Ticino7

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№ 38

del 21 settembre 2012

con Teleradio 23–29 settembre

Maurizio Canetta

L’inforMaTore

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© Matteo Fieni

Inaugurazione della mostra

12 x 7

Museo Casa Cavalier Pellanda

Sabato 29 settembre 2012 ore 18.30, Biasca Fotografie di Reto Albertalli, Matteo Aroldi, Giosanna Crivelli, Ivana De Maria, Matteo Fieni, Peter Keller, Reza Khatir, Flavia Leuenberger, Igor Ponti, Jacek Pulawski, Didier Ruef, Katja Snozzi Catalogo edito da EdizioniSalvioni, Bellinzona

L’esposizione curata da Marco Gurtner e Reza Khatir rimarrà aperta al pubblico fino a domenica 30 dicembre. Durante la mostra sono previste tre serate d’incontro con il pubblico

13 ottobre, ore 18.30 Paesaggio e natura in fotografia moderatore Romano Venziani (RSI) interverranno Giosanna Crivelli e Peter Keller

27 ottobre, ore 18.30 Fotogiornalismo oggi moderatore Oscar Acciari (RSI) interverranno Reto Albertalli e Didier Ruef

10 novembre, ore 18.30 Spazio ai giovani la redazione di Ticinosette e alcuni collaboratori


Ticinosette n° 38 21 settembre 2012

Agorà Maurizio Canetta. La responsabilità di informare di

Società Educazione. Neologismi familiari

MaRiella dal FaRRa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Salute Prevenzione. Cuore di donna

Tiratura controllata

Vitae Eleonora Frau

Chiusura redazionale Venerdì 14 settembre

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile

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RobeRto Roveda . . . . . . . . . . . . . . . .

Arti Yehudi Menhuin. Un violino irripetibile

Impressum 70’634 copie

di

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oReste bossini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

nicoletta baRazzoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

MaRco JeitzineR. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Reportage La Mole Antonelliana

di

valentina GeRiG; FotoGRaFie di Reza KhatiR . . . . . . . . . . .

Tendenze Moda. Accessori maschili

di

MaRisa GoRza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Maurizio Canetta Fotografia di Reza Khatir

La vittoria dei cialtroni È molto più semplice denigrare e ridicolizzare gli altri piuttosto che riflettere sui propri errori . Perché lo sforzo che si deve compiere per assumere punti di vista diversi dai propri è assai maggiore che sparare le personali e più viscerali frustrazioni, senza filtri e senza controlli . Gli attacchi e le smisurate violenze su persone e cose, e le fiamme alle ambasciate americane che stanno infiammando mezzo Medio Oriente, sono le risposte altrettanto violente e assassine – e certo prive di giustificazioni – a un film “educativo” della durata di un paio d’ore prodotto negli Stati Uniti e diretto da tale Sam Bacile (forse un israeliano, forse no) di cui ben poco si sa e che, si legge, pare essersi in questi giorni nascosto in California . La pellicola (Innocence of Muslims, ovvero “L’innocenza degli islamici”) è stata vista da ben pochi appassionati nei cinema di Los Angeles e in rete sono facilmente reperibili i dieci minuti del lancio . Dalle pagine del quotidiano “la Repubblica” del 13 settembre, Adriano Sofri riassume quella che dovrebbe essere a grandi linee la trama: un’accozzaglia di sentimenti anti-islamici, parodie circensi, “cialtroneria” e operazioni grossolane di iconoclastia, come nella migliore tradizione del noto reverendo Terry Jones (colui che tanto si diverte a bruciare il Corano) . E le parole di Erminio Ferrari in un fondo apparso su “laRegione Ticino” dello stesso giorno non lasciano scampo al povero Bacile: “Basterebbe guardare il trailer (...) per rendersi conto che di baggianata si tratti, e su quale miserabile livello si attestano le espressioni più radicali dell’islamofobia prodotte in Occidente” . Al di là della tempistica con cui tutto ciò sta avvenendo – l’11 settembre è l’ennesimo simbolo di questa brutta storiaccia di sangue e morti insulse – colpisce la puntualità con la quale la contrapposizione Occidente-Islam esplode e infiamma tutto e tutti . Anche chi occidentale geograficamente è, ma certo non si riconosce

in coloro che pretendono di rappresentarlo e difenderlo sul palcoscenico internazionale . Sta di fatto che ci troviamo di fronte alle “insufficienze di due mondi ancora incapaci di parlarsi”, come lapidamente conclude la sua riflessione Ferrari, senza grandi speranze per un possibile avvicinamento a corto termine . Se è vero che la presenza di un prodotto cinematografico in rete è in grado di scatenare folle di integralisti – e giustificare agli occhi dell’Islam la lotta di organizzazioni terroristiche quali al Qaeda – non si capisce perché il governo americano non abbia “censurato” Innocence of Muslims, alla luce dell’evidente pericolosità “politica” del messaggio veicolato dal regista in un momento storico tanto delicato . Quantomeno sarebbe stato opportuno eliminare dal web il trailer incriminato, operazione certo non molto complicata per qualsiasi organo di sicurezza nazionale . Come sappiamo, in rete tutto è vagliato e controllato, dai siti alle posta elettronica di ogni singolo utente; tanto che governi come quello cinese, per esempio, limitano fortemente l’accesso a informazioni potenzialmente pericolose per la stabilità politica, sociale ed economica del paese . Che ciò non sia democratico è chiaro a tutti . Nel caso della pellicola di Bacile, evidentemente non si tratta di decapitare la libertà d’espressione e di stampa alle quali internet ha dato ampi margini di crescita e di sviluppo, impensabili sino agli inizi degli anni Novanta . Ma se impedire la diffusione di operazioni di disinformazione e di manipolazione sistematica significa salvare vite di innocenti sull’altare (è proprio il caso di dirlo) di una convinzione religiosa, allora la “censura di stato” forse dovrebbe essere considerata . A meno che questo misterioso Sam Bacile non stia operando per favorire la guerra, l’instabilità e interessi politico-economici a noi poco chiari . Non sarebbe la prima volta . Buona lettura, Giancarlo Fornasier


di Roberto Roveda fotografia di Reza Khatir

B

asta un semplice click col mouse per avere le notizie dal mondo in tempo reale e ricercare commenti, opinioni e approfondimenti su tutti (o quasi) i fatti del momento. È la rivoluzione di Internet che in pochissimi anni ha trasformato radicalmente il mondo dell’informazione – e non solo – e che ha portato molti massmediologi a profetizzare il rapido tramonto dei media tradizionali, in primis la televisione. Ma siamo certi che questa rivoluzione sia già fra noi e che i canali di informazione storici siano solo reperti del passato? Di questo e dei cambiamenti in atto nel modo di fare informazione abbiamo parlato con Maurizio Canetta, dal 1. luglio scorso responsabile del Dipartimento informazione della RSI.

Piccolo schermo e media tradizionali: quale presente e quale futuro? Maurizio Canetta, una televisione generalista e allo stesso tempo servizio pubblico che ruolo può ancora ricoprire nell’ambito dell’informazione? “Oggi il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo nel campo dell’informazione è ancora centrale e decisivo. Il servizio pubblico può e deve garantire un marchio di qualità all’interno del turbinio dell’informazione odierna. Un marchio fatto di riconoscibilità presso il pubblico di alcuni valori giornalistici come l’indipendenza, la qualità dell’informazione offerta, la rilevanza dei contenuti dei programmi trasmessi. Questo è ancora più importante oggi dato che esistono mille modi di fruizione dell’informazione e pare che non ci siano più riferimenti fissi o criteri in grado di identificare il lavoro giornalistico. Per questo la nostra riflessione all’interno della RSI è molto centrata sulla qualità del prodotto che offriamo al pubblico”.

