Ticino7

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08 L’appuntamento del venerdì

Erminio Ferrari

La discesa pagina quarantuno

Lingue. Il nostro “tesoro” nazionale  Ikea. Dall’utile al futile  Cucina. In punta di coltello 

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numero

Corriere del Ticino • laRegioneTicino • Giornale del Popolo • Tessiner Zeitung • CHF. 2.90 • con Teleradio dal 12 al 18 ottobre


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numero 42 10 ottobre 2008

Agorà Lingue. Il nostro “tesoro” nazionale Arti Alfred Hitchcock. Caduta in vertigini

Impressum Tiratura controllata 93’617 copie

Chiusura redazionale Venerdì 3 ottobre

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Media Ikea. Dall’utile al futile

DI

Reportage Cervino. La discesa

Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Concetto editoriale

DI

DI

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NICOLETTA BARAZZONI DI

Costume Galateo. Bon ton, sempre e comunque

Capo progetto, art director, photo editor

Redattore responsabile

VALENTINA GERIG

DI

Società Eugenetica. Il paradosso della purezza

Vitae Lucile Epper

Adriano Heitmann

SAMANTHA DRESTI

R. ROVEDA E G. FORNASIER

Salute Menopausa. Il raccolto d’autunno

Direttore editoriale Peter Keller

DI

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MARIELLA DAL FARRA DI

FABIANA TESTORI

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GABRIELE SCANZIANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DI

ERMINIO FERRARI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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FEDERICA BAJ. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Tendenze Cucina. In punta di coltello

DI

IMMAGINA Sagl, Stabio

Amministrazione via San Gottardo 50 6900 Massagno tel. 091 922 38 00 fax 091 922 38 12

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Il Cervino Fotografia di Erminio Ferrari

Cadute in discesa Fra i piccoli piaceri quotidiani quello della discesa sta nella mia “classifica personale” all’ultimo posto. No, nessuna mania “da arrampicatore sociale”… sostituite a discesa il vocabolo ritorno e forse vi sembrerà più chiara la mia leggera antipatia verso il riflusso. Immagino dipenda da un’idea preconcetta secondo la quale il ritorno ripercorre la strada dell’andata, ma in senso inverso. La prospettiva cambia, ma i luoghi restano… e la destinazione finale, quella dalla quale si è partiti, già vista e sperimentata. Come – sosterrà qualcuno –, nessuno ci obbliga a calpestare le stesse strade e uguali sentieri quando il momento del rincasare si avvicina, quando è insanabile il desiderio di ritrovare i propri luoghi, la propria lingua, i propri amici, i propri affetti. Mmhh… forse avete ragione, ma questo ritorno continua a piacermi poco... anche se a volte non vi si può proprio rinunciare. Ce ne dà

testimonianza Erminio Ferrari nel suo breve racconto che abbiamo accolto e fatto nostro su queste pagine, lucido nel titolo – La discesa –, luminoso nella scrittura. Scendere… tornare giù da una cima, riconquistare spazi certi, malgrado le condizioni proibitive, corolle di pensieri che si affollano nella nostra mente “di naufraghi”. Scendere, come le cortine oscure sempre più pressanti in autunni troppo vicini alle estati. Stagioni di foglie che bruciano di colori e atterrano. Autunni. Stagioni femminili di riconquiste, ritorni e raccolte… Abbandoni, cadute libere, vertiginose, in spirali senza fine. Vuoto… una perdita mentale di se stessi, una sensazione fisica di assenza. Perché, a volte, si scende privi di qualsiasi sicurezza. Forse il ritorno comincia a piacermi… E se fosse più sorprendente del partire? Buona lettura Giancarlo Fornasier

Per la maggior parte di noi non vi è che l’attimo isolato dentro e fuori del tempo, l’accesso di rapimento, sperduti in un raggio di sole, il timo selvatico non visto o un lampeggiare d’inverno, o il suono di una cascata, o musica ascoltata così intensamente da non udirla affatto ma siamo noi la musica finché essa dura… Per la maggior parte di noi questa è la meta non mai raggiungibile quaggiù per noi, non sconfitti soltanto perché continuammo a tentare…

“Parole scorrevoli” di Thomas Stearns Eliot (1888–1965)


Il nostro “tesoro” nazionale

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Plurilinguismo e pluriculturalità Potrà apparire ovvio, ma in quanto rappresentanti di una “minoranza linguistica” – la definizione è apparsa nella Costituzione per la prima volta nel 1999 per definire romancio, italiano e francese – che utilizza una lingua preziosa, veicolo di una cultura ricca e complessa, non possiamo sottrarci, volenti o nolenti, alla realtà del plurilinguismo. Una condizione indispensabile per le relazioni sia a livello nazionale sia internazionale. Ma come è cambiato in Ticino l’approccio all’educazione linguistica negli ultimi anni? Gé Stoks, formatore di docenti di lingua tedesca e inglese all’Alta Scuola Pedagogica di Locarno (ASP), da noi stimolato in questo senso, ci spiega che in linea con i provvedimenti presi dal Consiglio d’Europa, è in atto una didattica che mira a sviluppare negli allievi ticinesi non solo una competenza plurilinguistica ma anche “pluriculturale”.

Consapevolezza e conoscenze

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Agorà

L’apprendimento delle lingue riveste una parte essenziale nel percorso scolastico degli studenti ticinesi. Nel nostro cantone s’intraprendono molteplici attività a livello pubblico e privato tese proprio allo sviluppo delle differenti conoscenze e competenze linguistiche

Nella realtà della scuola ticinese, la presenza di docenti che insegnano più di una lingua (tedesco/inglese, francese/inglese, francese/tedesco ecc.) favorisce e facilita il coordinamento del loro insegnamento. Lo scopo è quello, attraverso specifiche strategie didattiche, di rendere gli allievi consapevoli nei riguardi di determinati fenomeni linguistici come l’individuazione di differenze e somiglianze fra le diverse lingue. In passato, infatti, gli insegnanti hanno spesso cercato di evitare un approccio comparativo, di confronto fra le lingue, temendo l’insorgere di fenomeni di interferenza – per esempio: in inglese, She became a baby; in tedesco, Sie bekam ein Kind –. Oggi le possibilità di “trasferimento” (dall’inglese transfer) tra le lingue vengono considerate come interessanti opportunità di riflessione linguistica e non più come fonte di errori.


documenti orali e scritti gli allievi sono invitati ad analizzare e a prendere coscienza dell’esistenza dei diversi idiomi, a cominciare da quelli utilizzati in classe. Se da un lato si favorisce il riconoscimento degli allievi alloglotti in quanto portatori di nuove conoscenze ai compagni, dall’altro il bambino esce dal guscio rappresentato dalla propria lingua – che spesso ritiene unica – per sviluppare attitudini positive e capacità di apprendimento.

Una proposta di formazione

Agorà

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Comunicazione e identità culturali Rispetto a solo una decina di anni fa, le metodologie di apprendimento delle lingue si sono molto evolute a livello didattico. Si pensi alla grossa fetta di mercato che si stanno guadagnando non solo i “classici” strumenti d’apprendimento – come libri e cd –, ma in particolare innovativi supporti di tipo interattivo. È vero che per un apprendimento “a tutto tondo” è indispensabile un periodo relativamente lungo nei paesi dove la lingua viene parlata, ma se si parte con delle buone basi l’adattamento e lo studio risulteranno facilitati e inoltre vi sarà la possibilità di accedere a livelli più approfonditi di conoscenza della lingua, raggiungendo importanti traguardi, come i livelli B2 o C1 del Portfolio internazionale. Ci pare opportuno concludere con le parole pronunciate dal Presidente del Consiglio nazionale André Bugnon in occasione della Festa della Patria di quest’anno: “La diversità della società elvetica contemporanea racchiude un grande potenziale”. Per far fruttare questo tesoro di diversità, “senza diventare una torre di Babele, vi è un solo mezzo: il rispetto di sé, degli altri e delle istituzioni”. È naturalmente auspicabile che le stesse favoriscano – non solo a livello legislativo – tutte quante le lingue del territorio elvetico, le stesse che formano l’enorme patrimonio culturale e d’identità della Confederazione, preziosi strumenti di comunicazione e conoscenza in un mondo così complesso e globalizzato.

» di Samantha Dresti; illustrazione di Micha Dalcol

Stoks riprende il contributo Das Konzept der Mehrsprachigkeitsdidaktik di Gerhard Neuner – documento disponibile sul sito del Centre Européen pour le Langues Vivates, www.ecml.at –, per sottolineare il ruolo chiave della lingua “del territorio”, considerata come una base e un punto di riferimento per l’apprendimento delle altre lingue. L’autore sostiene che è a partire dall’italiano – per quanto riguarda il nostro cantone – che è possibile avviare una riflessione sulla lingua e sui processi e i meccanismi di apprendimento che la riguardano. In passato, i docenti si limitavano a chiedere ai colleghi di italiano di insegnare le categorie grammaticali mentre oggi il ruolo della lingua “territoriale” è molto più ampio e certamente non più circoscrivibile a questo aspetto. Allo scopo di creare un clima positivo per l’apprendimento degli idiomi già fin dalla scuola elementare, sono poi proposte attività di éveil aux langues (traducibile con l’espressione “consapevolezza dell’esistenza di altre lingue”). Il numero crescente di allievi che non utilizzano la lingua del territorio come lingua “nativa” e di uso comune impone, infatti, una sfida nell’insegnamento dell’idioma territoriale, e non solo nelle scuole ticinesi. Attraverso questi progetti, le classi di scuola elementare del nostro cantone possono trarre profitto dalla presenza degli alloglotti: valorizzare le loro esperienze linguistiche non solo può favorire la loro autostima, ma permette una crescita della consapevolezza dei fenomeni idiomatici da parte di tutti gli allievi della classe. Esperienze effettuate in Svizzera e in altri paesi europei sembrano dimostrare che gli allievi che hanno sperimentato l’éveil aux langues sviluppano una maggiore facilità ad apprendere altre lingue. In concreto, attraverso

