un numero imprecisato di politici in attività, in relazione alla vicenda di corruzione nella Petrobras, l’azienda petrolifera statale. Janot ha mantenuto segreti i nomi di quanti vorrebbe indagare. Secondo la stampa brasiliana e internazionale, nella lista figurano numerosi parlamentari che beneficiano di immunità e politici che stanno esercitando un mandato pubblico. Nell’elenco ci sarebbero anche alcune alte cariche dello Stato appartenenti alla maggioranza governativa: ma per il momento si tratta solo di indiscrezioni che hanno trovato conferme ufficiali. La vicenda ha visto finora finire sotto inchiesta 150 persone e 232 imprese. Sono stati inoltre eseguiti 64 mandati di cattura.

Missouri teatro questa estate dell’assassinio di Michael Brown — giovane nero disarmato ucciso dagli spari esplosi da un agente bianco — è stata sistematicamente influenzata e condizionata da considerazioni a sfondo razziale. A queste conclusioni è arrivata l’indagine ministeriale sulle pratiche delle forze dell’ordine in servizio nel sobborgo di Saint Louis, avviata subito dopo l’uccisione di Brown. La vicenda innescò furiose proteste in tutto il Paese e fu seguita da altri gravi fatti di sangue. D all’esame di oltre 35000 pagine di documenti ufficiali della polizia è emerso che, stando sempre a fonti riservate del dipartimento, a Ferguson il 93 per cento degli arresti riguardano afro-americani, nonostante questi ultimi costituiscano soltanto il 67 per cento della popolazione locale complessiva. Identica appartenenza etnica anche per la maggioranza di coloro che sono rimasti coinvolti in episodi di ricorso alla forza da parte dei poliziotti, come pure di tutti quelli in cui i cani in dotazione a questi ultimi hanno morso comuni cittadini. Sotto il profilo giudiziario, sempre gli afro-americani rappresentano il 95 per cento di tutti coloro che vengono trattenuti in cella per un periodo superiore ai due giorni e sono quelli che hanno in assoluto la minore probabilità di essere prosciolti. La maggioranza dei mandati di arresto — si legge sempre nel rapporto — sono spiccati inoltre per illeciti minori quali violazioni dei codici della strada o dell’edilizia: cioè per le infrazioni imputate con maggiore frequenza a chi appartiene agli strati sociali più poveri, la cui immotivata penalizzazione da parte della magistratura cittadina già in passato era stata criticata dal procuratore generale, Eric Holder. I risultati dell’inchiesta sono destinati a far scalpore innescando una serie di reazioni, come ad esempio una trattativa tra il dipartimento di Giustizia e la polizia per cercare di cambiare il comportamento degli agenti. Senza un’intesa, invece, al dipartimento non rimarrà che citare in giudizio le autorità municipali di Ferguson. Con conseguenze facilmente immaginabili per l’ordine pubblico. Ma intanto negli Stati Uniti le violenze impartite dalla polizia continuano. E non riguardano soltanto gli afro-americani. È stato diffuso pochi giorni fa un video che ritrae diversi agenti a Los Angeles mentre picchiano un clochard, poi ucciso con cinque colpi di pistola. L’uomo si chiamava Charley Saturmin Robinet, era di nazionalità francese e pregiudicato per rapina. Secondo il «Los Angeles Times», Robinet, 39 anni, fu condannato nel 2000 per una rapina a una banca di Thousand Oaks. Dopo aver scontato la condanna, era stato rilasciato lo scorso maggio.

Tra strategie diplomatiche e scadenze del mercato

Atene in cerca di liquidità ATENE, 4. La Grecia studia nuove misure per ottenere credito. Come sostengono numerosi analisti, le vere intenzioni di Yanis Varoufakis, ministro delle Finanze greco, che parla apertamente di «ambiguità creativa» nell’accordo concluso con l’Europa, sono ormai diventate un rebus per gli investitori. Ma al di là delle strategie e delle polemiche, Atene va in cerca di liquidità in vista di metà marzo, quando i numeri dicono che lo Stato ellenico resterà senza soldi in assenza di una svolta. Varoufakis ha incontrato ieri gli alti funzionari del suo ministero per fare il punto sulle possibili coperture d’emergenza per gli impegni finanziari immediati. C’è il rimborso di 1,5 miliardi di euro dovuto al

Drastiche misure antipedofilia in Gran Bretagna LONDRA, 4. Gli scandali pedofilia nel Regno Unito sono ormai «su scala industriale» dice il premier David Cameron e così il Governo lancia nuove, drastiche misure contro chi dovrebbe controllare e sorvegliare ma non lo fa. La proposta è stata annunciata ieri in un vertice a Downing Street: i funzionari pubblici, dagli assistenti sociali agli insegnanti, fino ai politici locali, che ignorano volontariamente i casi di sfruttamento sessuale di minori e decidono di non intervenire, rischiano un processo e una condanna fino a cinque anni di carcere. Il fenomeno — ha detto Cameron — è un’autentica «emergenza nazionale», alla pari del terrorismo e del crimine organizzato. «Dobbiamo fare un passo indietro e riconoscere l’orribile natura di quello che è accaduto nel nostro Paese». E sempre ieri è stata pubblicata una nuova inchiesta indipendente, secondo la quale sarebbero più di 370 le bambine vittime di abusi sessuali nell’O xfordshire, nell’Inghilterra centrale, obbligate a prostituirsi da alcune gang criminali negli ultimi sedici anni. Le piccole — dice l’inchiesta — hanno subito i peggiori soprusi, sono state allontanate dai loro genitori, e sottoposte a sistematiche violenze.

Fondo monetario internazionale (Fmi) nel solo mese di marzo, di cui 303 milioni già venerdì. Altri test altrettanto insidiosi sono l’asta di oggi per rifinanziare 875 miliardi di debito a breve che arrivano a scadenza (dovrebbero pensarci le banche elleniche) e quella di lunedì prossimo, con 1,4 miliardi di euro da emettere sui mercati. Un percorso minato di fronte al quale Atene ha intensificato i negoziati con l’Ue sulla lista di riforme che l’Eurogruppo attende da Atene per lunedì prossimo. Un documento convincente — dicono gli analisti — basterebbe all’Europa per sbloccare una parte dei sette miliardi rimanenti dell’attuale salvataggio. E intanto ieri Bruxelles ha definita «prematu-

Rapporto della Croce rossa sulle donne in Spagna

Escluse Oltre la metà è senza lavoro MADRID, 4. Allarme povertà femminile nella Spagna colpita dalla crisi. Dei 2,9 milioni di donne assistite dalla Croce rossa nel 2014, il novanta per cento fa parte di nuclei familiari sotto la soglia di povertà e il 60,9 per cento è senza lavoro. È quanto emerge dal rapporto sulla condizione sociale in Spagna redatto e reso noto dalla Croce rossa, un documento che traccia una “radiografia” della situazione provocata appunto dalla prolungata crisi economica. Delle donne disoccupate, il 75 per cento lo è da molto tempo e solo l’otto per cento percepisce il sussidio di disoccupazione. «Le donne si scontrano ogni giorno con molteplici barriere sociali, economiche e culturali che generano disuguaglianze ed emarginazione, ma nel caso delle donne assistite dalla Croce rossa, queste barriere sono anche maggiori» ha assicurato il coordinatore generale della Croce rossa spagnola, Antoni Bruel, nella presentazione del rapporto, ieri a Madrid. Nel dettaglio, il 73,5 per cento del campione esaminato è costituito da donne costrette a far fronte da sole ai lavori domestici e alla cura dei minori a carico, mentre il 34 per cento ha a suo carico persone anziane, ammalati o persone non autosufficienti. Il 57 per cento delle donne assistite dalla Croce rossa assume

Allarme in Cile per l’eruzione del vulcano Villarrica SANTIAGO DEL CILE, 4. Il vulcano Villarrica, nel sud del Cile, si è svegliato ieri notte dopo quindici anni di inattività: una violenta esplosione di lava che ha raggiunto i tre chilometri di altezza, ha seminato il panico nella regione circostante. Le autorità cilene hanno risposto rapidamente all’emergenza, dichiarando l’allerta rossa ed evacuando preventivamente oltre tremila persone che vivono nei pressi del vulcano. La presidente cilena, Michelle Bachelet, è arrivata a Pucon, 780 chilometri a sud della capitale, per coordinare personalmente le operazioni di emergenza.

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ra» la scelta di parlare di un terzo salvataggio per la Grecia, dopo le rivelazioni fatte da Madrid di un piano da cinquanta miliardi pronto a scattare dopo giugno. Ieri la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) ha dato il via libera ai prestiti ad Atene fino al 2020. Contemporaneamente Varoufakis ha fatto sapere che andrà al meeting dell’Eurogruppo di lunedì a Bruxelles con «un dossier di sei proposte di riforma», alcune delle quali conterranno, per la prima volta, numeri precisi e impegni non derogabili. E poi c’è la Banca centrale europea (Bce). Al consiglio direttivo di giovedì, inevitabilmente i governatori discuteranno della situazione delle

antidepressivi e il cinque per cento ha subito violenza domestica, molestie al lavoro o abusi sessuali. In tutto, 2,9 milioni di donne a rischio di esclusione sociale, delle quali il settanta per cento dichiara di fare fatica ad arrivare a fine mese. Oltre la metà sono immigrate.

banche greche. Queste dipendono per circa cento miliardi dalla liquidità della Bce. Ma Varoufakis — sostengono gli esperti — rischia di trovarsi la porta sbarrata anche dal presidente Mario Draghi: il greco vorrebbe la restituzione di due miliardi di profitti realizzati da Francoforte con l’acquisto dei bond ellenici, ma i soldi sono già stati distribuiti fra le banche centrali nazionali: la procedura è lunga. La Bce, poi, difficilmente concederà alle banche greche l’accesso ai rifinanziamenti diretti, almeno fino a quando l’Eurogruppo non certificherà che Atene sta completando con successo l’ultimo giro di controlli e riforme. E appare altrettanto difficile che la Bce, come vorrebbe Atene, consenta alla Grecia di aumentare a oltre quindici miliardi di euro la soglia sulle sue emissioni di debito a breve. A Francoforte non vogliono stare al gioco: sanno benissimo che quei bond vengono comprati dalle banche elleniche, che a loro volta li danno a garanzia di liquidità che poi usano per sottoscrivere altri bond, in un circuito vizioso che fa della Banca centrale il finanziatore del Governo greco. L’Eurogruppo, se convinto, potrebbe sbloccare velocemente una prima tranche di aiuti. Anche dall’Eurotower potrebbero arrivare prudenti aperture, condizionate ai piani di Atene. Ma vista l’incertezza, Varoufakis sta valutando fonti alternative, e pensa così di sbloccare circa due miliardi di riserve degli enti pubblici statali per far fronte alla crisi di liquidità.

Valls a Strasburgo per il dialogo con l’islam PARIGI, 4. «La crescita dei populismi e quella dell’estrema destra, in Europa e nel nostro Paese, si alimentano anche della crescita del jihadismo, del terrorismo e dell’estremismo radicale. La sola risposta a questi due pericoli, che si nutrono l’uno dell’altro, è la Repubblica. La sola risposta è la laicità, l’educazione, l’università, il sapere, l’intelligenza, la capacità di vivere insieme. Altrimenti il nostro progetto nazionale sarà messo in discussione». Questo il messaggio lanciato dal premier francese, Manuel Valls, intervenuto ieri a Strasburgo, alla Grande Moschea, in un incontro sulla situazione socio-politica

Maggiore sostegno europeo ai Paesi colpiti dall’ebola BRUXELLES, 4. L’Unione europea riafferma l’impegno a sostenere i Paesi più colpiti dall’ebola, Guinea, Liberia e Sierra Leone, in favore dei quali si conferma però necessario un maggiore sforzo internazionale. È quanto emerge dalla conferenza che si avvia a conclusione in queste ore a Bruxelles tra i rappresentanti dei tre Paesi e quelli dell’O nu, dell’Unione europea, dell’Unione africana e della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale.

GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile

Giuseppe Fiorentino vicedirettore

Piero Di Domenicantonio

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don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale

del Paese dopo le stragi di Parigi. All’incontro — che ha previsto anche una tappa all’Università della città per un dibattito con gli studenti del corso «Diritto, società e pluralismo delle religioni», che forma i responsabili religiosi — hanno partecipato anche il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, e il titolare dell’Istruzione, Najat Vallaud-Belkacem. La scorsa settimana il Governo presieduto da Valls ha lanciato un piano «per migliorare il dialogo con l’islam di Francia» che prevede azioni per rafforzare la sicurezza della comunità musulmana e per promuovere i rapporti con i fedeli.

