Ticino 7

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08 L’appuntamento del venerdì

32 numero

Il Ponte del diavolo

Dal sacrificio alla memoria p. 39 Il mondo nelle mani degli anziani p. 4 Velvet Underground. Una calda, bianca luce p. 6 Auto e letteratura. Moby Dick incontra la Porsche p. 45

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numero 32 1. agosto 2008

Agorà Il mondo nelle mani degli anziani

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Arti Velvet Underground. Una calda, bianca luce

Impressum Tiratura controllata 93’617 copie

Chiusura redazionale Venerdì 25 luglio

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

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Media Microblogging. Cinguettii dallo spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Società Jim Thorpe - Sentiero Lucente

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Salute L’inebriante mondo dell’aromaterapia Vitae Franco Lafranca

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Direttore editoriale

Reportage Il Ponte del diavolo del San Gottardo. Dal sacrificio alla memoria

Capo progetto, art director, photo editor

Tendenze Auto e letteratura. Moby Dick incontra la Porsche

Peter Keller

Adriano Heitmann

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

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Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giancarlo Fornasier

Concetto editoriale IMMAGINA Sagl, Stabio

Amministrazione via San Gottardo 50 6900 Massagno tel. 091 922 38 00 fax 091 922 38 12

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

C. Wolf - A. Carrée, Victori Pacifico, Amsterdam, 1785

Libero pensiero

Egregio Direttore, ho letto con una certa curiosità sul numero 30 del vostro settimanale l’articolo dedicato a YouTube e ai filmati messi in rete dagli utenti. Premetto che non sono contro le nuove tecnologie e sono convinto che Internet non sia quel “mostro” che molto spesso viene descritto dai media, guarda caso più spesso dalla carta stampata, probabilmente la più conservatrice. Nell’articolo da voi pubblicato sembra trasparire una certa accondiscendenza verso quello che rappresenta YouTube, esaltandone le potenzialità di una, secondo il sottoscritto, criticabile “democrazia mediatica” che vuole che tutti possano dire e mostrare qualsiasi cosa di qualsiasi persona, più o meno nota. Personalmente credo che YouTube incarni in chiave moderna la vecchia indole “voyeuristica”, quella che ci porta a volere sapere e vedere cose che poco hanno a che fare con i reali problemi di una società persa in un calderone di immagini prive di senso e di contenuto. Non crede vi sia nulla di meglio di cui parlare che le solite debolezze da guardone di chi non ha il coraggio di mettersi di fronte allo specchio, preferendo l’idiozia degli altri? Cordiali saluti R.K. (Riva S. Vitale) Gentile lettore, la ringrazio per la sua lettera che consente di trattare, anche se brevemente, di un tema,

quello dei nuovi media, da tempo sotto la luce dei riflettori. Il fenomeno YouTube, a mio parere, riflette un’esigenza avvertita da molti: quella di comunicare al di fuori del controllo esercitato dai gruppi editoriali, che con i loro filtri propinano un’informazione spesso orientata a difendere gli interessi più disparati. In questo senso, YouTube rappresenta a suo modo uno spazio democratico in cui il singolo individuo può esprimere il proprio personale punto di vista. La varietà degli argomenti e dei temi trattati è poi davvero immensa: chi è appassionato di letteratura o di musica potrà, ad esempio, trovare filmati di interviste o performance degli artisti preferiti (spesso si tratta di documenti rari e di non facile reperibilità). All’opposto, se avvia una ricerca su “treni” o “aerei”, appariranno centinaia di filmati realizzati da persone che, quasi incomprensibilmente, hanno passato decine di ore a filmare lungo i binari o in prossimità degli aeroporti. Il fatto è che su YouTube ognuno trova quello che cerca. L’aspetto voyeuristico o auto-voyeuristico che sia, è sicuramente uno degli elementi che caratterizzano il portale, ma sta all’intelligenza dell’utente usufruire del media nel modo più idoneo al soddisfacimento dei propri interessi. Cordialmente Fabio Martini


Il mondo nelle mani degli anziani

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N

el 2050 i ventenni di oggi saranno gli anziani giovani, i trentenni gli anziani medi e i quarantenni i “veri” anziani. La nuova suddivisione della terza e quarta età, proposta dalla Società internazionale di geriatria, la dice lunga sui cambiamenti in atto nella nostra società. Oggi risulta infatti difficile, e forse anacronistico, definire “vecchi” i neopensionati di 65 anni: lo saranno solo dopo aver superato la soglia degli 85. L’allungamento della vita, che si deve ai progressi della medicina – in Ticino la speranza di vita alla nascita è di quasi 84 anni per le donne e 77 per gli uomini –, è certamente un segnale positivo. Sarebbe però accolto con maggiore entusiasmo dagli esperti se fosse accompagnato da un tasso di fecondità più alto, almeno due figli per donna, in modo da garantire il ricambio generazionale. Invece, di figli se ne fanno sempre meno anche in Ticino (1,25 per donna). Nel primo dei tre incontri promossi da Coscienza Svizzera (“2050: un’Insubria di anziani, una sfida per i nostri valori”) si è parlato proprio di questo nuovo scenario, che impone riflessioni importanti. Se da un lato non si può frenare l’invecchiamento della popolazione, dall’altro si può agire molto sul tasso di natalità, potenziando le politiche a favore della famiglia. Facile a

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Agorà

Tra qualche decennio la terza e la quarta età avranno il sopravvento sulla popolazione giovanile, complici i progressi della medicina e il basso tasso di fecondità. Servono quindi nuove strategie di politica sociale

dirsi ma difficile a farsi: spesso il mondo del lavoro preferisce tagliare il cordone ombelicale che lo lega alle madri lavoratrici piuttosto che aiutarle nel conciliare attività fuori e dentro casa. Ma l’esempio della Francia è illuminante: grazie ai congedi di maternità e paternità e agli sgravi fiscali proporzionali al numero di figli a carico, in media ogni donna mette al mondo due figli. Rischioso affidarsi ai flussi migratori per risolvere la questione, perché, come ha sottolineato Dania Poretti Suckow, direttrice dell’Ufficio statistica del Canton Ticino, “in Svizzera abbiamo migrazioni da Paesi che ci assomigliano dal punto di vista del comportamento verso certi fenomeni”. Il tasso di fecondità in Italia, ad esempio, è uguale al nostro. Tra 42 anni abbonderanno quindi le teste bianche e brizzolate: i giovani si perderanno tra la più ampia platea di esponenti della terza e quarta età. Tutti i paesi del mondo, Svizzera inclusa, dovranno fare i conti con l’invecchiamento della popolazione e il capovolgimento della piramide demografica. Nel 1900 l’ampia base della piramide era composta dai giovani, che superavano di gran lunga gli anziani che si trovavano al vertice (con l’aumentare dell’età, la popolazione diminuiva). Un secolo dopo, invece, la base si è ristretta

notevolmente e la piramide si è modificata, allargandosi in corrispondenza dei 40 anni. Questa fetta di popolazione, infatti, è nata nel periodo del baby boom degli anni Sessanta e quindi nel 2000 aveva proprio quell’età. Infine, nel 2050 si avrà il capovolgimento della piramide: alla base ci saranno gli anziani, all’apice le nuove generazioni. Già nel 2005 in Ticino la quota di giovani al di sotto dei 19 anni era al 19,3 per cento sul totale della popolazione residente. Un dato che posizionava il nostro cantone al penultimo posto nel confronto con il resto della Svizzera. Nel 2030 il Ticino avrà la palma d’oro della popolazione con meno giovani: la percentuale si attesterà al di sotto del 16 per cento. La percentuale di anziani al di sopra dei 65 anni passerà invece dal 18,5 per cento a poco meno del 28 per cento. “Le nostre strutture demografiche stanno subendo uno stravolgimento su scala mondiale di un’ampiezza mai registrata nella storia dell’umanità”, ha sottolineato l’economista Carlo Malaguerra, già direttore dell’Ufficio federale di statistica. “Uno stravolgimento che durerà ancora per decenni. Nel 1950, a livello mondiale, le persone con più di 60 anni erano l’8 per cento, nel 2007 l’11 per cento e fra 50 anni saranno il 22. Le persone con