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La responsabilità di informare

Agorà

News e approfondimenti sono per tradizione il fiore all’occhiello della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana. Oggi però i mezzi di comunicazione tradizionali si confrontano con i media più giovani e modalità informative inedite. Una sfida non facile che Maurizio Canetta, da pochi mesi responsabile del Dipartimento informazione della RSI, intende affrontare

Molti considerano la televisione generalista al tramonto. È davvero così oppure questo tipo di comunicazione ricopre ancora un ruolo centrale? “Sinceramente penso che la tesi secondo cui le TV generaliste, i palinsesti tradizionali siano ormai morenti lascia un po’ il tempo che trova. Si era detto lo stesso della radio all’avvento delle televisioni e viceversa la radio è ancora viva e vegeta. Certo, c’è un’erosione di fruizione della TV tradizionale e una richiesta di «auto-fabbricazione dei palinsesti», un desiderio da parte di una fetta di pubblico di crearsi in prima persona la programmazione. I numeri della televisione generalista rimangono però consistenti, così come non è vero che i giovani non la guardano come si sente spesso dire. Ci sono meno telespettatori giovani rispetto a trent’anni fa, ma ce ne sono e sono tanti. La fruizione tradizionale della TV rimane comunque rilassante, meno impegnativa rispetto al crearsi ogni volta la propria programmazione con Internet, Ipod, ecc. Detto questo noi siamo impegnati sul nuovo, ci guardiamo attorno. Il nostro è un lavoro su un doppio binario: il palinsesto esiste, esisterà, va però attentamente rinnovato, mentre si cerca di stare al passo con i tempi guardando quello che ci succede attorno”. In questo senso mi pare che la radio abbia saputo recepire meglio il rapporto con i nuovi media e i nuovi strumenti informativi. Vale lo stesso anche per la televisione? “La radio ha il vantaggio dell’agilità, è la sua grande forza: ho una nuova idea e in tempi brevi la metto in onda. La televisione ha un meccanismo produttivo più complesso; fare un programma in diretta, per sfruttare in tempo reale blog, Twitter, Facebook, prevede una grande organizzazione, ha dei costi che


magari non si giustificano con la semplice lettura istantanea di qualche messaggino. Stiamo però lavorando su una maggiore interazione col pubblico grazie ai nuovi media. Una volta si diceva di mandare una cartolina postale alla determinata trasmissione, oggi i pareri e i commenti abbondano grazie alla tecnologia. La nostra trasmissione Patti chiari lavora molto sull’interazione col pubblico, Falò ha una linea diretta aperta durante la trasmissione. Anche qui però bisogna stare attenti a non eccedere, a non pensare a questa interazione costante come a un vezzo per pavoneggiarsi, per dire: «guardate come siamo moderni!». Bisogna che i tweet, i messaggi su Facebook abbiano un loro senso nell’economia della trasmissione, che facciano nascere dibattiti. Bisogna quindi gestire questo traffico di opinioni, commenti e pareri, non basta leggerli o mostrarli in sovrimpressione, mandarli in una sorta di deriva”. L’informazione che verrà Lei è diventato responsabile dell’informazione da pochi mesi. Che tipo di impostazione intende dare? “L’informazione RSI ha una grande tradizione e un’attenzione particolare ai valori giornalistici e di qualità di cui le parlavo precedentemente. Ci viene riconosciuto generalmente da critica e pubblico. Abbiamo in palinsesto programmi interessanti, che funzionano da anni, quindi la mia idea è di migliorare, lavorare sui dettagli. I telegiornali sono, per esempio, una macchina così oliata e imponente che va governata ma che non si può rivoluzionare. Anzi, che non ha senso rivoluzionare. Certo, dobbiamo tener conto che notizie e immagini sono già «strabruciate» quando arriva il TG. Questo impone un cambiamento di rotta rispetto a quanto veniva trasmesso anni fa, impone una diversa drammaturgia, una diversa modalità di trattare cose. Qualche cambiamento in più ci sarà nelle testate di approfondimento, anche qui senza rivoluzioni. Sono programmi collaudati che necessitano di riorientamenti, che possono essere il cambio della scenografia come sta avvenendo in Falò oppure nella scelta di una nuova linea editoriale. Correzioni minime su una rotta già ben tracciata. Per la radio stiamo lavorando al rinnovamento della fascia mattutina, il prime time radiofonico, con un’interazione tra informazione e intrattenimento, che andrà presto in onda”. È necessario puntare di più sugli approfondimenti? “Credo che ci sia già una buona e sufficiente attenzione all’approfondimento. Abbiamo tre prime serate di nostra produzione con questo indirizzo, due sull’informazione (Falò e Patti Chiari) e una sulla cultura (Storie). Bisogna magari provare ad allargare lo sguardo nell’approfondire i temi, provare a creare approfondimenti che scandaglino meglio i diversi aspetti della società, della cultura, della scienza, trovando un’interazione tra questi settori. Far dialogare maggiormente informazione e cultura potrebbe rappresentare una bella sfida. Bisogna però tener anche conto delle risorse che abbiamo a disposizione. Ogni novità comporta qualche sacrificio in altri ambiti. Un discorso che vale anche per le nuove tecnologie: le idee sono tutte belle, poi bisogna sempre valutare i costi e i benefici...”. Assumendo questo ruolo si sarà portato qualche sogno nel cassetto, qualche progetto per il futuro… “Sono tante le cose che mi piacerebbe fare. Per esempio, una versione del programma della BBC Antiques Roadshow1. In pratica si tratta di esperti di cose antiche che girano i solai dei paesi, campagne, periferie, città inglesi, pescano anticaglie e le rivendono. Recuperando gli oggetti si recupera la storia, il rapporto con il proprio territorio. Dagli oggetti nascono storie, si ritrovano i legami col passato. Forse però siamo una realtà territoriale troppo piccola per una trasmissione simile. Mi piacciono poi i documentari che

riprendono le fila di vicende magari cadute nel dimenticatoio. Per esempio, come si vive oggi a Bhopal a quasi trent’anni dal disastro chimico del 1984?2 . Mi piace l’idea di riallacciare le fila delle grandi vicende, vedere dove eravamo rimasti. Anche di cose piccole: tipo le 20mila paperelle di plastica perdute anni fa da un cargo a Hong Kong e che continuano a vagare per l’oceano. Ecco questo delle riletture aggiornate mi sembra un tema interessante, sono cose che mi appassionano, mi affascinano”. Il responsabile dell’informazione è sempre sotto i riflettori e ha gli occhi puntati da parte, per esempio, del mondo della politica. I telefoni hanno già cominciato a squillare, sono arrivate pressioni? “Mi sono insediato a luglio e per ora nulla, forse perché era periodo di vacanza. Battuta a parte, nella mia carriera ho fatto il telegiornale, Falò, mi sono occupato di sport. Mai avuto pressioni dai partiti politici. Si fanno sentite maggiormente le lobby, che possono essere anche associazioni di consumatori, sindacati. Per richiedere maggiore attenzione, segnalare eventi. Mai ricevute pressioni. Certo a priori noi dell’informazione ragioniamo su come trattare una vicenda, che limite porci senza rinunciare alla nostra autonomia e indipendenza. Più c’è attenzione e «vicinanza» a una situazione, più bisogna aver sensibilità. Banalmente, è più facile stroncare un libro, che so di Philip Roth, che dell’autore ticinese che poi incontro al bar. Scrivo lo stesso che il libro è brutto, ma sto più attento agli aggettivi. Non è autocensura: è coscienza di dove va a finire il tuo prodotto”.

A suo parere l’informazione RSI si “autolimita” troppo? “Una delle critiche che ci viene rivolta è di avere un eccesso di attenzione, di «proteggere» troppo le istituzioni, per esempio nella questione fiscale aperta con i paesi vicini. Però, per fare un paio di esempi, siamo nell’occhio del ciclone per un’inchiesta sul Casinò di Lugano e abbiamo un ricorso al mediatore del governo su un’inchiesta relativa ai rifiuti. Dopo di che, mi sento di dirlo, c’è stato, a volte, un eccesso di atteggiamento filogovernativo, più nel flusso quotidiano delle news che nell’approfondimento. È una cosa su cui stiamo riflettendo, anche se non si tratta di cambiare la natura delle trasmissioni”. note 1 www.bbc.co.uk/programmes/b006mj2y 2 Nella città indiana di Bhopal sono morte migliaia di persone a causa della fuoriuscita di sostanze chimiche velenose da uno stabilimento della multinazionale americana Union Carbide, specializzata nella produzione di pesticidi (ndr.).