Tra le diverse offerte extra-scolastiche di formazione linguistica, prendiamo quale esempio la proposta che viene fatta dell’Associazione per l’infanzia e gioventù (ASIG) con i suoi corsi dopo scuola e per il tempo libero. Cornelia Kuhn, presidente di questa associazione no-profit che ha sede a SoldunoLocarno, sottolinea che “solo i bambini possono esibire il «genio linguistico» e ottenere facilmente una pronuncia perfetta. Prima si acquisiscono le conoscenze linguistiche meglio è: con il trascorrere degli anni l’apprendimento diviene più difficile e questo impedisce di raggiungere risultati di eccellenza. I bambini devono essere motivati e coinvolti ma senza costrizioni per evitare distrazioni. Essi non amano stare fermi e per non perdere il loro dinamismo e la loro creatività hanno bisogno di un approccio di tipo ludico”. L’innovativo metodo dell’Associazione nata nel 2006, è definito infatti Reformpädagogik: esso si basa sul rispetto dei ritmi individuali di crescita di ogni bambino/ragazzo e la stimolazione delle risorse personali e di autonomia, solo per citare alcuni aspetti didattici. L’utente è invitato a esprimere e sviluppare le proprie potenzialità e la sua naturale predisposizione, padrone di strumenti che gli permettono di cogliere tutto ciò che lo circonda, trovando ragionevoli spiegazioni a cose ed eventi in modo semplice e intuitivo. Le attività si svolgono in un ambiente accogliente, organizzato e stimolante in modo che i ragazzi possano esprimere serenamente le loro scelte sia come singoli sia come partecipanti di un gruppo. Per informazione ci si può rivolgere al numero telefonico 091 752 29 60 (il sito internet non è ancora attivo).


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punto di cadere essa stessa nella spirale della pazzia. E qui non va detto altro. Svelare lo sviluppo della trama sarebbe un torto imperdonabile per lo spettatore che deve vivere il film fino all’ultima inquadratura. Non vogliamo, invece, nascondere nulla dell’inventiva visiva di Hitchcock, per capire perché questo film, nonostante abbia compiuto i cinquant’anni, si dimostri interessante e abbia ancora qualcosa da insegnare. Partiamo dai titoli di testa, realizzati dal grande Saul Bass. Un volto di donna in primo piano, le labbra e poi l’occhio. Da quest’ultimo emerge una spirale ossessiva e inquietante che anticipa la vertigine che percorrerà tutta la pellicola. Fin dai titoli iniziali, il regista sceglie di suggerire il tema principale del film visivamente, attraverso le immagini, e non solo attraverso la narrazione. Un altro esempio: in un’inquadratura Madeleine sta

Maurizio del Ministro La donna che visse due volte Lindau, 2004 Un’analisi profonda e suggestiva del capolavoro hitchcockiano calata nella spirale visiva del film, inteso come un “monologo interiore”, un “allucinante viaggio mentale” del protagonista.

Film

La donna che visse due volte (Vertigo) Con James Stewart e Kim Novak. Incaricato da un amico di seguire la moglie, un ex poliziotto che soffre di vertigini non riesce a impedirne il suicidio. Si innamora, invece, di una ragazza che le somiglia... Una spirale vertiginosa dove il rischio di cadere nel vuoto è sia fisico sia mentale.

quello della figura ritratta sulla tela, un dettaglio inquietante su cui il regista ci fa posare l’occhio perché, ancora una volta, sembra una spirale in cui perdersi. La scelta di raccontare la vicenda con una lentezza dal “ritmo contemplativo” – come ha giustamente osservato François Truffaut nella sua storica intervista-fiume a Hitchcock – è una decisione consapevole perché, come dichiarato dallo stesso regista, “racconto la storia dal punto di vista di un uomo emotivo”. Nel film la “La donna che visse due volte” di Alfred lentezza è sinonimo Hitchcock è un film sul vuoto e la paura di di suspense, perché lo spettatore ha il temperdere se stessi, ma anche una lezione di po di interrogarsi ed è cinema che non finisce mai di sorprendere costretto ad aspettare, anche dopo mezzo secolo in tensione, lo svolgimento della vicenda. osservando un quadro che Il vuoto fisico e interiore è la paura per eccelraffigura la sua antenata. L’atlenza e il maestro del brivido, in questo film, mosfera è sospesa, la donna è riesce a indagare a fondo proprio nell’animo avvolta dal mistero. La macumano, inquietando senza terrorizzare. Un china da presa stringe sulla merito che ancora oggi appaga gli occhi di sua capigliatura. Madeleine ogni spettatore con una lezione di grande ha uno chignon identico a cinema.

» di Valentina Gerig

Arti

uomo scappa sui tetti inseguito da due poliziotti, sullo sfondo di una San Francisco all’imbrunire. Improvvisamente uno dei poliziotti scivola e si aggrappa a una grondaia, rimanendo sospeso nel vuoto in preda a una vertigine spaventosa. Il collega, nel tentativo di aiutarlo, precipita e muore. Un minuto e mezzo di sequenza. Inizia così La donna che visse due volte, capolavoro di Alfred Hitchcock del 1958. Il titolo della versione italiana, però, non rende pienamente l’essenza del film. Vertigo – questo l’originale – è invece perfetto. La paura del vuoto, infatti, è la principale ossessione del protagonista. Ma non si tratta di sola paura del vuoto fisico. La vertigine hitchcockiana è paura di perdersi, di cadere non solo materialmente e smarrire quindi la propria identità, lasciando via libera a ciò che di ambiguo c’è in ognuno di noi. E ne La donna che visse due volte questo senso di perdita e di smarrimento percorre davvero tutta la narrazione: John Ferguson, Scottie, è il poliziotto che avevamo lasciato sospeso nel vuoto. Soffre di vertigini e non è riuscito a superare il dramma del tragico inseguimento sui tetti. Dimessosi dalla polizia, viene ingaggiato da un suo ex compagno di college per pedinare l’affascinante quanto misteriosa moglie Madeleine, ossessionata da un’antenata morta suicida tanto da sembrare sul

François Truffaut Il cinema secondo Hitchcock Il Saggiatore, 2008 Un appassionante dialogo tra il regista simbolo della Nouvelle Vague e il maestro del brivido. Per sapere tutto sulle invenzioni visive e la psicologia di Hitchcock.

»

Un

Caduta in vertigini

James Stewart nella spirale (immagine tratta da www.hitchcockmania.it)

Libri


Nata per vincere!

Forme dinamiche e spirito decisamente indipendente contraddistinguono la Mazda5. Il telaio sportivo è motorizzato con un motore a benzina di 1.8 (115 CV) oppure 2.0 (146 CV). Per gli amanti del diesel, la scelta cade spontanea sul turbodiesel 2.0 CD da 110 oppure 143 CV con filtro antiparticolato. Diversa da tutte le concorrenti, si distingue in particolare per le innovative porte scorrevoli, a scelta ad azionamento elettrico. Polivalente e versatile, si trasforma da 2 a 7 posti ed è in vendita già a partire da CHF 28 500.– . www.mazda.ch.

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Dall’utile al futile

Erik Gunnar Trjo Soffro d’Ikea Leconte, 2006 Luci e ombre di un impero sinonimo di omologazione domestica planetaria.

» di Roberto Roveda e Giancarlo Fornasier

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O. Bailly et al. Ikea Anteprima, 2007 Sottotitolato “Che cosa nasconde il mito della casa che piace a tutti?”, il volume indaga sulla grande capacità di comunicazione della multinazionale dell’arredamento, alla ricerca dei suoi lati più ambigui.

“Non c’è nessuna fretta, prolungate pure la colazione. Queste sedie Ikea comode e imbottite sembrano fatte apposta per farvi restare Cervello esterno in scatola - istruzioni di montaggio (immagine tratta dal sito www.kottke.org; elaborazione grafica Tecnica T7) seduti più a lungo”. E in soggiorno? “Pronti a tutto. Guardare un film, caricare le batterie Senza suoni di orchestrina Ikea sia una sorta di grande dei vostri apparecchi elettronici o, perché e rulli di tamburi, si apre co- tata “pronta a prenderci per no, dare una festa” e ricordati che “fumetti, me tutti gli anni il tendone mano e organizzarci tutto giochi o Dvd. Ogni cosa trova il suo posto!”. sul grande circo del catalogo prende corpo”. Lo slogan – Insomma, un vero bailamme di divertimenti, Ikea, zeppo di colori vivaci, pensavate potesse mancare…? il bengodi della goduria, il paese dei balocchi mensole e ripiani, cuscini e – di quest’anno è “mettete ordie dei bambocci: bambini che fanno i bambicuscinetti, oggetti e oggettini… ne nella vostra vita” con sullo ni, giovani che fanno i bambini, adulti che insomma pieno! Ce lo siamo sfondo un bell’armadio con sembrano bambini, questi ultimi sempre trovati tutti o quasi nella cas- tanti cassetti e ripiani. Mica da soli con i loro pargoli per lanciare un setta delle lettere, un giorno… un obbiettivo da poco quello chiaro messaggio alle sempre più numerose all’improvviso. E dopo averlo di mettere ordine nella mia famiglie monoparentali: guardate che Ikea vi avidamente sfogliato, colti da esistenza: non c’è riuscito in pensa, intensamente. Pagina dopo pagina si una sorta di horror vacui in sal- anni di sedute il mio psicosusseguono normotipi tutti multivitaminici, sa svedese – senza polpettina, terapeuta e ci dovrebbe riumultifotogenici, rigorosamente multietnigrazie… –, ci sentiamo spinti a scire una valanga di mobili? ci. Un empireo politically correct che crolla, odiare ogni centimetro libero, Sarà… Lui, però, pover’uomo, ahinoi, sui nonni. Vi ricordate quei teneri a temere il vuoto: ogni spazio mica poteva sapere che “un vecchini tanto utili quando c’è da piazzare deve essere gestito, strutturato, guardaroba PAX con accessori una pasta adesiva per dentiere oppure una occupato e organizzato! interni KOMPLEMENT metpoltrona semovente da invalido bellico? Di E, per usare le parole del cata- te ordine nei vostri vestiti”. loro neppure l’ombra. Forse non sono mai in logo 2008-2009, c’è già chi ha Insomma non dovete fare casa perché devono lavorare giorno e notte fipensato a come aiutarci: “Po- nulla, ci pensa direttamente no alla tomba per mantenere quegli scrocconi co spazio? Allora occorrono l’armadio a fare ordine fra i che si godono la casa Ikea. Chissà… mobili con grandi soluzioni di vestiti… Che storia! Arrivando alle ultime pagine di questo “scriorganizzazione sia dentro che Questo spiega, con tutta progno delle meraviglie” si ha l’impressione fuori” e, in cucina “riflettete babilità, perché nel catalogo che il mito dell’austerità e della funzionalità non solo sull’interno dei casscandinava abbia lasetti, ma anche su quello del Ikea: il mito dell’arredamento funzionale raf- sciato il posto a una via lavello ottimizzando lo spazio di mezzo tra un parco forza la sua strategia di riempimento spaziale Disneyland e un suk medisponibile con soluzioni pratiche”. E ancora, per la came- della nostra casa… o della nostra vita? diorientale, dove l’utile ra da letto: “Date spazio alla sta cedendo il campo vostra creatività”. Fatelo però svedese tutte le persone siano al futile e magari – ma lo diciamo sottovoce – con criterio: “Stolmen può a dedite ad attività gastroall’inutile. È solo un attimo, l’ultimo sguardo essere montato in verticale ludico-letargiche: bambini al catalogone ci illumina e ci segna la via: lasciandovi più spazio. Grazie che giocano o dormono, gio“Iniziate la giornata con la giusta illuminazioai suoi ripiani, cassetti e acces- vani che ascoltano musica ne. I guadaroba HOPEN sono predisposti per sori per appendere, creerete o dormono, gli adulti fanno l’installazione di faretti, così mentre gli altri un guardaroba al quale non colazione o dormono. Non dormono, vi vestite velocemente e la giornata vorrete più rinunciare”. c’è più bisogno di impegnarsi inizia nel modo migliore”. Scorrendo le pagine l’idea che in nulla. L’invito è chiaro: A che ora apre l’Ikea domani mattina?