già nei prossimi cinque anni”. Ma la società sarà pronta ad accogliere le nuove frotte di anziani? “La sfida è far sì che la presenza di popolazione anagraficamente matura non sia un peso per la società”, ha ricordato Gian Carlo Blangiardo, professore dell’Università degli studi di Milano-Bicocca. “Va quindi valorizzata, riducendo così gli effetti negativi del fenomeno”. Quindi, nonostante l’anagrafe li bolli come anziani, i giovani pensionati devono poter avere ancora un ruolo attivo all’interno della società. Lo Stato non deve però dimenticarsi di chi non rientra in questa categoria. “Tra 10 anni avremo in Ticino 21 mila persone con più di 80 anni”, ha detto Martino Rossi, economista e direttore della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie. “Ciò signi-

fica il 30 per cento in più di oggi. Gli obiettivi sono due: assicurare sia la qualità di vita sia le cure necessarie a chi ha perso parte della sua autonomia”. Per raggiungerli, occorre potenziare il sostegno intrafamiliare, l’auto-aiuto tra gli anziani – l’Associazione per la terza età, ad esempio, ha un ruolo fondamentale nello stimolo alla socializzazione, alla partecipazione e allo sviluppo culturale –, l’assistenza e la cura a domicilio e il volontariato a beneficio degli anziani. Anche il mondo del lavoro deve fare i conti con l’invecchiamento della popolazione. Lo ha rilevato Sandro Lombardi, direttore dell’Associazione delle industrie ticinesi: “Costosi, poco flessibili e professionalmente non aggiornati: questi pregiudizi nei confronti dei collaboratori più

anziani appartengono ormai al passato. Il nostro mondo del lavoro dovrà prepararsi a un’inversione di tendenza e concentrarsi di più sui lavoratori anziani. E i collaboratori più maturi devono abbandonare il proposito di optare più o meno volontariamente per il pensionamento anticipato all’età di 55 anni”. Dal canto loro, le aziende devono permettere ai dipendenti di continuare a lavorare fino alla pensione. “Oggi a 62 anni il 28 per cento degli uomini non lavora più e il 62 per cento delle donne non è attivo professionalmente”, ha sottolineato Martino Rossi. “Quindi, prima di pensare alle posticipazioni dell’età del pensionamento, dobbiamo garantire la possibilità di lavorare a chi non l’ha ancora raggiunta”.

» di Antonella Sicurello; illustrazione di Danila Cannizzaro

più di 80 anni erano 14 milioni nel 1950, saranno 379 milioni nel 2050”. Lo squilibrio tra giovani e anziani inciderà anche sul tasso di dipendenza, il rapporto tra la popolazione attiva e le persone con più di 65 anni: in Europa si passerà dalle sette alle tre persone in età lavorativa per un pensionato. Ci saranno quindi ripercussioni sul sistema pensionistico, visto che si ridurrà il numero di persone attive che pagano le rendite dei pensionati. “Credo che servirà un finanziamento supplementare per l’Avs”, ha affermato il consigliere nazionale, Fulvio Pelli. “Ciò significa che bisognerà pagare più Iva”. E l’evoluzione della popolazione impone azioni nel breve periodo: “Le prime decisioni relative alle assicurazioni sociali andranno prese


Simon Raynolds Post-punk 1978-1984 ISBN Edizioni, 2006 Un libro che mostra quanto siano stati influenti i Velvet Underground. Raynolds ripercorre la storia del movimento punk e con puntiglio ne ricostruisce le sue reincarnazioni.

my mind is still open” chiude la parte vocale: una “mente aperta” pronta ad assorbire ancora pochi minuti di ricerca spasmodica, di accelerazione sonica. Dove ci stiano conducendo i Velvet, non è chiaro. Certamente hanno preso una brutta strada… Tutto è disordinato, irritabilmente trascurato. Solo tracce di pensieri, droga, sesso, suicidio. Anche Andy Warhol, che diede un contegno estetico-artistico e una voce femminile al loro primo album – la “banana gialla” del 1967; la voce era quella della compianta e sfortunata Nico –, Warhol che addolcì le prime devianze autodistruttive… anche lui è scomparso. Siamo nella zona dimenticata del 1968: le menti più giovani sono in California con i Grateful Dead, i Doors e gli acidi. Nell’impietosa New York restano l’eroina, la pubblicità e gli affari. Nemmeno uno straccio di tecnico del suono che ti dia una mano a registrare quattro tracce in croce. Neanche un fotografo per fare una foto decente. Solo le lancette dei potenziometri irrimediabilmente oltre “il rosso”. Il segnale inequivocabile che sei fuori da un pezzo. Restano altri 17 minuti: Nel “rivoluzionario” 1968 a qualcuno impor“Sister ray”, la fine, tava ben poco di pace, amore e nuovi modelli un’ulteriore dose di sociali. La rovinosa caduta degli eroi era già pazzia, violenza, orgia, cominciata da un pezzo. Spacciatori, trave- sussulti e agonia. stiti e ordinario caos metropolitano. Volete White light/white heat uscì il 30 gennaio altro? dell’anno delle “rivo“Here she comes now”. Sono luzioni” per l’americana Verve. Per molti il due miseri minuti di pace… vero capolavoro del gruppo, l’unico dei quatpochi, prima del furore somtro dischi pubblicati tra il 1967 e il 1970 a messo di “I heard her call presentare la classica formazione Reed/Cale/ my name” nella quale Reed Sterling Morrison/Moe Tucker. Per qualcuno scimmiotta Hendrix in un imniente nella storia del rock dopo l’uscita di probabile assolo per chitarra questo lavoro fu più come prima. Per altri è scordata e feedback. “… and andata veramente così.

» di Giancarlo Fornasier

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vinile, edizione americana, la copertina è tutta nera con un teschio percepibile solamente giocando con i raggi riflessi della luce. La ristampa inglese è completamente diversa: bianca con degli improbabili allucinati soldatini... Ora incrociamo un serpente. Sale dai piedi e comincia ad avvolgere, la stretta è tenace ma dolce e sensuale: “Lady Godiva’s operation”, storia di transessualità e ricerca di se stessi che non ti molla per cinque interminabili minuti. La voce di John Cale rotola… Lou Reed interviene in una sorta di scomposto contrappunto, uscendo dalle casse dello stereo quasi fosse murato nei coni che cercano, a disagio, di assecondare l’idea musicale del gruppo. Sussurri e gorgoglii interlocutori che precedono la cavalcata solitaria e crepuscolare, giù, verso la Lower Manhattan di

V. Bockris et al. Velvet: i Velvet Underground e la New York di Andy Warhol Giunti, 1996 Il libro è la ristampa italiana aggiornata di “Up-tight” (vedi copertina), testo storico sull’epopea del gruppo uscito in inglese nel 1983.

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Arti

“White light…” sono le prime parole che percepisci. Giungono dal canale destro, poi, in ritardo, anche il sinistro prende vita, rantolando. La parte strumentale non ha ancora fatto la sua comparsa, quando ecco un brusio di sottofondo, indefinito, forse la distorsione delle chitarre, forse il colpo di un rullante suonato a una distanza siderale rispetto al piano prospettico sul quale poggia tutto il resto. Basso e organo riecheggiano alla ricerca di un difficile unisono. Credi di avere soppesato il pezzo ora: una sovrastruttura delimita l’instabilità iniziale e il brano si autocelebra. Ma il gioco dura poco: un crescendo di basso… poi tutto scompare. Solo un irregolare sbattere finale di corde. La composizione si auto-mutila. Nichilismo sonoro. L’intento musicale mostra la sua faccia peggiore. Tutto è già finito quando giunge una voce pacata da sinistra… “The gift” narra di un pacco giunto per posta. Il racconto procede per oltre otto minuti, mentre l’orecchio opposto tenta di rilassarsi su un tappeto di chitarra che lima e affetta piccole scale di note. Battiti regolari, distaccati e un clima ipnotico, in particolare quando, spento uno dei due canali, si sceglie di seguire la narrazione da una parte o la sezione strumentale dall’altra. Anarchicamente democratico. Siamo alla metà del lato A del

Una calda, bianca luce

Le ombre dei Velvet proiettate sullo schermo durante un concerto nel 1967 (immagine tratta da V. Bockris et al., op. cit.)

