in dispArte - N.6 Gennaio 2016

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in di sp ar te


www.indisparte.com


SOMMARIO

EVENTI

EVENTI IN DISPARTE

ARTISTI

in disparte - Febbraio 2016

4 - Corsi in dispArte

Magazine free di arte e cultura Mensile - anno 2 - n. 2

8 - David Bowie, il nostro ricordo

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14 - Le mura di Bergamo Patrimonio Unesco? Direzione: Cristian Sonzogni Hanno collaborato: Mario Rota, Veronica Basiricò, Marvin Moja Redazione: Via Madonna della Neve 3, Bergamo Stampa: Pixartprinting Srl - Quarto d’Altino (Ve)

20 - Blair Dunlop, the next big thing 24 - Celtic connection 30 - Next: Bergamo Jazz

e-mail: info@indisparte.com

EDITORIALE Bergamo è anche le sue mura. Quel segno distintivo che ci propone al mondo fin dall’autostrada, quel monumento alla città che ci rende famosi in tutta Italia. In tempi di muri che dividono, ci sono dunque pure mura che uniscono. Che sono lì silenziose a testimoniare un’epoca lontana, ma che adesso potrebbero diventare davvero un vanto riconosciuto ovunque. Perché da oggi le Mura Venete sono ufficialmente in campo per diventare Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Un passo avanti ma non ancora una sicurezza, visto che il dossier sarà esaminato a livello internazionale a Parigi. Bergamo, capofila di un progetto che riguarda altre città e che arriva fino in Montenegro, ha avuto la meglio sulla candidatura last minute di Ivrea (Torino), città industriale.

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CORSI PER TUTTI I GUSTI CERCATELI IN DISPARTE 4

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ingue, italiano per stranieri, fotografia, teatro, cucina, disegno, arti varie. E chissà quanti altri ancora. I corsi ‘in dispArte’ (via Madonna della Neve 3) prendono il via con un aperitivo tutto dedicato a spiegare la filosofia che ha guidato il progetto. L’obiettivo è creare un vivace centro culturale che abbia proprio tra i suoi pilastri la curiosità del pubblico verso qualcosa di diverso, di fuori dagli schemi. Per questo, tre delle sale del locale saranno di volta in volta dedicate all’insegnamento, sia in orario diurno sia in orario serale, per permettere a chiunque lo desideri di intraprendere il percorso verso una lingua straniera o verso una forma d’arte, che sia disegno, recitazione, cucina o altro. Dopo l’esordio con il teatro per bambini, che ha già riscosso entusiasmo


e consensi, si va dunque sviluppando quell’area che vorrebbe fare del locale bergamasco un punto di riferimento per l’arte e la cultura in centro città. Si potrà dunque imparare l’inglese, lo spagnolo, il francese, ma ci sarà spazio pure per l’italiano dedicato agli stranieri, che risponde alla linea dell’integrazione portata avanti fin dal principio. Nell’ambito fotografia, con Mario Rota come docente di riferimento, si partirà dal corso base, per passare poi a quello avanzato oppure ai vari corsi più dettagliati sulla post-produzione. Nell’ambito teatrale, spazio alla dizione e al linguaggio del corpo, aspetti sempre più importanti nella realtà che viviamo, nel mondo del lavoro e non solo. Ma attenzione anche ai corsi meno ‘pop’, per esempio scrapbooking, taglio e cucito e tanti altri. Perché ognuno di loro, con insegnanti selezionati e programmi mirati, saprà entusiasmare e dare la giusta spinta verso il settore che si vuole conoscere. Più avanti durante l’anno, ci sarà modo di iniziare con altre realtà, per esempio quelle di degustazione (vini e birra), così richieste negli ultimi tempi. Tutte le informazioni, compresi giorni, orari e prezzi di tutti i corsi, sono disponibili sul sito (www.indisparte.com). Nelle prossime pagine, quattro esempi un po’ particolari di ciò che potrete trovare: dizione, scrittura creativa, taglio e cucito, ceramica.