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Media

Libri


ct7_210x295_NatSchlaf_Ticino_i_ZS.qxd:210x295_NatSchlaf_Ticino

3.9.2008

14:55 Uhr

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Alcuni dormono e sognano. Altri sognano di poter dormire.

Sonno agitato? Difficoltà ad addormentarsi? Disturbi da interruzione del sonno? Similasan medicamento omeopatico in caso di disturbi del sonno, globuli è un medicamento ottenibile senza ricetta medica, che potete usare autonomamente dopo aver consultato il vostro farmacista. Similasan è prodotto in Svizzera. Leggere il foglietto illustrativo.


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» di Nicoletta Barazzoni; illustrazione di Céline Meisser

Salute

Il raccolto d’autunno

parola “menopausa” rimanda nella sua etimologia alla conclusione del ciclo mestruale (dal greco menós, mese e pâusis, cessazione). Dalla saggezza anglosassone ricaviamo però un’altra interpretazione, che traduciamo con man on pause. L’espressione, oltre a indicarci che stiamo parlando di una fase vitale legata al cambiamento fisiologico, chimico, emotivo e biologico della donna, suggerisce che, in questo intervallo, gli uomini vengono confinati e “messi in pausa” in una sorta di stand by, di riflessione emotiva che consente alla donna l’affermarsi di un’accresciuta maturità in grado di sintetizzare la ricchezza del proprio vissuto. Se vogliamo trattare dell’universo donna non servono i libri di anatomia, di fisiologia o di medicina. L’interpretazione di qualsivoglia reazione, legata alla menopausa, resta appannaggio esclusivamente femminile. Solamente la donna può dire esattamente cosa le succede, come si sente, in che modo percepisce i mutamenti del proprio corpo che cambia in un crescendo di sensazioni, quasi fosse un’inspiegabile metamorfosi

B. Brun et al. La menopausa non è una malattia Il punto d’Incontro 2006 Il testo insegna come affrontare in modo più creativo, personale e responsabile questa particolare fase esistenziale.

tradizionale con la somministrazione di ormoni chimici che mirano a regolare le alterazioni legate al ciclo mestruale. Alcune donne avvertono sintomi come irritabilità, nervosismo, difficoltà ad addormentarsi, labilità sul piano emozionale, impennate di calore che procurano le famigerate vampate. Lo scenario non coinvolge tuttavia, e non tocca per forza di cose, tutte le donne in menopausa dal momento che siamo esseri unici e irripetibili, e dunque anche le singole reazioni non possono essere generalizzate, applicando la stessa teoria a tutti i casi. Certo che coinvolge tutto, anche è che la menopausa si scontra con il modello l’ambito degli affetti vissuti della donna di oggi. Le sollecitazioni mediafino a quel momento. La vitiche e gli stereotipi della bellezza infliggono, sione olistica ci fornisce una alla donna in menopausa, un modello dal chiave di lettura secondo la quale ci si dovrebbe totalmente sganciare. La quale, nella menopausa, il bellezza e la giovinezza non possono essere corpo femminile “chiede” paragonate alla freschezza dell’anima che tempo per affrontare una proprio in questa fase si ha la possibilità di transizione che è il preludio mettere in atto e le armi da esibire non sono a nuove stagioni, seguite da quelle vuote ed effimere dell’esteriorità fisica. un momento di rinascita e di Del resto, sulla questione della menopausa riconsiderazione di se stesse. le opinioni contrastano apertamente. Un Dunque, non un momento esempio? “The Lancet”, una tra le riviste improduttivo, non il declino medico-scientifiche più prestigiose al mondella donna bensì un arco di do, ha recentemente pubblicato un articolo tempo in cui raccogliere le dall’esaustivo titolo Il mito del paradosso della frecce necessarie allo sviluppo menopausa in cui si evidenziano molte di del proprio futuro. Che si tratqueste contraddizioni. Evidenti, soprattutti di pausa legata alla sessualito quando si parla di approcci terapeutici tà o alla regolazione naturale diversi, come la medicina convenzionale della nostra vita biologica o che prescrive gli ormoni chimici sostitutivi emotiva poco importa. Nel – non privi di effetti collaterali pericolosi – “bel mezzo del cammino”, la in contrapposizione all’omeopatia classica che, secondo l’autore La menopausa può essere considerata come dell’articolo, sarebbe l’autunno femminile, una fase intermedia da ritenere riconducidella vita durante la quale la natura, nella bile all’effetto placebo. L’opposizione tra le sua perfezione, permette alla donna di pen- due visioni è radicasare al suo “raccolto” le. Ma mentre le due correnti di pensiero si donna in menopausa si sente scontrano per attribuire una base di sciendiversa. Di regola i disturbi tificità alle proprie posizioni, la donna legati a questo passaggio, sodovrebbe avere meno paura di vivere la meprattutto quando si fanno nopausa, affrontandola con l’intuito che la gravi e difficili da sopportacontraddistingue e che le può consentire di re, vengono affrontati dalla riequilibrare le malinconie, rimpiazzandole prassi medica e ginecologica con nuove e sempre più vivide emozioni.

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La

Libri


Grande Punto Abarth.

Dopo oltre 10 000 vittorie il marchio Abarth torna sulle strade elvetiche: 1368 cm3, motore 16 valvole a 4 cilindri, 114 kW (155 CV) a 5500 giri/min, coppia max. 230 Nm a 3000 giri/min in modalità «Sport Boost». ESP. ABS. ASR. EURO 4. La novità: su richiesta aumento della potenza, grazie al kit Abarth «esseesse» si passa a 132 kW (180 CV) a 5750 giri/min, coppia max. 270 Nm a 2750 giri/min. È ora di provare l’emozione della Grande Punto Abarth sulla vostra pelle.

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Lo scorpione è tornato.

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Il paradosso della purezza

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Società

consenso della donna, una serie di pratiche abortiste per i soggetti affetti dalle seguenti patologie “ereditarie”: frenastenia congenita (ritardo mentale), schizofrenia, disturbo bipolare, epilessia congenita, Ballo di San Vito (Corea di Sydenham o Chorea minor), cecità, grave deformità fisica ereditaria e alcolismo grave. Il passo successivo fu l’eutanasia dei bambini disabili, attuata a partire dal 1939, attraverso il decreto sull’“Obbligo di dichiarazione di neonati deformi” che imponeva a medici e infermieri di dichiarare alle autorità tutti gli infanti nati con specifiche condizioni di deformità, nonché tutti i bambini sotto i tre anni affetti da ritardo mentale, sindrome di Down, micro e idrocefalia, defomità fisiche e paralisi. L’anno successivo furono istituiti almeno ventidue reparti di eutanasia infantile che, sotto il diretto controllo della KdF (Kanzlei des Führers), la Cancelleria privata del Fuhrer, si resero responsabili dell’assassinio di circa 5.000 bambini. A prescindere dall’orrore immediato e istintivo suscitato da tanta crudeltà sulla base di un modello pseudo-scientifico che affonda le proprie radici nel dibattito innescato all’inizio del XX secolo dagli scritti di Agli inizi del XX secolo, partendo dallo studio della conformazione dei crani Cesare Lombroso, vorrei focalizzare l’attensi cercava di definire se una persona fosse un criminale oppure no (immagine zione su alcune considerazioni di carattere tratta da La storia d’Italia. Volume 18, Utet, 2004) esclusivamente pragmatico. L’applicazione di un programma di euNell’ambito delle politiche dualmente, attraverso una genetica come quello attuato dal regime di sterminio attuate dal re- serie di atroci passaggi che hitleriano in Germania implica, per quanto gime nazionalsocialista in compresero, come prima copossa apparire banale, l’eliminazione a Germania fra il 1939 e il sa, l’emanazione della legge priori di persone come Mozart, nella cui 1945, le prime vittime fu- sulla sterilizzazione (14 luglio personalità molti biografi individuano rono gruppi di individui di- 1933) e, secondariamente, un disturbo affettivo di tipo bipolare, sabili, ovvero portatori di ovvero caratterizzato anomalie di carattere fisico Se l’intrinseca variabilità del genere umano dall’alternanza di fasi o psichico. Si stima siano costituisce una delle condizioni della sua esi- maniaco-depressive, o state più di 70.000 le perstenza e sopravvivenza, perché così spesso Dostoevskij, la cui episone uccise in conformità lessia rappresenta, a nella storia dell’uomo è emersa la volontà mio parere, una delle al programma di razzismo eugenetico conosciuto con di estinguere qualunque manifestazione del protagoniste assolute il nome di Aktion T4. La diverso? del grande affresco sigla deriva da “Tiergarten letterario composto Strasse, 4 Berlin”, l’indirizzo quella sulla “salute coniudallo scrittore russo. Più in generale, se del quartiere generale da cui gale” (1935), che impediva l’intrinseca variabilità del genere umano l’operazione venne diretta il matrimonio e la procreacostituisce una delle condizioni sine qua e gestita. zione fra persone portatrici non della sua esistenza e sopravvivenza, in Allo sterminio di massa delle di handicap. Quest’ultima quanto espressione diretta della capacità di persone disabili si arrivò gra- normativa promosse, previo adattamento dell’uomo, possiamo chieder-