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Un violino irripetibile Parallelamente alla mostra “Trasparenze” dedicata alla pittrice Marga Baigorria, l’Ascona Music Festival propone un ciclo di film del musicista e regista parigino Bruno Monsaingeon. I prossimi appuntamenti sono dedicati al baritono Dietrich Fischer-Dieskau e in particolare al grande violinista Yehudi Menhuin di Oreste Bossini

Arti

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Proviamo a immaginare un concerto con Dietrich FischerDieskau che interpreta una Cantata di Bach, accompagnato solamente dallo statunitense Yehudi Menuhin al violino e Mstislav Rostropovich al violoncello. Per chiunque ami la musica sarebbe un sogno a occhi aperti, ma per alcuni fortunati è stata invece un’esperienza reale, animata da artisti in carne e ossa. Il documento filmato dell’eccezionale avvenimento è uno degli innumerevoli contributi di archivio scovati e raccolti da Bruno Monsaingeon per confezionare i suoi leggendari film sui protagonisti della musica del Novecento. Alla Sala della Sopracenerina di Locarno sarà possibile visionare tre, introdotti dallo stesso musicista e cineasta francese di origini russe. Il primo – L’enigma, dedicato a Sviatoslav Richter –, è già stato programmato nei giorni scorsi, il secondo a Menuhin (il prossimo 24 settembre) e l’ultimo infine a Fischer-Dieskau (il 26 settembre), il grande baritono scomparso giusto nel maggio scorso. Tutte e tre le pellicole sono state girate verso la metà degli anni Novanta, con il contributo essenziale degli stessi protagonisti che parlano della loro vita e della loro arte in un racconto reso avvincente dal ritmo delle immagini, scelte con un gusto non privo di un pizzico di ironia e montate in maniera mai pedante da Monsaingeon. Il primo della classe Ma il primo e più grande amore del regista è stato Menuhin, con il quale Monsaingeon ha collaborato fin dai primi anni Settanta per vari documentari e riprese musicali. Il titolo del film è perentorio, Il violino del secolo, lasciando intendere un primato del violinista americano nella storia del Novecento, che pure è stata ricca di eccezionali virtuosi come Jascha Heifetz, Isaac Stern, David Oistrach, anche lui ritratto da Monsaingeon in un altro bellissimo documentario. Il regista è stato sicuramente influenzato dal fatto di essere stato lui stesso violinista agli inizi della carriera, ma l’amore per Menuhin deriva soprattutto dalla fisionomia unica di un personaggio andato ben aldilà dei confini della sfera musicale. Grazie al dono del suo prodigioso talento, infatti, Menuhin è entrato in contatto con mondi lontanissimi dal suo, riuscendo a esprimere con il suono del suo violino sentimenti semplici e comuni a tutti gli esseri umani, come l’amore, la nostalgia, la serenità e la saggezza. Sarebbe impossibile riassumere in poche righe l’impressionante quantità di vicende vissute da Menuhin nel corso della sua lunga esistenza. Ma un aspetto balza immediatamente agli occhi nella sua biografia: la capacità di comunicare con gli altri malgrado le

differenze, le difficoltà, le incomprensioni. Già da bambino, a San Francisco, i passanti si fermavano sotto le finestre di casa sua per ascoltare il suono del violino mentre studiava. La prima fase della sua avventura musicale, quella da enfant prodige, è costellata di successi e riconoscimenti oggi impensabili neppure per le maggiori star dello show-business, con titoli a caratteri cubitali sui quotidiani e resse da stadio per ascoltare il fenomeno venuto dalla “primitiva” California. Ma l’impressione suscitata da questo ragazzino biondo e paffuto in calzoni corti non riguardava solo il pubblico, specie quello europeo, ansioso di dimenticare gli orrori e le privazioni della Prima guerra mondiale, bensì anche illustri e venerati maestri come il leggendario violinista e compositore rumeno George Enescu, a suo tempo anche lui bambino prodigio ammirato dalla società della Belle Epoque. Triste e malinconico Menuhin è cresciuto circondato dal calore e dall’affetto di una bella famiglia, dall’incoraggiamento di maestri generosi e soprattutto dall’ammirazione di uno stuolo di appassionati su entrambe le sponde dell’oceano. Tuttavia la vita fiabesca di quei primi anni non è riuscita a fugare le nubi che si addensavano sul suo animo. Nelle immagini degli anni Trenta e Quaranta, come per esempio nel cammeo del film Stage Door Canteen (1943), lo sguardo di Menuhin, divenuto nel frattempo un bel giovane elegante come un attore di Hollywood, sembra sempre offuscato da un velo di tristezza e di malinconia, che si trasmette come una corrente elettrica al suono dello strumento. Gli applausi e l’ammirazione del pubblico non riuscivano ad appagare davvero la sua vocazione a portare l’amore tra le persone attraverso la musica. Menuhin negli anni della guerra s’impegna anima e corpo nel recare sollievo ai soldati stremati dalle fatiche del conflitto, suonando centinaia di concerti per le truppe dell’esercito americano sia negli accampamenti a ridosso del fronte, sia negli ospedali militari. Questo sforzo patriottico però non gli impedì di tendere la mano per primo a un grande musicista tedesco come Wilhelm Furtwängler subito dopo la guerra, tornando in Germania per suonare sotto la sua direzione il Concerto di Brahms con i Berliner Philharmoniker. La sua coraggiosa decisione rappresentò un vero scandalo in America, che non comprendeva come un musicista di origini ebraiche potesse accettare di esibirsi assieme a un artista ritenuto complice del nazismo. La sua tempra morale si rivelò anche in quella occasione adamantina, malgrado le aspre critiche espresse da molti colleghi e nonostante il violinista aves-


Yehudi Menuhin (1916–1999). Immagine tratta da http://fronterer.wordpress.com

se visto con i propri occhi l’orrore dei campi di concentramento nazisti suonando insieme al compositore Benjamin Britten nel campo di Bergen-Belsen subito dopo la liberazione. La musica come mezzo di comunicazione Menuhin non poteva concepire la musica come uno strumento di odio, ma solo come un mezzo per avvicinare le persone. Più cresceva la statura della sua figura artistica, più il suo violino si trasformava in un ponte gettato verso gli altri, verso culture diverse dalla sua. Nel film di Monsaingeon si trovano innumerevoli testimonianze dell’apertura mentale e spirituale di Menuhin, che non disdegnava di mescolare la sua arte sopraffina alle più svariate forme di linguaggio musicale. Negli anni del dopoguerra Menuhin subì in particolare l’influenza della cultura indiana e orientale in genere, che lo aiutò anche a superare un momento di crisi personale agli inizi degli anni Sessanta. La scoperta della musica indiana e di un artista come Ravi Shankar rivelarono a Menuhin l’esistenza di linguaggi musicali altrettanto carichi di storia e di forme espressive complesse e articolate quanto e forse più di quelle occidentali. L’impeccabile interprete dei grandi autori classici della musica occidentale accettava umilmente di imparare, seduto accovacciato a gambe incrociate, un linguaggio musicale del tutto nuovo, usando un vocabolario di melodie e ritmi sconosciuti come un qualsiasi principiante. Ma quello che Menuhin portava dentro di sé trovava la strada per venire alla luce in ogni occasione. Comunicare con gli altri era lo scopo principale della sua arte, intesa soprattutto come un dialogo tra persone. Il violino di Menuhin era capace di parlare con i grandi del jazz come Duke Ellington o Stéphane Grappelli, così come con le canzoni yiddish cantate in un kibbutz d’Israele o con le melodie country di un’orchestra di fiddler’s lover nel cuore del Midwest americano. Gli incontri: Elgar e Bartók L’immensa quantità di esperienze vissute, per paradosso, sembra aver reso sempre più leggero l’animo del meraviglioso vegliardo ripreso da Monsaingeon. Lo sguardo trasparente e la figura diafana di Menuhin si confondono quasi con lo sfondo del mare, che circonda la villa del musicista. Ma prima di lasciare il lettore alla visione del documentario, vorrei evocare due musicisti di fondamentale influenza. Il primo è Edward Elgar, che ha registrato con Menuhin il suo Concerto per violino nel 1932 come direttore d’orchestra. L’incontro con un

