Pizza&core 56

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Anno X - n° 56

Euro 2,50 • Poste Italiane • Sped. in a. p. 45% • art. 2 comma 20/b legge 662/96 • Aut. DCO/DCBA 23/2003 del 23/01/2003 • Tassa riscossa • ANNO X • Edizione bimestrale • Contiene I.P.

Il magazine dedicato al mondo della pizza e della ristorazione

MAR-APR 2012

news .com

la fa! e c e a ch L’Itali to... a i m r a o risp b i c i n Og ucina c n i be Le er ntasia a f e Pizza

n.56 Seguici g su



L’Italia che ce la fa!

I

luoghi comuni sull’Italia non passano mai di moda e i pregiudizi sugli italiani sono sempre oggetto di discussione e dileggio. Inaffidabili, individualisti, sempre pronti all’inciucio e alle scorciatoie da eterni furbetti: questi alcuni dei poco piacevoli aggettivi che ci affibbiano, in special modo all’estero. Tuttavia, i detrattori, anche se a denti stretti ammettono che all’italico popolo le virtù non mancano: gentilezza e generosità, savoir faire e buon gusto e all’occorrenza capaci di tirare fuori una grinta insospettabile. Siamo quindi pessimi, ma al contrario anche ottimi individui, neri da un lato e bianchi dall’altro. Insomma la contraddizione in persona, senza vie di mezzo, salvo nel dover cercare delle scorciatoie, originali trovate, inaspettate reazioni, soluzioni geniali nelle quali siamo maestri indiscussi. Questo schizzofrenico modo di essere rispecchia anche la nostra economia. “L’Italia è un Paese che cresce a balzi” commenta un famoso opinionista. “Alterna anni

editoriale

nei quali è ferma e regredisce, ad altri nei quali inaspettatamente e contro tutte le previsioni innesca la quarta e recupera d’un botto il terreno perduto.” Questa è l’Italia e questi sono gli italiani: non siamo tanto male dunque, sicché la crisi che ci avvinghia e ci deprime non deve fare paura. L’Italia e gli italiani se vogliono e si danno da fare, se la lasciano alle spalle nel giro di qualche anno. Devono però dare fondo a tutte le loro virtù. Ebbene, fra quelle più apprezzate e che potranno di sicuro servire a dare un bel rilancio alla nostra economia vi è quella di essere bravi ristoratori. In taluni casi addirittura eccellenti. E come abbiamo detto, quando gli italiani diventano eccellenti, sono irresistibili. Ma l’eccellenza in questo campo la si raggiunge con tanto lavoro e attuando con scrupolo regole precise, anche se solitamente, da perfetti italiani, ci infischiamo delle regole. Per chi si occupa di ristorazione il successo non nasce dal caso, ma dallo studio e dall’analisi dei comportamenti della clientela e quindi personalizzando il rapporto con il cliente adeguandosi alle sue necessità di gusti, preferenze, spesa. Nasce quando si è capaci di dare il giusto risalto all’ambiente e all’atmosfera del proprio locale, che spesso è il richiamo principale. E poi creando un’offerta con il miglior rapporto qualità prezzo. Fatto tutto ciò, poi bisogna sempre lavorare per passione e non per costrizione, trasmettendo ai propri collaboratori e clienti entusiasmo e non depressione chi sceglie di mangiare fuori casa, oltre al buon cibo, cerca essenzialmente serenità e disimpegno. Bisogna poi sempre avere un progetto. Un progetto apre la mente, crea orizzonti e prospettive. Senza un progetto si lavora alla giornata, e non si va lontano. E l’Italia con i suoi vizi (molti) e le sue virtù (poche) e le sue contraddizioni (infinite) merita in vece di andare molto lontano. Siamo certi che lo farà d’un balzo, quando meno ce lo aspettiamo, in barba ai suoi detrattori, mettendo in campo gentilezza, intelligenza e tanto buon gusto. Giuseppe Rotolo 3



Questo Numero in

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Editoriale

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IN AGENDA

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PRIMO PIANO: Ogni cibo risparmiato è un cibo guadagnato

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PIZZABOOK: Il parere dei pizzaioli

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DAL MONDO: Il rito del cibo a Hong Kong come in Italia

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Come diventare un Locale Green

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CIRIO, i locali del gusto

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InSOLIO FOOD: Le erbe in cucina con fantasia

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PIZZA CHEF: Giannino Eusebi

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Le Specialità DEBIC: Fragole e Pistacchi su base croccante

35

PICCOLI PIACERI: Il Caffè, finire il pranzo con gusto

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MERCATO & TENDENZE: Speciale Sapore 2012

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BIRRA D’AUTORE: Stout la bevanda nazionale dell’Isola Verde

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VINO D’AUTORE: Primitivo

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NEWS ITALMILL: Scrocchiarella

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PUBBLIREDAZIONALE: Pizza e PERONI il gusto li unisce

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PUBBLIREDAZIONALE: Morello Forni

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PUBBLIREDAZIONALE: Esmach

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EVENTI

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LA PROVOCAZIONE

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Abbonamento e gerenza

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inAgenda a cura di Marianna Iodice

2° Campionato Pizza Tipica Regionale L’Associazione Pizzaioli Pugliesi capeggiata da Luigi Stamerra presenta martedì 27 marzo il 2° Campionato Pizza Tipica Regionale, presso il Ristorante Sala Ricevimenti “Paradiso” di Grottaglie (Ta). Le gare saranno suddivise in quattro categorie: Pizza Classica, Pizza Alternativa, Pizza Dessert, Pizza Larga. Lo spirito dell’evento è innovare la pizza alla luce dell’equilibrio del gusto e alla luce di nuovi impasti (farro, kamut, farina integrale), ma soprattutto concretizzare l’idea che una pizza può diventare “regionale”. Per informazioni visitare i siti www.pizzaiolipugliesi.it oppure rivolgersi a Luigi Stamerra (392.5336716), Giovanni Giorgio (230.4853752) o Vito Rossini (342.3261288).

Il 2 aprile prenderà il via la settima edizione dell’ormai noto Campionato di pizza Terra Sarda - Le Origini, la gara di pizza che raccoglie i migliori pizzaioli della regione sarda, ma non solo. Ad ospitare l’evento quest’anno sarà il ristorante cagliaritano “Su Stentu”. Anche per il 2012 l’agone vedrà i pizzaioli contendersi il primo posto in tante categorie. Il tema di quest’anno è “pizza fantasia”. L’iniziativa è organizzata da API Sardegna, rappresentata da Daniele Cubeddu. Per informazioni: www.accademiapizzasardegna.it

L’A.P.W. Sicilia rinnova a tutti i pizzaiolo l’invito per il 5° Campionato di Pizza Mediterranea che si terrà il 2 aprile nella cittadina di Sciacca presso il Ristorante “Le Gourmet”. Organizzatori dell’evento Pasqualino Barbasso, Nicolò Cusumano e Alfonso Corona. Larga, Classica, Free Style e Velocità saranno le categorie in gara. Tra gli sponsor della gara Molino Iaquone. Per informazioni chiamare al numero 347.9191449 oppure 340.9017100 o ancora il numero 329.9286087. 7



inAgenda a cura di Marianna Iodice

Salone del Sapore e delle Attrezzature Alberghiere Si terrà a Catania dal 14 al 18 Aprile presso il MAAS (Mercati AgroAlimentari Siciliani) in C.da Junghetto Bicocca Catania, il Salone del Sapore e delle Attrezzature Alberghiere. La fiera sarà una fotografia sullo “stato dell’arte” delle tipicità agroalimentari in Italia. La manifestazione, oltre ai numerosi espositori, proporrà una parte convegnistica interessante, in primis si parlerà di Dieta Mediterranea. Nelle giornate del Salone del Sapore saranno anche ospitati alcuni concorsi gastronomici dall’arte bianca dalla panificazione al gelato, dalla pasticceria alla pizza.

Dal 14 al 16 maggio torna Il Campionato Italiano Assoluto di Pizza organizzato dall’associazione A.P.I. Quest’anno l’evento giunge alla 12esima edizione e si terrà come sempre a Fiumicino. Anche quest’anno è attesa una grande affluenza e una partecipazione vivace e allegra. Le categorie di gara sono: Cadetti Tonda, Tonda, Teglia, Pala, Acrobatica, Cadetti Teglia, Tonda Giovani, Teglia Giovani, Delegazione Artistica, Coppa Italia per squadre Regionali. Sponsor della gara sarà Alfa Pizza a cui è dedicato un premio speciale. Info: www.associazionepizzerieitaliane.it

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5 stagioni


inAgenda a cura di Marianna Iodice

Milano Food Week torna per la 12ª edizione, dal 19 al 27 maggio con show cooking, corsi e workshop, mostre d’arte, di design interattive e live performance a tema food, degustazioni guidate, presentazioni e la possibilità per i cuochi amatoriali di esibirsi in una Public Kitchen. La manifestazione partirà da un luogo storico di Milano, Palazzo Giureconsulti, che aprirà le sue porte per tutta la durata della manifestazione. Nell’edizione 2011 sono state distribuite 200mila guide, sono state viste oltre 230mila pagine sul sito ufficiale, 300 sono stati gli appuntamenti che hanno coinvolto oltre 200 ristoranti, bar, locali, pasticcerie, gelaterie, food shop e location. Info: www.milanofoodweek.com

Torna a Napoli con la sua undicesima edizione Il Campionato Mondiale Pizzaiuoli di Napoli – Trofeo Caputo. Dal 21 al 23 maggio, presso il centro commerciale Vulcano Buono. Tantissime, come sempre, le categorie di gara: Pizza Napoletana S.T.G., Classica, In Teglia, Al Metro/Pala, Senza Glutine, Juniores, Larga, Velocità, Free Style, Squadre Acrobatiche. Per informazioni: redazione@ristorazioneitalianamagazine.it

A fine maggio, dal 24 al 27, si terrà a Lecce il Festival della Dieta MedItaliana, il quale porterà nel Salento giornalisti, esperti, chef, compratori, estimatori e visitatori da ogni parte d’Italia e, soprattutto, da Paesi come Gran Bretagna, Germania, Olanda, Stati Uniti e Canada. Un evento finalizzato alla promozione del settore agro-enogastronomico attraverso il neonato brand “Dieta Med-Italiana”. Il programma dell’evento prevede mercato dei prodotti a km zero, corsi di cucina presso ristoranti e trattorie; incontri con buyer italiani e stranieri; fooducational tour, attività culturali legate all’agroalimentare (libri, riviste, film); incontri, presentazioni, seminari, workshop con importanti personalità del settore. Info: posta@repubblicasalentina.it 1 1



primo piano

Ogni cibo risparmiato un cibo guadagnato

è

a cura di Gianni Amodio

Le soluzioni del fuori casa fra crisi e costi senza rinunciare alla qualitĂ .