- Corsi in dispArte in dispArte, via Madonna della Neve 3 - Bergamo Per informazioni e iscrizioni, scrivere all’indirizzo corsi@indisparte.com oppure contattare il numero 3737746448 (Manuela)

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DIZIONE

(a cura di Fabio Comana, attore e regista) Farsi capire bene è importante nella comunicazione interpersonale. Così come può essere utile liberarsi da una fastidiosa cadenza dialettale (cosa che colpisce da sempre in particolare i bergamaschi). Eppure la soluzione non è sempre quella di sforzarsi nell’imparare la dizione “perfetta”, spostando gli accenti al posto giusto. Lo dimostrano nella pratica alcuni grandi attori, capaci di tenerci incollati ai loro racconti, anche se in loro è perfettamente riconoscibile la cadenza regionale, anzi a volte sono gradevoli da ascoltare anche grazie a questa loro caratteristica. Il laboratorio vuole appunto sperimentare questa strada: si può migliorare il proprio modo di esprimersi, attenuare i suoni sgradevoli delle cadenze, senza rinunciare ad essere se stessi, valorizzando ciò che ci distingue.

SCRITTURA CREATIVA

(a cura di Federica Cepparrone) Il laboratorio sarà rivolto a tutti e, soprattutto per questo motivo, gli incontri si svolgeranno respingendo i principali approcci accademici. L’utilizzo della tecnica del flusso di coscienza è un approccio alla scrittura creativa che permette alla persona che scrive di entrare in contatto con se stesso in modo apparentemente indiretto e quindi in realtà più puro e veritiero, in quanto si tratta di un linguaggio senza censure e senza blocchi, che si estranea da ogni schema classico di scrittura. Il flusso di coscienza è uno svuotamento, una tecnica libera; viene a mancare totalmente la mediazione autoriale (dai verbi, alla punteggiatura, ecc.) e il posto viene lasciato solo ad una libera associazione di concetti e parole che solo successivamente saranno interpretate dall’autore stesso del testo.


CUCITO BASE

(a cura di Patrizia Albergoni) Il corso è rivolto alle principianti che vogliono imparare il cucito per sé e per la casa. Quante volte siete andate alla ricerca di una sarta per poi impiegare tanto tempo tra il portare l’indumento da sistemare, andare a riprenderlo e pagare il servizio? Oppure siete stati costretti a buttare o a non indossare più quell’indumento solo perché non siete riusciti a trovare la sarta? Con il corso di cucito pratico per principianti si apprendono le basi della cucitura a mano o a macchina che vi permetteranno di riparare e sistemare i vostri capi preferiti o realizzare piccoli accessori.

CERAMICA

(a cura di Clelia Emi Benaglia - Emikeramos) Il corso ‘Giocare con l’arte’ nasce da un’idea di Bruno Munari in collaborazione con il Museo Internazionale della Ceramica di Faenza. Il corso è pensato per ragazzi in età scolare e per adulti che amano mettersi in gioco così come sanno ben fare i bambini. Infatti la caratteristica principale di questo percorso è un metodo didattico non finalizzato alla produzione degli oggetti ceramici tradizionali, ma piuttosto teso a sviluppare il processo creativo insito in ciascuno di noi attraverso uno strumento, la ceramica, che ben si presta per le sue peculiarità a tutto ciò. Verranno utilizzate crete diverse per colore e caratteristiche utilizzando tecniche molto semplici come quelle del colombino, della texture, delle palline, della sfoglia, della trafila, degli ingobbi e delle perle di vetro.

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YOU CAN BE A HERO, DAVID. FOREVER 8

di Veronica Basiricò

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vevi un occhio marrone e uno blu, David. Quanto è buffo pensare a tutte le leggende e a tutte le teorie che sono scaturite da questo fatto. Ti chiamavano il divo dagli occhi bicolore. E quanto è buffo pensare che questo velo di mistero era solo il risultato di un cazzotto. Era stato il tuo amico d’infanzia e di vita George Underwood che, dopo che gli avevi rubato la ragazza, ti aveva tirato quel pugno sull’occhio sinistro. Quel tocco di specialità non era previsto, ma sicuramente George ha contribuito involontariamente a creare il tuo aspetto bizzarro. Eri un ribelle, David. Quanti gruppi hai dovuto cambiare prima di trovare la sintonia giusta con la musica, a quante lotte hai voluto partecipare gridando al mondo “Rebel, rebel, how could they know?”. Effettivamente cosa ne poteva sapere la gente comune di quello che ti passava per la testa? Ma poco ti importava delle


