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Padri in via di estinzione Libertà o normalità? Le incertezze tra i giorni e le nuvole Insonnia. Viaggio nella veglia Alessandra Meniconzi. Vent’anni di fotografia in Cina

08 L’appuntamento del venerdì

34 numero

Corriere del Ticino • laRegioneTicino • Giornale del Popolo • Tessiner Zeitung • CHF. 2.90 • con Teleradio dal 17 al 23 agosto


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numero 34 15 agosto 2008

Agorà Padri in via di estinzione Arti Miles Davis. Ha delle idee

Impressum Tiratura controllata 93’617 copie

Chiusura redazionale Venerdì 8 agosto

Editore

Media Senti chi parla

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Società Libertà o normalità? Le incertezze tra i giorni e le nuvole Salute Insonnia. Viaggio nella veglia

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Vitae Gabriele Peroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Direttore editoriale

Reportage Alessandra Meniconzi. Vent’anni di fotografia in Cina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Capo progetto, art director, photo editor

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Teleradio 7 SA Muzzano Peter Keller

Adriano Heitmann

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Concetto editoriale IMMAGINA Sagl, Stabio

Amministrazione via San Gottardo 50 6900 Massagno tel. 091 922 38 00 fax 091 922 38 12

Libero pensiero

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

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In copertina

Fotografia di Alessandra Meniconzi

Egregi Signori, Nell’ultima numero del vostro settimanale ho notato che avete proposto un servizio su un’automobile da corsa sviluppata dalla Porsche negli anni Settanta. Io non sono più un ragazzino e leggendo l’articolo, con una punta di nostalgia, mi sono ricordato (da vecchio appassionato) le gare e l’atmosfera che si vivevano nei circuiti in quegli anni. Ricordo che mi recavo spesso al velocissimo circuito di Monza (ora molto diverso) ma anche nella vicina Francia e in Germania. Ricordo quei ragazzi che entravano nelle loro automobili prive di qualsiasi forma di protezione e si lanciavano a velocità impressionanti sui rettilinei e nelle veloci curve del vecchio e lungo Nürburgring. Danzavano qui e lì tra i cordoli, più spesso sulla terra che sulla striscia di asfalto. Ricordo il loro sangue freddo, quell’aria piena di fumo, piombo e benzina che ti toglieva il respiro, e il pubblico appoggiato ai guardrail... Tutto sparito: basta guardare una gara di Formula Uno alla televisione per capire quante emozioni siano andate perdute in questo spettacolo che mette a confronto l’uomo e l’automobile. Penso che, come molte cose che appartengono al nostro passato, la nostalgia giochi brutti scherzi e ci faccia rivivere nella memoria gli eventi con un alone di bellezza forse esagerata rispetto a quello che veramente erano quelle gare. Ma di una cosa sono sicuro: la passione che vedevo in quegli anni oggi è sparita. E la passione non si compra con il denaro, gli sponsor e i diritti televisivi. Grazie e complimenti T. M. (Lugano)

Gentile lettore, Ho molto apprezzato la sua lettera, in particolare per l’emozione che fa capolino tra le righe. Nella fase di stesura del contributo da lei citato apparso sul n. 32 – dedicato alla Porsche 935/78 “Moby Dick” – mi sono confrontato con fotografie e progetti dell’epoca. In tutti traspariva questo aspetto passionale che ritrovo nel suo scritto, uno spirito veicolato attraverso la ricerca di soluzioni motoristiche e aerodinamiche spesso azzardate. Erano certamente “altri tempi”, dal punto di vista dei regolamenti e della sicurezza: si sperimentava, si correvano molti rischi e la vita dei piloti pareva, a volte, un necessario sacrificio. Uno spettacolo garantito. Almeno dal punto di vista dell’incolumità dei piloti e dell’impatto ambientale delle corse automobilistiche, oggi le cose sono molto cambiate: si muore meno nei circuiti (ma si muore ancora…) e la sicurezza delle auto è cresciuta esponenzialmente. E la passione, si chiederà lei? Ritengo che quella, in fondo, non sia mai scemata. Non la ritrova mentre assiste a una manifestazione trasmessa alla tv? La capisco. Ma sono altrettanto certo che la ritroverebbe ancora (quasi) intatta nelle comode tribune dell’Hockenhemring, sui prati durante una 24 Ore di Spa-Francorchamps o ai bordi dell’aeroporto di Ambrì, tra vecchi e giovani amici che, in sicurezza, provano a fare i piloti. Almeno per un giorno e non sulla strada. Cordialmente, Giancarlo Fornasier


Padri in via di estinzione

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Reminescenze del patriarcato Eppure, gli annunci di “scomparsa” dei padri non sono boutade retoriche frutto del nervosismo del momento, al contrario hanno origine in un lontano passato. Per capire che cosa sta avvenendo nella società, nella famiglia e nei padri di oggi, dobbiamo tenere presente il vacillante equilibrio intergenerazionale che da tempo tiene la collettività con il fiato sospeso. Lo spettro della “società senza padri”, preconizzata dallo psicanalista tedesco Alexander Mitscherlich (1908-1982), ma di cui già parlava Sigmund Freud, aleggia sin dagli albori dell’era moderna. La sua irruenza si manifestava in particolare nell’attacco alle gerarchie incentrate sul modello della paternità. Il patriarcato su cui si reggeva la società era basato su una gerarchia di tre entità distinte: il padre divino, il monarca e il padre di famiglia. L’ordinamento del

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Agorà

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monte del dibattito sull’educazione, come a quello sull’evoluzione demografica, si celano due domande: oggi, in quanto storici rappresentanti dell’autorità, i padri hanno ormai fatto il loro corso? È possibile che, come ha recentemente ipotizzato il Deutsches Jugendinstitut di Monaco (www.dji.de), il basso tasso di natalità sia dovuto a uno sciopero procreativo dell’uomo? In un sondaggio condotto in una nota industria automobilistica di Stoccarda, un intervistato ha dichiarato: “Che ci pensi qualcun’altro a fare un figlio, a costruire una casa e, per quanto mi riguarda, a piantare un albero in giardino. Io ho sempre desiderato soltanto guidare un’auto sportiva”. È evidente che diventare padre non rientra tra i progetti di quest’uomo.

mondo di allora era semplice, ma questo non gli impedì di crollare rovinosamente. Il padre celeste perse il proprio potere o fu dichiarato morto, il re venne decapitato o detronizzato, la potestà paterna smantellata. A quell’epoca, di certo, non si parlava ancora di “società senza padri”, bensì dell’avvento di un “mondo senza padri”. Guardando con il senno di poi, a questa svolta antipatriarcale – con la quale John Locke (16321704) e altri grandi pensatori fecero epoca – dobbiamo riconoscere che il sovvertimento della vita privata faticò molto di più a imporsi rispetto al riordinamento politico. I dibattiti odierni sulla crisi della famiglia, quindi, non sono altro che l’espressione di un’inquietudine che dura da secoli. Nella politica, il bilancio del cambiamento di rotta è chiaro: l’abolizione del patriarcato diede il via alla lunga marcia trionfale della democrazia, basata sull’uguaglianza e sull’unione civile di individui liberi. Que-

sto nuovo capitolo nella storia della convivenza umana ha trovato espressione nel verso di Friedrich Schiller “Tutti gli uomini diventano fratelli” (An die Freude o Inno alla gioia) musicato nella Nona Sinfonia da Beethoven (1824). A posteriori, ci piace notare la mancanza delle “sorelle”, ma stranamente fingiamo di non vedere un altro punto altrettanto spinoso: se tutti gli uomini diventano fratelli (e sorelle), chi sono i loro genitori? Questo interrogativo evidenzia come i cambiamenti nella vita politica non vadano necessariamente a braccetto con quelli nella sfera privata. Anzi, il principio di “fratellanza” introdotto nella politica è assolutamente inconciliabile con la famiglia, dove le dipendenze, gli obblighi, le gerarchie tra anziani e giovani permangono. Ovviamente, il vecchio e onnipotente patriarca è stato chiamato alla resa dei conti, nondimeno quando si è trattato di colmare il vuoto che ha lasciato, lo smarrimento è


