IMQ Notizie 95

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Anno XXIX Numero 95 Dicembre 2011 IMQ, via Quintiliano 43 - MI

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ZIE NOTI VELENI IN ARIA

L’aria nella quale viviamo non è davvero un granché. E gli inquinanti che contribuiscono a peggiorarla sono purtroppo tanti. Pag. 2

LA “BUONA” RADIOATTIVITÀ Intervista al Prof. Guido Martinelli Direttore della SISSA di Trieste. Pag. 22

LEGGENDE METROPOLITANE: DA PRENDERE CON LE PINZE Intervista ad Alessandro Polichetti, Direttore Reparto Radiazioni non Ionizzanti - ISS. Pag. 26

COMUNICARE IL RISCHIO Intervista a Giancarlo Sturloni, Professore Università degli Studi di Trieste. Pag. 32

LA VITA CHE RESPIRO

STORIE DI QUALITÀ

PRIMO PIANO:

• Qualità dell’aria: il rapporto ISPRA • La vita che respiro: intervista al Prof. Michele Giugliano - Polimi • Il business dell’aria • Il cambiamento climatico

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M A G A Z I N E

• La ionorisonanza ciclotronica: gli ioni che fanno bene • Boschi italiani: poco valorizzati • Tagliare gli alberi: a volte fa bene • Sick Building Syndrome: se anche la casa si ammala P E R

U N A

• Costruire secondo natura: intervista al bioarchitetto • Quando il feng shui entra in casa • Proteggere il microclima • SPA: benessere dentro e fuori

V I T A

D I

Q U A L I T À

• L’hotel “qui si sana”

QUALITÀ DELLA VITA • • • •

Hobby: guardare le stelle Viaggi: magico Brasile Sport: pallacanestro, maestra di vita Salute: le allergie indoor E

S I C U R E Z Z A


IMQ NOTIZIE Anno XXIX Numero 95 Dicembre 2011 IMQ, via Quintiliano 43 - MI

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ZIE NOTI VELENI IN ARIA

LA VITA CHE RESPIRIAMO

L’aria con cui viviamo non è davvero un granché. E gli inquinanti che contribuiscono a peggiorarla sono purtroppo tanti. Pag. 2

LA “BUONA” RADIOATTIVITÀ Intervista al Prof. Guido Martinelli Direttore della Sissa di Trieste. Pag. 22

LEGGENDE METROPOLITANE: DA PRENDERE CON LE PINZE Intervista ad Alessandro Polichetti, Direttore Reparto Radiazioni non Ionizzanti - ISS. Pag. 26

Di Giancarlo Zappa

COMUNICARE IL RISCHIO

Intervista a Giancarlo Sturloni, Professore Università degli Studi di Trieste. Pag. 32

LA VITA CHE RESPIRO

STORIE DI QUALITÀ

PRIMO PIANO:

• Qualità dell’aria: il rapporto ISPRA • La ionorisonanza ciclotronica: gli ioni che fanno bene • La vita che respiro: intervista al Prof. Michele Giugliano - Polimi • Boschi italiani: poco valorizzati • Il business dell’aria • Tagliare gli alberi: a volte fa bene • Il cambiamento climatico • Sick Building Syndrome: se anche la casa si ammala I L

M A G A Z I N E

P E R

U N A

• Costruire secondo natura: intervista al bioarchitetto • Quando il feng shui entra in casa • Proteggere il microclima • SPA: benessere dentro e fuori

V I T A

D I

• L’hotel “qui si sana”

QUALITÀ DELLA VITA • Hobby: guardare le stelle • Viaggi: magico Brasile • Sport: pallacanestro, maestra di vita • Salute: le allergie indoor

Q U A L I T À

E

S I C U R E Z Z A

Numero 95 Direttore Responsabile Giancarlo Zappa Capo redattore Roberta Gramatica Progetto grafico Fortarezza & Harvey Impaginazione Joint Design s.a.s. Hanno collaborato Federico Cerrato Eliana De Giacomi Simon Falvo Giulia Girardi Velia Ivaldi Lorenzo Misuraca Walter Molino Beba Schranz Giacomo Selmi Paolo Subioli Direzione, Redazione, Amministrazione IMQ, Istituto Italiano del Marchio di Qualità Via Quintiliano 43 20138 Milano tel. 0250731 - fax 0250991500 mkt@imq.it - www.imq.it STAMPATO SU CARTA CERTIFICATA

Tutte le informazioni qui pubblicate possono essere liberamente riprese citando la fonte IMQ Notizie, trimestrale d'informazione sui problemi della sicurezza e della certificazione. Via Quintiliano 43 20138 Milano tel. 0250731 Direttore responsabile: Giancarlo Zappa Autor. Tribunale Milano n. 17 del 17/1/1981 Stampa: Mediaprint - Milano In conformità a quanto previsto dal D.lgs. 30 giugno 2003 n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), e fatti salvi i diritti dell'interessato ex ate. 7 del suddetto decreto, l'invio di IMQ Notizie autorizza I'Istituto Italiano del Marchio di Qualità stesso al trattamento dei dati personali ai fini della spedizione di questo notiziario.

Che bell’aria fresca, che aria di festa, ma anche oggi non è aria o vorrei cambiare aria. E ancora: aria fritta, essere per aria, mandare all’aria, prendere una boccata d’aria ... E si potrebbe continuare con i tanti modi di dire che hanno in comune la parola aria che, per noi, è anzitutto la vita che respiriamo. Nel luogo nel quale viviamo ma anche nella nostra casa e negli ambienti che frequentiamo. In questo nuovo numero di IMQ Notizie, dedicato all’aria, abbiamo voluto fare una carrellata di quanto succede sia all’aria aperta, sia al chiuso, dentro casa. Cercando di capire cosa davvero respiriamo, cosa c’è di buono e cosa di pericoloso dentro questa indispensabile miscela gassosa e quali siano le possibili problematiche correlate. Per saperne di più ci siamo fatti aiutare dagli esperti, da chi con l’aria lavora, che ci hanno aiutato a sfatare luoghi comuni e a conoscere nuovi aspetti interessanti. Abbiamo trattato anche del business dell’aria, in particolare della riduzione dei gas serra e dei crediti da essi derivanti che hanno dato vita a un vero proprio mercato e a una specifica borsa. Il nostro breve itinerario si chiude con l’intervista ad uno specialista nella comunicazione del rischio, per capire quanto sia importante, nel caso di situazioni di emergenza, gestire le informazioni e la comunicazione in modo trasparente. Per le “storie di qualità”, siamo entrati in un albergo di Milano, che da qualche tempo sta seguendo un interessante percorso basato sulla sostenibilità in termini di efficienza energetica e attenzione al microclima e alla salubrità delle strutture. Nella rubrica “qualità della vita”, un articolo è riservato ai numerosi osservatori naturali presenti in Italia, imperdibili per chi ama osservare il cielo e le stelle (aria nitida permettendo!). I consigli di viaggio sono dedicati al Brasile, mentre per lo sport Dan Peterson propone alcune utili regole che dalla pallacanestro possono essere trasferite anche nella vita di tutti i giorni. Per la salute abbiamo intervistato un allergologo per capire come comportarsi in caso di allergie ad agenti domestici inquinanti e composti tessili. Seguono infine i consigli per libri e musica e una divertente curiosità dedicata ancora all’aria. Auspicando che questo numero di IMQ Notizie contribuisca alla migliore conoscenza dell’aria che ci circonda, auguriamo una buona lettura.


SOMMARIO

IMQ NOTIZIE n.95

PRIMO PIANO 2

VELENI IN ARIA L’aria nella quale viviamo non è davvero un granché. E gli inquinanti che contribuiscono a peggiorarla sono purtroppo tanti.

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STRETTI STRETTI? NON FA BENE L’alta urbanizzazione non favorisce la qualità dell’aria - Il rapporto ISPRA.

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ROMA NON FA’ LA STUPIDA SULL’ARIA La “mal’aria” di Roma e degli altri capoluoghi di provincia italiani.

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LA VITA CHE RESPIRO Aria buona e aria cattiva. Come misurarla e come riconoscerla. Intervista a Michele Giugliano, Professore Ordinario di Inquinamento Atmosferico e trattamento delle emissioni in atmosfera del Politecnico di Milano.

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DIAMO I NUMERI Le tabelle di sintesi sull’aria.

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GUADAGNARE VENDENDO ARIA La certificazione dei VER e il mercato delle emissioni.

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NON CI SONO PIÙ LE STAGIONI DI UNA VOLTA Il cambiamento climatico globale è forse il maggiore di tutti i problemi. Ma perché stiamo facendo poco per contrastarlo?

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NOI CHE VIVIAMO NELLA RADIOATTIVITÀ (QUELLA BUONA) In natura c’è una radioattività che fa bene. Ce ne parla il Prof. Guido Martinelli, Direttore della SISSA di Trieste.

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LEGGENDE METROPOLITANE: DA PRENDERE CON LE PINZE Il punto della situazione su campi elettromagnetici e cellulari. Intervista ad Alessandro Polichetti, Direttore Reparto Radiazioni non Ionizzanti - Istituto Superiore di Sanità.

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COMUNICARE IL RISCHIO Una comunicazione errata aumenta disastro al disastro. Ma come va fatta, quali sono gli strumenti giusti, su cosa si deve basare? Intervista a Giancarlo Sturloni, Professore di Comunicazione del Rischio - Università degli Studi di Trieste.

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LA IONORISONANZA CICLOTRONICA Gli ioni e i campi elettromagnetici che ci possono curare.

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QUELLI CHE LAVORANO CON IL NASO

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BOSCHI ITALIANI, TANTO UTILI POCO VALORIZZATI Intervista a Bruno Ambrosini, Fondazione Italiana Accenture.

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TAGLIARE GLI ALBERI: A VOLTE FA BENE Perché con ambiente ed ecologia non si può fare di tutte le erbe un fascio.

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SE ANCHE LA CASA DI AMMALA La S.B.S. (Sick Building Syndrome). Intervista a Rita Dalla Rosa.

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COSTRUIRE SECONDO NATURA La bioarchitettura. Intervista al bioarchitetto Barbara Fornasir.

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QUANDO IL FENG SHUI ENTRA IN CASA

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CASA: QUANDO IL NEMICO CI GUARDA I consigli di Confabitare per una casa sana.

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IL BENESSERE DENTRO E FUORI Salubrità indoor anche nei centri benessere. Intervista alla Dr.ssa Serena Auletta.

STORIE DI QUALITÀ 68

HOBBY: GUARDARE LE STELLE VIAGGI: MAGICO BRASILE SPORT: PALLACANESTRO, MAESTRA DI VITA SALUTE: CASA DOLCE CASA - COME DIFENDERSI DALLE ALLERGIE INDOOR LIBRI, FILM, INTERNET

RUBRICHE

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HOTEL “QUI SI SANA” Sostenibilità e salubrità: una scelta etica, ma anche uno strumento di marketing. Intervista a Gianmario Bertini, General Manager Hotel Antares-Rubens di Milano.

QUALITÀ DELLA VITA 72 74 78 82 86

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Panorama News Brevi IMQ Appuntamenti IMQ Curiosità

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR

VELENI IN Potessimo fotografare i nostri polmoni, li troveremmo un po’ intristiti. Non più vestiti di bianco, come da appena nati, ma un po’ ingrigiti, perché, con molta probabilità, avrebbero voluto respirare qualcosa di diverso. E come dar loro torto? L’aria nella quale, in generale, viviamo, non è davvero un granché e gli inquinanti che contribuiscono a peggiorarla sono, purtroppo, tanti.

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IMQ NOTIZIE n.95

ARIA

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ome dentro un film: scena uno, esterno giorno. Camminiamo in un bosco, il cielo è limpido e respiriamo a pieni polmoni l’aria frizzante. Scena due, sempre esterno giorno. Questa volta però passeggiamo tra i vialetti di un parco cittadino. E i nostri polmoni si riempiono anche di un'imprecisata quantità di agenti inquinanti. Il finale del nostro cortometraggio ha i toni del grigio: perché di inquinamento, alla lunga, si può perfino morire e comunque si sta parecchio male; perché il danno provocato all’ambiente è enorme e si ripercuote direttamente sul nostro stile di vita e sulla nostra salute. L'aria pesante però non è, infatti e purtroppo, il titolo di un film: l’inquinamento atmosferico - causato da un’alterazione della composizione naturale dell’aria con agenti chimici, fisici e biologici - è quanto di più lontano ci sia dalla finzione. E il nostro corpo è sì in grado di sopportare una certa dose di inquinanti e di elementi estranei alla nostra chimica corporea (espulsi poi - brutto a pensarsi anche se è quello che accade - con secrezioni varie), ma l’intossicazione, per inalazione o contatto, sul lungo periodo può causare concreti danni alla nostra salute.

LA DIRETTIVA 2008/50/CE Le istituzioni europee sono particolarmente attente alla questione dell'inquinamento atmosferico. Con la Direttiva 2008/50/CE (recepita dal Governo Italiano nel luglio del 2010) hanno provato a definire i criteri e gli obiettivi con cui misurare e migliorare la qualità dell’aria, in modo da eliminare, o almeno ridurre, gli effetti nocivi per i cittadini e l’ambiente. Molta importanza è stata data anche alla comunicazione dei dati rilevati e all'informazione del pubblico e delle associazioni sugli sforamenti delle soglie di allarme, sui settori delle popolazioni eventualmente colpiti e sulle azioni preventive e raccomandate.

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR

Cause naturali e antropiche Le cause dell’inquinamento possono in realtà anche essere naturali: basti pensare agli ossidi di zolfo e al monossido di carbonio che sono liberati dalla forza di una esplosione vulcanica; o al particolato, al benzene e agli idrocarburi che possono scaturire dagli incendi boschivi. È però tristemente vero che le emissioni sono prevalentemente di natura antropica: la maggior parte degli inquinanti viene infatti prodotta da processi industriali come la lavorazione di materie plastiche, l’incenerimento dei rifiuti, la produzione di energia (le centrali termoelettriche o gli impianti termici), i grossi impianti siderurgici o il petrolchimico, oppure ancora dalla combustione di materiale fossile nei motori endotermici (e quindi dal traffico veicolare).