Costantemente alla ricerca del diverso e del piacere. E quanto è assurdo leggere di quella volta che tua moglie Angie, rientrando a casa dopo un viaggio dal suo lavoro da modella, ti trovò a letto con Mick Jagger e, dopo lo shock iniziale, ti chiese tranquillamente se gradivate un caffè. E tu, con altrettanta noncuranza le risposi di sì, mentre Mick, viola dall’imbarazzo, si rivestiva frettolosamente. Eri un calderone ribollente di idee, David. Ci sono articoli, siti e libri interi di giornalisti e scrittori fantasiosi che provano a raccontarti, per com’eri, per cosa volevi trasmettere ai tuoi fan, e che cercano di descrivere la tua evoluzione, in relazione alle tante epoche e mode che hai vissuto. Passando dal sano e autentico rock’n’roll degli anni Cinquanta, alla “British invasion” dei Sessanta, Woodstock e la cultura dei figli dei fiori. La conseguente nascita della musica popolare, soft e pop rock, l’affermazione della musica R&B

e la disco music dei Settanta. Le hai vissuto tutte, David fino ad arrivare a oggi e in ognuna di queste hai lasciato un tuo segno e hai contribuito perché la musica diventasse una realtà concreta e non una semplice melodia che passava quotidianamente alla radio nei noiosi pomeriggi in veranda. Melodia che di certo non lasciava indifferenti, quando collaboravi con grandi quanto te, come Freddy Mercury. Quella volta, lavorando a un altro pezzo, vi siete guardati e vi siete chiesti se non sarebbe stato qualcosa di geniale fondere le vostre voci in un pezzo indimenticabile e di profondo significato. Così è stato in quello studio di registrazione in Svizzera, dopo un mix di vino e ‘bianca neve’. Così è ancora. Under Pressure, il secondo singolo del quartetto di Freddy (e il tuo terzo) al primo posto della top ten britannica. Sei stato un’icona di stile, David. Ti sei aggiudicato l’appellativo di Camaleonte del rock.

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“As you get older, the questions come down to about two or three. How long? And what do I do with the time I’ve got left?”. - “Quando invecchi, le domande si riducono a due o tre. Quanto ancora? E cosa faccio col tempo che mi resta?”. (David Bowie)


E racchiude tutto quello che facevi apparire, in un caleidoscopio di colori e di eccentricità. Ogni volta che lanciavi una nuova moda, avevi un nuovo taglio di capelli o ti pitturavi la faccia in qualche modo strano, sembrava che il mondo non dovesse stare più di una settimana senza imitarti. Quei capelli rossi sparati e le forme geometriche di te, Ziggy Stardust, per poi dare il benvenuto ad Aladdin Sane con la saetta azzurra e rossa disegnata in faccia. Quante storie hai raccontato, David. Ci hai fatto guardare fuori dalla finestra ogni notte alla ricerca del tuo uomo delle stelle, ci hai fatto cantare con Ziggy Stardust, che faceva l’amore col suo ego e la sua chitarra, che sapeva ben suonare. Siamo stati col naso all’insù per vedere il Maggiore Tom che galleggiava attorno al suo barattolo di latta, lontano sopra la Luna, chiedendoci a quanti chilometri stesse viaggiando e se lassù, guardando il pianeta Terra blu, avesse trovato una vita migliore. Hai persino deciso di entrare negli schermi delle nostre case, sottoforma di Uomo caduto sulla terra,distrutto dalla cattiveria e dall’egoismo degli altri uomini oppure come genio della scienza, quando lavoravi in The Prestige,capace di trasportare le persone da un posto all’altro. E alla fine gli eroi, David. Quanto ci hai fatto sognare ed emozionare quando cantavi Heroes. Parlavi di lei e di lui, e di un muro. Quel muro che ha fatto piangere tante persone innocenti, che ha rotto sogni e invaso tanti incubi. Lei e lui potevano essere eroi, anche solo per un giorno. Lei e lui alla fine lo sono stati per tanto tempo, sempre e per sempre. Parlavi di loro, David. Gli eroi infiammano i cuori, fanno sognare di mondi improbabili e pensare a cose impossibili, ma aiutano le persone a elevarsi verso desideri mai espressi, solo pensati per la paura di essere giudicati. E a crescere e a ridere e a piangere. Gli eroi sono gli angeli delle persone che credono. Parlavi degli eroi, David, inconsapevole che anche tu lo sei sempre stato per molte persone e oggi lo sei ancora più che mai. Tu puoi essere un eroe, David. You can be a hero, forever and ever.