La famiglia: una morte annunciata? Nella sua forma più eclatante, la scomparsa dei padri si manifesta laddove la battaglia contro il vecchio patriarca diventa una battaglia per l’abolizione della famiglia. La strategia è la stessa già usata in passato nei vari tentativi di collettivizzazione dell’educazione: ad esempio, durante la Rivoluzione francese, nell’Unione Sovietica, sotto il regime fascista e tra i sessantottini. Pur guardandoci da equiparazioni ideologiche, possiamo affermare che tutti questi esperimenti hanno portato a un vicolo cieco e che, inesorabilmente, la domanda sul futuro della figura paterna riaffiora come un pezzo di legno che abbiamo tentato invano di affondare. Un’altra forma di scomparsa del padre, relativamente poco vistosa ma molto diffusa, è quella del suo esilio nel mondo del lavoro che lo ha reso una figura marginale all’interno della famiglia: un “padre soltanto a metà”, come lo aveva definito il poeta e

drammaturgo tedesco Friedrich Hebbel (1813-1863). Lasciata la sfera privata all’esclusivo appannaggio della madre, egli si è limitato a tenere le redini economiche della famiglia, a pronunciare di tanto in tanto l’ultima parola a fini educativi o a compiere atti di violenza domestica. Questa presenza/assenza del padre ha creato nei giovani un conflitto interiore, un doppio legame, al quale hanno reagito con rabbia e tristezza, ribellandosi alle autorità e ricercando quella figura paterna di cui sentivano la mancanza nella vita di tutti i giorni. Gli esempi che si potrebbero citare al riguardo sono innumerevoli: basti pensare al dramma giovanile di Anton Cechov Platonov (1880), alle fantasie di parricidio degli espressionisti tedeschi intrise nonostante tutto di nostalgia del padre, al grande tentativo intrapreso dal movimento giovanile agli inizi del XX secolo volto a rendere i padri del tutto superflui, oppure all’autodistruzione compiuta dai padri nel Secondo dopoguerra, alla quale, sotto la spinta dei sessantottini, fece seguito la “morte della famiglia” preannunciata dal teorico e leader dell’antipsichiatria David Cooper (1931-1986). I padri di oggi, dal canto loro, sono molto più inclini a “piantare in asso” la famiglia e a delegare

Mentre torna d’attualità il dibattito sul coraggio di educare e quindi sull’uso o sull’abuso di autorità, affiora il timore di un futuro senza figli, di un disastro demografico esteso a molti paesi occidentali. Due problemi affrontati come se orbitassero su piani diversi. In realtà, l’uno e l’altro sono indissolubilmente legati. A unirli, un’idea fissa che accompagna la società moderna sin dai suoi albori: l’abolizione della paternità

alle madri il compito di educare la prole, mentre gli uomini in generale propendono per non entrare nemmeno nel merito della questione “figli”.

La raccomandazione di Tocqueville Una cosa è comunque certa: se oggi si dibatte sul progressivo indebolimento delle famiglie causato dall’accudimento statale dei figli, se a forza di parlarne il ritorno del patriarca sta diventando una realtà, se la disgregazione del nucleo familiare viene fatta risalire ai cattivi comportamenti dei padri, questo è il risultato di un’incertezza secolare sul ruolo del padre in seno alla famiglia. Ma oggi i tempi sono maturi per sgombrare il campo dai dubbi e trovare una via d’uscita. Le vecchie strategie di eliminazione o di emarginazione della figura paterna non hanno portato da nessuna parte, l’idea di collettivizzazione dell’equilibrio intergenerazionale è stata abbandonata e il modello del padre civile che si aggira nella famiglia mezzo presente e mezzo assente mostra segni di logorio. Per la nuova immagine paterna possiamo se non altro prendere spunto da una raccomandazione che Alexis de Tocqueville (1805-1859) formulò oltre centocinquant’anni or sono: nella famiglia un padre non dovrebbe comportarsi da signore o da pubblico ufficiale, bensì da mediatore, consigliere ed esempio da imitare. Nell’arte del porsi come modello – peraltro tutta da re-imparare – rientra la consapevolezza di dover trasmettere le proprie convinzioni alle nuove generazioni e la necessità di guardarsi allo specchio con occhio critico.

Agorà

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» di Dieter Thomä; traduzione di Sandra Verzasconi; ill. di Micha Dalcol

stato grande. I primi tentativi di delineare una nuova immagine del padre e ridefinirne il ruolo positivo nella famiglia risalgono al XVIII secolo, ma vennero sopraffatti da alcune strategie che, in un modo o nell’altro, contribuirono all’avanzata della società senza padri.

Dieter Thomä è professore di filosofia all’Università di San Gallo. “Vaterlosigkeit ist modern” è stato pubblicato dalla Neue Zürcher Zeitung il 14.6.2008. Dell’autore è di imminente pubblicazione il saggio “Väter. Eine moderne Heldengeschichte” (Carl Hanser Verlag, Monaco).


Ha delle idee…

Dischi

Miles Davis Kind of Blue Columbia, 1959 Rieditato recentemente, contiene anche le take escluse dalla selezione originale dei brani.

Cookin’ a Bitches Brew fino a Tutu, le idee sono sempre molto definite e chiare. Temi, arrangiamenti, successione degli assolo e dei brani, tutto concorre, nella maniera più semplice possibile, a ottenere il massimo col minimo sforzo. All’interno di Kind of Blue convivono Miles Davis ritratto da Anton Corbijn a Montreal nel 1985 (immagine tratta da www.corbijn.co.uk) stimoli e suggestioni molto diverse e distanti. È interessante confrontare il commento di La fortuna di Kind of Blue za che invece qui caratterizza Hugh Masekela, trombettista sudafricano, non ha eguali nella storia del tutta la registrazione. È lo stescon quello che scrive Ian Carr, anch’egli jazz. L’album fu inciso nel so Bill Evans a suggerire una trombettista e critico musicale inglese. Hugh 1959 da Miles Davis a capo possibile spiegazione: “Quelle Masekela: “Era il più semplice degli stili jazz... di uno strepitoso sestetto che che si sentono nel disco sono con un sacco di colori africani. In quel disco comprendeva Julian Cannon- le prime esecuzione complete era riuscito a far convivere in modo fantastibal Adderley al sax alto, John di ogni brano... Penso che co sonorità moderne con qualcosa di molto Coltrane al sax tenore, Bill gran parte della sua freschezza primitivo. Avvertivo profonde somiglianze Evans al pianoforte (sostitui- derivi proprio da questo... In con la musica del Congo. Miles era già tanto to in “Freddie Freeloader” da genere le emozioni del primo avanti, ma a mio parere quella fu la sua illuWynton Kelly), Paul Cham- take sono sempre le migliominazione più grande e duratura”. Ian Carr, bers al contrabbasso e Jimmy ri...”. Soltanto di “Flamenco in un passaggio della sua biografia su Davis in Cobb alla batteria. Kind of Sketches” venne registrata una cui analizza l’apporto di Bill Evans, profondo Blue ha ottenuto risultati di seconda versione, utilizzata conoscitore di Debussy e Ravel, dice: “Con vendita e consensi così diffusi, nell’Lp originale. La prima, Kind of Blue, Miles spinge agli estremi limiti sia da parte di appassionati sia scartata su richiesta non di Dagli aspetti occidentali della sua musica”. Due di musicisti di ogni estrazione vis ma di Fred Plaut, il tecnico commenti apparentemente in contraddizione musicale, da risultare irrag- del suono, può oggi essere fra loro, ma forse è proprio questa capacità di giungibile dalla maggior parte ascoltata nella riedizione in conciliare istanze ed esigenze diverse che rendegli altri album che pure Cd. La filosofia che vuole si de grande e speciale questa musica. La parahanno segnato la storia del utilizzi sempre il primo take bola artistica di Miles Davis, iniziata nel vivo jazz. Cercare di interpretare i completo di un brano, un della rivoluzione bebop, non si è mai fermata: motivi di una tale fortuna non metodo di lavoro che privilepassando attraverso il cool, l’hard bop, il jazz è impresa facile. Ashley Kahn gia la spontaneità della prima modale fino alla fusion e oltre, Davis ha spesso (Kind of Blue, vedi Apparati) stupito e contrariato i ne esamina la genesi, la storia, Considerato come uno dei capolavori assoluti suoi sostenitori. Questi le strategie promozionali e della storia del jazz, “Kind of Blue” di Miles continui cambiamenmolto altro ancora, dandone ti, anche quando non Davis ha suscitato (e continua ad avere) coincidono coi nostri una visione articolata e dettagliata. Per descriverlo sono critiche e apprezzamenti solo in apparenza gusti, testimoniano costati utilizzati aggettivi come divergenti. Una proposta interpretativa munque una ricerca e magico, elegante, raffinato, una sete di freschezza delicato, rilassato, minimale esecuzione, fu utilizzata da sempre salutari per la “vitalità” della musica. e altro ancora. Due sono pe- Davis in moltissime altre ocDurante un workshop, in uno di quei momenrò le caratteristiche di questa casioni. La trasparenza cui fati dove inevitabili sbocciano domande su altri musica che vorrei sottolineare: cevo riferimento pervade non musicisti, Steve Lacy, musicista spinto da intela freschezza e la trasparenza. solo questo capolavoro ma ressi e appetiti molto diversi, alla richiesta su Non sempre le incisioni in stu- l’intera produzione musicale che cosa ne pensasse di Miles Davis, rispose: dio posseggono l’immediatez- di Davis. Nella sua musica, da “Well... Miles ha delle idee...”.