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S

i dice che l’appetito vien mangiando, ma in realtà viene a star digiuni” disse Totò in “Totò al Giro d’Italia”. Allora di appetito gli italiani oggi ne hanno un po’ di più, dato che secondo recenti dati la spesa per gli alimenti è diminuita. Le materie prime aumentano e il cibo, in tempo di crisi, è ritornato ad avere un valore non più solo di gusto, ma di sostentamento. La filosofia che sta ritornando è che non si butta via nulla, sicché ogni cibo risparmiato è un cibo guadagnato. Questa non è una filosofia “sparagnina”, ma di buon senso. Infatti, come ci racconta un nostro lettore (e non solo lui): “Le presenze non mancano, però da un po’ di tempo i clienti sono cambiati. Prima entravano e ordina-

«Sono dati – ha commentato il vicepresidente Fipe, Alfredo Zini – che in qualche modo ci aspettavamo. Il segreto per gli imprenditori della ristorazione è sempre quello di adeguare l’offerta alla domanda anche quando muta così profondamente nel corso dei decenni». La parola d’ordine è dunque non disperare, ma adeguarsi. E oggi adeguarsi significa riscoprire la tradizione e la filiera corta (i prodotti fatti vicino casa, per intenderci). Una soluzione che potrebbe avere i suoi lati positivi e che in parole povere si traduce così: addio al passion fruit e benvenuta prugna italiana, addio alla carne argentina e bentornata carne nostrana. I dati Fipe lo dicono a chiari numeri: a tavola l’Italia di oggi preferisce la tradizione (+8% le specialità gastro-

Da un po’ di tempo i clienti sono cambiati. Prima entravano e ordinavano senza guardare il menù, d’impulso chiedevano tutto. Ora invece studiano il menu attentamente, si fanno i calcoli in mente, prima di ordinare, per non lasciare nulla nel piatto.”. vano senza guardare il menù, d’impulso chiedevano tutto. Ora invece studiano il menu attentamente, insomma, cercano la pietanza più abbordabile, si fanno i calcoli in mente, prima di ordinare, per non lasciare nulla nel piatto. Non si deve buttare nulla”. Cibo povero e meno caro Per Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) gli italiani mangiano sempre meno, sia i 15 milioni che mangiano fuori casa (12 milioni a pranzo e 3,5 a cena), sia chi mangia a casa. La riduzione della spesa alimentare per i pasti fuori casa, stando sempre ai dati Fipe, è di oltre un miliardo negli ultimi cinque anni. In generale il budget per gli acquisti alimentari degli italiani non cresce, anzi diminuisce, nel carrello meno pesce, più cereali e uova. E naturalmente scende anche la spesa destinata al fuori casa. Secondo Fipe è soprattutto nel settentrione che si registrano cali. La crisi sta rafforzando uno stile di vita che già da un po’ era nell’aria: primi piatti e contorni vengono preferiti ai secondi. 1 4

nomiche regionali negli ultimi quattro anni) rispetto alla novità etnica, verso la quale, però, non manca mai un po’ di curiosità per un italiano su quattro. AYCE, All You Can Eat Come risponde il fuori casa alla crisi? Una delle risposte è il modello AYCE, All You Can Eat. Letteralmente significa “tutto quello che riesci a mangiare (a prezzo fisso)”, ma possiamo tradurlo con “Tanto con poco”. È un modello di offerta che sta prendendo piede e che vuole contrastare la crisi dando al cliente abbondanza, ridando potere d’acquisto al consumatore e forza al suo portafogli. Una ricerca presentata all’importante fiera riminese Sapore, tenutasi a febbraio, ha tentato di misurare l’entità del fenomeno e il grado di soddisfazione dei consumatori. La ricerca è stata condotta da Smart Research e coordinata dal Prof Daniele Tirelli, presidente di POPAI Italia, in collaborazione con Rimini Fiera. Secondo la ricerca la proposta di offrire tanto a prezzo fisso piace


molto agli italiani che, possiamo dire, trovano grande gradimento nel poter fare un bel pasto a prezzo fisso senza stare a centellinare l’euro e a rinunciare al dessert. Secondo i dati della ricerca il 48% degli Italiani pensa che l’alimentazione dovrebbe adeguarsi proprio a questo modello. L’88% dei consumatori che hanno provato il modello di offerta AYCE è stato soddisfatto della qualità dell’offerta. Questa formula sembra rispondere bene alle ansie suscitate nei consumatori dalla crisi economica. AYCE e tradizione italiana Questo tipo di offerta è perfettamente compatibile con la gastronomia italiana che ha molti piatti poveri, ma

invitanti. Basti pensare ai tanti tipi di pasta, alla miriade di pietanze a base di verdure di stagione. Per non parlare della pizza che si adatta perfettamente a questo modello alimentare, capace com’è di saziare, nutrire, portare nel grembo tutti gli ingredienti tipici regionali. Si racconta che una volta (in tempi di fame), a Napoli i cornicioni delle pizze, in alcuni locali, venivano riciclati nell’impasto. E bene, non si spera certamente di ritornare a quei tempi e a quelle soluzioni, ma è possibile prendere in considerazione di nuovo tutte quelle ricette che nascevano dall’antica usanza di non buttare via niente. È così che sono nate le polpette di pane fritto, è così che è nato il timballo di pasta, fatto al forno o fritto

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con la pasta non servita nei piatti e avanzata in pentola. Insomma, parliamo di piatti che oggi possono allettare i nuovi consumatori, i quali alla tavola non vorrebbero mai rinunciare e che non sono disposti alla dieta forzata a causa del portafogli più leggero. Il modello “mangia finché puoi” ricalca il modello di consumo low cost (prezzo basso) che oggi il consumatore cerca in ogni settore, dall’auto alla vacanza. Di questi tempi, dicono gli studiosi degli stili di vita, si pensa all’essenziale, puntando su una qualità al giusto prezzo, mettendo al bando ogni spreco. Filiera corta e stagionalità Al di là dell’appena citato modello AYCE, come è possibile offrire tanto con poco, in generale? Puntando, risponde parte della gastronomia attuale italiana, sul patrimonio storico della nostra cucina già di per sé “ricco” di piatti “poveri”, dalla pasta al riso, ai salumi, ai formaggi. Un patrimonio che se riscoperto può dare una vera risposta ad un menu che deve, gioco forza, ridimensionarsi nel prezzo se non si vuole perdere la clientela (eccezion fatta per quei locali di alto livello con un target di clienti altolocati che risentono in maniera relativa della

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crisi e non rinuncia alla cucina gourmet). In tal senso uno sguardo alla cucina regionale lo ha dato Identità Golose di Milano, che nella sezione Identità Naturali ha mostrato attraverso sette chef cosa significa “natura” in tavola. Chilometro zero non significa costi più alti nell’approvvigionamento delle materie prime, significa invece il contrario, saltare passaggi della filiera, acquistare direttamente dal produttore, conoscere personalmente la fonte della produzione, avere maggiore controllo, in definitiva, su cosa si porta in tavola. Tutte cose, infondo, che un bravo cuoco sa già. Ad esempio Pietro Zito ha portato alla kermesse gastronomica milanese gli ortaggi del suo orto di 15mila mq. Enrico Crippa ha cucinato 5 piatti riflesso di prodotti del territorio. Come lui stesso afferma, le Langhe (dove vive) sono una zona ricca di eccellenze enogastronomiche e compito dello chef è esaltarne l’identità. Crippa con gli ortaggi poveri come le rape, unite al tartufo “nero” albese, ha dimostrato che è possibile creare un menù tutt’altro che di serie B, ma piuttosto gustoso e anche, perché no, prestigioso.


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Pizzabook

Continua anche su questo numero di Pizza&core l’intrusione del web sulla carta stampata. La rubrica Pizzabook, parafrasando il più famoso e affollato social network del mondo, raccoglie alcuni dei più significativi commenti che i nostri “amici” postano su facebook su uno dei temi caldi della ristorazione italiana: come pizzaioli e ristoratori affrontano questo periodo di crisi. Un modo può essere tornare alla cucina povera, alla cucina locale, fatta di prodotti di filiera corta, che dovrebbero costare meno, ma possono offrire tanto? Secondo voi è un buon metodo per tagliare i costi delle materie prime? E poi come stanno affrontando la crisi i locali? Ecco alcune soluzioni e idee da parte dei nostri amici su Pizzabook.

Maria Cacialli Felice Messina Io sono del parere che in cucina non si deve buttare via niente. Anche se avanza del pane duro si trova sempre come riutilizzarlo. Volete un esempio? Pane duro, 2 uova, latte e un po’ di formaggio ed ecco delle polpette di pane fritto che a dir poco hanno un gusto fantastico. Insomma con poco si può ottenere tanto.

Fedele Guida Credo moltissimo nelle materie prime locali. Noi stiamo lavorando su questo da 2 anni grazie all’iniziativa di un collega della Calabria Francesco Matellicani… stiamo lavorando materie prime del posto con controlli frequenti oltre ad un grano prodotto qui da noi.

Nicola Salvatore Prodotti locali sì, ma senza mai abbassare la qualità. E poi per la farcitura della pizza utilizzare sempre materie prime fresche e di stagione.

Antonio De Bari Bisogna tornare alla cucina povera ok, ma con la zucchina che costa a cinque euro tanto povera non è! Cari amici come possiamo tagliare i costi noi artigiani della pizza che usiamo i prodotti di un certo livello… spese del locale, tasse su tasse… è difficile andare avanti lasciatemelo dire: io che sono titolare e pizzaiolo dal 1982 la gavetta la conosco. Quindi secondo me l’unica soluzione è rimanere quello di sempre, amare i tuoi clienti, anche se loro si allontanano comunque si rivedono, perché sanno il valore del mio serio lavoro. Quindi stringiamoci la cinta perché chi la dura la vince. Il tempo ci darà ragione.

Peppe Napolistaca Io mi trovo in Giappone e ho una mia pizzeria che si chiama Pizzeria da Peppe Napoli sta’ca” e faccio solo e solamente cucina povera, cose che mi ha insegnato mia nonna e sinceramente mi trovo molto bene, non ho da inventarmi niente.

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Guida Alle Pizzerie d’Italia Sostengo da tempo che l’uso di prodotti a “filiera lunga” oltre che antieconomico e antiecologico, è addirittura ridicolo. Così com’è ridicola una pizza alla bresaola o allo speck magari in Sicilia. Restando al tema dello speck e della bresaola (ma il discorso può valere per qualunque altro prodotto che viaggia su gomma da un capo all’altro della Penisola), un prodotto che viaggia troppo fa lievitare i costi al consumatore finale. Secondo me, e i pizzaioli che mi hanno conosciuto sanno bene come la penso, la pizza è un gran piatto della tradizione italiana, che non ha bisogno di voli di fantasia, di ricerche esotiche o di stranezze geografiche: più è semplice, più utilizza prodotti del territorio (appunto, a “filiera corta”) e più è apprezzabile.

Andrea Freekete Trovarello Per me chi parla ed elogia la filiera corta e dice di utilizzarla ci prende in giro: al massimo utilizzerà qualche ingrediente comprato al mercato locale, ma tutto il resto degli ingredienti che compongono una pizza, a cominciare dalla farina, viene sicuramente da molto lontano. È la legge del mercato.

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dalMONDO a cura di Marianna Iodice

Il rito del cibo a Hong Kong come in Italia

Le “tre stelle Michelin” rappresentano probabilmente il riconoscimento più agognato da un ristoratore. Questo desiderio s’è avverato per Umberto Bombana che non solo ha ottenuto il massimo dei voti dalla guida guru della ristorazione, ma ha segnato un primato, cioè essere il primo cuoco italiano ad avere ottenuto le tre stelle fuori dall’Italia. Il volto di Bombana ormai appare ovunque nel web e sulla stampa, anche sul Chicago Tribune, dove lo chef ha spiegato 22 0

la sua passione per il tartufo, una passione che gli è valsa il soprannome di “Re del tartufo bianco”. Il nome del locale di Bombana (sito ad Hong Kong) è “8½”, chiaro riferimento al film di Fellini, lungometraggio amatissimo dallo chef. All’ “8 ½” arrivano persino da Pechino e da Shangai per assaggiare le delizie di Umberto. Clientela facoltosa, dell’Asia che si sta arricchendo. Umberto, originario di Clusone, cucina ad Hong Kong da ormai 15 anni, un’esperienza che


gli ha insegnato a sfidare ogni giorno le proprie capacità, per soddisfare palati esigenti. Come spiega lui stesso questo Paese ha una tradizione culinaria antichissima, per cui bisogna dare il massimo per essere apprezzati. Aperto da soli due anni il suo ristorante ha già attenuto il massimo che si potrebbe sperare. Bombana nel suo locale porta in alto la bandiera italiana raccontando il suo Paese attraverso i tanti piatti che però non si limitano alla tradizione in senso stretto. Infatti, Bombana spesso usa materie prime di altri paesi, sempre di alta qualità, e questo non limitarsi alle sole materie prime italiane talvolta, prima della consacrazione da parte della Guida Michelin, gli è valso qualche critica negativa. Un esempio di menu del suo ristorante? Costoletta brasata e filetto di manzo tajima, salsa al vino rosso e prugne, purea di patate, crudo di scampi marinati agli agrumi, caviale, ricci di mare e chantilly agli agrumi, tagliatelle fatte in casa, astice, bottarga, rucola e peperoncino, trio caffè composto da tiramisù, tortino di caffè caldo e croccante, gelato al caffè come dessert. Umberto, in Italia il cibo, si sa, è vissuto come un rito importante, ogni italiano è un po’ cuoco e noi italiani saremmo capaci di discutere ore e ore su come si prepara un piatto. Invece a Honk Kong cosa rappresenta il cibo? «Qui a Hong Kong è esattamente la stessa cosa». Che differenze ci sono secondo te fra la ristorazione orientale e quella italiana (tipo di offerta, costi di gestione, mance, modo di approcciarsi al cliente)? «Nelle mance a Hong Kong sono leggermente più generosi, i costi di gestione sono resi più alti dagli affitti

cari, per quanto riguarda il modo di approcciarsi questo è ovviamente diverso, ma noi cerchiamo di mantenere il nostro modo e stile italiano, che qui è sempre di grande successo». Qui in Italia si continua ad andare a mangiare fuori soprattutto per la pausa pranzo in orario di lavoro, ma si ordina solo un piatto e una bevanda, non più il pranzo completo all’italiana (primo secondo e terzo piatto). A Honk Kong invece, come stanno andando i consumi? «Dipende ovviamente dal ristorante, qui a pranzo si ha il pasto classico a più corse» Che cosa ha provato nel ricevere le tre stelle Michelin? Si aspettava un così grande riconoscimento? «No, è stata un grande sorpresa e una grande commozione!» Cosa l’ha portata a lavorare ad Honk Kong 15 anni fa? «Le infinite opportunità e possibilità di lavoro e l’offerta della compagnia Ritza Carlton per aprire Toscana; inoltre si prevedeva già il grande sviluppo che ci ha portati a rimanere». Che suggerimenti darebbe ad un ristoratore italiano che volesse sperimentare la professione di ristoratore nel Paese dove adesso lei vive? «Di ponderare bene, in quanto non è tutto oro quel che luccica; la location è importantissima ed anche qui il numero di ristoranti che sopravvive è basso rispetto al numero di tutti quelli che aprono, però nel momento in cui si ottiene il successo i vantaggi e i benefits sono molto grandi». 2 1