monumento vivente come Elgar, ultimo rappresentante della cultura vittoriana e più in generale della musica del grande Ottocento, lasciò un’impressione indelebile sul giovane violinista. La loro interpretazione del Concerto in si minore rimane una delle testimonianze più commoventi di un grande incontro artistico. L’altro compositore, quello forse più legato al nome di Menuhin, è Béla Bartók. Uno dei più grandi musicisti del Novecento assieme a Stravinskij e a Schönberg, Bartók aveva lasciato volontariamente l’Ungheria per non vedere il proprio paese consegnarsi nelle mani del Terzo Reich. A New York quest’uomo mite e orgoglioso viveva in condizioni miserabili, rifiutando tuttavia con grande dignità di scendere a compromessi artistici o di ricevere elemosine ingiuriose. Menuhin, che ammirava la musica di Bartók, all’epoca piuttosto snobbata dal pubblico e dalla critica, comprese la drammatica situazione e propose con molto tatto al compositore di scrivere qualcosa per lui. Nacque così uno dei lavori più importanti della letteratura violinistica moderna, la Sonata per violino solo, ma si stabilì tra i due artisti anche un rapporto di stima e di affetto, quale Bartók non aveva forse più conosciuto dai tempi dell’Ungheria. per saperne di più www.academyofeuphony.com/festival Il festival è organizzato dall’Accademia Internazionale di Eufonia della Svizzera. Il ciclo di film del musicista e regista Bruno Monsaingeon proiettati alla Sopracenerina sono a ingresso libero. La mostra “Trasparenze” di Marga Baigorria rimarrà aperta sino al prossimo 29 settembre presso la Galleria Il Cavalletto a Locarno. Per informazioni: info@academyofeuphony.com; tel.: 076 265 77 08.


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Neologismi familiari In un articolo comparso di recente sul quotidiano “la Repubblica”1, la giornalista Raffaella De Santis prende in esame alcuni neologismi nati per indicare cambiamenti e nuove modalità all’interno della famiglia di Mariella Dal Farra

La comparsa di parole nuove, scritte e parlate, segnala l’emergere di nuove realtà ed è quindi spia di un cambiamento, di un piccolo e magari apparentemente insignificante mutamento antropologico. Ebbene, due dei neologismi menzionati afferiscono all’ambito dell’istituzione familiare, e sono: helicopter-parent (“genitoreelicottero”) e adultescent (“adultescente”, dalla fusione di “adulto” e “adolescente”). A parere di molti, i due costrutti sarebbero fra loro interconnessi in quanto si alimenterebbero a vicenda; sta di fatto che, presi insieme o separatamente, entrambi risultano indicativi di una nuova mutazione della cellula sociale umana di base, ovvero la famiglia.

Società

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alla precedente]. Le famiglie sono le più piccole che si siano date, storicamente parlando, il che significa che le nostre «uova» genetiche sono contenute in pochi cestini, e questo ci spinge a sorvegliarle con ancora maggiore zelo”5 .Al contempo, la crescente competitività dei rapporti economici, e quindi umani e sociali, verrebbe proiettata sui figli sotto forma di un’“ansia di eccellere” che può portare a eccessi quali il richiedere corsi di alfabetizzazione di cinese mandarino nelle scuole materne perché “non è mai troppo presto per iniziare a prepararsi al mercato globale”6.

Perdita di motivazione La progressiva riduzione di spazi “auto-organizzati” potrebbe peIperprotezionismo raltro essere correlata al parallePartiamo dalla definizione; il terlo fenomeno della “generazione mine “genitori-elicottero” comboomerang”, altrimenti detto pare per la prima volta nel 1967 dell’ “adultescenza”: quella conall’interno del best-seller di psicodizione che vede “giovani adulti” logia divulgativa Between Parent di trenta, trentacinque o anche and Teenager2, con riferimento a quarant’anni rifluire periodicaun adolescente che lamenta come mente verso la piattaforma famila madre “gli stia addosso come un liare procrastinando all’infinito elicottero”. L’espressione trova peil momento di costituirne una rò diffusione soprattutto a partire propria. Complice la sfavorevole Immagine tratta da www.articles.boston.com dai primi anni Duemila, “quando i congiuntura economica e la prefigli dei baby-boomers (ovvero di coloro che sono nati fra gli anni carietà lavorativa (e psicologica) che ne deriva, molti giovani Cinquanta e Sessanta) hanno cominciato a raggiungere l’età del sono infatti scarsamente motivati a intraprendere un cammino college”3. L’università è infatti il luogo in cui il fenomeno si è pa- autonomo e tendono a permanere in una condizione di semilesato in maniera eclatante: improvvisamente, i presidi di facoltà dipendenza dalla famiglia d’origine. si sono accorti che gli open-day erano presidiati da genitori ansiosi Negli Stati Uniti, dove il fenomeno ha assunto proporzioni di verificare, al posto dei loro figli, la qualità dell’offerta formati- allarmanti, si è già corsi ai ripari con gruppi di auto-aiuto per va. Gli stessi genitori proseguivano poi telefonando e scrivendo i genitori-elicottero e la diffusione di una scuola di pensiero mail ai docenti, e continuavano a monitorare la situazione da vi- denominata slow parenting (letteralmente, “genitorialità lenta“) cino anche quando il pargolo aveva smesso da un pezzo di essere che suggerisce uno stile diametralmente opposto, improntato una matricola4. Più in generale, il genitore-elicottero è quello che cioè al “non-interventismo“. Ma è probabile che, come spesso pianifica nel dettaglio il curricula della prole, preoccupandosi di accade, la soluzione risieda nel mezzo. fornire le migliori opportunità in termini di crescita personale e professionale. Intento lodevole e largamente condivisibile, che note 1 Raffaella De Santis, “Lezioni di slang”, la Repubblica, 10/9/2012. però può sfociare in un atteggiamento talmente pro-attivo da 2 Haim G. Ginott, Between Parent and Teenager, Macmillan, 1967. “disabilitare” la naturale intraprendenza e lo spirito d’iniziativa 3 http://en.wikipedia.org/wiki/Helicopter_parent 4 Barry Glassner, Morton Shapiro, “Grounding the helicopter parent”, di coloro che ne beneficiano. The Washington Post, 24/8/2012. Secondo diversi sociologi, la tendenza all’iperprotezionismo che 5 Nancy Gibbs, “Helicopter Parents: The Growing Backlash Against Overpasempre più sembra caratterizzare il rapporto genitori-figli nelle renting”, Time, 20/11/2009 società occidentali è la risultante di una serie di fattori, alcuni 6 Ibidem di carattere demografico: “Questa generazione di genitori, con Come antidoto alla tendenza sopra descritta, si segnala: Genitori Slow. Educare particolare riferimento a coloro che sono nati dopo il 1964, ha atteso senza stress con la filosofia della lentezza di Carl Honoré – a sua volta un ex più a lungo prima di sposarsi, e ha avuto meno bambini [rispetto “papà-elicottero” – edito da Rizzoli (2009).