» di Giancarlo Locatelli

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Ashley Kahn Kind of Blue Il Saggiatore, 2003 Approfondito studio di Ashley Kahn, Kind of Blue, New York, 1959: storia e fortuna del capolavoro di Miles Davis è tradotto in italiano da Francesco Martinelli.

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Arti

Libri


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Il Ticino e i suoi fotografi Christian Schiefer

La

foto ritrae un gruppo di soldati senegalesi rifugiatisi nel Mendrisiotto dopo l’8 settembre 1943.

Errata corrige

Fonte: Archivio di Stato, Bellinzona. Fondo fotografico Christian Schiefer.

W

Nella fotografia di C. Schiefer “Bellezze al bagno a Campione” pubblicata sul n. 32 di Ticinosette, è stato erroneamente omesso che la stessa proviene dal fondo fotografico Christian Schiefer conservato all’Archivio di Stato di Bellinzona. Ce ne scusiamo con i lettori e i diretti interessati.

Riferimento bibliografico: La guerra vista dal Ticino, 1939-1945: 102 immagini del fotoreporter Christian Schiefer a cura di Villi Hermann e Antonio Mariotti, G. Casagrande, 2003. Il volume è stato pubblicato in occasione della mostra tenutasi a Palazzo Franscini (Bellinzona, 2003).

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A: “Spegni ‘sto telefono un secondo, non ha smesso di suonare da quando ti sei seduto” B: “Guarda, lascia perdere. Ti ricordi la biondina di sabato sera? È da ieri che mi riempie di sms incomprensibili. Mi è venuto il mal di testa, prova un po’ a leggere...” A: “Cm mai nn t fai + sntr? Cmq io tvumdb!!!! Julia” B: “Non sembra neanche italiano, qui serve un traduttore! È incredibile, mi sento già vecchio, a 25 anni non riesco a comunicare con una di venti” A: “Non è una questione d’età, ormai il linguaggio ha perso di significato per tutti. Prendi Carlo ad esempio, ogni volta che m’incontra mi chiede come sto. Educato, gentile fin che vuoi, però se ti vedo sei, sette volte al giorno capisci che dopo un po’...” B: “Il problema è che quando ti chiedono come va o come stai, a nessuno interessa dav-

Senti chi parla…

vero. Ormai è diventato un intercalare, ha perso il suo significato, è una domanda che la gente fa per interrompere quei silenzi che imbarazzano. Ma non è questo il punto: pensa a come viene storpiato il linguaggio, tutti i giorni in ogni ambito. Prendi la benzina verde ad esempio. Verde? Perché verde? Cosa esce dal tubo di scappamento, menta?” A: “Magari... ma non finisce qui, pensa alle donne, perché le chiamano il sesso debole? Tu, onestamente, riusciresti a sopportare quel dolore ogni ventotto giorni?” B: “ Io? Ma se quando vado a fare il prelievo del sangue la mia ragazza mi tiene la mano...” A: “Almeno tu hai la ragazza, ed è pure una bomba!” B: “A proposito di bombe, pensa ai militari e alle bombe intelligenti. L’unica cosa d’intelligente che ha una bomba è che ammazza senza distinzioni, è la sola che ha capito che siamo tutti uguali” A: “Hai ragione, le parole hanno perso il loro significato da un sacco di tempo. Mio nonno mi parla ancora di Auschwitz.

Libri

Peter Szendy Intercettare ISBN Edizioni, 2008 Essere ascoltati senza saperlo è una delle principali angosce dell’uomo contemporaneo. Talpe, spie, delatori pronti a vendere segreti altrui, sono i personaggi che popolano il saggio di Szendy.

Steven Pinker L’istinto del linguaggio Oscar A. Mondadori 1998 Sottotitolato “Come la mente crea il linguaggio”, in questo testo l’autore dimostra come sin da bambini siamo portatori di un istinto ereditario del linguaggio e come questo sia frutto dell’evoluzione.

la guerra preventiva? È la guerra che previene la guerra…” A: “Ora te ne racconto io una: mia zia abita vicino a Napoli e il sindaco del suo paese, un vero genio, ha fatto mettere un cartello all’entrata del deposito di rifiuti con su scritto: AIUTATECI A MANTENERE LA DISCARICA PULITA” B: “Geniale! Io uno così lo voterei...”

» di Gabriele Scanziani e Maxi Bonifazzi; illustrazione di Céline Meisser

Media

appena finito di discutere a proposito di un articolo sul linguaggio e su come viene utilizzato oggi per comunicare. Eravamo a un punto morto, non sapevamo né da dove ripartire né come concluderlo. Durante la pausa caffé abbiamo ascoltato, ma non era nostra intenzione origliare, la conversazione tra due ragazzi. Ve la proponiamo per come l’abbiamo “catturata” dal tavolino di un bar di Lugano. Chiameremo i due giovani A e B: ecco le risposte alle domande che si sono posti durante una conversazione, a tratti ironica, sul nostro modo di usare le parole.