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“La musica mi ha dato 40 anni straordinari. Non posso dire che i dolori e le tragedie siano stati meno forti per questo, ma mi ha donato compagnia quando mi sentivo solo, e mi ha permesso di arrivare al cuore delle persone quando sentivo di volerlo fare. La musica è stata la porta verso la comprensione e la casa in cui ho vissuto” (David Bowie)


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LE UNICHE MURA CHE UNISCONO di Marvin Moja

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e Mura di Bergamo Alta Patrimonio dell’Umanità: un sogno che potrebbe avverarsi. Quelle mura che con la loro imponenza e maestosità – un tempo vera e propria fortificazione – si offrono ai cittadini regalando loro romantiche passeggiate, vengono costruite dalla Repubblica di Venezia in un’epoca in cui la città rappresenta l’estremità occidentale dei domini veneti. Correva l’anno 1561 quando la Serenissima, conscia del fatto che stava perdendo il controllo sui commerci marittimi, rivolge la sua attenzione ai commerci che avvenivano verso il centro dell’Europa. Per tale motivo, e allo stesso tempo per “mettere al sicuro il traffico di armi e manufatti tra le miniere di ferro bergamasche e l’Arsenale di Venezia, decide di fortificare la città alta recuperando in parte le mura preesistenti di epoca romana, seguendo il progetto del generale Sforza Pallavicino”. La costruzione di un’opera di tali dimensioni richiese una grande quantità


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di operai, architetti, soldati – si temeva la reazione popolare e per questo la milizia era necessaria per proteggere il cantiere stesso – tantissimi sacrifici e quasi trent’anni di lavori. Durante questo periodo ci fu la necessità di demolire grandi quantità di edifici e borghi, compresi gli edifici di culto, molto amati dai cittadini. Venne demolita la Cattedrale di Sant’Alessandro, all’interno della quale venivano custodite le reliquie del patrono, e anche il convento domenicano di Santo Stefano, dove riposavano le spoglie di un altro religioso, Pinamonte da Brembate. Malgrado le lamentele di molti, la costruzione delle mura di città alta portò un discreto miglioramento economico poiché vi era bisogno di tanta manodopera. La forma delle mura si diversifica dagli altri circuiti murari veneziani riconducibili a geometrie ideali. “Infatti la cortina muraria è continua, ma composta da linee spezzate convergenti su 11 baluardi e 5 piattaforme, in un

susseguirsi di spalle, cortine, tenaglie, sempre diverse. Alle mura si connettono due strutture esterne: il forte preesistente collegato ai bastioni nord-occidentali da un percorso coperto e il forte di San Domenico sul fronte opposto1”. Le molteplici vicissitudini storiche di questo monumento di grande interesse, hanno fatto sì che nell’anno 2007 il Comune di Bergamo avviasse un percorso per far inserire le Mura e le altre fortificazioni di difesa nella lista del Patrimonio mondiale Unesco. Il progetto, intitolato “Le opere di difesa veneziane tra il XV ed il XVII secolo”, che fin dai primi passi vede la città di Bergamo come capofila, accoglie anche altre città italiane quali Peschiera del Garda, Palmanova, Venezia, Chioggia, nonché due altri stati quali la Croazia ed il Montenegro, trasformandosi in un vero e proprio esempio di dialogo e di interazione tra le nazioni. “Mi piace molto pensare – queste le parole