Libri


itĂ ! n u t r o p p o Ultima lete possono omp Le tessere c zate fino a sabato essere utiliz 2008. 6 settembre

Villeroy & BochÂŽ


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Definito dalla rivista “Wired” un servizio “incredibilmente utile”, Twitter nasce a San Francisco nel marzo del 2006 e si diffonde a partire dall’inizio del 2007. Il successo è tale che i server, spesso, non riescono a reggere il carico di lavoro. Questo è uno dei motivi che ha facilitato il proliferare di altri servizi simili: Jaiku (su cui ha messo le mani l’immancabile Google), Tumblr e il recentissimo Plurk, che dispone i post su una linea temporale grafica. Suona tutto un po’ frivolo, non è vero? Forse è l’ennesima novità della rete di cui non si sa bene che cosa farsene. Però, dalla superficie di Marte (immagine è meglio esserci. E così, oltre a ragazzine innamorate – capaci di scrivere oltre 2000 post damente ciò che passa per in sei mesi – su Twitter troviamo giornalisti, la testa. Lo slogan del serviaziende e politici: si pensi che Barack Obama zio è: “Cosa stai facendo?”. è seguito da oltre 40mila persone e ne segue Un esempio di twit, tradotto altrettante. dall’inglese, è: “Sto ascoltanE la Nasa, i cui tecnici parlano attraverso la do un disco e lavorando un voce della sonda Phoenix. Sono sufficienti po’, mentre i bambini guarpoche sue twittate per lasciarsi contagiare dano la tv”. La twittosfera dall’entusiasmo. “I’ve landed!!!!!!!!!!!!!” è il italofona è, prevedibilmente, grido che corona l’avvicinamento di cui Phomolto attiva. Ma, per una enix ci ha raccontato i dettagli del suo viagbuffa consuetudine, parla in gio: “Mancano 9 ore, chi dorme più ora?”; terza persona: “Guarda il sito “Entro nell’atmosfera, sono davvero nervosa, della Rai”; “Va a fare la spesa”. saranno sette minuti di terrore”; “Il paracaTwitter è anche e soprattutto dute si è aperto!!!”; “Sono atterrata!!!!!!!!!!!!!”. una rete sociale fatta di amici I messaggi arrivano anche nei giorni succescon cui stare costantemente sivi: “Mi trovo su un terreno pianeggiante e in contatto, come in una chat ci sono piccole rocce intorno ai miei piedi: collettiva sempre aperta, in è un posto perfetto per scavare”. E poi: “C’è ghiaccio! GHIACCIO su Marte!!! È il giorno Cosa succede quando gli sms incontrano i più bello!”. blog? Nasce Twitter, il mini-blog per raccon- Forse Twitter è un fenotare “cosa stai facendo ora” ai tuoi amici. Lo meno che non durerà, usano tutti, giovani, adulti, aziende. Persino forse diventerà una la Nasa, che fa twittare da Marte una delle parte fondamentale della rete, come è stasue sonde to per i blog. Di sicuro, la Nasa ha saputo cui ogni tanto scrivere qualsfruttare in modo intelligente uno dei tanti cosa. L’esperienza su Twitter strumenti di internet, regalando al pubblico offre la sensazione, una volta l’emozione della scoperta spaziale grazie che si è aperto un account e alla voce di una sonda. Continua a scavare creata una rete di amici, di piccola Phoenix, e non dimenticare di racpartecipare a una conversacontarci ciò che fai. Aspettiamo trepidanti zione sempre attiva. il tuo prossimo messaggio.

» di Marco Faré

Media

il 26 maggio scorso: la sonda spaziale Phoenix Mars Lander raggiunge la superficie di Marte. Partita il 4 agosto del 2007, ha viaggiato per 680 milioni di chilometri. Proprio in questi giorni sta compiendo la sua missione: studiare l’acqua presente sul pianeta e cercare le prove di zone potenzialmente abitabili da parte di organismi microscopici. Quella di Phoenix è un’avventura scientifica affascinante, così come quelle delle altre missioni su Marte di cui, ahimè, si parla ben poco. Per offrire un ulteriore modo di seguirla, la Nasa ha pensato di ricorrere a Twitter, il più popolare servizio di microblogging. Twitter, che si traduce con “cinguettio”, riprende alcune caratteristiche dei blog e le ripropone in chiave minimalista. Gli articoli non sono più lunghi di 140 caratteri e si possono scrivere da web e via sms. Allo stesso modo, si possono leggere i messaggi degli altri sul web o sul proprio telefonino. Twitter, rispetto al blog, è uno strumento più rapido, in cui scrivere rapi-

Cinguettii dallo spazio

È

www.twitter.com/marsphoenix Nome utente: MarsPhoenix; luogo: Marte, Sistema solare; bio: scavo su Marte! Queste le note lasciate dalla sonda Phoenix nel sito www.twitter.com. Un profilo seguito ad oggi da circa 26.000 utenti, che possono vantarsi di avere un “amico” veramente fuori dal comune.

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La sonda Phoenix raccoglie materiale tratta da www.nasa.gov)

Internet


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Disegnare la vita

Design

9 Se il successo si misurasse con il numero di copie prodotte dalla concorrenza, la pinzetta Rubis Classic rientrerebbe nei top ten della categoria. Ideata da Fides Baldesberger nel 1986 questa pinzetta dalla rivoluzionaria punta squadrata viene prodotta a Stabio presso la Rubis SA. Grazie alla qualità e alla funzionalità la ”Classic” by Rubis ha stabilito a suo tempo lo standard nel design delle pinzette da beauty. Un piccolo must del Made in Switzerland, anzi, del Made in Ticino.


Internet

www.cmgww.com/sports/thorpe Nonostante sia passato quasi un secolo dalle sue imprese sportive, il mito di Sentiero lucente-Jim Thorpe non si è spento: lo testimonia il sito a lui dedicato.

fatto, semplicemente non usando il loro vero nome”. Tanta sincera ingenuità fu troppo per il mondo olimpico, pieno di dirigenti ipocriti e di atleti che intascavano soldi di nascosto. La condanna fu inappellabile e privò l’atleta più grande del mondo delle sue medaglie e delle sue vittorie. A Thorpe non rimase che buttarsi veramente nello sport professionistico giocando a football americano e a baseball fino a oltre quarant’anni. Alla fine degli anni Venti la sua parabola di atleta declinò, i soldi finirono in fretta durante la grande depressione del 1929 e i lavori divennero sempre più ingrati e saltuari. Che cosa poteva pretendere, in fondo, un indiano mezzosangue nato in una riserva? Thorpe cominciò a Wa-Tho-Huk ovvero Sentiero lucente ovvero bere e fece appena in Jim Thorpe, divenne nei primi decenni del tempo a essere indiNovecento il simbolo del riscatto delle comu- cato come il miglior nità navite americane. La storia di un uomo atleta della prima meonesto che vide le folle dei grandi stadi e morì tà del XX secolo da una giuria di giornatra le pareti umide di una roulotte listi specializzati nel 1950, prima di morire zialmente scusato dal fatto tre anni dopo, nella roulotte dove viveva di essere stato solo un poda anni. vero studente indiano e di Solo trent’anni più tardi, nel 1983, il Conon sapere abbastanza su mitato Olimpico Internazionale riabilitò tutte queste cose. Infatti, non Jim Thorpe e riconsegnò ai figli le medaglie sapevo di fare qualcosa di vinte nel 1912. Quel giorno di gennaio, sbagliato, perché facevo le finalmente, il sole tornò al suo posto, stesse cose che moltissimi lambendo, e per sempre, il sentiero del più studenti come me avevano grande atleta del mondo.

» di Roberto Roveda

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re di Svezia, Gustavo V, lo salutò dicendogli: “Signore, lei è il più grande atleta del mondo”. E il giovane pellerossa, che sapeva ben poco di sovrani e cerimoniali, rispose semplicemente: “Grazie, signor Re”, poi se ne tornò in America, carico di medaglie e di gloria. In patria trovò ad attenderlo la fama… e, soprattutto, l’invidia altrui. I giornali diffusero la notizia che Thorpe, prima delle Olimpiadi, aveva ricevuto del denaro per giocare a baseball. Chi “prendeva soldi” per fare sport era considerato un professionista e non poteva partecipare ai giochi olimpici, riservati ai “puri”, ai dilettanti. La somma in questione era misera, pochi dollari, e Thorpe s’illuse che bastasse la sincerità per risolvere tutto. Scrisse: “Spero di essere par-

Jim Thorpe. All American Alla figura di Thorpe è stato dedicato nel 1951 questo film diretto dal Michael Curtiz (in italiano, Pelle di rame). È Burt Lancaster a interpretare magnificamente il grande atleta americano.