Come diventare un

Locale Green A

dispetto delle contrazioni sulla spesa alimentare degli italiani, i consumi sul cibo biologico crescono, registrando nel 2011 un incremento del 13%. Come già scritto su queste pagine in altre occasioni, l’Italia vanta un ruolo centrale nella produzione biologica (il 15% del fatturato dell’Unione europea e il 5% di quello mondiale) e anche il mercato interno è sensibile ad una agricoltura e ad una cucina improntata sulla naturalità delle materie prime. Gli italiani che già in casa stanno facendo entrare in modo esponenziale la cucina bio, stanno anche rappresentando una domanda interessante per il fuori casa: Cia - Confederazione italiana agricoltori spiega, infatti, che la cucina “green” si sta espandendo alla ristorazione e alle scuole, tant’è che nel 2011 sono cresciuti del 24% i ristoranti con menù bio. Ma abbracciare la filosofia “green” non significa solamente

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Rifiuti È possibile usare prodotti per l’igiene della persona e del locale green (comprati “alla spina” che creano meno rifiuti). Occorre smaltire gli oli esausti in maniera differenziata (come carta, plastica, latta). Laddove offerta dal vostro fornitore, utilizzare la formula del “vetro indietro”. portare il bio sulla tavola. Ci sono altri aspetti della green economy che possono interessare un locale, come l’architettura, il risparmio energetico, soluzione e regole che rendono un locale “ecosostenibile”. Molti gestori anche in Italia stanno optando per una gestione compatibile con la sostenibilità ambientale. Un locale “ECO” ha come primissimi obbiettivi i giusti consumi: risparmio di acqua (si pensi ai riduttori di flusso dei lavandini nei bagni, alle fotocellule o altri meccanismi per chiudere e aprire l’acqua in modo automatico per non rischiare di lasciare il rubinetto aperto, si pensi ancora alla riduzione del carico d’acqua nelle cassetta di scarico dei wc), risparmio di energia (illuminazioni a basso consumo), diminuzione dei rifiuti (magari un asciugamani ad aria piuttosto che asciugamani di carta). Ogni risparmio è un guadagno. Fondamentale per un ristorante ecologico è abbattere i consumi energetici puntando in parte sulle fonti rinnovabili, sul consumo moderato di elettricità. È possibile risparmiare per obiettivi e in questo deve essere educato anche il personale. Led e lampade a basso consumo riducono il consumo di elettricità nell’illuminazione: una stampante utilizzata con “risparmio di inchiostro” salverà il toner nel vostro ufficio, se avete un locale di proprietà pensate ad un possibile investimento in pannelli solari sul terrazzo che a fronte di una spesa iniziale possono rendervi autonomi o parzialmente autonomi, garantendovi riscaldamento dell’acqua e energia elettrica.

Prodotti ecologici Dal sapone al detersivo, fino alla sedia e alla tovaglia, passando per la verniciatura delle pareti il mercato offre una vasta gamma di materie ecosostenibili. Talvolta, in questo caso, il gestore deve affrontare dei costi maggiori. Intraprendere anche questa scelta farà di voi un ambientalista al 100%! L’eco – ristorazione: esempi virtuosi In Trentino è già nato il progetto “Ecoristorazione Trentino”, con relativo marchio di sostenibilità ambientale assegnato ai ristoratori che rispetteranno un decalogo di 26 regole di sostenibilità ambientale. Tra questi Ristoranti pizzeria “da Pino”, gestito da Danilo Moresco. Un altro locale degno di attenzione è Life Pizzeria Biologica di Roma: questa pizzeria è la prima in Italia ad avere un menù certificato dall’AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica), con pietanze definite da un nutrizionista. L’idea nasce dall’esperienza diretta di gestori, da anni assidui consumatori di alimenti biologici.

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i Locali del Gusto “Maritè” Maria Teresa Bucchieri, ex insegnante di inglese e francese è chiamata da tutti Maritè (da cui il nome del ristorante pizzeria sito in Via Giuseppe Marcotti 51/53 a Roma); dopo anni di studio ed esperienza nel catering, frutto della sua passione innata per la cucina, da un mese e mezzo circa ha aperto questo nuovo locale offrendo ottima gastronomia, pizzeria in forno a legna e servizio catering. Il neo ristorante pizzeria sta già ricevendo molti consensi dalla clientela: qui troverete un’ottima cucina romana (che d’estate, ci dice Maria Teresa, va in ferie per una cucina più leggera), tanto pesce, antipasti, primi e secondi. Anche la pizza è particolarmente buona, la lista delle farciture è vastissima e il pizzaiolo, ogni giorno, ne inventa una nuova per la gioia dei clienti ingolositi dalle continue novità. Il Maritè è un locale accogliente, di 80 coperti, moderno, dall’arredo minimal, con il grande bancone in acciaio e i faretti blu che illuminano in maniera soft l’ambiente e il bellissimo forno a vista.

La Ricetta

Terrina di maccheroni

La Polpadoro

Bollire i paccheri (vanno cotti all’80%) e scolarli. Mantecarli con salsa di pomodoro ottenuta con Polpadoro Cirio Alta Cucina. Disporre i paccheri su una terrina di coccio, ricoprirli con mozzarella e parmigiano; infornare a 180° per sette minuti. Nel frattempo friggere in olio extravergine una fettina di guanciale fino a renderla croccante. Disporre sulla terrina sfornata.

Ritrova il gusto del pomodoro fresco appena colto anche in cotture prolungate e ad alte temperature! La Polpadoro è una polpa finissima ideale per stufati, brasati e per condire al meglio le tue pizze. In confezione da 3 kg e cartone bag in box con 2 buste da 5 kg. 2 5


inSOLITOfood

a cura di Marianna Iodice

Le erbe in cucina con fantasia 2 6


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e erbe: menta, salvia, basilico, rosmarino, timo… Sono indispensabili in cucina per dare un tocco inconfondibile alle pietanze. Ma non solo: sono veri scrigni di proprietà salutari, in primis le proprietà digestive, tanto che già nel Medio Evo Carlo Magno, con un editto, obbligò a coltivare e tutelare le erbe “salutari”. Nella cucina mediterranea abbondano nelle minestre, nei sughi, per aromatizzare le carni. Dato che parliamo di Insolito food proponiamo qualche erba meno comune, come la borraggine, l’erba cipollina, la melissa, senza mai dimenticare che tutte le erbe aromatiche possono essere usate, con inventiva, in modo originale, non solo in foglia per dare un tocco in più al sugo o alla minestra, ma fritte, frullate etc etc… per creare ricette fantasiose. Come sempre nel nostro viaggio fra profumi e sapori ci sarà lo Chef Massimo Meloni che svelerà le sue preferenze. Caro Massimo, la borragine (Borrago Officinalis), ricca di potassio e calcio, è usata in piatti regionali, per mimi nestroni, ripieni per ravioli in Liguria (pansotti), torte e frittate. Tu come la useresti? «È un’erba carnosa, adatta a ripieni e farce particolari per pesci e carni bianche. Scottata, gelata in acqua e ghiaccio, salata e poi emulsionata con olio, diventa una salsa verde brillante per decorare e aromatizzare i piatti». Profumata, ma senza gli effetti collaterali della cipolla: è l’erba cipollina, usata spesso al posto della cipolla. È conosciuta fin dai tempi antichi, ed è menzionata in numerose ricette del cuoco latino Apicio. Ad esempio c’è l’insalata di crescione d’acqua, pimpinella, cicorietta, borragine, tarassaco,

dolcetta, portulaca, erba cipollina, menta, foglie di carota, cariota, raponzolo, malva, rughetta, foglie di fava, crespigno, rosolaccio, cerfoglio, erba noce, finocchiella, aglio selvatico, il tutto condito con olio d’oliva, aceto, sale. La usi spesso anche tu in cucina? «Guarda, sul salmone è fantastica, mischiata ad una salsa vellutata ricavata dal fumetto di pesce. Ma tritata e mischiata al caprino fresco penso sia la sua fine migliore!» Passiamo alla Melissa (Melissa Officinalis), conosciuta per le tisane digestive è buona anche nelle zuppe a cui regala un profumo simile al limone. Conosci qualche uso alternativo in cucina? «Le foglie intinte nell’albume sbattuto e non montato e poi passate nello zucchero comune si usano per decorare i frutti di bosco e i dessert in genere». Dai Massimo regalaci anche in questo numero una bella ricetta. Magari usando la solita menta o il solito basilico usato in foglie per profumare, in maniera alternativa. Noi ti regaliamo questa del cuoco latino Apicio, la Sala Cattabia: si prendono delle fette di pane caserecce integrali, le si bagna con acqua e un po’ di aceto. Si frullano 50 g di formaggio grattugiato, 3 o 4 foglie di coriandolo verde o prezzemolo, 3 o 4 foglie di menta, una spruzzata di pepe, 2 spicchi di aglio (se piacciono), 3 cucchiai di miele millefiori ed un po’ di olio (minimo 3 cucchiai). Si condisce poi il pane con questa salsetta. «Le erbe sono buone fresche soprattutto, secche alcune come l’origano sono anche meglio, ma alcune come il basilico sono ottime trasformandole in pesto, lo stesso si può fare con altre erbe a foglia tenera: la menta io ad esempio la preparo in salsa agrodolce e la conservo in vasetto, pronta per abbinarla a carni arrostite di ovino. Ecco la ricetta: 50 g di menta fresca tritata, 25 g di zucchero bruno, 100 g di aceto bianco e 50 g d’acqua; bollire i liquidi con lo zucchero, sale e pepe, poi tuffarci dentro la menta, far riprendere il 2 7


bollore, invasare mettendo all’interno un cucchiaino per non rompere il vaso di vetro e chiudere. Una volta aperto si deve conservare in frigorifero.