Libri

Cristian Fuschetto Fabbricare l’uomo Armando, 2004 Un libro per comprendere le teorie scientifiche che sono state alla base dell’eugenetica e la sua popolarità, non solo nella Germania nazista, ma anche in paesi democratici, come l’Inghilterra e gli USA.

Internet

www.olokaustos.org Il sito contiene molte informazioni sull’Aktion T4 e sui programmi di eugenetica attuati dal regime nazista tra il 1939 e il 1945.

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Se poi, sulla scorta delle più accreditate ipotesi antropologiche, ci soffermiamo sul fatto che la stessa comparsa del genere umano sarebbe riconducibile a un “errore” di trascrizione del codice genetico – gli esseri umani hanno una coppia di cromosomi in meno rispetto alle scimmie antropomorfe, ovvero ventitre invece che ventiquattro – allora il paradosso intrinseco nell’Aktion T4, così come in tutte le ideologie tese a eliminare i cosiddetti “errori della natura” e a uniformarci, appare in tutta la sua smisurata e, oserei dire, apocalittica evidenza.

» di Mariella Dal Farra

ci perché così spesso nel corso della storia si sia presentata la volontà di estinguere la manifestazione del “diverso”. Ci chiediamo, cioè, retoricamente, quale sia l’origine di questa aspirazione alla “purezza della razza”, un concetto che, evidentemente, non rappresenta una prerogativa esclusiva dell’ideologia nazista. Un’aspirazione, tra l’altro, che, paradossalmente, finisce col coincidere con l’endogamia, pratica il cui divieto istituisce la nascita della società umana, intesa in senso antropologico. Il divieto dell’incesto, presente in tutte le società indipendentemente dal grado di sviluppo conseguito, testimonia di quanto profondamente l’equazione stabilita fra l’arricchimento del pool genetico e l’aumento delle possibilità di sopravvivenza sia sedimentata dentro ciascuno di noi.


Bon ton, sempre e comunque

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Costume

intelligente? Come sdrammatizzare una situazione imbarazzante? Come affrontare al meglio i preparativi per delle nozze? E ricevere gli ospiti? Gestire un divorzio? I regali? La corrispondenza… Sono le classiche situazioni nelle quali i manuali di comportamento, antichi e moderni, ci corrono in aiuto: dal Galateo di Giovanni Della Casa – per l’appunto – ai libri di bon ton della rassicurante contessa Barbara Ronchi della Rocca o di Sibilla Della Gherardesca, discendente del dantesco conte Ugolino, passando ovviamente per l’intramontabile Saper vivere di Donna Letizia di Colette Rosselli, edito per la prima volta nel 1960. Spostandoci nel resto d’Europa, imperdibili manuali sono stati redatti anche in Germania, Francia e Inghilterra. Ne sono un esempio, l’Usages du Monde della baronessa Staffe (1891) o il Über den Umgang mit MenMister Denny presenta un amico. Illustrazione del 1895 di C.E. Brock per schen, detto comunemente Knigge, manuale Orgoglio e pregiudizio (capitolo XV) di Jane Austen (1813; immagine tratta settecentesco redatto dal tedesco Adolph Freda www.pemberley.com) heir Knigge e ancor oggi di estrema attualità C’era una volta Giovanni che il Galateo del Della Casa nella “buona società” germanica. E come Della Casa e il Galateo ovvero riscosse molto successo già non citare il vittoriano Debrett, pubblicato de’ costume, un trattato “di nella società del tempo, così per la prima volta nel 1769 con il titolo Peebuone creanze” pubblicato come nel corso dei secoli sucrage and Baronetage, citato anche nei romanzi postumo nel 1558. Il Della cessivi… Ma oggi? Cosa resta di Jane Austen e oggi “aggiornato” al nostro Casa, religioso e piuttosto del galateo o del più moderno tempo con il titolo Debrett’s Etiquette for Girls mondano, letterato e scrit- bon ton? Quale valore ha la (2006), un compendio che spazia dai temi tore, noto per la stesura del cosiddetta etiquette? classici del bon ton, all’infedeltà coniugale, primo Indice dei libri proibiti Non sono domande a cui senza tralasciare la gestione delle avventure e creatore di componimenti è facile dare una risposta sentimentali in ufficio. erotici, si dedicò in modo chiara, ma è pur vero che in Vogliamo scegliere un libro su tutti? Forse, approfondito alle buone ma- un’epoca in cui, per dirla alla Il Saper vivere di Donna Letizia, un po’ nostalniere. Montanelli, “siamo arrivati gicamente retrò, ma sempre efficace. Perché Alcuni sostengono che il a trasformare la cafoneria in sostanziale, chiaro, spiritoso e, soprattutto, trattato fosse destinato a un una moda”, c’è ancora chi si scritto da una donna intelligente come la nipote del religioso, che si Rosselli che, nascosta chiamava Galeazzo (galatheus dietro allo pseudoniIl galateo è qualcosa che appartiene al mondo in latino); altri dicono invemo di Donna Letizia, dei nostri nonni oppure vale anche per quello insegnava alla genece che la stesura del libretto gli fu suggerita dal “collega” iperfrenetico che ci circonda? razione del boom ecovescovo di Sessa, Galeazzo nomico italiano degli Florimante, con l’intento di pone quesiti apparentemente anni Cinquanta come affrontare qualsiasi poter consigliare ogni aspi- oziosi, ma a volte drammatici, situazione sociale. rante nobiluomo per qualsia- sul genere: Come comportarsi Il Donna Letizia e il Galateo del Della Casa si occasione mondana. Altri a tavola? Come organizzare restano degli intramontabili classici, anancora pensano che Galateo una cena importante? Come che perché spiegano come comportarsi in derivi dal fatto che Della Casa accompagnare una moglie o, normalissime situazioni quotidiane: è, per l’avesse dedicato a Monsignor rispettivamente, un marito esempio, un indiscutibile vantaggio quando Galateo, ecclesiastico vero- a una serata in alta società? ci si relaziona con gli altri conoscere il rito nese conosciuto per le sue Come abbigliarsi? Come ardelle precedenze davanti a una porta, commaniere impeccabili. Certo è ticolare una conversazione portarsi adeguatamente a tavola con altri


Libri

Giovanni Della Casa Galateo Einaudi, 2006 L’autore espone le norme di comportamento da tenersi in ogni situazione così da evitare qualsiasi tipo di eccesso e incarnare il culto della proporzione proprio dell’epoca rinascimentale.

Colette Rosselli Il Saper vivere di Donna Letizia Bur, 2007 Un classico delle buone maniere, un utilissimo breviario di civiltà per tutti coloro che credono che i rapporti tra le persone debbano essere regolati da principi di educazione e savoir faire.

» di Fabiana Testori

merende parigine – è finita l’era della provocazione: si ritorna a trasmettere alle giovani generazioni valori sicuri poiché, in un periodo storico caratterizzato dall’incertezza e dalla paura del futuro, si ha voglia di riscoprire l’educazione, la moralità e la tradizione. In questo senso, il bon ton rappresenta un segno di nuova civiltà nei rapporti interpersonali, lontano dalla sciatta e un poco superficiale società nella quale viviamo, una società che pare proprio avere bisogno al più presto di riscoprire chiari e profondi modelli di comportamento. Ritroviamoli. Rileggiamoli.

Webspecials

commensali, evitare di imbarazzare il vicino, saper scegliere l’abito giusto e soprattutto la giusta conversazione. Anche in una società frenetica come quella nella quale ci muoviamo, questi “vecchi” manuali raramente sono etichettati come démodés, proprio perché le buone maniere aiutano sempre, nel lavoro, in famiglia e nelle occasioni mondane. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che in Francia un noto produttore di bambole organizzi delle particolari merende alle parigine Galeries Lafayette. Si tratta di merende di bon ton, nelle quali le bambine francesi imparano l’arte di stare a tavola, di salutare, di ringraziare e, soprattutto, di rispettare il prossimo. Concetti semplici ma spesso difficili da trasmettere. Secondo Tamiko Zablith – esperta di buone maniere formatasi alla Protocol School di Washington e intrattenitrice nelle

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» testo di Gabriele Scanziani; fotografia di Adriano Heitmann