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«L’impatto di ebola sull’economia è stato profondo e piani e strategie per risollevarla devono essere messi in opera. Non c’è dubbio che questo richiederà risorse significative», ha detto la presidente della Liberia, Ellen Johnson-Sirleaf. Sulla stessa linea si sono espressi i presidenti sierraleonese, Ernest Bai Koroma, e guineano, Alpha Condé, il quale si è rivolto in particolare all’Unione europea, chiedendo «mezzi ulteriori per incoraggiare gli investitori a tornare nei nostri Paesi».

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giovedì 5 marzo 2015

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Si mira a un Governo di unità nazionale

Riprendono i negoziati tra le fazioni libiche Al Congresso statunitense

L’intervento di Netanyahu WASHINGTON, 4. Un discorso durato tre quarti d’ora, salutato con quasi cinque minuti di applausi e strette di mano. A due settimane dalle elezioni legislative israeliane, Benjamin Netanyahu ha tenuto ieri al Congresso statunitense il suo terzo intervento in qualità di primo ministro (gli altri sono stati nel 1996 e nel 2011). Il premier ha soprattutto criticato i negoziati in corso sul programma nucleare iraniano, che stanno dando vita a «un accordo terribile», e sottolineato che Teheran potrebbe comunque avere presto a disposizione un’arma nucleare. Si tratta di «una minaccia non solo per Israele, ma per il mondo intero» ha detto il leader del Likud che ha poi avvertito: «Anche se Israele dovesse rimanere da solo, reagirà alla minaccia nucleare iraniana». Netanyahu ha anche voluto ricordare lo speciale rapporto con l’alleato americano: «So che voi siete con Israele. E apprezzo quello che Obama fa per Israele. Gli sarò sempre grato per l’appoggio che ha dato». Il rapporto tra Stati Uniti e Israele «deve restare sopra la politica» e questo anche perché «condividiamo lo stesso destino di terra promessa». Ma il discorso del premier israeliano non si è concentrato solo sul dossier nucleare iraniano. Netanyahu ha infatti rivolto lo sguardo anche all’offensiva del cosiddetto Stato islamico (Is). «La lotta dell’Iran contro l’Is non lo fa diventare un amico degli Stati Uniti. Entrambi vogliono creare un impero islamico prima nella regione e poi in tutto il mondo» ha dichiarato. Fredda la reazione della Casa Bianca. Netanyahu era stato invitato dai repubblicani, che dopo le elezioni del Mid Term controllano entrambi i rami del Congresso. L’Amministrazione ha sempre detto di aver saputo solo in un secondo momento dell’invito. Sul discorso, il presidente Obama ha detto: «Non l’ho visto, ho letto la trascrizione: non c'era nulla di nuovo». Netanyahu «non ha offerto nessuna alternativa valida» in vista di una soluzione positiva sul dossier iraniano. Il presidente ha sempre detto che opporrà il veto a nuove possibili sanzioni a Teheran decise dal Congresso perché potrebbero bloccare il dialogo in corso a Ginevra.

TRIPOLI, 4. Riparte il negoziato per ricomporre le spaccature della Libia: una crisi esplosa in seguito alla fine del regime di Gheddafi. Il Parlamento eletto democraticamente, riconosciuto dalla comunità internazionale ma costretto — per motivi di sicurezza — a riunirsi a Tobruk, ha dato via libera alla ripresa dei colloqui con i ribelli sotto egida Onu: domani in Marocco il nuovo incontro. La missione di supporto dell’O nu per la Libia ha annunciato che «il prossimo round di dialogo politico si terrà domani in Marocco» e si concentrerà su tre punti: formazione di un Governo di unità nazionale, «ritiro scaglionato di tutti i gruppi

Accuse al Governo di non rispettare le quote previste

Polemiche in Sud Africa sui minatori stranieri

battimenti — era stato impossibile convocare un nuovo incontro. Anche l’Europa, intanto, si muove. L’alto rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza comune dell’Ue, Federica Mogherini, ha annunciato ieri che il consiglio informale dei ministri degli Esteri europei in programma venerdì e sabato a Riga sarà l’occasione per «concordare passi concreti» di sostegno al Governo di unità nazionale. E l’inviato León informerà oggi il Consiglio di sicurezza dell’Onu sugli sviluppi della crisi libica che ieri è stata tra gli argomenti di una videoconferenza tra il presidente statunitense, Barack Obama, e i leader europei. Questi hanno ribadito il sostegno a una soluzione politica del conflitto in Libia. Intanto, sul piano militare, l’esercito del generale Haftar, fedele al Parlamento di Tobruk, ha annunciato che «la città di Derna è circondata» e i jihadisti assediati, ma i miliziani hanno conquistato due campi petroliferi (Al Bahi e Al Mabrouk) a sud-est di Sirte.

L’inviato speciale delle Nazioni Unite, Bernardino León (Afp)

Forze irachene insieme a milizie sciite e sunnite premono sulle postazioni dell’Is

Esito incerto della battaglia a Tikrit

CITTÀ DEL CAPO, 4. Cresce in Sud Africa la polemica relativa all’impiego di lavoratori mozambicani nelle miniere. I rappresentanti di questi ultimi e lo stesso Governo di Maputo accusano quello sudafricano di non rispettare gli accordi. Il riferimento è alle intese siglate nel 1909 e nel 1964 tra Sud Africa e Mozambico (all’epoca ancora dominati, rispettivamente, da un Governo della sola minoranza bianca e dalle autorità coloniali portoghesi), che prevedono l’assunzione di una quota di mozambicani nelle miniere sudafricane. Secondo i rappresentanti dei lavoratori, questa quota si è progressivamente ridotta negli anni, con

Si profila il ritiro della missione nel Darfur KHARTOUM, 4. Si profila un ritiro dell’Unamid, la missione congiunta dell’Onu e dell’Unione africana nel Darfur, la regione occidentale sudanese teatro da dodici anni di un conflitto civile ancora sostanzialmente irrisolto. Una nota dell’Unamid ha annunciato un taglio di 791 membri del suo personale, come primo passo di una strategia di uscita sulla quale sono cominciati una decina di giorni fa negoziati con il Governo di Khartoum. Il numero degli incarichi e del personale, si legge nella nota, sarà ridotto entro il 31 marzo, avviando un progressivo disimpegno dell’Unamid. Il Governo sudanese aveva chiesto il ritiro della missione alcuni mesi fa, a seguito di denunce relative a stupri di massa che sarebbero stati commessi a ottobre nel villaggio di Tabit da militari dell’Unamid.

armati» dalle città e «scadenze chiare» da fissare per redigere una Costituzione. Dunque, per porre fine al caos bellico di cui sta approfittando anche lo Stato islamico per insediarsi nel cuore del Mediterraneo, i rappresentanti dei due principali schieramenti del Paese torneranno a incontrarsi grazie alla mediazione dell’inviato speciale dell’Onu, Bernardino León. Dopo la falsa partenza del settembre scorso e due round a gennaio senza la partecipazione dell’altro Parlamento (quello di Tripoli legato alle milizie islamiche) il mese scorso le due parti si erano incontrate a Ghadames, nel sud della Libia. Tuttavia, successivamente — fra veti incrociati, attentati e com-

Dispiegata nel Darfur dal 2007, l’Unamid è attualmente la maggiore missione internazionale nel mondo, con i suoi oltre ventimila uomini e costa un miliardo e trecentocinquanta milioni di dollari l’anno. Nonostante questi numeri, la missione non è stata capace di garantire una stabilizzazione della regione dove il conflitto, soprattutto nei suoi primi anni, ha provocato centinaia di migliaia di morti e una delle maggiori crisi umanitarie di sempre nel mondo. Dopo un periodo di relativa calma, il conflitto si è riacceso a fine 2013. Secondo l’Ocha, l’ufficio dell’Onu per il coordinamento degli interventi umanitari, solo nei primi due mesi di quest’anno più di quarantamila persone sono state costrette a lasciare le loro case per i combattimenti tra reparti dell’esercito e gruppi ribelli.

conseguenze economiche importanti per quanti dipendevano dalle rimesse degli emigranti. Le autorità sudafricane replicano che il tasso di disoccupazione nel loro Paese è stabilmente intorno al 25 per cento, motivo per cui va privilegiata l’assunzione di manodopera locale, come previsto dalle leggi statali. Adelino Espanha Muchenga, rappresentante del ministero del Lavoro di Maputo in Sud Africa, chiede invece che siano sostituiti almeno i lavoratori vittime di incidenti sul lavoro. Per una soluzione della questione, i delegati dei lavoratori stranieri chiedono un incontro tra i presidente sudafricano, Jacob Zuma, e mozambicano, Filipe Nyusi.

Sanzioni Onu per il conflitto in Sud Sudan NEW YORK, 4. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione, promossa dagli Stati Uniti, che permetterà di imporre sanzioni mirate — blocco dei beni e divieto di viaggio — a singoli individui considerati responsabili di minare la stabilità del Sud Sudan, commettendo crimini o ostacolando l’arrivo di aiuti umanitari. Un comitato appositamente costituito dovrà stilare la lista di queste persone. Il Sud Sudan, teatro dal dicembre 2013 di un conflitto civile tra le forze fedeli al presidente Salva Kiir Mayardit e i ribelli guidati dal suo ex vice Rijek Machar, non sarà invece sottoposto a embargo sulle armi, anche se un gruppo di esperti dovranno sorvegliarne i flussi.

BAGHDAD, 4. Quello di Tikrit, nella provincia irachena di Salahuddin, si conferma in queste ore il principale fronte di battaglia contro il cosiddetto Stato islamico (Is). Le forze irachene, appoggiate da milizie sia sciite sia sunnite — e secondo diverse fonti da combattenti iraniani — premono sul capoluogo, ma sull’esito della battaglia le notizie sono contraddittorie. Fonti militari di Baghdad parlano di scontri particolarmente intensi sia a Tikrit sia nella cittadina di Al Dor, venticinque chilometri a sud-est, e affermano di aver assunto il controllo del vicino distretto di Himrin. Esponenti del consiglio provinciale di Salahuddin parlano invece di un’avanzata molto lenta e di combattimenti finora circoscritti ai bombardamenti aerei e d’artiglieria. In ogni caso, nella battaglia non stanno intervenendo gli aerei della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti, i cui raid negli ul-

Pechino annuncia l’aumento delle spese militari PECHINO, 4. La Cina, seconda potenza economica mondiale, ha annunciato che intende aumentare del 10 per cento il bilancio militare, rispetto al 2014. Lo ha dichiarato oggi la portavoce del Parlamento, Fu Ying, rendendo noto che le cifre esatte saranno rese note domani quando verrà inaugurata a Pechino la sessione ufficiale dell’Assemblea nazionale del popolo, dove il premier cinese, Li Keqiang, aprirà i lavori con una relazione nella quale vengono indicati gli obiettivi del Governo per il prossimo anno fiscale. In ogni caso le spese cinesi per la Difesa lo scorso anno (quando vennero già incrementate del 12,2 per cento) raggiunsero quota 130 miliardi di dollari, seconde solo a quelle statunitensi, seppur ancora nettamente inferiori. Se il budget militare di Pechino toccasse, considerando un aumento secco del dieci per cento, la cifra di 143 miliardi di dollari, sarebbe ancora pari a meno del venti per cento dei 786,6 miliardi di dollari stanziati dall’Amministrazione statunitense. Di questi 534,3 sono riferibili alle sole spese militari, escludendo le missioni all’estero e i finanziamenti per le tante agenzie governative del settore.

timi giorni si sono concentrati in Iraq sulle aree di Mosul, Al Asad, Baiji, Ramadi e Sinjar, e in Siria su quelle di Kobane e della provincia di Hasaka, al confine con la Turchia. Proprio da Hasaka è giunta ieri notizia della liberazione di altri quattro degli oltre duecento cristiani assiri catturati dall’Is la settimana scorsa. Organizzazioni non governative legate alla comunità cristiana locale hanno riferito del rilascio di una coppia sposata, di una donna e di una bambina di sei anni.

Negli Stati Uniti, intanto, il segretario alla Difesa, Ashton Carter, ha accusato il comando centrale del Pentagono (Centcom) che gestisce le operazioni in Siria e Iraq, di aver fornito informazioni non solo imprecise, ma anche riservate, sull’offensiva contro Mosul in preparazione. Durante un’audizione al Senato, Carter ha annunciato un’inchiesta per accertare le responsabilità di un irrituale incontro con la stampa nel quale a febbraio il Centcom fornì particolari sull’operazione, che al momento risulta comunque rinviata.