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Tipologia degli inquinanti Quale che sia l’origine, gli inquinanti emessi si classificano in primari e secondari. I primari sono agenti tossici pericolosi da subito, nella forma e nello stato in cui vengono emessi in atmosfera (un esempio può essere dato dall’anidride solforosa, che è prodotta dall’ossidazione dello zolfo nei processi di combustione); i secondari sono invece inquinanti che derivano dalla reazione degli inquinanti primari con altri elementi che funzionano da catalizzatori, spesso elementi “neutri” come l’ossigeno o la luce (un esempio di questi è l’ozono, che si forma dalla reazione degli inquinanti emessi da auto e industrie con la luce solare). Proprio la reazione con la luce del sole è uno degli elementi che caratterizza un processo particolarmente importante nella produzione di inquinanti secondari, cioè quello che avviene fra gli ossidi di azoto e gli idrocarburi. Il ri-

sultato è l’ossidazione del monossido di azoto a biossido di azoto e quella degli idrocarburi, con la produzione di azoto, e molti altri elementi chimici minori: nel complesso, il fenomeno che si verifica e l’insieme di elementi prodotti è conosciuto come smog fotochimico, uno degli inquinamenti più dannosi per l’ambiente e l’ecosistema. Gli inquinanti possono poi essere ulteriormente divisi, sulla base della concentrazione in atmosfera, tra macroinquinanti, che sono presenti nell’ordine dei milligrammi (mg) per metro cubo e sono a loro volta classificati come convenzionali (indicati cioè tradizionalmente nella legislazione di misura) e non convenzionali - e microinquinanti, presenti nell’aria in quantità nell’ordine dei nanogrammi (ng) per metro cubo. La lista degli inquinanti è lunga, lunghissima, ma alcuni dei più comuni, e citati dai giornali, sono facilmente


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CHI L’AVREBBE MAI DETTO? Non avremmo mai pensato che, guidando un autoveicolo, la principale fonte di inquinamento potesse essere rappresentata dall’usura dei freni e delle gomme delle ruote, e non dai gas di scarico. Eppure è vero. Provando ad analizzare il traffico di auto che circolano all’interno delle mura milanesi, è stato rilevato come, per la prima volta, l'usura dei freni abbia prodotto una quantità di PM10 maggiore rispetto a quella derivante dai gas di combustione. Quindi, se da un lato si sta cercando di limitare i danni all’aria che respiriamo ricorrendo sempre più a vetture elettriche ed ecologiche, dall’altro lato è cresciuto il problema delle pol©HANNA&BARBERA PRODUCTIONS INC veri derivanti da freni, pneumatici, asfalto. Prima che a Milano entrasse in vigore l’Ecopass (area a traffico limitato all'interno dei Bastioni), più del 50% per cento delle polveri proveniva dai gas di scarico delle auto, il 15% dalle gomme, il 21% dai freni e il 12% dal manto stradale. Con l’introduzione dell’Ecopass nel 2008, e il conseguente acquisto di auto meno inquinanti da parte dei cittadini, le cose sono notevolmente cambiate. I primi sei mesi del 2011 hanno infatti visto una drastica riduzione delle polveri prodotte dagli scarichi (dal 50 al 29%) ma un aumento delle altre fonti come i freni (passati dal 21 al 32%), le gomme (dal 15 al 22%) e il manto stradale (dal 12 al 18%). Il che non è poi tanto male dato che, fortunatamente, le polveri non provenienti dai gas di scarico sono meno inquinanti.

elencabili. Si può cominciare con il monossido di carbonio (CO), gas inodore e altamente tossico, che proviene prevalentemente dagli scarichi dei veicoli; poi si può continuare con monossido e biossido di azoto (NO e NO2), particolarmente importanti nella formazione dello smog fotochimico e prodotti dai processi di combustione - e quindi ancora da autoveicoli, centrali termoelettriche e riscaldamento domestico; e poi biossido di zolfo e anidride solforosa (SO2 e SO3), anch’essi prodotti dai processi di combustione, specialmente di combustibili con alti contenuti di zolfo, e tra le principali cause delle piogge acide; e ancora l’ozono, esempio classico di inquinante secondario, che ha i picchi massimi di concentrazione nei mesi estivi e, all’interno della giornata, nel primo pomeriggio, e produce effetti nocivi - non ancora del tutto studiati sull’apparato respiratorio. C’è poi il

particolato, particelle microscopiche solide o liquide che rimangono sospese in atmosfera e sono prodotte da attività industriali e - ancora una volta traffico veicolare. In questa classe rientra il particolato grossolano, che ha dimensioni maggiori di 10 micrometri, vita media in atmosfera molto bassa (da pochi minuti a poche ore) e poche probabilità di penetrare nell’apparato respiratorio umano; il famigerato PM10 - che ha una vita media che va da pochi giorni ad alcune settimane, ed è formato da particelle di dimensione inferiore ai 10 micrometri che hanno effetti nocivi molto seri sull’apparato respiratorio in quanto inalabile; ed i Pm di dimensione inferiore, PM2.5 e PM1 (rispettivamente con dimensione inferiore a 2.5 e 1 micrometro), chiamati polveri respirabili perché capaci di raggiungere la parte più profonda dei polmoni, fino agli alveoli, con conseguenti danni immaginabili. Nella ca-

tegoria dei microinquinanti troviamo poi il benzene e gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Il primo è il componente di base degli idrocarburi (idrocarburi aromatici, per la precisione): presente prevalentemente in inverno (quando il clima ne aumenta la persistenza in atmosfera) e prodotto da motori di automobili e caldaie, ha effetti anche letali sulla nostra salute, arrivando ad agire sul sistema nervoso centrale. Gli IPA, infine, sono i residui della combustione incompleta di sostanze organiche, come olio combustibile, gas, carbone e legno usati nella produzione di energia (sia elettrica sia termica) o nell’autotrazione; sono anch’essi prevalentemente rilevabili in inverno e si presentano come polveri microscopiche di diametro tale da permettere loro di raggiungere facilmente gli alveoli dei polmoni - e quindi sangue e tessuti - ed attivare le loro proprietà cancerogene. z

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR - RAPPORTO ISPRA

STRETTI-STRETTI?

NON FA BENE L’ALTA URBANIZZAZIONE NON FAVORISCE LA QUALITÀ DELL’ARIA. VEDIAMO PERCHÉ ATTRAVERSO IL RAPPORTO ISPRA 2011. STRETTI E SEMPRE PIÙ SOFFOCATI. Il 45% degli italiani abita in zone ad alta urbanizzazione, oltre 27 milioni di persone vivono nelle città. Questi numeri hanno a che fare direttamente con la qualità ambientale del territorio: lo dimostrano i dati raccolti dall'Ispra, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che ogni anno pubblica il rapporto sulla qualità ambientale urbana in Italia. 6


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I dati Ispra confermano che Napoli è la città con maggior densità (8.211 abitanti per km2) seguita da Milano e Torino, mentre alla coda opposta della classifica c'è Sassari con appena 239 abitanti per km2.

Rifiuti e aree contaminate

ell'edizione del 2011, la settima, è possibile scorgere l'andamento della salute ambientale del nostro paese, come spiega Roberto Caracciolo, direttore del dipartimento Ambiente dell'Ispra: “Evidentemente tutte le iniziative assunte dalle amministrazioni a vario livello negli ultimi anni hanno prodotto dati di miglioramento, ma in molti casi siamo ancora ben lontani dagli obiettivi minimi di salubrità ambientale”. Caracciolo non nega però gli avanzamenti: “Vent'anni fa, la situazione era decisamente peggiore. Si parlava, ad esempio, di piogge acide, che avevano effetti dannosi sull'ecosistema. Erano causate dal fatto che nei nostri combustibili c'era una presenza elevata di zolfo. Oggi il livello di zolfo è bassissimo”.

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Le conseguenze del cemento Ci sono poi settori che hanno ancora bisogno di una legislazione più precisa. “Ad esempio - spiega Caracciolo - c'è

ancora tanto da fare con la cosiddetta cementificazione, la sottrazione di suolo per l'urbanizzazione”. La costruzione di edifici e di infrastrutture di comunicazione causa l'impermeabilizzazione del suolo, con l'effetto che le falde sottostanti non possono ricaricarsi, oltre ad inquinarsi per effetto degli autoveicoli. Tra le città con un maggiore consumo di suolo ci sono Napoli, Torino, Bergamo e Padova, con più del 40% di territorio comunale impermeabile. Al contrario, la più verde da questo punto di vista è Foggia. “Ma operare in questo settore - sostiene l'esperto dell'Ispra - è più complesso rispetto alla riduzione di emissioni. Servirebbe un modello di sviluppo ordinato delle aree urbane. A Roma, ad esempio, nascono quartieri nuovi senza che ci si preoccupi dei relativi servizi di urbanizzazione”. E allo stesso tempo più densità di popolazione significa minor qualità ambientale, perché aumentano gli scarichi, i rifiuti e le emissioni degli autoveicoli e del riscaldamento abitativo che insistono sullo stesso territorio.

Il report dell'Ispra monitora anche i siti contaminati di interesse nazionale, rilevandone 37 in 29 città. “A Napoli il problema riguarda soprattutto la parte Est, a Portici, zona di acciaierie e altre attività industriali. A Roma, invece, c'è il caso di Malagrotta, che non è solamente la discarica. In quell’area c'è anche un inceneritore e si smaltiscono rifiuti ospedalieri. Sono tutte zone in cui avviene una contaminazione del suolo e del sottosuolo. In alcuni casi per bonificare l'area bisogna scorticare una quantità enorme di terreno, con grandi costi”. L'Ispra mette anche in rilievo la distanza media che persiste tra raccolta differenziata al Nord e al Sud. Ai picchi massimi del 70%, come a Novara, si contrappongono minimi come il 2,9% di Messina. “Non è soltanto una differenza di efficienza del sistema, ma di capacità di creare un indotto, un ciclo in cui ci sia anche un luogo dove collocare la raccolta differenziata. Al Nord questo processo è iniziato prima” aggiunge Caracciolo.

Controllo emissioni, Italia in ritardo L'anno scorso, nelle aree urbane del bacino padano, sono stati superati i limiti normativi per il PM10, per il diossido d'azoto e per l'ozono. Questi due gas hanno sforato i limiti anche nelle aree urbane del resto d'Italia, e nonostante ciò si registra qualche passo avanti: “Negli ultimi anni le emissioni di gas climalteranti, come la CO2, e di particolati tossici, come il PM10, sono diminuite” spiega il direttore dell'Ispra. “Purtroppo non soltanto a causa dei provvedimenti presi dalle autorità, ma anche per la crisi economica che ha rallentato produzione e consumo. In ogni caso, rispetto agli obiettivi di Kyoto, che non riusciremo a raggiungere, e quello della riduzione del 20% di emissioni entro il 2020 imposto dall'Ue, non siamo ancora in una situazione ottimale”. z 7


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR

ROMA

NON FA’ LA STUPIDA SULL'ARIA uando si parla di Roma, la città eterna, è difficile fare paragoni con altre città italiane, anche in termini di qualità ambientale. La capitale è una realtà complessa, fatta di quartieri da soli popolosi come grandi città e con un'estensione territoriale che ha pochi paragoni in Europa. Per capirci basta partire da un dato: nel 2011 Roma ha registrato una popolazione residente di 2 milioni e 761mila abitanti, seguita a distanza da Milano (1 milione e 324mila) e Napoli (959mila abitanti). Una metropoli mediamente dieci volte più grande di tante altre “grandi città” italiane, come Bologna, Bari, Venezia. Eppure, anche se al soffio del ponentino le si perdona tutto, l'aria di Roma fa un po’ troppo la stupida, e non per una sera sola. Lo dicono i dati contenuti nel rapporto Ecosistema urbano 2011, curato da Legambiente, Ambiente Italia e Sole 24 Ore, che ogni anno confronta la qualità ambientale dei capoluoghi italiani. Sommando 25 indicatori - tra cui le politiche ambientali e le energie rinnovabili, la raccolta differenziata e la produzione di rifiuti, le azioni per la mobilità sostenibile, le emissioni inquinanti - la capitale si posiziona al decimo posto nella classifica delle 15 città più popolose. Entrando nello specifico, Roma è una delle città italiane con più automobili per abitante, per la precisione il tasso di motorizzazione è pari a 69 veicoli ogni 100 abitanti, peggio fa solo Catania. “Le ultime rilevazioni Aci hanno messo in evidenza che a Roma circolano un milione e 900 mila autovetture - sottolinea Marco Visconti, assessore all'Ambiente di Roma - con riflessi diretti sull’ambiente in termini di qualità dell’aria e di produzione di CO2, responsabile del cambiamento climatico”. A Roma, la concentrazione nell’aria di biossido di azoto (NO2) costituisce, insieme al particolato sottile (PM10) e all’ozono, uno tra i maggiori problemi con cui l'amministrazione deve confrontarsi. La media dei valori medi annuali delle emissioni di NO2 nella capitale è di 54,1 microgrammi/m3, ben al di sopra del limite nazionale previsto per il 2010 di 40 microgrammi/m3. Quest'ultima è la stessa soglia di emissioni non nocive consentite dalla Comunità europea per il PM10. In questo caso, invece, Roma rimane al di sotto della soglia di allerta, con valori medi annuali di 30,7

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microgrammi/m3. L'assessore Visconti però racconta i progressi fatti negli ultimi anni: “Ama (società di raccolta rifiuti) dal 2009 ha intrapreso azioni nella gestione del parco mezzi per limitare le emissioni di CO2 col rinnovamento del 30% del parco veicoli. La flotta aziendale in servizio quotidianamente sul territorio cittadino conta attualmente su 149 mezzi a basso impatto ambientale, dei quali circa il 65% elettrici e quindi a emissioni “zero”. In questo modo siamo riusciti a ridurre del 36% le emissioni annuali di CO2 e del 60% le emissioni di particolato”. Altro capitolo da guardare con attenzione è quello relativo ai rifiuti. La situazione, tra l'altro, nella capitale è molto delicata, anche a causa della prossima chiusura dell'unica discarica attiva, quella di Malagrotta. Ebbene, la produzione di rifiuti è qui purtroppo ancora troppo alta: a Roma si producono 661 kg di immondizia pro capite, contro una media nazionale di 587,3 kg a testa. Il dato va senz'altro messo in re-

lazione alla politica romana rispetto al recupero e riciclo dei rifiuti. Il tasso di differenziata nella capitale si ferma a un 21,6%, molto poco per una capitale europea e ancora lontano da picchi di altre grandi città, come il 50,1% di Venezia. Passando alla mobilità, strettamente connessa con la qualità ambientale di una città, se Roma vanta un numero di passeggeri sui mezzi di trasporto pubblico per abitante tra i più alti d'Italia, 541, lo stesso vanto non può essere rimarcato per quanto riguarda le politiche a favore della mobilità a impatto zero. Sono poco estese le isole pedonali in città, solo 14 centimetri quadri per abitante, e non è tra le migliori la situazione per i ciclisti, con 1,68 metri equivalenti di piste ciclabili per 100 abitanti, con un indice di ciclabilità complessivo di 34,5 su 100. Molto meglio per Roma la quantità di verde urbano fruibile, che la piazza al sesto posto tra le grandi città, e di aree verdi totali, ambito nel quale Roma primeggia, con 3.650 metri2 per ettaro. Ci sono infine due dati che parlano da soli rispetto al grande lavoro che l'amministrazione comunale deve ancora fare riguardo alla sensibilizzazione delle persone che ogni giorno abitano la città: il consumo energetico e quello idrico. In entrambi i casi Roma “vince” la maglia nera con un consumo energetico annuo di 1.375 kWh per abitante (dati Istat) e con consumi giornalieri di acqua potabile pro capite per uso domestico pari a 234 litri (per avere un'idea, la media nazionale si ferma a 92,5 litri). Numeri che indicano come la strada verso un'alta qualità ambientale sia ancora lunga. z