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me porci davanti alla macchina fotografica: io non avevo mai fatto degli scatti professionali e, sinceramente, non sapevo né come muovermi né come comportarmi davanti all’obiettivo. Durante il periodo in Spagna abbiamo sempre dovuto truccarci noi, anche se, chiaramente, l’organizzazione di Miss Svizzera ci ha sponsorizzato una gran quantità di prodotti di bellezza. Forse farà sorridere alcuni, ma ho imparato un sacco di cose anche sul come truccarmi. Sono una ragazza che si mette poco trucco prima di uscire e non passo la sera in bagno a incipriarmi il naso. In quell’ocUna ragazza, la sua bellezza e nessun casione, invece, dovevamo timore nel parlare delle sue esperienze stare attente a ogni cosa: per e delle sue emozioni. Eravamo a pochi esempio, pensare alla temperatura che avrebbe fatto, non giorni dalla finale ticinese di Miss Sviz- truccarsi troppo ma nemmezera, quando la vittoria non era solo un no troppo poco, riuscire a fare risaltare in modo giusto i sogno infranto “punti forti” del proprio viso. Sono anche molto incuriosita Sono convinta che, indipendentemente dal da quella che mi aspetta, la vincere o dal perdere, sapersi truccare per voglia di fare un’esperienza una donna sia una cosa importante e non diversa rispetto a quelle a sempre facile, soprattutto senza una persona cui sono abituata e, per esseche ti sappia consigliare. re totalmente onesta, anche È ovvio che dal momento in cui una ragazza il lato finanziario per una è candidata ci sono sempre persone che studentessa come me ha la s’interessano a lei solo perché partecipa. È sua importanza. Comunque necessario essere coscienti di questo e riuvada, quella che sto facendo scire a separare la persona che si è dal ruolo è un’esperienza molto utile che si ha in quel momento. A pensarci bene, per me. Ho conosciuto tante tra l’altro, io sono solo una candidata; credo persone interessanti, ho apche avere persone che ti ronzano intorno preso molto sull’apparire in come le api al miele siano problemi che pubblico, mi sono trovata a capitano soprattutto alle Miss. Bisogna dire dover gestire delle situazioni che, di questi tempi in cui Facebook – tra i stressanti e i ricordi sono già più frequentati social network di internet, ora tanti. ndr. – è così di moda, molto spesso si è Sapete, la preparazione è stata contattate da persone mai viste né sentite lunga: tutto il mese di giuprima, interessate soltanto al tuo aspetto gno, di luglio e agosto. In più fisico. Io conosco bene i miei amici, loro settembre, fino alla serata che c’erano già prima e di sicuro ci saranno si terrà il 27. Un periodo preanche dopo… comunque vada. paratorio che mi ha permesso Mentirei se dicessi che non rimarrei delusa anche di viaggiare: a Malaga, se dovessi perdere, in particolare per l’imin Spagna, abbiamo posato pegno personale che si mette in un’espeper delle fotografie, girato dei rienza come questa. Credo che, in fondo, video che saranno proiettati tutte le candidate pensino: “Come sarebbe durante la serata della finale se vincessi?”. Tutte lasciano andare un po’ a Lugano e risposto ad alcune la mente immaginandosi con la corona di domande dei giornalisti. Non diamanti in testa… credo che sia normale è stato facile, almeno per me. per chiunque essere delusi dalla sconfitta. Per fortuna il fotografo e la Lo sarei certamente anch’io. È umano. Ma troupe televisiva ci davano alla fine prenderei il treno verso Ginevra e dei consigli e ci dicevano cotutto ritornerebbe come prima.

Lucile Epper

Vitae

ono nata 24 anni fa ad Aarau, dove ho abitato fino a quando avevo sei anni. Nel 1991 la mia famiglia si è trasferita in Ticino, dove ancora vive. Parlo perfettamente le nostre tre lingue nazionali e da due anni a questa parte sto vivendo a Ginevra, dove studio Relazioni Internazionali. L’università è per me la cosa più importante. Non sono una ragazza abituata agli ambienti dei concorsi di bellezza in generale, sono state delle amiche a incoraggiarmi e a darmi la spinta. Io in realtà non l’ho mai presa troppo sul serio. Devo ammettere che alla fine sono stata io a iscrivermi e che la curiosità di partecipare mi accompagna dalla fine del liceo. Però non è mai stato un pensiero fisso o un’ambizione fondamentale. Vedo Miss Svizzera come un possibile lavoro, un anno diverso dagli altri, ma dentro rimango una studentessa, non riesco a immaginare di lavorare tutta la vita in televisione o sotto quei tipi di riflettori. Tenendo conto del fatto che mi manca solo un anno per terminare i miei studi universitari, mi sembrerebbe stupido mollare tutto proprio adesso. Se dovessi mai ricevere delle offerte di lavoro, le accetterei solo riuscendo a conciliarle con l’università. Non m’immagino a Hollywood mentre frequento la scuola d’attrice… È il primo concorso di bellezza al quale partecipo e ammetto di essere un po’ agitata, anche se mancano ancora alcuni giorni. Avremo, tutte e sedici le candidate, un periodo di preparazione a Lugano durante il quale dovremo anche provare i vestiti per la serata… dovrò portare tacchi da 10-12 centimetri e altre cose “di questo tipo”. Certamente in quell’occasione sarò molto stressata, anche perché di solito non indosso quel tipo di scarpe. Se ci penso, la sera della finale sono certa sarò tesa come una corda di violino, una corda con un gran sorriso.

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La discesa di Erminio Ferrari

Reportage

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PerchÊ la discesa non conduce solo agli inferi ma anche ai luoghi comuni dove sorridere della nostra allegria di naufraghi mezzeseghe anche nell’impresa che conduce a noi stessi


Sopra: sulla cima, prima della discesa Pagina precedente: la vetta del Cervino



LA DISCESA

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Reportage

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cendevamo dal Cervino in una tormenta di neve. Appesi alle funi dell’Hörnligrat, cosa che da Mummery in qua non sarebbe neppure da considerare alpinismo. È un discorso lungo. Già per Arthur Cust c’era una bella differenza tra il Cervino salito prima della costruzione della capanna dell’Hörnli, e “dopo”, quando la salita (ri)cominciava dagli agi del rifugio. Poi, quando Mummery andò a cercare una morte alla sua altezza sul Nanga Parbat, Cust restò a battere solitario le montagne della Val Formazza. C’è sempre qualcuno che le cose le sa prima, e qualcuno che le fa meglio. Noi, meglio di così non potevamo. Quello era il nostro Cervino ed era tanto. In cima abbiamo scattato foto identiche, ma quella scattata dall’Angelo ha poi fatto il giro del mondo, perché l’agenzia per la quale lavora l’ha subito apprezzata e rivenduta. Me la sono immaginata su una qualche rivista americana, impiegata per la pubblicità di un software o di uno stage di formazione per dirigenti e quadri: sotto le nubi, sui cui si disegna la silhouette di due alpinisti che sbucano in vetta; sopra ci si immagina un sole improvviso. Il raggio celeste di una rivelazione. Sì, cos’altro cerchiamo lassù? In mano a un prete, la foto poteva andar bene per farne un santino. Noi dunque scendevamo, come due uomini nell’Olocene, in quell’opaco andare e venire di neve. Non direi ciechi, ma vederci non si vedeva un granché. Solo incontri, e sguardi ignoti, forse, ma familiari. Che il mondo, più lo discendi più ne riconosci la faccia, per oscura che sia. E nella sua c’è la nostra. C’erano quei ragazzi slovacchi sulla spalla. Un grappolo di adolescenti con indosso giacche a vento da grande magazzino; forse gli stessi attendati sotto il rifugio, che all’ora di cena attraversano la sala dove mangiano i ricchi, cercando di essere invisibili, e corrono a rifornirsi d’acqua nei gabinetti. Ma invisibili lo sono già, perché il mimetismo ambientale è una delle strategie di sopravvivenza che deboli e poveri apprendono prima ancora che qualcuno gliel’insegni; e poi chi mai li vedrebbe? Fatto sta che uno ogni due era senza ramponi, e lo tenevano in mezzo. Gente dei Tatra, di distretti alla frontiera polacca e di gelo che acceca turbinando “e

Ghiacciaio del Gorner e il Cervino visto da est

poi – ho pensato – arriva Krysztof Zanussi e gira Illuminacja, madonna che film”, e trattori collettivi abbandonati in fondo ai campi. Pensieri, lo so, da europeo della parte ricca. E intanto ci ha superato una guida che calava un anziano Peter e gli diceva: “rechts, links, vai di qua, vai di là”. Sotto di loro, un padre. Aveva un ragazzo, suo figlio, all’altro capo della corda. Color di neve sporca, il figlio, la faccia del figlio. ’Sto bambino non si muoveva e si teneva stretto a un fittone, con un mucchietto di neve accumulato sulle mani guantate. Oltre a quella che turbinava portata dal vento, gli cadeva addosso la neve che smuovevano i passanti in discesa. Le corde che gli scorrevano su una spalla ne toglievano dell’altra. Avendo l’uomo una faccia da svizzerotedesco, ho chiesto al figlio quanti anni avesse. Per combinazione so dire quelle tre, quattro parole nella loro lingua. E il padre ha risposto per lui: “zwölf”. Dodici, l’età buona per certi riti iniziatici, ma non mi sembrava quello il pensiero del figlio. Mi è apparsa invece un’età triste, un volto con l’espressione giusta per la foto da mettere sulla propria lapide. Se ne trovano tante sulle montagne, e per questi figli perduti si parla di angioli. Uno morto per fatal caduta e un altro ghermito dal destino. Di cosa sei morto, giovine, se non di fieno, non di caccia, non di accetta, né di guerra? “Di ambizione, e neppure della mia”. Oppure correndo dietro alla vita. Ricordo che il maestro di quinta elementare ci aveva portati sulla collina di Spoon River, dove riposa Johnny Sayre, morto in tempo perché si potesse scrivere di lui: “strappato al male a venire”. E detta così mi era sembrata una gran cosa. Ma intanto nell’età dichiarata dal padre c’era un progetto di futuro. Nelle sue mani una corda salda. Di quelle che salvano e legano e insegnano la virtù. E mai una parola sul male. Come se fosse male il solo parlarne. Anche Dio, sì quel Dio che fece secca la moglie di Lot perché si voltò a guardarlo, il male, cosa diavolo voleva dimostrare? Dovette arrivare suo figlio – con la fine che ha fatto – a dire “liberaci dal male”. Ah, ma allora c’è.