Prove di dialogo tra India e Pakistan ISLAMABAD, 4. Tentativi di rilancio del dialogo tra India e Pakistan dopo che negli ultimi mesi la tensione era salita a causa di ripetuti scontri al confine tra i due Paesi. In visita ufficiale a Islamabad, il segretario generale del ministero degli Esteri di New Delhi, Subrahmanyam Jaishankar, ha annunciato l’intenzione di favorire la riconciliazione tra le due potenze nucleari. Al centro dell’incontro, il commercio e gli scambi regionali. «La visita ha dato l’opportunità di discutere le relazioni bilaterali», ha spiegato il segretario generale del ministero degli Esteri indiano al termine dell’incontro con il collega pakistano. Tra gli obiettivi delle consultazioni quello di garantire la

pace e la sicurezza nella contesa regione del Kashmir. Tasnim Alsman, portavoce del ministero degli Esteri di Islamabad, ha sottolineato che la visita del rappresentante indiano è servita a rompere il ghiaccio e ha auspicato una piena ripresa del dialogo. Gli ultimi negoziati tra i due Paesi si erano tenuti l’8 settembre del 2012. La maggiore questione aperta resta proprio quella del Kashmir. Infatti, nel 1947, la spartizione dell’India britannica in India e Pakistan non divise le Nazioni secondo criteri condivisi da tutti gli attori. Il maggiore scontro diplomatico si ebbe sulla spartizione della regione himalayana che ha provocato numerosi conflitti armati.

Sanguinoso attentato contro soldati afghani KABUL, 4. È di sedici morti, cinque civili e undici militari, il bilancio di un attacco suicida contro le forze di sicurezza afghane nella provincia di Helmand, nell’est del Paese. L’attentatore ha ieri fatto saltare in aria l’autobomba di cui era alla guida nella zona di Anar Bagh, nel distretto di Sangin, dove è forte la presenza degli insorti talebani. Dieci i feriti nell’esplosione, per lo più civili. Non sono giunte finora rivendicazioni dell’attentato anche se le autorità ritengono probabile che sia opera dei talebani. Nel frattempo, alcune unità delle forze di sicurezza hanno lanciato un’operazione su ampia scala nel

distretto di Khak-e-Afghan, provincia meridionale di Zabul, per liberare trenta ostaggi di etnia hazara nelle mani di un gruppo militante. Lo ha rivelato — come riferiscono le agenzie — una fonte della sicurezza locale spiegando che «l’operazione coinvolge unità dell’esercito, della polizia e della direzione nazionale per la sicurezza, è stata lanciata ieri all’alba a Khak-e-Afghan e finora ha portato all’uccisione di 32 militanti coinvolti nel rapimento». Nove giorni fa un gruppo di uomini armati ha prelevato trenta passeggeri di etnia hazara da due bus nel distretto Shahjoi della provincia di Zabul.


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giovedì 5 marzo 2015

Il Vangelo ha lavorato nelle nostre società molto al di là di tutte le nostre strategie di riconquista Che si limitano a conteggiare chi frequenta la messa

Jean Guitton, «Angeli contemplanti la cena» (1970, particolare)

L’originalità del cristianesimo secondo Guillaume Jedrzejczak

di LUCETTA SCARAFFIA idea che sta alla base del piccolo e prezioso libro di Guillaume Jedrzejczak, L’extraordinaire originalité du Christianisme (Paris, Editions Salvator, 2014, pagine 132, euro 14,90) è questa: la crisi che indubbiamente oggi coinvolge non solo la vita religiosa, ma la fede nel suo complesso, può essere l’occasione per riscoprire l’originalità e la vitalità del cristianesimo. Partendo da una constatazione: oggi il bisogno di spiritualità coincide con una ricerca di sé, e quindi bisogna ritrovare cosa ha da offrire il cristianesimo in risposta a questa domanda. Il cristianesimo rende l’essere umano responsabile e padrone della sua esistenza, e la sua influenza è ben visibile nel mondo post-moderno in cui viviamo, nel quale il valore principale è dato alla persona umana, e dove ognuno è coinvolto e soffre per la sofferenza di ogni altro essere. Si tratta di un mutamento impercettibile, ma reale. Le cose importanti, infatti, non hanno bisogno di essere enunciate, ma diventano evidenze incontestabili e incontestate che niente può mettere di nuovo in dubbio. Ma rimane aperto il problema di come esprimere, nel linguaggio di oggi, in un linguaggio che tocchi l’intelligenza e il cuore, che Gesù è «la via, la verità e la vita». E di conseguenza quali sono i fondamenti che strutturano la visione cristiana del mondo e che resistono all’obsolescenza dei sistemi e dei valori? Il primo è la relazione che il cristianesimo stabilisce fra l’uno e il multiplo, che si comprende attraverso la teologia della Trinità. Il secondo è il rapporto fra cielo e terra uniti grazie alla teologia dell’incarnazione. Il terzo è il rapporto che il cristianesimo instaura con il tempo e la storia, fondato sulla fiducia nell’opera dello Spirito santo.

Confronto con l’impensabile

L’

siamo capire ciò che siamo chiamati a diventare in futuro, cioè un uomo infinitamente libero, infinitamente vicino, infinitamente umano. Il cristianesimo è quindi una fede che obbliga a sperimentare e a pensare: non offre delle risposte, alle questioni che vengono poste, ma induce un nuovo modo di porre le domande. La migliore scuola di spiritualità è la vita, scrive l’autore, nel suo imprevedibile mescolare libertà e grazia. La spiritualità cristiana infatLa migliore scuola di spiritualità ti si nutre dell’esperienza dell’alterità, si è la vita nutre di dialogo e di Nel suo imprevedibile mescolare ascolto: proprio per libertà e grazia questo centrale rimane quindi sempre il confronto con una guida spirituale. zione dell’unità, ma è la condizione Da questo punto di vista, può esdella vita, la realtà nella sua espres- sere rovesciato il giudizio sulla diversione. Perché la rivelazione cristiana sità delle Chiese cristiane che, dopo non ci parla solo di Dio, ma anche essere stata interpretata a lungo codell’essere umano. L’immagine e la me ferita e ostacolo all’evangelizzasomiglianza sono le chiavi per com- zione, può invece essere considerata prendere il mistero dell’essere uma- come una grande grazia: dalle Chieno: è guardando Cristo che noi pos- se orientali possiamo riscoprire la li-

Dio ha voluto l’essere umano duplice, fin dall’origine: quando l’ha fatto a sua immagine e somiglianza, l’ha creato maschio e femmina, e Dio quando parla di se stesso usa il plurale. Ci ha insegnato perciò che l’unità non è sinonimo di perfezione, e che la nostra esperienza è, innanzi tutto, esperienza della diversità: la vita presuppone la distinzione, la ricomposizione, la molteplicità. Quindi la molteplicità non è la degrada-

turgia, l’arte dell’icona e la grande tradizione dei Padri; dalle Chiese nate dalla Riforma la Sacra Scrittura ha ritrovato il suo posto centrale nella vita dei cristiani, e la ricerca teologica la libertà; grazie alla Chiesa cattolica, l’impegno sociale e caritativo ora è tesoro comune di tutte le Chiese. E le nuove denominazioni portano freschezza ed entusiasmo, vitalità. Se guardiamo bene, ci accorgiamo che l’insegnamento di Gesù ha cambiato la faccia del mondo mettendo l’altro, il piccolo, il povero, il peccatore, la prostituta, al cuore della coscienza umana. Il Vangelo ha lavorato nelle nostre società molto al di là di tutte le nostre strategie di riconquista che si limitano a conteggiare chi frequenta la messa: «Il mondo cambia e il bene progredisce». Il principio di incarnazione, che garantisce la bellezza e il valore di ogni esistenza umana, è il secondo cambiamento radicale di prospettiva introdotto dal cristianesimo. Sono cadute così tutte le distinzioni fra sacro e profano, fra puro e impuro, e tutti gli steccati fra gli esseri umani. La carne assume una nuova dignità, perché è il luogo per eccellenza dell’incontro con Dio. L’invenzione degli ospedali ne è l’aspetto più evidente. Il cristiano si è quindi sentito investito da una missione, quella di far sbocciare le potenzialità presenti nella creazione: «Una spiritualità che non trasformasse il mondo nel quale vive sarebbe molto presto votata all’abbandono e alla dimenticanza».

Il cristianesimo rifiuta la visione (fatum) di destino ineluttabile, ma afferma con forza l’esistenza della libertà umana: l’essere umano conserva sempre la sua capacità di scegliere e di decidere. A questo contribuisce anche una visione del tempo che si muove verso un fine, attraverso il progresso continuo dell’umanità. L’idea di progresso fa parte della visione cristiana del tempo, e la vera storia del mondo consiste nello scoprire, nell’apparente caos degli avvenimenti, il filo rosso di un significato misterioso e sotterraneo. Se uno dei fenomeni più imprevisti degli ultimi anni è il ritorno della spiritualità, sappiamo che sono sempre meno le persone che credono in

un Dio personale. E la fede si è molto individualizzata, sempre più lontana dalle istituzioni. Certo la spiritualità è divenuta un pezzo importante della costruzione di un’identità, ma non si può dimenticare che è nell’incontro con Cristo che si costruisce la nostra identità cristiana. Ma è anche essenziale trovare un luogo, una persona, a cui affidare un processo di formazione, che presuppone poi la trasformazione in un sé migliore. Qui si trova confermata la ragion d’essere delle istituzioni religiose. L’autore torna quindi alla sua prima affermazione, quella in cui identificava la crisi come un momento di grazia, nel quale si può esprimere la creatività umana e la capacità di adattamento. La crisi — ribadisce alla fine — è il luogo in cui l’umano ritrova tutto il suo posto, perché è il momento di grazia in cui donne e uomini sono di nuovo messi di fronte alla loro vocazione di cooperare all’opera della creazione. Perché, in sostanza, l’estrema originalità del cristianesimo non sta tanto nelle forme o nei sistemi ai quali ha dato origine, durante i secoli, ma piuttosto alla sua capacità di integrare e suscitare novità, accettando di conKeisha Castle Hughes (al centro) frontarsi senza requie con interpreta Maria nel film «Nativity» (2006) l’impensabile.

I cinquant’anni di «The Sound of Music»

Un’altra luce

di EMILIO RANZATO Compie cinquant’anni The Sound of Music (Tutti insieme appassionatamente), commedia diretta da Robert Wise — notissima è la colonna sonora — tratta dal musical teatrale di Richard Rodgers e Oscar Hammerstein. Ma la vera vicenda della famiglia austriaca a cui ci si ispira, i von Trapp, era stata già raccontata in precedenza da un’autobiografia e da due film firmati dal tedesco Wolfgang Liebeneiner. Nell’Austria del 1938 la novizia Maria (Julie Andrews), amante della musica, mette in subbuglio la vita del convento con la sua esuberanza. Un po’ per liberarsene almeno temporaneamente e un po’ per mettere alla prova la sua vocazione, la madre superiora decide di mandarla a casa di un comandante vedovo (Christopher Plummer) per fare da istitutrice ai suoi sette figli, presto conquistati dalla nuova arrivata. Maria

scoprirà con sorpresa di provare dei sentimenti per il padrone di casa, ma i veri problemi arriveranno con l’Anschluss. Come accade spesso per i grandi successi, anche per Tutti insieme appassionatamente dopo mezzo secolo è giusto ricalibrare la bilancia dei meriti e dei demeriti. Andrebbe infatti ridimensionato sia l’incredibile riscontro presso il pubblico — probabilmente eccessivo, se consideriamo che si tratta della terza pellicola di maggior successo di tutti i tempi in America per biglietti venduti — sia il commento spesso ingeneroso della critica, che ne ha lamentato per lo più un eccesso di melassa. Un torto il film sicuramente ce l’ha. Ed è quello di essere uscito con una decina di anni di ritardo. A metà degli an-

ni Cinquanta, infatti, si sarebbe inserito perfettamente nella Hollywood più matura e sfarzosa. Così invece si è ritrovato al contrario in una terra di nessuno delimitata dal cinema d’autore da una parte e da quello indipendente dall’altra. Territori in espansione che per contrasto facevano apparire il residuo orticello hollywoodiano come un’isola fuori dal tempo e più edulcorata di quello che era effettivamente. E se Hollywood era fuori moda, il musical in particolare era un vero e proprio relitto di un’epoca improvvisamente lontana. I nuovi modi di fare cinema, ma anche la diffusione della televisione, avevano portato un’ondata di realismo da cui non ci si poteva più sottrarre. Girare un film interamente nei teatri di posa non era più pensabile, e anche le coreografie avevano cominciato a stancare il pubblico. Il regista Robert Wise, però, non era certamente uno sprovveduto. Proveniente da due apprendistati a dir poco preziosi come quelli con Orson Welles, di cui fu montatore, e con il geniale produttore di horror a basso budget Val Lewton, aveva già gettato in prima persona qualche base per un cinema americano più realistico con produzioni relativamente piccole e soprattutto molto personali, come Stasera ho vinto anch’io (1949) e Strategia di una rapina (1959). E quando veniva chiamato a gettarsi di nuovo nel mainstream lo faceva con professionalità ma anche con la consapevolezza che i tempi stavano cambiando.