MAL’ARIA 2011 Sono 48 i capoluoghi di provincia che nel 2010 hanno oltrepassato il limite giornaliero di 50 microgrammi/m3 di polveri sottili per più dei 35 giorni consentiti dalla legge. I dati sono contenuti nel dossier Mal'Aria 2011 di Legambiente, realizzato in collaborazione con il sito www.lamiaaria.it. Ai primi posti per il PM10, Torino e Frosinone con 134 e 108 superamenti. Seguono Asti (98), Lucca (97), Ancona (96) e Napoli (95). Leggendo il dossier di Legambiente appare chiaro che nel nostro Paese l'emergenza smog è cronica. La maglia nera dei comuni che hanno superato più volte i limiti previsti è spalmata sulla Pianura Padana, dove si sono concentrati 30 dei 48 capoluoghi fuorilegge. Livelli d’inquinamento elevati, e sostanzialmente in-

variati rispetto agli anni precedenti, anche per gli ossidi di azoto e i microinquinanti come il benzo(a)pirene, potente cancerogeno presente anche in città industriali come Trieste e Taranto o altre in cui il traffico è il principale responsabile dell’inquinamento come Padova, Milano e Torino. Un quadro preoccupante confermato anche dai dati diffusi dall’Agenzia Europea per l’Ambiente, che vede ai primi posti della classifica delle città più inquinate, Torino, Brescia e Milano, sopravanzata solo da Plovdiv, in Bulgaria. E, puntuale, dalla Commissione europea è arrivato a Roma un monito formale, con il deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia per non aver rispettato i parametri previsti dalla direttiva sulla qualità dell’aria. Un provvedimento che riguar-

da un’area molto estesa del nostro Paese: oltre 52mila km2, distribuiti in 15 regioni e 2 province autonome, in cui vivono oltre 30 milioni di persone. Secondo il dossier di Legambiente la principale fonte d’inquinamento urbano deriva dai trasporti, responsabili del 50% delle polveri sottili a Roma e dell’84% degli ossidi di azoto a Napoli. Poi c'è l'impatto dell’industria siderurgica e petrolchimica, che produce il 75% degli ossidi di zolfo (SOx), il 31,5% degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e il 28,8% delle polveri sottili (PM10). Se si aggiungono le emissioni prodotte dai riscaldamenti domestici (il 18,7% delle polveri sottili e il 46% degli idrocarburi policiclici aromatici), il quadro delle cause della scarsa qualità dell’aria è completo. 9


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR E ARIA

LA VITA

CHE RESPIRO

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a prima legge “antismog” del nostro paese viene approvata nel 1966 con l’obiettivo di combattere l'inquinamento atmosferico. Da allora tante cose sono cambiate: da un lato sono aumentati i divieti e i controlli sulla qualità dell’aria che vengono regolamentati dalla normativa europea, i combustibili sono migliorati e le politiche ambientali messe in atto sono sempre più incisive. Dall’altro lato, però, il numero delle automobili che circolano per le nostre strade è enormemente cresciuto e gli impianti di combustione fissi aumentati in numero e in potenza, tanto da diventare tra le prime cause dei fenomeni di inquinamento atmosferico e di potenziali alterazioni globali del clima. Dunque, siamo al punto di partenza? No di certo. Oggi non solo si registrano, in termini di qualità dell’aria, significativi miglioramenti rispetto alle condizioni passate, ma si è in possesso di conoscenze importanti per raggiungere traguardi ancora più ambiziosi, disponendo naturalmente di adeguate risorse. Non altrettanto significativi, invece e purtroppo, sono i miglioramenti nelle emissioni di gas serra (potenziali cause del cambiamento climatico globale), per i quali sono indispensabili, oltre che imponenti risorse, strategie globali, condivise soprattutto dai Paesi emergenti che, attualmente, insieme agli Stati Uniti d’America sono i più grandi consumatori di energia proveniente da combustibili fossili.

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Michele Giugliano

È BUONA O È CATTIVA? PUÒ ESSERE PERICOLOSA PER LA MIA SALUTE? COME E IN BASE A QUALI PARAMETRI SI QUALIFICA? COSA È POSSIBILE FARE PER MIGLIORARLA? STIAMO PARLANDO DI ARIA. DI QUELLA CHE RESPIRIAMO E CHE CI PERMETTE DI VIVERE. ANCHE SE, SPESSO, NON BENE COME VORREMMO. PER CONOSCERLA MEGLIO E SAPERNE DI PIÙ, ABBIAMO FATTO QUALCHE DOMANDA A MICHELE GIUGLIANO, PROFESSORE ORDINARIO DI INQUINAMENTO ATMOSFERICO E TRATTAMENTO DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DEL POLITECNICO DI MILANO.

consentiti dalla normativa, le Regioni devono attuare dei piani di risanamento. I parametri di riferimento vengono continuamente aggiornati sia sulla base delle disponibilità tecnologiche per il controllo delle emissioni, sia sulla base di informazioni che derivano dai risultati di indagini epidemiologiche. Normalmente vengono monitorati: l’anidride solforosa (SO2), il biossido d’azoto (NO2), le particelle fini PM10 e PM2.5, il monossido di carbonio (CO), il benzene (C6H6) e l’ozono (O3). Com’è l’aria in Italia? Ci sono aree in cui “si respira meglio” e zone invece potenzialmente pericolose per la salute? In tutta Europa ci sono molte zone in cui i valori standard, diffusi dalla normativa, non vengono ancora rispettati e per le quali sono predisposti piani di risanamento. Nelle aree in cui questi piani di risanamento non sono ritenuti idonei dall’Europa purtroppo è il caso della nostra Pianura Padana che, a causa di una congiuntura sfavorevole di meteorologia e densità di fonti, risulta essere una delle zone più sfavorite - partono procedure di infrazione che prevedono multe anche pesantissime. L’Italia è sotto procedura perché i suoi piani di risanamento non sono stati finora giudicati idonei.

Cosa prevedono le strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici? In questo caso non si tratta di conIn base a quali parametri si sta- trollare i parametri di cui abbiamo bilisce che la qualità dell’aria è parlato finora, che hanno effetti diretti sulla salute e sulla buona o pessima? vegetazione su scala loI parametri sono le conQuando cale. centrazioni limite dei diSi tratta di controllare le versi inquinanti, formulai valori di questi ti nelle direttive europee parametri superano emissioni dei gas climale poi recepiti nelle nor- quelli consentiti dalla teranti come l’anidride carbonica, il metano, il mative degli Stati mem- normativa, le regioni protossido di azoto ed bri. Con essi si confrontadevono attuare anche l’ozono troposfeno i dati rilevati dalle vadei piani di rico, nel duplice ruolo rie stazioni di misuraziorisanamento della di inquinante tossico e ne dell’Arpa. Quando i qualità dell’aria. gas climalterante. Le valori dei parametri mistrategie di mitigazione surati superano quelli 11


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR E ARIA

puntano alla riduzione dell’uso di combustibili fossili e quindi delle emissioni di anidride carbonica fossile nell’atmosfera, allo sviluppo di energie alternative rinnovabili quali l’eolico, il solare e le biomasse. Quando si bruciano le biomasse si emette anidride carbonica già inserita nel ciclo naturale, che non rappresenta un’aggiunta per il contenuto normale dell’atmosfera; quando invece si bruciano combustibili fossili (carbone, petrolio o gas naturale), si immette nell’atmosfera nuova anidride carbonica che va ad aumentarne il contenuto globale con conseguente aumento della temperatura dell’atmosfera stessa.

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Quanto dobbiamo preoccuparci di ciò che respiriamo? Le preoccupazioni si sviluppano su due fronti: uno a livello locale, come nel caso della Pianura Padana dove il problema è il superamento dei limiti; l’altro, più preoccupante perché non si intravede ancora alcuna tendenza verso la riduzione, è legato ai gas serra le cui emissioni mondiali sono aumentate, nel 2010, di circa 6%, nonostante gli impegni nei diversi protocolli internazionali. Secondo lei come sarà l’aria tra vent’anni? L’aria migliorerà a livello locale, grazie al continuo rinnovo dei parchi cir-

colanti con veicoli sempre più puliti, all’utilizzo di combustibili sempre meno inquinanti e al risparmio energetico sempre più efficiente. Invece, la battaglia dei gas serra è ancora tutta da affrontare: a fronte di comportamenti virtuosi come quelli europei che realizzano risparmi energetici con tecnologie sempre più avanzate, ci sono Paesi come l’India e la Cina in cui le centrali a carbone sono in piena diffusione. Allo stato attuale le riduzioni che si registrano nei paesi occidentali vengono largamente superate dalle emissioni prodotte dai paesi emergenti. Servono in realtà grandi investimenti da trasferire ai paesi emergenti per impe-


dire che percorrano la via dello sviluppo senza i grandi guasti che hanno invece caratterizzato lo sviluppo industriale dei Paesi cosiddetti avanzati. Oggi si parla di politiche ambientali, green economy, piani d’azione (anche aziendali) a sostegno dell’ambiente. Quanto tutto questo può servire a contrastare l’inquinamento dell’aria? Tutto questo è molto positivo! Non dobbiamo aspettare che i diversi Paesi si mettano d’accordo tra di loro, ognuno può fare la sua parte. Se con un “carpool” si riesce a far circolare meno macchine è bene farlo, ognuno nel suo piccolo può contribuire. Il problema è molto complesso, quindi i singoli cittadini, le aziende e naturalmente gli Stati vi possono contribuire; l’importante è che ci sia una cultura e una consapevolezza diffusa sulla necessità di risolvere il problema. Esiste una psicosi da aria malata? Se sì, quanto incide sul nostro benessere e come prevenirla? Più che psicosi, esiste una tensione che fa bene, perché spinge i cittadini e le amministrazioni a darsi da fare. Deve essere uno stimolo a trovare risorse ma non deve degenerare in psicosi o isterie sterili che non portano a niente. Rispetto a tanti anni fa si nota sicuramente una certa attenzione e sensibilità nei confronti del tema; è bene però che questa tensione venga mantenuta perché sotto molti aspetti non ci siamo ancora, siamo ancora lontani dai risultati ottimali (soprattutto nelle grandi città del Nord Italia). Cosa sono le scie chimiche atmosferiche? La ritengo una di quelle preoccupazioni fantastiche che non trova alcun riscontro nella comunità scientifica seria. Da nessuna parte c’è traccia di queste problematiche. Pertanto, lascerei il tema ai dibattiti televisivi in z cerca di facili sensazioni!

Le scie chimiche tra scienza e “complotto” egli ultimi anni sulle scie chimiche ne sono state dette davvero di tutti i colori con il risultato di generare solo cattiva informazione e psicosi riguardo al fenomeno. Ma cosa sono realmente le scie chimiche? Come spiegato sul sito www.md80.it, le scie chimiche non sono altro che nuvole a forma di linee derivanti dalle emissioni vaporose degli aerei che volano ad alta quota, prodotte anche a causa della temperatura, dell’umidità e della conformazione dell’aria. Si tratta dunque di scie di condensazione (il nome tecnico è “contrails”), composte da minuscoli cristalli di ghiaccio. I motori a reazione degli aerei emettono, durante la combustione del carburante, una grande quantità di vapore acqueo nell’aria circostante assieme a particelle minuscole (aerosol) che formano una superficie sulla quale possono formarsi delle piccole gocce d’acqua. Le contrails nascono proprio quando queste gocce gelano all’istante formando una lunga scia formata da aghi di ghiaccio. La durata delle contrails dipende dall’umidità: se c’è poca umidità le scie evaporano rapidamente (in questo caso si parla di scie di corta durata), se ce n’è molta la scia potrebbe durare anche diverse ore (scia persistente) ed espandersi in larghezza e in altezza fino a rassomigliare a una nuvola. Dunque si tratta semplicemente di nuvole bianche di vapore, i cui unici “pericoli” sono rappresentati dalla lieve schermatura della luce solare a svantaggio del calore respinto e dalla difficoltà nella navigazione aerea a vista. E per quanto queste “nuvole di vapore” possano persistere o dilatarsi si comporteranno esattamente come qualunque altra nuvola in cielo, evaporando, dissolvendo, cambiando forma e dimensioni a seconda delle correnti dell’aria, nient’altro. Tuttavia, l’osservazione di queste “misteriose nuvole” ha dato origine, soprattutto a partire dalla metà degli anni ’90, a teorie complottiste secondo le quali le scie di condensazione sarebbero addirittura legate all’emissione di componenti chimici altamente dannosi spruzzati da alcuni aerei in volo per motivi sconosciuti. C’è chi pensa che le contrails rientrino in un piano globale di irrorazioni con ipotetiche sostanze clima-alteranti volutamente dannose per l’ambiente, per l’agricoltura e per l’uomo. Nessuna di queste teorie ha però mai trovato alcun credito presso la comunità scientifica, a causa della totale mancanza di riscontri empirici. Anzi, tutte le presunte prove dei sostenitori delle teorie complottiste sulle "scie chimiche" sono state smentite da piloti di linea, da meteorologi e da controllori di volo italiani e stranieri.

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR - TABELLA DI SINTESI

DIAMO

CO2

I NUMERI BREVE EXCURSUS SU VALORI E MODALITÀ DI MISURA DELL’ARIA

A leggere la lista degli inquinanti dell’aria segnalati dalle normative comunitarie e nazionali ci sarebbe quasi da smettere di respirare. Certo, almeno a livello teorico non è detto che proprio tutte le sostanze elencate siano presenti nell’aria che respiriamo, ma se si abita in una città, anche di media dimensione, è molto probabile averle già inalate: ossidi di zolfo (in particolare il biossido di zolfo), ossidi di azoto (monossido e biossido), monossido di carbonio, particolato atmosferico (l’ormai tristemente noto PM), e ancora benzene, idrocarburi, piombo, metalli pesanti e via andare. La normativa italiana però, modellata sul recepimento di diverse direttive Europee, qualcosa dice anche su come questi inquinanti debbano essere misurati per tenere sotto controllo la loro diffusione nell’aria e far sì che non vengano raggiunte o superate prima le soglie di allarme e poi i valori limite, anch’essi definiti per legge. Valori oltre i quali non è più garantita la protezione della salute degli esseri umani.

