Pizza&core n 85

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Anno XV - n° 85

Euro 2,50 • Poste Italiane • Sped. in a. p. 45% • art. 2 comma 20/b legge 662/96 • Aut. DCO/DCBA 23/2003 del 23/01/2003 • Tassa riscossa • ANNO X • Edizione bimestrale • Contiene I.P.

Il magazine dedicato al mondo della pizza e della ristorazione

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n.85 GEN-FEB

2017

mo a e r d n ? a Dove re la pizza ia mang illatura p s a t t perfe Birra: iù hub p e r p erie sem t t e n a P indi u q l a soci Sono o io sol g n a m



A

utorevoli esperti affermano che il successo di un locale, di uno chef o più semplicemente di un ristoratore o di un pizzaiolo, passa attraverso la loro capacità di raccontare la qualità dei prodotti e delle pietanze che servono. Questa metodologia di comunicazione si chiama Storytelling. Un sistema che usa la narrazione come mezzo per inquadrare gli eventi della realtà (nel nostro caso un buon piatto o un’ottima pizza) e narrarla attraverso una forma emozionale finalizzata a supportare e rafforzare quella che è la realtà e ovviamente ad esaltare la qualità del cibo che si sta fornendo ai propri clienti. La prima forma di Storytelling legata alla pizza la si deve sicuramente e inconsapevolmente a Raffaele Esposito, pizzaiolo napoletano di fine ‘800 che ebbe la fortuna di sfornare la famosa pizza per la regina Margherita di Savoia: era l’8 Giugno del 1889. Ebbene, in virtù di quell’accadimento il buon Raffaele, insieme alla moglie Rosa Brandi, costruì una storia per i suoi clienti

ai quali raccontava l’esperienza vissuta a corte e di come la Regina d’Italia avesse apprezzato la pizza, all’epoca considerato un piatto per poveracci. Il processo d’identificazione che quello Storytelling scatenò fu straordinario se si considera che, ancora oggi, la pizza alla Margherita è quella più desiderata e richiesta. Da allora la regola non è cambiata visto che cuochi, ristoratori e anche pizzaioli famosi usano lo Storytelling per far crescere la propria fama, valorizzare al meglio i prodotti e fidelizzare i propri clienti. Spesso il successo o l’insuccesso di un locale passa attraverso la capacità di narrare la propria storia e la storia di quanto si cucina. I mezzi per comunicare al meglio ci sono: dal menù all’insegna, alla pagina facebook, agli arredi, ai quadri alle pareti. Oppure quello che dirà il cameriere, (spesso muti o a volte inutilmente e dannosamente chiacchieroni) o quanto potrà dire il gestore quando striscerà la carta di credito per incassare il conto. Anche in questi casi, molte volte, il silenzio è imbarazzante e non va

oltre uno scontato e banale grazie e buonasera. Peccato, perché anche le meraviglie di una semplice pizza, gli straordinari ingredienti con cui è possibile farcirla, si prestano sicuramente a racconti coinvolgenti e gustosi. Ma per raccontare bisogna conoscere, bisogna studiare, carpire i segreti di quel cibo, occorre coglierne l’anima e l’essenza. Poi è necessario prepararlo al meglio e infine narrarlo: l’emozione del racconto andrà a completare e rafforzare l’emozione del gusto. In questo modo il cliente vivrà una “esperienza” unica e irripetibile e sarà, scusate se è poco, conquistato, per sempre. Giuseppe ROTOLO 3



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Questo Numero 03 09

Editoriale

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Il volto delle aziende: Dietro ogni macchina Novaltec c’è un’azienda che investe...

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imPastiAmo: Il panzerotto

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PizzaChef: Giuseppe Paduano

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mercatoetendenze: Panetteria sempre più hub per il food a 360 gradi

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Locali: La Trattoria di Pizz@more e Università della Pizza

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Locali: Quando la pizzeria da asporto ha un valore aggiunto: il pizzaiolo

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Pubbliredazionale: Il bello del buono con Molini Spigadoro

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Eventi: Ilaria Bertoli vincitrice del #TiPortaLontano

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Eventi: Pizze da mangiare con gli occhi

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Eventi: Tirreno Ct e Balnearia

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La Provocazione: “Sono social, quindi mangio solo”

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In agenda

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I nostri partner

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Abbonamento e gerenza

PRIMO PIANO: Dove andremo a mangiare la pizza?

dalMondo: Evgenia Federova: ecco la prima pizzeria al mondo firmata “Scrocchiarella”

nonSolopizza: Focaccia Genovese

mondoHo.Re.Ca: Cena: straordinaria esperienza gestireiltuolocale: “00”7 licenza di uccidere? berebeneinpizzeria: Doretta Birretta e la perfetta spillatura

Pubbliredazionale: Vesuvio la farina ideale per la vera pizza napoletana

Eventi: Pizza e gonfiore: è davvero colpa del lievito di birra?

Eventi: Non sei stato a Sigep e AB Tech expo?

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primo piano a cura di Giuseppe ROTOLO

Dove andremo a mangiare la pizza? 9


I

n cinque anni la crisi ha tagliato quasi 14mila ristoranti: dopo questo quinquennio sofferto, però, ci sono dati di ripresa, stando alle elaborazioni di Fipe-Confcommercio, diffuse durante Food&Wine in Progress. Grazie alla ripresa dei consumi fuori casa, il settore sta tirando un respiro di sollievo aprendo anche la porta all’occupazione: fra cuochi, camerieri, baristi, pasticceri, gelatieri artigianali, spiega Fipe-Confcommercio, le assunzioni aumentano. La stabilità lavorativa in questo comparto, è possibile e concreta: il 76%, più di 8 su 10 assunti, ha un contratto a tempo indeterminato, il 18% lavora con un contratto a tempo determinato, solo la rimanente parte è stagionale. Ricapitolando, la ristorazione (come più volte detto sulle nostre pagine) è riuscita a tenere duro e si guarda al 2017 con positività. Ma una domanda dobbiamo

con aggiunta di servizio da asporto (take away). Sempre dai dati Fipe sappiamo che dei circa 76 miliardi di euro di spesa delle famiglie nel canale Horeca, 9,5 miliardi di euro sono finiti nelle casse delle pizzerie. Il prodotto pizza, quindi, come si dice in gergo “tira”: i motivi sono tanti e noti. 1) È prima di tutto un classico della tradizione italiana, un classico che non solo sopravvive fuori casa (nonostante la diffusione di prodotti per il canale domestico come basi pronte, surgelati, o semplicemente ricettari e ricette per pizze fatte in casa, suggeriti in TV o sui SN dagli stessi pizzaioli), ma troneggia nel fuori casa. 2) È un prodotto ancora conveniente, sebbene in alcune città, complice anche il prezzo di alcune pizze gourmet, il prezzo medio sfiori gli 11 euro (per esempio a Venezia o Cuneo o Varese) . 3) È un prodotto ritenuto, a ragione, salutare, nono-

“ La ristorazione è riuscita a tenere duro e si guarda al 2017 con positività. Una domanda dobbiamo ancora farla: ma nel frattempo, com’è cambiata? E in particolare il prodotto pizza che ruolo ha avuto e ha in questo cambiamento?” ancora farla, e non limitarci a leggere che i dati segnano ripresa: la ristorazione ha guadato il fiume della recessione superando l’ostacolo, ma nel frattempo, com’è cambiata? E in particolare il prodotto pizza che ruolo ha avuto e ha in questo cambiamento? Pizza e pizzeria: un mondo complesso Sappiamo dai dati Fipe che le pizzerie sono all’incirca così segmentate: 11mila esercizi solo da asporto, 14mila pizzerie specializzate, 12mila esercizi cosiddetti integrati cioè che fanno ristorazione mista somministrando anche pizza, 11.500 pizzerie integrate 1 0

stante un po’ di bruciacchiatura possibile, sottolineata da trasmissioni televisive, ma non da demonizzare di certo, ed escludendo quelle fatte non a regola d’arte, senza una buona lievitazione e senza materie prime di qualità. La pizza è versatile: oltre alle classiche, sempre le più gettonate, si presta a diverse interpretazioni, napoletana, romana, trancio, pala, metro, bassa e croccante, con cornicione alveolato, Margherita o gourmet. 4) È un prodotto sia da tavola che da asporto, per tutti i consumi, abitudini e portafogli. 5) La pizza è un prodotto talmente flessibile e vin-


cente che non a caso ormai è il jolly di molte attività, e sempre più è presente nel canale bar, tanto che molte aziende hanno individuato in questo canale uno sbocco per attrezzature, format di preparazione e vendita, preparati pronti o semilavorati. Possiamo dire che intorno alla pizza e alla pizzeria c’è un mondo in continua evoluzione che ibrida, cioè mescola e ricrea le occasioni e i punti di consumo. Pizza e commercio Non sono più novità, stanno diventando quasi una regola, soprattutto se parliamo di attività aperte di recente e soprattutto in grandi città. L’abbinamento somministrazione di alimenti e commercio di alimenti è molto diffuso: ristoranti, panetterie, baghetterie e anche pizzerie, sempre più hanno un angolo “shop”, un settore dove chi consuma può anche acquistare prodotti, per la maggior parte gli stessi usati per la preparazione della pietanza consumata. Rientra in questa casistica dei format evoluti anche la pizzeria o quelle attività che somministrano anche

pizza. Da un lato il tavolo dove il cliente si siede e mangia, dall’altro lato gli scaffali con prodotti spesso annoverabili fra i “tipici”. Anche una catena come Rossopomodoro ha voluto usare questo connubio, sebbene l’angolo “store” sia una piccola parte del locale e il fatturato derivi soprattutto dalla pizzeria. In altre circostanze, però l’incrocio fra somministrazione e shop è molto più evidente e bilanciato. Pizza e panetteria Oramai non c’è panetteria che non proponga anche la pizza. Fra casereccio, panino, rustico e sostituti del pane, la pizza, il pizzone (o ruota) o la pizza al taglio o al metro aggiunge valore all’attività, incrementando le vendite. I panettieri, insomma, si avvicinano con più o meno successo al mondo dei cugini pizzaioli, acquistando competenze sul settore pizza e soddisfacendo la propria clientela. 1 1


Pizza e Bar Pausa pranzo: pizza o panino e bevanda. Ormai un vero must, un classico: accanto all’hamburger non manca il trancio oppure il triangolo da gustare con una birra o una cola. Sulla qualità della pizza somministrata in canali diversi dalla pizzeria, il mondo è vasto e vario. Di certo moltissime sono le soluzione proposte per questo canale, e in questo articolo specifico non entreremo nel merito, ma vogliamo giusto darvi un’idea del business della pizza nel canale bar o ristorazione veloce. Pensiamo a realtà come A’PizzaPollo, una base pronta con fettina di pollo annessa, da cuocere in forno o tostiera, senza glutine e senza olio di palma. Pensiamo alle varie basi o palline surgelate, che permetto-