Cercando dunque di dare un senso preciso agli elementi della tradizione, e conciliandoli con altri più aggiornati. Come per esempio aveva fatto con West Side Story (1961), compenetrando efficacemente la New York reale con una reinventata. Ecco allora che l’impatto estetico conservatore del film si fonde intelligentemente con l’immagine decadente di un mondo mitteleuropeo al tramonto. Di cui sono espressione il comandante protagonista e soprattutto i suoi amici di stampo chiaramente lubitschiano. Le canzoni sono tante e dal gusto classico, ma si rinuncia quasi del tutto a vere coreografie in favore di ariosi movimenti di macchina a inseguire gli spostamenti tanto studiati quanto disinvolti dei personaggi attraverso ambientazioni quasi sempre reali.

E nonostante l’ispirazione della pellicola nasca da origini lontane, anche narrativamente il film non manca di dire qualcosa di moderno e di poco convenzionale. Intanto è pur sempre una storia d’amore che coinvolge una novizia. Ma soprattutto è un pastiche di generi e registri che guardando non a caso di nuovo a Lubitsch e al suo Vogliamo vivere! (1942), anticipa viceversa di decenni azzardati esperimenti analoghi sugli orrori della guerra, come La vita è bella (1997) o Train de vie (1998). Qui certo non c’è la Shoah, ma saluti nazisti e svastiche irrompono comunque all’improvviso nel contesto allegro. E personaggi positivi che magari nella prima parte avevamo visto anche cantare e ballare, ancora in ossequio al mondo del musical che fu, li ritroviamo nell’epilogo nei panni dei più convinti hitleriani, con un mutamento di toni che appare facile solo perché condotto con grande maestria, e che apre le porte a un cinema molto più complesso. Per il resto, il successo del film si deve in gran parte a Julie Andrews, che dopo la prova generale di Mary Poppins trova il ruolo della vita in un personaggio per molti versi simile, ma con negli occhi un’altra luce e un’altra verità.

L’ispirazione ha origini lontane Ma anche dal punto di vista narrativo il film consapevolmente e felicemente fuori moda non manca di dire qualcosa di poco convenzionale

È stato detto giustamente che forse nessun’altra, a eccezione di Barbra Streisand, ha mai recitato e cantato così bene nello stesso momento. Aiutata, in questo caso, da un film consapevolmente e felicemente fuori moda.


L’OSSERVATORE ROMANO

giovedì 5 marzo 2015

Allievi nel cortile del Colegio Wilfrid Barón

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Pubblicate integralmente quattro lettere — delle quali due inedite — che il futuro Pontefice inviò all’amico padre Cayetano Bruno

Il Papa e don Bosco

Storia di un ragazzo rimpianti. Cose che accadono alle persone che vivono intensamente. Il ragazzo è diventato prima gesuita, poi vescovo, arcivescovo, cardinale e ora è Papa, ma il suo rapporto con i salesiani e con don Bosco è sempre rimasto vivo. E proprio di questo legame parlano quattro lettere — due inedite, delle quali una in stralcio in questa pagina, e due già pubblicate dall’Osservatore Romano — che Jorge Mario Bergoglio inviò in diversi periodi al suo amico padre Bruno. Le quattro missive sono state ritrovate nel 2012 nell’Archivio centrale salesiano di Buenos Aires e ora sono pubblicate integralmente nel volume Papa Francesco e don Bosco (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2015, pagine 157, euro 14) pensato da Alejandro León con la finalità di «avvicinarsi all’incontro tra don Bosco e Papa Francesco con approccio semplice ma completo», soprattutto «partendo dalle radici salesiane della sua famiglia, dalla sua immersione nelle vicende storiche in cui gli toccò vivere e rileggendo via via la sua esperienza salesiana, in modo da permetterci di illuminare la dimensione ecclesiale del carisma salesiano come dono e sfida». Già dalla prima lettera, quella del 20 ottobre 1990 (pubblicata dall’O sservatore Romano del 23-24 dicembre 2013), emerge chiaramente il rapporto profondo, quasi intimo, sicuramente molto personale, con padre Pozzoli che lo battezzò il giorno di

la pietà... tutto era reale, e tutto formava abitudini che, nel loro insieme, plasmavano un modo di essere culturale. Si viveva in questo mondo, aperto però alla trascendenza dell’altro mondo». E subito il ricordo va agli anni in cui quegli insegnamenti sono stati messi in di MARCELLO FILOTEI pratica. In particolare agli anni di San Miuesta è la storia di un raguel, dove nel 1976 era stata trasferita la gazzo di dodici anni che Curia provinciale. Lì, racconta Bergoglio, nel 1949, solo per un anno, «vidi i quartieri senza cura pastorale; ciò mi preoccupò e iniziammo a seguire i frequentò il Colegio Wilbambini; il sabato pomeriggio insegnavafrid Barón de los Santos mo catechismo, poi giocavano, ecc. Mi resi Ángeles a Ramos Mejía, conto che noi Professori avevamo il voto nel Gran Buenos Aires. Ma anche quella d’insegnare la dottrina a bambini e ignodi due salesiani, Enrique Pozzoli, che lo ranti, e cominciai io stesso a farlo insieme aveva battezzato e guidato spiritualmente agli studenti. La cosa andò crescendo; si per molti anni, e Cayetano Bruno, che del edificarono 5 chiese grandi, si mobilitarono giovane ha raccolto confidenze fatte di tiin modo organizzato i bambini della zona mori, convinzioni, dubbi, certezze, rimorsi, (...). Allora venne l’accusa che questo non era un apostolato proprio dei gesuiti; che io avevo salesianizzato (sic!) la formazione». Ma i rilievi vengono rispediti al mittente: «Mi accusano di essere un gesuita pro-salesiano, e forse ciò fa sì che i miei ricordi siano un po’ di parte... ma resto tranquillo perché il mio interlocutore di questo momento è un salesiano pro-gesuita, e lui saprà discernere le cose». E il rapporto con padre Bruno, il salesiano pro-gesuita, continua e cresce. Qualche anno dopo, il 18 maggio 1986, una nuova riflessione è affidata proprio al suo giudizio attraverso una lettera incentrata sulla figura del «sig. Zatti (del Il giorno di Natale del 1936 quale sono divenuto molto amico) in riferimento il salesiano Enrique Pozzoli alla mancanza di Fratelli battezzò il piccolo Jorge Mario Coadiutori». Nel 1976, racconta Bergoglio, «nel e da allora è sempre rimasto nella sua vita corso di una visita che feEra lui la persona alla quale la famiglia Bergoglio ci ai missionari gesuiti nel nord dell’Argentina, sosi rivolgeva ogni volta che c’era un problema stai nell’arcidiocesi di Salta per un paio di giorni. Lì, tra una chiacchiera e Natale del 1936 e da allora è sempre rima- l’altra, mons. Pérez mi parlò della vita del sto nella sua vita. È lui la persona, «molto sig. Zatti. E mi diede anche da leggere il legato alla famiglia Sivori, la famiglia di libro della sua vita. Mi colpì la figura di mamma», alla quale «ci si rivolgeva ogni Coadiutore così piena. Da quel momento volta che c’era un problema, o quando si sentii che avrei dovuto chiedere al Signore, aveva bisogno di un consiglio». per intercessione di questo grande Fratello E sarà così anche all’arrivo della voca- Coadiutore, che ci inviasse delle vocazioni. zione, esattamente il 21 settembre 1954: Feci delle novene e chiese ai novizi di «Mi hanno buttato giù dal cavallo. Ho co- farle». nosciuto P. Carlos B. Duarte Ibarra a FloE le preghiere diedero dei frutti se è veres (la mia parrocchia). Mi sono confessato ro che, come prosegue la lettera, «da quancon lui per caso (...) e lì — senza che io do abbiamo iniziato le invocazioni al sig. stessi nel banco delle imposte come il san- Zatti sono arrivati 18 Coadiutori giovani to del giorno [Matteo] — mi aspettava il che hanno perseverato, oltre ad altri 5 che Signore “miserando et eligendo”. Lì non hanno lasciato il noviziato o lo juniorato». ho avuto dubbi che dovevo essere sacerdo- Anche degli abbandoni Bergoglio è grato te». Passa del tempo, ma «a casa non sono sottolineando che quelli che sono rimasti convinti» e allora si ricorre all’amico di famiglia: «Poiché capivo su chi sarebbe finito il conflitto, andai da P. Pozzoli e gli raccontai tutto. Esaminò la mia vocazione. Mi disse di pregare e di lasciare tutto nelle mani di Al centro padre Enrique Pozzoli Dio. Mi diede la benedizione di Maria Ausiliatrice. Ogni volta che recito il “Sub tuum praesidium...” mi ricordo di lui». Convegno a Milano Ma subito dopo aver finito questo racconto, Bergoglio torna VI a scrivere. Il giorno stesso aggiunge altre cinque cartelle dove Il prossimo 10 marzo a Milano, presso l’Università raccoglie alcuni «ricorCattolica del Sacro Cuore, si svolgerà il convegno di salesiani», in partiinternazionale «Questione sociale, questione colare quelli relativi almondiale. La permanente attualità del magistero di la sua frequentazione Paolo VI», organizzato dal Centro di Ateneo per la del Colegio a Ramos dottrina sociale della Chiesa. A pochi mesi dalla Mejía che «creava, atbeatificazione, il convegno intende mostrare come traverso il risvegliarsi Papa Montini abbia aperto vie nuove nel cammino della coscienza nella della dottrina sociale della Chiesa, poi solcate dai verità delle cose, una suoi successori, e come le sue indicazioni in tema cultura cattolica che di sviluppo integrale avrebbero condotto a «una non era per nulla “biglobalizzazione che funziona», per dirla con il gotta” o “disorientata”. premio Nobel Joseph Stiglitz. Un tema che Lo studio, i valori soemergerà dal confronto a più voci dei diversi ciali di convivenza, i relatori, dal teologo allo studioso di politiche riferimenti sociali ai economiche internazionali al contributo del più bisognosi (...), lo Paolo VI in aereo Un dipinto ritrae Zatti tra la gente di Viedma sport, la competenza, giurista.

Q

Paolo

e la globalizzazione buona

«sono giovani che vogliono essere Coadiutori come Sant'Ignazio voleva che fossero, senza che gli “si indorasse la pillola”». E non indora la pillola il futuro Papa, nemmeno quando affronta il difficile problema della conquista dell’America da parte degli europei. È ormai il 15 ottobre del 1992 quando il vescovo Bergoglio torna a scrivere a padre Bruno, anteponendo poche righe di presentazione all’omelia che aveva tenuto tre giorni prima durante il Te D eum per il quinto centenario della cattedrale di Buenos Aires. È una disamina asciutta la sua: «Come il frumento cresce insieme alla zizzania, la Croce piantata in San Salvador giunse insieme alla passione degli uomini, la più grande e la più contrastata. Insieme al peccato giunse la grazia». Ma se non c’è spazio per la retorica, ce n’è per la speranza del popolo americano che «non separa la sua fede cristiana dai suoi progetti storici, ma nemmeno li contamina con un messianismo rivoluzionario».

In uno degli inediti

Giovani tutti d’un pezzo Buenos Aires, 18 maggio 1986 R.P. Cayetano Bruno, sdb Buenos Aires Caro P. Bruno: Pax Christi!! (...) Per noi la vocazione del Fratello Coadiutore è molto importante, don Arrupe diceva che la Compagnia, senza di loro, non era la Compagnia; hanno un carisma speciale che si alimenta con la preghiera e il lavoro. E fanno bene a tutto il corpo della Compagnia. E richiedono esigenza. Padre Swinnen, che era Maestro [dei novizi] all’epoca in cui iniziarono ad arrivare le vocazioni dei Fratelli (successivamente è stato Provinciale e ora è tornato ad essere Padre Maestro) ha saputo infondere in loro, sin dall’inizio, il vero carisma ignaziano della Coadiutoria Temporale. E così ha fatto chi gli è successo nella carica di Maestro, mentre lui era Provinciale (Padre López Rosas). I giovani rimangono delusi quando vedono che sono trattati con mezze misure o palliativi nella loro vocazione. Vogliono essere tutti d’un pezzo (anche se a volte protestano al momento, ma nel profondo del cuore cercano cose autentiche, non imitazioni). Questa è stata, in generale, la storia del mio rapporto col sig. Zatti a proposito delle Vocazioni dei Fratelli Coadiutori nella Compagnia. Ripeto che sono convinto della sua intercessione, perché so tutto ciò che gli abbiamo chiesto, invocandolo come avvocato per quest’affare. Nulla di più per oggi. Resto Vostro afmmo., in nostro Signore e la Sua Santissima Madre, Jorge Mario Bergoglio, S.J. (Segue) 8. Rileggendo la lettera vedo che sarebbe da completare il numero 7, parlando della qualità dei giovani Coadiutori. Sono pii, allegri, lavoratori, sani. Veri uomini e consapevoli della vocazione a cui sono stati chiamati. Sentono una speciale responsabilità di preghiera verso i giovani studenti gesuiti che si preparano al sacerdozio. In loro non si nota alcun “complesso di inferiorità” per non essere sacerdoti, né gli passa per la testa di aspirare al diaconato... Sanno qual è la loro vocazione e la vogliono così. Questo è salutare. E fa bene.