SO2

CH4

VALORI LIMITE E ADATTABILITÀ DELL'UOMO I limiti, per fortuna, non sono sempre gli stessi. O meglio: visto che l'uomo è un animale che tende (anche suo malgrado) ad adattarsi all'ambiente in cui vive, le soglie di tolleranza tendono a crescere. In sostanza: la qualità dell'aria cambia (in peggio), l'organismo umano soffre (spesso, in questi casi si ammala) ma nel tempo si adegua alle nuove condizioni. Di conseguenza, i livelli a cui deve scattare l'allarme vengono aggiornati con una certa regolarità, sulla base anche degli studi e delle evidenze raccolte in modo sperimentale mano a mano che la ricerca evolve. Naturalmente i valori di cui si parla sono nell’ordine dei milligrammi per metro cubo (10, nel caso di monossido di carbonio) o addirittura dei microgrammi per metro cubo (nel caso di ossidi, biossidi e particolati fini). Prendiamo ad esempio il biossido di zolfo, prodotto dalla combustione di prodotti organici di origine fossile che contengono zolfo, come il gasolio o il carbone, da parte di impianti di riscaldamento o centrali di generazione elettrica, il valore limite per la protezione della salute umana è stato fissato dalla legge in 350 μg/m3 da non superare più di 24 volte l’anno, che diventano 125 μg/m3 nelle 24 ore da non superare più di 3 volte l’anno, con una soglia di allarme di 500 μg/m3 misurati per 3 ore consecutive su un sito rappresentativo della qualità dell’aria su un area di almeno 100 km2. Le misurazioni previste dalla legge sono effettuate prevalentemente dalle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA). In Italia oggi ne esistono in tutto ventuno, divise tra agenzie regionali e provinciali, sono organizzate in modo federativo e fanno riferimento all’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Talvolta, in casi particolari, l'ARPA può chiedere il supporto di agenzie private. 14


IMQ NOTIZIE n.95

O3

COME SI MISURA LA QUALITÀ DELL'ARIA Le analisi e le misure vengono effettuate con metodi standardizzati e prevedono solitamente un campionamento dell’aria con frequenza oraria e l’utilizzo di strumenti specifici che determinano la concentrazione dei singoli inquinanti sfruttando principi analitici caratteristici. Un analizzatore è costituito da una pompa che aspira l'aria e ne immette una parte in una piccola camera, detta “cella di misura” che contiene una serie di sofisticati dispositivi che funzionano secondo i principi di spettroscopia a raggi infrarossi non dispersiva, fotometria e fluorescenza ultravioletta, chemiluminescenza, gravimetria o spettrometria ad assorbimento atomico.

PM

LE FONTI NORMATIVE Tutti i metodi per la valutazione degli inquinanti (come biossido di zolfo, ossidi di azoto, monossido di carbonio) sono descritti nel Decreto Legislativo 155/08, a sua volta recepimento della Direttiva Europea 2008/50/CE, che “istituisce un quadro normativo unitario in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente”; nello stesso decreto vengono anche definiti i valori di riferimento aggiornati, utili a valutare la qualità dell’aria e definire obiettivi che servono a prevenire o ridurre danni alla salute umana o all’ecosistema nel suo complesso.

NO2

C6H6

COME ORIENTARSI TRA LE NORMATIVE Norme nazionali, europee e internazionali. E poi regolamenti, direttive, commissioni, gruppi operativi e le rispettive sigle, una per ogni denominazione delle rispettive norme: ISO sono quelle internazionali, EN quelle europee e UNI quelle italiane. Insomma districarsi tra le disposizioni che governano la lotta all'inquinamento dell'aria non è facile, anche perché le istituzioni che hanno voce in capitolo sono molte e di varia natura. Sia in Italia sia in Europa ci sono gruppi di lavoro che si occupano delle norme relative alla qualità dell’aria in ge-

nerale, della misura e dei metodi di campionamento e gruppi dedicati invece agli aspetti relativi agli impianti per il trattamento delle emissioni. Le decisioni finali e le conseguenti linee guida sono prese dagli organismi internazionali, rispetto ai quali l'Europa e i singoli Stati membri adeguano le proprie normative. Per avere un quadro normativo aggiornato e completo il riferimento istituzionale è il sito dell'Unione Europea, che dedica alle norme sull'inquinamento atmosferico una specifica sezione all'indirizzo http://europa.eu/legislation_summaries/environment/air_pollution/index_it.htm. 15


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR - IL BUSINESS DELL’ARIA

RIDURRE LE EMISSIONI INQUINANTI IN ARIA? FA BENE. A NOI, AL PIANETA E ANCHE AL NOSTRO PORTAFOGLI. PERCHÉ QUELLO DELL’ARIA PULITA È DIVENTATO DI RECENTE ANCHE UN IMPORTANTE BUSINESS. E NON STIAMO PARLANDO DELL’ARIA DI MARE, RINCHIUSA DA QUALCHE CREATIVO BURLONE IN UNA PICCOLA LATTINA E VENDUTA A CARO PREZZO A TURISTI CREDULONI. MA DI UN VERO E PROPRIO AFFARE, DIETRO AL QUALE SI È ADDIRITTURA COSTITUITA UNA BORSA VALORI.

GUADAGNARE

VENDENDO ARIA ncora un paio di decenni fa erano in molti a contestare quello che oggi è un assunto condiviso da tutti: le emissioni di inquinanti in atmosfera causano danni diretti all’ambiente e agli esseri umani. In particolare alcune emissioni derivanti da attività antropiche, sono anche una delle cause del cambiamento climatico in atto, quello che viene comunemente imputato al biossido di carbonio (CO2). In realtà,

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sebbene per convenzione la comunità scientifica e amministrativa internazionale sia arrivata a definire l’unità di CO2 come il riferimento con cui misurare le emissioni, molti sono i cosiddetti gas ad effetto serra - gas come il metano, l'ossido di diazoto, gli idrofluorocarburi (HFC), l’esafluoruro di zolfo (SF6) e altri che formano un filtro permeabile ad alcuni raggi solari, trattengono parte del calore irradiato dalla superficie della ter-

ra, contribuendo a innalzare la temperatura dell'atmosfera terrestre. Il Protocollo di Kyoto Le Nazioni Unite, e poi la Comunità Europea, hanno provato a mettere un freno alle emissioni con l'ormai noto pacchetto di norme e disposizioni conosciuto come Protocollo di Kyoto. Tra le altre cose, nell’Unione Europea è stato implementato in modo obbligatorio (Di-


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rettiva ETS) un meccanismo flessibile di mercato, detto di Cap and Trade. In sostanza, il sistema prevede che sia fissato un limite massimo alle emissioni per ciascun partecipante (il Cap), e che vengano quindi emessi dei diritti di emissione e dei certificati per la loro riduzione, che possono essere scambiati (ecco la parte di Trade) tra i partecipanti. Il mercato volontario Parallelamente al mercato obbligatorio, per favorire interventi di soggetti non obbligati - si tratta prevalentemente di imprese e privati che intendano migliorare il proprio impatto ambientale e portare benefici concreti all’ambiente, così come attirare maggiori interessi da parte degli investitori - si è creato un mercato volontario di crediti di CO2, che vive al di fuori degli schemi obbligatori. In questo vengono trattati certificati VER (Verified Emission Reduction), ovvero crediti volontari di riduzione e/o aumento della rimozione delle emissioni, generati da particolari progetti quali, ad esempio, installazioni di microimpianti idroelettrici o impianti eolici, forestazioni o riforestazioni di zone degradate e così via. Un credito VER corrisponde ad una tonnellata di CO2-equivalente e viene generato quando il progetto contribuisce ad una riduzione delle emissioni nell’ambiente rispetto una situazione di baseline di tipo Business As Usual (BAU). Ad esempio, se le emissioni dell’equivalente scenario BAU fossero state di 100 tCO2e/anno e dopo l’intervento si riducessero a 70 tCO2e/anno, sarebbero stati generati 30 crediti VER che potrebbero essere venduti sul mercato volontario per permettere ad altre aziende di compensare le proprie emissioni. La verifica di riduzione delle emissioni viene effettuata da enti certificatori che convalidano le stime delle effettive riduzioni di emissioni per la generazione dei crediti. Il procedimento di quantificazione e stima è caratterizzato da requisiti di

controllo e verifica più tolleranti rispetto al mercato obbligatorio sebbene anche il volontario possa seguire requisiti molto stringenti e accurate metodologie di calcolo come quelle disposte dalle Nazioni Unite (in particolare l’UNFCCC, l’organismo posto a controllo dei cambiamenti climatici) per il mercato obbligatorio. A differenza di quest’ultimo, però, in cui la validazione e la verifica delle emissioni è effettuata mediante un unico standard definito dall’UNFCCC, gli standard del mercato volontario sono svariati e diversi tra loro nei tipi di interventi cui si rivolgono, negli iter procedurali di valutazione e negli obiettivi che vogliono perseguire. Alcuni standard sono stati sviluppati a livello internazionale, come lo standard ISO 14064-2 e il GHG (GreenHouse Gas) Protocol for Project Accounting. Altri, come il Gold Standard e il VCS (Voluntary Carbon Standard) sono stati ampiamente accettati dai mercati ambientali. Altri ancora sono stati creati appositamente per i progetti di forestazione come Plan Vivo. Ci sono anche standard che non misurano le riduzioni delle emissioni, ma accertano che i progetti sviluppati posseggano dei co-benefit oltre a non essere sviluppati come BAU. Questo è il caso del Climate, Community and Biodiversity Alliance (CCBA), uno standard che misura solamente i co-benefit derivanti da progetti volontari: ad esempio, l’installazione di piccoli forni alimentati a biogas o l’installazione di microimpianti idroelettrici in alcune aree africane. Un sistema che consente alle popolazioni locali di beneficiare di servizi che mirino allo sviluppo e di farlo anche in maniera sostenibile, proteggendo l’ecosistema ed evitando di installare impianti più nocivi e poco lungimiranti dal punto di vista ambientale. Un aspetto, questo appena descritto, che qualifica ulteriormente i crediti poiché aggiunge all’aspetto ambientale un z aspetto etico.

LE BORSE DEI VER* Gli scambi di crediti VER avvengono sui mercati regolamentati (circa il 10% del mercato su Climex e CTX-Carbon Trade Exchange) oppure sui mercati non-regolamentati OTC-Over the Counter (la maggior parte, 90%) e la forbice dei prezzi di ciascun credito VER oggi come oggi varia fra 1,50€ fino a 13€. Il range dei prezzi così ampio è dovuto principalmente ai tipi di standard utilizzati (un credito certificato secondo uno standard più stringente avrà un prezzo maggiore rispetto ad uno standard più tollerante in cui la verifica delle emissioni ha dei costi minori), in secondo luogo al tipo di progetto, alla durata del progetto e da quanto tempo è attivo. La procedura di acquisto crediti è la seguente: • un’azienda o un ente quantifica le emissioni prodotte dalla propria organizzazione • individua i crediti che possono compensare queste emissioni (tutte o in parte) • individua un progetto che vuole supportare • acquista il numero di crediti necessari a compensare totalmente o parzialmente le emissioni dell’organizzazione, direttamente sul mercato regolamentato o attraverso brokers del mercato ambientale • i crediti acquistati vengono quindi ritirati dal mercato e annullati. Nel 2010 il volume trattato è arrivato a 131 milioni di tonnellate equivalenti di CO2, il 34% in più rispetto all’anno precedente, anche se il prezzo medio del credito è calato da 6,5 a 6 dollari per tonnellata di CO2e, con un valore totale di certificati volontari di 424 milioni di dollari. Le stime per gli anni successivi sono costantemente in aumento fino a 1,6 miliardi di quote stimate nel 2020. Sicuramente un mercato in crescita, dunque, anche se ancora giovane, caratterizzato dall’assenza di un quadro normativo certo e di una regolazione ben definita, elementi in realtà auspicabili per una crescita sostenibile e armonica del mercato stesso, che offre però - o forse proprio per questo - una maggiore flessibilità rispetto ai meccanismi “ufficiali” e obbligatori del Protocollo di Kyoto. *ARTICOLO REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DI AITHERCO2, SOCIETÀ DI SERVIZI FINANZIARI NEL MERCATO AMBIENTALE ED ENERGETICO MONDIALE. WWW.AITHERCO2.COM/ITA/

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR E CLIMA

NON CI SONO PIÙ

LE STAGIONI DI UNA VOLTA IL CAMBIAMENTO CLIMATICO GLOBALE È FORSE IL MAGGIORE DI TUTTI I PROBLEMI CHE L'UMANITÀ ABBIA MAI AVUTO NELL'ERA MODERNA, MA IL PARADOSSO È CHE NON STIAMO FACENDO QUASI NIENTE PER CONTRASTARLO. PERCHÉ? VEDIAMOLO INSIEME.

l riscaldamento globale prima era solo un argomento per specialisti, poi per ambientalisti, poi è diventato un tema popolare, uno di quelli che ha contribuito a insinuare quel senso di precarietà e di ansia, tanto presente nella popolazione mondiale in questo inizio secolo. Il pianeta che bolle, oggi, non è più una minaccia, ma una realtà di cui ognuno di noi può fare direttamente esperienza, soprattutto a causa delle sempre più frequenti alluvioni - le conseguenze più visibili e devastanti - che hanno cominciato ad interessare anche l'Italia. Il fenomeno è stato “certificato” dalla Commissione Intergovernativa sul Cambiamento Climatico (IPCC), massimo consesso mondiale di 3 mila esperti sul clima, chiamati dall'Onu a valutare tutta l'informazione disponibile sui cambiamenti climatici. Secondo l'IPCC, la temperatura media del pianeta, durante gli ultimi 100 anni, è aumentata da un minimo di 0,2 e un massimo di

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0,7 gradi centigradi e la maggior parte di tale riscaldamento “è molto probabilmente da attribuire all'incremento osservato delle concentrazioni di gas serra di origine umana". L'effetto già visibile è un aumento della frequenza e dell'intensità di eventi estremi, quali alluvioni, siccità, ondate di caldo e di gelo. Poi c'è la diminuzione dei ghiacciai, lo scioglimento delle calotte polari e il conseguente aumento dei livelli degli mari. Reazioni deboli L'umanità ha reagito, finora, solo con qualche misura di contenimento. Nel 1997 le Nazioni Unite hanno concordato il Protocollo di Kyoto, accolto da oltre 160 nazioni (ma senza gli Stati Uniti), il quale prevede la riduzione di almeno il 5 per cento delle emissioni inquinanti, facendo ricorso a un meccanismo di scambio di "quote inquinamento" (Emissions Trading) tra paesi più ecologici e paesi più inquinanti. Nel suo piccolo, l'Unione Europea ha fissa-

to una serie di obiettivi vincolanti per i propri Stati membri, col fine di aumentare del 20 per cento l'efficienza energetica, ridurre del 20 per cento le emissioni di gas serra e portare al 20 per cento la quota di energie rinnovabili sul totale di approvvigionamento energetico (l'ormai celebre formula del 20-2020). E noi, gente comune, abitanti del villaggio globale? Complessivamente non sembriamo avere ancora troppa consapevolezza del nostro ruolo nella riduzione dei gas serra e l'adozione generalizzata di comportamenti più virtuosi è ancora là da venire. Significativi, a riguardo, sono i risultati di una ricerca condotta dall'American Psychologial Association, che dimostrano - almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti - che la popolazione è tendenzialmente consapevole del problema (lo considera importante il 75-80 per cento), ma lo colloca ultimo in una gerarchia di 20 preoccupazioni, ben dopo la situazione economica o il ter-


