Cronaca del convento di Sant'Arcangelo a Bajano_Estratto

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Cronaca del convento di

Sant’Arcangelo a Bajano Vita di clausura tra sesso e passioni nella Napoli del ’500 prefazione di Stendhal


indice

prefazione introduzione note

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Cronaca del convento di Sant’Arcangelo a Bajano

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prefazione di

stendhal

Verso il 1350 Petrarca fece nascere in Italia la moda dei manoscritti antichi. Ed è per questo che furono conservati anche i manoscritti contemporanei, in un secolo in cui saper leggere e scrivere era una vergogna in Francia fra le persone come si deve. Perciò nel 1839 ci sono tanti tesori nelle biblioteche italiane. Dovete notare inoltre che essendo l’Italia per sua fortuna divisa in tanti piccoli Stati i cui capi erano pieni di sagacia, l’ambasciatore di Venezia a Firenze si faceva beffe di ciò che avveniva a Firenze cosi come l’ambasciatore dei Medici a Venezia prendeva in giro ciò che faceva il Doge. Ma è accaduta una cosa bizzarra da quando in Francia sono state istituite, bene o male, le due Camere, in seguito alle vittorie di Napoleone che hanno riempito d’entusiasmo gli Italiani dando loro per qualche anno una patria; da quando soprattutto l’Italia intera studia notte e giorno la storia della rivoluzione francese di Thiers, i sovrani legittimi 7


d’Italia si sono messi in testa che è nel loro interesse non permettere che si frughi negli archivi. Notate bene che i ragionamenti politici del 1500 sono assolutamente ridicoli, perché a quell’epoca nessuno aveva ancora pensato di far votare le tasse dai deputati eletti da quelli che devono pagarle e c’era per di più la convinzione che ogni buona politica dovesse trovarsi nelle opere del divino Platone, che erano allora tradotte piuttosto male. Ma gli uomini di quell’epoca e quindi anche gli scrittori, che non erano degli accademici che ambiscono a un premio Monthion, erano pieni di un’energia feroce, sapevano bene cosa significasse vivere in una cittadina, sotto gli occhi di un tiranno che ha appena schiacciato una repubblica, e sapevano cosa significasse essere da lui conosciuti personalmente. Non si dovranno quindi cercare ragionamenti accettabili negli archivi d’Italia, dove oggi si può penetrare se si gode di qualche protezione, ma unicamente qualche verso sublime alla Michelangelo e alcuni fatti che gettano una luce singolare sulle profondità del cuore umano. Perché il governo piu barocco e piu infame ha questo di buono: che fornisce intuizioni illuminanti sul cuore umano che si cercherebbero invano nella giovane America dove tutte le passioni si riducono piu o meno al culto del Dollaro. 8


Fra gli archivi, quelli dove sarei piu curioso di essere ammesso se potessi spacciarmi per un innocuo e civilissimo erudito che cerca soltanto manoscritti Greci, sono gli archivi dei tribunali tenuti dai vescovi, la cui autorità è impallidita solo ai nostri giorni e davanti all’astro di Napoleone.

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introduzione

La città di Napoli è divisa quasi nel mezzo da una strada molto stretta, dal piede del colle di San Martino fino a Porta Nolana. Lasciando la piazza del Gesù Nuovo1 e lasciando a dritto la Chiesa di S. Chiara, si comincia a conoscere l’antica città dai grandi e bruni palazzi, dai muri dei conventi alti come quelli delle fortezze, e dai tempii gotici sormontati dai campanili. L’immaginazione colpita da questi avanzi del medio evo, s’arresterebbe con soddisfazione e piacere alla ricordanza di epoca così sublime, se altri oggetti ancor più antichi non venissero a sorprenderla e ricordarle che essi hanno veduto il dominio delle colonie fenicie e greche, quello dei Romani, dei Barbari e dei duchi greci di Bisanzio. Più lungi vi è la piazza di Nilo2. Una statua s’offre ai vostri occhi: rappresenta il fiume Nilo. L’iscrizione che l’accompagna ed il piano inclinato della strada verso il mare, tutto annunzia la baia ed il 11


porto ove arrestaronsi i primi navigatori d’Alessandria. Giunto alla strada Forcella o dei Librai, questa è l’antica valle greca della quale una parte occupava la collina che domina il mare e l’altra stendevasi dal seno partenopeo a Porta Nolana. Per conoscere Palepoli3 salite a sinistra di questa strada, e dopo aver passati molti portici anneriti dal tempo ed ai quali sono imposti massicci palazzi, vi si mostreranno gli avanzi del teatro sul quale declamò Nerone, nella strada Anticaglia. Arriverete subito alla più larga piazza di Napoli della quale il nome ci ricorda la città fortificata Carbonara. La chiesa che domina questa strada tiene la tomba dei re angioini. La storia dice essere questo il luogo ove accaddero le giostre e i tornei dei re aragonesi, alle quali assistettero Petrarca e Boccaccio. Poco appresso giace l’acquidotto per il quale Belisario, ed Alfonso I, nove secoli dopo, sorpresero la città. Questa strada finisce con la Porta Capuana e con Castel Capuano, antica residenza dei re spagnuoli4, la cui villa era fuori questa porta e si estendeva nel solitario piano di Poggio Reale5. Le acque del fiume Rubolo ne bagnavano ed alimentavano le fontane. Il fiume è scomparso, il suo letto ove scorrevano le acque limpide si è tramutato in guazza fangosa, ed i monumenti che ornavano quella via sono ruderi. Questa pianura desta terribili ricordanze, ed ogni 12