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giovedì 5 marzo 2015

Ribadito dai presuli calabresi l’impegno della Chiesa

Senza sconti contro la criminalità

A Parigi il forum di pastorale sociale europea

Si può fare ancora di più PARIGI, 4. Accompagnare ancora di più quanti sono nel bisogno e organizzare meglio la solidarietà. È quella del buon samaritano l’immagine che la Chiesa in Europa propone come modello per rispondere alle sfide della società: dall’immigrazione alle conseguenze della crisi economica sulle famiglie. L’indicazione è emersa dal forum di pastorale sociale che i responsabili di alcune organizzazioni cattoliche europee hanno avuto nei giorni scorsi a Parigi, presso la sede della Conferenza episcopale francese. Al centro dell’incontro proprio l’urgenza di individuare iniziative sempre più efficaci per far fronte alle situazioni di bisogno che i cittadini europei si trovano ad affrontare. In un comunicato del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) si sottolinea come i lavori del forum si siano avvalsi del contributo di organizzazioni come Caritas Europa, la Commissione cattolica internazionale per le migrazioni, il Centro europeo per le questioni dei lavoratori, la Conferenza delle commissioni di Giustizia e pace in Europa, la Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) e lo stesso Ccee. Insieme è stata condivisa una valutazione «sui molteplici bisogni dei cittadini europei, constatando pure l’enorme sforzo che fa la Chiesa cattolica in Europa per rimanere accanto ai più bisognosi attraverso iniziative concrete

a livello locale, nazionale e anche internazionale». Secondo quanto rilevato dai partecipanti all’incontro parigino — spiega il comunicato — «questa constatazione è un invito ad approfondire ulteriormente lo spirito di collaborazione tra tutte le persone e gli organismi che prestano il proprio servizio in campo sociale». La Chiesa cattolica presente nel vecchio continente, infatti, «ascolta con sollecitudine la voce, spesso angosciata, di chi cerca aiuto, convinta di essere chiamata a fare ancora di più». In questo senso e «seguendo l’incoraggiante esempio di Papa Francesco», la Chiesa che è in Europa rinnova l’impegno a essere una comunità in uscita per essere accanto a chi è in difficoltà, per «assistere e accompagnare con generosità le numerosissime persone che chiedono aiuto presso le organizzazioni cattoliche e presso le diverse comunità cristiane». Sui lavori del forum, il comunicato del Ccee riferisce che «alcune delle sfide analizzate hanno riguardato la questione demografica in un’Europa che invecchia; la crisi economica, che genera nuovi poveri e tante disuguaglianze inaccettabili; il numero crescente di migranti; le trasformazioni del multiculturalismo; il problema della precarietà del lavoro e in particolare la disoccupazione giovanile; la fragilità delle fa-

miglie; le guerre e altre forme di violenza, tanto all’interno quanto all’esterno dell’Europa». Una galleria di angosciose questioni sociali che, «pur essendo così diverse, sono legate tra loro, e non possono essere trattate separatamente nella promozione dello sviluppo integrale della persona umana». In questa prospettiva, «un sincero e rispettoso dialogo sociale, che veda tutti ugualmente impegnati, diventa un’urgenza». Ricordando l’insegnamento della Evangelii gaudium, i partecipanti al forum sottolineano perciò come «attraverso i suoi numerosi attori, la Chiesa cattolica agisce come custode di un bene che umanizza e come promotore di una civiltà dell’amore». Da qui la preoccupazione «per l’attuale situazione» e la speranza «che quanti hanno responsabilità politiche, sociali ed economiche si sentano parimenti impegnati insieme all’intera società nella ricerca di soluzioni concrete alle realtà sociali difficili dei cittadini europei, per coinvolgere tutti nella promozione di un’economia che non uccida ma che sviluppi il bene comune». Infatti, «la missione della Chiesa è quella di essere come il buon samaritano, in grado di rendersi vicina a tutti offrendo non solo un conforto momentaneo, ma soprattutto la speranza nell’amore di Dio misericordioso».

I vescovi del Belgio

Iniziativa in Spagna di Manos Unidas

Dalla parte dei più vulnerabili

È possibile sradicare la povertà

BRUXELLES, 4. Netta presa di posizione dei vescovi del Belgio contro la proposta di allargare ulteriormente la legge sull’eutanasia anche alle persone con demenza, che abbiano precedentemente indicato questa scelta con una dichiarazione di volontà anticipata. In una dichiarazione dal titolo «La dignità della persona umana, anche demente» i presuli sottolineano che «l’invecchiamento crescente della popolazione costituisce una delle maggiori sfide della nostra società così come l’aumento conseguente dei casi di demenza. In primo luogo, un essere umano, anche se malato di demenza, rimane una persona integra fino alla morte». I presuli sfatano poi l’idea di «autonomia della volontà secondo la quale “io e solo io decido ciò che voglio fare della mia vita”, perché l’essere umano non è un’isola ma vive in relazione e in comunione con altri». Ciò che però più preoccupa l’episcopato è «il clima di eutanasia nel quale stiamo vivendo. Dalla legge sull’eutanasia del 2002 s’impone una constatazione: la deriva prevista all’epoca è diventata realtà. I limiti di legge sono sistematicamente elusi o violati». I vescovi portano l’esempio della «sofferenza esistenziale» come pure «la fatica di vivere» che vengono messe «senza esitazione nel campo di applicazione della legge».

MADRID, 4. Manos Unidas, l’ong della Chiesa cattolica in Spagna, ha promosso quattordici corsi di formazione on line che permetteranno di conoscere le molteplici cause della povertà e della fame nel mondo e le possibili soluzioni. I corsi potranno essere seguiti fino al prossimo 29 marzo sulla piattaforma di formazione on line di Manos Unidas. L’obiettivo è quello di creare una coscienza critica sulle vere cause della povertà, la fame e il sottosviluppo. «Poiché tutti siamo corresponsabili delle enormi disuguaglianze che esistono nel mondo — spiegano all’ong — conoscere le cause di queste disuguaglianze è il primo passo per realizzare la giustizia sociale. La povertà si può sradicare, questa possibilità è nelle nostre mani». I corsi on line promossi da Manos Unidas a partire dal 2010 sono stati seguiti da molte persone che sono diventate “alleate” dell’ong nella lotta per sradicare la povertà, la fame e il sottosviluppo. E quanto sia necessario e urgente questo impegno lo rivela anche uno studio condotto nella provincia di Cádiz, nel sud della Spagna. Dai dati che, riferisce l’agenzia Fides, sono stati presentati alla stampa dal responsabile della Caritas diocesana e dal vescovo di Cádiz y Ceuta, monsignor Rafael Zornoza Boy, emerge che il 24 per cento della popolazione della pro-

vincia di Cádiz si trova in una situazione di esclusione sociale. Si tratta di 100.000 nuclei familiari, circa 297.000 persone. Di queste, 42.000 vivono in una situazione di miseria estrema. La percentuale di persone che sono a rischio di esclusione sociale nella provincia è molto simile al resto dell’Andalusia e della Spagna, tuttavia a Cádiz si riscontra anche un grave fenomeno di disgregazione delle famiglie. In quattro nuclei su cinque almeno una persona è stata costretta ad allontanarsi in cerca di lavoro, in Spagna o all’estero. Nel resto del Paese il fenomeno riguarda invece due famiglie su tre. «La disoccupazione — spiegano alla Caritas — è la porta attraverso la quale molte famiglie vanno incontro a povertà e all’esclusione sociale». Tuttavia, trovare un lavoro non sempre significa superare il pericolo «perché lo stipendio ricevuto non è sufficiente a soddisfare le esigenze minime di una vita degna». Per far fronte alle numerose richieste di aiuto, nella diocesi di Barbastro-Monzón è stata avviata nei giorni scorsi la terza edizione della Giornata solidale di raccolta di alimenti, con l’obiettivo di reperire viveri da donare alla Caritas diocesana. L’anno scorso furono raccolti 350 chili di alimenti che anche in quell’occasione furono donati alla Caritas e distribuiti ai poveri.

CATANZARO, 4. La Chiesa in Calabria, non da oggi, ha preso coscienza della gravità del fenomeno malavitoso. E, se «molto resta da fare», è chiaro che «il cammino verso il futuro è irreversibile». Per questo con «stupore» e «amarezza» i vescovi calabresi hanno appreso dai mezzi di comunicazione sociale le parole del procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, il quale ha affermato che «la Chiesa potrebbe moltissimo contro le mafie», sottolineando anche come essa abbia «una grande responsabilità per i silenzi» del passato. Affermazioni che «fanno male», hanno scritto i presuli al termine di un incontro tenuto ieri, martedì, a Catanzaro, perché «denotano una lettura superficiale e una conoscenza approssimativa del pur faticoso, forse a tratti lento, ma in ogni caso ininterrotto cammino che proprio la Chiesa ha compiuto dal secondo dopoguerra a oggi, nella compren-

sione e nella trattazione del fenomeno mafioso e di cui proprio don Puglisi, e con lui tante altre figure di sacerdoti, sono testimonianza viva». Per i presuli calabresi, infatti, un conto è parlare di ritardi, che pure «ci sono stati», un altro è «farli passare per immobilismo, silenzi, omissioni e talvolta larvata connivenza». La Calabria e in genere il meridione d’Italia — si legge nella nota — «è terra segnata dalla crisi economica, dalle deficienze della classe dirigente, dalle dimenticanze dei governi di ogni livello, a volte dall’incapacità della politica. Non per questo riteniamo che l’errore di qualcuno possa tradursi, affrettatamente e strumentalmente, in errore di tutti». A riprova della serietà con cui la Chiesa ha sempre affrontato il fenomeno malavitoso, vengono citate la lettera pastorale del 1948 dei vescovi meridionali, cui seguì il 30

Il patriarcato di Mosca e la tutela della vita

Famiglia tema ecumenico MOSCA, 4. «Siamo incoraggiati dalla dottrina sociale della Chiesa ortodossa russa a collaborare attivamente con i nostri fratelli e sorelle cattolici, in materia di tutela della vita, della famiglia, dei valori tradizionali, dei progetti sociali. Dovremo sviluppare tutto questo in futuro, perché siamo sotto attacco da parte di varie tendenze negative, e agire in stretta collaborazione in difesa dei nostri valori comuni». Parole di Alexey Komov, membro della Commissione per la famiglia del Patriarcato di Mosca, che in un’intervista a Sir Europa si sofferma anche sulla dimensione ecumenica della tutela della vita, sull’impegno che accomuna «Russia e Vaticano nella difesa dei valori naturali, della vita umana e della sua dignità, a livello delle Nazioni Unite». Komov, che è rappresentante in Russia e all’Onu del Congresso mondiale delle famiglie nonché presidente in patria del gruppo di difesa dei diritti FamilyPolicy.ru, spiega i risultati ottenuti dalla collaborazione fra Stato e Chiesa in Russia: «Negli ultimi anni abbiamo prodotto provvedimenti e leggi a sostegno dei valori della famiglia e della demografia. A esempio, per ogni secondo figlio lo Stato assegna l’equivalente di 10.000 dollari alla famiglia. Inoltre ogni pubblicità dell’aborto è vietata. Sotto il regime comunista la

Russia era diventata di fatto il primo Paese al mondo a legalizzarlo. Negli ultimi decenni abbiamo ottenuto alcuni progressi. La nostra situazione demografica è migliorata e il numero di aborti è diminuito di cinque volte negli ultimi venticinque anni: da quattro milioni all’anno a meno di 700.000 attualmente. Tuttavia, c’è ancora molto lavoro da fare». Con FamilyPolicy.ru «favoriamo l’approvazione di una buona legislazione in Russia e a livello internazionale, anche presso le Nazioni Unite». Il think tank produce commenti sui nuovi progetti di legge, propone modifiche, offre analisi su varie questioni. «Più professionisti qualificati e colti abbiamo dalla nostra parte, meglio è», commenta Komov, perché «soltanto ricorrendo agli esperti possiamo penetrare i vari livelli della società civile ed essere rispettati nelle nostre argomentazioni». A tutto ciò — riferisce — si accompagna un crescente coinvolgimento delle Chiese cristiane in Russia: «Negli ultimi venticinque anni sono stati costruiti oltre trentamila nuovi luoghi di culto. E sempre più giovani vengono in chiesa. Il patriarca di Mosca, Cirillol, e gli altri capi ortodossi sostengono attivamente il movimento pro-vita e profamiglia».

novembre 1975 una lettera dei presuli calabresi dal titolo «L’episcopato calabro contro la mafia, disonorante piaga della società» e la recente nota pastorale della Chiesa calabrese sulla ’ndrangheta, intitolata «Testimoniare la verità del Vangelo», nella quale si legge che «non sono mancate irresponsabili connivenze di pochi, nonché silenzi omertosi: e di questo i credenti sanno e vogliono chiedere perdono. Ma accanto alla gramigna, silenziosamente cresce il campo del bene che si distingue, senza mezzi termini, per la sua luminosità e la sua coerenza». In questo senso, spiegano i vescovi calabresi, «noi crediamo che per sconfiggere il male ciascuno deve fare il proprio dovere, fino in fondo. Ce lo insegna il beato Puglisi, figura straordinariamente semplice che combatteva le cosche da prete: innanzitutto con la coerenza della vita e poi amministrando i sacramenti, strappando i giovani alla strada, spingendo e stimolando le istituzioni a essere presenti, sempre e comunque. Cosa che fanno silenziosamente, ogni giorno, tanti sacerdoti e laici nelle parrocchie che in alcuni casi sono l’unico presidio sociale nel territorio». Per questo i vescovi sono convinti che «si possa riuscire, ciascuno nel proprio ambito, ma in unità di intenti, a debellare la piaga mafiosa senza più incertezze né tentennamenti».