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Cuore di donne La Fondazione svizzera di cardiologia si rivolge alle donne lanciando la campagna Donna&Cuore con l’obiettivo di informare e fornire strumenti di valutazione per prevenire l’infarto cardiaco e l’ictus cerebrale. A partire dal 24 settembre di Nicoletta Barazzoni

Salute

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L’intento della recente campagna “Donna&Cuore”, promossa dalla Fondazione svizzera di cardiologia, è quello di sensibilizzare la popolazione femminile al tema delle malattie cardiovascolari, in particolare dell’infarto e dell’ictus, patologie che non colpiscono soltanto gli uomini ma che riguardano un crescente numero di donne1. L’iniziativa si prefigge di divulgare informazioni mirate e indirizzate in particolare alle donne così che esse possano chiedere e ricevere tempestivamente consulenza e aiuto da parte del personale medico. Secondo i responsabili della campagna è possibile influire sulla maggior parte dei fattori di rischio, ma per fare ciò è necessario conoscere il proprio profilo. L’elemento centrale della campagna della Fondazione svizzera di cardiologia è infatti il CardioTest®, che fornisce informazioni sui fattori e sul profilo dei rischi cardiovascolari. Il servizio è offerto dal 24 settembre al 14 ottobre nelle farmacie partner scelte dalla Fondazione che espongono il simbolo di “Donna&Cuore”. Il cuore di Nina “Al cuore non si comanda, non solo quando ci si innamora ma anche quando all’improvviso il tuo battito cardiaco aumenta, e le pulsazioni raggiungono i duecento battiti al minuto anche se non stai compiendo nessuno sforzo fisico”. Così Nina racconta la storia del suo cuore in una serata tra amici: “Ero serena a una festa di matrimonio quando, all’improvviso, ho avvertito degli strani sintomi che però mi ricordavano vagamente i momenti di nervosismo… capita a tutti di essere sotto pressione, stressati o presi da mille preoccupazioni”. Non era di certo la prima volta che Nina provava stanchezza, sperimentando un peso sul cuore, con nausea e vomito. Aveva imparato a controllare il senso d’oppressione, d’ansia e l’attacco di panico. Questa volta però c’era qualche cosa di anomalo. Disturbi simili a quelli, Nina non li aveva mai avuti: “La gola si stringeva, il respiro si era fatto affannoso, avevo la sensazione di svenire, un’incontrollata paura di morire perché il dolore era insopportabile, si irradiava al petto, alle spalle, alle

braccia, al collo, alla mandibola e alla bocca dello stomaco. Non volevo di certo arrendermi al peggio, però il volto scuro della morte lo percepivo in lontananza; iniziavo a perdere anche l’equilibrio ma attribuivo il malore al caldo eccessivo, pensando fossero i postumi della menopausa 2. E intanto mi chiedevo: sarà forse una congestione o il sovraccarico di lavoro?”. Gli sposi entrano nel vivo dei festeggiamenti ma anche le avvisaglie di Nina si fanno insistenti, impadronendosi delle sue forze mentre qualcosa di inquietante le sta per succedere. A notte inoltrata l’accompagnano d’urgenza al pronto soccorso per gli accertamenti del caso. I cardiologi dell’ospedale la sottopongono a una serie d’esami, perché corre il rischio di un infarto, di un ictus o di un’ischemia cerebrale. Viene dunque tracciato un quadro clinico sulla base delle sue informazioni e della lettura dell’ecocardiogramma, esame in grado di intercettare i battiti del suo cuore che pare impazzito. “Pensi che sia la solita routine di un protocollo medico. Ti sembra di assistere a una prova simulata che non ti concerne, al punto da chiedere di poter lasciare l’ospedale. Se lo fai, ti dicono, ti devi assumere tutte le responsabilità, firmando una dichiarazione”. Gli esami del sangue lanciano implacabili il loro verdetto: i valori del fegato sono alterati, la fibrillazione atriale3 è allarmante. “Non sapevo nemmeno lontanamente cosa fosse la fibrillazione atriale ma il cardiologo semplificò dicendomi che il mio cuore stava singhiozzando, era come se stesse piangendo con il rischio di scatenare un’embolia cerebrale, pensai subito al temuto aneurisma o a un ictus”. I medici non escludono sin dall’inizio il sospetto che le arterie e le coronarie siano ostruite. Il fatto che i consanguinei di Nina (nonni, genitori e parenti stretti) siano morti o abbiano avuto problemi cardiovascolari o cardiopatie (infarto, angina pectoris o ictus) complica ulteriormente la situazione perché l’ereditarietà, in queste circostanze, rappresenta un’aggravante. Si delinea per lei un ricovero ospedaliero immediato per una cardiotac (un esame ad alta


definizione non invasivo alle coronarie), una coronarografia4 e nella peggiore delle ipotesi un intervento chirurgico. Ma da allora la vita di Nina è cambiata in meglio perché ora ha capito come proteggersi, evitando i rischi. Conoscere e prevenire Abbiamo dunque rivolto a Peter Ferloni, responsabile della comunicazione per la Fondazione svizzera di cardiologia, alcune domande. Signor Ferloni, ci spiega perché avete deciso di lanciare questa campagna? “Molte donne pensano che l’infarto cardiaco o l’ictus cerebrale siano cose da uomini e casomai temono il cancro del seno. Esse sbagliano poiché le donne sono colpite da malattie cardiovascolari con la stessa frequenza degli uomini, e addirittura muoiono più spesso. Infatti, queste malattie sono la causa più frequente di decesso in Svizzera”. Che cosa volete ottenere? “Puntiamo a sviluppare una maggior consapevolezza nella popolazione femminile. Sempre più donne devono rendersi conto di questo pericolo e sapere come prevenirlo. Inoltre vogliamo che un numero crescente di persone conosca i sintomi particolari di un infarto nella donna”. Il CardioTest® è gratuito? “Normalmente il costo è di 49 franchi, durante la campagna è stato ridotto a 39 franchi”. Per quale motivo solo le farmacie partner possono eseguire il CardioTest® e non tutte le farmacie? “Per garantire un’alta qualità, soltanto le farmacie da noi istruite sono autorizzate a farlo. Ma questa istruzione la offriamo a tutte le farmacie interessate”.

Perché non estendere l’iniziativa anche agli studi medici? “L’idea è di offrire una possibilità semplice, facilmente accessibile, per stabilire i propri valori. Se è necessario, la responsabile o il farmacista consiglierà alla cliente di consultare un dottore”. Quale significato ha il vestito rosso indossato dalle testimonial della vostra campagna? “Il rosso è il colore dell’«allarme»; significa attenzione per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, ma significa anche agire con rapidità e nel modo giusto”.

note 1 La Fondazione svizzera di cardiologia riprende uno studio con il quale si indagano le cause di decesso in Svizzera nel 2009: i decessi di donne per problemi cardiovascolari superano quelli degli uomini (anche se gli uomini muoiono prima delle donne e dunque l’infarto colpisce le donne in età più avanzata dell’uomo). 2 È scientificamente accertato che la diminuzione di ormoni femminili in menopausa può causare malattie cardiovascolari. In uno studio recente del 2011 è stato però dimostrato che i sintomi come le vampate, soprattutto se precoci, non sono associati a un maggior rischio di malattie cardiovascolari. Piuttosto, i sintomi precoci sono associati a una diminuzione del rischio di ictus, malattie cardiovascolari e mortalità per altre cause (http:// journals.lww.com/menopausejournal/Abstract/2011/06000/Vasomotor_symptoms_and_cardiovascular_events_in.5.aspx). 3 Tra le cause di determinate disfunzioni cardiache, che possono portare alla fibrillazione atriale, c’è anche l’ipertiroidismo (la tiroide che funziona troppo). Anche la disfunzione della tiroide, dunque, può creare dei gravi problemi al cuore e a tutti gli altri organi interni. 4 Questo esame è però invasivo; infatti si deve introdurre un sottile catetere dall’arteria femorale, che decorre all’inguine, iniettare un mezzo di contrasto, mettere il paziente sotto una macchina che emana radiazioni e permette di vedere le coronarie rese opache ai raggi X . Inoltre, come tutti gli esami invasivi, prevede sempre un margine di rischio che, per quanto ridotto, non può mai essere pari a zero.