LA DISCESA

E uscivano delle voci dalla Capanna Solvay, estremo rifugio a quattromila metri. Erano voci modulate su lingue straniere e dicevano cose che non so. Magari ci dicevano di entrare e di metterci in salvo: “Come in, she said, I’ll give you shelter from the storm”. Ma non mi sono lasciato tentare: di salvezza è pieno il campionario universale di promesse. Uno vi si affida e finisce in una predica, su un manifesto elettorale, in un gulag, tra le braccia di una sirena e vorrebbe essere tra le sue cosce. Le voci sono svanite. Con una doppia abbiamo raggiunto la guida e il Peter, che cominciava a essere stanco. Scivolava sulle rocce già imbiancate, come un penitente che sconti un peccato d’orgoglio. O forse non ne poteva più, senza tante balle. Poi ce n’erano due che andavano a perdersi sorridendo. È un modo anche quello. Almeno una volta, a tutti è capitato di perdersi. Al colle del Felik, nella vita, ai margini di una città, in una scrittura e in certi occhi. Non è che sempre si sorrida, però. Lui parlava inglese. E tra le forme del perdersi, quella lì sulla pietraia più aguzza delle Alpi aveva un tratto di nobile esaltazione. Immagino sia l’amore. Cos’altro muove un uomo e una donna in nessuna direzione ma loro ci vanno? Ricordandomeli ora, rivedo una foto di Luigi Ghirri: una coppia di anziani turisti alpini, ripresa di spalle mentre cammina su un prato verso lontani rilievi dolomitici. Una serenità deliberatamente kitsch, o forse straniante, persino finta: prato dolomiti e tutto. Di sicuro innocente. Galeotto un qualcosa sarà pur stato anche per i nostri due. Fosse stata soltanto quella nebbia, ché la discesa dal Cervino diventa pericolosa con la nebbia. Ma insieme ne sarebbero usciti, anche questo è amore. E noi che li seguivamo, ci siamo trovati alla sommità di un diedro, rosseggiante di anelli di corda. La traccia che poco sopra è poco più di un sentiero, lì si affaccia su risalti che non mostrano cosa c’è sotto. Piste sgomente vanno di qua e di là. È un perdersi collettivo, stratificato; persino ideologico, ma non è questo il momento. Su quella balza, ciascuno mette il proprio segno, che tutti lo sappiano e tutti vi si appendano.

Erminio Ferrari L'autore (e il fotografo)

E da lì si vedeva uno scorcio della est, una livida discarica di sassi e, talvolta, di vite. Come se il salire tanto in alto non serva che a prolungare il volo. Così gli psicologi ci scrivono su; per non dire di Bertoldo, naturalmente, che parteggia per gli stolidi, ma anche da loro c’è da imparare. O forse esiste una quantistica del perdersi di noi tutti, lassù, o chissà dove nella Storia, della quale semplicemente manca una plausibile teoria. All’Angelo queste cose non sono stato lì a dirle. Cominciavamo ad aver freddo, e poi lui è uno pratico. Si fanno le cose che bisogna e quando occorre. Quindi abbiamo aspettato che la coppia affondasse nella nube successiva e abbiamo messo giù una doppia. Poi una cengia ci ha riportati sulla cresta. Chissà quei due dov’erano finiti; la voce che sentivamo adesso non era più la loro, ma quella della guida: “su Peter, forza”. Forza, ci vuole forza nella discesa. Non c’è gloria nell’abbassarsi, non c’è simbologia benedicente, e nemmeno John Coltrane; ci sono piuttosto il passo prudente dell’uomo che si rimette a terra dopo essersene staccato, l’ombra che gli si rivela e la penombra a cui aspira. Se c’è una rivelazione nell’esperienza del Joe Simpson della Morte sospesa, è quel riconoscere la propria salvezza, al termine della sua discesa, in ciò che l’uomo lascia come laido residuo di sé. Metterci dentro le mani. Arrivare in fondo. Ricordati uomo… Ma quel giorno noi eravamo solo sulla normale più facile della montagna-Toblerone. Non c’erano Ulisse e gli altri, ma solo guide con una gran fretta di mollare al rifugio clienti inebetiti dal freddo, gli slovacchi del prossimo giro saliti in perlustrazione, un padre che prometteva, altri amori di cordata. Perché la discesa non conduce solo agli inferi, ma anche ai luoghi comuni dove sorridere della nostra allegria di naufraghi, mezzeseghe anche nell’impresa che conduce a noi stessi. E infatti, sbucati infine dalla nuvolaglia, in due salti siamo arrivati alla corda del tanto affannarsi mattutino, ormai così lontano come tutte le albe della vita

Classe 1959, vive a Cannobio (Vb). Studi precocemente interrotti, dieci anni quale operaio in una azienda florovivaistica, ora giornalista presso il quotidiano laRegione Ticino, per il quale cura le pagine di politica estera e ha seguito da inviato la guerra nella ex Jugoslavia. Collabora inoltre con i mensili Alp e La Rivista della Montagna. Della montagna frequenta le persone, i luoghi, la storia e, preferibilmente, i silenzi. Ha pubblicato il volume fotografico Luoghi non tanto comuni, con L. Alaimo e D. Grassi, (edito da Press Grafica, 1985), la guida Val Cannobina (Alberti, 1988), la raccolta Montagne di carta (laRegione Edizioni, 1996), il racconto-memoria In Valgranda (Tararà, 1996) dal quale è stato

tratto il documentario di Tiziano Gamboni prodotto dalla Televisione della Svizzera Italiana Valgrande tra storia e natura. Tra le altre pubblicazioni ricordiamo il saggio Contrabbandieri (1997), la raccolta di racconti Porporì (1999), il volume fotografico Valgrande con A. Cavalli (2001) e il saggio narrativo Liberazione (2006) tutti per l’editore Tararà. Per la stessa casa editrice di Verbania ha anche curato i volumi Ritorno in Val Formazza di Arthur Cust (2004) e, con A. Paleari, Una valanga sulla est. 1881, la “catastrofe Marinelli” al Monte Rosa (2006). Per l’editore Casagrande di Bellinzona sono invece usciti i romanzi Passavano di là (2002) e Fransè (2005), e ha tradotto Luce Rubata di Hubert Mingarelli (2005).

Reportage

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COLTELLO

IN PUNTA DI

o coltell

cinese

Santo

ku

Tendenze

Mi accingo a gustare un filetto acquistato dal mio macellaio di fiducia, preparato con le erbe appena colte nel giardino delle “aromatiche” quando, al primo taglio, mi accorgo che la lama, anziché incidere la carne, la lacera strappandola brutalmente. Osservo meglio l’arnese che ho nella mano destra. Camelote ovvero “cianfrusaglie”: mi torna alla mente il termine che qualche giorno prima Franco Ancona – arrotino, proprietario della storica Coltelleria Maturi di Lugano – aveva utilizzato per definire i coltelli di scarsa qualità. Quelli che si trovano ovunque e a poco prezzo. Ho “ferito” un prelibato pezzo di carne con un’ “arma impropria”, facendo una subdola violenza al piatto appena cucinato con cura. Prendo i coltelli dal cassetto

delle posate, li esamino uno a uno e, senza pensarci troppo, li getto nella pattumiera ripromettendomi, l’indomani, di comperarne di nuovi. Eppure, prima della “lezione” del saggio arrotino, non mi ero mai accorta di avere tra le mani solo ferraglia. So che dovrò fare un investimento perché – regola numero uno nel campo della coltelleria – non esiste qualità a poco prezzo. Solo così entrerò in possesso di strumenti che dureranno per tutta la vita. Ora capisco perché nei ristoranti non si trovino più coltelli che tagliano a dovere. Una buona lama è un bene prezioso e i “ladri di coltelli” arrecherebbero un serio danno al budget dei ristoratori. Basterebbero poche “cene fuori” per rifarsi un intero corredo di posate. Nelle parole del signor Ancona si intuisce che il coltello,

ancora prima che un attrezzo di lavoro, è una “filosofia di vita”. Chi lo usa a regola d’arte è autorevole detentore del sapere sublime legato al “mestiere” della gastronomia. Con lui tracciamo un semplice vademecum per capire quali coltelli non possono mancare nelle nostre cucine. Prima di tutto è buona abitudine acquistarli in una bottega di fiducia dove si possono trovare oggetti provenienti da tutto il mondo. Fra i maggiori produttori, i comuni di Solingen in Germania e Ibach (Canton Svitto), quest’ultima nota per aver dato i natali al famoso “coltellino rosso”. Maniago, in Friuli, è la “Solin-

coltello seghettato per verdure

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gen italiana” per l’intensa attività artigiana legata al settore. Il coltellinaio dovrà diventare vostro consigliere e potrà dispensarvi suggerimenti su disp come trattare ogni lama con il dovuto dov riguardo. Infatti, nono nostante la simbologia “violenta”, il coltello è un oggetto estremamente delicato, a tratti fragile, a volte persino vulnerabile. Prima di tutto, l’alta qualità è garantita da tre fattori: la leggerezza, la forgiatura e il materiale. Per

forgiatura si intende il processo attraverso il quale la lama viene ricavata da un blocco di acciaio semilavorato, il così detto “tondino”. Oggi, i migliori coltelli da cucina sono realizzati in acciaio inossidabile seguendo il procedimento della monofusione: lama e manico vengono cioè ricavati dalla fusione di un unico blocco di acciaio. In questo modo, l’attrezzo finito sarà bilanciato e compatto. L’indice di durezza dell’acciaio – quello ideale è di 58 rockwell – dovrebbe sempre essere indicato sulla parte metallica. Sulla lama vengono

infine applicate le “guancette”, ovvero il manico, che dovrà essere ergonomico, per agevolarne l’impugnatura e di bacalite, un materiale resistente alle alte temperature. Acquisiti questi principi utili per orientarsi nel vasto campo della coltelleria, sarà possibile procedere all’acquisto di un “blocco base”, costituito da sette pezzi e del valore di circa 500 franchi. Un coltello seghettato, lungo 20 centimetri, fine e stretto, indispensabile per affettare il pane o arrosti dalla crosta croccante – la lama dentellata ha, infatti, la caratteristica di “mordere” la carne – ma anche per sbucciare la frutta con buccia coriacea come, per esempio, l’ananas; un coltello fine e stretto, di circa 22 centimetri di »