del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori – che una fortificazione che doveva servire a chiudere la nostra città adesso sia divenuta un ponte per unirla a nazioni diverse”. Il lavoro svolto, durato non poco, presenta la tematica delle architetture e delle opere destinate a proteggere le attività commerciali sia sulla terraferma che sull’Adriatico. E, dopo i primi passi, ecco che a gennaio arriva il responso positivo che tutti aspettavano. L’Unesco ha accettato la candidatura ed il progetto verrà analizzato dalla Sede centrale a Parigi per poi, se passato l’esame, proiettare le Mura di città alta tra le meravigliose opere che fanno parte del Patrimonio dell’Umanità. L’attesa non è terminata poiché si dovrà aspettare lo scorrere di diciotto mesi prima di avere una risposta, ma la speranza non manca e l’ottimismo la fa da padrone. Nel frattempo lasciamoci coccolare da una passeggiata al chiaro di luna cercando di ascoltare le vicende storiche che le nostre Mura hanno da raccontare.

ITALIA DA RECORD Le caratteristiche più significative della Convenzione per il patrimonio mondiale del 1972 riguardano la capacità di unire in un singolo documento i concetti di conservazione naturale e la preservazione delle opere culturali. La Convenzione riconosce i modi in cui l’uomo interagisce con la natura, ed il fondamentale bisogno di preservare l’equilibrio fra i due. La lista del Patrimonio Mondiale include 1031 siti che formano parte del patrimonio culturale e naturale. La Commissione per il Patrimonio Mondiale considera che tali siti abbiano un valore universale. L’Unesco ha finora riconosciuto un totale di 1031 siti (802 culturali, 197 naturali e 32 misti) presenti in 163 Paesi. Attualmente l’Italia è la nazione che detiene il maggior numero di siti (51) inclusi nella lista dei Patrimoni dell’Umanità.

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˅ LA PASSEGGIATA SULLE MURA

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Durata : 2,5 ore La suggestiva passeggiata sulle Mura di Bergamo parte da Colle Aperto, dove é ubicata Porta S. Alessandro, una delle quattro porte della cerchia murata, che prende il nome dalla grande Basilica Alessandrina demolita in occasione della costruzione delle mura veneziane. Nel 1561 i Veneziani iniziarono la costruzione della “ fortezza di monte”; le mura di Bergamo, infatti, non sono solo un recinto di difesa ma anche un vero e proprio sistema fortificato, costituito da spazi sotterranei in parte ancora visitabili. Le mura, rivestite di pietra fino alla linea del cordolo, il redondone, inglobano tutta la città alta con un anello di oltre 5 km di lunghezza. Verso sud-ovest si innalzano a formare la piattaforma di S.Grata, dove sorge l’omonimo monastero al di sotto del quale si riconoscono ancora archi delle mura più antiche, precedenti a quelle veneziane. A ridosso del baluardo di S. Giacomo, proprio di fronte alla Porta omonima, sorge il Palazzo Medolago-Albani, imponente, in stile neoclassico. Proseguendo la passeggiata, all‘altezza di Via Osmano possiamo scorgere l’arco che proteggeva una fontana duecentesca. Arriviamo poi alla Chiesa di S. Michele al Pozzo Bianco, antichissima: l’interno, suggestivo, mantiene i caratteri quattrocenteschi e il più famoso ciclo decorativo della chiesa, rappresentato dagli affreschi raffiguranti “ Storie della vita di Maria” eseguiti nel 1525 da Lorenzo Lotto. Scendendo lunga la via Porta Dipinta, vediamo campeggiare una torre in pietra, trecentesca, detta di Sub Foppis: faceva parte della cinta muraria medioevale che cingeva un territoro più ampio rispetto alle precedenti mura romane. Poco più avanti sorge il complesso di S. Agostino che ha rivestito un ruolo molto importante nella storia della città. La facciata, in forme gotiche, è trecentesca; all’interno, ad aula unica, il soffitto formato da tavelle decorate in legno della fine del quattrocento rappresenta una delle maggiori preziosità della Chiesa. Arriviamo a Porta S. Agostino, realizzata verso il 1575 a chiusura della cosiddetta tenaglia di S. Agostino, ossia i bastioni che circondano l’ antica chiesa e il monastero. In asse con la porta, la fontana ,che ne riprende lo schema tripartito e rendeva solenne l‘ ingresso in città per chi veniva da Venezia. La Porta è elegante e da sempre è quella di maggior transito; è stata anche quella in cui il posto di guardia è rimasto più a lungo. Oltre alle bellezze che abbiamo potuto ammirare, questa passeggiata ci ha accompagnato costantemente con una vista mozzafiato sulla città bassa e, in lontananza, fino al profilo delle Prealpi. (da www.discoverbergamo.it)