Le vite degli altri Pellicola tedesca di Florian Henckel del 2006, ambientata nella Berlino Est dei primi anni Ottanta. Gerd Wiesler, agente della Polizia di stato, spia e controlla la vita dei cittadini. Ma l’incontro con uno scrittore farà di lui un complice discreto…

La nostra pausa caffè è durata un po’ più del previsto, ma è servita per riscrivere, forse in un modo un po’ insolito, il nostro articolo. Inizialmente pensavamo di trattare il linguaggio politico, il vocabolario giovanile o quello tecnico. Tuttavia, dopo aver ascoltato Come comunichiamo? Utilizziamo le parole questo dialogo, siamo per il loro reale significato? Diamo loro il dovuti tornare sui nogiusto peso o ci limitiamo a subirle? Quando stri passi, rivedendo per comprendere è sufficiente saper ascolta- tutto il lavoro che avevamo svolto fino a quel re, in segreto… momento. Abbiamo riSopra l’entrata del campo di visto anche la nostra opinione, noi che per sterminio c’era scritto: «Arbeit presunzione pensiamo che i “ragazzi” parlino macht frei». C’è bisogno di solo in gergo o che s’interessino solo di raaggiungere altro?” gazze o di videogiochi, ci rendiamo invece B: “Beh, qualcosina d’aggiunconto che anche i più giovani si pongono gere io ce l’avrei... Guerra sandomande su come comunichiamo. Il che ta, guerra preventiva. Sai cos’è non è poco…

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Avevamo

Film


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31.7.2008

10:24 Uhr

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il giorno in cui viene estromesso dalla società che aveva aiutato a creare, perché gli altri soci vogliono più competitività e maggiori guadagni, anche a costo di tagli del personale. Un aspetto sul quale Michele non è d’accordo. Perso il lavoro, tutte le certezze che hanno caratterizzato la sua vita, in primis il rapporto con la moglie e l’agiatezza economica, crollano rapidamente. Michele non perde solo le sue sicurezze, ma anche la sua identità – quella di imprenditore di successo – di fronte alla società e il suo ruolo – colui che assicura il benessere economico – all’interno della famiglia. Certo, ora è più libero, ha tanto tempo a sua disposizione ma tutto ciò gli fa solo paura. Nel bel libro La società dell’incertezza il sociologo britannico Zygmunt Bauman mi pare descriva bene questo stato

Libri

Zygmunt Bauman La società dell’incertezza Il Mulino, 1999 In questo fondamentale saggio, l’autore dipinge una società odierna che rifugge la stabilità e la durata, preferendo l’apparenza alla sostanza, con il risultato del disordine e della deregulation universale.

lavoro e timori di non trovare nulla che gli riempia la giornata e dia nuovo senso alla vita, Michele imbocca la strada della depressione, cadendo in una sorta di abulica passività. Come per molti di noi, che vivono in paesi sviluppati, nei quali domina la deregulation e la precarietà è spacciata per possibilità e libertà, Michele di questa liberazione dai vincoli della sicurezza – imposta e neppure scelta – farebbe volentieri a meno. Improvvisamente il protagonista si scopre inadeguato e poco adatto a far fronte alla richiesta (dei suoi soci, ma anche della società nella quale vive) di essere prima di tutto produttivi, efficienti, flessibili. Non trova più le giuste coordinate per muoversi nel mondo che lo circonda, perché, dice sempre Bauman “i lavori provvisori nel campo dei servizi, part-time, flessibili, in gran parte femminili e scarsamente strutturati che hanno sostituito i lavori industriali, del posto fisso, a tempo pieno, in gran parte maschili e solidamente impiantati, sono del tutto inadatti Scegliere la libertà, quando noia e monotonia a procurare all’ordine scandiscono i tempi della nostra quotidianità. sociale la stessa funA che cosa rinunciare se sul tavolo all’in- zione fondante e disciplinante svolta dai dipendenza si contrappongono le certezze loro predecessori”. di una vita normale? E se nel finale della pellicola Michele trova d’animo: “Se la noia e la mouna ragione per “andare avanti” nell’amore notonia pervadono le giornaper la moglie, i suoi giorni di nuvole e inte di coloro che inseguono certezze sono destinati a proseguire, perché la sicurezza, l’insonnia e gli l’identità non ha una dimensione unica e incubi disturbano le notti di non può quindi limitarsi alla relazione con chi persegue la libertà”. Tra l’altro. Per quanto presente… per quanto ansia di cercarsi un nuovo amato.

» di Roberto Roveda

Società

giorni fa ho avuto l’occasione di leggere una citazione da un libro di Sigmund Freud e ritrovarmi inaspettatamente a pensare al film Giorni e nuvole di Silvio Soldini, che avevo avuto l’occasione di apprezzare lo scorso anno al cinema. Accostamento azzardato, magari irriverente: Freud, in un suo saggio del 1929 intitolato Il disagio della civiltà, scriveva: “L’uomo civile ha scambiato una parte delle sue possibilità di felicità per un po’ di sicurezza”. Ho subito pensato: “Chissà cosa ribatterebbe Michele, il protagonista del film di Soldini, al padre della psicanalisi?”. Per chi non ha avesse visto il film, notiamo che Michele è un uomo maturo, con tante piccole e grandi certezze: un lavoro solido di imprenditore che gli consente una vita tranquilla e agiata, un matrimonio felice con Elsa e una figlia, che sta diventando donna. Per usare le parole di Freud, ha scelto la “sicurezza”, magari accompagnata da una certa dose di monotonia e quotidianità priva di slanci. Magari – ma non lo sappiamo – per raggiungere questo ha rinunciato a parte della sua felicità, nell’accezione freudiana di “felicità”, cioè quale esercizio della libertà, in primis la libertà individuale di procurarsi piacere. La sua vita prende una svolta

Giorni e nuvole Fortunato film di Silvio Soldini (2007) con Antonio Albanese e Margherita Buy. La perdita del lavoro da parte di Michele innesca una reazione a catena che costringe il protagonista, ma anche la moglie Elsa, a cancellare tutte le certezze acquisite.

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Pochi

Le incertezze tra i giorni e le nuvole

Un caffè, una giornata qualsiasi (Edward Hopper, Chop Suey, olio su tela, 1929; Collezione Barney A. Ebsworth, USA)

Film


Rich Gold Le leggi della Pienezza Creare, innovare, produrre cose Ed. Bruno Mondadori, 2008

Abbiamo letto per voi R ich Gold (1950 - 2003), artista, compositore, designer, inventore, lettore e scrittore, si dedicò a questo accattivante saggio con gli occhi di chi non si limita a interrogarsi sul funzionamento della società nella quale opera, la stessa che per molto tempo lui identificò come Tribù Spazzatura, rinominandola più tardi con Pienezza. Ma che cosa nascondono queste definizioni? “Siamo pieni di oggetti i quali necessitano decine, centinaia di altri oggetti”, scrive Gold. Nel saggio l’autore suddivide il “brulicare” dell’ingegno umano in quattro categorie di “creativi”: l’artista, lo scienziato, il designer e l’ingegnere, tutti impegnati a produrre. Gold analizza le relazioni e le funzioni che permettono

al sistema produttivo/società di auto-alimentarsi, costretta a fare “roba”, oggetti, cose. Si legge: “Design senza arte, o ingegneria senza scienza, entrambi tenderebbero presto asintoticamente a diventare merce, e nel mondo globalizzato, se stai semplicemente producendo merce, sei morto”. Nel capitolo dedicato ai sette modelli di innovazione vi sono riflessioni sempre acute e a volte spiazzanti. Ne è un esempio la nota zuppa “fatta in casa” prodotta dalla Campbell’s, ma che “fatta in casa”, assicura Rich Gold, non è di certo. Nell’ultima parte l’autore affronta il rovescio della medaglia, il trash (nel senso di spazzatura) che quotidianamente produciamo: scopriamo che “siamo

in tanti” (troppi…), che la crescita annua della popolazione mondiale del 3,5% è inevitabile, che nella maggior parte del pianeta la vita è una lotta per la sopravvivenza, dove soltanto il più forte, il più cattivo, il più spietato, è in grado di farcela (nel più classico american point of view). Nella Pienezza – dove vi è di tutto e di più – il mondo è a metà tra l’insulsaggine e la bruttezza, una realtà quantomeno deprimente. Rich Gold conclude avvertendoci che tutti noi “produttori di roba”, siamo destinati a continuare a produrne nella salvaguardia della Pienezza… Un sistema cieco: come se fossimo tutti a bordo di un aereo che vaga per i cieli senza pilota alcuno.