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» testimonianza raccolta da Marco Jeitziner; fotografia di Flavia Leuenberger

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Eleonora Frau

Vitae

versa”. Quando c’è un test di analisi poetica, per esempio, finisce che passo due ore a innamorarmi della poesia che ho davanti e non penso al lavoro scritto, perché sono in grado di “scorticare” il testo, vedo tutti i colori, la “fisicità” dei suoni, un suono più “duro” che corrisponde a un altro. Riesco a capire perché l’autore ha usato quelle parole, è una specie di contatto diretto con lui, anche se non è o non era un sinesteta. Mi capita di chiedere al professore se ci sono altri modi per dire una certa cosa, oppure se posso inventare una certa parola, ma lui non è sempre d’accordo. Il fatto di essere bilingue, parlo italiano e inglese, comPer lei le lettere hanno un colore, i numeri plica ancora di più le cose. Il un posto nello spazio, i suoni una forma. professore di chimica aveva La vita è più “sensoriale” quando si vive detto una nuova parola che nella condizione della sinestesia... mi aveva fatto venire un gusto orrendo in bocca. Faccio mentale sono una “saetta”. fatica a pronunciarla ma la dico lo stesso: È una condizione che nella “deidroalogenazione”. Che schifo! (fa una vita non crea sempre comsmorfia, ndr). I docenti hanno capito che c’è plicazioni. Se immaginiamo qualcosa di particolare in me e sono comperò un sinesteta “uditivo” prensivi, finanto che ciò non li scosta dalla in una grande città, ci sono le loro lezione. A volte è un po’ frustrante: a auto, le persone che passano, matematica testardamente continuo a porre che parlano, una costante di domande, perché voglio capire una cosa che colori davanti agli occhi. Ci si non riesco a “vedere”. Magari agli altri dà affatica di più perché si è molfastidio, mentre il docente dice che non è una to più percettivi; dopo aver domanda importante, ma per me lo è. Ormai visto un film, per esempio, ho imparato che non sono tutti come me. sono distrutta. Non so se sia Come vivo il rapporto con il cibo? Lo descrivo legato alla sinestesia, ma sono con il senso del tatto: le cose più acide sono incredibilmente empatica e più “aguzze”, “spinose”, un pezzo di pane è molto emotiva. Non riesco a “azzurro”. Dico che quel gusto è “ruvido”, vedere certi film perché mi ma giustamente cos’è un gusto “ruvido”? Da immedesimo e soffro. Lo stespiccola dicevo a mia mamma che le banane so per le notizie che ormai troppo mature avevano un gusto “grigio”, ma consumiamo un po’ come lei non capiva. Ci sono sinesteti che mangiai pop-corn: non ci accorgiano il pollo col gelato perché l’abbinamento mo che “dall’altra parte” c’è dei colori e dei gusti per loro è bello. L’augurio gente che soffre. Da quando per l’amore e i sentimenti è di trovare qualcuho saputo della sinestesia, ho no come me. Per esempio, sto con un ragazzo fatto un po’ di ricerche e sono che pensa “ad alberi”: in base alle possibilità andata “a caccia” di sinesteti, legate a una precisa situazione gli alberi asspesso personalità artistiche, sumono determinate caratteristiche. Quando perché talvolta sono gli artisti è di buon umore sono alberi fioriti, quando che vivono questa condizione. è di malumore sono rinsecchiti. Insomma, Ne ho anche incontrati tre o “crescono” involontariamente e lui mi capiquattro ed è bello perché ci si sce. Altrimenti per ora la mia migliore amica trova. A volte i colori variano è molto, molto paziente. Quando descrivo le e finiamo per litigare, perché cose a modo mio perché dico, per esempio, per me il due è giallo e per un che oggi l’aria è un po’ “affilata”, lei capisce e altro è verde, ma a me il due mi sopporta (ride, ndr). Cosa immagino per il verde dà fastidio! mio futuro? Un lavoro sicuramente dinamico A scuola a volte mi sento “die dove c’è spazio per creare.

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uando sono a scuola ogni tanto percepisco odori, a caso. Vedo il numero uno di colore nero, il due giallo, il tre rosso, il quattro viola. Per me la “a” è rossa, la “b” azzurra. Quando conto, i numeri vanno da destra a sinistra e sono piazzati in posizioni specifiche nello spazio. Me n’ero accorta in quarta media di avere questa caratteristica peculiare. Se c’era qualcuno che poteva capirmi, pensavo, doveva essere il professore di matematica, così gli ho chiesto come “vedeva” lui i numeri, ma mi ha guardata un po’ male! In prima liceo mia madre è “caduta” su un articolo che parlava di questo, e ho capito di essere affetta da sinestesia. Significa che due o più zone sensoriali del cervello (udito, tatto, vista, ecc.) hanno una connessione maggiore tra loro rispetto alla media generale. Si fa la distinzione tra “davanti agli occhi” e “nell’occhio della mente”: alcuni sinesteti vedono “davanti”, io vedo “dentro”. Più o meno una persona su cinque ha una sinestesia di tipo lettere/colori o numeri/ colori. Io mi distanzio un po’ da questa media, in quanto ho anche una sinestesia spaziale: vedo linee di numeri, di tempo, di canali televisivi, di numeri delle scarpe, tutto! La sinestesia mi aiuta per la storia, perché “vedo” una linea. Per esempio, quaggiù (indica un punto nel vuoto dietro di lei, ndr.) c’è lo zero, e poi si viene in su, il 2012 è qua e io sono nata qui (indica un altro punto, ndr). È un po’ come una lavagna interattiva per me. Se mi si chiede di sommare quindici e sette, vedo una linea fatta a caselline, una dopo l’altra, dove da destra a sinistra c’è lo zero fino a dieci, mentre dal dieci al venti è dal basso in alto. Come mettere insieme i pezzi del Lego: evidenzio fino al quindici, poi so che devo aggiungere un altro blocchettino di cinque e poi il due, ed ecco ventidue. Quindi diventa molto veloce, un po’ come un abaco. Per il calcolo


La Mole Antonelliana di Valentina Gerig; fotografie di Reza Khatir





in queste pagine L’Aula del Tempio, la stanza più suggestiva del Museo del cinema, all’interno della Mole. Al centro l’ascensore in cristallo che porta i visitatori al tempietto in cima alla cupola (a sinistra) da dove è possibile ammirare il panorama della città

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oveva essere una sinagoga, è diventato il monumento simbolo di Torino. Una costruzione ardita e ambiziosa ideata dall’architetto Alessandro Antonelli, che ha scontato la sua originalità con una storia di lavori infiniti, spese sconsiderate e sfide con il cielo della città. Dal 2000 la Mole è sede di uno dei musei più visitati in Italia dedicato al cinema, dove ci si tuffa nella storia e nella magia della settima arte grazie a un allestimento scenografico unico nel suo genere. E qui c’entra anche la Svizzera. La storia della Mole di Torino, costruzione “strana” che svetta incontrastata sul profilo della città, inizia nel 1862, quando la comunità ebraica di Torino decide di edificare una sinagoga per celebrare la concessione della libertà ufficiale di culto alle religioni non cattoliche. L’architetto prescelto è Alessandro Antonelli e i lavori iniziano nel 1863. Il progetto, però, si rivela da subito estroso: Antonelli decide infatti di modificare l’altezza della cupola da 47 a ben 113 metri, in modo da far diventare il suo monumento il più alto d’Europa. La comunità ebraica non la prende bene: l’allungamento dei tempi di costruzione e i maggiori costi destano più preoccupazione rispetto al primato che la futura sinagoga si avvia a conquistare. Lo scetticismo diventa insanabile nel 1869: i committenti decidono di rinunciare alla sinagoga.