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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR E CLIMA

rorismo, senza avvertire alcun carattere di urgenza. Gli ostacoli che si frappongono a una piena presa di consapevolezza del problema sono tanti: l'incertezza; lo scetticismo nei confronti dei messaggi di scienziati e governi; l'incredulità, rispetto al fatto che le attività umane abbiano tale potere sul pianeta; la sottovalutazione dei rischi reali; la mancanza di controllo che il singolo sente di avere su un problema così grande. Ma l'ostacolo maggiore, secondo il rapporto, è rappresentato dalle abitudini, una caratteristica del comportamento tra le più ardue da modificare, specialmente in tempi brevi. Che fare? I politici hanno bisogno di ricette efficaci da seguire, in un campo che non può contare su esperienze pregresse paragonabili. E gli psicologi dell'associazione statunitense un suggerimento ce l'avrebbero. Dopo aver deciso di puntare su un certo tipo di intervento (innovazione tecnologica, incentivi economici, regolamentazioni, ecc.), bisogna fare leva anche sugli aspetti psicologici. Ad esempio, un elettrodomestico a basso consumo energetico, esercita uno scarso fascino sul consumatore se i suoi effetti si vedono solo nella bolletta a fine mese. Molto meglio, invece, se il dispositivo rende subito evidente, al momento dell'uso, il risparmio ottenuto. Se vogliamo essere pessimisti (e di motivi ce ne sarebbero) e diamo per scontato che nei prossimi anni il fenomeno del riscaldamento globale continuerà a produrre effetti sempre più devastanti, dobbiamo chiederci anche quale potrebbe essere la reazione psicologica degli individui. Anche in questo, lo studio Usa ci fornisce un'ipotesi: la percezione dei cambiamenti climatici potrebbe generare ansia e paura, influendo negativamente la salute mentale delle persone. Ma sono possibili anche reazioni positive, cioè che la gente acquisisca un’inedita responsabilità collettiva, per un problema che è condiviso dall'umanità intera. z 20

LE PRINCIPALI VITTIME DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO? I BAMBINI Secondo un recente rapporto dell’UNICEF “Vulnerabilità dei bambini ai cambiamenti climatici e agli impatti delle catastrofi naturali in Asia Orientale e nel Pacifico” i bambini saranno tra i più colpiti dai cambiamenti climatici. Milioni di bambini in Asia orientale e nel Pacifico già soffrono della mancanza di accesso all’acqua pulita e a strutture igieniche adeguate, oltre a essere vulnerabili alle crisi alimentari e alle malattie. Il cambiamento climatico è destinato a peggiorare la situazione. Il rapporto dell’UNICEF presenta un’analisi dell’impatto del cambiamento climatico sui bambini dell’Asia orientale e nel Pacifico, basata sui risultati di cinque studi commissionati dall’UNICEF in Indonesia, Kiribati, Mongolia, Filippine e isole Vanuatu.

Mare che sale, isole che scompaiono n

Quella dell’Asia e del Pacifico è la regione al mondo più a rischio catastro-

fi: in quest’area si concentra il 70% di vite umane perse a causa dei disastri. n

Dal 1975 al 2008, l’Asia da sola ha avuto l’88% delle persone colpite da catastrofi a livello mondiale, il 61% dei decessi e il 47% dei danni economici.

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A livello globale, l’impatto del cambiamento climatico dovrebbe aumentare il numero dei bambini colpiti da calamità da circa 66,5 milioni l’anno (dato di fine anni '90) a ben 175 milioni l’anno nel prossimo decennio.

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In Mongolia, la frequenza di siccità, temporali, inondazioni e grandini è aumentata del 20% negli ultimi due decenni. 825 dei 5.128 fiumi e torrenti della Mongolia, 2277 delle 9.306 sorgenti e 1181 dei 3747 laghi e stagni si prosciugheranno nei prossimi 10 anni.

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Il livello del mare sta crescendo ad un ritmo di 3,9 millimetri l’anno per la regione di Kiribati (1992-2010) e di 5,6 mm all’anno per Vanuatu (1993 2009). Sulla base delle stime del livel-


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a causa dei cambiamenti climatici; piante molto nutrienti sono già diminuite di 1,5-2,3 volte dal 1940; è previsto che la mortalità degli animali aumenti tra il 40 e il 60 % entro il 2080.

lo del mare, la Banca Mondiale prevede che l’80% della superficie del Kiribati possa essere inondata dall’acqua del mare. n

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Un innalzamento del livello del mare corrispondente a un aumento della temperatura globale di 4°C potrebbe completamente sommergere stati insulari come Kiribati, Maldive e Tuvalu. L’agricoltura, vulnerabile al cambio della temperatura, a precipitazioni e alla salinità dell’acqua, rappresenta oltre il 50% dei mezzi di sussistenza nella zona dell’Asia e del Pacifico e una parte significativa del PIL per la maggior parte dei paesi. Le temperature (globalmente) sono aumentate in media di 0,74°C nel secolo scorso. Modelli climatici globali e regionali indicano aumenti di temperatura nelle zone dell’Asia e del Pacifico nell’ordine di 0,5-2°C entro il 2030 – ma il solo incremento di 1°C porterà a un calo nella produzione di riso in Thailandia stimabile tra il 6 e il 40% entro i prossimi 50 anni. In Mongolia si prevede che le aree con condizioni sfavorevoli per i pascoli aumentino dal 40 all’80% entro il 2080

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A Singapore un incremento di 1,5°C di temperatura dal 1978 al 1998 è stato correlato ad un aumento nel numero annuo dei casi di dengue [una febbre di origine virale, molto pericolosa per i bambini più piccoli] da 384 a 5.258.

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La disponibilità pro capite di acqua dolce nella regione dell’Asia e del Pacifico è la seconda più bassa al mondo, con 406 milioni di persone nelle aree rurali e 60 milioni delle aree urbane che vivono senza accesso all’acqua potabile.

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Circa 2.600 persone si sono trasferite dalle isole Carteret a Bouganville e in Papua Nuova Guinea, a causa dell'innalzamento del livello del mare.

Clima e malattie, interazione letale Le principali malattie killer dei bambini nel mondo sono collegate ai cambiamenti climatici. L’aumento delle tem-

perature influisce sull’aumento nei tassi di malnutrizione, colera, malattie diarroiche, febbre dengue e malaria. I bambini sono i soggetti più esposti al rischio di contrarre queste malattie e di morire a causa delle loro complicanze. «Coinvolgere i bambini nelle strategie di adattamento e riduzione dei disastri sarà fondamentale per il futuro. I bambini hanno straordinarie vedute prospettive sull’ambiente, e possono essere attori fondamentali per migliorare la capacità della comunità di affrontare i rischi del cambiamento climatico» ha commentato Anupama Rao Singh, Direttore regionale dell’UNICEF per l’Asia orientale e il Pacifico. «L’impatto del cambiamento climatico sulla vita e sul benessere dei bambini sono reali e le politiche e le decisioni prese oggi indicheranno la strada per gli anni a venire» ha aggiunto Rao Singh. «Ora è il momento di mettere in atto strategie di adattamento in grado di assicurare che i rischi specifici per i bambini siano contenuti.» La ricerca è stata curata dal gruppo editoriale Reed Elsevier, che opera in partnership con la comunità scientifica globale e pubblica su molte importanti riviste, tra cui Lancet e New Scientist. 21


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR E RADIOATTIVITÀ

NOI,CHE VIVIAMO NELLA

RADIOATTIVITÀ (QUELLA BUONA)

EHI, TU, LETTORE: LO SAI CHE MENTRE STAI LEGGENDO, DEI RAGGI COSMICI TI STANNO INVESTENDO DI RADIOATTIVITÀ? E NON SIAMO IN UN FILM DI FANTASCIENZA, MA SUL NOSTRO PIANETA. QUI, LA RADIOATTIVITÀ È ANZITUTTO UN FENOMENTO NATURALE. AFFATTO PERICOLOSO CHE, ANZI, CI PERMETTE DI VIVERE. A SPIEGARCI PERCHÉ, GUIDO MARTINELLI, DIRETTORE DELLA SISSA DI TRIESTE*.

adioattività è una parola che in genere fa accapponare la pelle, un termine che sembra nascondere trappole infernali per il genere umano. In realtà ci troviamo di fronte al classico caso in cui la scarsità di conoscenza gioca brutti scherzi. La radioattività è anzitutto un fenomeno naturale: in ogni istante, infatti, anche ora mentre stiamo leggendo, avvengono innumerevoli disintegrazioni di nuclei radioattivi presenti sul nostro pianeta. Contrariamente a quanto si crede, dunque, non è stata inventata dal-

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l'uomo, ma anzi, è l'uomo che vive nella radioattività, alla quale è esposto fin dal momento della sua comparsa sulla Terra. In parole povere, come spiega il professor Martinelli, la radioattività è sostanzialmente un’emissione di radiazioni che può assumere varie forme, (radiazioni alpha, beta o gamma) un insieme di fenomeni fisici in cui il nucleo di un elemento si spezza in frammenti, o muta in un isotopo, e in questa trasformazione viene prodotta una certa quantità di energia.


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* Guido Martinelli, Direttore Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste. Laureato in Fisica con Nicola Cabibbo e Giorgio Parisi, dal 1977 al 1987 è stato ricercatore presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Nel 1988 ha assunto l'incarico di professore associato di Fisica teorica all'Università La Sapienza di Roma e nel 1990 è diventato ordinario. Dal 2001 al 2007 è stato direttore del Dipartimento di Fisica e dal 2007 al 2010 presidente dell'Ateneo della Scienza e della Tecnologia della Sapienza. Da novembre 2010 è direttore della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Autore di oltre 200 lavori su riviste internazionali, è nella classifica dei Top Italian Scientists pubblicata da VIA Academy.

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR E RADIOATTIVITÀ

Quindi la radioattività esiste in natura? Certo è essenzialmente un fenomeno naturale che avviene in ogni istante perché i materiali cosiddetti radioattivi sono contenuti nel nostro pianeta. La radioattività è ovunque e tutto quello che ci circonda è radioattivo. Ma quella che esiste allo stato naturale non è nociva per gli esseri viventi, a differenza della radioattività provocata artificialmente dall’uomo: questa sì che può essere pericolosa. Oltre alla radioattività che troviamo naturalmente sulla terra, esiste quella che deriva dai raggi cosmici provenienti dallo spazio. I raggi cosmici arrivano sulla terra in gran quantità e ci stanno bombardando, senza alcun pericolo, anche adesso mentre parliamo al telefono per questa intervista. Dunque la radiazione, in determinate situazioni, è positiva? Certo. La vita si è sviluppata sulla terra in presenza della radioattività. All’interno del nostro pianeta ci sono tantissimi materiali radioattivi che permettono alla terra di avere la temperatura giusta per vivere. Senza questi elementi radioattivi la terra si raffredderebbe in maniera insopportabile, esiziale per ogni essere, animale o vegetale. Quando diventa pericolosa? Diventa pericolosa quando le dosi di radioattività diventano molto più alte di quelle che esistono in natura. In altre parole la radioattività che esiste sulla terra è quella che ha permesso lo sviluppo della vita. È ovvio che se modifichiamo questo status, se concentriamo il materiale radioattivo, allora questo può diventare effettivamente molto pericoloso. Non è quindi la radioattività in sé a essere dannosa ma è la misura delle dosi di radiazione cui si è esposti e la quantità per unità di tempo a determinarne il pericolo. Irradiazione e contaminazione: che differenza c’è? L’irradiazione è l’esposizione esterna di un corpo a dei raggi ed è un fenomeno che avviene sempre in certe quantità. La contaminazione è quando si verifica una forte alterazione dell’irradiazione naturale, tale da provocare una grave

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malattia quando non anche portare alla morte di un essere vivente. Perciò, dal momento che tutto è veleno e niente è veleno, la differenza sta nella dose. Le faccio alcuni esempi. La maggior parte dei cibi che mangiamo contengono tracce di cianuro: patate, piselli, fagioli, semi delle mele, ma sono in quantità del tutto innocue. Se invece quel cibo è contaminato da grosse quantità di cianuro allora è evidente che può uccidere. Se bevo una bottiglia di whisky in un anno non mi farà gran che male, ma se la bevo in un’ora corro un grosso rischio. Che cos’è il radon? È un gas nobile presente come prodotto che viene dalla disintegrazione radioattiva del radio e del torio ed è esso stesso radioattivo. È presente su tutta la crosta terrestre. Si trova nel terreno e nelle rocce ovunque, in quantità variabile. Essendo un gas, il radon può spostarsi e sfuggire dalle porosità del terreno disperdendosi nell’aria o nell’acqua. Proprio grazie a questa forte dispersione la concentrazione di radon non raggiunge mai livelli elevati. Nel caso di una esplosione di una centrale nucleare la concentrazione di radon aumenta moltissimo e quindi diventa molto pericoloso.

Per completare questo quadro, che cosa sono le onde elettromagnetiche? Le più comuni e conosciute da tutti sono i raggi di luce, ci sono quelle che trasportano i segnali che permettono di attivare le immagini e i suoni degli apparecchi televisivi o radio o i raggi X utilizzati nelle radiografie. Le onde elettromagnetiche assumono varie forme a seconda delle lunghezze d’onda. Le onde elettromagnetiche trasferiscono determinate quantità di energia per unità di tempo da un luogo all’altro alla velocità della luce. Sono un fenomeno fisico attraverso il quale l’energia elettromagnetica può trasferirsi da un luogo all’altro per propagazione così l’energia irradiata dal Sole arriva a noi principalmente sotto forma di onde luminose. Non sono dannose per la salute, anzi: il sole ha reso e rende possibile la vita sulla terra, ovviamente dipende da quante ne assorbiamo per unità di tempo. z

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR E CAMPI ELETTROMAGNETICI

LEGGENDE METROPOLITANE:

DA PRENDERE CON LE PINZE

IL CELLULARE FA MALE? SÌ, NO, FORSE. SUI RISCHI PROVOCATI DA QUESTI DISPOSITIVI, E PIÙ IN GENERALE SUI CAMPI ELETTROMAGNETICI, OGNI GIORNO SE NE SENTE UNA NUOVA. PER SGOMBRARE IL CAMPO DA LEGGENDE METROPOLITANE E LUOGHI COMUNI, ABBIAMO INTERVISTATO CHI DI SALUTE E RADIAZIONI SE NE INTENDE DAVVERO.