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Società

La leggenda racconta che quando nacque, in un giorno di maggio di fine Ottocento, il sole illuminò l’interno della capanna dei genitori con una scia di luce. Per questo lo chiamarono WaTho-Huk, “Sentiero lucente” nella lingua degli indiani algochini. Ebbe, però, anche un nome da “bianco”, Jim Thorpe perché suo padre era per metà irlandese. Venire al mondo in una riserva indiana dell’Oklahoma di solito significava vivere di piccoli lavori, alla giornata. Thorpe, però, aveva un altro destino scritto nel suo nome indiano e, soprattutto, aveva i suoi muscoli. Il giovane Sentiero lucente era un atleta straordinario, naturale, capace di primeggiare in tutte le discipline, dal football americano, al baseball, all’atletica leggera. Fu proprio l’atletica a fare di Thorpe un mito grazie ai successi ottenuti alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912, le quinte dell’era moderna. Jim si aggiudicò la medaglia d’oro nelle specialità del decathlon e del pentathlon, gare dure dove non emergeva lo specialista, ma l’atleta più completo di tutti. E Thorpe era quell’atleta, senza ombra di dubbio: nel pentathlon dominò, vincendo quattro prove su cinque, mentre nel decathlon si piazzò nei primi quattro in tutte e dieci le prove disputate. Durante la premiazione il

Sentiero lucente

Jim Thorpe allo stadio dei New York Giants, la sua squadra dal 1913 al 1916 (immagine tratta da www.flickr.com/hunger)

Film


Il fine ultimo dell’azione politica di un uomo ordinario può essere il potere, puro e semplice, perseguito con una spregiudicatezza che di ordinario non ha nulla. A raccontarcelo è Il divo di Paolo Sorrentino, film presentato recentemente a Cannes, dove ha ricevuto il premio della giuria. La pellicola è incentrata sulla figura di Giulio Andreotti, il politico italiano più emblematico degli ultimi cinquant’anni: in Parlamento dal 1948, sette volte Primo ministro e ben 16 volte ministro! Al di là dell’eccezionale carriera di quello che è stato definito il “divo Giulio” (nel senso letterale di “divino”), Sorrentino affronta un discorso di carattere più ampio e universale, che va al di là del personaggio e delle vicende

dell’Italia nell’ultimo mezzo secolo. In questo modo, gli ultimi trent’anni della vicenda politica andreottiana, dal sequestro Moro ai processi per i presunti legami con la mafia, servono al regista per raccontare il potere, i suoi meccanismi, le sue leggi “fuorilegge”. Si scopre allora che il cinismo del motto “il fine giustifica i mezzi” rappresenta il retroterra culturale in base al quale viene perseguito il bene personale al fine di alimentare il desiderio di possedere, di dominare, di ascendere, sempre più in alto, così da perpetuare il potere stesso. E non centrano nulla ricchezza, belle donne e auto e ville lussuose. Queste cose il divo Giulio, splendidamente interpretato e mai caricaturizzato da Toni Servillo, l’attore fetic-

cio di Sorrentino, le lascia alla sua “corte dei miracoli”, agli esponenti della sua corrente politica, descritti con un gusto per il grottesco che spesso lascia spazio al surreale. Come surreale, infine, appare anche il distacco tra la vicenda politica di Andreotti e la sua quotidianità, assolutamente media, banale, a tratti mediocre: l’esistenza di un uomo che sembra non avere nulla di eclatante, eppure, di fatto, è stato sempre al centro del clamore. Sono, però, proprio questi elementi di quotidianità a imprimere realismo al film, ricordandoci che il “divo”, per quanto fuori dall’ordinario, è sempre un uomo e la sua vicenda appartiene alla nostra storia, e in quanto tale, non ci è per nulla estranea.

» di Roberto Roveda

Il divo di Paolo Sorrentino con Toni Servillo, Flavio Bucci, Anna Bonaiuto Produzione: Indigo Film, Lucky Red, Parco Film, Babe Film (2008)

Abbiamo visto per voi

» lettering di Flavia Leuenberger

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L’inebriante mondo dell’aromaterapia

Fabio Firenzuoli Gli oli essenziali Tecniche Nuove, 2002 Firenzuoli, medico chirurgo perfezionatosi in fitoterapia, ci fa meglio conoscere questo metodo terapeutico, i suoi pregi e i suoi limiti. Per evitare di incorrere nei rischi di un’automedicazione priva di controlli.

cosmesi e più in generale nell’ambito del benessere, un mercato che ha favorito lo sbalorditivo successo commerciale di questi prodotti naturali. Pensiamo, per esempio, ai prodotti utilizzati nei centri di cura termale, agli aromi usati per la sauna e il bagno turco, agli oli adoperati durante la pratica di massaggi estetici o all’aromadiffusione, ma anche al semplice olio da bagno. Anne Marie Trechslin, Rosa damaschena (dal volume Rose antiche, rose moTra i tantissimi oli essenziali in commercio derne, Edizioni Silva, 1985) il più popolare, antico e prezioso è quello I profumi e le fragranze infon- te annusati. I cinesi, gli indiani, di rosa, un’essenza antinfiammatoria, puridono personalità e raffinatezza ma anche gli egizi, i babilonesi, ficante, tonificante, nonché regolatrice del agli ambienti in cui viviamo, i greci e i romani conoscevasistema ormonale. La sua fragranza dolce, rallegrano la nostra anima e no le virtù terapeutiche delle fresca e suadente ha conquistato un numero l’umore, e imprevedibilmente goccioline presenti nei petali incontrastato di ammiratori, a conferma sprigionano e riportano in dei fiore, nelle foglie, nelle della sua indiscussa qualifica di “regina dei superficie memorie dai loro radici, nella resina: basta sfrefiori”. L’essenza è preferibilmente estratta da più profondi abissi. Quante gare queste parti per sentire gli tre tipi di rosa: quella damascena coltivata volte ci capita, infatti, di asso- oli essenziali sprigionare i loro prevalentemente in Bulgaria – paese che ciare un profumo a un fatto intensi profumi. Gli antichi si distingue per la produzione mondiale di accaduto, a una persona, a non solo erano soliti trattare il rose –, quella centifolia di origine persiana e un sentimento o a un luo- corpo con l’utilizzo di piante, dalla rosa gallica di provenienza turca. L’esgo. Momenti della nostra vita fiori e unguenti, ma usavano senza di rosa è una delle più care sul mercato: che riaffiorano grazie al senso queste sostanze aromatiche pensate che, per ottenere un chilo di essenza olfattivo, senza il quale diffi- anche durante lo svolgimento sono necessari cinquemila chili di petali frecilmente riemergerebbero con dei riti religiosi, per allietare schi. Tuttavia, come tutte le essenze pregiate, tanta semplicità e facilità alla banchetti e feste, per favorire anche quella di rosa può essere adulterata, nostra mente. l’innamoramento della persospesso con l’aggiunta di alcol, quindi non Fin dall’antichità, l’utilizzo di sempre è facile distinsostanze aromatiche ha svolto La farmacia aromatica può rappresentare guerla da quella di quaun ruolo fondamentale per un valido rimedio per la cura di fastidiosi di- lità superiore. Il prezzo il benessere fisico e mentale elevato è sicuramente sturbi sia interni sia esterni. Sono sufficienti un requisito utile per del corpo. Questa metodica, che oggi va sotto il nome di poche gocce di olio essenziale per ottenere i determinare il pregio aromaterapia, è annoverata risultati desiderati dell’essenza, ma non tra le “medicine alternative” e sempre è sinonimo di utilizza quelli che sono comu- na amata, per scacciare spiriti garanzia. L’essenza di questo meraviglioso nemente chiamati oli essen- maligni e in numerose altre fiore, insieme a quella di gelsomino e a quella ziali. Questi ultimi possono occasioni. Ai giorni nostri, gli di fiori d’arancio sono le più preziose e se essere assunti in modi diversi: oli essenziali vengono sì imusate in piccolissime quantità in una crema assorbiti attraverso la cute, as- piegati come terapia curativa, di bellezza o, per chi ama il fai da te, nel cosimilati attraverso l’apparato ma sono largamente richiesti munissimo olio di jojoba, vi regaleranno un digerente o più semplicemen- soprattutto nell’ambito della aspetto di incantato splendore.

» di Sabina Campi

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Gudrun Dalla Via Aromaterapia Red Edizioni, 2008 Una guida semplice, ma completa, con diverse ricette “fai da te” prive di rischi per la cura del corpo e della bellezza.