A un sogno non si rinuncia Che fare dunque di questa costruzione ambiziosa lasciata a metà? Antonelli non vuole rinunciare al suo “sogno verticale” (così usava chiamare la Mole) e nel 1873 riesce a convincere il comune di Torino a rilevare il cantiere dedicando l’edificio al re Vittorio Emanuele II. La punta della guglia viene spostata ancora più in alto, a 167 metri, vista la portata del personaggio a cui il monumento sarà intitolato e in cima l’architetto decide di porre un genio alato dorato che verrà chiamato dai torinesi semplicemente “l’angelo”. Il completamento dell’infinita Mole, però, non è ancora concluso e nel 1888 perde il suo artefice: Alessandro Antonelli muore all’età di 90 anni. Sarebbe bastato vivere un anno in più per vedere conclusa la costruzione che aveva voluto a tutti i costi: i lavori terminano infatti nel 1889, sotto la guida di suo figlio Costanzo. La Mole è ora ufficialmente il monumento più alto d’Europa. Le traversie però non sono finite e i pericoli, questa volta, verranno dal cielo. Due nubifragi che si abbattono su Torino rischiano di mettere a dura prova il monumento: l’11 agosto 1904 un violento temporale abbatte il genio alato in cima alla cupola; miracolosamente non ci sono vittime, ma la scultura viene sostituita con una stella a cinque punte. Un altro nubifragio, ancora più impetuoso, nel 1953 colpisce la guglia, che precipita di ben quarantasette metri. Torino è


in queste pagine Lo spazio di ristoro del Museo del cinema (a sinistra) e uno scorcio del percorso museale

sbigottita, la “Domenica del Corriere” dedica la consueta illustrazione della copertina alla (seconda) sfiorata tragedia con l immagine della guglia spezzata. Ma il legame della città con la Mole è ormai talmente forte che si provvede subito a riparare i danni. Il Museo del cinema Nel frattempo, dagli anni Quaranta, in alcuni locali dell’edificio iniziano a essere immagazzinati preziosi reperti appartenenti alla cinematografia, grazie alle appassionate ricerche della storica e collezionista Maria Adriana Prolo. È lei la figura simbolo per la nascita del futuro Museo del cinema. Fulcro delle sue collezioni, macchine pre-cinematografiche (dalle lanterne magiche alle scatole ottiche), attrezzature di scena, pezzi provenienti dai set dei primi film italiani, bozzetti, costumi, film. La prima pellicola acquistata dalla Prolo è datata 1942 per 30 lire, come appuntò lei stessa sul suo quaderno di cassa. La collezione si arricchisce sempre di più fino a diventare un patrimonio di preziosi cimeli nazionali e internazionali. Il Museo del Cinema esiste dal 1958, quando viene inaugurato in un’ala di Palazzo Reale a Torino, ma sarà il trasferimento all’interno della Mole Antonelliana, nel 2000, a renderlo unico

nel suo genere, suggestivo e magico, come il cinema stesso. E qui entra in gioco anche la fantasia e l’ingegno di uno svizzero. Lo scenografo François Confino, a cui è stato affidato l’allestimento espositivo, pensa a un percorso distribuito su cinque piani, dove il visitatore si immerge davvero nel mondo della settima arte, grazie a stimoli visivi e uditivi, proprio come durante la visione di un film. La stanza più suggestiva è la grande “Aula del Tempio”, cuore spettacolare del Museo. In mezzo è attraversata in verticale dall’ascensore con le pareti di cristallo che svetta in un solo minuto al tempietto panoramico della cupola. Intorno è circondata da cappelle dedicate al culto del cinema e ai suoi generi. Seduto sulle chaises longues, il visitatore può assistere a tutta questa meraviglia e alla proiezione di film sugli schermi giganti. Nel 2004 il regista Davide Ferrario ha girato il delizioso film Dopo mezzanotte, ambientato in gran parte all’interno della Mole per raccontare la bizzarra storia del taciturno e maldestro Martino, custode del Museo, e dell’oggetto dei suoi sogni, la strampalata Amanda. È un omaggio poetico a Torino e alle origini del cinema ma anche un’occasione speciale per immergersi, insieme ai protagonisti della pellicola, nelle atmosfere magiche della Mole Antonelliana.

Reza Khatir Nato a Teheran nel 1951 è fotografo dal 1978. Ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali. Ha vissuto a Parigi e Londra; oggi risiede a Locarno ed è, tra le altre cose, docente presso la SUPSI e il CISA a Lugano. www.khatir.com



Il dettaglio fa la differenza Ornamento superfluo, capriccio della fantasia, segno e comunicazione, test di gusto e personalità... l’accessorio fa la differenza, come ben sapeva Lord Brummell, “arbiter elegantiarum” per eccellenza, diventato un mito per i suoi contemporanei e non solo

La cravatta Già la cravatta, accessorio maschile per antonomasia che, a torto o a ragione, semiologi e psicologi definiscono un emblema fallico, qualcosa con cui il maschio si propone e si auto compiace (perfino quando brilla per assenza?). Sempre ad hoc la cravatta di seta nella taglia canonica, costruita con un unico pezzo di stoffa, ripiegato sette volte e rifinito con cuciture a mano. Una volta annodata la sua lunghezza deve appena sovrapporsi alla cintura dei pantaloni. Il trend new classic riporta in auge quella a righe regimental che ben si abbina ai completi in tinta unita. Cravatte rigate giocate sul bicolore le propone, per esempio, Gallo e non mancano divertenti, gonfi papillon a quadretti e a virgole paisley.

Tendenze p. 44 – 45 | di Marisa Gorza

Che cosa è poi l’eleganza? Il significato originario nelle sua accezione latina è la capacità di scegliere, di “eligere”, appunto. A rendere un uomo vestito in modo garbato e piacevole, magari con un completo formale, pur senza rischiare un risultato banale e “piatto”, è certamente la scelta armoniosa e personalizzata dei particolari. Salvo restando il buon taglio dell’abito, il texture della stoffa, il rispetto dei codici prestabiliti dettati sia dal luogo sia dall’occasione in cui si sfoggia. Per le stoffe dedicate al guardaroba dei nuovi dandy ci sono strutture mosse e spugnose. “Dominano le mischie di filati leggeri e versatili – conferma Luigi Palandri, responsabile del coordinamento stilistico della Tessitura Botta Fila – ideali per sdrammatizzare i capi maschili che si evolvono verso una portabilità meno scontata, dove il capospalla si sposa sia con un pantalone pressoché classico sia con i jeans”. Tessuti di qualità, privi di ogni rigidezza sono utilizzati anche da Lardini per le giacche siglate da tocchi d’autore quali le impunture a vista sui revers e i bottoni in corno. E siccome l’abbigliamento maschile non è privo né di edonismo, né di romanticismo, ecco il fiore all’occhiello realizzato nello stesso materiale del blazer, una camelia o una gardenia? Un fiore stilizzato che evoca i Pins della Nouvelle Vogue anni Settanta e oggi simbolo della maison. Ancora corolle, questa volta sparse su stole e sciarpe in spumeggiante seta di Ducks, portate con nuova nonchalance per stemperare il rigore dei completi dall’aplomb tipicamente british, o per sostituire la sgargiante cravatta di un verde brillante che esalta il navy blue del doppiopetto.

La scarpa Dalle mani ai piedi, perché no? Pur relegati in fondo alla figura esigono grande attenzione per l’effetto d’insieme. Va sottolineato che la calza – rigorosamente lunga fin sotto il ginocchio in qualsiasi stagione –, funge da trait d’union tra i pantaloni e la scarpa, pertanto il passaggio tra i primi e la calzatura deve essere il più armonico possibile. Il che non significa semplicemente tono su tono, giacché le ultime tendenze evidenziano una netta prevalenza di colori a contrasto. Filo di Scozia in tinta unita e cotone multicolor per le proposte del Calzificio Gallo e il piede si adagia contento nelle francesine di Moreschi, vero e proprio must have di ogni gentleman moderno. Calzature accuratissime in pelle e stoffa nelle raffinate nuances chiare ispirate alla moda Anni Ruggenti da Grande Gatsby.