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BLAIR DUNLOP, THE NEXT BIG THING 20

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onostante Blair Dunlop abbia poco più di vent’anni, ha già compiuto passi importanti, sia in campo musicale che nel cinema. Nato l’11 febbraio del 1992, ha frequentato la Repton School nel Derbyshire, lo stesso istituto in cui ha studiato Roald Dahl, l’autore della Fabbrica di Cioccolato. Ed è proprio con questo film che il ragazzo, figlio del musicista folk Ashley Hutchings (fondatore di Fairport Convention, Steeleye Span, Albion Band e ora leader dei Rainbow Chasers), ha debuttato sul grande schermo, nelle vesti del giovane Willy Wonka (che diventando grande assumerà le sembianze di Johnny Depp). Ora è un apprezzato chitarrista, cantante e attore: nell’autunno del 2010 è stato in tour nella nuova produzione di “Lark Rise” e ha partecipato a importanti festival come Big Session, Towersey e Cropredy Fringe. Dopo un breve tour italiano, nell’estate del 2011, esce per la Rooksmere Records il nuovo EP: Bags Outside the Door


è il titolo e sin dalla copertina dimostra l’amore di Blair per il nostro Paese, con uno scatto del fotografo bergamasco Mario Rota. E pure i video che potete vedere nel sito ufficiale del cantautore inglese sono stati girati a Casnigo, al Santuario della Ss. Trinità. Nel mini-album cinque brani, di cui tre originali e due ‘traditional’ riarrangiati, con Blair a chitarra acustica e voce. Anticipato da un videoclip delle registrazioni, esce nell’autunno 2012 il primo album, ‘Blight and Blossom’, con un brano inedito di Richard Thompson, considerato tra i migliori album folk dell’anno. Nel 2013 viene assegnato a Dunlop l’Horizon Award ai BBC Radio 2 Folk Awards. ‘House of Jacks’, uscito nel maggio del 2014, è molto più di una promessa: una raccolta di canzoni meravigliosamente cesellate e influenzate, ma non confinate, dalle sue radici folk. Dove ‘Blight & Blossom’ era deliberatamente leggero nella sua produzione, in House of Jacks lo sti-

le peculiare di Blair si arricchisce di una più ampia tavolozza strumentale per creare un suono più contemporaneo e un disco veramente speciale. Nell’aprile del 2015 esce il singolo ‘Fifty Shades of Blue’, tratto da questo stesso album, con la foto di copertina ancora una volta del bergamasco Mario Rota.

- Blair Dunlop in concerto Sabato 27 febbraio, ore 21.30 - Ingresso 15 euro in dispArte, via Madonna della Neve 3 - Bergamo

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˅ SECRET THEATRE I’ve seen a trick or two in my life / Yea, I’ve seen a trick or two But a common theme in deceiving machines is the point of which you see through I’ve seen a trick or two in my life / Yea, I’ve seen a trick or two But as far as I know you only show the things that make you seem true Its words were long and twisted / Like his shadow in the night And as Lucifer lit the lanterns / Shown over his pen in flight