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no anche al non professionista di sfornare una pizza, magari con impasti alternativi al classico impasto con 00. Pensiamo alle basi sottovuoto, anche quelle senza glutine, che incontrano le esigenze di una somministrazione sicura e che possono andare incontro al non professionista della pizza. Poi abbiamo diversi format che possono incasellarsi in qualsiasi tipo di locale, anche il bar, come U- Tube che offre basi, strumenti di cottura, nonché presentazione e merchandising o ancora a Johnny Pizza Portafoglio, franchising che con la sua Ape Car con forno tradizionale annesso, fornitura di materie prime nella tradizione napoletana e affiancamento di tecnici pizzaioli, può annettersi ad un qualsiasi tipo di locale, anche bar (fuori, ma persino dentro le mura) oltre che essere pizzeria itinerante.



a cura di M. Iodice

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ietro un prodotto non c’è un mero lavoro meccanico, c’è un’azienda che è fatta da persone che collaborano ogni giorno per arrivare a degli obiettivi seguendo una visone d’insieme. È quest’insieme di fattori umani che permette di arrivare a dei risultati e ad un successo sul mercato. In Novaltec questo non è solo un concetto da manuale, ma un modo di pensare, fare ed essere che Pieran-

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Dietro ogni macchina Novaltec c’è un’azienda che investe sul futuro gelo Maren ha concretizzato nel suo ruolo di imprenditore. Nel ‘94 ha dato alla luce e fatto crescere questa realtà veneta che negli anni s’è allargata coprendo il mercato italiano e alcuni importanti piazze estere. Quanti clienti contate oggi? «28mila clienti. Abbiamo realizzato un +20% nel 2016 e venivamo già da una crescita del +11%. Le nostre macchine sono ottime, e il successo deriva


da tutto il gruppo: progettazione, marketing, vendita. Proviene dalle persone con il proprio lavoro e le proprie competenze». Quante persone lavorano in azienda? «72 persone, le ultime sette le abbiamo assunte nel 2016 perché Novaltec è cresciuta. Sono entrate in organico professionisti altamente specializzati; abbiamo fatto una vera “campagna acquisti”, se la raccontiamo nei termini calcistici. Dopo il consolidamento della linea professionale di macchine per la pulizia e igienizzazione abbiamo aperto una nuova linea dedicata al settore industriale. Inoltre, ci siamo affacciati all’estero in modo strategico, toccando non solo Paesi d’Europa, ma anche India, Emirati Arabi solo per fare degli esempi». Dietro ogni macchina firmata Novaltec chi c’è? «C’è lo staff tecnico, due progettisti, 1 ingegnere, 1 ufficio tecnico, 1 esperto di elettronica e uno di elettromeccanica. Ma ci sono anche i responsabili delle linee produttive, e ci sono le altre figure che costituisco parte importante per immettere, promuovere e vendere sul mercato i nostri macchinari e per tutti gli aspetti di gestione e amministrativi. La nostra sede è a Venezia, i nostri punti vendita a Savona, Ancona, Bari». La tua figura, in questo processo aziendale, come la descriveresti? «Sono lo stratega. Cioè quello che dovrebbe fare un imprenditore, il quale analizza, capisce, investe e mette in atto delle strategie. Io ho iniziato nel ‘94 dopo che, facendo il venditore di macchine per la pulizia, ho compreso le esigenze e i problemi che incontravano gli utilizzatori e ho creato con gli ingegneri il prototipo di una nuova macchina performante. Funzionava e l’abbiamo prodotto, migliorato nel tempo e ampliato

la gamma con diverse linee di generatori di vapore per pulizia professionale ed industriale. Quando ho iniziato ho fatto di tutto: sono stato in produzione, facevo fatture, vendevo, facevo marketing, quando si inizia in piccolo è così, ma quell’esperienza ti fa conoscere a fondo tutti quei campi che svilupperai poi in futuro e saranno seguiti da altri a cui delegherai. Per me è importante innovare e investire tanto in tecnologia quanto sulla formazione professionale che sul benessere delle persone. Chi lavora qui è gente di alto profilo e che in azienda ha la possibilità di dare il massimo professionalmente, ma riceve anche». Puoi raccontarci più nel dettaglio cosa intendi per ricevere? «Facciamo corsi d’inglese, abbiamo l’asilo per i figli dei nostri dipendenti, curiamo la mensa, c’è la palestra: c’è un bell’ambiente, perché è importante ricevere il giusto compenso per il proprio lavoro quando svolto al meglio, ma è importante anche stare bene nel posto in cui si va a lavorare ogni giorno». Da dove nasce questa tua visione dell’ambiente lavorativo? «Semplicemente io ho lavorato meglio e ottenuto più risultati quando stavo in posti nei quali mi sentivo sereno. Così, nella mia azienda ho traslato la mia esperienza, creando un posto bello in cui io stesso posso entrare con il sorriso. Abbiamo la filosofia della startup, innovare in tecnologia, in formazione, in marketing, investire sulle competenze e sul team; come in tutte le aziende non va sempre tutto liscio, ma se siamo cresciuti così tanto vuol dire che le cose che vanno bene sono molte di più di quelle che non abbiamo indovinato. Quindi? Ok andiamo avanti, troviamo le soluzioni e andrà sempre meglio!».

Novaltec Group s.r.l. - Gardigiano di Scorzè (Ve) - tel 041/449.490 - www.novaltecgroup.it

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Evgenia Fedorova: ecco la prima pizzeria al mondo firmata “Scrocchiarella” 1 6

È

a Mosca il primo ristorante-pizzeria al mondo firmato “Scrocchiarella”: il suo nome deriva direttamente dal marchio “Scrocchiarella”, lo speciale mix sviluppato da Italmill che permette ai pizzaioli di sfornare una croccante pizza in stile romano. Nel format anche la scelta del forno è stata importante, ed è stato installato un forno della Morello Forni. Il locale Scrocchiarella è stato inaugurato a marzo 2016 dalla famiglia Fedorovs, famiglia che ha alle spalle oltre quindici anni di esperienza nel settore dell’ospitalità. La famiglia Fedorov è partita con la catena Baskin Robbins dopo la caduta dell’Unione Sovietica, e oggi possiede ben tredici punti di ristoro in tutta la Russia.


Evgenia Fedorova è la responsabile marketing. Nel suo racconto spiega che non è stato facile iniziare: «Quando ero piccola non c’era alcuna cosa simile al marketing. C’era solo un marchio per ciascun prodotto nei negozi. Così abbiamo dovuto imparare da zero». Con l’aiuto di un cugino specializzato nella progettazione di interni, i Fedorovs sono stati in grado di creare un ambiente davvero caldo in un vecchio edificio del centro. Una delle sfide affrontate per prima è stata il nome del negozio, difficile da pronunciare per i russi che non conoscono l’italiano. «Il primo giorno di apertura una signora - racconta Fedorova - è entrata gridando che siamo in Russia e dovremmo usare la scrittura russa sulla nostra insegna. Era così arrabbiata e offensiva che ha fatto piangere mia madre. Le abbiamo spiegato che bisogna rimanere coerenti con i marchi internazionali, per esempio

McDonalds o Mercedes sono marchi uguali in tutti i continenti». La cliente è stata poi “riscaldata” dalla qualità della pizza ed è diventata una delle migliori clienti. Non è possibile trovare pizza con questo tipo di qualità a Mosca: l’unicità del prodotto ha convinto la famiglia a creare non solo una pizzeria intorno a Scrocchiarella, ma anche di fare un punto di vendita per l’azienda italiana e uno spazio di formazione per la produzione di pizza. Sebbene l’utilizzo del mix aiuta il lavoro del pizzaiolo, fare Scrocchiarella non è un compito da improvvisare; Tiziano Casillo, capo della divisione pizza Italmill spiega, infatti, che a coloro che acquistano Scrocchiarella l’azienda offre la formazione su come utilizzare il prodotto; di conseguenza, Casillo spende molto del suo tempo viaggiando per workshop e fiere, affiancato da Oxana Bokta. Tiziano Casillo è giunto a Mosca anche durante la progettazione del concept del ristorante e ha trascorso diverso tempo per formare la famiglia nell’arte della deliziosa e croccante pizza Scrocchiarella. «Le aziende familiari sono rare in Russia – conclude Fedorova. - In Italia o in Spagna l’impresa familiare è comune, ma qui è molto difficile per via della burocrazia, delle leggi e delle tassazioni, ma noi siamo molto felici di lavorare insieme. Mio fratello è chef di pasticceria, la mia mamma cuoca, mentre mio padre ora fa il nonno è a casa e si prende cura dei bambini e dei nostri cani, così noi tutti possiamo lavorare. Il nostro auspicio è che questo progetto viva a lungo». MISSY GREEN PMQ MAGAZINE http://blogs.pmq.com/ 1 7


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Il panzerotto con la farina Tipo 1 Nico Carlucci di Magie di Pane ci fa riscoprire il prodotto tradizionale pugliese, nella sua versione fritta, con un impasto alternativo in cui si utilizza la Farina Tipo 1. La farina di Tipo 1 rappresenta una farina meno raffinata e può offrire sapori e profumi più intensi. Ingredienti impasto con RISO ROSSO MIX • kg. 2 farina “Tipo 1” Proteine 13, ceneri 0,75, W 170, P/I1, Falling • Number 350 (a 20,2°) • gr. 50 lievito di birra fresco compresso (2,5%) a 9,6° • gr. 20 zucchero semolato (1% sul peso della farina) a 24,8° • lt. 1,130 di acqua (56,5% sul peso della farina) a 3° • gr. 50 sale marino fino (2,5% sul peso della farina) a 22,7° • gr. 100 olio extra vergine di oliva (5% sul peso delle farine) a 24,8° • mozzarella • polpa di pomodoro • olio extra vergine di oliva • origano • foglie di basilico • sale marino fino

i by Nino Carlucc

Procedimento Iniziare l’impasto (in impastatrice a braccia tuffanti o in spirale o planetaria con gancio) inserendo la farina, il lievito, lo zucchero e 1030 lt. di acqua inserita nell’impasto a filo. Lasciare impastare a 1° velocità o velocità moderata. Quando l’impasto risulta incordato inserire l’olio a piccole dosi fino al completo assorbimento: questa operazione dovrebbe durare circa 8 minuti. Infine inserire il sale e 0,100 lt di acqua e innescare la seconda velocità o aumentare la velocità per circa 2 minuti, fino al completo assorbimento dell’acqua e fino a che l’impasto risulti liscio e omogeneo. Si otterrà un pastone di circa 3,282 kg ad una temperatura di 20°. Lasciare puntare il nostro pastone sul banco da lavoro coperto con un telo in plastica per circa 10 minuti. Dividere l’impasto nella pezzatura desiderata e “pirlare” le nostre pastelle. Lasciare lievitare in ambiente negli appositi cassetti per 3 ore circa o fino a quando le pastelle non abbiano raggiunto la lievitazione desiderata. Una volta lievitati, schiacciare con l’ausilio di un mattarello le nostre pastelle e formare dei dischi farcendoli con mozzarella (45 gr circa) e polpa di pomodoro (30 grammi circa “macerata” in frigo) o con farcitura a proprio piacimento. Friggere in friggitrice 170° per circa 4 minuti (l’impasto va bene anche per la versione del panzerotto al forno che va cotto a 240° per circa 15 minuti con carta da forno).