Tendenze

coltello scortichino “multiuso”

coltello per pane e arrosti

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Indispensabili in cucina per trattare ogni alimento con il giusto riguardo Come orientarsi nella scelta dei coltelli più adatti a soddisfare le esigenze di cuochi e massaie o cultori della coltelleria


coltello per carne cotta

lunghezza, per affettare arrosti e roast beef. Quello adatto al taglio delle verdure è invece a falda larga per consentire a chi lo usa di appoggiarvi le nocche delle dita, evitando così ferite indesiderate ai polpastrelli: lungo 20 centimetri, i tedeschi lo usano come una “mezzaluna” per preparare triti e battuti di verdura. I vegetariani potranno fare a meno

del disossattore, un utensile indispensabile per togliere il grasso e incidere la carne aderente all’ossatura dell’animale. Il più sfruttato nelle cucine di casa è un piccolo coltello a sega, stretto e non troppo lungo: usato, per esempio, per affettare i pomodori in modo tale che il taglio incida in modo deciso la pelle dura ma sottile dell’ortaggio senza ridurre la polpa in poltiglia. Per eseguire piccoli lavori di precisione sarà utile avere sempre sotto mano un coltellino corto e stretto. Infine, nel nostro “blocco” non dovrà mancare un accialino (o acciaiolo), l’arnese che ravviva il filo delle lame ma che, in nessun caso, può affilare un attrezzo che non taglia più. Per quest’ultima operazione è sempre necessario rivolgersi a un buon arrotino. In alternati-

Tendenze

coltello per pulire la carne

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va, si trovano in commercio le pietre a olio o ad acqua o, per i meno esperti, attrezzi meccanici di facile impiego. “Ma l’accialino è insostituibile – spiega il signor Ancona –, immaginate una casalinga che entra in sala da pranzo e che, prima di affettare l’arrosto, sferra quattro o cinque colpi di accialino ben assestati al coltello. Un gesto di una teatralità straordinaria che, unito al suono metallico delle due lame che si incrociano, lascerà gli ospiti a bocca aperta”. Nell’universo della coltelleria compare un’infinità di strumenti complementari: la mannaia, per spaccare le ossa, le giuste lame per formaggi di ogni consistenza, il coltello flessibile per sfilettare il pesce o quello per i dolci, i cui “alveoli” creano un vuoto d’aria che impedisce alla crema di attaccarsi alla lama;


molto usati in Ticino, la mezzaluna per tritare e la coltella, lunga e dalla punta tonda per affettare grossi pezzi di carne. Non possono mancare, in un corredo di posate che si rispetti, i coltelli da bistecca, che non dovranno avere – contrariamente a quanto si crede – la lama seghettata, ma liscia. Ne esistono svariati modelli, con un occhio anche all’aspetto estetico. Quelli “damascati” – il termine indica una lavorazione

particolare della lama – sono pezzi unici, veri e propri “gioielli” per impreziosire la tavola. Alcuni consigli sono d’obbligo quando i coltelli sono “a riposo”: per una corretta manutenzione, ogni attrezzo prima di essere riposto deve essere lavato a mano con acqua e sapone – l’argento contenuto nell’acqua della lavastoviglie potrebbe, col tempo, imprimere sulle lame le così dette “macchie elettrolitiche” – deve essere asciugato con cura e riposto nell’apposito blocco o in un contenitore a vani separati per impedire che un coltello “ferisca” l’altro. Un capitolo a

parte andrebbe riservato ai nuovi coltelli in ceramica… ma questa è tutta un’altra storia. Ci basti sapere, ci dice sempre Ancona, che “dureranno a lungo ma non in eterno. Nelle mani di una persona distratta e poco esperta, infatti, potranno cadere e frantumarsi in mille pezzi. Prima o poi, insomma, ci lasceranno”. Un buon coltello in acciaio, al contrario, ci accompagnerà per tutta la vita. Invecchierà con noi e, come noi, avrà le sue mille rughe… Anzi, affilature.

coltello per verdure e carne cruda

Tendenze

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» testo di Federica Baj; fotografie di Adriano Heitmann » illustrazioni di Valérie Losa; consulenza di Franco Ancona


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L’adolescente ritrovata

Se non m’imbarazza scrivere della menopausa di mia madre? E perché mai? Non sto mica parlando di quella di mio padre…

Racconto

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Famiglia normale… certo! La mia è una famiglia normale, al solito, poco tradizionale. Genitori divorziati, due figli nevrotici ma beneducati, cresciuti da una mamma lavoratrice. Mia sorella è più piccola di me, eppure la nanerottola è più matura, determinata, in grado. Quasi la invidio. Guadagna un sacco di quattrini e vive già fuori casa, col moroso; la domenica – se mi comporto bene – mi porta a casa sua e mi fa giocare alla Play 3. Io tiro avanti con questo lavoro qui che leggete: scrivo. Ci pago gli aperitivi, il treno, caffè e giornali. Va da sé che vivo ancora da mamma, o – come dice lei le – sto in mezzo alle p**** come i bambini da Ikea. Ma vediamo di arrivare al punto. È successo un anno fa, il fatto. Stavamo guardando Matteo Pelli in tivù, quando a un tratto mamma disse: – Figlio, credo sia ormai ufficiale: sei il penultimo. Penso di essere giunta alla menopausa… – Mi alzai dal divano, presi il dizionario di medicina per famiglie e alla voce menopausa lessi: – “Sintomi: scomparsa delle mestruazioni e apparire di un corteo di sintomi vaso qualcosa, tipo improvvise vampate e/o profuse sudorazioni notturne...” ha, ha! – risi – … profuse?!? Che parola buffa! – – Smettila di ridere, bamboccio, e spalanca le finestre che muoio di caldo… – – Ma mami, là fuori è il sei gennaio! – – Appunto, è la befana! – rispose criptica, per poi scoppiare a piangere. Impaurito continuai a leggere: “…fragilità, stati d’emotività labile, nervosismo, scazzi facili: effetti dello sconquasso ormonale”. È crisi esistenziale… All’inizio era Vasco Rossi. Poi la sincopata house dei Daft Punk passando per le comatose ballate dei Depeche Mode

e la ripresa dei vecchi vinili di James Brown. Mia madre, in passato, non ha mai sopportato Vasco né, tantomeno, la musica sincopata o quella anni Ottanta. – Disgraziato! – soleva dire di Vasco, spegnendo prontamente la radio – Facile fare il rock’n’roller con una fiduciaria alle spalle che ti gestisce i milioni... – Orbene, qualche giorno dopo la scoperta d’esser’io, molto probabilmente, oltre che primo, il penultimo dei miei fratelli, la mia pratica e coerente madre tornò a casa con l’ultimo ciddì di Vasco. – Oh no… – esclamai, scoprendomi portavoce di una tradizione tradita – fuori Vasco da questa casa! – E invece no, lo stereo a tuono (cosa a me proibita) e il salotto e tutta casa, fin giù in cantina, vennero sconquassati dai quattro accordi di uno spinto rock’n’roll pornografico – “… è proprio lì, la forza che c’hai, quando vedo i movimenti che fai… lo sai che così non resisto e scusami tanto se insisto…” – – Gesù! – dissi a mamma – che testo volgarotto e maschilista, sintomatico direi di un maschio alfa in androcrisi… – – Come come?! – avvampò mamma permalosa sentita questa mia psicologica parafrasi – che fai, sfotti? Vasco è uno fico, che sa arrivare dritto al cuore di noi cinquantenni! Ma cosa ne vuoi sapere tu? – Ora, mia madre, non è certo tipa da crisi ontologiche rock’n’roll. Le donne, in genere, non cadono in crisi esistenziali di tal specie, almeno non così facilmente e platealmente come appunto noi uomini. Hanno scorza più dura le donne, integrità, e poi – come sostengo da sempre, da gonzo che sono – esse sono in grado di leggere il pensiero nella mente dei maschi ed è proprio grazie a questo dono telepatico – probabilmente di natura aliena – che riescono a contenere alla meno peggio gli slanci creativo-distruttivi di compagni, figli e nipoti, garantendo il precario mantenimento di quel poco di basilare, igienica, civiltà. Quindi, deducendo, la menopausa se non viene accettata


Climax e sorprendente finale Qualche settimana fa, mia madre comprò in internet il ciddì dei Justic, contenente il duro e selvaggio singolo “Stress”, molto discusso dai francesi per il violentissimo video. Mi vidi costretto a capire che un limite era stato varcato e che le cose, nei ruoli, andavano risistemate. Mia madre era diventata, per un paradosso bio-fisico, più giovane di me – giovane nell’accezione di stupida, ma anche di curiosa –. Toccava mi mostrassi io, ora, finalmente maturo – di riflesso, lo ammetto – da farci un bel discorsetto serio, la sera, dopo cena. Urgeva insomma l’uomo di casa. Così, sparecchiando, le parlai chiaro e tondo:

– …mamma, questa musica che da un po’ ascolti, sarò sincero, è da drogati… e poi così, a tutto volume, con quelle cuffie da aviatore, finirai suonata come un vecchio cavallo dopato… dai mamma, lo sai, che se vuoi parlarmi, se c’è qualche disagio che fai fatica a estrinsecare… – – Stammi a sentire – mi interruppe tranquilla – pian pianino sto trovando e provando nuove dimensioni esistenziali che tu, e la tua generazione di giovani anziani intossicati da alcolpops e dolciumi all’aspartame avete già rinunciato a cercare… queste esigenze, probabilmente, si erano assopite in me nella ciclicità del lavoro e sì, diciamolo, del mestruo. Sappi quindi, primo e penultimo figlio, che voglio lasciare il lavoro e mi voglio iscrivere alla scuola d’arte drammatica di Londra, e sarai proprio tu a pagarmi le rette! – – Oh madre! – esclamai perdendo pressione vaso arteriosa – Oh no! No davvero, andare a lavorare? Io!? – Mi salì una vampa di terrore quale giammai tale. La mia emotività fu scossa fin nelle solide radici del Super Io. Ma poi mamma scoppiò a ridere, col braccio mi mandò a quel paese e così mi apostrofò: – Scherzavo, cretino supponente… comunque sì, voglio fare teatro sperimentale… Ma intanto comincio con un po’ di yoga… –.