Le erbe in sintesi Alloro: insaporisce sughi e intingoli. Ottimo con pesce e selvaggina. Si usa nella cottura dei legumi. Aneto: simile al finocchio, ma più delicato. Ottimo con il pesce, spesso abbinato al salmone, ma anche con formaggi freschi ed omelette. Basilico: ottimo nei sughi e in tutte le preparazioni a base di pomodoro. Buono anche nelle insalate, in piatti di verdure e carne. Borraggine: dal gusto simile al cetriolo si usa con verdure bollite e al burro. Cerfoglio: ottimo con pesce, crostacei, molluschi bolliti. Erba cipollina: dal gusto simile alla cipolla, aromatizza formaggi freschi, patate, zuppe, piatti a base di uova. Maggiorana: simile all’origano, ma un poco più delicata. Si usa fresca su minestre, zuppe, verdure, formaggi freschi, uova e carne. Melissa: ottima in insalate e zuppe. Menta: ottima nella preparazione di gelati, semifreddi in abbinamento a frutta. Si usa a crudo in insalate. Origano: si usa secco ed è altamente versatile. Prezzemolo: insaporisce legumi, pesce, insalate di mare, patate. Rosmarino: ottimo con carni, piatti grigliati, pesce e patate arrosto. Salvia: ottimo al posto di o in abbinamento al rosmarino. Timo: con verdure e pesce cotti, legumi, patate in padella, carne e cacciagione. 2 8

I sapori e i profumi del Mediterraneo Dall’amore per la natura nasce Le Erbe dello Chef di Angelo Mileti, azienda specializzata da anni nella coltivazione di erbe aromatiche autoctone pugliesi e non. L’azienda Mileti, infatti, nasce nella verdissima campagna di Fasano intorno all’ottocento. Nei secoli l’agricoltura è cambiata, ma la famiglia Mileti ha continuato a coltivare, di generazione in generazione, con la stessa dedizione. L’idea aziendale di puntare sulle erbe aromatiche è frutto di un ritrovato e sempre crescente interesse verso la tradizione gastronomica mediterranea e la riscoperta delle virtù benefiche ed officinali di queste piante. L’azienda Le Erbe dello Chef è un luogo davvero particolarissimo e la parte più suggestiva è sicuramente rappresentata dallo splendido uliveto secolare del Signor Mileti. Questo è un posto unico in cui i tronchi di ulivi antichissimi e giganteschi emergono da un mare di rosmarino, origano e salvia che crescono rigogliosi nutriti dal caldo sole pugliese. Le serre poi sono un tripudio per i sensi, ricche come sono di colori e profumi: dal verde brillante del basilico (da quello nostrano a quello genovese) si passa a quello più tenue della salvia. Si odora la menta fresca, il timo comune e quello che sa di limone, il ginepro e il rosmarino. La crescita di queste piante, la cura di esse, la raccolta e la loro essiccazione, ogni passaggio viene effettuato rispettando i tempi della natura. Oggi il marchio Le Erbe dello Chef, certificato Global G.A.P. porta a spasso, attraverso una capillare distribuzione sul territorio italiano ed europeo, il sapore e gli aromi del Mediterraneo e della sua gastronomia tipica. Le Erbe dello Chef di Mileti Angelo C.da Lamascopone 72015 Fasano, Italy Tel. 080.4426243 info@ortoflora.it www.leerbedellochef.it


inSOLITOfoo

Pizza con crema di erbe

Ingredienti

Procedimento

Mozzarella di bufala, pancetta, pomodorini, mascarpone, erbe aromatiche (aneto, erba cipollina, prezzemolo, timo), sale, olio extravergine di oliva.

Lavare e sminuzzare le erbe aromatiche e disporle in una ciotola con il mascarpone, mescolarle e aggiungere un pizzico di sale. Stendere il disco di pasta e cospargerlo di mozzarella di bufala a tocchetti, aggiungere i pomodorini tagliati a pezzi e la pancetta saltata precedentemente in padella e infornare. In uscita aggiungere la crema alle erbe, un filo d’olio extravergine e prezzemolo.

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casillo

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Pizza pesto e pomodorini

Ingredienti

Procedimento

Mozzarella, Philadelphia, pesto fresco di basilico, pomodorini, pinoli, olio extravegine di oliva.

Stendere il disco di pasta, aggiungere la mozzarella a pezzi, la Philadelphia, i pomodorini e infornare. A metĂ cottura aggiungere il pesto di basilico fresco e infornare. In uscita aggiungere i pinoli e un filo di olio extravergine di oliva. Guarnire con basilico fresco.

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pizzaCHEF Giannino Eusebi Ha iniziato all’età di 14 anni, prima come fornaio e poi come pizzaiolo. È stato con il compianto amico Carmelo Calabrese fra i fondatori dell’associazione “Rimini Pizza”, per la quale insegna l’arte della lavorazione e della preparazione di nuove tecniche di lievitazione degli impasti di pizza e di dolci. Quando ha iniziato a lavorare (con i suoi fratelli, poi con l’ex socio Armando Severini e poi di nuovo con i suoi fratelli), le pizze erano ancora poche, quelle che ora sono le “classiche”. Il sabato sera a Rimini, ricorda, sfornava 1500 pizze a serata, senza sosta. Ora Giannino è un pizzaiolo affermato, tanto che dopo circa 30 anni, ha aperto un secondo locale, cioè La Fornarina Take Away, aperta per soddisfare tutta quella gente che ama sì la pizza, ma da gustare davanti alla partita in Tv sul proprio divano.

La pizzeria ““La Fornarina” in Via Flaminia, 113 a Rimini, nasce nell’inverno del 1980 da una idea di Armando Severini e del suo socio e pizzaiolo Giannino Eusebi (che già lavorava stagionalmente con la sua famiglia). La Fornarina allora era il tipico locale pizzeria anni ’80, sobrio, con le pareti ricoperte di legno perlinato, i tavoli con panche in pino e poche suppellettili. Anche il menù era spartano: pochi tipi di pizza, qualche primo, patatine fritte e qualche dolce. Nonostante la sua semplicità, il locale divenne prestissimo la pizzeria più “bazzicata” dai riminesi, decretando il successo dei due soci, fino a che Giannino rilevò nell’82 l’intera società. La Fornarina divenne “La Fornarina dei fratelli Eusebi” (Giannino, Sauro, Nello); fu ristrutturato e rinnovato, nonché arricchito anche nell’offerta, grazie alla cucina di Nello, frequentatore assiduo di stage gastronomici.

Pizza Cecilia

Ingredienti

Mozzarella di bufala, pomodorini, olive nere, basilico, olio extravergine di oliva

Procedimento Preparare una base bianca con mozzarella di bufala, pomodorini, olive nere, un filo di olio extravergine. Infornare e aggiungere a fine cottura abbondante basilico. 3 2


Ingredienti • Mozzarella • Cime di rapa • Salsiccia • Pecorino Scoparolo • Olio extravergine di oliva

Procedimento Preparare una base bianca con mozzarella. Aggiungere le cime di rapa, la salsiccia, un filo di olio extravergine di oliva e infornare. In uscita spolverare con il pecorino.

Pizza

Pizza Pugliese

la ricetta

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Specialità le

Tiramisù Debic è la base ideale per la realizzazione dell’autentico Tiramisù italiano e di tutti i dessert a base di mascarpone. Contiene il 55% di mascarpone ed è facile e velocissimo da preparare, garantendo un risultato finale come fatto in casa. www.debic.com

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Fragole e Pistacchi su base croccante Ingredienti 500 g di fragole, 100 ml liquore alla fragola Per la crema al pistacchio: 1 l di Tiramisù Debic, 50 g di composta di pistacchio Per la base croccante: 300 g di biscotti secchi, 150 g di Burro Tradizionale Debic, 65 g di zucchero Per la guarnizione: 10 g di granella di pistacchio Per il dressing: 100 ml di aceto balsamico, 5 g di pepe rosa, 10 g di zucchero a velo. Preparazione Togliere il picciolo dalle fragole e unirle al liquore. Stenderle in una casseruola e lasciarle a temperatura ambiente per circa 2 ore. Sciogliere il burro e rompere i biscotti. Unire burro, biscotti e zucchero e lavorare a mano fino a ottenere un impasto. Stenderlo in una teglia e lasciarlo riposare in frigorifero. Prima di servire, ricavare dall’impasto dei biscotti rotondi. Montare il Tiramisù Debic a velocità media per circa 3 minuti. Aggiungere il Tiramisù Debic alla composta di pistacchio e riporre in un sac à poche. Macinare il pepe rosa e unirlo all’aceto balsamico e allo zucchero a velo. Disporre le fragole sul biscotto rotondo ottenuto dall’impasto, unire la crema al pistacchio e guarnire con della granella di pistacchi. Decorare il piatto con il dressing di aceto, pepe e zucchero.


PICCOLIpiaceri a cura di Gabriella Marchitelli

Il caffĂŠ

finire il pranzo con gusto 3 5


I

l caffè è il dulcis in fundo del pasto (ma anche l’amarus, se piace senza zucchero): è la nota finale di una sinfonia di sapori, ma troppo spesso i ristoratori lo trascurano. Dovrebbero, invece, essere attrezzati per far fronte alle quotidiane richieste, dopo il pranzo o la cena, sapendo fare un ottimo espresso o proponendo nuove “vesti” della classica tazzina, come i tantissimi tipi di caffè all’italiana (ben conosciuti

ai baristi) o sempre più noti caffè speciali aromatizzati. Charming Italy, blog dedicato all’Italia in lingua inglese, segnala, parlando di caffè italiano, ben 50 ricette, dal cappuccino al caffè macchiato, dal decaffeinato al corretto, fino alle combinazioni più sofisticate, come il marocchino con cioccolato bianco e il mokaccino. Non deve meravigliare che in Italia esistano tante varianti per preparare il caffè, siamo tra i paesi con la più solida tradizione legata a questa bevanda, tanto che esistono persino contaminazioni fra caffè e prodotti tipici regionali. Un esempio? Basti pensare al caffè leccese: si prepara il caffè ristretto, si riempie di ghiaccio un bicchiere in cui va poi versato tanto latte di mandorla fresco (tipico delle regioni del Sud Italia). Solo dopo si versa il caffè e si mescola, ottenendo così una versione speciale del caffè. In Italia il caffè si diffuse già dalla fine del XVI secolo; in particolare, per i suoi rapporti commerciali con il Vicino Oriente, fu la città di Venezia la prima a consumare questa bevanda. Se il caffè era già conosciuto a Venezia nel 1500, le prime caf-

Ingredienti: Cognac 1 cl, Caffè 6 cl, Zucchero di canna 2 cucchiaini da caffè, Arancia bionda 2 gocce, Twist di arancia carnosa. Preparazione: Shakerare energicamente fino a creare uno spesso strato di “spuma” un cognac di alto lignaggio, Marnier-Lapostolle V.S.O.P., insieme ad un espresso profumato e cremoso addolcito con il miglior zucchero di canna e aromatizzato con gocce di arancia bionda unitamente a cubetti di ghiaccio. Versare con l’ausilio dello strainer nella coppa da cocktail precedentemente decorata con crustas di canna scura umettata dal succo d’arancia. Un twist di arancia carnosa completerà l’opera nel calice. Abbinare qualche delizioso bonbon di cioccolato fondente adagiato su un letto di chicchi di arabica enfatizzerà ulteriormente il piacevole rito del caffè. Foto e ricetta Eva Kottrova 3 6


fetterie furono più tardive nel diffondersi. Dobbiamo aspettare il 1645. Oggi l’Italia è il primo paese nel mondo per esportazione di caffè tostato, con un fatturato di 700 milioni di euro all’anno, mentre l’indotto genera circa 5 milioni di euro (dati Triestespresso Expo 2010). Si può dire che dopo l’acqua il caffè è la bevanda più apprezzata. In Italia, nell’arco di una giornata, circa il 49% della popolazione beve caffè. Potremmo dire, insomma, che per gli italiani prendersi un caffè sia un gesto a metà strada fra il bisogno e il piacere, un momento di relax, una pausa in cui corroborarsi. Bere il caffè è una soddisfazione che sazia non solo il gusto (amaro e forte, dolce e cremoso, sempre aromatico, con note di liquirizia, con toni di latte o panna o cioccolato, con punte speziate, in base alla ricetta di caffè che scegliamo), ma ripaga anche l’udito (il cucchino che tintinna nella tazzina o nel bicchiere), l’olfatto (l’intenso aroma inconfondibile) e la vista, nelle tante presentazioni possibili. Caffè significa per gli italiani fantasia: le aziende specializzate ne propongono di nuovi tipi, aromatizzati alla vaniglia, allo zenzero, intensificati dal guaranà o dal ginseng, che accentuano la carica rinvigorente della caffeina e donano un aroma inedito. Persino gli chef, dopo i bartender, si sono interessati a questo piacere indiscutibile; Ferran Adrià, per esempio, ha creato il caffè solido, una miscela di caffè, zucchero e gelatina che viene solidificata per sei ore. Una volta servito nella tradizionale tazzina, ha la consistenza di una mousse fresca e compatta che non si beve, ma si gusta col cucchiaio. Per chi invece non ama la caffeina, c’è sempre la possibilità di gustare caffè speciali decaffeinati o c’è la possibilità di optare per quello che una volta veniva chiamato surrogato, ma che oggi ha il suo posto d’onore, il caffè d’orzo, preparato come un espresso e spesso aromatizzato, vero regalo della natura, ricco di proprietà benefiche.