» di Adriano Heitmann

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Viaggio nella veglia

Internet

www.insonnia.it Il sonno: affare delicato. Per capirne i meccanismi, diagnosticarla, prevenirla o trovare rimedi efficaci, sia naturali sia farmacologici.

una sorta di setta della quale fanno parte uomini e donne, di tutte le estrazioni sociali, di tutte le età, razze e religioni ed è la setta degli insonni. Chi soffre d’insonnia ha un’unica la veglia quieta, il dormiveglia, ossessione: addormentarsi. Ma l’insonnia non il sonno sincrono e il sonno potrebbe essere la manifestazione di uno stato Rem. Questa è naturalmente contemplativo particolare? Le terminologie un’interpretazione priva di specialistiche dell’insonnia sono parecchie: dati clinici, di test sperimentac’è l’insonnia psicofisiologica, idiopatica, li e di esami polisonnografici. paradossale, organica, fatale e cronica. Poi Ci domandiamo tuttavia se ci sono le ipersonnie, le apnee ostruttive, la sussista una certa plausibilità narcolessia, la sindrome delle gambe senza nel sostenere che gli insonni riposo. Il neurologo Elio Lugaresi, nel suo sono portatori di mutazioni Il sonno e i suoi disturbi (Il Mulino, 2008) genetiche. Individui con un descrive il sonno come una forma evoluta di sistema di veglia diverso da riposo con le caratteristiche di un istinto. Nelquello dei nostri antenati che la mitologia greca la si associava alla morte, dormivano di notte, quando mentre nelle preghiere ebraiche si affermava non potevano cacciare per che dormire è come morire, poiché il sonno mancanza di luce. Chi non è il ritratto della morte. Il mondo è diviso dorme si può abbandonare in tra chi dorme e chi non dorme. Ci sono i lunghe meditazioni, realizzangufi e ci sono le allodole. Immaginiamoci gli do progetti fantastici mentre insonni come coloro i quali attraversano, in gli altri dormono. Il solo prosenso figurato, i meridiani come fa la terna, blema, se così lo si può defil’uccello marino che trasmigra e sorvola gli oceani senza mai ferIl 30% della popolazione adulta soffre di marsi, dormendo con insonnia. La depressione è tra le cause più mezzo cervello durante frequenti. Curarla? Non variare l’ora del co- il giorno. La risposta della medicina alla curicarsi, non fare attività fisica la sera, non ra dell’insonnia passa dormire di giorno, non guardare la televisio- attraverso la somministrazione di sonniferi ne a letto… come le benzodiazepinire, è dato dal loro orologio ne, le quali possono però creare dipendenza biologico interiore, che non o l’insonnia di rimbalzo. Malgrado gli aspetti coincide con quello esteriore. clinici dell’insonnia siano stati individuati e Il protagonista del film Le descritti, per il Lugaresi, la medicina non sa conseguenze dell’amore (2004) ancora dire a che cosa serva effettivamente del regista Paolo Sorrentino, il sonno e a quali esigenze biologiche esso risostiene che nel mondo esiste sponde. Ecco svelato un aspetto del mistero.

» di Nicoletta Barazzoni; illustrazioni di Mimmo Mendicino

Salute

colpa del talamo, dell’ipotalamo, delle onde beta, alfa, delta. Sarà colpa dei problemi legati al logorio della vita moderna, dei fattori ambientali, delle preoccupazioni, dell’attività cardiaca, dell’ormone ipofisario, del cortisolo, della melatonina o delle catecolamine. Sarà per l’impotenza da ansia da prestazione, per il gene che codifica la proteina prionica, o per le disfunzioni della rete neuronale, ma sta di fatto che l’insonnia resta avvolta in un alone di inspiegabile mistero. I primi contributi scientifici sul sonno e sui sogni risalgono al primo secolo avanti Cristo, quando il filosofo Lucrezio descrisse l’insonnia osservando il comportamento dei cani. Assodato che l’insonnia non è una malattia e che gli insonni sono considerati, in particolare dalla medicina dogmatica, coloro i quali sostengono di dormire poco e male, ci piace pensare a loro come a dei sensitivi, degli esseri evoluti, decisi a non sprecare un solo minuto della loro vita nel sonno. Potrebbero persino essere degli anticipatori nello stravolgere i comportamenti umani come la veglia attiva,

Jayadev Jaerschky Vincere l’Insonnia Demetra, 2008 L’autore, co-fondatore della Scuola Europea di Ananda Yoga, dispensa consigli e pratiche basati sugli insegnamenti del grande maestro indiano Paramhansa Yogananda.

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S arà

Libri


Salute

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» testo di Federica Baj; fotografia di Adriano Heitmann

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E, perché no, anche in abbinamento alle cure convenzionali. Se poi entriamo nel delicato argomento delle terapie usate nella cura di malattie degenerative come i tumori e non solo, le cose si fanno ancora più complesse. Personalmente ho sempre guardato con una certa diffidenza a quei metodi terapeutici che indeboliscono un sistema immunitario già messo a dura prova da una malattia devastante. Il sistema immunitario, nella salute dell’individuo, è tutto. È il perno di un delicato equilibrio. È il centro da cui devono partire tutte le cure. Oggi viviamo in un’epoca in cui si ha una continua variazione Erborista e fitoterapeuta di Viggiù, ha in negativo dell’ambiente che dedicato la sua vita allo studio e all’uso ci circonda. E per condizioni ambientali intendo quelle fisidelle piante officinali che e chimiche e psicologiche. di informazione danno ampio Fattori di stress che interferiscono in senso spazio a questo argomento. negativo con il sistema immunitario. Solo Allora chi parlava di piante rafforzandolo si possono prevenire molte medicinali era guardato con malattie, piccole o grandi, e solo tramite una certa diffidenza anche un’azione di potenziamento si possono cudalla gente comune. Non lo rare patologie anche gravi. Certo, nessuno nego, anzi me ne rammarico, può fare miracoli, ma l’esperienza insegna ma la diffidenza persiste anche i limiti della terapia li pone chi non è che ai nostri giorni. La medicidisposto a prendere atto di ciò che non è na tradizionale guarda con un immediatamente spiegabile, mentre l’unico certo sospetto e in alcuni casi limite dovrebbe essere la nostra ragione… Gli nega che ci possano essere dei illuministi insegnano. Faccio un esempio: metodi di cura complementari se un paziente mi dice di essere guarito da alla farmacopea classica. Posso una certa patologia dopo avere bevuto per dire che ho combattuto le due mesi cinque bicchieri di acqua al giormie battaglie per dare credino, io non posso escludere che sia davvero bilità e dignità alle medicine guarito con questa terapia. Ne prendo atto. alternative. Quando si ha a Non posso affermare a priori che non è veche fare con la salute degli ro. Non so perché è accaduto, ma non è un individui non si deve cadere evento impossibile. Si chiama empirismo. nella chiusura preconcetta. Osservazione dei fenomeni. Ciò che, da laico Qualche cosa sta cambiando: quale sono, chiamo “scetticismo aperto”: recentemente ho tenuto, sulle non accetto per fede nulla, ma nulla rifiuto piante medicinali, seminari per partito preso. Lo sapevano bene i nostri all’Università dell’Insubria antenati che curavano con le erbe, senza avee incontri d’aggiornamento re a disposizione metodi di ricerca moderni. all’Ordine dei Farmacisti di Osservavano gli effetti delle piante su alcune Varese, eventi probabilmente malattie e in molti casi ottenevano risultati impossibili solo dieci anni fa. concreti. Proprio a questo argomento, alla In tanti anni di esperienza ho tradizione terapeutica popolare dell’aerea potuto constatare che le terainsubrica, in particolare della Provincia di pie naturali hanno, a volte, Varese e del Canton Ticino, ho dedicato il dato ottimi esiti laddove le cumio ultimo libro Le nostre nonne si curavano re canoniche avevano fallito. così, scritto in collaborazione con mia moglie Sono soprattutto le patologie Cleo e mio fratello Adalberto. Con le piante croniche quelle in cui le terapasso anche i miei momenti liberi, facendo pie naturali danno maggiori ricerca e scrivendo libri. Supportato, sempre, risultati, riducendo o elimiin ogni istante, da mia moglie e delle mie due nando gli effetti collaterali. micie, Cleopatra e Nefertiti.