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Salute

Libri


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Il Ticino e i suoi fotografi Christian Schiefer

Fotografia

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Christian Schiefer, Bellezze al bagno a Campione

Christian Schiefer (1896-1998) è stato uno dei maggiori fotografi e fotoreporter ticinesi. Stabilitosi a Lugano nel 1920, apre uno studio fotografico e inizia a collaborare con importanti riviste e giornali della Svizzera (Sport Illustrierte, Schweizer Illustrierte, L’Illustré ecc). I servizi da lui svolti nel corso della seconda guerra mondiale narrano con lucidità e penetrazione psicologica il dramma di quegli anni, durante i quali il Canton Ticino divenne una delle principali mete dei fuoriusciti e dissidenti italiani. Le sue fotografie dell’esposizione dei corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci in Piazzale Loreto, il 29 aprile del 1945, faranno il giro del mondo. Nel corso degli anni Cinquanta lavora per le agenzie Photopress, ATP e Dukas. Numerose le mostre e le retrospettive dedicate alla sua opera.


» testo di Samantha Dresti; fotografia di Adriano Heitmann

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sua frase. Il tutto “senza nulla dare e senza nulla togliere”, secondo la filosofia di Beuys, ma trasformando, come accade in natura. La tipografia è il mio mestiere. L’ho imparato da apprendista, usando ancora i caratteri di piombo. Un mestiere che mi piaceva e che ho abbandonato, ho cominciato a fare l’arte e poi ho ripreso, creando una stamperia in proprio, “L’impressione”, dapprima con la serigrafia poi con la tecnica tradizionale calcografica. Gli artisti vengono lì, incidono le lastre di rame, proviamo e lavoriamo insieme. La crudeltà e la nitidezza del segno inciso e stampato Fondatore del Campo Nomade Prima- non si possono ottenere col verile, a Sabbione in Val Bavona, nasce disegno o la pittura… Dalla professionalmente come tipografo per calcografia alla mia passione approdare poi all’arte, perché “l’opera per la scultura, per la fusione dei metalli, il passo è breve. Io degli artisti può essere un modo per far vedo le due cose legate, calcorivivere questa terra” grafia e scultura: tu costruisci una matrice e quella sarà poi sce. Di certo io faccio della il trait d’union per fare l’opera esattamente Land Art. La mia arte nel paecome nella scultura in bronzo. La scultura saggio la faccio qui. Nella mia quando la modelli in plastilina potrebbe opera c’è qualcosa di arcaico, essere finita, invece no, tu la vuoi far parlar primitivo e semplice. Fino di bronzo… c’è tutto un processo. Non trovo adesso ho lavorato con artisti strano che io sia appassionato alla stampa e amici o persone che apprezzo alla scultura, perché, anche se sono tecniche per le cose che fanno. Poi molto diverse, hanno qualcosa di affine che naturalmente c’è la grande le accomuna. rivoluzione Beuys… può piaLa stamperia è una specie di catalizzatore, è cere o no, ma la sua opera è un punto di ritrovo per gli artisti, e questo mi un modello fondamentale per permette di avere un confronto con gli altri gli artisti contemporanei. Una senza dover andare in giro a cercarli. Sergio delle mie opere, giù al Bosco Emery, negli ultimi tempi della sua vita, ha Isolino, è stata creata da un cominciato a lavorare con l’incisione. Le ulalbero caduto, che ho trasfortime sue opere hanno una grande forza, una mato attraverso un concetto violenza graffiante. Si era fatto degli attrezzi supportato dalla poesia, ho appuntiti, degli uncini terribili, taglientissitirato in ballo Nizzola, c’era mi, spaccava le lastre di rame e queste, una una polemica anni fa… lui volta stampate, lo soddisfavano perché senaveva scritto su un quaderno tiva quella forza tradotta in segno. Fare arte “se vendono il Bosco Isolino vuol dire semplicemente avere una visione io sento vergogna di essere citdella vita e delle cose e trovare un mezzo tadino locarnese” e io, dall’alpoetico per rappresentarla. Il personaggio bero caduto, ho progettato di che mi ha sconvolto di più come artista è tagliare con la motosega dei Rolando Raggenbass, che possedeva una pezzi per creare un “Albero di forza… avevamo anche un bel feeling, aderilettura”. Con mia grande mevamo completamente coi pensieri, facevamo raviglia un giorno passo di lì e insieme le opere e poi… tutto questo misto di vedo una donna che leggeva bellezza e decadenza. Le sue lacerazioni… Nel col suo bimbo seduto accanmonotipo la pressione del torchio dà quel to… mi ha proprio preso alla qualcosa in più di schiacciato e di trascinato lettera. È diventato l’albero di che è difficilmente immaginabile in pittura. lettura e sul leggio c’era scritCon questo metodo il prodotto in parte lo to, come omage a Nizzola, la fai, in parte avviene.

Franco Lafranca

Vitae

uesto posto (ci troviamo a Sabbione, ndr.) è sempre stato il mio parco giochi… da bambino scappavo di casa e venivo quassù. Dopo essere stato via per qualche anno sono tornato qui… anche se da vecchio (ride, ndr.). Avevo una ventina d’anni, quando insieme a una manciata di giovani, ci raccoglievamo intorno al nostro maestro di Cavergno, Plinio Martini… fu allora che maturammo quella “sconfinata libertà ribelle”… dalla poesia “vorrei gli stracci del vagabondo ma sconfinata libertà ribelle” (“Paese” di Plinio Martini, ndr.). Cadevano un po’ tutte le vecchie abitudini, era il periodo della “rivoluzione”… della reazione al mondo, al “maledetto paese” che pareva ci avesse incatenati. Più tardi siamo tornati, naturalmente scoprendo altri valori e lasciando un po’ da parte la ribellione. C’è stata la riscoperta del territorio, il desiderio di “amalgamarsi” alla vita dei contadini… l’opera degli artisti e dell’arte può essere un modo per far rivivere questa terra in modo differente da quello che era la vita contadina ma con lo stesso principio, che lega l’uomo alla terra. Ci siamo confrontati con altri modi, altre abitudini e culture. Non ho mai neanche pensato di lasciare la montagna o la Val Bavona, la ribellione era contro il paese, Cavergno… buon senso e pettegolezzi, come tutti i paesi. In realtà la Valle Bavona è un po’ la fuga… Mi rendo conto che non abbiamo più una guida filosofica che ci indichi che cos’è il rapporto uomo-natura… una guida vera, come potrebbe essere stato Mario Rigoni Stern … Avremmo bisogno di un saggio che si occupi della natura, che si appelli alla lentezza, alla contemplazione delle cose… contemplazione vista anche nel senso cinese, dell’I Ching, che ha un duplice significato, contemplare ed essere visti, dove c’è una partecipazione viva dell’uomo che interagi-

»

Q


C. Wolf - C.L. Wyss, Le Pont de Diable sur la Montagne de Gothard, dans le Canton d’Ury, Soletta, 1779

Il Ponte del diavolo del San Gottardo

Dal sacrificio alla memoria Abbandonato definitivamente dopo la costruzione del primo traforo ferroviario nel 1882, il Ponte del diavolo del San Gottardo testimonia di una lunga storia che, a partire dalle leggende medievali, trova nella produzione di stampe e incisioni settecentesce e ottocentesche un suo singolare iter narrativo. Fra visioni inquietanti, episodi storici e valenze simboliche dal sapore profano. Il Museo Nazionale del San Gottardo dedica una mostra all’iconografia del Ponte del diavolo che resterà aperta fino alla metà di ottobre 2008. di Fabio Martini

Le riproduzioni sono tratte dal libro di Giorgio Ghiringhelli Il Ponte del diavolo nelle vecchie stampe Edizioni Casagrande, Bellinzona, 2007

J. Reinhart, Costumes du Canton d’Uri, Basilea, 1819




S

e c’è un aspetto della vita umana che si è radicalmente modificato nel corso degli ultimi due secoli è proprio quello relativo alla percezione del territorio, non solo dal punto di vista socio-economico ma anche sul piano strettamente simbolico. Lo sviluppo globale del pianeta risulta infatti intimamente connesso all’affermazione di una mobilità sempre più veloce ed efficiente, che ha portato, nell’arco di poco più di un secolo, all’invenzione di nuovi e sempre più rapidi sistemi di trasporto e locomozione. Va da sé che proprio l’affermazione dei motori a vapore e a scoppio ha impresso un’eccezionale impulso allo sviluppo industriale e tecnologico delle società. Tale incalzante processo di