Inaugurato da Cirill0

Primo orfanotrofio per bambini disabili MOSCA, 4. È stato benedetto a Mosca dal patriarca Cirillo il primo orfanotrofio non governativo destinato ad accogliere bambini con disabilità multiple. Ne dà notizia il sito del patriarcato, rendendo noto che il centro, denominato Casa Santa Sofia, verrà gestito dal servizio caritativo Misericordia della Chiesa ortodossa. Nella struttura, il cui progetto era stato approvato nel 2013, troveranno presto ospitalità ventuno bambini, diciannove dei quali provenienti da orfanotrofi statali. A seguire la crescita dei ragazzi disabili saranno alcune suore, coadiuvate da esperti e volontari con alle spalle una lunga esperienza nel settore. I piccoli disabili accolti presso Casa Santa Sofia potranno contare anche su un’attenzione maggiore rispetto ai normali standard. Infatti — secondo quanto viene reso noto — un assistente avrà la cura di sette bambini, mentre negli orfanotrofi di Stato il rapporto è molto superiore: uno a venti. Nelle intenzioni dei responsabili dell’istituto anche quella di attivarsi per trovare delle famiglie che possano accogliere come figli questi bambini con gravi difficoltà. Le suore e alcuni volontari si sono però detti pronti a prendersi cura dei ragazzi anche una volta che questi saranno diventati maggiorenni. Casa Santa Sofia è uno dei ventiquattro progetti sociali promossi dal servizio caritativo della Chiesa ortodossa di Mosca.


L’OSSERVATORE ROMANO

giovedì 5 marzo 2015

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Nell’udienza ai vescovi amici del movimento dei Focolari il Papa ribadisce l’importanza del dialogo

Ancorati all’Eucaristia Il pensiero per le terre insanguinate della Siria, dell’Iraq e dell’Ucraina Un ringraziamento «particolare» ai vescovi provenienti «dalle terre insanguinate della Siria e dell’Iraq, come pure dell’Ucraina» è stato rivolto da Papa Francesco, durante l’incontro con sessanta presuli amici del movimento dei Focolari, svoltosi nell’Aula Paolo VI mercoledì mattina, Cari Fratelli, vi do il benvenuto e ringrazio il Cardinale Kovithavanij per la sua introduzione. Ringrazio anche la Presidente e il Co-Presidente del Movimento dei Focolari per la loro presenza. Vi ha riunito a Roma l’amicizia con questo Movimento e l’interesse per la “spiritualità di comunione”. In particolare, in questi giorni la vostra riflessione è incentrata sul tema “Eucaristia, mistero di comunione”. In effetti, il carisma dell’unità proprio dell’Opera di Maria è fortemente ancorato all’Eucaristia, che gli con-

4 marzo, prima dell’udienza generale. «Nella sofferenza che state vivendo con la vostra gente — ha assicurato — voi sperimentate la forza che viene da Gesù Eucaristia, forza di andare avanti uniti nella fede e nella speranza». Pubblichiamo il discorso del Pontefice.

ferisce il suo carattere cristiano ed ecclesiale. Senza l’Eucaristia l’unità perderebbe il suo polo di attrazione divina e si ridurrebbe a un sentimento e ad una dinamica solamente umana, psicologica, sociologica. Invece l’Eucaristia garantisce che al centro ci sia Cristo, e che sia il suo Spirito, lo Spirito Santo a muovere i nostri passi e le nostre iniziative di incontro e di comunione. L’apostolo Paolo scrive: «Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane» (1 Cor 10, 17). Come Vescovi, noi raduniamo le comunità

intorno all’Eucaristia, alla duplice mensa della Parola e del Pane di vita. Questo è il nostro servizio, ed è fondamentale. Il Vescovo è principio di unità nella Chiesa, ma questo non avviene senza l’Eucaristia: il Vescovo non raduna il popolo intorno alla propria persona, o alle proprie idee, ma intorno a Cristo presente nella sua Parola e nel Sacramento del suo Corpo e Sangue. E alla scuola di Gesù, buon Pastore fattosi Agnello immolato e risorto, il Vescovo raduna le pecore a Lui affidate con l’offerta della sua vita, assumendo egli stesso una forma di esistenza eucaristica. Così il Vescovo, confor-

Gino Severini, «Bozzetto per la Santa Cena» (1927)

mato a Cristo, diventa Vangelo vivo, diventa Pane spezzato per la vita di molti con la sua predicazione e la sua testimonianza. Chi si nutre con fede di Cristo Pane vivo viene spinto dal suo amore a dare la vita per i fratelli, ad uscire, ad andare incontro a chi è emarginato e disprezzato.

Ringrazio in modo particolare voi, Fratelli, che venite dalle terre insanguinate della Siria e dell’Iraq, come pure dell’Ucraina. Nella sofferenza che state vivendo con la vostra gente, voi sperimentate la forza che viene da Gesù Eucaristia, forza di andare avanti uniti nella fede e nella speranza. Nella celebrazione quotidiana della Messa noi siamo uniti a voi, preghiamo per voi offrendo il Sacrificio di Cristo; e da lì prendono forza e significato anche le molteplici inizia-

tive di solidarietà in favore delle vostre Chiese. Cari Fratelli, vi incoraggio a portare avanti il vostro impegno in favore del cammino ecumenico e del dialogo interreligioso. E vi ringrazio per il contributo che date ad una maggiore comunione tra i vari movimenti ecclesiali. Il Signore vi benedica e la Madonna vi protegga. Preghiamo gli uni per gli altri. Vi ringrazio delle vostre preghiere.

Nel saluto dell’arcivescovo di Bangkok

Abbraccio di unità e di comunione Un «abbraccio di unità e comunione» con i pastori che stanno soffrendo in Siria, Iraq, Libano, Ucraina e Libia è stato lanciato dal cardinale Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok, a nome dei sessanta vescovi amici del movimento dei Focolari, provenienti da centotrentacinque Paesi, che stanno partecipando a Castel Gandolfo a un convegno sul «mistero dell’Eucaristia, fonte di comunione con Dio e i fratelli». Il porporato — succeduto al cardinale Vlk come coordinatore dei presuli vicini alla spiritualità di Chiara Lubich — ha presentato queste realtà di frontiera a Papa Francesco, all’inizio dell’udienza che si è svolta nell’aula Paolo VI. Erano presenti anche Maria Voce e don Jesús Morán Cepedano, presidente e copresidente del movimento. «Accogliamo la loro sofferenza dovuta a un’annosa insicurezza di fronte a una persecuzione disumana e ci lasciamo arricchire dalle loro feconde testimonianze che giungono fino al martirio» ha affermato il cardina-

Il cardinale Robert Sarah ricorda don Bosco

Ma non è lotta di classe

le riferendosi al Medio oriente. Riguardo alla parte orientale dell’Ucraina, ha poi messo in risalto quanto sia «prezioso e impegnativo costruire il dialogo in una Nazione lacerata dalla guerra». Questo coraggio deve esserci nella realtà di ogni diocesi, attraverso «l’ascolto e il dialogo», con «una pastorale più attenta ai rapporti tra pastori e fedeli». Così «non a caso Dio ci ha posti in contatto con una umanità ferita da molteplici mali», con «tante lacrime, grida di disperazione e segnali di speranza». I pastori, ha concluso il cardinale, devono essere «pronti a dare la vita per gli altri». E «questo passo lo sta vivendo il nostro fratello vescovo amico della Libia monsignor Martinelli che non è tra noi perché vuol restare lì nonostante un reale pericolo di morte». Ed è «un passo che hanno fatto anche i due vescovi amici della Siria — il siro ortodosso Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco ortodosso Boulos Yazigi — sequestrati due anni fa e quasi dimenticati dall’opinione pubblica».

«C’è chi vorrebbe una Chiesa impegnata pienamente nella lotta di classe e chi la vorrebbe fuori di ogni classe. La Chiesa è invece Chiesa nella misura in cui è accanto all’uomo e annuncia tutto il vangelo, perché questa è la sua missione, e per questo è stata, è e forse sarà perseguitata». Ci sono diversi riferimenti all’attualità nell’omelia che il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, ha pronunciato nei giorni scorsi in una parrocchia della periferia di Roma. Si tratta di San Giovanni Bosco in via Tusco-

Gruppi di fedeli in piazza San Pietro All’udienza generale di mercoledì 4 marzo, in piazza San Pietro, erano presenti i seguenti gruppi: Da diversi Paesi: Docenti e Studenti della Pontificia Università Salesiana di Roma; Suore della Carità di Gesù; Giuseppini del Murialdo. Dall’Italia: Diaconi della Diocesi di Milano; Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: Beata Vergine Addolorata, in Trieste; Santo Stefano, in Tradate; Madonna delle Grazie, in Cantù; Sant’Eusebio, in Cinisello Balsamo; Santo Stefano, in Novellara; Maria Santissima Madre di Dio, in Torrette; Santa Maria a Coverciano, in Firenze; Santa Maria della pace, in Chiusi Stazione; Maria Santissima Addolorata, in Tuturano; Maria Santissima del Rosario, in Grottaglie; San Nicola, in Cisternino; Santissimo Salvatore, in Pontelandolfo; Sant’Antonio, in Sant’Anastasìa; San Pietro in Santa Maria Maggiore, in Somma Vesuviana; Santa Maria del Carmine; e Sant’Eustachio in San Francesco, in Eboli; Gruppi di fedeli dalle Parrocchie di Ospedaletti, Casalpusterlengo, Fiorenzuola, Dinazzano-Casalgrande; Soci del Rotary club Distretto 2100 e altri Distretti Italiani; Cooperatrici pastorali della Diocesi di Treviso; Gruppo della Banca di Filottrano; Gruppo dell’Ordine degli Avvocati, di Bari; Collegio provinciale Geometri e Geometri laureati, di Genova; Associazione sportiva disabili basket, di Brugnera; Associazione sportiva scherma, di Catania; Associazione sportiva Indomita, di Sant’Arsenio; Associazione Amici in cammino con Maria, di Napoli; Associazione ANTHEA, di Giugliano in Campania; Associazione italiana donatori organi, di Vigevano, e di Lonigo; Associazione nazionale Carabinieri, di Bussi sul Tirino; Associazione nazionale Polizia di Stato, di Carbonia; Coro Giovanni Paolo II, di Ladispoli; Corale Santa Barbara, di Montecatini Alto; Cooperativa La ruota-Barba Band, di Trento; Operatori sanitari dell’Ospedale di Oderzo; gruppo della Polizia di Roma Capitale; gruppo Festa Santissimo Crocifisso, di Villafrati; gruppo Sacro Cuore, di Nettuno; Casa di solidarietà San Zenone, di Lodi; gruppi UNITALSI dalla Lombardia e dal Triveneto; gruppo Vivi il Vangelo nella tua vita, di Roma; gruppo Vecchie glorie calcio, di Bolzano;

Ammalati dalla Diocesi di Mondovì, con il Vescovo Luciano Pacomio; gruppi di studenti: Collegio Brandolini-Rota, di Oderzo; Liceo Majorana, di Pozzuoli; Liceo Leonardo da Vinci, di Firenze; Liceo Fogazzaro, di Vicenza; Liceo Montale, di Roma; Istituto Suore Riparatrici, di San Nicola Arcella; Istituto Galilei, di Firenze; Istituto Russell-Newton, di Firenze; Istituto Mattei, di Sondrio; Istituto Serena, di Treviso; Istituto Colotti, di Feltre; Istituto Carducci-Volta-Pacinotti, di Piombino; Istituto Tavelli, di Ravenna; Istituto Sant’Agnese, di Saronno; Istituto comprensivo, di Ronco all’Adige; Scuola Rocco, di

Kalwaria — promotorzy akcji ewangelizacyjnej «Busem do marzeń», organizowanej w ramach przygotowań do Światowych Dni Młodzieży; pielgrzymi indywidualni. De différents pays: groupe de prêtres chaldéens d’Europe, avec S.Exc. Mgr Ramzi Garmou. De France: groupe de jeunes du diocèse de Sens, avec S.Exc. Mgr Yves Patenôtre; servants d’autel, du diocèse de Nice; paroisse Saint-Aldegonde, en Val de Sambre de Maubeuge; Equipes Notre-Dame, de Poitiers; Lycée Ozanam, de Châlons-en-Champagne; Collège Stanislas, de Paris; Collège Le Rosaire, de SaintLeu-la-Forêt; Collège SainteFamille-des-Minimes, de Toulouse; Collège de l’Immaculée Conception, de Coutances; Lycée Avesnières, de Laval; Club Kiwanis, de Cannes; groupe de pèlerins de Cognac. From Great Britain: O fficers and men of the 9th/12th Royal Lancers, accompanied by Rt Rev. Richard Moth, Bishop of the Forces. From Austria: Students and faculty from Vienna International School.