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pizza

La focaccia genovese è un prodotto tipico della Liguria: nella tradizione è spennellata di olio extravergione e sale grosso. Qui vi proponiamo la ricetta di Marco Massi, di Montegranaro in provincia di Fermo, delegato FIPGC. Amante dei lievitati, si cimenta nella pasticceria salata, al confine con la panificazione. Biga 500 g di latte a 30° C 20 g di zucchero semolato 20 g di lievito di birra

Impasto 1000 g di farina 320W 250 g di lievito naturale 50 g di latte in polvere magro 15 g di zucchero semolato 60 g di olio extravergine di oliva 20 g di sale - q.b. di aqua 2 0


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Pizza Grand Gourmet scardina completamente alcuni concetti della classica pizzeria: ad esempio la carta delle pizze, anche quella ricca e variegata, è stata abolita, ogni giorno c’è un’offerta nuova. L’idea di creare una pizzeria che offra costanza di qualità, ma non di offerta è nata da due fratelli calabresi, Giuseppe e Antonio Paduano, il primo pizzaiolo, l’altro responsabile marketing, i quali hanno sondato il mercato e hanno pensato di “sfidarlo” con una proposta originale che non avesse precedenti né concorrenti. «La pizza è un prodotto che può essere visto come una base su cui cucinare, per creare un piatto che sia allo stesso tempo ricercato e salutare. Per essere ricercato deve essere studiato nelle materie prime e negli abbinamenti, mentre per essere salutare deve essere digeribile e composto da ingredienti di qualità e stagionali» raccontano i fratelli. «Sposando quest’idea abbiamo selezionato i fornitori e selezionato il concept della pizzeria: facciamo la spesa ogni giorno e in base a quello che c’è di fresco dal verduraio proponiamo piatti che possiamo definire gourmet nel senso di ricette frutto di attenzione alla materia prima e alla qualità e frutto di creatività gastronomica», continuano i due soci della pizzeria che a Roma sta avendo un ottimo riscontro, riscontro che è cresciuto nel tempo. All’inizio, infatti, i clienti rimanevano confusi, ma adesso si sono fidelizzati e sono curiosi di scoprire cosa c’è di buono nel menu della giornata. «Non curiamo solo le farciture, che variano giornalmente e sono basate esclusivamente su verdure, cucinate o crude, ma curiamo anche i blend con cui facciamo gli impasti, blend che cambiano periodicamente e in cui utilizziamo sempre dell’integrale che possiamo mixare ad altri cereali, Tritordeum, semola rimacinata solo per fare degli esempi. Ci avvaliamo fra i fornitori dell’azienda Selezione Casillo. La nostra visione è dare un lusso a prezzo accessibile, il lusso è il gusto, l’accessibilità è data dalla pizza che comunque non è mai troppo costosa rispetto ai piatti da ristorante, in più aggiungiamo la salubrità delle farine, dell’olio extravergine ricco di polifenoli, del pomodoro italiano e delle verdure locali». Pizza Grand Gourmet - Circ.ne Clodia 165b - Roma - www.pizzagrandgourmet.com

Ingredienti Crema di pomodori secchi siciliani - Friarello stufato in teglia di rame Patata silana croccante - Bacche di goji - Pecorino romano

Procedimento Spalmare la crema di pomodori siciliani. Poi condire con i friarelli precedentemente stufati. Mettere le patate precedentemente lavate esentate da amido e cuocere in forno. Inserire a caduta Pecorino e bacche. 2 2


la ricetta

Ingredienti • Crema di piselli nani stufati • Cipolletta cotta a 40° al profumo di gelsomino • Speck croccante disidratato • Bufala campana dop • Semi di papavero • Sesamo tostato • Basilico • Olio evo biologico

Procedimento Preparare un impasto di semola e farina integrale, idratato al 90%. Stendere il panetto in forma rettangolare aggiungendo olio e rosmarino. In uscita cospargere la base di focaccia con la crema di piselli, stracciare la bufala campana dop e aggiungere i semi di papavero e di sesamo. Guarnire infine con la cipolla, lo speck croccante e le foglie di basilico, infine servire con un filo d’olio evo.

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mondoHo.Re.Ca.

Pattini Dolciai

Cucine a vista per affascinare. Tavoli davanti ai fornelli per sorprendere. Menu a quattro mani per incuriosire. Gli chef non smettono di stupire la clientela offrendo sempre nuove emozioni.

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ra duetti culinari e showcooking, la ristorazione italiana cerca di offrire alla clientela continui nuovi stimoli, tante diverse occasioni per fare dell’uscita a cena un momento di straordinaria esperienza. La cucina a quattro mani è una realtà ormai sempre più diffusa che vede lo chef resident ospitare colleghi per duettare con loro davanti ai fornelli. Chef Nicola Cavallaro

Duetti ai fornelli Recentemente, lo hanno fatto Nicola Cavallaro di “Un posto a Milano” con Chef Rubio, ormai star televisiva, Tano Simonato, chef stellato del milanese “Tano passami l’olio”, e Cristiano Tomei, neostellato de “L’Imbuto” di Lucca. Ma, per citare solo qualche nome, anche Davide Viviani del “Ristorante Mamai” di Milano e il 2 4 Chef Rubio

siciliano Roberto Archontidis, due chef molto diversi, il primo creativo ed essenziale, il secondo innovativo con la passione per la microbiologia applicata alla gastronomia. E pure Giovanni Santoro dello “Shalai” di Linguaglossa (Catania) e Martina Caruso del “Signum“ di Salina, due giovanissimi chef stellati che, entrambi in terra siciliana, hanno voluto attraverso questo evento sviluppare sinergie e favorire lo scambio di ricette e ingredienti. Non sono mancati all’appuntamento con iniziative di questo tipo gli chef dei ristoranti di hotel extra lusso come Davide Bisetto dell’”Oro Restaurant del Belmond Cipriani Hotel“ di Venezia, che ha ospitato da poco Antonio Guida, chef del Ristorante “Seta del Mandarin Oriental” di Milano. Il risultato è un incontro di culture gastronomiche e di territori di appartenenza, ma anche l’occasione per il trasferimento di una cucina che trova nuove vie per farsi as-


saggiare oltre che un arricchimento e un prezioso scambio di informazioni a vantaggio della professionalità.

Chef Tano Simonato

Ospiti in cucina Chef Cristiano Tomei C’è chi porta due cuochi in cucina e chi invece non ne mette neppure uno e lascia lo spazio a completa disposizione del cliente. È il caso dello “Chef per un giorno” del “59 Restaurant” di Pesaro, ristorante del 5 stelle Hotel Excelsior. Per diventare ‘Chef per un giorno’ è sufficiente invitare almeno 35 persone a pranzo o a cena dopo aver contattato Chef Davide Bisetto l’hotel concordando una data e un menu con l’equipe del ristorante. La giornata comincia al mattino indossanChef Antonio Guida

do la divisa delle cucine dell’”Hotel Excelsior”. Si ricevono poi tutti gli ingredienti necessari e, con l’aiuto dello chef, si preparano i piatti previsti. Lo staff del ‘59 Restaurant’ segue il cuoco ospite in tutte le procedure, fino all’assaggio e al servizio. I fornelli in mostra Infine, la cucina diventa un vero momento di attrazione svelandosi appieno. La cucina a vista è una tendenza ormai consolidatasi, che gli chef più famosi, da

Gordon Ramsey a Joe Bastianich a Davide Oldani, hanno ormai fatta propria. È la voglia di trasparenza che emerge netta non solo a livello informativo, ma anche estetico con locali che lasciano ai cuochi ai fornelli un ruolo da star a tutti gli effetti che arriva addirittura a sfociare nella ‘kitchen table’, pochi tavoli per pochi privilegiati che possono seguire le preparazioni dello chef direttamente in cucina. Andrea Berton nel suo ristorante milanese, oltre a consentire la vista della cucina dalla sala attraverso un vetro, ha anche previsto un tavolo per due persone “per vivere la cucina in diretta e degustare il menu libero proposto dallo chef”. Il concetto di trasparenza «Il locale nasce facendo della trasparenza il proprio baluardo – indicano a proposito di Pattini Dolciai di Milano dallo studio che ha realizzato il progetto, Costa Group. – Già dalla strada è possibile infatti vedere gli artigiani lavorare con sapienza per produrre pasta fresca, cotta e condita al momento, e le più golose proposte dolci, come le bombe alla crema di vaniglia. E dall’arredo del locale emerge perfettamente quest’intenzione. Un lungo bancone espositivo in marmo, profilato da una cornice in ottone anticato, percorre in orizzontale lo spazio, fino a raggiungere il laboratorio a vista in cui nascono i famosi prodotti da forno, proprio come se fosse un unico, grande ambiente». Giulia Crovetto - Locali Top

Cucina Bertton

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gestire il tuo locale

licenza di uccidere? Non scherziamo! Sulla doppio zero si stanno dicendo davvero tante bufale. Facciamo chiarezza e sfatiamo la pericolosità della farina raffinata.

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u Facebook abbiamo letto tantissimi post, anche di pizzaioli, che demonizzano la “00”. Come sempre gli opinionisti si dividono: FARINA INTEGRALE SÌ, FARINA “00” NO contro l’altra fazione FARINA “00” SI, FARINA INTEGRALE NO”. Ormai un dilemma amletico degli ultimi tempi, dubbio esacerbato e fatto dilagare dai media televisivi e dai Social Network, con più o meno precisione di informazioni. Sui Social Network in particolare poi si legge di tutto: “la “00” è una colla che fa male a stomaco e intestino”, “la doppio zero è senza valori nutrizionali”, di contro leggiamo anche “la farina doppio zero è più sicura perché non contiene tutto quello che si deposita sul chicco di grano dall’esterno”.