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Corpus was a century where he first learned to spin the word But beyond the walls lay riches / But his taste much preferred I’ve seen a trick or two in my life / Yea, I’ve seen a trick or two But a common theme in deceiving machines is the point of which you see through I’ve seen a trick or two in my life / Yea, I’ve seen a trick or two But as far as I know you only show the things that make you seem true While singing came the calling / Inspired them to create So we dropped the pen and he fled instead / Over the Cambridge gates A cool head on his shoulders / And if I pull easy hand Corpus lay in the shadows / While it fought for the English brand Come quick as the crimson pours / Face down in it, every bar But the slice of fries is blade, seems to me to be all too bizarre Either way, the bill got paid / Then my little pain is due And I’d have swallowed the whole damn lot / Had I not seen a trick or two Some say he chanced his luck / The next day that ensured the bound Venus and Adonis, chance there’s two / And headed back the other way around Panning in the Venetian sun / It’s brown, not even scarred Almost as hard to believe / As the very notion of his drop foot bard I’ve seen a trick or two in my life / I’ve seen a trick or two in my life


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CONNESSIONI CELTICHE di Mario Rota

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n gennaio ogni anno, nella più grande città della Scozia, Glasgow, va in scena uno dei festival musicali invernali più importanti e prestigiosi al mondo: il Celtic Connections. Per dare un ordine di grandezza di questa kermesse che si sviluppa in diciotto giorni, dal 14 al 31 gennaio, basta dire che sono presenti più di 2100 artisti da tutto il mondo, capaci di dare vita a oltre 300 eventi distribuiti nelle 20 principali venues della città: dalla sede della prestigiosa Glasgow Royal Concert Hall (dove è stato appena inaugurato un nuovo auditorium) al vittoriano Royal Theater, dal The National Piping Centre (la scuola dedicata allo strumento nazionale scozzese: la cornamusa), al meraviglioso e pittoresco Old Fruitmarket. Oltre a ciò, centinaia di concertini agli angoli delle strade, innumerevoli jam session improvvisate negli hotel dove risiedono gli artisti, Cèilidh, feste, meeting, conferenze, lezioni e decine di even-


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ti privati. Pare addirittura che pochi anni or sono gli Stones si siano esibiti per un esiguo numero di magnati dell’Est Europa in una blindatissima location appena fuori dalla città. Il fulcro da cui parte ideologicamente la prestigiosa kermesse, così come si evince dal suo stesso nome, è di certo la musica celtica celebrata in tutte le relazioni che questa può trovare nelle culture di tutto il mondo. Folk, roots e world music, a Glasgow si ritrovano, si legano, si fondono in multiformi connessioni col Jazz, il blues, il rock, la Dance, l’indie, le musiche tribali. È quindi possibile che nella stessa giornata assistiate al concerto dei Rura, band che ha rivoluzionato il genere folk tradizionale con una loro ricetta peculiare fatta di Highland pipes, whistles, violino, chitarra, bodhran e flauto, accompagnati da una schiera di effetti speciali a pedale per creare un suono scatenato e multiforme, che hanno infiammato il pubblico di uno stracolmo Old Fruitmarket, all’esibizione della raffinatissima e versatile Aoife O’Donnel, ospite in diverse occasioni al Blue Note di Milano, che spazia dal repertorio gaelico, al rock, al jazz e, a poche centinaia di metri di distanza all’energetica performance dal sapore World Music della francese-brasiliana Flavia Coelho con le sue ibridazioni africane e caraibiche su una tessitura di tradizione carioca. Il festival è famoso per il forte spirito collaborativo che lo anima mettendo insieme varie formazioni per serate speciali. Lo stesso spirito che anima gli incontri tra musicisti continua fino alle ore piccole nel “notturno” Festival Club, ormai entrato nella leggenda per le più impreviste mescolanze e session spontanee. Come ci dice Donald Shaw, il direttore artistico: “Ci sono situazioni in cui potrete vedere suonare gente che non vi capiterà più di incontrare, e se invece vi capiterà sarà perché si sono esibiti prima qui”.