Mercato& tendenze speciale

Lucano 16, il leggerment’amaro Lo storico marchio Amaro Lucano fondato in provincia di Matera e di proprietà della famiglia Vena, è un’azienda di spicco del settore beverage italiano, da più di 100 anni leader nella gamma degli amari. L’ultimissima novità dell’azienda è Lucano 16, il modo più originale e innovativo di bere “leggerment’amaro”, un prodotto fresco, profumato e giovane, in un packaging moderno e frizzante, che conquista i consumatori più giovani. Ha soli 16 gradi e al suo carattere leggerment’amaro lo rende perfetto in ogni occasione di consumo, anche per aperitivi e cocktail come il nuovo 16 spritz! preparato con 1/3 di Lucano 16, 2/3 di prosecco, una scorza d’arancia e tanti cubetti di ghiaccio. Info: www.amarolucano.it

Gustosia per dessert Gustosia è un eccezionale strumento per la creatività: fantasia e professionalità potranno coniugarsi in squisiti dessert, da preparare in tempo rapidi, con un’estrema facilità di dosaggio e di preparazione. A Sapore l’azienda ha portato diversi prodotti eccezionali, tra cui i prodotti senza glutine, come la Panna Cotta e la Bavarese Neutra, ideale per chi è intollerante al glutine. La Bavarese in particolare è un preparato delizioso a fine pasto, a base di crema inglese amalgamata con gelatina e con aggiunta di panna, dalla consistenza tipica, fra un budino e una mousse. Si prepara a caldo, ma senza ebollizione. Offerta in astuccio da 4 buste da 180 g. Info: www.gustosia.com

Pappami, il piatto che si mangia Pappami, il piatto che si mangia, è un nuovo prodotto per la ristorazione: un piatto da mangiare, durante o a fine pasto. I “petali” della corolla possono essere spezzati e consumati insieme alla pietanza. Pappami è un prodotto da forno ecologico, che mantiene calde le vivande, versatile, utilizzabile in microonde. Può contenere cibi liquidi e semiliquidi per oltre un’ora. È realizzato con ingredienti simili a quelli dei crackers e ha un gusto naturale, che richiama alla mente il sapore del pane. Info: www.pappami.com 3 8


Demetra srl: arriva il nuovo Chili Fondata nel 1986, Demetra s.r.l. produce e vende in tutto il mondo la sua gamma di prodotti, sintesi tra la tradizione gastronomica italiana e la cucina moderna ed innovativa, partendo dai tradizionali antipasti sott’olio per arrivare ad oltre 400 innovative specialità. A sapore 2012 Demetra ha presentato il nuovo Chili con carne e i Porcini trifolati Alta Gastronomia. Il Chili con carne è preparato secondo l’esclusiva ricetta del Cowboy’s Guest Ranch, più vicina al gusto europeo, senza peperoni piccanti, con sola carne di manzo, senza conservanti e coloranti. Può essere utilizzato tal quale o con aggiunta di peperoncino come condimento per primi piatti o piatto unico. Info: www.demetrafood.it

Per i più piccoli a tavola giocando Il progetto La Compagnia dei Guardiamondo è rivolto a tutti gli operatori dell’ospitalità, tra cui anche i ristoratori. È un progetto dedicato ai bambini, pensato per intrattenerli in modo creativo e stimolante. I prodotti offerti sono molti e vari, tra cui alcuni sono pensati per i bambini che, seduti al tavolo di un ristorante e di una pizzeria, sentono il bisogno di giocare oltre che mangiare. Ad esempio ci sono le tovagliette colorate fustellate, personalizzabili con il logo del tuo locale, le cartoline da disegnare e colorare, gli cartoline da disegnare e colorare, gli album con 32 giochi, gli album da disegno, kit con pastelli e kit con pastelli e pennarelli, nonché attrezzature come tavoli e sedie per bambini e carte da parati divertenti per creare corner dedicati ai più piccoli. Info: www.riscoprilanatura.it

Made in Puglia: Agricola del Sole Al 6° Concorso Oli Extra Vergini di Oliva “Oro Giallo 2012”, svoltosi all´interno di Sapore, a Rimini Fiera, Agricola del Sole, presente alla manifestazione nello stand del Comune di Corato, si è aggiudicata col proprio olio extra-vergine d’oliva il 2° posto nella categoria dei Fruttati Leggeri. In un contesto di rilievo nazionale e internazionale, ad Agricola del Sole viene quindi attribuito un importante riconoscimento che conferma l’alta qualità e la sapidità delle proprie produzioni. La soddisfazione per questo premio rappresenta, per la giovane azienda, importanti fattori di stimolo nell’opera di promozione dei suoi prodotti. 3 9


BIRRAd’autore

Stout la bevanda nazionale

a cura di Franco Re rettore Università della Birra

dell’Isola Verde

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l mese di marzo è sacro in una delle isole più birrarie che ci siano. L’isola è l’Irlanda e la sacralità è garantita dalla festività di San Patrizio, patrono dell’isola, che cade il 17 del mese. Appena quattro giorni prima dell’inizio della primavera. Sarebbe pertanto quasi peccaminoso non dedicare alle Stout la nostra attenzione. Da secoli bevanda nazionale dell’Isola Verde per eccellenza, la Stout è una delle tipologie più scure che esistano nel panorama brassicolo internazionale. Lassù viene infatti comunemente detta ‘Black Stuff’, la roba nera. Una birra scura che può vantare una densissima schiuma color cappuccino, un’intensità olfattiva piuttosto forte basata

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sui toni caldi del torrefatto e del tostato. È riscontrabile anche un’acidità fruttata di bacche scure e frutti acerbi che la rende di pronta beva. Poco frizzante come lo sono in genere le birre britanniche ha una caratteristica che la distingue: a seconda del marchio ha un corpo diverso, che va dal leggero al medio-leggero al rotondo. Inoltre evidenzia una connotazione amara più accentuata in presenza di un corpo più pieno. Facciamo qualche esempio per chiarire: Guinness ha un tenore alcolico di 4,3 gradi, 44 IBU (unità di amaro) e un corpo decisamente rotondo. Basti pensare che chi l’assaggia per la prima volta non di rado sostiene che si tratta di una birra doppio malto, il che non è vero


per nulla. Murphy’s palesa 4,1 gradi alcolici, quasi gli stessi, ma ha 34 IBU e un corpo leggero, risultando assai beverina. Beamish è una via di mezzo fra le due precedenti Stout: 4,2 gradi alcolici con 38 IBU e un corpo più che leggero. Si deduce che, pur essendo poco alcoliche, le Stout interpretano il corpo della birra in modo personalizzato. In ogni caso il loro equilibrio gustativo è decisamente orientato all’amaro. Per chi ama questo volto del gusto ecco che la ricchezza retrolfattiva risulta assolutamente competitiva nei confronti delle altre tipologie birrarie. Le Stout irlandesi hanno una notevole secchezza: ecco perché sono Session Beers, birre da quantità. Chi le ama non si stancherebbe mai di berne un’altra pinta. L’abbinamento classico al quale sono dedicate numerose feste birrarie è Ostriche e Stout. Questa tradizione esisteva già nel Settecento a Londra. A quel tempo la Porter, antenata delle Stout, andava per la maggiore e sulle rive e nell’estuario del Tamigi si trovava una quantità industriale di questi molluschi. Si trattava di due prodotti disponibili a prezzi bassi e quindi alla portata di tutti. Anche se economicamente oggi non è più così conveniente questo matrimonio gastronomico è durato fino ad oggi. Da Dublino a Galway, da Cork a Limerick, dal Connemara al Ring of Kerry è tutto un susseguirsi di festival a base di Oysters & Black Stuff. Il loro assertivo amaro smorza la sapidità tutta marina delle ostriche. Il corpo della Guinness

Metti il Lievito nel Tuo Fatturato: diventa un Esperto di Birra

inoltre si accompagna molto bene con la carnosità dei bivalvi. Nel Bel Paese ci sono altri molluschi più a buon mercato delle ostriche e con la stessa sapidità marina, come per esempio le cozze o le vongole veraci. Ci sentiamo di suggerire pertanto di abbinare una Stout a una pizza ai frutti di mare, anche perché non dimentichiamo la bassa frizzantezza del Black Stuff che va ad attutire la vivida acidità del pomodoro. Infine non è male ricordare che le pizze sono anche dolci e le note di tostato e torrefatto riscontrabili nelle Stout si trovano anche nel cioccolato, che sotto forma di Nutella o altro si sta affacciando nel mondo della pizza. L’abbinamento tra pizza e Stout è piuttosto inconsueto ma come avete avuto modo di constatare ha una sua logica ben precisa che non fa dell’abitudine (anche se organoletticamente sbagliata) la sua bussola ma si basa su affinità e contrasti che possano esaltare i profumi, i gusti e tutto quanto rientra nel mondo dei sensi.

Tu, professionista della pizza, vuoi far crescere il fatturato del tuo locale e avere un’altra interessante prospettiva professionale? Diventa Cervoisier, un vero e proprio esperto di birra che conosce in tutti i suoi aspetti la maltata bevanda, la sa servire nel migliore dei modi e sa abbinarla in maniera corretta. L’Università della Birra ti può aiutare a diventare un perfetto Cervoisier e a ottenere un diploma che certifica legalmente la tua preparazione. Abbiamo altri tipi di corso, anch’essi con valore legale, che possono soddisfare ogni tua esigenza. Chi ci ha seguito diligentemente ha avuto significativi incrementi di fatturato, che in media hanno sfiorato il 30 per cento. Consulta il nostro sito www.universitadellabirra.com e contattaci con una e-mail a cerevisia@tin.it, per telefono allo 0332.458676 Fax 0332.459425 oppure al 348.3730178.

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Guinness Extra Stout

Profanity Stout

La Guinness è la famosa birra Stout prodotta dalla Arthur Guinness Son&Co., in Irlanda. Il colore di questa stout di 5 gradi alcolici, tende al nero; il gusto è asciutto, intenso e maltato. Durante la degustazione si avverte un aroma di luppolo e malto tostato. La schiuma, come impone il marchio Guinness, è cremosa e persistente.

Stile imperial stout è la prima della serie di birre frutto di un concorso di studenti del corso di mastri birrai di Edimburgo che la birreria William’s ha deciso di immettere sul mercato; il gusto è ricco, complesso, con note decise di caffè, aroma fruttato. Al palato risulta morbida e vellutata .

Distribuita da Diageo www.diageo.com

Distribuita da Eurosaga www.eurosaga.it

abbiniamole con...