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Nella questione entrano davvero tanti fattori e per fare luce andrebbero chiamate in causa tante diverse figure professionali, mugnaio, tecnologo alimentare e non ultimo il nutrizionista. «La verità sta nel mezzo - esordisce al telefono la Dottoressa Sara Torrielli, nutrizionista che collabora con la redazione di Pastry Magazine e del portale www. magazinefipgc.it - il discorso è molto complesso». «Prima di tutto - ci spiega - iniziamo con il dire che la doppio zero non fa male, non occorre escluderla in un regime alimentare vario, a meno che non ci sia qualche condizione particolare, ad esempio una dieta ipocalorica o una dieta per un paziente diabetico. Detto questo - continua Sara Torrielli, - posso dire che è vero che la farina integrale ha più sali minerali e vitamine e ha fibre che la “00” perde nel processo di lavorazione. Inoltre, l’integrale, in quanto grezza, ha un indice glicemico più basso e se associata a molta acqua, favorisce il transito intestinale. In maniera opposta - continua la dottoressa - la “00” ha un indice glicemico più alto, in quanto ha più amido, che è uno zucchero. Posso dire che è vero che l’amido nell’intestino è più colloso e può dare un senso di gonfiore. Ma non mi sento di dire assolutamente che la “00” sia nociva! Anche perché un soggetto sano, se associa i prodotti ottenuti con “00” a legumi o verdura, può compensare l’apporto di fibre, sali mi-

nerali, vitamine e abbassare l’indice glicemico». Traducendo in esempi, una pizza ben lievitata con delle verdure, o associata ad un’insalata, della pasta classica con ceci o lenticchie, sono piatti in cui compensiamo la “povertà” della “00” Riguardo ai dolci, sappiamo che è necessaria una certa percentuale di amido per ottenere certi tipi di lavorazione, ma sappiamo anche che i dolci non sono alla base della dieta, ma una chicca una tantum, una adorabile eccezione, non la regola. «Va ricordato - precisa con forza la nutrizionista - che in un regime alimentare variando il più possibile non stressiamo il nostro organismo e gli garantiamo tutti i nutrienti. E dovremmo abituarci anche a non usare solo il grano, ma tutti cereali». Sull’integrale, la nutrizionista aggiunge: «Esistono anche lavorazioni intermedie, come la Tipo 1 e la Tipo 2 che si stanno diffondendo. Infine, una cosa che credo sia importante dire è che, quando optiamo per l’integrale, occorre scegliere un prodotto di qualità, meglio se biologico. Attenzione poi ai prodotti in commercio (pasta, biscotti, etc) in cui la crusca si è aggiunta alla “00”: in questo mix non troviamo i nutrienti che troviamo nella Farina di frumento Integrale. I prodotti di qualità sono riconoscibili perché sono molto scuri, e hanno un sapore nettamente marcato; diffidate da prodotti marroncino chiaro il cui gusto non spicca».

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bere Benein Pizzeria

È

ormai nota la notizia che la Birra Belga è patrimonio dell’Umanità: “Svolge un ruolo nella vita quotidiana e in occasioni di festa” questa in sintesi la motivazione con cui l’Unesco ha accettato e promosso la candidatura della birra belga, annoverandola così nella lista dei patrimoni intangibili. Ma la birra non è solo del Belgio, è bevanda nata nel Nord Europa e ha origini antiche anche in Germania e Gran Bretagna. Vanta origini antichissime, ma è una bevanda attualissima. La sua diffusione è planetaria. Anche in Italia è fra le bevande più amate, con una crescente e particolare attenzione anche da parte del target femminile, che sempre più apprezza la freschezza, l’informalità e quel piacevole retrogusto amaro che rende la birra una bevanda speciale. Proprio pensando alle donne nasce il vademecum BEERpedia ideato da ADHOR, l’Associazione le Donne dell’Horeca in cui la “protagonista” Doretta Birretta insegna la “perfetta spillatura”, pratica essenziale per “garantire” gusto e qualità. Vi riproponiamo in questo articolo i suggerimenti del vademecum. Tre sono gli aggettivi che possono ben descriverla: NATURALE (perché ha quell’anima frizzante e briosa e trionfa nel bicchiere col suo bel cappello di schiuma),

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SPUMEGGIANTE (perché nella birra c’è fermento: migliaia di particelle di lievito la rendono una bevanda viva e vitale), VIVA (perché è un alimento composto solo da materie prime naturali: acqua, cereali e lievito).

La Tedesca Con il bicchiere a 45° spillare facendo scendere la birra lungo la parete, poi raddrizzare il bicchiere e versare finché la schiuma arriva al bordo, attendere affinché si compatti, poi dare un secondo colpo di manopola e attendere ancora; la conclusione del servizio è data dall’ultimo colpo, che crea la “cresta” o “corona” di schiuma.

Le principali tecniche di spillatura

Sono tre: tedesca, belga-olandese e irlandese. Questi diversi stili di spillatura prendono il nome dai Paesi d’origine e dalle loro rispettive sapienze birraie che si sono evolute nel corso di centinaia di anni. Ma queste differenti modalità tengono anche conto dei livelli di anidride carbonica presenti in ogni birra e, quindi, puntano a far rimanere nella birra spillata e servita il giusto livello di CO², affinché la stessa birra sia sempre “digeribile” e non provochi quella sensazione di gonfiore dopo la bevuta. Le differenti spillature consentono poi alle diverse birre di esprimere sempre tutte le peculiarità gustative e olfattive: la giusta spillatura permette di servire un prodotto che conserva la giusta quantità di bollicine e le altre particolari caratteristiche che il mastro birraio ha pensato e voluto per la sua birra. In generale adoperate sempre il bicchiere lindo e perfettamente sgrassato, perché basta anche un piccolo residuo di sporco per vanificare la qualità della birra spillata. Avviate la spillatura tenendo sempre Il bicchiere inclinato a 45°. Nell’azionare la manopola il primo fiotto di birra va fatto cadere fuori dal bicchiere. Un bicchiere perfetto deve presentarsi con goccioline di acqua sulle pareti.

La Belga Tenere il bicchiere a 45° sotto il rubinetto, poi versare e raddrizzandolo in base alla quantità di schiuma che si forma progressivamente. Chiudere il rubinetto quando la schiuma è al bordo; utilizzare il taglia-schiuma per eliminare le bolle più grosse in modo da compattare la schiuma e renderla più fine.

L’inrlandese Tenendo il bicchiere inclinato a 45° riempirlo per ¾ del suo volume e lasciare decantare per 2 minuti. Rabboccare invertendo l’apertura del rubinetto.

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La schiuma ha una funzione fondamentale nel servizio della birra. Primo perché con il suo cappello evita che la birra possa ossidarsi, poi aiuta a mantenere la giusta temperatura della bevanda. La schiuma è parte attiva di una buona birra, contiene e rilascia gli aromi e ne completa perfettamente l’esperienza gustativa. Ricordatevi che una birra senza schiuma, oltre a non farsi apprezzare al massimo, ha un aspetto “triste”. No, non va bene! Perché una buona birra, specie se bevuta con gli amici, è sempre sinonimo di felicità.

Per poter compiere la migliore spillatura è necessario tenere in considerazione alcuni aspetti fondamentali: la temperatura della birra e la temperatura del bicchiere. La temperatura del bicchiere può condizionare e falsare, la quantità di schiuma. Infatti, se il bicchiere è caldo la schiuma che si forma è eccessiva e non va bene! Anche la pulizia del bicchiere è fondamentale per mantenere la schiuma compatta e per far sì che essa non venga meno a contatto con le pareti.

Se poi si vuole essere dei veri professionisti della spillatura, è bene disporre di un doppio lavello con spazzole triple da una parte e acqua corrente dall’altra. Dopo averlo spazzolato, il bicchiere va immerso nella vasca di acqua fredda e risciacquato con cura, dopo di che... et voilà, il vostro bicchiere, terso e luccicante, è pronto per essere riempito di birra.

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mercatoetendenze

sempre più hub per il food a 360 gradi, in tutto il mondo

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uali sono le tendenze della panificazione oggi? Integrale e biologico un po’ in declino per la pasta, mentre è alta la richiesta di gluten free, percepito come più sano e leggero. Si ritorna ai grani antichi e locali, soprattutto nei prodotti di gamma medio-alta. C’è la spettacolarizzazione delle proposte gastronomiche, l’attenzione alla qualità delle materie prime. Continua la richiesta di ciò che è salutare ma si cerca anche l’originalità e l’artigianalità, con prodotti e assaggi sfiziosi. Al centro di tutto però c’è il punto vendita ovvero la panetteria, che si rinnova per venire incontro alle esigenze del cliente del XXI secolo, come ci spiega Alberto Boni, titolare del Panifico Boni di Sala Braganza (Pr), che festeggia i 20 anni di attività. «Siamo nati vendendo tutto ciò che riguarda la panetteria: pane, pizza, focaccia e altri prodotti da forno, e negli ultimi anni abbiamo aperto i nostri orizzonti anche a pasta fresca, pasticceria e ai latticini. Il pane o focaccia è ciò che la

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persona ricerca giornalmente, per il dolce invece si va al negozio appositamente. In ogni caso, i due prodotti sono perfettamente complementari». Riguardo ai nuovi trend, consegna a domicilio e comunicazione social, Boni è “sul pezzo”, sottolineando come in realtà comunicazione e servizio hanno sempre fatto parte del DNA della panetteria. «In negozio è importante spiegare come e quando viene realizzato il nostro prodotto, la provenienza delle materie prime e gli ingredienti presenti in esso. I social sono un mezzo che ci permette di far vedere ciò che produciamo e di invogliare la gente ad acquistare i nostri prodotti, aggiornandoli su ciò che c’è in negozio. Quanto alle consegne a domicilio, lavorando fuori città è un servizio che noi forniamo da sempre. Il servizio di catering o per le feste poi ha avuto grande successo anche per noi, che abbiamo iniziato quasi per scherzo con qualche manifestazione in paese». L’Arte bianca fa breccia anche nei nuovi mercati,


CLIMOTHER®

il processo innovativo brevettato da Esmach come l’Estremo Oriente. Da qui vengono le tendenze raccontate dagli Ambassador di Host Daniel Gray e Melinda Joe. In Corea ad esempio, dove Daniel Gray ci dice che il consumo pro capite di prodotti a base di farina è aumentato dagli 11,5 kg del 1965 ai 33,7 kg del 2015, la moda del momento è il panino dolce ripieno di panna, attualizzazione del tradizionale “kopan” fatto con fagioli rossi e panna. «I coreani preferiscono una panna poco dolce e che non sappia troppo di latte, ed è tornato di moda il gusto tè verde. Piacciono i dolci a base di crema pasticcera aromatizzata in vari modi, i bagel e i muffin. Sul fronte pane, sono in voga il lievito madre e le lievitazioni lente, e vanno bene i piccoli panettieri artigianali come Paul and Paulina e Bob’s Bread.- In conclusione - In Corea i gusti e le tendenze sono mutevoli ma tutto sta ad indicare che continuerà la ricerca dei coreani per prodotti artigianali a un prezzo sostenibile. In questo non sono così diversi dal resto del mondo, vero?» Melinda Joe ci introduce in una Tokyo affollata di migliaia di pasticcerie, pronte a soddisfare l’insaziabile desiderio di dolce degli abitanti della capitale nipponica. «La gran parte dell’offerta di pasticceria è fatta di repliche “filologiche” di classici della pasticceria europea come bigné, tiramisù e sfoglie. Ma recentemente i consumatori hanno accolto anche dolci radicalmente innovativi grazie a maestri pasticceri giunti dall’estero che hanno aperto un negozio in città, come ha fatto Dominique Ansel, l’inventore newyorchese del cronut. L’anno scorso la chef Janice Wong del 2am Dessert Bar di Singapore ha aperto JW Tokyo, una caffetteria di lusso all’interno del grande magazzino d’alta gamma NeWoman nel quartiere di Shinjuku. Wong mescola il dolce, il salato e l’acido creando piatti come la Caprese di fragole e il Kyoto Garden, un parfait di barbabietola e acqua di rose con gelato ricoperto di cioccolato e peperoncino giapponese. Inoltre il locale offre pairing tra dolce e vino e saké». Una tendenza che sta prendendo piede anche da noi. (Fonte Host 2017)