Reportage

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innovazione ha però del tutto alterato la concezione del “viaggio”, che per essere tale, e sottrarsi all’ “ambiguo” – rappresentato nella contemporaneità dai “non luoghi” degli aeroporti, delle autostrade, degli alberghi e delle stazioni ferroviarie –, impone al viaggiatore un impegno e uno sforzo costanti in termini di curiosità e di volontà. Un fenomeno che ha inciso anche sulla percezione dei “luoghi”: oltrepassati da gallerie, viadotti e tratte aeree, essi hanno via via smarrito la loro funzione sociale e simbolica che, nel migliore dei casi, viene riconvertita a sfondo culturale o a oggetto di mera attrazione turistica. La stessa concezione del viaggio, così come lo si intendeva in passato, soprattutto in riferimento al co-

siddetto Grand Tour – momento centrale nella formazione di intere generazioni di borghesi e aristocratici europei –, appare quindi oggi irrimedibilmente lontana. Un esempio emblematico di questo processo di sottrazione simbolica è rappresentato proprio dal Ponte del diavolo del San Gottardo e dalla sua immagine collettiva, così come veniva trascritta – con maggiore o minore fedeltà – dai viaggiatori e dagli artisti fin dai primi anni del Settecento. A partire proprio dalla denominazione. Sembra infatti che il diavolo con i ponti abbia avuto parecchio a che fare, dato che il riferimento al demonio ricorre spesso in Italia a identificare svariati luoghi (si pensi al Ponte


del diavolo sulla Stura, presso Lanzo, in Piemonte, oppure all’omonimo ponte, situato a Borgo a Mozzano, in Garfagnana ma l’elenco potrebbe allungarsi). Alla base, leggende piuttosto simili: un costruttore preoccupato che non vede la possibilità di finire nei tempi stabiliti il lavoro affidatogli, il diavolo che si offre di terminarlo in una notte in cambio dell’anima del primo viaggiatore che lo attraverserà e infine l’inganno, attuato dagli uomini facendo passare un caprone o un maiale sulla nuova costruzione, in modo da sconfiggere il piano del demone. Non v’è dubbio che i ponti, soprattutto in antichità e nel medioevo, rappresentavano dei passaggi obbligati assai insidiosi, sia per il pericolo di cadu-

te sia per le possibili imboscate che nelle loro prossimità venivano messe in atto da briganti e malfattori. Ma il ponte che nel sedicesimo secolo venne innalzato sulle impressionanti rapide del fiume Reuss, all’interno delle profonde gole della Schöllenen, aveva tutte le caratterstiche per terrorizzare viandanti e viaggiatori. L’asprezza del paesaggio, la forza selvaggia delle acque, i cui spruzzi inumidivano costantemente il percorso rendendolo insidiosissimo durante i mesi invernali, sono aspetti che contribuirono ad accrescere la fama e l’oscuro fascino del valico dedicato nel 1236 al bavarese san Gottardo di Hildersheim. È bene ricordare che il passo, rispetto ai vicini valichi di Settimo e del Lucoma-

gno, maggiormente adatti al trasporto delle merci, consentiva un transito più rapido delle persone verso il Ticino e la Penisola italiana ed era per tale motivo molto utilizzato. Si dovrà attendere il 1828 prima che, a monte del primo ponte che aveva una larghezza inferiore ai due metri ed era privo di sponde, ne venisse costruito uno più grande in grado di garantire ai viaggiatori e alle carrozze, un passaggio più sicuro. Almeno fino al 1882, quando l’inaugurazione del tunnel ferroviario escluse defnitivamente il Ponte del diavolo dal transito dei viaggiatori, esiliandolo alla memoria e alla tradizione iconografica attraverso una lunga teoria di incisioni e riproduzioni.

Reportage

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Sopra: J. J. Wetzel - F. Hegi, Le Pont de Diable au St, Gothard, Zurigo, 1840-50 Pagina a fianco: J. J. Wetzel - F. Hegi, Le Pont de Diable au St, Gothard, Zurigo, 1820 Pagina precedente: J. J. F. Le Barbier, Teufels-bruck, or the Devil’s Bridge, Londra, 1783 (dettaglio)


Reportage

44 J. J. Weber, Die Teufelsbrücke auf der Gotthardstrasse im Februar, Lipsia, 1863

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l Ponte del diavolo è stato a lungo al centro dell’interesse di artisti e illustratori, sin dalla pubblicazione, avvenuta nel 1707, dell’incisione su rame di Johann Melchior Füssli ispirata a uno schizzo di Johann Jacob Scheuchzer, naturalista ed editore della rivista “Beschreibung der Natur-Geschichten des Schweizerlands” di Zurigo, su cui fu pubblicata. La veduta, ripresa da est, diverrà un modello per molte delle immagini dedicate al ponte. Vi compaiono infatti tutti gli elementi figurativi del luogo: i ripidi e scoscesi dirupi, le acque vorticose, i montanari con le bestie da soma e i visitatori, in questo caso un disegnatore e il suo accompagnatore, situati in basso sulle sponde del Reuss. Di

grande interesse, per l’impostazione originale e la lettura estetizzante del luogo, è invece la veduta a opera di William Pars e William Woollet, pubblicata a Londra nel 1773: il ponte, su cui stanno transitando due contadini e un mulo, è ripreso da sud-est, mentre le acque del fiume ribollono e la cascata non risulta visibile perché coperta dalla sponda. È un’immagine di insolita serenità, in cui risulta assente ogni elemento di orrore e angoscia e in cui emergono le qualità artistiche degli autori. Un caso a sé è invece rappresentato dalla stampa, qui riprodotta (p. 45), che raffigura lo scontro, avvenuto il 25 settembre del 1799, fra le truppe russe del Maresciallo Suworov in marcia dal

Ticino e le truppe francesi che occupavano l’area a settentrione del passo. Sulla dinamica della battaglia le testimonianze differiscono profondamente: nell'immagine, realizzata intorno al 1835 sulla base di un disegno di William Bartlett, le due compagnie si fronteggiano, separate dal ponte distrutto dai francesi. Secondo gli storici, il ponte non subì danni rilevanti e lo scontro fu assai meno cruento di quanto l’iconografia suggerisca. Con la costruzione nel 1830 del secondo ponte, edificato subito a ridosso del primo, si assiste a una crescita di interesse per il luogo, che risultava a questo punto più facilmente percorribile anche a bordo di carrozze di una certa dimen-


Reportage

45 W.H. Bartlett - R. Walis, The Devils Bridge. Scene of action, Londra, 1835-36

sione. Spesso gli incisori, come avviene nel caso di Franz Hegi, ricorrono a veri e propri trucchi, come quello di inserire il nuovo ponte su vecchie lastre raffiguranti la prima costruzione. L’esempio delle due stampe prodotte dall’editore Hans Felix Leuthold di Zurigo (pp. 42 e 43) è in questo senso significativo. A suggerire poi la pericolosità e l’estrema difficoltà del passaggio, la stampa pubblicata sull’ “Illustrirte Zeitung”, a Lipsia, nel 1863 (p. 44). È sempre una veduta da est ma colta in pieno periodo invernale: il ghiaccio sembra attanagliare i ponti, da cui protendono lunghe stalattiti di ghiaccio. Due addetti ripuliscono la strada, mentre una carrozza su pattini transita, trai-

nata da due cavalli dal passo incerto. L’immagine restituisce per intero il senso di disagio che doveva cogliere i viaggiatori che si trovavano a passare dal ponte durante la stagione fredda. Dell’antica atmosfera che ammantava il Ponte del diavolo, oggi resta poco. Le acque del Reuss sono praticamente prosciugate da un bacino idroelettrico situato a monte e proprio sopra l’antico passaggio la gola è attraversata da due viadotti. Il luogo ha perduto la sua valenza simbolica, stretto fra esigenze di rapidità che ne rendono ormai inutile l’utilizzo. Il demone che lo abitava sembra però essersi vendicato, come ha suggerito Helmut Stadler nel libro

Mythos Gotthard (Orell Füssli Verlag, Zürich, 2003), con la maledizione rappresentata dal rumore e dallo smog, mefitici residui del traffico stradale che, incessante, domina la zona. Nel suo recente volume Il Ponte del diavolo nelle vecchie stampe (Edizioni Casagrande, Bellinzona, 2007), da cui sono tratte le immagini qui presentate, lo studioso di iconografia e collezionista di stampe e libri illustrati Giorgio Ghiringhelli, a proposito dell’attuale sistemazione dichiara: “Pur senza pensare al maligno, non si può evitare di provare un senso di profanazione e di squallore, che offre una ragione in più per cercare rifugio tra i ricordi tramadatici dalla nostra iconografia”.