Intervista ad Alessandro Polichetti, Direttore del Reparto di Radiazioni non Ionizzanti del Dipartimento di Tecnologie e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità 26


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egli ultimi anni abbiamo sentito diversi campanelli di allarme riguardanti l’esposizione quotidiana ai campi elettromagnetici, soprattutto quella connessa all’utilizzo dei telefoni cellulari: fanno male? Se sì quanti minuti possiam parlare al telefonino senza correre rischi? Basta usare l’auricolare per “salvarsi”? Innanzitutto, come sottolinea il dott. Alessandro Polichetti, dobbiamo distinguere il rischio di esposizione al campo elettromagnetico dal rischio effettivo di contrarre qualche patologia (che è quello che ci preoccupa di più). Se questo può tranquilliz-

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zare, diciamo subito che, finora, il telefonino cellulare resta solo un grande “sospettato” dalla comunità scientifica, che però non ha ancora fornito certezze assolute circa la sua pericolosità. Reti wireless, televisori, ripetitori radio: sia fuori, sia dentro casa siamo circondati da un flusso di onde elettromagnetiche notevole. Cosa dobbiamo temere di più? Innanzitutto, prima di entrare nel merito dei possibili rischi per la salute, cerchiamo di capire quali sono le fonti di maggiore

esposizione alle onde elettromagnetiche. Proviamo a fare una graduatoria. Le sorgenti di esposizione più intensa (limitandoci alla vita quotidiana che svolgiamo in casa o in ufficio, tralasciamo quindi quelle categorie di persone particolarmente esposte a campi elettromagnetici molto intensi per via del loro lavoro) sono i telefoni cellulari. E questo perché il telefono cellulare, se non usato con l’auricolare, viene tenuto molto vicino alla testa. Dunque l’esposizione c’è, non è detto però che ci siano dei rischi. Passiamo al televisore: questo di per sé

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR E CAMPI ELETTROMAGNETICI

non è un emettitore (lo erano, seppure in minima parte, i vecchi modelli con il tubo catodico), mentre lo sono le antenne radiotelevisive, che però possono essere fonte di esposizione solo per chi abita nelle immediate vicinanze di centri di trasmissione molto potenti. Un’esposizione ancora più bassa è legata alle antenne fisse cui si collegano i nostri telefoni cellulari; queste sono fonti sicuramente più potenti dei telefoni cellulari, ma sono posizionate a una distanza tale per cui, alla fine, quasi nessuno è esposto a livelli particolarmente alti. Infine, in graduatoria c’è il wi-fi che usiamo a casa per Internet, che rappresenta una fonte di esposizione ancora più bassa. Ricordo, però, che stiamo parlando di livello di esposizione, che non significa di rischio.

mo stare tranquilli che non subiremo l’effetto termico. Possiamo controllare il rispetto del limite anche nel caso del telefono cellulare: oggi, nelle confezioni dei telefonini è riportata l’indicazione del tasso di assorbimento specifico; se questo è al di sotto dei 2 W/kg possiamo stare tranquilli (e solitamente questo valore viene rispettato).

Veniamo al punto cruciale: il telefono cellulare. Dobbiamo davvero temerlo, si tratta di una paura totalmente ingiustificata o, via di mezzo, dobbiamo paventarlo ma solo in parte? Al momento, gli studi non dimostrano l’esistenza di effetti a lungo termine come, ad esempio, la correlazione tra l’utilizzo del telefonino e il cancro. Quest’anno però c’è una novità: l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha finalmente valutato gli Quali sono i rischi effettivi per studi scientifici relativi ai la salute causati dall’espocampi elettromagnetici, tra sizione ai campi elettroI campi cui quelli emessi dai telefoni magnetici? elettromagnetici cellulari, e li ha inseriti nel Intanto diciamo che la ricerpossono causare il suo sistema di classificazioca scientifica sui rischi data riscaldamento dei almeno fin dalla fine della tessuti biologici che ne relativo alle evidenze di cancerogenicità. Nel grupSeconda Guerra Mondiale compongono il corpo po 1 sono inseriti tutti gli durante la quale è stato inumano, ma solo agenti classificati come trodotto il radar e poi, in quando si tratta di “cancerogeni”, contro i particolare negli ultimi 30 campi molto forti. quali bisogna prendere senanni, si è molto sviluppata za ombra di dubbio delle misia in ambito sperimentale sure di prevenzione: il fumo, l’alcool, le ra(con test e prove sugli animali o su colture cellulari), sia in ambito epidemiologico diazioni ionizzanti, alcune radiazioni non ionizzanti come quella ultravioletta. Nel (con studi osservazionali sulle persone). Con certezza oggi sappiamo che i campi gruppo 2A ci sono, invece, i “probabilmente cancerogeni”, sostanze chimiche elettromagnetici possono causare il riscaldi vario tipo che hanno dimostrato un po’ damento dei tessuti biologici che commeno evidenze (soprattutto nei test sugli pongono il corpo umano, però solo quando si tratta di campi molto intensi (è lo animali) ma per le quali si prendono costesso processo di riscaldamento dei cibi munque delle misure di prevenzione. Poi c’è il gruppo 2B dei “possibilmente canall’interno del forno a microonde). Questo effetto è definito termico e, a oggi, è cerogeni”, all’interno del quale sono stal’unico accertato. Sappiamo anche che è ti inseriti i campi elettromagnetici assieme a sostanze come il caffè, che a nessuun effetto “a soglia”, ossia che non si verifica affatto sotto un certo valore del no mai verrebbe in mente di proibire o regolamentare. Sono sostanze per le quali campo per via dell’efficiente sistema termoregolatore del nostro corpo che è in c’è qualche sospetto destato magari da grado, ovviamente entro certi limiti, di qualche studio secondo il quale potrebbe esserci una correlazione tra queste e l’insmaltire il calore in eccesso. Il fatto che si tratti di un effetto a soglia è sorgere di un tumore, ma per le quali è importante perché significa che possiamo necessario che vengano compiuti ancora fissare dei limiti all’esposizione e dunque altri accertamenti e altri studi. Le ultime due categorie individuate dalla IARC sose siamo al di sotto di questi limiti possia28


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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR E CAMPI ELETTROMAGNETICI

pio, che queste indagini vengono svolte no quelle dei “non classificabili” (grupchiedendo a persone già malate, e a perpo 3) e dei “probabilmente non cancesone sane per confronto, di rispondere a rogeni” (gruppo 4). La cosa importante questionari costituiti da doda notare è che non esiste mande del tipo “quanto utiuna categoria di “non Nella lizzava il telefono cellulare 10 cancerogeni”: la IARC classificazione fatta anni fa?”. Una persona malamantiene un atteggiadalla IARC sugli ta, quindi, che tra l’altro è comento cautelativo e sostiene, infatti, che per agenti con evidenze noscenza del perché si sta qualunque sostanza di cancerogenicità, i sottoponendo a queste domande, potrebbe anche sonon potremmo esclucampi elettromavrastimare l’utilizzo del teledere la sua cancerogegnetici sono stati fono cellulare. nicità anche se gli studi inseriti nel gruppo Per questo motivo la IARC soeffettuati fossero tutti 2B, come il caffè . stiene l’idea di una evidenza negativi. limitata: non si può essere certi che il cancro sia causato dall’utilizzo del Come mai i campi elettromagnetici cellulare. Esiste la possibilità ma non la sono stati inseriti nel gruppo 2B? certezza. Se la domanda è “dobbiamo Perché sono stati effettuati alcuni studi temere il cellulare o no?”, dobbiamo diepidemiologici sulla relazione tra l’utilizre che la ricerca scientifica dà solo indizo del cellulare e i tumori della testa. Socazioni di sospetto, ma non grandi evino studi che cercano di trovare una ridenze di rischio. Credo sia importante sposta per esempio alla domanda: altenere presente che esistono motivi di l’aumento dell’utilizzo del telefonino preoccupazione più fondati, quali per cellulare corrisponde un aumento dei tuesempio i rischi legati all’esposizione ai mori alla testa? Secondo la IARC, alcuni raggi ultravioletti quando si prende il sodi questi studi indicano un’associazione le (cito questo rischio in particolare in statistica che può essere spiegata con quanto me ne occupo professionalmenuna relazione causa-effetto. Allo stesso te, trattandosi di radiazioni non ioniztempo, però, non si possono escludere zanti, ma esistono molti altri rischi di cui altre spiegazioni di questi risultati, contenere conto). Comunque, se ciò può far nessi al metodo utilizzato negli studi. stare più tranquilli, si può pensare di Non si può non considerare, per esem30

adottare qualche semplice precauzione nei confronti dell’ipotetico rischio da cellulare, come l’utilizzo dell’auricolare, o il cercare di limitare il numero e la durata delle telefonate: si tenga però presente, per rispondere ad una delle domande iniziali, che non esiste nessuna base scientifica per consigliare una durata massima delle telefonate che garantisca la totale assenza di rischio. I bambini sono maggiormente esposti ai rischi delle onde elettromagnetiche rispetto agli adulti? Se il rischio non esiste, non esiste neanche per i bambini. Ragioniamo però nell’ipotesi che il rischio ci sia. Per quanto riguarda il telefono cellulare, sono stati fatti degli studi di simulazione sull’assorbimento di energia elettromagnetica emessa dal cellulare da parte dell’utilizzatore. Alcuni studi indicano che nei bambini potrebbe esserci un maggiore assorbimento per un motivo molto semplice: avendo un padiglione auricolare più sottile, quando usano il telefonino lo tengono ancora più vicino alla testa. Non si tratta però di grandi evidenze, diciamo solo che potrebbero essere maggiormente esposti. Altre ipotesi riguardano il sistema nervoso: dato che nei bambini piccoli questo è ancora in fase di sviluppo, potrebbe essere più sensibi-


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le ad agenti esterni come i campi elettromagnetici, ma anche in questo caso non abbiamo indicazioni scientifiche convincenti di questa maggiore sensibilità. C’è solo una cosa certa: i bambini di oggi iniziano molto presto ad usare il cellulare. Questo significa che con il tempo accumuleranno una maggiore esposizione alle onde elettromagnetiche rispetto alle generazioni precedenti. Probabilmente, più la tecnologia andrà avanti e più saremo esposti alle onde elettromagnetiche. Quale potrebbe essere una possibile soluzione per limitare questa esposizione? Sicuramente con l’evoluzione della tecnologia abbiamo assistito a un aumento delle onde elettromagnetiche emesse. Il progresso continuerà ad andare avanti ma l’importante è che prima di mettere in commercio una nuova tecnologia la si esamini sempre alla luce dell’avanzamento delle conoscenze scientifiche avvenuto nel frattempo e valutare i livelli di esposizione che comporta. Bisogna monitorare la situazione nel tempo, continuare a fare valutazioni di rischio. Quali sono le fonti attendibili circa i reali pericoli delle onde elettromagnetiche? In poche parole a chi il consumatore deve credere e di chi può fidarsi? Sui campi elettromagnetici ci sono molte polemiche, c’è addirittura chi dice che neanche l’Istituto Superiore di Sanità sia affidabile! Ovviamente ritengo che il mio Istituto sia una fonte attendibile ma, essendo parte in causa, ritengo importante sottolineare che le nostre valutazioni sono in linea con quanto espresso da un autorevole ente quale l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che tra l’altro possiede un sito Internet completo dove è possibile reperire diverse informazioni. Citerei anche l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (che comunque fa parte dell’OMS) e altri enti internazionali. Cos’è la rete di Hartmann? Non credo si tratti di un argomento molto scientifico.

Hartmann aveva messo in relazione i rabdomanti (persone sensibili all’acqua) con qualche effetto “magnetico”. A volte, però, si parla di magnetismo in modo poco scientifico. Quello che è certo è che sulla Terra esiste un campo magnetico statico. Sappiamo anche che il campo magnetico non è distribuito uniformemente ma ci sono delle sorgenti locali: sappiamo che l’ago della bussola deve puntare verso il Polo Nord magnetico ma può puntare da un’altra parte se si verificano deviazioni delle linee di forza del campo magnetico. Tutto questo era stato messo in relazione da Hartmann, che sosteneva che nella Terra fosse distribuita una vera e propria rete con dei nodi (e non capisco come abbia potuto affermare una cosa simile dato che non credo che abbia mai potuto effettuare delle misurazioni a così ampio raggio) con il fatto che vivendo nei pressi di un nodo diventassero più frequenti vari tipi di patologie. Dunque non solo ha ipotizzato l’esistenza di questa rete di nodi, ma li ha pure messi in correlazione con le malattie, cosa che non ha alcun richiamo scientifico! Tuttavia, se ne parla: sembra che ci siano architetti che consigliano di posizionare il letto in un modo piuttosto che in un altro sulla base di queste teorie. A quanto mi risulta, non esistono studi scientifici seri al riguardo. Secondo lei, esiste una psicosi da elettrosmog? Bisogna fare un duplice discorso. C’è un discorso di percezione dei rischi da parte di persone che si preoccupano parecchio, non si fidano delle ricerche scientifiche e sono convinte che possano esserci dei pericoli anche al di là di ciò che afferma la comunità scientifica. C’è però un secondo aspetto più critico ed è quello riguardante i cosiddetti ipersensibili. Si tratta di persone che presentano sintomi quali emicranie, disturbi neurologici, dermatologici eccetera e dichiarano di soffrirne quando sono in presenza di campi elettromagnetici. In realtà sono stati fatti degli studi sperimentali in laboratorio che non dimostrerebbero una loro “elettrosensibilità”, mentre potrebbe più che altro trattarsi di somatizzazione. Il problema è però delicato: non è facile rapportarsi con questi pa-

zienti e se gli si dice che i loro disturbi probabilmente, almeno sulla base delle risultanze scientifiche, non sono collegati ai campi elettromagnetici non sempre accettano questa opinione ritenendo di non essere presi sul serio. Anche perché loro i sintomi li hanno veramente; c’è da chiedersi se però non siano attribuibili a un problema psichiatrico o neurologico, che sono comunque problemi medici che devono essere adeguatamente trattati. z