Alla base degli studi di Esmach c’è il Lievito Madre Naturale, molto ricercato ed apprezzato dal consumatore per la sua digeribilità e genuinità e perché conferisce un sapore particolare al prodotto. È consolidato che il consumatore finale sia sempre più attento a quello che mangia ed è continuamente alla ricerca della genuinità e semplicità tipica della cucina che non conosceva la sofisticazione delle materie prime che vengono usate per allungare la shelf-life del prodotto. CLIMOTHER® è un processo ideato e messo a punto osservando i punti deboli dei processi produttivi nei laboratori di panificazione, pasticceria e pizzeria. Il suo processo innovativo e brevettato garantisce un risultato eccezionale di produzione basato semplicemente su acqua, farina, lievito madre, temperatura, umidità, tempo. Fatto l’impasto lo si forma e lo si mette nella cella CLIMOTHER® che, con il suo cervello avanzato, gestisce la temperatura, l’umidità e il tempo di lievitazione dei diversi impasti. CLIMOTHER® mantiene stabile la lievitazione dei prodotti formati e lievitati che possono essere infornati in qualsiasi momento durante l’arco della giornata. La possibilità di infornare a più riprese ed in diversi orari risulta molto vantaggioso nella gestione dell’attività del forno. In primis, il consumatore trova sempre produzione fresca, calda e profumata. Inoltre, questo metodo di gestione del flusso di lavoro consente la riduzione dei costi di esercizio: non sarà più necessario avere forni di grande superficie che richiedono tempi lunghi di riscaldamento. www.esmach.com 3 3


Locali

La Trattoria di Pizz@more e Università della Pizza Antonia Ricciardi ci racconta le sue attività in Spagna

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izz@more è la pizzeria che la pizzaiola Antonia Ricciardi ha aperto nella città di Granada: è la classica pizzeria d’asporto italiana, a gestione famigliare, che serve pizza con prodotti freschi. Il forno è elettrico «perché non permettevano di installare uno a legna - spiega Antonia, - ma la pizza per il resto rispetta i canoni della napoletanità». Antonia, infatti, è nata a Napoli, ma ha deciso di distaccarsi dalla sua città e dalla sua nazione per seguire il suo istinto e desiderio di portare il buono dell’Italia, in particolare la pizza, fuori confine: «Ho sempre desiderato divulgare la cultura della pizza in tutto il mondo, oggi qua domani non si sa.» Antonia lavora a Granada dal 2008: Pizzamore è un marchio registrato che diventerà presto franchising. «Da Pizzamore prepariamo un’au-

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tentica pizza italiana, in stile napoletano. Facciamo anche catering di pizza, in questo caso utilizziamo forni a legna portatili. Oltre alla pizza al forno proponiamo la nota pizza fritta napoletana, ma in menu i nostri clienti trovano anche altri piatti tipicamente tricolore: pasta, lasagna, secondi piatti e dolci della tradizione culinaria italiana». Visto che parliamo di un locale ubicato in Spagna, siamo curiosi di capire quale sia la pizza più richiesta, e scopriamo che non è la Margherita, bensì la pizza al prosciutto cotto. Oltre a lavorare in pizzeria Antonia rappresenta come presidente l’Università della Pizza Italiana nel mondo, associazione che fra le altre attività organizza varie edizioni dei campionati di pizza spagnoli (per approfondire ecco il link della associazione www.upim.es). «La nostra associazione conta quasi 200 iscritti, ci sono pizzaioli di diversa nazionalità, alcuni risiedono in Spagna, altri si risiedono all’estero».



Locali

Quando la pizzeria classica d’asporto ha un valore aggiunto:

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n grande numero delle pizzerie presenti nella penisola è una pizzeria take away, o come si dice da sempre, una pizzeria da asporto: rappresentano una fetta importante del canale, rivolta a chi desidera gustare al volo un triangolo o una porzione di pizza al metro, in teglia o in pala, e a chi ordina una pizza da mangiare a casa. Non perché una pizzeria è senza coperti significa il layout o il servizio o ancora l’offerta non vadano curate al pari di una pizzeria con sala. La qualità va cercata sempre. A curare il valore della propria pizzeria da asporto è, fra i molti pizzaioli attenti alla propria professione, Ignazio Barcella, titolare della

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catanese Pizza Taxi. «Già il nome Pizza Taxi - spiega Barcella - descrive la classica pizzeria da asporto. Il nostro locale è spartano ed essenziale, lo gestiamo con la mia famiglia dal 1999. Benché siamo sulla piazza da lungo tempo, la mia pizza non è rimasta invariata negli anni, ma è frutto di aggiornamenti continui, aggiornamenti che ho potuto fare attraverso l’ associazione a cui appartengo, Fip, presieduta da Giovanni Mento, e dal mio lavoro di tecnico presso un’azienda molitoria siciliana, lavoro che mi permette sul campo di aggiornarmi e sperimentare diversi impasti». Ci è molto piaciuto dialogare con questo pizzaiolo catanese perché ha sposato il concetto dello studio,


riuscendo così a proporre un prodotto buono che ha permesso alla pizzeria, fra le prime in provincia, di mantenere i suoi clienti fidelizzati anche dopo l’apertura di molte concorrenti, dimostrazione che un prodotto buono premia. «Gli impasti lievitano e maturano a lungo, non inforniamo prima delle 24/48 ore». Riguardo alle farciture, Barcella ci racconta che nel menu ci sono 50 pizze fra cui scegliere e molte di queste sono pizze guarnite in modo molto particolare. Le pizzerie d’asporto devono saper offrire pizze speciali alla stregua delle altre e Ignazio ci spiega il suo punto di vista su questa idea: «Io amo questo lavoro perché l’impasto è vivo e controllare il processo dall’inizio alla fine è qualcosa che non è scontato. Credo che la pizza sia una base, una base che deve essere digeribile e buona. Su questa base possiamo andare a costruire un vero piatto, come si costruisce un piatto in un ristorante». Fra le pizze che ci hanno colpito quella con la crema di salvia e quella con la crema di ortica. «Il mio lavoro di tecnico mi ha fatto approfondire gli impasti, ma in generale mi ha permesso di conoscere molte persone e quindi confrontarmi su tanti aspetti.

Dai cuochi si impara come prendere le creazioni della ristorazione e portarle sul disco di pasta di pizza. Inoltre, poiché amo tanto questo lavoro e non voglio fermarmi, quando posso partecipo a dimostrazioni e seguo grandi maestri del mio settore, come Renato Bosco o Simone Padoan. Prima si imparava senza capire, ora nel mio settore si ha la possibilità di comprendere il perché avvengono certi meccanismi chimici e fisici e c’è la possibilità di migliorarsi sempre» conclude Ignazio. A prescindere, aggiungiamo noi, che si gestisca un locale in voga, un locale pluridecorato, un locale in una città o in un paesino, una sala o un take away.

TAXI PIZZA - Piazza Manganelli 4 - San Giovanni La Punta- Catania

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Vesuvio

la farina ideale per la vera pizza napoletana

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ealizzare una vera pizza napoletana non è cosa semplice: occorre infatti esperienza, un’elevata temperatura del forno raggiungibile solitamente con forno a legna, un cornicione che sia alto ma allo stesso tempo leggero e vuoto, competenze da veri pizzaioli. Da oggi non più: dopo 2 anni di ricerca, Molino Vigevano ha creato una farina che rende semplice la realizzazione della pizza napoletana. E’ la Vesuvio: una farina di grano tenero tipo “0” ideale per chi vuole realizzare la vera pizza napoletana secondo la tradizione con semplicità ma senza rinunciare al gusto. Con Vesuvio è infatti facilissimo ottenere un cornicione sempre alveolato, morbido e perfettamente dorato con ogni tipologia di forno, anche alle temperature più basse. Vesuvio è ottenuta da un processo completamente naturale in cui grani accuratamente selezionati vengono sottoposti al processo innovativo di germinazione assistita

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che rende le tue pizze sane e digeribili, nel pieno rispetto della vera tradizione napoletana. Questo processo di germinazione di particolari grani proteici usato per realizzare la Vesuvio conferisce notevoli benefici: aumenta naturalmente la presenza di vitamine e minerali biodisponibili, gli enzimi naturali come amilasi e proteasi si attivano, i carboidrati complessi si trasformano in zuccheri semplici. Il risultato è una pizza dal concentrato unico di nutrienti grazie a vitamine e sali minerali biodisponibili, sana e digeribile, caratterizzata da un’alveolatura del bordo perfetta, una maturazione completa anche per brevi lievitazione, una cottura dorata ed uniforme, per tutti i tipi di forno, anche a basse temperature in forno elettrico. MOLINO VIGEVANO Via dell’Artigianato, 52 7020 Torre D’isola (PV) www.molinovigevano.com


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pubbliredazionale

Colore, gusto e qualità presso lo stand Sigep dell’azienda di Bastia Umbra

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i mangia prima con gli occhi, poi con l’anima e poi con il cervello!” Molini Spigadoro fa suo questo slogan portando avanti la propria attività all’insegna dell’innovazione continua, guardando sia all’eccellenza e alla qualità sia all’aspetto dei prodotti, dalla pizza al dolce. Gli ingredienti utilizzati sono spesso usati già in cucina, ma l’azienda li introduce in modo creativo nella panificazione, in pizzeria o in

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pasticceria. Ingredienti che ricordiamo sono sempre assolutamente naturali. È il caso di Canapa Sativa, Riso Venere e Riso Rosso, i pack presentati all’ultimo Sigep nella versione professionale da 10 kg e che l’azienda suggerisce a chi vuole rendere creativo il proprio impasto. Molini Spigadoro ha selezionato tre colture


diverse, prive di glutine, accomunate dalla presenza di caratteristiche nutrizionali, di gusto e colore. Sono proposte sia pure (senza glutine), sia in mix con farina Tipo 1 (pronte per essere già lavorate). Gusto RED, YELLOW, PINK e GREEN sono fatti per innamorarti, ingredienti selezionati solo da frutta e verdura. Al Sigep l’azienda di Bastia Umbria ha mostrato ai professionisti anche molte altre referenze, per dare colore ai vostri impasti, sempre in modo naturale: Chef in Black Gusto e Colore è la linea esclusiva di ingredienti alimentari che usando le proprietà coloranti di frutta e verdura aggiunge un tocco di bellezza ai vostri prodotti. GUSTOGREEN è a base di alga Spirulina (Arthrospira platensis) e Cartamo (Carthamus

tinctorius L.); GUSTORED è a base di barbabietola comune (Beta vulgaris L); GUSTOYELLOW è un concentrato a base di Zucca (Cucurbita maxima L); GUSTOPINK è un concentrato a base di patata dolce, ravanello e ciliegia. Super crema Nutridea, un impasto ancora più lavorabile Fra le referenze innovative dell’azienda anche quest’ingrediente a base di crusca e germe fermentati con fermenti lattici. Questo prodotto è un valido aiuto per chi impasta: migliora l’elasticità e lavorabilità del prodotto, nonché la sua conservazione nel tempo, mantenendo profumo, consistenza e gusto. I benefici dei prodotti fermentati sono noti sin dall’antichità, ma grazie alle odierne tecnologie è possibile arricchire l’impasto con un semplice gesto. Questo ingrediente aggiunge naturalmente fibra solubile, enzimi, vitamine antiossidanti, acido lattico: 50 o 100 grammi di Super crema Nutridea in 1 kg di farina, rendono l’impasto finito assolutamente migliore e il prodotto finito più ricco di sapore, profumo e digeribilità.