» di Kurt Sghei; illustrazione di Mimmo Mendicino

dalla femmina – divenendo di fatto motivo d’angoscia e frustrazione, trasformando, per così dire, donna in uomo – può minare seriamente questo traballante equilibrio di compensazione fra creazione, conservazione, devasto e buone maniere. Sono gratuitamente certo (a riprova della tesi), che gran parte della squallida politica inglese degli anni Ottanta sia dovuta a una pessima gestione psicologica delle profuse sudorazioni notturne della Prime Minister.

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anni, faccio il libraio a Lisbona. Sono malato di polmoni e voglio cambiare il mondo”. È il magistrale incipit dell’ultimo libro di Alberto Nessi, la storia di José Fontana, che emigra dalla Valle di Muggio a Lisbona, trovando impiego nella libreria più importante della città. José Fontana ha dedicato la vita alla causa del movimento operaio e ha partecipato attivamente alla vita culturale della città, incontrando Eça de Queiroz, Antero de Quantal, Paul Lafargue e tenendo scambi epistolari con Marx ed Engels. Il racconto è in prima persona, intercalato da inserti in corsivo che sono un dialogo immaginario con il narratore. Il romanzo è ambientato negli anni che

vanno dal 1871 al 1876, assumendo dapprima l’aspetto di un’autobiografia, in seguito di un diario, con i titoli dei capitoli costituiti solamente dall’anno cui si riferiscono i fatti narrati. Nella parte finale una serie di lettere ritrovate, indirizzate al protagonista dal cugino Ambroise. Piace di questa opera letteraria l’abilità con la quale s’introducono inserti naturalistici discreti – alla Calvino per intenderci – in cui Nessi ci trasmette la sua sensibilità per il mondo vegetale e animale che ci circonda, con uno stile “fresco” e insieme sapiente. La prossima settimana, forse è un romanzo storico e contemporaneamente attuale, che ci spinge a riflettere sulla solidarietà e sull’amore: dalla

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parte dei poveri, si è detto, ma soprattutto dalla parte di chi patisce sopruso e oppressione. Particolarmente interessante il linguaggio, che si adatta alla cultura del narratore di turno, in un coro di voci fra le quali campeggia quella del protagonista, ora colta, ora visionaria nel finale del romanzo, ma sempre appassionata, come il suo autore. In una recente intervista Nessi afferma di mettere tutto se stesso nella scrittura: “Io scrivo con tutto me stesso, non solo con la mente. Scrivo anche con i sensi e nelle mie pagine entra, indirettamente, anche la mia storia personale e familiare. Quindi, vorrei farmi portavoce di una sensibilità non solo personale, ma collettiva”.

Alberto Nessi La prossima settimana, forse Casagrande, 2008

» di Maria Scanziani

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Il sole transita nel segno della Bilancia dal 24 settembre al 23 ottobre Elemento: Aria - cardinale Pianeta governante: Venere Relazioni con il corpo: reni, ghiandole surrenali Metallo: rame Parole chiave: armonia, equilibrio, bellezza, individualità

» a cura di Elisabetta

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ariete

bilancia

Fate particolare attenzione a quello che dite! Cercate di calibrare le vostre parole ed evitate di giudicare persone e situazioni in modo superficiale. Possibili malumori per i nati della seconda decade a causa del transito di Giove.

Settimana vivace, caratterizzata dal transito di Mercurio. State comunque attenti a quello che dite con partner o soci tra il 14 e il 15 quando la Luna si troverà in opposizione. Spese per l’acquisto di un capo di abbigliamento alla moda.

toro

scorpione

Fase particolarmente intensa per la vostra vita affettiva resa incandescente dal transito di Marte e Venere nel segno dello Scorpione. Canalizzate le vostre energie verso un sereno erotismo o correte il rischio di rimanere vittime di una improvvisa esplosione di gelosia.

Grazie al transito di Marte e Venere, questa seconda settimana di ottobre si presenta particolarmente importante per la vostra vita amorosa. Fase di svolta per i nati della seconda decade, favorita dal passaggio di Giove, Saturno e Urano.

gemelli

sagittario

Mercurio, il vostro astro guida, transita nella quinta casa solare favorendo un intensificarsi delle relazioni sociali e dei flirt. Il concomitante transito di pianeti in sesta casa favorisce i contatti nell’ambiente di lavoro. Controllate il regime alimentare.

Progetti e novità per i nati nella prima decade, favoriti dal transito di Mercurio. Periodo decisivo per i nati della terza decade soggetti a una profonda metamorfosi dal transito di Plutone. Momenti di abnegazione nei confronti della persona amata.

cancro

capricorno

Settimana decisiva per i nati della seconda decade. Mentre Saturno e Urano vi stanno alleggerendo da alcune zavorre del passato, Giove sollecita una vostra presa di posizione. Non lasciatevi prendere dall’ansia, ma decidete con serenità.

Fase particolarmente felice per i nati nella seconda decade. Grazie ai transiti di Giove, Saturno e Urano, importanti svolte si stanno delineando sul vostro immediato orizzonte. Promozioni, riconoscimenti pubblici e nuove opportunità di lavoro.

leone

acquario

La seconda settimana del mese si apre con un calo energetico per i nati della prima decade. I concomitanti transiti nella vostra quarta casa solare stanno per slatentizzare alcune gelosie all’interno dei vostri ambienti familiari.

Se riuscirete a non farvi cogliere dallo stress questo periodo può offrire maggiore fermento alle vostre attività erotiche. Nuove soluzioni professionali per i nati della seconda decade. Momento ideale per iniziare una innovativa dieta alimentare.

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pesci

Momento di svolta per tutti i nati della seconda decade. Abbandonate il passato e fate i conti con il nuovo (Urano nei Pesci). Grazie al transito di Marte e Venere nella vostra terza casa solare potete coltivare nuovi interessi e conoscere persone nuove.

Per i Pesci della seconda decade è da diverso tempo in corso una importante svolta esistenziale. Saturno e Urano stanno ormai costruendo un vero e proprio spartiacque tra passato e presente. Possibili novità per la vostra vita amorosa.

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La comunicazione rappresenta un aspetto importante per i nati in Bilancia. Le loro capacità intellettuali e diplomatiche, ma anche la loro innata vocazione all’eleganza, li rendono particolarmente carismatici e interessanti sul piano sociale. Al contempo, in quanto segno d’aria, sono spesso accusati di una certa astrattezza e di lasciarsi andare a situazioni poco concrete e certe, soprattutto sul piano della realtà materiale. Sta di fatto che l’importanza attribuita dalle Bilance alle idee e ai concetti li induce spesso a esprimersi con abilità e fantasia, in taluni casi giungendo a influenzare profondamente le opinioni altrui. La loro capacità di distacco dalla quotidianità e dall’esperienza immediata, li porta non di rado a raggiungere una certa obiettività nel giudizio e nella penetrazione psicologica del prossimo. Questo aspetto, unitamente alla predisposizione al pensiero razionale, li rende adatti a ruoli di responsabilità, purché non si facciano trascinare troppo dalla loro dimensione di impenitenti sognatori. Intimamente preoccupati di restare emarginati e discriminati, i nati in Bilancia, se non sostenuti dall’elemento Terra, possono inoltre abdicare alle loro personali opinioni a favore delle decisioni o del volere del “gruppo”. Tale rinuncia non va ricondotta a un deficit di personalità ma piuttosto al costante bisogno di riconoscimento e apprezzamento da parte degli altri. Sul piano fisico devono prestare particolare attenzione agli stati malinconici e depressivi, evitando l’introversione e, qualora accadesse, l’eccessiva timidezza.

“… da cui vergine nacque Venere, e fea quelle isole feconde…”

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1. Difende gratuitamente l’imputato • 2. I gemelli indivisibili • 3. Complessino canoro • 4. Fiumiciattolo • 5. Antica pentola • 6. La sposa di Anfione • 7. La fine della Turandot • 8. Il figlio di Ludovico il Moro • 9. Animosi, vendicativi • 13. Abita Tallin • 16. Nome di donna • 18. Sposò Anna Bolena • 21. Vi sosta la carovana • 25. Cons. in bacio • 26. Indossare • 28. Lisa nel cuore • 30. Innervositi • 32. Provocano allergie • 33. Istituto Tecnico • 35. Commissario Tecnico • 39. Cuor di vinto • 40. Curva fluviale • 42. Topo ginevrino • 43. Un graduato • 44. Si detto a Londra (Y=I).

La soluzione verrà pubblicata sul numero 44.

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1. La scienza del cosmo • 10. Mascolinità • 11. Malattia contagiosa • 12. Partita a tennis • 14. Il fiume di Bottego • 15. Profondità marine • 17. Comunità Europea • 19. Risultato • 20. Raglia • 22. Un Profeta • 23. Il Ticino sulle targhe • 24. Maestri spirituali ebraici • 26. Miscugli • 27. Tanti sono i Comandamenti • 29. Avverbio di luogo • 31. Bruciato • 32. Il bel Delon • 34. Commovente • 36. L’ha chi ha poco tempo • 37. Cons. in ruota • 38. Marina nel cuore • 40. Cava centrale • 41. Composto chimico biologico • 45. Dittongo in giada • 46. Nel centro di Laveno • 47. Prova attitudinale • 48. Il nome del pittore Rosai • 49. Hanno il cordiglio.

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I vincitori del Concorso Migani del n. 38: Baresi Carmen, Caviano; Misman Annamaria, Ponte Capriasca; Moriggia Augusta, Bioggio; Ormanni Irene, Biasca; Piffaretti Niva, Pregassona.

Indovina... dove siamo?

“Rifugio naturale in Val Calneggia (Vallemaggia)”.

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Giochi

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La soluzione a Epigoni è: La misteriosa fiamma della regina Loana di Umberto Eco (Bompiani, 2004). Il vincitore è: M.F.-C., Locarno.

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