MOBY [ P O R S C H E

9 3 5 / 7 8 ]

DICK

LA LETTERATURA RAPPRESENTA UNA STRAORDINARIA FONTE DI SOGNI E ICONE. SUL FINIRE DEGLI ANNI SETTANTA NEL MONDO DELL’AUTOMOBILISMO QUALCUNO SCOMODÒ HERMAN MELVILLE PER DARE UN NOME A UN PROTOTIPO CHE RIMANE, ANCORA OGGI, NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO DEGLI APPASSIONATI. ECCO L’ASCESA E LA CADUTA DELLA PORSCHE 935/78: PER TUTTI “MOBY DICK”... O LA GRANDE BALENA BIANCA

DI GIANCARLO FORNASIER


NASCITA //////////////////////////////////////////////////////////// La storia della Porsche 935/78 “Moby Dick” inizia dopo la metà degli anni Settanta. A Stoccarda si stava portando a termine lo sviluppo della 935. Quest’ultima era un’ulteriore evoluzione del progetto “911”, la punta di diamante della casa tedesca, ma con sostanziali modifiche per gareggiare nel Gruppo 5 – categoria della Federazione Internazionale dell’Automobile (FIA) per auto da pista –, una sorta di laboratorio che negli anni Settanta partoriva mostruose e potenti Ford Capri, BMW 320 e Lancia Beta Montecarlo. Siamo sul finire del 1977: Norbert Singer (capo ingegnere alla Porsche) durante un incontro tecnico presso la FIA a Parigi, s’illuminò alla richiesta da parte dei cugini/avversari della BMW di poter tagliare i pannelli laterali anteriori della scocca per “fare uscire” gli scarichi lateralmente, evitando così ingombri e inutili masse nella parte inferiore dell’auto. Un modo per dare la possibilità alle auto a motore anteriore – come le BMW – di competere ad armi pari con le avversarie a motore posteriore, Porsche su tutte. Singer intuì che si era creato un “buco” nei regolamenti del Gruppo 5. Un classico nella storia dell’automobilismo sportivo...

SVILUPPO ////////////////////////////////////////////////////////////// La Porsche stava già progettando una scocca alleggerita denominata 935 “Baby”: ma, come detto, le nuove concessioni regolamentari prospettavano soluzioni diverse rispetto agli ingombri degli scarichi nella parte inferiore delle vetture, il che significava poter avvicinare al suolo le vetture di parecchi centimetri. Un aspetto fondamentale se si voleva abbassare il baricentro delle auto e migliorarne sia gli aspetti dinamici – in particolare nelle curve veloci – sia la velocità massima nei lunghi rettilinei. Sempre le nuove lacune regolamentari permettevano alla Porsche di dare una forma più “estesa” alla scocca della 935: nasceva la “Moby Dick”. Fu proprio la sua minima altezza dal suolo, più che la larghezza che non mutò di molto, a dare un’impressione di “piccolo mostro” alla 935/78. I fianchi della vettura vennero adattati, dando anche alle parti laterali una continuità aerodinamica: un tutt’uno con le superfici anteriore, superiore e la coda con uno spoiler molto sporgente. Larga 2 metri, lunga poco meno di 5, alta 1,2 metri, dal peso poco superiore ai mille chili, la “balena” aveva uno scheletro tubolare e un corpo in materiale plastico, cambio a 4 marce ed era priva di differenziale. Il propulsore era un 6 cilindri contrapposti sovralimentato da 3200 ccm, raffreddato ad acqua, 4 valvole per cilindro e una potenza dichiarata di 750 cavalli a 8200 giri/min. L’auto fu posta all’esame dei tecnici della FIA che, dopo alcuni dubbi e ripensamenti riguardo alle porte non propriamente “simili alla vettura di serie” diedero il nulla-osta. Alla prima uscita, alla 6 ore di Silverstone nel maggio del 1978 – gara valida per il Campionato mondiale costruttori – “Moby Dick”, bianca e con i colori della Martini Racing ottenne una strepitosa vittoria: al volante due mostri sacri come Jochen Mass e Jacky Ickx. La sorpresa fu grande. Porsche portò in seguito la 935/78 a Le Mans: sul rettilineo della Mulsanne – ai tempi senza chicane, una sorta di infinita pista di decollo… – l'auto raggiungeva i 365 km/h, e sul giro guadagnava 9 secondi sulla sorella minore 935/77. Ma alla storica 24 Ore francese velocità pura non fa rima con vittoria e il propulsore – molto “assetato” – costrinse “Moby Dick” a fermarsi per rifornire troppo spesso per poter ambire a restare in testa. Arrivò ottava assoluta. Ma le potenzialità c’erano tutte...

MORTE /////////////////////////////////////////////////////////////// La Porsche credeva così tanto nel progetto che mise in fase di studio avanzato la 935/79, con ricerche approfondite sull’effetto suolo che in quell’anno stava rivoluzionando la Formula 1. Ma tutto si arenò quando la Martini, sponsor principale, annunciò il suo ritiro. “Moby Dick” sparì, dopo essere stata “avvistata” in pista quattro volte in quel lontano 1978. La 935/78 continuò a “vivere” e gareggiare per tutti i primi anni Ottanta in Europa e negli USA grazie ad alcuni team privati come Joest e Moretti, che costruirono delle “replica”, auto non ufficiali – non assemblate dalla casa madre – ma che riprendevano nella quasi totalità le specifiche della grande “Balena bianca”.

Tendenze

Battesimo in pista della 935/78 in versione aerodinamica non definitiva con le portiere caratterizzate solo dal “taglio” delle prese d'aria

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Il posteriore di “Moby Dick” messo a nudo. Si noti il 6 cilindri con la coppia di turbine e gli scarichi a uscita diretta

Nel ventre della “Balena”. Tutto è ridotto all'essenziale: dominano la strumentazione e la gabbia di protezione portante


ROMANZO ////////////////////////////////

Tendenze

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Moby Dick o la Balena è il capolavoro inarrivabile dello scrittore americano Herman Melville. E uno dei più grandi romanzi della letteratura mondiale. Pubblicato nel 1851, narra del viaggio della baleniera Pequod, comandata dal capitano Achab, a caccia di capodogli e balene. È uno di questi cetacei, un’enorme capodoglio bianco, a dare il titolo all’opera. Ma Moby Dick è molto più che un romanzo d’avventura: le epiche scene di caccia sono intervallate da momenti di raccoglimento e introspezione tra religione, filosofia, riflessioni scientifiche e disquisizioni sull’arte. La vita e la morte: il viaggio della nave diventa un’allegoria dell’esistenza terrena. La storia è narrata in prima persona da Ismaele – nome biblico, nella Genesi Ismaele è il figlio di Abramo e della schiava Agar; nel Corano esempio di rettitudine –, alter ego dello scrittore: “Chiamatemi Ismaele” (“Call me Ishmael”) è l’indimenticabile incipit del romanzo. I personaggi sono per lo più membri dell’equipaggio. Su tutti spicca Achab, mutilato e sfigurato in volto, capitano di una nave che Melville descrive come un “bastimento vecchio e inusitato”, “stagionata e tinta dalle intemperie di tutti e quattro gli oceani”, ecletticamente arricchita di trofei, “un veliero cannibale, che si ornava delle ossa cesellate dei suoi nemici”. Ismaele, narratore onnisciente, con la sua criticità e la sua profondità, talvolta scompare dalla scena per inserire le sue riflessioni. Il romanzo cresce attraverso le pagine, e dalle parole prende forma Achab, figura che guiderà l’equipaggio attraverso la folle impresa di caccia dell’animale. “Roso di dentro e arso di fuori dagli artigli fissi e inesorabili di un’idea incurabile”, Achab è assetato di vendetta nei confronti di quel “leviatano”. Moby Dick, essere malvagio e vendicativo: il capodoglio bianco è la vera origine della vendetta che attanaglia il capitano. Lui, mutilato fisicamente da precedenti scontri con il suo nemico giurato, il “corpo straziato e l’anima ferita” che sanguinano “l’uno nell’altra”. Melville ci dice che “Achab e l’angoscia giacquero coricati insieme nella stessa branda”. Angoscia che non gli permette il sonno, e una vendetta che solo la furia delle forze in gioco riuscirà a placare. Portando al giudizio di Dio tutti. Tranne uno.

FILM //////////////////////////////////

Il libro ebbe un’ultima storica e indimenticabile trasposizione cinematografica per opera di John Huston nel 1956. Con uno straordinario Gregory Peck nel ruolo di Achab e tra gli altri attori protagonisti, Orson Welles, il film si avvale alla sceneggiatura – oltre allo stesso Huston – dello scrittore di fantascienza Ray Bradbury.