Afragola; Scuola San Benedetto, di Parma; Scuola Nostra Signora di Betlem, di Frattocchie-Marino; Scuola Beata Vergine, di Milano; Scuola Colombo, di Taranto; Scuola Calvino, di Reggio Emilia; Gruppi di fedeli da Sant’Alfio, Trieste, Bene Vagienna, Melzo, Casale Monferrato, Caltanissetta, Gragnano, Ugento, Terranegra di Legnago, Fabriano, Grammichele, Ravenna, Trento, Anzio. Coppie di sposi novelli. I polacchi: Pielgrzymi z parafii św. Wojciecha w Bninie i Świętej Trójcy w Błoniu koło Warszawy; delegacja z Małopolskiego Hospicjum dla Dzieci z Krakowa; profesorowie i studenci z uniwersytetu w Poznaniu; Koszalińska Orkiestra Akordeonowa AKORD; przedstawiciele Katolickiego Stowarzyszenia GPS

From Denmark: Students and staff from: St Norbert’s Catholic School, Vejle; Viborg Secondary School. From Sweden: Members of the Stockholm Diocesan Commission for Catechism. From Japan: Pilgrims from Sendai Shirayuri Women’s University, Miyagi Prefecture. From South Korea: Pilgrims from the Diocese of Taegu. From the United States of America: Pilgrims from the Diocese of Cleveland, Ohio; Pilgrims from the following parishes: Immaculate Conception, San Francisco, California; Holy Cross, San Jose, California; St Lucie, Port St Lucie, Florida; Holy Redeemer, West New York, New Jersey; Cape Henry Collegi-

ate School Choir, Virginia Beach, Virginia; students and faculty from: St John’s University Queens, New York, Rome Campus; University of Ohio, Study Abroad Experience; Franciscan University of Steubenville, Ohio; Mount St Mary’s College, Los Angeles, California; Wesleyan College, Maicon, Georgia; Christendom College, Front Royal, Virginia; The Monfort Academy, Mount Vernon, New York; The Heights School, Potomac, Maryland; Christ Episcopal School, Arden, North Carolina. Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden St. Urbanus, Birgden; St. Johannes Nepomuk, Hadamar; Herz Jesu, Ingolstadt; Seelsorgeeinheit Neckar-Aich; St. Michael, Neuhof; St. Martinus, Nottuln; St. Andreas, Wonfurt; Pfarrverband Zülpich; Pilgergruppen aus Eutin; Hanhofen; Mainburg; Osnabrück; Regensburg; Steingaden; Trier; Untergruppenbach; Arbeitsgemeinschaft Katholischer Hochschulgemeinden; Familienbund der Katholiken im Erzbistum Paderborn e.V.; Leserreise der Zeitung Unsere Kirche – Evang. Zeitung für Westfalen und Lippe; CDU Seniorenunion, Viersen; Schülerinnen, Schüler und Lehrer aus dem Gutenberg-Gymnasium, Erfurt. Aus der Republik Österreich: Pilger aus der Pfarre St. Georg, Ebbs; Pilger aus Wien; Schülerinnen, Schüler und Lehrer aus dem Gymnasium Eisenstadt. Aus der Schweizerischen Eidgenossenschaft: Pilger aus Locarno; Schülerinnen, Schüler und Lehrer aus der Berufsschule Winterthur; Firmlinge aus Pontresina. Aus der Provinz Bozen — Republik Italien: Schüler der Mittelschule «Johann Baptist Murr», Laas. De España: Peregrinación de la diócesis de Plasencia, con monseñor Amadeo Rodríguez Magro; grupo de seminaristas del Seminario diocesano de Getafe; parroquia de Sant Esteve, de Parets del Valles, Catalunya; Parroquia Corazón de María, de Las Palmas; Colegio Nuestra Señora del Carmen, de Crevillente; Colegio Santa María Hijas de Jesús, de Elche; Colegio Sagrado Corazón, de Cáceres; Instituto «La Melva», de Elda. De Argentina: grupos de peregrinos.

lana e l’occasione è stata una duplice ricorrenza: il cinquantesimo anniversario dell’elevazione della basilica a diaconia — e l’attuale diacono dal 2010 è proprio il porporato africano — e il bicentenario della nascita del fondatore dei salesiani. Proprio riflettendo sul carisma del santo piemontese, il cardinale Sarah ha fatto notare come la storia insegni «che la Chiesa non è stata mai perseguitata per le opere sociali che ha promosso, ma per l’annuncio del Vangelo, per una liberazione che inizia dal corpo e non si ferma al corpo, ma abbraccia tutto l’uomo per fare della sua vita e della sua storia, una storia di salvezza». Del resto, ha aggiunto, «portare Gesù e il suo vangelo agli uomini è la missione principale della Chiesa. Perché solo il vangelo guarisce gli ammalati, gli indemoniati e tutti quelli che sono a letto con la febbre dell’indifferenza religiosa e sono diventati schiavi di idoli moderni e spiriti malvagi». E proprio «questo invito ad annunciare il vangelo della grazia di Dio — ha sottolineato il porporato — ha spinto san Giovanni Bosco a curare i ragazzi oppressi dalla povertà, senza educazione e senza dignità di vita, né speranza». Dopo aver ricordato che fu Paolo VI nel 1965 a elevare la parrocchia di Cinecittà a diaconia cardinalizia, il celebrante ha spiegato che «tener presente il modo con il quale don Bosco ha amato il Signore, aiuta a vivere con maggior amore, fedeltà ed entusiasmo il rapporto con il Signore». Egli infatti «ha dedicato in modo unico e speciale il suo ministero sacerdotale ai giovani», offrendo «amorevole attenzione ai tanti orfani e abbandonati che incontrava per i quartieri poveri della sua città». Attualizzando il discorso, il cardinale Sarah ha evidenziato che il fondatore dei salesiani «non si è lasciato vincere dalla globalizzazione dell’indifferenza» — più volte denunciata da Papa Francesco — la quale «già iniziava a prendere piede» nell’Ottocento; al contrario «ha aperto le braccia ai bisogni di tanti ragazzi, offrendo loro la possibilità di vivere con dignità». Egli, ha aggiunto, «non riusciva a vedere i giovani abbandonati al proprio destino», obbligati «a rinunciare all’educazione scolastica, per il fatto che erano costretti a lavorare per procurarsi innanzitutto il pane quotidiano con cui sfamarsi». Infatti, «scommettere sui giovani, sulla loro retta educazione, sia culturale sia spirituale, vuol dire coltivare il desiderio di un futuro ricco di speranza e in grado di ridare all’uomo maggiore dignità». Insomma don Bosco ha preso sul serio la missione di annunciare il vangelo anche con le opere, perché — ha concluso il cardinale Sarah citando il Papa — solo «il vangelo è capace di cambiare le persone».


L’OSSERVATORE ROMANO

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giovedì 5 marzo 2015

All’udienza generale Papa Francesco parla dei nonni

Gli anziani siamo noi L’attenzione nei loro confronti segna la differenza di una civiltà «L’attenzione agli anziani fa la differenza di una civiltà»: la catechesi di mercoledì 4 marzo nel corso dell’udienza generale in piazza San Pietro è stata dedicata da Papa Francesco ai nonni. Il Pontefice si è soffermato soprattutto sulla «problematica condizione attuale degli anziani» e, a fronte di tante situazioni di abbandono e di indifferenza, ha ricordato che «l’anziano siamo noi» e che «una società senza prossimità» è «una società perversa». Cari fratelli e sorelle, buongiorno.

Grazie ai progressi della medicina la vita si è allungata: ma la società non si è “allargata” alla vita! Il numero degli anziani si è moltiplicato, ma le nostre società non si sono organizzate abbastanza per fare posto a loro, con giusto rispetto e concreta considerazione per la loro fragilità e la loro dignità. Finché siamo giovani, siamo indotti a ignorare la vecchiaia, come se fosse una malattia da tenere lontana; quando poi diventiamo anziani, specialmente se siamo poveri, se siamo malati e soli, sperimentiamo le lacune di una società programmata sull’efficienza, che conseguentemente ignora gli anziani. E gli anziani sono una ricchezza, non si possono ignorare. Benedetto XVI, visitando una casa per anziani, usò parole chiare e profetiche, diceva così: «La qualità di una società, vorrei dire di una civiltà, si giudica anche da come gli anziani sono trattati e dal posto loro riservato nel vivere comune» (12 novembre 2012). È vero, l’attenzione agli anziani fa la differenza di una civiltà. In una civiltà c’è attenzione all’anziano? C’è posto per l’anziano? Questa civiltà andrà avanti se saprà rispettare la saggezza, la sapienza degli anLuis Egidio Meléndez, «Sacra famiglia con i santi Gioacchino e Anna» (1768) ziani. In una civiltà La catechesi di oggi e quella di mercoledì prossimo sono dedicate agli anziani, che, nell’ambito della famiglia, sono i nonni, gli zii. Oggi riflettiamo sulla problematica condizione attuale degli anziani, e la prossima volta, cioè il prossimo mercoledì, più in positivo, sulla vocazione contenuta in questa età della vita.

in cui non c’è posto per gli anziani o sono scartati perché creano problemi, questa società porta con sé il virus della morte. In Occidente, gli studiosi presentano il secolo attuale come il secolo dell’invecchiamento: i figli diminuiscono, i vecchi aumentano. Questo sbilanciamento ci interpella, anzi, è una grande sfida per la società contemporanea. Eppure una cultura del profitto insiste nel far apparire i vecchi come un peso, una “zavorra”. Non solo non producono, pensa questa cultura, ma sono un onere: insomma, qual è il risultato di pensare così? Vanno scartati. È brutto vedere gli anziani scartati, è una cosa brutta, è peccato! Non si osa dirlo apertamente, ma lo si fa! C’è qualcosa di vile in questa assuefazione alla cultura dello scarto. Ma noi siamo abituati a scartare gente. Vogliamo rimuovere la nostra accresciuta paura della debolezza e della vulnerabilità; ma così facendo aumentiamo negli anziani l’angoscia di essere mal sopportati e abbandonati. Già nel mio ministero a Buenos Aires ho toccato con mano questa realtà con i suoi problemi: «Gli anziani sono abbandonati, e non solo nella precarietà materiale. Sono abbandonati nella egoistica incapacità di accettare i loro limiti che riflettono i nostri limiti, nelle numerose difficoltà che oggi debbono superare per sopravvivere in una civiltà che non permette loro di partecipare, di dire la propria, né di essere referenti secondo il modello consumistico del “soltanto i giovani possono essere utili e possono godere”. Questi anziani dovrebbero invece essere, per tutta la società, la riserva sapienziale del nostro popolo. Gli anziani sono la riserva sapienziale del nostro popolo! Con quanta facilità si mette a dormire la coscienza quando non c’è amore!» (Solo l’amore ci può salvare, Città del Vaticano 2013, p. 83). E così succede. Io ricordo, quando visitavo le case di riposo, parlavo con ognuno e tante volte ho sentito questo: «Come sta lei? E i suoi figli? — Bene, bene — Quanti ne ha? — Tanti. — E vengono a visitarla? — Sì, sì, sempre, sì, vengono. — Quando sono ve-

Voci di speranza e solidarietà Le voci di speranza dei venti sacerdoti caldei in missione tra i sessantamila cristiani della diaspora in Europa, delle donne disabili di Gaza che non si rassegnano a emarginazione e pregiudizi e dei Paesi africani di lingua portoghese che ricordano il quarantesimo dell’indipendenza, hanno caratterizzato l’udienza in piazza San Pietro. «Famiglie, giovani e vocazioni» sono le priorità pastorali per i caldei, in profonda comunione con quanti stanno soffrendo nelle loro terre di origine. Da parte loro, invece, cinque donne disabili di Gaza hanno presentato a Francesco il concreto progetto di micro imprese che le vede protagoniste di piccole realtà imprenditoriali in un contesto complesso, con un mirato sostegno internazionale. Di Africa, hanno annunciato al Papa, si parlerà il 5 e il 6 marzo nella sede della Radio Vaticana in una conferenza internazionale sul «contributo del beato Paolo VI, della Chiesa cattolica e dell’Italia nel processo d’indipendenza dei Paesi africani», con particolare riferimento a quelli di lingua portoghese. A promuovere l’iniziativa, il Centro di riflessione Africa 2000, con il Centro angolano de estudos Populorum progressio e la Pontificia Università Antonianum. A Francesco è stata donata anche l’edizione completa, composta da trenta volumi, dell’opera del gesuita portoghese Antonio Vieira, missionario in Brasile nel Seicento.