Gabriele Peroni

Vitae

o passato un periodo della mia vita a lavorare in un’industria chimica di Milano, dopo un’esperienza di ricerca. Niente di strano se si pensa che quando da piccolo mi chiedevano che cosa avrei voluto fare da grande rispondevo, senza il minimo dubbio, “il chimico farmaceutico”. Così, in prossimità della laurea in Farmacologia all’università del capoluogo lombardo, ho cominciato a muovere i primi passi in un mondo che mi aveva sempre affascinato. Poi è successo qualcosa. Avete presente quando si guarda il calendario e si vedono passare i giorni, le settimane, i mesi e ci si rende conto che qualche cosa nella vita deve cambiare? Ecco da dove doveva partire il cambiamento. Non potevo più aspettare che le lancette dell’orologio segnassero le tre del pomeriggio di venerdì per fuggire da un lavoro che non era il mio. Dovevo iniziare a fare quello che in fondo avevo sempre desiderato, sostenuto, spronato e ispirato da mia moglie Cleo, vera musa della mia vita. Oggi, a 55 anni, la mia vita è il mio lavoro e il mio lavoro è la mia vita. Nel 1990 ho aperto un’erboristeria nel centro storico di Viggiù, meta di pazienti italiani e provenienti dal Canton Ticino che si affidano alle mie cure e alla vis medicatrix naturae, alla forza curativa della natura. Negli ultimi trent’anni le riflessioni sulla malattia e sui metodi di cura sono stati al centro della mia attività, come erborista ma anche come divulgatore e ricercatore. L’interesse per il mondo affascinante della fitoterapia è iniziato durante gli studi universitari quando già avevo iniziato a nutrire un certo spirito critico verso i metodi di cura tradizionali che non sentivo sempre adeguati. Già allora avevo intuito che ci poteva essere una strada alternativa alla farmacologia classica. Erano tempi particolari. Oggi a ogni angolo di strada c’è un’erboristeria e i mezzi

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Alessandra Meniconzi Vent'anni di fotografia in Cina

Reportage

39 La splendida capigliatura di un'esponente dei Miao dalle Lunghe Corna

Un viaggio in immagini nella Cina piÚ segreta attraverso gli scatti della fotografa luganese Alessandra Meniconzi. Dall’osservatorio privilegiato delle minoranze etniche del paese, il profilo di popoli che, nonostante i cambiamenti in atto, combattono per mantenere viva la propria identità .

testo di Federica Baj




Nelle pagine precedenti: Le scale celesti degli Hani La natura ha modellato il paesaggio e l’uomo nel corso dei secoli ha inciso la sua profonda traccia. Ăˆ una terra addomesticata, modiďŹ cata, dove i contadini, pazienti e ingegnosi scultori, hanno piegato la natura alle proprie esigenze. (Provincia dello Yunnan)


La pesca col Cormorano Un’esile imbarcazione, costruita con canne di bambù e legata con fibre di lino, scivola silenziosa sul fiume Li, attraverso lo spettacolare paesaggio collinoso. Qui, i pescatori praticano ancora la tradizionale pesca col Cormorano, addestrato con un laccio di corda annodato al collo. L’uccello si immerge nelle acque del fiume, afferra il pesce con il becco ma, non potendolo ingoiare a causa del laccio, riemerge portando al pescatore la preda. Il Cormorano verrà ricompensato con una parte del pescato. (Fiume Li - Provincia del Guangxi - Etnia Zhuang)

Un pescatore illuminato dalla luce fioca della lampada a petrolio. (Fiume Li - Provincia del Guangxi - Etnia Zhuang)

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embra sempre in partenza o sempre di ritorno da uno dei suoi viaggi nella Cina più segreta e più magica, Alessandra Meniconzi, la grafica e fotografa di Lugano che negli ultimi vent’anni ha battuto le “strade secondarie” del territorio cinese. Lo ha fatto macinando chilometri e immortalando, con i suoi scatti attenti e curati, le minoranze etniche che vivono sospese nel tempo e nello spazio degli altipiani del Sud-est e del Sud-ovest del paese, del Tibet orientale e dello Xinjiang. Baluardi di culture e tradizioni che ancora oggi, a fatica, resistono agli attacchi della globalizzazione. Fisico asciutto come se fosse stato scolpito insieme con le dune dal vento del deserto del Gobi, meta del suo ultimo recente viaggio, scarpe da ginnastica e un bracciale tibetano al polso, Alessandra ha iniziato a viaggiare quando aveva poco più che vent’anni. Nemmeno lei avrebbe pensato che la Cina sarebbe diventata la sua seconda casa. “Il rapporto con i cinesi, con una cultura completamente diversa dalla nostra, la difficoltà nel comunicare – racconta – mi hanno fatto dire in un primo momento “mai più in questo luogo”. Poi, in un secondo viaggio lungo la Via della seta la giovane fotografa ticinese si è avvicinata ad alcune popolazioni, fra le 55 minoranze nazionali, viaggiando – lei che non sopporta caldo e afa – lontano dalle grandi città e prediligendo le province degli altipiani. Con il suo obiettivo ha iniziato a documentare culture e tradizioni millenarie, ma anche i cambiamenti che nell’ultimo decennio hanno interessato

Reportage

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Tempio tibetano Miao Shuan Hai Tze Le alte dune del deserto, simili a seta damascata, sono intrise da una profonda e serena religiosità: un solo monaco assicura il diffondersi delle preghiere buddiste in questo edificio risalene al 1868. (Geoparco Alxa - Desetro del Gobi - Mongolia interna)

I Miao, una delle minoranze più numerose e antiche, vantano i più ricchi costumi e ornamenti, una sorta di passaporto tribale con il quale affermare la propria identità. (Provincia del Guizhou)

la Cina e le sue minoranze. I suoi lavori sono stati pubblicati su prestigiose riviste svizzere e straniere (“Animan”, “Hors Ligne”, “New Land”). Dai suoi scatti si delinea un racconto caratterizzato da contrasti, luci e ombre, colori nitidi e sfocature. Una narrazione molto reale e realistica, fatta da una fotografa che ha percorso migliaia di chilometri, a piedi, in bicicletta, rimanendo anche venti ore su un treno per raggiungere la destinazione prescelta, costantemente a contatto con la gente del luogo. Solo così, come insegnava il “reporter d’Oriente” Tiziano Terzani, solo viaggiando con i mezzi di trasporto locali, si possono raccontare i popoli. I mutamenti in positivo, come il miglioramento delle condizioni igieniche, il rafforzamento del sistema dei trasporti – che Alessandra definisce “di una precisione svizzera” – e della rete delle comunicazioni, una nuova ritrovata apertura dei giovani cinesi che hanno elaborato gli strascichi del regime maoista, investendo le loro potenzialità nell’arte e nella fotografia, imparando nuove lingue per “comunicare col mondo”, non possono nascondere i cambiamenti e le contraddizioni in atto. Prime fra tutte, quelle legate al boom turistico che coinvolge direttamente e “stravolge” la natura più autentica proprio delle minoranze etniche. “Oggi – racconta Alessandra – a differenza di venti anni fa in Cina si paga per tutto: per entrare in un parco, in una valle, per visitare un villaggio. Certo, è permesso entrare in Cina senza troppi problemi, ma si rischia ancora di essere arrestati, come mi è accaduto nell’ultimo