CASI ESTREMI: UN NEMICO IMPREVEDIBILE Janice Tunnicliffe è una donna inglese di mezza età che ha scoperto di essere affetta da una sindrome di elettrosensibilità, una grave forma allergica nei confronti dei campi elettromagnetici creati nell'aria dagli apparecchi elettrici. La patologia della signora Tunnicliffe è la conseguenza di una chemioterapia alla quale si è dovuta sottoporre per curare una forma tumorale. Da allora sono passati più di tre anni e si è dovuta adattare a un vero e proprio salto indietro nel tempo. Cene e serate a lume di candela, niente frigorifero e lavatrice. Bandita da casa sua la tv, così come la radio e il computer. Perfino la rete wi-fi dei vicini di casa le provoca disturbi come mal di testa, dolori al petto, nausea, formicolio alle braccia e alle gambe. Non ci sono stime precise sulla percentuale di popolazione mondiale affetta da patologie simili (e con intensità minore) a quella della signora Tunnicliffe, anche perché il sistema sanitario dei vari paesi la riconoscono solo come forma di allergia e non come malattia. Una classificazione che potrebbe essere destinata a cambiare, soprattutto in considerazione della sempre maggiore diffusione delle reti wireless, che potrebbero provocare danni anche a chi, magari, internet non sa neppure bene cosa sia. 31


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR E COMUNICAZIONE DEL RISCHIO

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COMUNICARE

ILRISCHIO:

ISTRUZIONI PER L’USO NEL CASO DI EMERGENZE, PREVENIRE IL RISCHIO SIGNIFICA SALVARE VITE UMANE: UNA COMUNICAZIONE ERRATA, INFATTI, AUMENTA DISASTRO AL DISASTRO. MA COME VA FATTA, QUALI SONO GLI STRUMENTI GIUSTI, SU COSA SI DEVE BASARE? Intervista a Giancarlo Sturloni*

*Giancarlo Sturloni. Giornalista e scrittore, esperto in comunicazione della scienza, svolge attività di consulenza e alta formazione in campo tecnico-scientifico, sanitario e ambientale. Insegna Comunicazione del rischio all’Università degli Studi di Trieste e al Master in Comunicazione della Scienza della SISSA di Trieste Membro del gruppo di ricerca ICS della SISSA, studia i rapporti fra scienza e società, con particolare riferimento al ruolo della comunicazione nelle controversie sui rischi tecnologici per la salute e per l’ambiente. Ha lavorato come giornalista freelance con diverse testate nazionali e collabora come autore e conduttore ai programmi radiofonici della RAI-FVG. È autore dei libri Energia nucleare (Alpha Test, 2011) e Le mele di Chernobyl sono buone. Mezzo secolo di rischio tecnologico (Sironi, 2006). Con Daniela Minerva ha curato il volume Di cosa parliamo quando parliamo di medicina (Codice, 2007). Laureato in Fisica, ha conseguito il Master in Comunicazione della Scienza della SISSA di Trieste e il dottorato in Scienza e Società all’Università degli Studi di Milano.

rogresso tecnologico e condizione umana sono ormai due termini inscindibili. Infatti è nel cammino della scienza che gli uomini hanno trovato i maggiori conforti al difficile dipanarsi della loro esistenza, dalle aspettative di vita alla qualità della vita stessa. Non possiamo però negare che, in molti casi, nelle innovazioni sono nascoste anche insidie pericolosissime, che possono mettere a repentaglio la nostra salute, con incidenti dagli effetti spesso devastanti e irreversibili. Pensiamo a Hiroshima, Chernobyl, Seveso, per arrivare all’ultimo disastro di Fukushima. Le popolazioni quasi sempre non sono a conoscenza dei rischi e delle conseguenze che possono esserci sull’ambiente in cui vivono e lavorano. Come dare queste informazioni, come farle arrivare correttamente ai diretti interessati? La comunicazione del rischio è una disciplina riconosciuta a livello internazionale, ci spiega il professor Giancarlo Sturloni. In Italia è una scienza relativamente giovane, anche se nel tempo è divenuta elemento cruciale per poter gestire le emergenze. Volendone dare una descrizione sintetica, si potrebbe dire che la comunicazione del rischio deve anzitutto basarsi sullo scambio di informazioni e di valutazioni tra esperti, pubbliche amministrazioni e cittadini. Deve prevedere un confronto tra le parti finalizzato a gestire il rischio stesso: riducendolo, accettandolo o, addirittura, evitandolo. Che è una disciplina nella quale si continua ad imparare dai propri errori. E di errori in passato ne sono stati fatti tanti.

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR E COMUNICAZIONE DEL RISCHIO

Ci spieghi meglio gli errori del passato. Fino a ieri, ma sovente ancora oggi, c'è stata la convinzione, da parte delle istituzioni che devono gestire le emergenze, che i rischi vadano nascosti o parzialmente nascosti per non allarmare la popolazione. Ricordiamo tutti la "mucca pazza". In quell'occasione il governo inglese, con l'avvallo di alcuni scienziati, tentò di nascondere che ci potessero essere rischi per gli esseri umani escludendo, in maniera perentoria, che la malattia delle mucche potesse colpire anche noi. E continuò a negarlo per una decina d’anni. Le ammissioni arrivarono solo dopo le prime vittime, e il governo inglese perse ogni credibilità. Qualcosa del genere accade anche, anni prima, a Seveso? Seveso ha segnato una svolta: è stata una linea di demarcazione importantissima perché ha spinto gli Stati dell’Unione Europea (allora Comunità Europea) a dotarsi di una politica comune in materia di prevenzione dei grandi rischi industriali. Anche in quell'occasione passarono due settimane e forse più di silenzio, prima di conoscere che cosa era effettivamente successo. Ma da quei giorni è stato sancito il diritto delle persone a conoscere i potenziali rischi che ci possono essere nel costruire uno stabilimento in una determinata zona. Quindi non solo gli operai che ci lavorano, ma anche i cittadini delle zone adiacenti devono conoscere che tipo di impatto può avere una tecnologia sull’ambiente in cui vivono e sulla loro salute. Molto spesso c’è il tentativo da parte degli enti, pubblici o privati, di nascondere la verità. Perché? Purtroppo è così, l'abbiamo visto nella vicenda di Fukushima così come lo si vide nel disastro di Chernobyl. C’è la tendenza degli esperti e degli scienziati a sottostimare i rischi, e l’inclinazione delle istituzioni a nasconderli. Finisce così che di fatto ingannano i cittadini, perdendo poi fiducia e credibilità. Entrambe difficili da recuperare. Nel comunicare il rischio è meglio eccedere o minimizzare? C’è un doppio problema, il primo legato alla valutazione del rischio che chiaramente spetta ai tecnici e alle istituzioni. Ma come valutare il rischio? È facile quando questo è ricorrente. Ad esempio l’incidente automobilistico: ci sono esperienze statistiche piuttosto accurate tant’è vero che paghiamo le assicurazioni proprio in base a queste tabelle. Ma quando il rischio è fortunatamente raro come nel caso di un grave incidente nucleare come valutarlo? Anche per la "mucca pazza" nessuno sapeva quale fosse la probabilità che la malattia colpisse l’uomo. C’era, ma quanto grande era? Dopo la valutazione entra in campo la comunicazione che non deve né esagerare né sottostimare: deve spiegare. Le istituzioni devono imparare a comunicare meglio devono essere più pronte e visibili. 34


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E sull’inquinamento elettromagnetico, com’è la comunicazione? Se ne parla in certi momenti, poi spesso cala il silenzio. Qualche anno fa l'attenzione era puntata sui ripetitori dei cellulari (danni sì, danni no), ma non si faceva voce dei tralicci ad alta tensione che possono essere più pericolosi. Mentre l’inquinamento elettromagnetico dei telefonini è ancor tutto da verificare. Si sa tanto del rischio nucleare, ma si sente parlare poco del radon che è un gas radioattivo altamente tossico. Come sempre ci si preoccupa delle cose nuove e non dei rischi con cui conviviamo. I tralicci ci sono sempre stati e nessuno si è posto il problema se ne istallavano dei nuovi e più potenti; diverso è stato per i ripetitori, erano cose mai viste prima e quindi facevano paura. Ci preoccupano i rischi con cui non c’è familiarità. Basti pensare che i più preferiscono l'automobile all'aereo: la prima fa meno paura perchè è uno "strumento" quotidiano diversamente dall'altro. Dunque la paura nasce dall'ignoranza? Non è vero neppure questo. Non è detto che se una persona è ignorante abbia paura. Potrebbe non condividere certe scelte per motivi etici, sociali o religiosi. Non c’è legame tra diffidenza e paura, non sempre almeno: talvolta quelli che conoscono maggiormente il problema, che l’hanno studiato anche a fondo, sono i più diffidenti. Di che cosa bisogna tener conto nella "comunicazione del rischio"? La prima regola è ammettere il rischio di cui si è a conoscenza. Se il rischio esiste l’istituzione che lo deve gestire deve ammetterlo e spiegarne eventualmente la natura, le problematiche, la complessità. Oltre naturalmente a spiegare cosa intende fare per minimizzare i danni. Il governo giapponese a Fukushima ha tentato di nascondere e sminuire il problema della centrale nucleare ma poi la verità è saltata fuori. Con tutte le ulteriori conseguenze che un governo non credibile alimenta. La seconda è informare le persone e non trattarle come bambini, coinvolgerle nelle scelte. Terza regola: comunicare subito anche le incertezze, con rapidità. Nel caso di pandemie è importante far conoscere fin dal principio i rischi anche se i timori sono ancora marginali; insomma rendere partecipe la popolazione affinché sia pronta ad affrontare qualsiasi situazione. Quindi, in poche parole, trasparenza? Esatto. Trasparenza vuol dire costruire e mantenere la fiducia, far partecipare alle scelte, condividere le informazioni e cercare il dialogo. Un’informazione che non sia dall’alto verso il basso, dalle istituzioni ai cittadini ma li coinvolga, ascolti preoccupazioni e diffidenze. Così si acquista la loro fiducia. Perché senza fiducia, senza credibilità, nessun governo, nessuna istituzione può e potrà mai gestire correttamente un'emergenza. z 35


PRIMO PIANO: IONORISONANZA

LA IONORISONANZA

CICLOTRONICA

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DETTA COSÌ FA PAURA ANCHE SOLO A PRONUNCIARLA. IN REALTÀ STIAMO PARLANDO DI UN FENOMENO FISICO, PRODOTTO DALLA COMBINAZIONE DI CAMPI MAGNETICI, I CUI EFFETTI SONO SEMPRE PIÙ UTILIZZATI. IN AMBITO CLINICO, PER LA CURA DI PARTICOLARI PATOLOGIE; NEL SETTORE INDUSTRIALE, PER RIDURRE I TEMPI DI LAVORAZIONE.

esposizione ai campi magnetici fa prende il rapporto di massa a carico di un dato ione e si moltiplica con un cammale? Se parliamo di quelli inepo statico come il campo magnetico terrenti alla ionorisonanza ciclotrorestre, si ottiene una frequenza: la frenica no di certo. Anzi! Di cosa si tratta? Di un fenomeno fisico riguardante il quenza di risonanza ciclotronica. Liboff fu il primo a dimostrare che accoppianmovimento degli ioni immersi in un do il campo magnetico terrestre (statico) campo magnetico permanente, che asa un campo magnetico variabile di più sieme alla risonanza magnetica nucleabassa intensità e a temperatura amre e alla risonanza di spin elettronico costituisce uno dei fenomeni di risonanza biente, alcune specie ioniche come calnoti alla fisica già dalla fine del secolo cio, potassio, sodio e magnesio (elettroliti fondamentali per la nostra salute) riescorso. scono a superare la barriera costituita È infatti il 1984 quando il biofisico amedalla membrana cellulare. ricano Abraham Liboff introduce il conGli effetti della scoperta di cetto di ionorisonanza ciclotroLiboff non tardarono ad arnica. Come Liboff stesso racÈ il 1984 rivare e così le sue applicaconta in un’intervista rezioni. Ad esempio, si scoprì cente*, all’epoca rimase quando che riproducendo campi di molto colpito dall’esperi- il biofisico americano ionorisonanza ciclotronica, mento di “efflusso del calAbraham Liboff era possibile estrarre più cio” condotto da un altro introduce il concetto velocemente - il risparmio studioso, Ross Adey che, di tempo è circa del 35sottoponendo il tessuto di ionorisonanza. 40% - l’etanolo dal mais cerebrale di alcuni piccoli animali a deboli campi magnetici, scoprì per bio-carburanti. Altri studi furono avcome gli ioni di calcio affluissero più o viati, tra cui, il più recente, un progetto di applicazione del campo magnetico meno velocemente a secondo della fresull'acqua per dissalarla o depurarla. quenza dei campi utilizzata. L’esperimento, finalizzato a produrre un effetto Attualmente, il principale campo di di liberazione del calcio dal tessuto cereapplicazione della ionorisonanza cibrale, venne ripetuto diverse volte anche da un altro studioso, Carl Blackman clotronica è quello clinico. In particoche presentò i suoi risultati nel 1984 du- lar modo, negli Stati Uniti, il Food and Drug Administration (che si occupa delrante un convegno della società di Bioelettromagnetica ad Atlanta. Blackman la sicurezza degli alimenti e dei farmaci) non riuscì a spiegare la ragione per la ha autorizzato da più di vent’anni l’utilizzo della ionorisonanza sia nei casi di riquale questi effetti biologici si verificassero ma Liboff, che all’epoca studiava le tardo di consolidamento delle fratture e radiazioni cosmiche ed era presente al sia per accelerare la guarigione post chiconvegno, riconobbe la ionorisonanza rurgia spinale. Dal 1987 a oggi più di un milione di persone sono state trattate riuscendo a spiegare gli effetti cui Blackcon la ionorisonanza, con risultati posiman faceva cenno. I risultati ottenuti, prima da Blackman e tivi nel 70-80% dei casi. poi da Liboff, dimostrarono che se si Secondo Liboff e il suo team, la ionori-

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PRIMO PIANO: IONORISONANZA

sonanza potrebbe risolvere molti problemi dell’apparato osseo-articolare e di quello muscolo-tendineo. Può essere usata per ridurre dolori, edemi, contusioni, infiammazioni, artrosi, artriti, tendiniti, per favorire la rigenerazione delle ossa, per le articolazioni, per le cisti tendinee e la rigenerazione dei tendini. Come la magnetoterapia, anche la ionorisonanza sfrutta i campi magnetici, ma a intensità e frequenze bassissime, il che consente ai pazienti di sottoporsi ai trattamenti anche se portatori di protesi metalliche che con altri tipi di terapie rischiano di scaldarsi. La ionorisonanza ha inoltre permesso di ridurre notevolmente i tempi di esposizione ai trattamenti: mentre con la magnetoterapia sono necessarie 7-8 ore di trattamento al giorno, con la ionorisonanza bastano circa 3040 minuti. Come lo stesso Liboff ricorda nell’intervista già citata, l’osservazione della ionorisonanza ha inaugurato una stagione di ricerche e approfondimenti che hanno toccato anche il nostro paese: ad esempio, dallo studio condotto dal prof. Stefano Ruffini e dal prof. Ruggero Rossi dell’Università di Perugia è emerso che alcuni pazienti, dopo alcune sedute di ionorisonanza, riportavano un cambiamento positivo di alcuni valori ematici e in particolare una normalizzazione della cosiddetta bilancia ossidativa (molti studi confermano una stretta correlazione