MOLINI SPIGADORO S.P.A. - 06083 Bastia Umbra - PERUGIA (Pg) – Italy - Tel. +39 389/4607096 - FAX +39 075 8009213 - www.molinispigadoro.com

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eventi

Pizza e gonfiore: è davvero colpa del

A Sigep AbTech il convegno di Assitol

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igep-AbTech non è stato esclusivamente vetrina per le aziende o palcoscenico di concorsi: è stato anche occasione per momenti informativi sulle materie prime e sui processi produttivi dell’arte bianca. Fra questi momenti di sicuro valore è stato il convegno tenuto da ITALMOPA, nel quale sono stati diffusi e commentati gli interessanti dati dell’indagine Doxa sulla conoscenza delle farine da parte degli italiani. L’indagine, effettuata su un campione di 1.000 italiani, ha rilevato molta ignoranza da parte del consumatore sulla filiera della farina.

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Un esempio emblematico è questo: ben il 55% degli intervistati associa erroneamente la farina di frumento tenero alla pasta, che invece è prodotta con le semole di frumento duro, mentre il 65% del campione di intervistati ritiene che l’Italia importi una quantità rilevante di farina da altri Paesi, mentre, stando ai dati ITALMOPA, le importazioni di farine costituiscono circa lo 0,2% del loro utilizzo totale. Tra i luoghi comuni diffusi fra i consumatori (ma anche fra alcuni professionisti) ci sono anche quelli sul lievito di birra. Sono stati affrontati anch’essi a Rimini grazie al con-


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Il lievito di birra

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vegno organizzato da ASSITOL “Quel che non sai del lievito: le certezze della scienza, le falsità dei luoghi comuni”. Obbiettivo dell’incontro è stato sfatare alcune convinzioni che si sono costituite intorno al Saccharomyces cervisae utilizzato sin dagli albori della pianificazione. Operatori ed esperti hanno sottolineato le proprietà benefiche di questo microrganismo vivente. Gonfiore addominale e sindrome dell’intestino irritabile, s’è spiegato nel convegno, non sarebbero causa del lievito di birra, ma avrebbero altre origini. Anzi, uno studio dell’Università di Lille, in Francia, avrebbe persino confermato che l’assunzione del lievito di birra, il più conosciuto fin dall’antichità, non soltanto è ben tollerata dall’organismo, ma ha un effetto probiotico e riduce il dolore addominale nei pazienti che soffrono di sindrome dell’intestino irritabile, una patologia molto comune. Neppure la simile sensazione di gonfiore che si prova dopo aver mangiato cibi come la pizza può essere imputata al lievito perché «Il lievito muore a 50-60 gradi e la cottura avviene a temperature ben superiori – ha precisato Michele Sculati, medico specialista in Scienza di alimentazione e professore a contratto all’Università di Milano-Bicocca – il gonfiore, quando non dipende da patologie specifiche, può essere causato da un significativo carico glicemico della singola pietanza. Anche il sale, contenuto in abbondanza in una comune pizza, è responsabile di ritenzione idrica nel nostro organismo». Ma da dove deriva il Saccharomyces cervisae? È un microrganismo vivente, che prende vita da un sottoprodotto di origine agricola, il melasso da zucchero. «Già questo ci racconta l’origine naturale del lievito – ha spiegato Thomas Lesaffre, presidente del Gruppo Lievito da zuccheri di ASSITOL – le aziende creano le condizioni più favorevoli perché il lievito si riproduca in presenza di ossigeno. In pratica tutto si basa sulla fermentazione dello zucchero, un processo che non ha nulla di artificiale».

Il Saccharomyces cerevisiae è un organismo unicellulare appartenente al regno dei funghi: è una specie di lievito della famiglia Saccharomycetaceae ritenuto il lievito più usato nella panificazione e nella produzione di birra e vino sin dall’antichità. Saccharomyces cerevisiae ha forma dall’ovale all’ellittico e diametro di 5-10 micrometri. Si moltiplica attraverso un processo di gemmazione. Sul mercato è presente come lievito fresco appena pressato o come lievito secco (la cui conservabilità è di circa 1 anno). L’odore del lievito di birra in panetto fresco è inconfondibile e spesso contraddistingue alcuni prodotti ( alcune tipologie di birra, spumanti a metodo classico, certi vini bianchi secchi e giovani, oltre che gli impasti). Il lievito fresco mantiene il proprio potere fermentativo quando viene conservato ad una temperatura che va dai 2 agli 8 °C, e se usato dopo essere riportato a temperatura ambiente. Quando il lievito contiene cellule vecchie o morte si libera glutatione, e il potere del lievito si indebolisce compromettendo la struttura glutinica in un impasto. Il Saccharomyces cerevisiae innesca una fermentazione prevalentemente alcolica, in cui i saccaromiceti trasformano gli zuccheri in alcol, ma anche acido succinico ad esteri aromatici, prodotti solforati che ricordano il profumo affumicato. Durante il processo parte dei saccaromiceti muore.



eventi

vincitrice di #TiPortaLontano

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miliana, trentanove anni, ragioniera con una grande passione per la cucina trasmessa dalla nonna che, come lei, amava sperimentare. Questa è Ilaria Bertoli che si è aggiudicata la vittoria del concorso “Ti Porta Lontano” di Nastro Azzurro con la sua Pizza a tutta birra. La sfida per aggiudicarsi il titolo è stata mercoledì 18 gennaio, presso la Pizzeria Sorbillo di via dei Tribunali, a Napoli. A valutare i finalisti una giuria di esperti del settore

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composta da due grandi pizzaioli: Gino Sorbillo, ormai talento consolidato e Stefano Vola, giovane pizzaiolo dell’anno per la Guida ai Ristoranti de l’Espresso. Con loro Giulia Quaglia, Junior Brand Manager di Nastro Azzurro. Il premio: uno stage di tre mesi presso la pizzeria di Gino Sorbillo A gareggiare con Ilaria, Danilo Brunetti con Marghe Max e Salvatore Campolattano con Nuvole di Birra. «Quando ho letto di questa iniziativa ho deciso subito di partecipare perché la pizza è uno dei cibi che pre-


Stefano Vola, Ilaria Bertoli, Giulia Quaglia e Gino Sorbillo

ferisco e mi piace moltissimo prepararla. Da qualche anno partecipo a concorsi di cucina e, quando ho visto l’opportunità di fare uno stage da Gino Sorbillo non ho esitato - racconta Ilaria Bertoli - questa è una vittoria che assolutamente non aspettavo anche perché sapevo di concorrere con due ragazzi che sono già professionisti… ancora non ci credo - e conclude - io faccio la ragioniera, ho un lavoro di responsabilità ma ho bisogno di dar sfogo alla mia fantasia e ho capito che la cucina mi dà questa possibilità, quindi ringrazio Nastro Azzurro per aver creduto in me e chissà che domani decida di cambiare la mia vita ed inseguire questo sogno». Nastro Azzurro è, da anni, a fianco della Moving Forward Generation, quella generazione di giovani talenti italiani che guardano al futuro con voglia di fare, curiosità e intuizione con l’ambizione di realizzare grandi progetti. Lo fa concretamente, aiutandoli a realizzarli, grazie alla piattaforma “Ti Porta Lontano” che permette ai talenti di confrontarsi con i propri “mentor”, crescere e portare avanti i propri progetti, mettendosi in gioco. «È stata una giornata emozionante - racconta Gino Sorbillo - non mi aspettavo di trovare ragazzi così appassionati e preparati. Scegliere è stato molto difficile!». «Esperienza bellissima - commenta Stefano Vola, - ancor più perché condivisa in questa città che è davvero

magica». «Nastro Azzurro, fin dalla sua creazione ha avuto la lungimiranza di vedere oltre, di prepararsi con coraggio ad una sfida internazionale e di vincerla, diventando la birra italiana più venduta al mondo, un simbolo del made in Italy - commenta Sabrina Fontana, Nastro Azzurro & Premium Brands Marketing Manager.- Crediamo nella generazione del futuro e condividiamo lo stesso sogno: dimostrare che il talento italiano è senza confini. Per questo è nata una piattaforma in cui le idee possano essere condivise con tutti gli utenti sul sito www.nastroazzurro.it. Da anni puntiamo sulla pizza con l’aiuto di Gino Sorbillo che crede come noi nel talento italiano. Auguriamo a Ilaria di realizzare le sue aspirazioni e speriamo di accompagnarla nella sua crescita». Tutti i contenuti digitali di Nastro Azzurro sono accompagnati dall’hashtag #TiPortaLontano, contenitore di idee e esperienze della Moving Forward Generation. Nastro Azzurro. Ti porta lontano.

Salvatore Campolattano, Ilaria Bertoli, Gino Sorbillo e Danilo Brunetti

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eventi

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Il meglio te lo raccontiamo noi

nche questa 38esima edizione è stata un crocevia di visitatori, italiani e stranieri, giunti a Rimini Fiera interessati al vasto e variegato mondo bakery, pasticceria, gelateria e cioccolateria. Tante le tavole rotonde, i workshop, gli eventi e le gare, ma di certo il primo interesse di ogni professionista è stato approcciarsi alle aziende di settore che, ogni anno, spingono qualche novità in questa primissima grande vetrina dell’anno. Noi di Pizza&core raccogliamo in queste pagine le aziende che riteniamo strategici partner per la vostra attività.

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Agugiaro&Figna, presente al Sigep con il marchio Le Sinfonie (e conosciuto ai pizzaioli per il marchio Le5Stagioni) ha spinto per quest’edizione della fiera riminese AUXILIUM il nuovo integratore vitaminico prodotto grazie alla partnership scientifica dell’Università di Parma: nello stand è stato mostrato come coadiuvare il rinfresco del lievito madre grazie a questo nuovo integratore.


Lievito madre con Esmach Sigep AbTech non è solo materie prime, è anche attrezzature e fra queste consigliamo il sistema Esmach. Quando visitiamo lo stand, a presentare i risultati del lievito madre prodotto con i gioielli Esmach troviamo un simpatico Giuliano Pediconi.