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Il fascino dell'Esercito di terracotta 8000 guerrieri a grandezza naturale, risalenti al 200 a.C., difendono nell’aldilà l’imperatore cinese Qin Shi Huang. L'Esercito è stato scoperto da un contadino che stava scavando un pozzo nel 1974. (Xian - Provincia dello Shaanxi)

Alessandra Meniconzi ritratta da Adriano Heitmann ”La Cina... forse tra qualche anno non la ritroverò più”

HIDDEN CHINA di Alessandra Meniconzi h.f.ullmann Verlag www.ullmann-publishing.com 320 pagine; 300 fotografie a colori formato: 305 mm x 305 mm

viaggio, per avere percorso una striscia di terra che era stata chiusa per le Olimpiadi. La cosa più triste e preoccupante è che per visitare un villaggio, per entrare in contatto con i suoi abitanti, si deve sempre pagare un pedaggio, come quando accedi a uno zoo”. L’impressione di Alessandra è che siano i turisti cinesi, in visita nei villaggi, a minacciare in qualche modo l’armonia delle popolazioni degli altipiani. Per loro si fanno arrivare i cammelli dall’estero affinché possano visitare le aree deserte in una sorta di safari allestito “ad hoc”, per loro si organizzano feste in cui poco importa se le fanciulle del luogo che vestono abiti tradizionali ballano danze sul sottofondo di musiche indiane. Per gli stessi turisti cinesi, poco avvezzi a camminare, i contadini Yao nel Sud-ovest della Cina, abbandonano le risaie ricavate dai terrazzamenti sulle montagne, frutto di lavoro e fatiche secolari, per fare da portantini lungo le vie impervie delle valli. Sono queste le ombre poco comprensibili per chi, come Alessandra Meniconzi, ha imparato ad amare queste popolazioni autentiche. Lei, che è tornata più volte negli stessi luoghi, ha trovato immutato il carattere degli abitanti, i loro sorrisi, la loro gioiosa vitalità. Le devastanti vicende politiche che hanno visto protagonista la Cina hanno spogliato il paese delle sue ricchezze ma non sono riusciti a toccare, fino a poco tempo fa, l’anima dei popoli minoritari. Ma, come ovunque, anche in questa parte di Asia tutto cambia e si trasforma. Oggi, che le distanze si sono accorciate e i contatti con le altre culture sono divenuti più facili, per le giovani

generazioni far coesistere tradizioni e modernità è un compito assai arduo. “La Cina che ho conosciuto e ho amato è questa. Forse fra qualche anno non la ritroverò più”, sussurra con un filo di amarezza. Il suo pensiero fugge lontano migliaia di chilometri. Va a tre territori e tre popoli che ha nel cuore e che ha più volte immortalato nei suoi scatti. Ai contadini Yao e le loro risaie in cui si specchia il cielo: un “disegno” da mozzare il fiato. Al Pamir, nella regione dello Xinjiang, un territorio aridissimo a 4000 metri di altezza sovrastato da montagne superbe che Marco Polo descriveva così: “Si sale tanto che dicono sia il luogo più alto del mondo”. Al Tibet orientale, così simile, nel paesaggio e nella natura, al suo Ticino. Ai Kham-Pa, dei “Robin Hood d’Oriente”, fieri guerrieri che mai si sono piegati alle mire espansionistiche cinesi e che, racconta Alessandra, durante una festa in cui erano presenti numerosi poliziotti, hanno avuto il coraggio di salire su un palco e di urlare a squarcia gola “Free Tibet”. Queste e molte altre immagini “rubate” alla Cina delle minoranze saranno custodite nel libro fotografico, in uscita in autunno, Hidden China che raccoglie le emozioni e le impressioni della viaggiatrice fotografa ticinese. I contrasti di una terra estrema Alessandra li racchiude nel simbolo del Tao, lo Yin e lo Yan che si incontrano e si scontrano in un ciclico moto perpetuo. La sua Cina è un po' così. Né bianca né nera. È entrambe le cose e nessuna delle due. È “una parte” ed è “il tutto”. È una terra costantemente alla ricerca delle sue profonde radici

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Disegnare la vita

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La Sedia 3107 o più comunemente nota come Serie 7 è stata disegnata nel 1955 dall’architetto e designer danese Arne Jacobsen (1902-1971). Prodotta dalla Fritz Hansen, rimane uno degli oggetti più imitati del Ventesimo secolo, un classico del Moderno, presente nei più diversi ambienti, tanto da ergersi a icona della casa contemporanea. Eccezionalmente forte e resistente, la Serie 7 è una sedia in laminato composta da un guscio sagomato di nove strati di impiallacciato inframmezzati da due strati di tessuto di cotone e da gambe in sottile tubolare metallico. Rimasta a lungo in commercio nella sua versione originale, nel corso del

2005 la Serie 7 ha subito un piccolo ma deciso restyling, con la presentazione di due nuove versioni: una, decisamente eccentrica, laccata ed estremamente lucida e una seconda a misura di bambino, più piccola di un quarto rispetto all’originale. In acciaio lucido o satinato le gambe, la seduta disponibile in diversi tipi di legno (dall’acero, al noce, dal ciliegio al legno di quercia), nelle sue tante varianti con poggioli, altezza regolabile oppure a gamba unica, la Serie 7 mantiene sempre e comunque una sorprendente pulizia delle forme e delle linee che la caratterizzano. Questo coerentemente con lo stile modernista, attento alle proporzioni

e privo di fronzoli, un marchio di fabbrica di Jacobsen, perfezionista “istintivo” che ossessivamente cesellava i suoi oggetti sino a ottenere la loro perfezione ergonomica. Portatore dei valori dei movimenti d’avanguardia degli anni Venti (De Stijl e Bauhaus), Jacobsen non è mai stato considerato un intellettuale, piuttosto un anti-filosofo: “If I have a philosophy, it must be to sit at the drawing board”. La chiave del successo e dell’innovazione era dunque per il designer danese il lavoro: un punto di rottura sorprendente rispetto alle contemporanee tendenze internazionali in campo architettonico e del design.


La configurazione planetaria potrebbe spingervi a compiere delle opere di carità o a prestare assistenza a una persona cara che ha bisogno del vostro aiuto. L’ingresso di Marte spingerà presto i nati di settembre a intraprendere nuove attività. Prudenza alla guida.

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Grazie a Mercurio e Venere di transito nella vostra quinta casa solare questa settimana sarà segnata dall’allegria e dal divertimento. Gli incontri amorosi e così anche le attività creative per tutto il periodo avranno un forte incremento. Possibilità di matrimonio per i nati ai primi di maggio.

Plutone, il vostro astro guida, si trova di transito nella vostra seconda casa solare. Questo aspetto non solo porta a una metamorfosi della vostra immagine pubblica, ma suggerisce maggiore attenzione ai vostri valori più profondi. Discussioni per i nati in ottobre.

gemelli

sagittario

La configurazione planetaria vi spinge a mettervi meno in mostra rispetto al solito. Considerando che siete anche soggetti al doppio transito di Saturno e Plutone state attenti a non subire l’autorità di un vostro familiare. Blocchi emotivi per i nati di maggio.

Diversi pianeti si trovano di transito nella vostra decima casa solare. Questo aspetto, anche se angolare, e quindi non sempre facile da gestire, può essere in realtà assai utile in quanto rimette in movimento ogni vostra ambizione o meta professionale.