Fuller’s Black CAB Stout Ultima uscita della vasta gamma Fuller’s, la BLACK CAB Stout è prodotta con 5 diversi malti tostati. Di colore decisamente nero, gusto pieno di caffè con note di frutta rossa e aroma di malto tostato. Finisce con un retrogusto leggermente amaro. Distribuita da Eurosaga www.eurosaga.it

Le Stout sono ottime con le ostriche e con i formaggi saporiti, ma un altro abbinamento Le Stout sono ottime con le ostriche e con i formaggi saporiti, ma un altro abbinamento da provare è con i dessert al cucchiaio a base di creme. da provare è con i dessert al cucchiaio a base di creme. 4 2



VINOd’autore a cura di Eustachio Cazzorla enogiornalista e sommelier degustatore

Primitivo

dalla Puglia al resto del mondo

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cco un vitigno misterioso che ci porta a Sud, nel “Tacco d’Italia”, la Puglia. Un vitigno che dona vini rossi tendenti al violaceo, di buona alcolicità e profumati, dalle origini antiche, che si potrebbe facilmente abbinare ad una pizza con condimenti a base di carne fresca, tartufo e profumi forti ed eleganti. Vitigno versatile, il Primitivo nella versione dolce naturale (Docg dallo scorso anno) ben si abbina alla pizza pasticcera o a base di frutta. Il Primitivo ha trovato come zona d’elezione naturale i territori di Gioia del Colle (sulle Murge in quota esprime maggiore eleganza) da dove proviene, e di Manduria (nel Golfo di Taranto in sedimenti sabbiosi del Ternario dove esprime potenza alcolica e profumi ammalianti). Come sia giunto a Gioia del Colle nessuno sa dirlo, ma qui avvenne la prima storica selezione clonale grazie al primicerio Don Francesco Filippo Indellicati (1767–1831) che si accorse come nei vigneti un’uva nera da vino giungeva a maturazione prima delle altre a fine agosto e venne ribattezzata localmente “Primativo”. Le talee di quel vitigno, con gemme e accenno radicale al tallone, giunsero a Manduria da Altamura una prima volta con gli esuli dei moti del 1799 e poi a fine ‘800 con la dote della contessina Sabini di Altamura che andava in sposa a Tommaso Schiavoni Tafuri. Il Primitivo ha una caratteristica peculiare, quella di produrre dopo la vendemmia, dalle sottogemme, i racemi. Piccoli grappoli con 2, 4 o 5 acini, dotati di maggiore acidità. Spesso tagliati e buttati via a fine vendemmia o lasciati ai contadini per il loro vino di casa, l’azienda Polvanera di Acquaviva delle Font ha invece messo a frutto un’incredibile intuizione e ne ha fatto uno spumante a metodo classico, rosè, il Vindemiatrix, che ben si abbina con la pizza, soprattutto ben carica di mozzarella e buon Oevo (olio extra vergine di oliva). Il Primitivo non cresce solo in Puglia, da tempo la famiglia Moio lo vinifica a Mondragone, nel litorale casertano, nel Golfo di Gaeta, con ottimi risultati. Questo vitigno splendido ha in sé il pregio di aver saputo re-

sistere anche agli attacchi della fillossera a inizio ‘900, proprio per la sua capacità di crescere sulla sabbia, vicino al mare. «È un vitigno adriatico» come ribadisce Giuseppe Baldassarre che lo ha a lungo studiato. Ha ritrovato vitigni con simili caratteristiche, ma con diversi nomi ad esempio in Albania, in Istria, identificato con il nome di “Bavanda da Sa Poursidi” (nella zona di Rovigno secondo gli studi della genetista Carole Meredith della University of California) e di Crljenak Kaštelanski in Croazia. Quest’ultimo è un vitigno geneticamente gemello del nostro Primitivo, piantato qua e là in vigne di Plavac Mali con cui è vinificato, ma mai in purezza. Il nostro Primitivo secondo alcuni deriva da vitigni ungheresi, ma poi lo si ritrova oltre Oceano, in California, con il nome di Zinfandel. Ci si rende conto che questo vitigno così ben localizzato ha invece girato il mondo, conosciuto con vari nomi, ma con un unico comune denominatore di profumi e di struttura. E tornando all’abbinamento alla pizza, bisognerebbe andare alla ricerca dell’americano “White Zinfandel”, raro esempio, possiamo dirlo, di Primitivo rosè. Quello di Manduria è super. Lo ha testimoniato anche l’ES di Gianfranco Fino, Primitivo passato in barrique che quest’anno è stato il vino più premiato da tutte le guide italiane. Il successo è anche del Primitivo dolce naturale che da un anno a questa parte è il primo vino Docg della Puglia. E come non abbinarlo alle pizze dolci. Non quelle a base di Nutella, ma quelle con crema pasticcera, granella di cioccolato fondente, panna e frutta, con spolverata di zucchero a velo. C’è da leccarsi i baffi. Una scorpacciata da fare in Puglia, proprio nel tarantino, magari d’estate, gustando la puccia farcita dentro e non sopra la spianata di pasta passata in forno. O il 10 di agosto per Calici di stelle a Sava o a fine agosto a Carosino, quando la Festa del Vino ha inizio con il primo zampillo della fontana del paese. Zampillo di acqua? No Primitivo a piene mani, nettare elegante che inebria con i suoi profumi fruttati a volte speziati che si diffondono nell’aria. Vino di grande personalità e di grande concentrazione, deciso tenore alcolico e tannini vigorosi. 4 5


news Scrocchiarella Dalla grande competenza Italmill ecco una farina davvero speciale, studiata appositamente per sfornare in modo semplice e veloce la tipica pizza in pala. Con Scrocchiarella il risultato è garantito. Non solo dal punto di vista tecnico, il prodotto finito è difatti unico nel gusto, croccante e digeribile. Appena sfornato si presenta poi con una doratura praticamente perfetta e un profumo davvero invitante. Ma i vantaggi per chi lavora questo speciale mix non finiscono qui. Scrocchiarella, studiata, lo ricordiamo per la tipica pizza in pala, è sicuramente un’arma in più per chi fa pizza. Arricchire infatti la propria offerta con altre tipologie di pizza, magari da vendere (bene) anche al taglio, oltre che attirare una nuova clientela, consente di ricavare margini di guadagno molto interessanti. Fattore che di questi tempi non è certo da trascurare.

Preimpasto: Mix pizza Scrocchiarella g 1000, acqua g 600, Lievito Bravo secco (20 g se fresco) g 10 Impastare tutti gli ingredienti per 4 min. in 1a vel e lasciar lievitare in frigorifero a 4°C per 16/24 ore. Impasto finale: Preimpasto g 1610, Mix Pizza Scrocchiarella g 1000, Acqua g 900, Sale g 60, Olio extravergine d’oliva g 40, Lievito Bravo secco (10g se fresco) g 5. Impastare tutti gli ingredienti, tranne l’olio, con 3/4 dell’acqua, aggiungere piano piano la restante acqua e l’olio extravergine di oliva (comunque inserire la quantità maggiore possibile di acqua). Lasciar puntare l’impasto 30/40 minuti, pezzare i filon del peso desiderato, formare e riporre nelle cassette a lievitare 3 o 4 ore (i tempi variano in funzione della quantità di lievito). Cuocere a 300°C.

Tiziano Casillo, tecnico dimostratore Italmill con una “scrocchiarella” appena sfornata. Una delle tantissime degustate e apprezzate da centinaia di visitatori in occasione della recente Tirreno C.T. a Carrara Fiere. 4 6


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Pizza e Peroni il gusto li unisce. Pizza e Peroni, il connubio come si sa, è perfetto. Se poi questi due protagonisti del buongusto italiano si ritrovano in un locale accogliente nel quale si respira amicizia e buon odore di impasto e forno a legna, allora la perfezione è assoluta. E quanto avviene nella Pizzeria Botta, a Bari in via Gian Giuseppe Carulli 71. Un locale davvero speciale che apre le sue porte ai

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clienti e li abbraccia con la simpatia dei proprietari, Vitangelo e Nicola Botta, e con il suo ambiente caldo, fatto di soffitto in legno, panche, tavoli e sedie di legno, piccoli dettagli eleganti in una pizzeria rustica. Appena si entra saltano subito all’occhio due elementi: il grande forno a legna e il bancone su cui troneggia l’impianto della birra alla spina Peroni.


A Nicola Botta domandiamo subito da quando offrono il marchio italiano nel loro locale. «Da sempre. È un matrimonio che nasce tantissimi anni fa. Abbiamo sempre trattato Peroni e Nastro Azzurro. Da un annetto abbiamo la Peroni alla spina». Ma i clienti cosa chiedono di più fra bottiglia e spina? «La spina ovviamente! La birra alla spina non la puoi bere a casa. È un’esperienza di senso e sapore unica che puoi provare solo nelle birrerie e nelle pizzerie. Se poi viene spillata con cura ottieni la giusta schiuma e la bevuta e praticamente perfetta». E con la pizza, cosa preferiscono bere i vostri clienti? «Birra, non c’è dubbio. I numeri poi parlano chiaro: la birra è la più amata con la pizza. C’è una cultura qui in Italia su questo abbinamento che trovo essere impareggiabile. L’amarognolo della birra si abbina in modo ineguagliabile al sapore dell’impasto cotto nel forno a legna. Non c’è nulla di meglio che pasteggiare una pizza con un bicchiere di Peroni». Chi sceglie Peroni di solito? «Tutti, dai giovani a meno giovani. È l’italianità per eccellenza e piace sempre. Poi qui a Bari e per i baresi Peroni è una famiglia, anche in virtù dello stabilimento di produzione. Possiamo senz’altro affermare che Peroni è parte di questa città e della sua cultura. Per esempio ci sono anche dei film che l’hanno resa protagonista. Uno di questi è il film cult La Capagira tutto in dialetto barese». Da quanto tempo esiste la Pizzeria Botta? «Questa pizzeria fu aperta nel 1979, faccia un po’ lei

il calcolo. La aprì mio padre Vitangelo, con cui lavoro anche io da anni». Una pizzeria storica della città, quindi? «Spero di si! Beh, abbiamo clienti che hanno iniziato a mangiare da noi da fidanzati, poi da sposati e oggi vengono con i loro figli!». Cosa date in più a chi viene da voi? «Qualità. Facciamo una bella pizza con cornicione alto e morbido. Usiamo solamente ingredienti di qualità. Usiamo olio extravergine, la mozzarella fiordilatte, non la pasta filata. A volte i nuovi clienti si accorgono delle differenze e ti capita di dover spiegare che la mozzarella vera fa un po’ di acqua, ma ha un sapore totalmente diverso. Insomma, la qualità va anche spiegata, ma alla fine il cliente apprezza e torna. Se non facessimo così risparmieremmo un euro subito, ma perderemmo il cliente dopo. Idem per la birra. La birra è importante nell’offerta e con la spina Peroni siamo sicuri di dare un prodotto che conquista». Quante pizze avete in menu? «Almeno una trentina. Ma diamo la possibilità a ognuno di farsi la pizza che gli piace scegliendo gli ingredienti. Una buonissima pizza della casa è a base margherita, pomodorini, i funghi pugliesi cardoncelli e a fine cottura prosciutto crudo. Poi abbiamo la bufalina, con base bianca, mozzarella di bufala d.o.p. , pomodorini, basilico, extravergine. Inoltre siamo anche “antipasteria”, abbiamo tanti antipasti della tradizione pugliese. Siamo aperti a cena, ma su richiesta anche a pranzo per piccole feste… E per brindare una bella Peroni alla spina non manca mai!». 4 9


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FGRi per cotture perfette

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ando seguito al percorso tecnologico dei modelli a combustione ibrida, MORELLO FORNI, ha dato forma e vita al nuovo modello di forno dal nome FGRi. FGRi (contrazione di Full Gas Rotary Ibrid) ha tutte le caratteristiche di un tradizionale forno a gas Morello a bocca singola con la possibilità di avere una rifinitura a Cupola Palladiana e un focolare di legna ad affiancare il bruciatore all’interno della volta. Tale tecnologia ibrida consente la contemporaneità di entrambe le combustioni riunendo le caratteristiche peculiari sia del rustico focolare di legna che del pratico e comodo sistema di doppi bruciatori a gas per ottenere la giusta cottura degli alimenti, oppure si possono utilizzare in maniera indipendente l’uno dall’altro. Per rendere più gradevole l’aspetto del forno all’interno del locale, la Morello Forni è in grado di fornire la rifinitura a cupola in versione Palladiana o in versione CoccioPesto. La differenza tra le due rifiniture a cupola sono le seguenti: La “Palladiana” è la rivisitazione del tradizionale forno napoletano con la classica lavorazione eseguita con tasselli di varia forma e sfumatura di colore in marmo naturale rievocando l’intramontabile

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mosaico antico, diversamente la cupola in “CoccioPesto” viene eseguita con materiali di antica derivazione che tuttavia possiedono delle ottime proprietà isolanti e traspiranti, molto importanti per la struttura del forno in pietra refrattaria. Per accompagnare a pieno il design del forno sono le nuove tastiere tattili multifunzione INTELTOUCH, accostando tradizione e innovazione in un com-


plesso del tutto raffinato. La tastiera INTELTOUCH di facile ed intuitivo utilizzo, consente tramite i vari comandi la gestione dei bruciatori di gas, il sistema di rotazione del piano di cottura , il sistema di illuminazione ausiliario e l’impostazione di tre diversi programmi di cottura con avvisatore acustico che determina la fine del tempo , la visualizzazione delle temperature della volta e del piano di cottura. Il forno FGRi è sicuramente il prodotto che rappresenta oggi in pieno l’azienda, sempre all’avanguardia con le tecnologie di ultima generazione mantenendo sempre un occhio di riguardo alla tradizione. Ogni sforzo della Morello Forni è volto nel tentativo

di continuare a migliorare i propri prodotti grazie al reparto interno di innovazione e ricerca che effettua studi nei vari settori sia dal punto di vista strettamente industriale produttivo che dal punto di vista dell’utilizzatore finale il tutto per poter sempre offrire ai propri clienti il meglio del meglio.