Non poteva mancare l’azienda leader per le pale in pizzerie. L’azienda di Prato, azzurra come la nazionale, s’è messa a disposizione dei visitatori per mostrare l’efficienza dei propri prodotti. Novità dell’anno è la linea Gluten Free, una pala per infornare, un palettino per girare e sfornare la pizza e una spazzola che mantengono le caratteristiche della Linea Azzurra, top seller di Gi.Metal, ma che si contraddistinguono per il verde dei manici e il logo ad hoc inciso su manico e testa pala. Così, i pizzaioli avranno un attrezzo dedicato per la sicurezza dei propri clienti

«Scrocchiarella for ever», raccontano gli amanti della tipica pizza romana, affezionati all’ormai imprescindibile mix firmato Italmill. Tiziano Casillo e Oxana Bokta ci fanno assaggiare una nuova Scrocchiarella, più scura, croc-

cantissima, in cui leggerezza, croccantezza e colore derivano naturalmente dalla presenza di farina di riso Venere (riso che come sapete è un riso di colore scurissimo). Al palato la pizza scura scrocchia e ha un gusto tondo e corposo, una sfumatura di sapore apprezzabile con qualsiasi farcitura, ottima anche gustata sola con un filo di extravergine o con una fettina di mortadella. «Se diamo una Ferrari a dieci persone, non tutti faranno gli stessi tempi - spiega con una metafora Tiziano Casillo, tecnico Italmill - la differenza la fa sempre il pizzaiolo, ma avere un ottimo mix è già partire in vantaggio per assicurare un prodotto di qualità costante»

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“IL BELLO DEL BUONO!” è lo slogan che leggiamo nello stand di questa dinamica azienda che spazia dalla panificazione alla pasticceria, passando per il mondo pizza sempre aggiungendo un tocco di creatività. Con le linee di quest’azienda si fa proprio il detto antico: “si mangia prima con gli occhi”. Non per questo i prodotti puntano esclusivamente all’estetica, anzi, grande attenzione è data alla varietà di materie prime come fonte di arricchimento nutritivo e alimentare. A far testare i prodotti sono stati Andrea Pioppi, Silverio Rico, Luca Antonucci, Giulia Cerboneschi. 4 9


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A sfornare le pizze ad alta digeribilità è direttamente il Presidente API Angelo Iezzi. Il metodo PiQuDi Pizza di qualità e alta digeribilità è il mantra dell’azienda Iaquone che in Italia e nel mondo ha diffuso la pizza alla romana grazie alle sue farine e al suo marchio. Nello stand, ad accogliere i professionisti, Silvano Iaquone e Dario Di Norscia, instancabili come sempre.

In fiera abbiamo visitato anche Mondial Forni che, con la sua Linea Artigianale soddisfa le esigenze di panetterie, pasticcerie e pizzerie artigianali, panifici semiindustriali e industriali, catene di supermercati e Bakery. Forni rotativi, forni a piani, forni elettrici, a gas, ventilati o forni a tubi di vapore, tanti i tipi di sistema di cottura per ogni esigenza.

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Presente in fiera anche Fabrizio Lo Conte, under 30, alla guida di Molino Vigevano, azienda che può vantare un importante passato: è, infatti, nell’anno 1936 che nasce il molino, anche se la tradizione mugnaia ha origini ancora più antiche, nel Monferrato. Oggi, grazie ai suoi 4 stabilimenti e impianti unici in Europa, può garantire una qualità e servizio imbattibili. Oro di Macina la linea di punta dell’azienda, dedicata ai pizzaioli più esigenti. È una miscela il cui segreto sono i fiocchi di germe di grano macinati a pietra, ancora vitale e ricco di tutte le proprietà.

Il tuo locale perfettamente pulito Un gestore lo sa bene: avere una pizzeria significa anche dover pensare a molte cose, al di là del forno e della sala, al di là cioè della ristorazione in senso stretto. Un aspetto fondamentale è la pulizia, aspetto non leggero, a meno che non abbiate un apparecchio della Novaltec. Pierangelo Maren non ha dubbi: «I nostri genera-


tori di vapore con aspirazione sono affidabili, potenti e polivalenti». Li abbiamo visti all’opera, puliscono, sgrassano, aspirano, igienizzano ogni superficie, sono un reale aiuto, potenti efficaci e facili da usare, per ogni angolo della cucina, della sala e del bagno della vostra pizzeria. Le parole non restituiscono al meglio quello che potete sorprendentemente toccare con mano, chiedendo un appuntamento direttamente nel vostro locale per visionare le macchine firmate Novaltec.

Polselli, benessere con Linea Zero Le farine speciali di Polselli sono state anch’esse di grande attrattiva per i professionisti che hanno visitato Sigep 2017. Quest’anno lo spazio degustazione è stato ricco di curiosità e novità. Ultime nate sono le nuove farine della linea ZERO, Farina naturale. Tre referenze (tipo 0, 1 e 2) che nascono dalla volontà di esaltare la materia prima senza rinunciare al piacere del palato, promuovendo lo stile dello star bene. Adatte alla panificazione, utilizzano solo grano coltivato in Italia lontano da fonti inquinanti. Ricche di fibre, vitamine,

sali minerali, nonché antiossidanti, queste farine sono pensate per un mercato moderno attento al benessere. Tutti gli indirizzi e i recapiti delle aziende a pag 64 della nostra rivista

Filiera Controllata con Selezione Casillo Anche Selezione Casillo è presente in fiera, con il suo arioso stand in cui i tecnici sfornano focacce, pizze, facendo gustare i prodotti impastati con le varie farine delle diverse linee dell’azienda. Novità di questa fiera è Prime Terre, un progetto di filiera controllata e certificata dalla forte impronta territoriale che garantisce la genuinità e l’origine italiana e locale dei grani macinati, e che rafforza il legame di ogni singolo marchio con il proprio luogo di estrazione. Sono cinque le regioni italiane caratterizzate da una coltivazione cerealicola secolare: Puglia, Toscana, Lazio, Sicilia e Abruzzo.

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oto, e-mail, somme, conteggi: dopo due mesi di dedizione di quattro volontari l’elenco dei finalisti per la sfida finale del gusto è completo. “Pizza… la grande bellezza italiana” è l’evento ideato da Angelo Petrone-Lucullus & Accademia PizzArte con lo scopo di valorizzare l’aspetto estetico e di presentazione della pizza, un concorso in crescita, nonostante le tante imitazioni. Il concetto del concorso è che la pizza deve essere prima bella e poi anche buona perché si mangia anche con gli occhi. In questa gara non si viene selezionati per i like ottenuti sui Social Network (per non far prevalere sugli altri chi ha più amici); neppure per simpatia (le foto sono anonime). Si è selezionati da quattro giornaliste note nel campo food che, dopo attenta osservazione, emettono il loro giudizio. Il meccanismo è semplice ed efficace: nella prima fase i pizzaioli inviano la foto della propria pizza, questa viene numerata e inviata in modalità anonima alle giudici che danno un punteggio a scalare: dalla somma del punteggio emergono le 20 pizze selezionate per ogni categoria (12 finaliste e 8 di riserva). Dopo aver fissato data e luogo della finale i finalisti vengono informati

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ed entro 48 ore devono confermare la presenza alla Finale Del Gusto o rinunciare e cedere il posto ai selezionati di riserva. La finale di questa edizione 2016 si è svolta il 6 dicembre presso il ristorante Il Girarrosto di Pontassieve Firenze, dove pubblico e giuria, rimasti affascinati da tanta bellezza e gusto si sono trovati davvero in difficoltà nel giudizio e dopo aver selezionato i primi tre per categoria hanno decretato i rimanenti 4° ex aequo. Nel concorso Pizze da Oscar si sono distinti: Marco Mulas, Anna Maria Marconi, Marcello Fotia, Abramo Fini, Alessio Rossi, Francesco Profeti, Corrado Brachino. A latere anche il TROFEO GUSTAROSSO per il quale si sono classificati 1° Manuel Baraldo, 2° Marcello Fotia, 3° Mattia di Giovannantonio. L’organizzazione ringrazia: il Ristorante il Girarrosto di Pontassieve per aver ospitato la 3° edizione, le aziende Inox Metal, Forni Valoriani, Molino San Felice, Pale GI-Metal, Cantine Ruffino, Caseificio Sabelli, Cantine Frescobaldi, Pomodoro Gustarosso, lo staff, le giornaliste e i Pizzaioli che hanno onorato la Pizza esaltandone gusto e bellezza.


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Tirreno C.T. e Balnearia:

a Carrara Fiere l’evento di riferimento per l’ospitalità

Dal 19 al 22 febbraio tornano Tirreno C.T. e Balnearia: 4 padiglioni, oltre 34.000 mq. Tutto per alberghi, locali pubblici, ristorazione, ospitalità in spiaggia. Attesi oltre 50mila operatori

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anno 37 candeline per Tirreno C.T, la fiera dedicata alle ultime novità nel settore delle forniture per alberghi, ristoranti, bar, pasticcerie, gelaterie e in generale strutture ricettive dove si potranno trovare dalla tecnologia delle aziende costruttrici di macchinari per ristorazione, caffetteria e produzione di alimenti, a quelle per le forniture di arredi e complementi per le attività di ricezione. Dal pane alla pizza, dai prodotti lavorati e semilavorati per la cucina alle forniture alberghiere, passando per la gelateria e la pasticceria. Un’intera area dedicata al caffè e alle innovazioni del settore grandi impianti. Inoltre ampio spazio alle aziende dell’agroalimentare. Per questo ogni anno Tirreno C.T. si riconferma un format fieristico unico nel suo genere in grado di catalizzare innovazioni, soluzioni e tendenze per tutto il mondo della ristorazione e dell’ospitalità a 360 gradi. Tanti gli appuntamenti in fiera, anche per gli appassionati di food and wine. A partire dalle attività della FIB, che con i propri barman animerà per i giorni di fiera con dimostrazioni ed esibizioni per tutti. Federazione

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Internazionale Pasticceria Cioccolateria Gelateria Forum della Cioccolateria, Pasticceria e Gelateria, in occasione di Tirreno C.T. proporrà dimostrazioni di pasticceria tradizionale fino al Cake Design, Modelling, Painting Cake e Biscotti decorati e Sugar flowers. Vini con le associazioni del settore che porteranno alla ribalta le specialità del territorio. Insomma, un vero e proprio momento di approfondimento sia per gli addetti ai lavori che per gli appassionati. Tra le novità di quest’anno una maggiore integrazione con Balnearia, giunta invece alla sua diciottesima edizione, l’evento che porterà nei padiglioni della fiera i protagonisti dell’intero comparto. Nelle tre macrocategorie il Salone espone il meglio dell’intera filiera delle soluzioni da esterni, delle tecnologie, del complemento; dal progetto al prodotto, dal progettista all’impresa, per spiagge e piscine, per spazi esterni privati e pubblici per un settore, quello del turismo balneare, che ogni anno 30 milioni di persone con un indotto di dimensioni così estese da essere difficilmente calcolabile.