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capricorno

Grazie ai transiti nella vostra terza casa solare potreste iniziare e vedere con occhi differenti tutto ciò che vi circonda. In questo periodo, grazie all’influsso di Venere, cercherete di instaurare scambi umani basati sulla cordialità. Imparate ad apprezzare la semplicità della vita quotidiana.

Grazie ai numerosi transiti in nona casa solare avrete un’espansione delle vostre vedute e del vostro livello di consapevolezza. L’esperienza si potrà manifestarsi in varie forme. Anche attraverso l’incontro e l’innamoramento di una persona totalmente fuori dai vostri tradizionali canoni.

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Momento buono per attrarre flussi di denaro. State però poi attenti a non essere eccessivamente prodighi, più di quanto le vostre reali risorse finanziarie vi potrebbero consentire. Fortune inaspettate per i nati della terza decade favorite dal transito di Plutone.

Numerosi pianeti di transito nella vostra ottava casa solare tendono a stimolare e a dare maggiore intensità alla vostra vita amorosa. Se intraprenderete con questi transiti una storia d’amore, vedrete che con il tempo potrete verificarne la formidabile intensità.

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Mercurio e Venere congiunti, grazie all’aiuto di Urano, promettono incontri con persone formidabili, del tutto estranee al vostro quotidiano. Questo transito potrebbe essere il preludio di un matrimonio o di una improvvisa separazione. Approfittate di un miglioramento generale dello stato fisico.

Mercurio, Venere e Saturno sono da diversi giorni di transito nella vostra settima casa solare, in opposizione a Urano. Il ritrovato senso di indipendenza, unitamente a un sorgente desiderio di poter fare finalmente qualcosa di nuovo, potrebbe disturbare l’andamento di una unione consolidata.

Il Sole transita nel segno del Leone dal 23 luglio al 23 agosto Elemento: Fuoco - fisso Pianeta governante: Sole Relazioni con il corpo: cuore, sistema cardiocircolatorio Metallo: oro Parole chiave: potere personale, energia vitale, fierezza, forza

L’astrologia: una via simbolica all’inconscio Considerare l’astrologia alla stregua di un bizzarro metodo di previsioni e di divinazione può davvero portare fuori strada, alimentando la messe di pregiudizi che questa disciplina raccoglie soprattutto fra i cosiddetti “razionalisti”. Alla base sta l’uomo come creatore di miti e simbologie a cui vengono attribuiti differenti valori e significati, spesso riferiti ai contenuti più profondi espressi dalla propria anima. L’astrologia va pertanto considerata come un linguaggio di immagini archetipe in grado di trascendere la coscienza e la ragione e attraverso le quali l’uomo entra in contatto con l’archetipo dell’inconscio collettivo. In altre parole, potremmo considerarla la parente stretta della mitologia, in quanto da essa in gran parte deriva. A tal riguardo, Carl Gustav Jung scrive: “Il concetto di archetipo, che è un indispensabile correlato all’idea di inconscio collettivo, indica l’esistenza nella psiche di forze determinate che sembrano essere presenti sempre e dovunque”. Lo stesso Freud considera i simboli come veicoli in grado di esprimere la relazione tra il conenuto manifesto di un comportamento e il suo senso più profondo, latente. Gli astri, nel corso dei millenni, attraverso i processi di personificazione e mitizzazione, sono dunque stati caricati di significati complessi direttamente riconducibili ai contenuti inconsci e psicologici dell’uomo. Un caso interessante può essere rappresentato dalla Luna, astro che ha attratto lo sguardo umano sin dalla notte dei tempi. La sua immagine è stata ricondotta a diverse divinità, a seconda del contesto culturale e geografico: Iside in Egitto, Ishtar in Mesopotamia, Latona nella Grecia antica, tutte figure riconducibili al mito originario della Grande Madre. Anche la varietà delle fasi lunari suggerisce la plasticità della Luna, la sua capacità di trasformazione e di crescita, tipica della natura femminile.

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» a cura di Elisabetta

Diversi pianeti si trovano di transito nella vostra sesta casa solare, quella del lavoro. Avrete la possibilità di ricevere dei favori da parte dei superiori con possibilità di guadagni inattesi. Non date eccessiva importanza alle cose pratiche, lasciate una porta aperta alla fantasia.

“ … il sole che sorge allegro e forte”

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Âť Illustrazione di Adriano Crivelli


IN PALIO 5 buoni per un massaggio da Fr. 75.-

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Tra coloro che invieranno la soluzione della frase-chiave verranno estratti 5 buoni per un massaggio da Fr. 75.offerti da: Giorgio Migani, massaggiatore. 1

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1. Aiutano la massaia nelle faccende • 2. Asino • 3. Furon tutti uccisi da Ulisse • 4. La dea greca dell’aurora • 5. Ha per capitale Teheran • 6. Ripida • 7. Duro di comprendonio • 8. Debuttanti, novellini • 13. Una combinazione a poker • 18. Si dà agli amici • 19. Nel centro di Carona • 24. Vinto, battuto • 26. Tirchi • 30. Rende lustri i pavimenti • 31. Tiro centrale • 32. Vi cova la brace • 33. Sarcasmo • 34. Radici arancioni • 39. Alcoolisti Anonimi • 41. Lamenti poetici • 42. Il cantone di Tell • 46. Congiunzione.

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1. Competenze, conoscenze pratiche • 9. Essi • 10. Le iniz. di Rascel • 11. Ultimo Scorso • 12. Un cotone del chirurgo • 14. Il ritorno del pendolo • 15. Una sigla del biologo • 16. Croce Rossa • 17. Sminuzzati • 19. Il nome di Steiger • 20. I confini di Roveredo • 21. Bruciature • 22. Escursionisti Esteri • 23. Germania e Svezia • 25. Pari in forca • 26. Antico Testamento • 27. Mezza mole • 28. Sei romani • 29. Lettera apostolica • 35. Globo • 36. Quasi unici • 37. Grosso camion • 38. Popolazione neozelandese • 40. Una lingua europea • 43. Commissario Tecnico • 44. Cuor di cane • 45. Trafila burocratica • 47. Mare del Mediterraneo • 48. Cantori epici.

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Le soluzioni verranno pubblicate sul numero 36. 2 1 5 3 4 6 7 8 9 1 9

P A

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N

14

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D

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E

20

L

23

L

7 3 8 1 5 9 4 2 6 2

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S

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38

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42

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6

1 8 4 9 6 5 3 7 2

E

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5 7 3 8 2 4 9 6 1

N

F

E

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9 6 2 7 1 3 8 4 5

E

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36

5

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3 9 7 6 8 2 5 1 4

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15

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21

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4

8 5 6 4 9 1 2 3 7

10

E

N E

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17

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4 2 1 5 3 7 6 9 8

A

O

C 32

3

U

E 28

6 4 9 2 7 8 1 5 3

N

M

Inviate una cartolina postale con la soluzione entro giovedì 21 agosto a: Ticinosette, Concorso Migani, Via Industria, 6933 Muzzano.

3 8 1 5 9 7

U

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I

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A

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N

La soluzione a Epigoni è: Senza via di scampo di Georges Simenon (Adelphi Edizioni, 2008). Il vincitore è: J.A., Taverne.

E

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“Il nucleo di Cimalmotto”.

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Indovina... dove siamo?

Soluzioni n. 32

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MASSAGGIATORE

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I vincitori del Concorso Migani del n. 30: Baur-Clerici Brigitta, Lugano; Bernasconi Mirella, Anzonico; Giacometti Claudio, Losone; Milesi Miriam, Pugerna; Santi Sandra, Gandria.

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Schema realizzato dalla Società Editrice Corriere del Ticino

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GIORGIO MIGANI


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