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Qualità, Genuinità, Garanzia... la trilogia del successo Il GL MINI di Esmach, generatore di lievito madre naturale è lo strumento che ti permette di raggiungerlo.

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e usare il lievito madre nella preparazione degli impasti significa fare un salto indietro nel nostro passato alla ricerca dei principi fondamentali della genuinità e del mangiar sano, che sono alla base della nostra tradizione mediterranea, dall’altra parte contribuisce ad aumentare la qualità del prodotto finito. Infatti è ormai noto che la pizza ottenuta con l’impiego del lievito madre naturale acquisisce sapore ed aroma eccezionali ed è mediamente più digeribile della pizza ottenuta con i metodi classici. Tuttavia, l’impiego del lievito madre naturale ottenuto con il metodo tradizionale, comporta un lungo processo produttivo e non poche difficoltà di mantenimento dello stesso con ovvi alti costi di mano d’opera.

GL MINI, che permette di accorciare i tempi di lavorazione attraverso cicli di lavoro programmabili e ripetibili utilizzando un metodo standardizzato che non necessita di personale specializzato. Questa attrezzatura professionale garantisce lievito madre pronto in qualsiasi momento della giornata ma soprattutto assicura le caratteristiche qualitative del prodotto finale quali aroma, sapore, fragranza e conservabilità che sono prerogativa dei prodotti a lievito madre ottenuto con metodi tradizionali.

Inoltre, con l’ausilio del GPC, la cella di lievitazione programmata a controllo elettronico adatta alla conservazione delle palline di pizza e vaschette di lievito madre liquido precedentemente preparato col GL MINI, viene salvaguardata una riserva di prodotto conservato a temEsmach, quindi, da sempre attenta al peratura ed umidità ideali che conmercato, ai suoi cambiamenti ed alle sente di aumentare la produttività mutevoli esigenze della vita moderna, Generatore di lievito madre GL MINI 12 su della vostra attività. ha messo a punto una tecnologia, il GPC cella fermalievitazione per palline pizza www.esmach.com 5 2


Successo al seminario “Vera Pizza Napoletana”

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uccesso di pubblico per il Seminario sulla Vera Pizza Napoletana organizzato a fine febbraio presso la Città della Scienza dall’Azienda Le 5 Stagioni in collaborazione con l`Associazione Verace Pizza Napoletana. Oltre duecento pizzaioli provenienti da tutta la Campania, accompagnati dalle loro famiglie, hanno preso parte all’incontro teso soprattutto all’approfondimento della conoscenza delle materie prime indispensabili per la preparazione della pietanza partenopea. I più piccoli si sono divertiti nei laboratori tematici “Mani in Pasta” e il “Pizzaiolo Acrobatico”. All’evento sono intervenuti quattro dei nove Maestri Pizzaioli componenti la nuova Giunta Esecutiva dell`Associazione Verace Pizza Napoletana, battezzata a margine del convegno. Si tratta di Guglielmo Vuolo, Ciro Salvo, Roberto Morotti e Paolo Surace che, con Franco Pepe, Gaetano Fazio, Gaetano Esposito, Attilio Bachetti e Luca Di Massa. A fornire un supporto scientifico al seminario è stato il professore Vincenzo Fogliano dell`Università Federico II di Napoli. Gli occhi dei partecipanti sono stati puntati soprattutto sulla lievitazione. A tal proposito lo staff tecnico dell’AVPN ha lavorato con il Centro Ricerche di

Agugiaro & Figna Molini per mettere a punto una tecnologia innovativa per produrre il lievito madre essiccato in polvere. Con “Naturalmente Verace” non si elimina il lievito di birra, ma se ne riduce la quantità richiesta che serve solo da innesco alla fermentazione. Per il resto si ottiene un lievito madre attraverso la fermentazione spontanea della farina impastata e lievitata più volte fino al raggiungimento del giusto grado di acidità. Così si formano i lieviti naturali e si interrompe la fermentazione estraendo parzialmente l`acqua dell`impasto ed essiccando infine il prodotto. «In questo modo si ottengono una fragranza e un sapore tipici del lievito madre. – ha spiegato Nicola Demo, tecnico della Agugiaro & Figna Molini - La pizza così presenta un’eccellente digeribilità. Nel corso della preparazione invece si facilita la stesura della pasta, l’impasto risulta più tollerante alle alte temperature e si permette una doratura omogenea su tutta la superficie». 5 3


eventi

Pizza e fantasia a

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d Identità Golose, tenutosi lo scorso febbraio a Milano, la pizza ha avuto un ruolo da regina nella kermesse speciale Identità di Pizza, in cui noti pizzaioli e chef hanno reinterpretato il piatto tradizionale italiano creando dei piccoli capolavori culinari. «Dando per scontato che la pizza, in Italia, si mangia sempre, qualcuno si è dimenticato di come la si fa bene. Se non la difendiamo, allora è inutile lamentarsi di non trovarla buona» ha detto Paolo Marchi, padrone di casa, quando ha introdotto la giornata dedicata alla pizza. Tra i protagonisti di Identità di Pizza c’era Enzo Coccia de La Notizia che ha presentato le Montanare Fritte

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con pomodorini del Piennolo e mozzarella di bufala affumicata. Tra i big di Identità di Pizza anche Gino Sorbillo, vulcanico e sempre pronto a difendere con passione la pizza napoletana tradizionale. A Milano Sorbillo ha mostrato un video in cui ha spiegato la tecnica per realizzare la vera pizza napoletana. Presente a Milano anche Jon Pollard che ha spiegato cosa significa pizza a Londra. Jon Pollard, al Pizza East, propone la cucina italiana innovando e mai tradendo il prodotto. Dice «la ricetta che propongo è un po’ la firma del mio ristorante: si tratta della pizza con polpette di vitello, prosciutto e panna montata. Per farla, realizzo un impasto simile a quello per fare il pane, la ciabatta, ma molto umido, lasciato a riposo per 12 ore, al quale si aggiunge altro impasto, e si fa riposare per altrettante 12 ore e rilavorato ogni


4 ore. Poi metto la panna montata sulla base: sembra un’eresia, ma vedrete che vi stupirà. Infine le polpette e il prosciutto». Franco Pepe da Caiazzo (Caserta) s’è esibito nell’antico quanto a volte non troppo bene eseguito rito dell’impasto, con tanto di madia, ricordando che pizza significa tecnica e territorio. Ha proposto due farciture: il ripieno con la scarola (messa a crudo), alici di Cetara, olive caiazzane, capperi e olio extravergine e poi la Mastunicola, antichissima, con lardo di maiale Nero Casertano, pepe, basilico e pecorino. A giocare con la pizza gourmet sono stati Corrado Assenza, dal Caffè Sicilia di Noto e Simone Padoan di San Bonifacio, in provincia di Verona che dell’impasto ha fatto una missione. È da qui, spiega, che parte tutto. Solo dopo arriva la farcitura da chef che non necessariamente deve essere costosa. Una pizza

gourmet significa piuttosto una pizza fatta da chi capisce di impasti ed equilibrio di sapori. E la semplicità paga sempre. Corrado ha portato fra le sue proposte anche la Pizza Dolce, fatta con un impasto più dolce del solito, formaggio di toma di ragusano maturato nel legno, peperone grigliato candito in sciroppo di miele e punte di cucchiaino di marmellata di pompelmo rosa. Ad Identità di Pizza c’era anche Roberto Pongolini, cuoco e pizzaiolo per passione. Prende a prestito l’alta gastronomia per la sua pizza Formaggio della Pietre e tartufo nero di Fragno. Nell’olimpo dei pizzaioli c’era pure Beniamino Bilali, del Berberè di Castel Maggiore in provincia di Bologna. La presenza di Bilali s’è incentrata sui fondamentali: acqua e farina. Il pizzaiolo ha illustrato i segreti dell’idrolisi dell’amido. Anche Bilali, dal punto di vista della farcitura, s’è speso in una pizza tutta fantasia: pomodoro e mozzarella, chips di pancetta, quenelle di albume di uova di quaglia e i tuorli resi più consistenti dopo una lavorazione in forno. Giuseppe Giordano, invece, ha ripercorso la storia della pizza tramontina che s’è unita alla tradizione piemontese. Giordano ha inventato una pizza tutta particolare, cotta in un tegamino speciale. Questa pizza l’ha chiamata Pizz’ino. 5 5


eventi

della

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al Tirreno C.T.

al 4 all’8 marzo in occasione della fiera Tirreno C.T. ha avuto luogo una originale e interessante iniziativa organizzata e condotta da Angelo Petrone della FIMAP (Federazione Italiana Maestri Pizzaioli) La particolarità dell’evento, dall’emblematico nome l’Arena della Pizza, era data anche dal fatto che vi partecipavano, con spirito di grande e fattiva collaborazione, altre associazioni di categorie, pizzaioli e aziende che si sono ritrovati in un contesto nel quale incontri e confronti erano legati da un unico comune denominatore: la valorizzazione della pizza artigianale e del mestiere del pizzaiolo. I partecipanti Fra le associazioni che hanno dato vita all’Arena, oltre alla FIMAP da segnalare la presenza di Danilo Pagano con il team della Squadra Nazionale Acrobati Pizzaioli e Pizzarte. Fra le aziende Molino Caputo,

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Lilly Codroipo, 5 Stagioni, Still Casa, Pizza Artigiana e Molino Maionchi. Le iniziative Nella cinque giorni a Carrara Fiere, tanti sono stati i momenti di incontro e confronto. Come il corso di senza glutine, la produzione pizze con farciture a km 0 e la focaccia cotta la mattone. Su tutti la tavola rotonda organizzata il 6 marzo la quale, attraverso un dibattito molto vivace, ha fatto il punto sulle attuali problematiche che vi sono nella ristorazione italiana. L’iniziativa, condotta e moderata dal direttore della rivista Pizza&core Giuseppe Rotolo, ha visto partecipare oltre ad Angelo Petrone, anche Cesare Biagioni, professionista del settore pizza ed esperto di formazione, la dottoressa Simonetta Montemagni, coordinatrice per la provincia di Massa Carrara della Onlus Toscana A.I.C. (Associazione Italiana Celiachia) e Luigi Mozzillo del team pizzaioli acrobatici. Alto nume-


ro di locali e una non adeguata formazione: questi sono i punti deboli del sistema che sono emersi dalla discussione. Molti dubbi inoltre sono stati sollevati circa il recente decreto sulle liberalizzazioni degli orari di apertura dei pubblici esercizi. Relativamente alla formazione e in taluni casi all’improvvisazione, Montemagni dell’AIC ha tenuto a sottolineare quanto rischioso e deleterio possa essere un trattare non professionalmente i prodotti per i celiaci. La dottoressa ha rimarcato il valore “formazione” quale prerogativa imprescindibile per operare, non solo con i prodotti senza glutine, ma anche per le più classiche attività ristorative. Sul tema “no glutine” molto applaudito l’intervento di Leone Coppola che ha sottolineato le difficoltà incontrate e le soluzioni dallo stesso adottate nell’immettere nella sua pizzeria i prodotti gluten free. Per Biagioni, oltre che fare una buona pizza, bisogna diventare anche bravi gestori: la crisi richiede infatti notevoli capacità gestionali per ottimizzare costi e ricavi. Mozzillo ha ribadito maggiore tutela per la pizza artigianale, che può sicuramente essere definita (e lo ha dimostrato) la pietanza anticrisi. Anche relativamente alla valorizzazione e al riconoscimento del mestiere del pizzaiolo è necessario intervenire. Un impegno che però richiede un comune sforzo da parte di tutte le associazioni italiane. Un impegno improbo, considerando l’alto numero delle stesse e la loro poca collaborazione. Un tal senso l’Arena della Pizza, rappre-

senta un beneagurante auspicio. Fra gli altri interventi da segnalare quello di Francesco Zazzera direttore della rivista Pizza&Food, secondo il quale la crisi si combatte e si supera puntando sulla “qualità”. La gare Le competizioni organizzate nell’Arena hanno visto questi protagonisti. Per la pizza classica Senior: 1° Gennaro Nappi, 2° Alessandro Meucci, 3° Filippo Olivieri. Per la pizza classica Junior: 1° Maria Pacurar, 2° Ciro Di Franco, 3° Simone Tognoni. Per la pizza Acrobatica si è affermato Leone Coppola, seguito da Giuseppe Lapolla e Aniello D’Albero. Nella Larga primeggia ancora Leone Coppola seguito da Valentino Laveglia e Alessio Rossi. Nella Free Style il podio vede al primo posto Alessandro Coluccino, poi Rodolfo De Luca e Leone Coppola. Coppola seFra gli espositori da se gnalare Alessio Gronchi di Capannoli di Pisa, che con il marchio Pizza Artigiana ha proposto delle basi di pizza precotte di esclusivaproduzione esclusiva reamente artigianale, rea lizzate con uno speciale mix di farine, lievitazione a biga e stese a mano. 5 7


eventi

Coppa Italia pizza di qualità 2012 grande successo a Velletri

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na severa giuria composta da sei esperti, tra cui ristoratori e diversi campioni di pizza provenienti da tutto il mondo, 130 partecipanti provenienti da varie città d’Italia, 13 categorie di gara: tutto questo è stata la “Coppa Italia Pizza di Qualità 2012”, tenutasi a Velletri. La finale dell’evento, portato avanti sotto la direzione dell’UEPT&R di Alfredo Folliero, si è tenuta lo scorso 27-28 febbraio presso il “Casale della Regina”. Evento rimandato di una ventina di giorni a causa del maltempo che aveva colpito l’Italia ad inizio mese, una scenografia alla The Day After Tomorrow ideale per iniziare l’anno in salita viste le difficoltà che si sono presentate ad inizio anno, ma dopo una salita c’è la discesa e per l’Unione Europea Pizzaioli Tradizionali e Ristoratori aspetta un’annata internazionale da Las Vegas a Tokio da Pechino a Dubai, tappe che alimenteranno l’ottimo lavoro svolto fino ad oggi. Un plauso speciale va alla rete istruttori di Pizza Style School www.corsopizza.it che ha sfornato giovani talenti, che ad inaspettata, sorte sono