La camicia Philipp Plein Lanvin

Utile, frivola, leggiadra e indispensabile complemento assortito al mood dell’occasione, la camicia è un’amica fidata, una compagna intima con la quale il rapporto è necessariamente “di pelle”. Super classica o casual, button down o da escursione, genere cow boy o da sera... il suo fresco abbraccio, i suoi colori, le sue piccole postille di stile la rendono irresistibile anche per “lei”, quando se la infila voluttuosamente a mo’ di negligé... il mattino dopo. Delicati pastelli azzurrati per le proposte di Philipp Plein, però rimane sovrana la candida e setosa camicia da smoking, in questo caso con il logo del teschio sul taschino. Meglio ancora con i doppi polsi per poterci infilare i gemelli, intramontabile touch of class che, persa la funzione originaria di identificare lord e rampolli di famiglia altolocata, oggi è un oggetto (quasi) democraticamente chic. Hanno un’anima di palladio, cesellata da una lavorazione punta di diamante, quelli suggeriti da S.T. Dupont, griffe famosa per la penna a sfera dal design molto contemporaneo, ispirato alla fusoliera di un aereo. Docile e dinamica nel contempo, è perfetta tra le forti dita di un uomo.

Tissot

L’orologio E se lo stile si esprime attraverso ogni dettaglio, non può mancare l’orologio da polso: status symbol, oggetto di prestigio e vero gioiello da uomo. Con più di 150 anni di esperienza nel campo dell’innovazione, della precisione e del design, Tissot realizza l’orologio svizzero che tutti vorrebbero possedere. Per gli appassionati dello sport e della tecnologia avanzata ecco il Tissot Sea-Touch che promette, a chi prolunga le vacanze, ardue ed “eleganti” immersioni dove il mare è più blu.

Moreschi


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Astri toro

gemelli

cancro

Esperienze eccitanti in vista. Sviluppo di idee e cambiamenti epocali nella scala dei propri valori soprattutto per i nati alla fine della terza decade. Ottimamente tra il 25 e il 26. Qualche inghippo burocratico.

L’autunno inizia in maniera particolarmente vorticosa. Un avversario torna sui vostri passi. Colpite dove dovete colpire senza perdervi in mille ragionamenti. Nervosismo tra il 25 e il 26 settembre. Fantasie.

Giove, Saturno e Luna tutti favorevoli tra il 25 e il 26 settembre. È il momento ideale per metter su famiglia o trasferirsi in una abitazione più spaziosa. Promozioni e grandi progetti per i nati nella terza decade.

Criticità durante il solstizio del 23 settembre. Possibili rotture in famiglia. Ragione e sentimento non vanno affatto d’accordo. In questo periodo tendete a fare severi bilanci dei vostri rapporti parentali.

leone

vergine

bilancia

scorpione

Grazie a Venere e a Giove favorevoli l’autunno si presenta adatto per arrivare al raggiungimento dei propri obiettivi. Se non sarete ansiosi e frenetici riuscirete a canalizzarvi proficuamente verso la meta.

Grazie ai buoni aspetti con Marte riuscite a lavorare con impegno senza scivolare in atteggiamenti frenetici. Buon adattamento verso le nuove circostanze. Insolitamente a vostro agio nella gestione del potere.

Cambiamenti radicali e improvvisi. Decisioni importanti tra il 26 e il 27 settembre gestite in maniera creativa. Favoriti tutti coloro che saranno in grado di compiere scelte di vita salvaguardando i propri affetti.

Se volete raggiungere gli obiettivi professionali è essenziale che agiate dietro le quinte. Rapporti sentimentali burrascosi. Attenzione tra il 25 e il 26 settembre. Non cedete al nervosismo.

sagittario

capricorno

acquario

pesci

Tra il 25 e il 26 la Luna è nel segno dell’Acquario. Incremento della vita sociale ma anche incontri con soggetti anticonformisti. I nati nella terza decade potranno realizzare qualcosa di importante.

Con Saturno congiunto a Mercurio, entrambi di transito nella vostra quarta casa solare, gli affari di famiglia assumono un ruolo di primo piano. Scelte importanti nei rapporti familiari. Crescita dell’eros.

L’autunno inizia in maniera frenetica per la sollecitazione di Marte. Con questo passaggio venite a mancare completamente di senso della moderazione. Assai irascibili se toccati nella propria libertà personale.

Attrazione per l’occulto e le scienze esoteriche. Grazie a Marte, a Nettuno e ai Nodi Lunari state per ricevere alcune rivelazioni. È un periodo in cui vi sentirete piuttosto inclini ad abbracciare un ideale.

» a cura di Elisabetta

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Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 40

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 27 settembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 25 sett. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Poligono a dodici lati • 10. Una pianta aromatica • 11. Pari in toppe • 12. Il battesimo della nave • 13. Consonanti in talea • 14. Io, in altro caso • 15. Un libretto dell’autista • 16. Antica città della Mesopotamia • 17. Fra due fattori • 18. Rematore • 21. La casa delle odalische • 22. Brani, citazioni • 24. Belva striata • 25. Corrisponde a circa 30 grammi • 26. Ramo di vite • 27. Fastidi, grattacapi • 29. Due nullità • 30. Nota Bene • 32. Vero senza pari • 33. Mora • 35. Elevata • 37. Sfortuna • 39. Automobile inglese • 40. Una nota e un articolo • 41. L’andata del pendolo • 42. La capitale greca • 44. Ripidi • 45. Caratterizza Cyrano • 47. Rabbie, furori • 48. Centro urbano • 50. In mezzo al coro • 51. Un colore. Verticali 1. Noto film del ’78 di Mauro Bolognini • 2. Teme il trac • 3. Capi d’azienda • 4. L’io dello psicanalista • 5. Mezza casa • 6. La scienza che studia l’uomo e i suoi comportamenti • 7. Rete! • 8. Ognuno ha il proprio • 9. Lo è l’ape senza corona • 16. Urti senza pari • 17. Sguazzano nell’acqua • 19. Grossa ciliegia • 20. Odio profondo • 23. Città vallesana • 28. Bordata • 31. Caldano • 34. Né questi, né quelli • 36. Intrigo amoroso • 38. Misura di capacità • 40. L’opposto di lesta • 43. Un colore del croupier • 46. Pari in pettine • 49. Antico Testamento.

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La soluzione del Concorso apparso il 7 settembre è: BALESTRA

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Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Viviana Gregori via Carlo Diener 10 6850 Mendrisio Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: buono RailAway FFS per l’offerta “Swissminiatur Melide” RailAway FFS offre 1 buono del valore di 100.– CHF per 2 persone in 2a classe per l’offerta RailAway FFS “Swissminiatur Melide” da scontare presso una stazione FFS in Svizzera. Ulteriori informazioni su ffs.ch/railaway-ticino.

La Swissminiatur a Melide. Grandi attrazioni in formato tascabile Nel mezzo dello splendido paesaggio lacustre di Melide visitate in poche ore le principali attrattive svizzere. Swissminiatur unisce oltre 120 edifici tra i più belli e più illustri della Confederazione: case patrizie, castelli, chiese e altri monumenti celebri, tutti rimodellati in scala 1:25. Insieme a 18 treni che circolano su una rete di binari di 3,5 chilometri, si possono ammirare anche funicolari, ferrovie a cremagliera e teleferiche.

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Corsi per pazienti e incontri per pazienti e familiari Autunno 2012 L’ultima settimana di settembre prendono avvio le attività... “Si unisca al gruppo!” Corsi Sopraceneri Arteterapia, Bellinzona Feldenkrais®, Bellinzona e Locarno Acquagym, Gerra Piano Movimento e sport - ginnastica all’aperto, Tenero Cibo e salute, Bellinzona

Corsi Sottoceneri Arteterapia, Lugano Feldenkrais®, Lugano Acquagym, Savosa Spazio accoglienza conviviale, Lugano Cibo e salute, Lugano

I “Gruppi di parola” per pazienti e familiari hanno luogo ogni quindici giorni dalle 16:00 alle 17:30 nelle sedi della Lega ticinese contro il cancro di Bellinzona, Locarno e Lugano.

INFORMAZIONI E ISCRIZIONI: !" $% &' %

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