Libro Herman Melville Moby Dick o la Balena nella traduzione di Cesare Pavese, Adelphi (1973)

Internet www.greatracingcars.co.uk www.racingsportscars.com (tutte le immagini della Porsche 935/78 provengono dai siti indicati)


Grazie al transito di Venere nella vostra quinta casa solare, potrete vivere momenti di intenso erotismo con il vostro partner durante un viaggio. L’ingresso del pianeta nella vostra sesta casa solare favorirà una promozione in ambito lavorativo.

Ottimo allineamento tra Venere e Plutone. Probabilmente, proprio quando vi troverete in vacanza, riuscirete a trovare l’idea giusta per far partire un importante progetto in cui sarete assoluti protagonisti. Cercate di mantenere sempre la calma.

toro

scorpione

I transiti planetari potrebbero contribuire a far risorgere alcune situazioni sentimentali da lungo tempo sopite con un vecchio partner. Qualunque cosa decidiate di fare, pensate sempre al nuovo. Burrascose le giornate comprese tra il 7 e il 9 agosto.

Mentre Venere sta portando piacevolmente allo scoperto le vostre emozioni più profonde, Marte si trova in opposizione con Urano. Questa doppia e ambivalente configurazione premierà solamente chi riuscirà a far pace con se stesso.

gemelli

sagittario

La configurazione planetaria potrebbe favorire l’attuarsi di importanti cambiamenti nella vostra vita quotidiana, quali un trasloco o l’acquisto/ affitto di una casa nuova. Importanti novità affettive per i nati nella terza decade.

La settimana prosegue positivamente per la maggior parte di voi. Solo Marte e Luna potrebbero creare qualche noia ai nati nella terza decade. State attenti agli improvvisi scatti di rabbia, siete stanchi: fate l’amore e non la guerra.

capricorno

Venere, Marte e Saturno si trovano di transito nella vostra terza casa solare. Questo aspetto impone maggiore cautela alla guida e maggiore moderazione quando ci si trova al centro di una discussione. Evitate quindi di essere troppo critici.

Questa estate sarà senz’altro memorabile. Grazie a Giove, Saturno e Urano si prevedono improvvise svolte professionali, Nel frattempo, dal 3 al 4, la Luna giocherà in vostro favore, nella nona casa solare, quella dei viaggi.

leone

acquario

Momento fondamentale per la vita affettiva, soprattutto per i nati nella terza decade soggetti all’influsso di Plutone retrogrado nella quinta casa solare. Per alcuni voi questo periodo segnerà uno dei più importanti passaggi della vostra vita.

Atmosfere di passione per i nati nella terza decade soggetti al transito di Venere. Controllate il vostro umore tra l’8 e il 9 del mese quando la Luna si troverà in Scorpione. Possibili disguidi nelle comunicazioni a causa dell’opposizione di Mercurio.

vergine

pesci

Tra il 6 e il 7 del mese Venere entrerà nel vostro segno consentendo a un vostro spasimante di uscire allo scoperto. Questo aspetto sarà estremamente importante soprattutto per coloro che non sono ancora ufficialmente impegnati.

Marte e Urano si trovano in opposizione, quindi, cautela. L’importante e che l’energia prodotta dai due pianeti trovi una giusta collocazione in qualcosa di nuovo, di estremamente creativo, in netta rottura con un passato ormai fortemente bloccato.

Elemento: Fuoco - fisso Pianeta governante: Sole Relazioni con il corpo: cuore, sistema cardiocircolatorio Metallo: oro Parole chiave: potere personale, energia vitale, fierezza, forza

Personalità forti e incisive, i nati nel Leone sono spesso dominati da un orientamento istintivo. La costante ricerca di autogratificazione li porta a concentrarsi sul proprio sé, spesso esibito senza alcuna reticenza. La loro tendenza a imporsi viene controbilanciata dalla notevole sicurezza e dalla marcata carica vitale, aspetti che li investono di un certo carisma, non sempre riconosciuto da chi li circonda. La spontanea certezza della propria eccellenza viene perciò espressa a tutti i livelli, sia nelle piccole come nelle grandi cose, con totale e spontanea naturalezza. La disposizione solare e l’entusiasmo per la vita si manifestano infatti fin dall’infanzia, parallelamente alla curiosità per il mondo e ai tratti autoritari. La monotonia li atterrisce e li perseguita. Il coinvolgimento emotivo in ambito professionale è un elemento indispensabile alla loro vita, che li rende attivi e spesso inclini al superlavoro. Intolleranti a qualsiasi forma di restrizione delle proprie libertà individuali, i nati in Leone tendono a rifiutare ruoli di subordinazione e a disitimare chi li accetta. Sicuri delle proprie opinioni e convinzioni, preferiscono dare l’esempio piuttosto che seguirlo, comportandosi come sovrani assoluti e illuminati circondati da una propria corte. Per godere pienamente delle loro doti, reali o immaginarie che siano, essi necessitano di un pubblico in grado di riconoscerle, di uno scenario adatto a fare da sfondo alle loro mirabili imprese esistenziali e professionali.

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cancro

Il Sole transita nel segno del Leone dal 23 luglio al 23 agosto

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» a cura di Elisabetta

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“ … il sole che sorge allegro e forte”

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Âť illustrazione di Adriano Crivelli


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1. Così è chiamato il frutto del baobab • 2. Raduno • 3. Incontro di vocali • 4. Il noto Colombo • 5. Emirato arabo (Y=I) • 6. La casa dell’ape • 7. Il nome di Schipa • 8. Cura le malattie delle orecchie • 13. Misteriosi, sibillini • 19. Perennemente • 21. Hanno grandi corna anellate • 22. Grossi cani • 24. Disusato • 27. Il dittongo del beone • 31. Pernice • 33. Tre a Losanna • 35. Preparato per la semina • 37. Cuor di tapino • 39. Il primo dispari • 41. I confini di Vogorno.

Verticali

1. Lo è il Liechtenstein • 9. La spazza la contadina • 10. Pedina coronata • 11. Garitta centrale • 12. Sostentamento alimentare • 14. Sta per “vino” • 15. L’opposto di junior • 16. Prep. semplice • 17. Razza • 18. La dea greca dell’aurora • 19. Pena nel cuore • 20. Lega Nazionale • 21. Dissolto, svanito • 23. Veloce, spedito • 25. Una birra scura • 26. Sposare • 28. Stupido • 29. Canto patriottico • 30. Le iniz. di Bertaggia • 31. Labile traccia • 32. Lo sono anche i coleotteri • 34. Dubitativa • 36. Giallo pallido • 37. Fra due fattori • 38. Mezzo muro • 40. Scura di capelli • 42. Riverenza • 43. Le iniz. di Tasso • 44. EstOvest • 45. Nome di donna • 46. Puntino vezzoso.

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Le soluzioni verranno pubblicate sul numero 34.

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Indovina... dove siamo?

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“Villa Emden, Isole di Brissago”.

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Epigoni A quale romanzo appartiene il seguente finale? La soluzione nel n. 34. Al vincitore andrà in premio “A due ruote dal cielo. 26 nuovi itinerari cicloescursionistici in Ticino raccontati in un diario fotografico” di Alfio Cerini, Armando Dadò editore, 2008. Fatevi aiutare dal particolare del volto dell’autore e inviate la soluzione entro giovedì 7 agosto a ticino7@cdt.ch oppure su cartolina postale a Ticinosette, Via Industria, 6933 Muzzano. “La domenica pomeriggio, da Polyte, il vicesindaco si addormentava ancora steso di traverso sulla panca, mentre Lili lavava i bicchieri… Eppure, se solo lui avesse voluto… Ma era proprio per questo che era giusto così!”.

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Indovina… dove siamo?

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Schema realizzato dalla Società Editrice Corriere del Ticino

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Exxtra Kommunikation MGB www.migros.ch

Per il bene dell’ambiente: forza lavante anche a basse temperature. Il nuovo sistema Cool Active Technology® permette di lavare i tessuti in modo delicato fin nel cuore delle fibre già a partire da 20 °C. In questo modo il bucato viene sollecitato meno e il consumo energetico cala. Non solo: poiché la nuova formula permette anche un dosaggio ottimale, si contribuisce a diminuire in modo sensibile l’inquinamento ambientale. Questo vale per tutti i detersivi Total, la linea di detersivi più affidabile in Svizzera 2007/2008*.

*Risultato del sondaggio rappresentativo «MOST TRUSTED BRAND» di Reader’s Digest.


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