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saliti sul podio alla prima gara confermandosi allievi modelli. Come sempre la gara è stata ricca di emozione per i partecipanti, ma soprattutto per i vincitori, non indugiamo dunque oltre nello svelarli: per la categoria Margherita Doc l’oro è andato a Salvatore Di Matteo; nella Pizza Classica primo posto a Antoine Di Fazio; nella categoria Pizza Scenografica battimani a Vittorio Rossi; nella categoria Pizza Innovativa podio ad Armando Messina; Ernesto Parziale s’è distinto nella sezione Pizza No Glut, mentre nella Pizza Dessert il campione è stato Aniello Rovezzo; nella categoria Sapori Del Sud il primo posto è stato assegnato a Antonio Trivento; il migliore Calzone Doc lo ha preparato, invece, Enzo Cacialli, mentre la più buona Pizza in Pala è stata quella di Alessandro Zompatori. La categoria Pizza In Teglia è stata vinta da Giuseppe Ricupero. La Pizza Fritta numero uno è stata quella di Domenico Caserta ed infine nella sezione speciale Spaghetto D’oro primo posto a Marcello Fotia. Si ringraziano gli sponsor ufficiali Molino Caputo, Dolce & Salato ed Euro Iovine.



eventi

alla conquista di Parigi

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uella francese è una piazza molto particolare, i francesi vanno conquistati». Antimo Caputo, titolare di Molino Caputo, ci racconta l’esperienza dell’azienda alla fiera parigina Parizza, tenutasi il 15 e 16 febbraio, evento che annualmente riunisce un centinaio di espositori e richiama oltre 3000 visitatori interessati alla cucina italiana in terra francese. A collaborare con Molino Caputo la partner storica, l’Associazione Pizzaioli Napoletani presente a Parigi con il presidente Sergio Miccù e i maestri pizzaioli Enzo Cacialli ed Ernesto Pacifico. «Abbiamo avuto la sensazione di un grande interesse da parte dei francesi per la pizza tradizionale napoletana e per la gastronomia campana in genere.

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- spiega Antimo Caputo. - La Francia ha una grandissima tradizione gastronomica ed è per questo che quello francese è un mercato peculiare. Da un lato i francesi si intendono di cibo e dunque sono interlocutori esperti, dall’altro, proprio in virtù della loro grande storia gastronomica, non accettano subito ciò che viene da fuori confine. Però, quando si propone loro l’altissima qualità catturi l’attenzione. Noi siamo davvero soddisfatti di questa fiera, la pizza Stg ha avuto successo. Per i francesi Napoli e la Campania sono una “riscoperta”, la amano perché Napoli ha avuto per tanto tempo la dominazione francese, e quindi qui ritrovano delle radici comuni. Tra i nostri prodotti, poi, ha destato particolare interesse Fiore Glut, il semilavorato naturalmente privo di glutine».


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eventi

Campionato SpigAmica a Sapore pizze classiche e alternative in gara

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i sono conclusi con successo di partecipanti i Campionati mondiali SpigAmica alla fiera MIA di Rimini (Sapore 2012). È stata una competizione lunga e sofferta in cui i professionisti pizzaioli si sono confrontati con la loro bravura nella preparazione di vari tipi di pizza. Ma come sempre l’evento ha riempito di soddisfazione sia i gareggianti che gli organizzatori, in primis il presidente di NIP, Dovidio Nardi, pizzaiolo pluripremiato. Le varie specialità in concorso sono state: Pizza Classica SpigAmica, Pizza Gluten Free, Kamut®pizza e Pizza al Taglio. La classifica finale della sezione Pizza Classica vede al primo posto Pinin Mongelli, dietro di lui al secondo e terzo posto rispettivamente Michele Maresca e Guerrino Liuto. La classifica finale della sezione Pizza Gluten Free vede invece sul podio Sergio Crivelli, seguito da Mirela Bubau e Guerrino Liuto. Sorpresa invece nella sezione Pizza al Taglio in cui c’è un pari merito per il primo posto, diviso da Maurizio Capodicasa e Alvaro Paganelli. Secondo e terzo posto, invece, a Thomas Giordan e Dovimr Ymohdi. Infine veniamo alla categoria dedicata alla pizza fatta con farina di Kamut, prodotto da anni cavallo di battaglia dell’associazione, sempre attenta a cogliere dalla natura suggerimenti per impasti con farine alternative per pizze di qualità, inedite e sempre altamente digeribili. Il primo posto è andato ad Alvaro Paganelli, a ruota lo seguono Hoque Rashedul (2° posto) e due pizzaioli pari merito, Mirko Fariello e Guerrino Liuto (3°). A sponsorizzare le gare, tra le altre aziende, Fabbri Fabbri 1905, 1905, Dori, DS Food, Novaltec, Mozzarella Sabelli, Work Center, Acqua Sidea, Molino Polselli e Aca.

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Laprovocazione

rubrica a cura del Direttore Giuseppe Rotolo

Luoghi comuni

“Italiani mammoni, anzi no”

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e avessero conosciuto Luca Lacalamita, forse i ministri Cancellieri e Fornero ci avrebbero pensato due volte prima di parlare dei giovani come mammoni che cercano solo il posto fisso per restare nella loro città vicini a mamma e papà. Sebbene abbia solo 26 anni, Luca ha già lavorato nelle cucine dei ristoranti di mezza Europa. Dopo gli studi alberghieri, a Trani, in Puglia è stato a Londra, poi a Milano, quindi in Spagna (in Costa Brava, presso il ristorante El Bulli) e ancora in Italia. Poi di nuovo in Spagna (questa volta nei paesi baschi) e ora è di nuovo in Italia, a Firenze. Insomma, un vero e proprio Le ultime parole famose globe trotter della buona cucina e del buon gusto. Riportiamo alcune dichia“I ragazzi razioni di Luca rilasciate a Corsera. italiani «Tutte le volte che ho cambiato paese, cercano solo e di conseguenza lavoro, l’ho fatto per il posto fisso imparare qualcosa in più, per poter fare per stare qualcosa di diverso, poter lavorare in vicino a mamma posti migliori. Quando sei giovane hai e papà” voglia di imparare tutto e subito, quindi non puoi permetterti di rimanere a lungo nello stesso posto. Avevo voglia di uscire dalla mia città natale, di vedere cose nuove e soprattutto di iniziare una vita tutta mia. Per questo sono andato in Inghilterra, dove inizialmente ho lavorato in piccolo ristorante italiano, poi sono passato alla pasticceria del Dorchester e poi da Gordon Ramsay». E le difficoltà? «Certo non è facile. Ogni volta affronti

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una serie di problemi concreti, logistici, anche banali: cercare casa, muoversi tra i cavilli burocratici, imparare bene la lingua. E poi c’è l’aspetto affettivo, perché la mia famiglia vive in Puglia. Il lato positivo, però, è che ho conosciuto tanti professionisti, che mi hanno aiutato a fare dei salti di qualità importanti a livello tecnico». Una bellissima storia quella di Luca al pari di tanti altri ragazzi italiani che hanno scelto il “Mondo” come la dimensione ottimale per la loro professione. Conosciamo, per esempio, tanti valenti pizzaioli sempre in giro per il mondo a promuovere il piatto tricolore. Storie che ci insegnano come i giovani italiani possono farsi valere in ogni dove e non solo nella loro città a fianco di mamma e papa. Ma i nostri (bravi) Ministri pare che non lo sanno.


“Morte tua, vita mia” Persecuzioni e maledizioni

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o ammettiamo, il titolo di questa “provocazione” fa un poco accapponare la pelle e istintivamente allungare l’indice e il mignolo della mano nel gesto universale e scaramantico che dovrebbe neutralizzare ogni male e negatività: le corna. Allo stesso tempo però non possiamo non constatare che tale inquietante frase è assolutamente inappuntabile, specie in contesti fortemente concorrenziali. Una regola che vale anche nel mercato della ristorazione italiana che negli ultimi e sempre più affollato e iper competitivo. Alcuni commenti che abbiamo recentemente annotato sono a dir poco eloquenti. «Lo confesso – ci riferisce un lettore del quale ovviamo il nome – da quando nel mio paese hanno chiuso due pizzerie concorrenti, mi sono un po ripreso». Altri, la maggior parte invece lamentano: «Negli ultimi due anni sulla piazza si sono aperte tre nuove pizzerie più una take away e ho dovuto rinunciare a una bella fetta di incassi, se poi ci aggiungiamo la crisi dei consumi la situazione è diventata davvero insostenibile». Queste affermazioni confermano senza mezzi termini la crudele regola, specie in un mercato come quella della ristorazione che definirlo una giungla è dir poco. Secondo le ultime stime in Italia i locali dove si può mangiare anche un semplice panino sono circa 291.000 fra bar, ristoranti, pizzerie, tavole calde e fredde, pub, birrerie ecc. Locali che, adesso, per effetto della liberalizzazione degli orari di apertura potranno stare aperti anche 24 ore. Quindi un’offerta vastissima a fronte però di una domanda asfittica e poco propensa a reagire, complice anche la crisi e i venti di recessione che soffiano sull’economia

italiana. Questo pernicioso meccanismo manda in crisi anche le imprese migliori innescando una serie di difficoltà e conseguente mancanza di liquidità che contamina poi tutta la filiera. Non per nulla uno delle questioni più evidenti riguarda i pagamenti. Molti fornitori infatti lamentano continui e persistenti crediti da parte degli esercenti. Potrà reggere il mercato della ristorazione italiana con questi chiari di luna e un così alto grado di affollamento? È molto improbabile che la situazione possa reggere e soddisfare le centinaia di miglia di operatori della ristorazione. È come trovarsi in cinque stretti stretti in un divano che invece ha solo tre posti. Si sta scomodi, ci si sta male, resiste quello che è piazzato meglio, ma quelli che sono ai bordi rischiano di cadere giù. Una caduta che ovviamente fa star più comodo chi rimane su. Morte tua vita mia, appunto. Secondo alcuni esperti, affinché il mercato possa trovare un suo nuovo equilibrio, considerando che nei prossimi anni la crisi continuerà a mordere, dovrebbero chiudere in Italia almeno il 20% dei locali. Grossomodo stiamo parlando di circa 60mila esercizi. Un numero impressionante, sarebbe un disastro che coinvolgerebbe anche un gran numero di dipendenti. Un’ecatombe di cui tutti, al di là della crisi e del sempre più problematico sovraffollamento, facendo debitamente le corna, faremmo volentieri a meno. Ma la crudele legge del mercato non si nutre di scaramanzia e non fa sconti a nessuno. 6 5


Anno X - n°56/2012

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