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Pad B Stand 390/399 Agugiaro & Figna Molini nasce nel 2003 dalla fusione di due storiche famiglie dell’arte molitoria italiana. Da allora la sua missione è rimasta la stessa: portare in tutto il mondo farine e semilavorati eccellenti. Ricordiamo fra i marchi Le5Stagioni dedicato alla pizzeria. www.agugiarofigna.com

Pad D Stand 816 Bevande naturali e bio”: Bevande Futuriste porta sul mercato una serie di proposte attraverso cui dare un’aria nuova nello stile e nelle abitudini del beverage. www.bevandefuturiste.it

Pad B Stand 433/434 L’azienda seleziona le migliori materie prime presenti sul mercato, scegliendo accuratamente le aree di produzione, rispettando la stagionalità di ogni singolo ingrediente ed effettuando un rigoroso controllo interno della qualità. www.demetrafood.it

Pad C Stand 622/623 Forte di un marchio sinonimo di qualità in tutto il mondo, opera con prodotti rivolti al circuito ho.re.ca. con sciroppi professionali di frutta per cocktail, bibite e granite, semilavorati per pasticceria e gelateria. I suoi topping sono perfetti per le pizze dessert. www.fabbri1905.com

Pad D Stand 826/849 Completamente realizzati in mattoni refrattari pieni, tutti i forni nascono per la cottura a legna e, tramite l’inserimento del bruciatore, possono funzionare anche a gas o in modalità combinata gas/legna. www.ceky.it

Pad D Stand da 831 a 834 Da 841 a 844 Nell’area Italmill i professionisti del settore potranno testare la leggerezza della Scrocchiarella, servita con diverse farciture, sempre croccante e digeribilissima. Ultimissima novità la Scrocchiarella con Riso Venere. www.italmill.com


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Pad B Stand 401/422 MARR serve più di 40.000 clienti della ristorazione commerciale e collettiva con un assortimento di 10.000 prodotti alimentari che comprende un’offerta unica di prodotti a marchio proprio e in esclusiva. www.marr.it

Pad B Da 440 a 443 e 460 a 463 Leader nella produzione di specialità alimentari destinate alla ristorazione professionale: condimenti, salse e creme, funghi, primi piatti, pietanze preparate e dessert. Costanti la qualità e le materie prime, l’igiene della lavorazione, la sicurezza delle confezioni. www.menu.it

Pad D Stand 806/807 Dopo quarant’anni di esperienza fornisce un prodotto innovativo di alta qualità al passo coi tempi creato grazie al continuo contatto con gli esperti del settore che gli consente di soddisfare per prima le esigenze del mercato di riferimento. www.morelloforni.com

Pad D Stand 910/911 e 916/917 La missione primissima di Radeberger Gruppe è quella di far conoscere e diffondere le migliori birre tedesche, con una gamma di marchi rispettosi della cultura, della territorialità e della tradizione birraria made in Germany. www.radeberger.it

Pad C Stand 695/696 Con oltre 750.000 unità sul mercato, i suoi apparecchi sono diventati presenti nelle cucine professionali di tutto il mondo. Per potervi supportare in modo mirato nelle attività quotidiane in cucina, l’azienda ha sviluppato un assistente intelligente, SelfCookingCenter®. www.rational-online.com

Pad B Stand 500 Portare sulla tavola di oggi i sapori della cucina tradizionale mediterranea: è questa la sfida che ha portato Rispo a soddisfare le moderne abitudini alimentari nel rispetto della preparazione casalinga. www.risposurgelati.it

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“Contribuire alla qualità, all’efficienza e alla semplificazione dei processi di cottura dei clienti”: questa è la mission Unox. Non è tecnologia fine a se stessa. È invenzione al servizio della semplificazione. È semplificazione al servizio del tuo business. www.unox.com



rubrica a cura del Direttore Giuseppe Rotolo

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otremmo sintetizzare in questo modo paradossale quello che è il comportamento dei consumatori di oggi. Sono, infatti, sempre più frequenti le scene di ragazzi, ma anche signori e signore attempate, che in un ristorante, invece di chiacchierare amabilmente con i propri compagni seduti allo stesso tavolo, se ne stanno lì con gli occhi e le orecchie persi nel loro smartphone. Allo stesso tavolo ognuno di loro, con il proprio oggetto magico, chatta, parla, naviga, vede foto, fa giochini, spia la vita degli altri da quel buco di serratura che è facebook ( ma anche gli altri social network non sono da meno per “farsi i fatti degli altri”). Non è escluso che le persone di quel tavolo, in quel preciso momento, scoprano su Facebook che la persona che gli sta a fianco ha recentemente fatto un viaggio a Londra. (Ma porca miseria, bisogna scoprirlo su FB? Non si faceva prima a raccontarlo all’amico, visto che sta lì a meno di dieci centimetri. Bho!?).

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Non c’è niente da fare, i tempi sono cambiati, il migliore amico dell’uomo non è più il cane, no. Ora è una cosa che non ha né zampe né coda, non abbaia, al massimo vibra. È qualcosa da cui l’uomo non si separerà mai più, anzi diventerà sempre più parte del suo corpo, questo qualcosa si chiama Smartphone e domani, quando ce l’avranno trapiantato direttamente nel palmo di una mano o dentro un avambraccio, forse si chiamerà bodyphone. Ma la sostanza non cambierà, e la sostanza si chiama “connessione”: connessione a facebook, instagram, whatsapp, twitter, QQ (che è un social cinese, ma sti cinesi stanno dappertutto?) La nostra è diventata una società sempre più connessa grazie ai fili invisibili che Internet e i social stanno tessendo fittamente intorno a noi. Al mondo sono quasi 3 miliardi e mezzo le persone che accedono a Internet. In Italia sono oltre 37 milioni di utenti attivi su Internet,


mentre sono 28 milioni le persone attive sui social network e più di 24 milioni vi accedono tramite smartphone. I Social, così come Internet, stanno acquistando un’importanza sempre maggiore nella vita di ciascuno, dato testimoniato dal 79% degli italiani che ha dichiarato di accedere alle piattaforme ogni giorno. Una mania incontrollabile, c’è chi addirittura afferma che l’uso dei social, il tenere i pollicioni a smanettare sulla tastiera, curvi sugli schermi, ci sta cambiando anche fisicamente. Un fatto è certo: oggi siamo connessi H24 con il mondo, con tutti gli amici (amici?) del mondo, e in pizzeria, anche se stiamo seduti in una bella tavolata, mangeremo irrimediabilmente e fisicamente da soli. No, questo non va proprio bene, per nulla. Le pizzerie devono essere luoghi di vita e non di giga. E allora per supportare la nostra tesi prendiamo a prestito le ricerche di un famoso sociologo, Zygmunt Bauman, che ha parlato delle possibili ripercussioni negative dell’uso così pervasivo dei social sulla nostra vita sociale. In un’intervista definisce i social network “una trappola”, perché in realtà non sono semplici aggregatori, ma costruzioni effimere che danno agli utenti l’illusione di essere parte di un gruppo: “i social network creano solo un surrogato di comunità, perché la differenza tra una comunità e una rete è che a una comunità si appartiene, mentre una rete appartiene a voi”. Per Bauman i social network non solo non creano relazioni, ma finiscono per operare un’azione “distruttiva”: “è così facile aggiungere o rimuovere gli amici sui social media che le persone dimenticano le regole del comportamento sociale, necessarie quando si va per strada, al lavoro, o quando ci si trova costretti ad instaurare una relazione empatica

con le persone che ci stanno attorno”. Ciò che ne deriva, dunque, è l’incapacità di rapportarsi agli altri, facendo scaturire quella che potremmo definire una “solitudine 2.0”: una sempre maggiore connessione digitale e una sempre più carente interazione fisica. E allora, affinché i social media non siano portatori di una nuova solitudine, occorre farne un uso sapiente e consapevole: sfruttarli per condividere emozioni e saperi, in modo che aggiungano (e non sottraggano) valore alla nostra socialità, quella esercitata “dal vero”. Certo, in una rivista che deve parlare di pizza forse è troppo parlare di sociologia. O forse non lo è per nulla, perché per chi non dovesse saperlo (magari i più giovani) una volta i luoghi social per eccellenza erano le pizzerie. Una buona pizza era (è resta) grazie al cielo un fantastico connettore di gusto e amicizia. “andiamoci a fare una pizza” era la frase che ricomponeva o rafforzava una storia e un’amicizia, il cibo era il collante prezioso per condividere un’esistenza reale, fisica, autentica. Ecco perché è triste vedere in pizzeria, un tavolo con i commensali dove ognuno dei quali è perso nelle proprie connessioni, curvi sui loro aggeggi, mentre parlano con comunità lontane. La pizza arriva quasi come un’intrusa, poi fra un post e un selfie si fredda; di certo gli esseri social avranno poi da imprecare per il fatto che è fredda e non crocca. E allora: “Posa quel cavolo di smartphone, anzi spegnilo proprio, lascialo nel cappotto, liberati una volta per tutte di tutte le inutili connessioni col mondo, alza la testa e guarda chi hai di fronte e digli: come l’hai presa tu? Scambiamoci un trancio, ho voglia di assaggiare il tuo gusto”. 6 1


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a cura di Marianna Iodice

Beer Attraction (fiera di Rimini dal 18 al 21 febbraio 2017) si fa in tre e, dopo il grande successo della seconda edizione, con 350 espositori e oltre 14.000 visitatori, dà vita a due nuove sezioni che ne completano il format: Food Attraction, dedicata agli ‘specialty food’ per i nuovi format metropolitani della ristorazione e BB Tech – Beer & Beverage Technologies, sezione dedicata alle tecnologie per birre e bevande. La sezione dedicata alla birra resterà il cuore della manifestazione, concentrandosi sulle eccellenze brassicole italiane e internazionali e sui microbirrifici. www.beerattraction.it

Si svolgerà a Bari dal 12 al 15 marzo la fiera specializzata nella filiera del grano (panificazione, pasticceria, pizzeria e pasta fresca), gelateria, birra, vino, bar, ristorazione, confezionamento & hotellerie, organizzata da DMP Srl di Roma. L’evento si terrà nel nuovo padiglione della Fiera del Levante di Bari e consoliderà il suo obiettivo: riunire l’intera filiera del grano, il comparto della trasformazione e lavorazione delle materie prime, del packaging e degli arredi in un’unica location per offrire concrete opportunità di business. www. dmpsrl.eu

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Nostri Partner

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www.novaltecgroup.it

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STEFANO FERRARA FORNI Srl

www.stefanoferraraforni.it

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DISTILLERIE BONOVENTURA MASCHIO Srl

SIGEP - BEER ATTRACTION - RIMINIFIERA www.beerattraction.com

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TIRRENO CT - TIRRENO TRADE srl

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Anno XIV - n° 85 / 2017 Iscritta al Tribunale di Bari al nr. 02/2003 Iscritta al R.O.C. al nr. 6648

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