qualsiasi italiano non può traversarla senza provare emozioni profonde e varie. Là sonovi i due cimiteri del paese e la Madonna del Pianto, cappella edificata in commemorazione della peste che distrusse l’esercito francese comandato da Lautrec, quando assediava la città difesa dagli Aragonesi. È duopo lasciar questo luogo e le sue triste ricordanze per entrare nell’interno della città. A dritta della strada Forcella voi trovate il Gesù Vecchio6, e se entrate nell’edifizio dell’Università vi vedrete le fondamenta d’un forum antico. Intendete le orecchie allorché tutto è in silenzio e sarete meravigliato dall’udire nel silenzio della notte il fragore spaventevole d’un canale del quale le acque venendo dall’altra estremità della città, vanno a perdersi nel centro della terra e ricordano la favola di Scilla. Gli avanzi dei Ponti rossi ai piedi della strada di Capodimonte, gl’immensi serbatoi sotterranei nella strada Fontanelle a Porta Capuana, ed il resto di canali che si scoprono sulla nuova strada di Posilipo e Pozzuoli dicesi che furono l’opera degli schiavi romani e forse dei Lestrigoni e dei Cimmeriani, ai quali si attribuisce quel capolavoro della grotta di Posilipo. Il cammino sotterraneo che seguivano le acque è restato ignorato fino ai nostri giorni, e resta un segreto che la scienza dell’uomo non può penetrare e presso del quale il suo spavento s’arresta. 13


Tornando sulla sinistra del teatro di Nerone, una iscrizione situata dai Viceré su queste tristi mura colpirà i vostri sguardi: Qui non si alloggiano nè donne di partito nè studenti: singolare classificazione che mettea nello stesso ordine le prostitute e i giovani il cui ingegno poteva qualche volta spaventare un governo come quello di Napoli. A dritta della stessa strada troverete due colonne che vi ricordano il monumento innalzato a Castore e Polluce. Ora adornano il tempio dei due primi Apostoli de’ Vangeli7. La chiesa di S. Lorenzo, senza abbandonare questa piazza, risveglia le ricordanze dei parlamenti convocati dalla nazione sotto le prime dinastie, e la campana che contiene questo nero campanile sollevò il popolo contro gli Spagnuoli e dichiarò Masaniello generale della repubblica. Le riflessioni che in noi fa nascere il destino di questo pescatore, monarca per poche ore, verrebbero ad assediarci in folla, se la vista del tempio d’Arione e quello di Antinoo, convertito in chiesa di S. Giovanni Maggiore, non porterebbe le vostre idee a tempi più remoti. Il golfo partenopeo era chiamato nel secolo XI la Baia, e la torre di Falero lo dominava sulla sinistra. Le terre accumulate a poco a poco riempirono questa baia, ne fecero una stradetta tra le acque e le case, sulla quale fu in seguito innalzato il quartiere che ancora si chiama del Pendio o Pendi14


no, e qualche casa stabilita dai marinai e dai rigattieri che restarono un poco lontani dalla città ebbero il nome di vico, alle quali s’aggiunsero quelli della Baia e perciò restogli il nome di Vico Bajano. Più tardi questo vico fu abitato da donne viventi d’un mestier vergognoso. La lontananza di questo luogo solitario dal centro della città le fece rimanere colà molto tempo, ed in appresso accadde che per quelle bizzarre vicende che convertono in chiese cristiane i templi degli Dei dei Gentili, s’edificò in questo luogo di prostituzione un ritiro o chiostro per le dame nobili, sotto la protezione di San Benedetto. Dalla metà del secolo XI fino al possesso della dinastia d’Angiò sul trono delle Sicilie questo quartiere fu chiamato Laurea-Baiana8, ed il re Carlo I, prendendo affezione per queste dame, ritirate dal mondo, fece per loro costruire un convento regolare, isolato da tutte le parti, situato su d’una bella piazza avanti la porta maggiore della chiesa, con un giardino interno e delle logge; assegnò loro ricche rendite, e volle questo ritiro fosse illustrato dalla nobiltà e dalle virtù delle dame che vi si chiudevano. Questo convento prese il nome di casa di Carlo, quello cioè del fondatore, e la chiesa fu dedicata a S. Michele Arcangelo, patrono della casa di Angiò. Così questo luogo, consacrato alla virtù, divenne una dipendenza antica diretta dal Gran Limosinie15


re di Corte; sotto Carlo V solamente passò in giurisdizione dell’Arcivescovo di Napoli, ma chiamavasi sempre il convento di Bajano9. Alla dominazione normanna s’introdussero le leggi claustrali in tutto il loro vigore. I voti che pronunziavano alcune donne pie erano temporanei e rinnovellavansi ogni anno coll’arbitrio di poter scegliere uno stato che avesse potuto meglio convenire a loro. Queste donne dunque vivevano in una specie di franchigia religiosa che riuniva, come le canonichesse di Alemagna, i vantaggi della società alle convenienze di una vita pura ed edificante, portavano il titolo di oblate (presentate), vivevano in una certa distanza dal mondo, e potevano rientrarvi quante volte le ne veniva il desiderio. La privazione d’ogni contatto colla società non irritava i loro sensi, e la loro immaginazione lungi dallo smarrirsi all’idea della solitudine, faceva loro guardare con piacere la possibilità di ricomparire nel mondo. L’interno di questo monastero era per tali ragioni un soggiorno di decenza e di ordine, ove regnava quella dolcezza piacevole che accompagna il cristianesimo e che è un tipo poetico della morale ed una qualità inapprezzabile presso le donne. Alla mancanza d’un sentimento più tenero la confidenza e l’amicizia regnava fra queste dame delle quali la virtù si sarebbe opposta all’idea d’ogni mondana passione10. 16


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