Significativa, poi, la presenza dei rappresentanti della Casa di solidarietà San Zenone che, a Lodi, accoglie centosessantacinque ragazzi africani richiedenti asilo nel territorio italiano. Tra gli argentini, Marcela Lanusse ha presentato a Francesco un’immagine mariana. Presente, tra gli altri, Julia Echalecu, responsabile del museo della basilica di Luján. Inoltre, i contenuti di «un nuovo patto tra infermieri e cittadini» sono stati illustrati al Papa da una delegazione dei partecipanti al congresso nazionale della federazione dei collegi Ipasvi. Da parte degli infermieri, è la convinzione della presidente Annalisa Silvestro, c’è appunto «la volontà di una costante presenza professionale a fianco dei cittadini, basata sulla consapevolezza del proprio valore e sulla volontà di rafforzare un patto strutturato su un impegno ampio e responsabile». Prima dell’udienza, accanto all’aula Paolo VI, Francesc0 ha benedetto uno dei quattro bus a bordo dei quali alcuni giovani gireranno per tutta l’Europa in missione di evangelizzazione, nella prospettiva della Giornata mondiale della gioventù che si svolgerà a Cracovia nel 2016. E sempre dalla città polacca è stata portata al Papa la prima pietra per una nuova struttura ospedaliera destinata a bambini ammalati di tumore.

nuti l’ultima volta?». Ricordo un’anziana che mi diceva: «Mah, per Natale». Eravamo in agosto! Otto mesi senza essere visitati dai figli, otto mesi abbandonata! Questo si chiama peccato mortale, capito? Una volta da bambino, la nonna ci raccontava una storia di un nonno anziano che nel mangiare si sporcava perché non poteva portare bene il cucchiaio con la minestra alla bocca. E il figlio, ossia il papà della famiglia, aveva deciso di spostarlo dalla tavola comune e ha fatto un tavolino in cucina, dove non si vedeva, perché mangiasse da solo. E così non avrebbe fatto una brutta figura quando venivano gli amici a pranzo o a cena. Pochi giorni dopo, arrivò a casa e trovò il suo figlio più piccolo che giocava con il legno e il martello e i chiodi, faceva qualcosa lì, disse: «Ma cosa fai? — Faccio un tavolo, papà. — Un tavolo, perché? — Per averlo quando tu diventi anziano, così tu puoi mangiare lì». I bambini hanno più coscienza di noi! Nella tradizione della Chiesa vi è un bagaglio di sapienza che ha sempre sostenuto una cultura di vicinanza agli anziani, una disposizione all’accompagnamento affettuoso e solidale in questa parte finale della vita. Tale tradizione è radicata nella Sacra Scrittura, come attestano ad esempio queste espressioni del Libro del Siracide: «Non trascurare i discorsi dei vecchi, perché anch’essi hanno imparato dai loro padri; da loro imparerai il discernimento e come rispondere nel momento del bisogno» (Sir 8, 9). La Chiesa non può e non vuole conformarsi ad una mentalità di insofferenza, e tanto meno di indifferenza e di disprezzo, nei confronti della vecchiaia. Dobbiamo risvegliare il senso collettivo di gratitudine, di apprezzamento, di ospitalità, che facciano sentire l’anziano parte viva della sua comunità. Gli anziani sono uomini e donne, padri e madri che sono stati prima di noi sulla nostra stessa strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per una vita degna. Sono uomini e donne dai quali abbiamo ricevuto molto. L’anziano

I saluti ai gruppi di fedeli

Memoria e saggezza Nel saluto ai gruppi di fedeli presenti all’udienza generale in piazza San Pietro, il Papa è tornato sul tema della catechesi e ha invitato a rispettare «i nostri anziani», che «sono la nostra memoria e la nostra saggezza». Saluto cordialmente i pellegrini di lingua francese, in particolare i sacerdoti caldei d’Europa, accompagnati da Mons. Ramsi Garmou, e i numerosi gruppi di giovani. Vi invito tutti a farvi vicini alle persone anziane che vi circondano e di far sentire loro il vostro affetto, la vostra stima e la vostra riconoscenza. Sappiate approfittare della loro esperienza e della loro saggezza. Buon pellegrinaggio. Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Gran Bretagna, Austria, Danimarca, Svezia, Giappone, Corea e Stati Uniti d’America. Su voi e sulle vostre famiglie invoco la gioia e la pace nel Signore Gesù. Dio vi benedica! Con gioia saluto i pellegrini e visitatori provenienti dai paesi di lingua tedesca. Uno speciale benvenuto rivolgo ai vari gruppi scolastici e all’Associazione delle Katholische Hochschulgemeinden in Germania. Il vostro pellegrinaggio a Roma vi confermi nella fede e vi faccia sperimentare la comunione della Chiesa Universale. Lo Spirito Santo vi colmi di sapienza e di gioia. Saludo a los peregrinos de lengua española venidos de España, México, Venezuela, Argentina y otros países latinoamericanos. Queridos hermanos, recordemos hoy a los ancianos especialmente a los que están más necesitados, que viven solos, que están enfermos, dependientes de los demás. Que puedan sentir la ternura del Padre a través de la amabilidad y delicadeza de todos. Muchas gracias. Con grande affetto saluto i pellegrini di lingua portoghese, augurando a voi tutti di rendervi sempre conto di

quanto la vita sia davvero un dono meraviglioso. Vegli sul vostro cammino la Vergine Maria e vi aiuti ad essere segno di fiducia e di speranza in mezzo ai vostri fratelli. Su di voi e sulle vostre famiglie scenda la Benedizione di Dio. Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, rispettiamo i nostri anziani, loro sono la nostra memoria e la nostra saggezza. Il Signore vi benedica! Un cordiale saluto rivolgo ai pellegrini polacchi. San Giovanni Paolo II ha osservato che «la cosiddetta terza o quarta età è spesso deprezzata, e gli anziani stessi sono indotti a domandarsi se la loro esistenza sia ancora utile» (...), mentre — continua il santo — «la comunità cristiana può ricevere molto dalla serena presenza di chi è avanti negli anni. (...) Gli anziani capaci di infondere coraggio mediante il consiglio amorevole, la silenziosa preghiera, la testimonianza della sofferenza accolta con paziente abbandono (...) diventano più preziosi nel disegno misterioso della Provvidenza» (Lettera agli anziani). Fino a qui San Giovanni Paolo II. Ringraziamo il Signore per i nostri nonni, e chiediamo per loro una particolare Benedizione. Sia lodato Gesù Cristo! Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Saluto i docenti e gli studenti della Pontificia Università Salesiana che ricordano il bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco; i diaconi della Arcidiocesi di Milano e i numerosi soci del Ro-

tary Club. Saluto i fedeli di Anzio, che celebrano l’anno dedicato a Papa Innocenzo XII; l’AID O di Vigevano nel 40° di fondazione, e i disabili di Mondovì accompagnati dal Vescovo Mons. Luciano Pacomio. Cari amici, il nostro tempo, segnato da tante ombre, sia sempre illuminato dal sole della speranza, che è Cristo. Egli ha promesso di restare sempre con noi e in molti modi manifesta la

non è un alieno. L’anziano siamo noi: fra poco, fra molto, inevitabilmente comunque, anche se non ci pensiamo. E se noi non impariamo a trattare bene gli anziani, così tratteranno noi. Fragili siamo un po’ tutti, i vecchi. Alcuni, però, sono particolarmente deboli, molti sono soli, e segnati dalla malattia. Alcuni dipendono da cure indispensabili e dall’attenzione degli altri. Faremo per questo un passo indietro?, li abbandoneremo al loro destino? Una società senza prossimità, dove la gratuità e l’affetto senza contropartita — anche fra estranei — vanno scomparendo, è una società perversa. La Chiesa, fedele alla Parola di Dio, non può tollerare queste degenerazioni. Una comunità cristiana in cui prossimità e gratuità non fossero più considerate indispensabili, perderebbe con esse la sua anima. Dove non c’è onore per gli anziani, non c’è futuro per i giovani.

Nomine episcopali Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Brasile e in Messico.

Joaquim Wladimir Lopes Dias vescovo di Colatina (Brasile) Nato il 23 ottobre 1957 a Cafelândia, diocesi di Lins, Stato di São Paulo, dopo gli studi preparatori svolti nella città natale e a Bauru, ha ottenuto il baccalaureato in amministrazione aziendale presso la facoltà di scienze economiche e Amministrazione di Jundiaí. Entrato nel seminario Nossa Senhora do Desterro della diocesi di Jundiaí, vi ha seguito i corsi di filosofia. Quindi ha compiuto gli studi di teologia presso l’Istituto teologico salesiano Pio XI a São Paulo. Il 12 dicembre 1997 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale per il clero della diocesi di Jundiaí, nella quale è stato vicario parrocchiale di São Sebastião a Itupeva (1997-1998); coordinatore diocesano del movimento Cursilhos de Cristandade (1997-1998); parroco di São Francisco de Assis a Campo Limpo (1999-2000); parroco di Nossa Senhora da Piedade a Várzea Paulista (2001-2002); vice-rettore (2003-2006) e rettore del seminario diocesano Nossa Senhora do Desterro (2006-2009); vicario generale (2006-2009 e 2010-2011), amministratore diocesano (2009). Il 21 dicembre 2011 è stato nominato vescovo titolare di Sita e ausiliare dell’arcidiocesi di Vitória, ricevendo l’ordinazione episcopale il 4 marzo 2012. Dal 14 maggio 2014 era amministratore apostolico della diocesi di Colatina.

Jorge Cuapio Bautista ausiliare di Tlalnepantla (Messico) sua presenza. A noi il compito di annunciare e testimoniare il suo amore che ci accompagna in ogni situazione. Non stancatevi, pertanto, di affidarvi a Cristo e di diffondere il suo Vangelo in ogni ambiente. Saluto i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. Cari giovani, il cammino quaresimale che stiamo percorrendo sia occasione di autentica conversione perché possiate giungere alla maturità della fede in Cristo. Cari ammalati, partecipando con amore alla stessa sofferenza del Figlio di Dio incarnato, possiate condividere fin d’ora la gioia della sua risurrezione. E voi, cari sposi novelli, trovate nell’alleanza che, a prezzo del suo sangue, Cristo ha stretto con la sua Chiesa, la base del vostro patto coniugale.

Nato in Santa Ana Chiauhteman, nello Stato di Tlaxcala, il 6 aprile 1967, dopo gli studi nel seminario di Tulantongo ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 15 agosto 1992, per la diocesi di Texcoco. Appartiene alla comunità dei missionari di Nostra Signora del Sacro Cuore. Ha ottenuto la Licenza in filosofia presso l’Universidad Popular Autónoma del Estado de Puebla. È stato vicario parrocchiale, professore nel seminario e parroco di San Salvador e San Bartolome Apóstol e vicario episcopale zonale per la sesta vicaria e successivamente vicario episcopale della pastorale e membro del collegio di consultori. Tra il 2012 e 2014 ha seguito i corsi e conseguito la licenza in scienze della famiglia presso l’Istituto Giovanni Paolo II, in Roma. Attualmente collaborava con la parrocchia di Santa Isabel Ixtapan.


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