E infatti il clou si è avuto nella serata di sabato 29 quando sulla scena della Royal Concert Hall è andata in scena la mitica Transatlantic Session: un incontro del meglio del meglio della scena celtica, folk, roots mondiale che ogni anno presenta una line-up unica ed assolutamente irripetibile. E quando riesci già nel pomeriggio a entrare alle prove per salutare alcuni amici musicisti, l’emozione è davvero incredibile. Sul palco tra gli altri, artisti del calibro di Aly Bain, Phil Cunningham, Danny Thompson, Donald Shaw, Karen Matheson, Jerry Douglas, Michael McGoldrick, John McCusker, James Mackintosh, Cara Dillon e tanti altri. Ma Celtic Connections non è solo divertimento musicale allo stato puro: è un luogo di incontro di addetti ai lavori che si ritrovano per presentare e ricercare proposte da spendere sulla scena musicale mondiale: gli Showcase Scotland, posizionati nei giorni finali del Celtic Connections. A questo avvenimento

nell’avvenimento sono presenti rappresentanti di realtà provenienti da tutto il mondo, poco meno di duecento delegati tra cui due italiani. Ogni anno è ospite una nazione differente e quest’anno è stato il turno della Francia, che oltre a presentare diverse realtà World Music tra cui, oltre alla già citata Coelho, anche Cheikh Lô (musicista del Burkina Faso che ibrida le sonorità africane del Senegal e del Brasile con il jazz, il funk e musiche afro-cubane), Blick Bassy (singer-songwriter del Camerun dalla musicalità rarefatta e ricercata che parte dalla cultura tradizionale e mixa Marvin Gaye, Gilberto Gil e Nat King Cole), e la bellissima Nolwenn Leroy: già vincitrice della seconda edizione della trasmissione televisiva Star Academy d’Oltralpe, dalle note riconducibili alla tradizione Bretone, ha voluto pubblicizzare un meraviglioso progetto imperniato sulla celebrazione dell’immortale Edith Piaf interpretato magistralmente da un’intensa

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Anne Carrere, capace di ricucire le luci e le ombre a forti contrasti delle canzoni del “Passerotto”. Gli Showcase sono stati anche l’occasione per conoscere non solo gli operatori specializzati mondiali ma alcune nuove formazioni che faranno presto la loro comparsa nei cartelloni di tutta Europa. Tra loro: l’irlandese Nuala Kennedy Band, le scozzesi Fara e Cherry Groove, i giovani Cara, il trio femminile da Cape Breton The Outside Track, i Dallahan, ma anche i prestigiosi cantautori Sam Lee e James Grant. Si è parlato molto anche della situazione economica mondiale in relazione alla cultura musicale e della necessità di dar linfa alla scena folk internazionale, cosa che proprio a Glasgow ogni anno viene fatta egregiamente. La speranza comune è quella di un radicale cambiamento che permetta di rafforzare il movimento musicale non mainstream. Per riscoprire la musica partendo dalle emozioni e non dall’immagine.

“Se c’è una cosa che fa grande l’inverno in quel di Glasgow, questa è la Celtic Connections.” (The Guardian)


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BERGAMO JAZZ, EDIZIONE N. 38

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dizione numero 38 per Bergamo jazz, con concerti di artisti internazionali, proiezioni di film, iniziative didattiche e altro ancora. Dal 13 al 20 marzo, per la prima volta con la direzione artistica di una personalità centrale del jazz contemporaneo, il trombettista statunitense Dave Douglas, Bergamo jazz sarà anche nel 2016 punto di riferimento immancabile per chi vuole conoscere da vicino una musica che offre sempre opportunità di ascolto stimolanti. Le consuete tre serate (con possibilità di abbonamento) al Teatro Donizetti, da venerdì 18 a domenica 20 marzo, verranno precedute da un concerto ospitato al Teatro Sociale; e numerosi saranno gli appuntamenti che, sin da domenica 13, contribuiranno nell’insieme a diffondere i suoni del jazz per la città. Da non perdere la data del 17 marzo, al Teatro Sociale, dove il jazz italiano metterà in mostra uno dei suoi gioielli più preziosi: Franco D’Andrea, che presenterà il suo progetto “Traditions Today”, affiancato da due fra i più fantasiosi jazzisti italiani, il trombonista Mauro Ottolini e il clarinettista Daniele D’Agaro, e in qualità di special guest il formidabile batterista olandese Han Bennink.


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