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Un’altra applicazione spetra lo stress ossidativo e la rimentale ricordata da Lipresenza di patologie croNonostante boff riguarda i risultati otnico degenerative come ad gli incoraggianti tenuti nella differenziazioesempio: artrosi, artriti, risultati, in Italia ne delle cellule staminali Parkinson, Alzheimer, scleè ancora raro sentir per l’impiego nelle malatrosi, autismo ecc. Sarebbe tie cardiache. In alcuni caquindi molto interessante parlare si di insufficienza cardiaun trattamento non invasidi ionorisonanza. ca, vengono prelevate le vo, indolore e privo di efcellule staminali del cuore fetti collaterali come la ionorisonanza che a costi molto ridotti po- e trattate con campi magnetici per fatesse aiutare le persone colpite delle vorirne la differenziazione, affinché possano essere iniettate direttamente suddette patologie). Altri importanti studi hanno visto invece nel muscolo cardiaco per accelerarne il la ionorisonanza come terapia di sup- processo di rigenerazione. porto per i pazienti sottoposti a radio o Infine, come Liboff dichiara nella stessa a chemioterapia (ossia in casi in cui la bi- intervista, interessante è anche il trattalancia ossidativa è solitamente sottopo- mento del disturbo bipolare e della desta a un forte stress). A Genova, il dottor pressione. Nel passato questi venivano Edoardo Rossi ha scoperto l’influenza curati con l’elettroshock, attualmente si ricorre alla stimolazione magnetica che la ionorisonanza esercita sulla formazione dei radicali liberi e ha condotto trans-cranica: questo trattamento preun test su due gruppi di pazienti in trat- vede l’applicazione di un potente camtamento chemio-radioterapico sottopo- po variabile, di intensità centinaia di volnendone solo uno anche a ionorisonan- te più forte del campo geomagnetico, za. Per risultato, questo gruppo ha ri- direttamente sulla testa. Si viene quindi portato valori ematici migliori di quello a creare una corrente per via induttiva che invece è stato trattato soltanto con dentro il cervello che è equivalente a il protocollo standard. Inoltre tutti i com- quella derivante dall’elettroshock; alcuponenti del gruppo trattato con Ionori- ni studi preliminari suggeriscono però sonanza sono riusciti a completare il ci- che si possano ottenere i medesimi efclo di trattamenti chemio-radioterapici fetti terapeutici utilizzando la ionorisoa differenza di alcuni pazienti del grup- nanza che diversamente dalle prime due tecniche utilizza campi magnetici di po standard che hanno dovuto interrompere a causa degli effetti tossici del- intensità analoga a quella del campo geomagnetico esponendo quindi il corla chemio-radioterapia.

po a radiazioni più naturali. Tuttavia, nonostante i risultati e le numerose applicazioni possibili, in Italia è ancora raro sentir parlare di ionorisonanza; cosa che invece non avviene per la magnetoterapia, largamente diffusa, nonostante utilizzi frequenze e intensità del campo magnetico più elevate. I motivi di questo scetticismo possono essere tanti e complessi. Innanzitutto, sappiamo come attualmente non sia sempre facile nel nostro paese investire nella ricerca. Inoltre, una probabile perplessità deriva dal fatto che mentre siamo abituati a fare continuamente esperienza della chimica, lo stesso non può dirsi a proposito del campo magnetico, perché non lo sentiamo e non lo avvertiamo. Eppure, anche il campo magnetico terrestre ricopre un ruolo fondamentale per la vita sulla terra. E così come viene universalmente riconosciuta l’importanza di acqua, aria, sostanze organiche, sostanze minerali e gravità forse varrebbe la pena di interrogarsi anche sul possibile ruolo del campo magnetico, che offre una gamma di frequenze che entrano in risonanza con le nostre strutture elettriche del corpo. Il corpo umano stesso è sede di fenomeni elettrici ed è un sistema elettromagnetico; dunque perché non possiamo nutrirci proprio di un campo elettromagnetico? z *

The Origins of Ion Cyclotron Resonance, Boca Raton, Florida, 2010

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR

QUELLI CHE LAVORANO CON IL NASO I “NASI” - COLORO CHE HANNO UN OLFATTO “ASSOLUTO”, MOLTO PIÙ SENSIBILE DEL NORMALE QUANDO SI PARLA DI SMOG E DI INQUINAMENTO NON SONO TANTO FELICI DI “SENTIRE” TUTTO QUELLO CHE RESPIRANO. MA IL LORO NASO È IL LORO STRUMENTO DI LAVORO. E CHE LAVORO!

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a suddivisione tra lavoro intellettuale (quello svolto prevalentemente col cervello) e lavoro manuale (prevalentemente con le mani) in genere funziona. Ma dove si collocano quelli che, come principale strumento professionale, utilizzano il proprio naso? È uno degli organi del nostro corpo che usiamo di più, incessantemente impegnato (salvo quando ha il raffreddore) a creare un collegamento che rende inafferrabile il confine tra interno ed esterno della nostra persona. Ne abbiamo perso, e di parecchio, l’acume, perché non ci è più necessario per procurarci il cibo in battute di caccia. Ci serve solo per mangiarlo. Ma è proprio questo il motivo per cui si è potuto creare, nel tempo, un mercato del lavoro basato sull’olfatto. I più famosi sono proprio i “nasi”. Così vengono chiamati, familiarmente, i profumieri-creatori, per distinguerli dalle professioni inerenti al commercio del profumo. Il loro lavoro è molto più sofisticato di quanto si pensi, perché oggi, per creare un profumo che abbia successo, non basta più che sia semplicemente piacevole, o sensuale, decisamente maschile o femminile. I profumi più riusciti, infatti, sono quelli che, attraverso le sensazioni che suscitano, riescono a rappresentare un'idea, un concetto, o nel caso di un brand, la filosofia di un'azienda. Perciò i più bravi “nasi” sono quelli che - oltre a saper ricordare e riconoscere fino a 3.500 odori diversi - sono in grado di creare la giusta essenza, studiando a fondo l'anima e le caratteristiche distintive del progetto o del marchio a cui si abbina. Alla fine magari il profumo viene utilizzato, molto semplicemente, per “rimorchiare”, ma dietro c’era tutto un progetto aziendale che non era certo facile immaginare. Poi c’è il sommelier, un altro professionista il cui mestiere è tutto legato al sapiente uso dei sensi. In questo caso, olfatto e gusto. Ma deve saperci mettere anche un po’ di teoria, in varie materie: geografia (le principali regioni vitivinicole del mondo); storia (del vino); tecnologia (le tecniche colturali ed enologiche); botanica (i vitigni); oltre a conoscere a menadito tutti i vini. Una caratteristica curiosa del sommelier è che, nonostante tratti una materia basata sul gusto e l’olfatto, esso debba curare particolarmente la vista, a cominciare dall’abito (smoking, frac o grembiule, secondo le occasioni) e gli accessori, che comprendono il tastevin (coppa metallica), il frangino (tovagliolino bianco), il termometro e, soprattutto, il cavatappi. Quest’ultimo è l’oggetto che fa veramente la differenza, rispetto ai volgari apparecchi facilitati (con le due ali simili a braccia umane) che si usano a casa. A un gradino intellettuale più basso c’è il cane da tartufo, che non studia la teoria, ma richiede un buon addestramento, anche per giustificare il fatto che, in Italia, a differenza della Francia, viene usato al posto dei maialini, per la ricerca del prezioso fungo sotterraneo. z

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LE FAMIGLIE OLFATTIVE DEI PROFUMI AGRUMATI Caratterizzati da freschezza e leggerezza, sono oli essenziali ricavati dalle bucce di alcuni agrumi come bergamotto, limone, lime, arancia, pompelmo e mandarino.

FLOREALI Oli essenziali dalla profumazione estremamente dolce, sono ricavati dai fiori (gelsomino, rosa, mughetto, violetta, tuberosa, yling-ylang, narciso ecc...) e tipicamente utilizzati nei profumi femminili.

FOUGERÈ Fragranze ottenute unendo elementi come la lavanda, vari tipi di legni, muschi, bergamotto, cumarina, ecc., hanno un odore fresco ed amarognolo, e sono tipici dei profumi maschili.

CIPRIATO Fragranze acute ed avvolgenti, realizzate sulla base dell'unione di muschio di quercia, cisto-labdano, patchouly, bergamotto a note fiorite o fruttate come la lavanda o la noce moscata.

BOISÈ O LEGNOSI Essenzialmente maschili, sono caratterizzati dalle note di legni pregiati come il cedro o il sandalo o conifere come il pino o il cipresso, o profumi che ricordano erbe di foresta come il patchouli o il vetiver.

AMBRATI O ORIENTALI Profumi soprattutto femminili, dai toni caldi e sensuali, che includono note di ambra grigia, muschio, vaniglia, legni esotici, spesso accompagnate da fiori esotici e spezie.

MUSCHIATI O CUOIATI Fragranze create con una filosofia controcorrente e caratterizzate dalle note secche ed amare, che vogliono riprodurre l'odore del cuoio e del tabacco. 41


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR E BOSCHI

BOSCHI ITALIANI: L’ITALIA POSSIEDE PIÙ DI 10 MILIONI DI ETTARI DI FORESTE E DI BOSCHI. PURTROPPO SOTTOVALUTATI E SPESSO IGNORATI. AL PUNTO CHE CI TROVIAMO A IMPORTARE LEGNA DALL’ESTERO. UN GRAN PECCATO VISTO IL RUOLO CHE POSSONO AVERE ANCHE IN TEMA DI MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DELL’ARIA E IMPIEGHI GREEN. QUALCUNO HA ALLORA PENSATO DI SENSIBILIZZARE I GIOVANI LAUREATI, PER TROVARE NUOVI PROGETTI E NUOVE IDEE PER UN UTILIZZO PROFICUO E INTELLIGENTE.

Intervista a Bruno Ambrosini Segretario Generale della Fondazione Italiana Accenture* 42


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TANTO UTILI, POCO

VALORIZZATI uanto davvero i boschi e le piante “mangiano CO 2“ e quanto al contrario possono diventare fonte di emissioni, come accaduto lo scorso anno in Amazzonia a causa della siccità? Secondo i dati del Centro Euromediterraneo il patrimonio forestale italiano può assorbire 50 milioni di tonnellate di anidride carbonica l'anno. L’importanza della presenza di boschi e foreste è confermata anche dal fatto che di recente, anche qui in Italia, alcune imprese hanno cercato di sfruttare la capacità degli alberi di “mangiare CO2”, creando

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dei nuovi boschi per compensare le emissioni di gas serra derivate dalle loro attività. Oppure, all’estero è nata l’idea di contrastare gli effetti del cambiamento climatico creando degli alberi artificiali, che sono apparentemente simili ai pannelli solari e assorbono l’anidride carbonica più velocemente degli alberi veri. Purtroppo, a volte succedono anche episodi come quello registrato nel 2010 nella Foresta Amazzonica. A causa delle forti ondate di siccità degli ultimi anni, la capacità della Foresta Amazzonica di assorbire l'anidride carbonica dall'atmosfera si è ri-

dotta, e addirittura ha determinato una così forte moria di alberi da rendere negativo il bilancio nelle emissioni di alcune sue aree. Si tratta di un fenomeno preoccupante, che sembrerebbe causato dal crescente surriscaldamento globale della Terra. Quindi è vero: le foreste sono necessarie in quanto “mangiano CO2” e il problema di questa inversione di tendenza non è imputabile alle foreste stesse, ma come sempre, alla mano dell’uomo e all’inquinamento che causa al nostro pianeta. Bisogna correre ai ripari, non possiamo permetterci di fare ammalare ancora i nostri polmoni verdi. 43


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR E BOSCHI

IL CONCORSO È tempo di idee verdi soprattutto per i giovani laureati. Da qualche settimana possono infatti partecipare a Forest Skill, il concorso lanciato dalla Fondazione Italiana Accenture* e la Fondazione Collegio delle Università Milanesi sulla piattaforma tecnologica per l’innovazione sociale ideaTRE60, che si pone l’obiettivo di sviluppare competenze e know-how per creare nuove opportunità di lavoro attraverso progetti per la salvaguardia del patrimonio boschivo italiano. Il concorso è rivolto a italiani e stranieri che hanno conseguito la laurea presso un’Università italiana tra l’a.a. 20052006 e l’a.a. 2010-2011. Possono scegliere se partecipare singolarmente o in team. In caso di team solo il capo progetto dovrà rispondere al requisito della laurea. I due progetti vincitori, che si saranno

Qual è lo stato attuale di boschi e foreste italiani? Fra dieci anni le cose andranno meglio o peggio? Secondo dati recenti, in Italia ci sono circa 10,6 milioni di ettari di boschi e foreste, la maggior parte dei quali, però, versa in grave stato di abbandono e degrado, con conseguente insorgere di incendi e di gravi dissesti idrogeologici. La superficie boschiva nazionale rappresenta circa il 34,7% dell'intero territorio, ed è anche in costante aumento visto che negli ultimi 25 anni è cresciuta del 19%. Tuttavia, il nostro Paese riserva al settore forestale un ruolo marginale e sembra che sia stata spesa, finora, solo una minima parte dei fondi stanziati dall’Unione europea per le foreste. C’è da aggiungere che la gestione delle foreste è affidata a una normativa piuttosto disomogenea tra le diverse realtà territoriali italiane e viene inoltre perseguita in maniera episodica e frammentaria, per non parlare degli ostacoli rappresentati da 44

contraddistinti per innovazione, originalità e alta sostenibilità ambientale, con finalità educative e ricaduta positiva sul sistema Paese, potranno essere realizzati grazie a un premio di 30.000 euro ciascuno. Le soluzioni progettuali potranno avere per oggetto diversi temi e discipline, dalla geologia all’agraria, dalla zoologia al turismo, all’edilizia. C’è tempo fino al 29 febbraio 2012 per partecipare; i nomi dei vincitori saranno resi noti entro il 15 aprile.

Per informazioni: www.ideatre60.it/node/10537 *FONDAZIONE ITALIANA ACCENTURE È UN ENTE SENZA SCOPO DI LUCRO CHE SI PROPONE DI PROMUOVERE ESPERIENZE E CONOSCENZE SULL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA, SCIENTIFICA E MANAGERIALE, SOCIALE E CULTURALE, COME VANTAGGIO PER LA COLLETTIVITÀ E PER L'OCCUPAZIONE.

prassi amministrative lunghe e costose. Tutto questo mette in forte difficoltà anche le nostre aziende: basti pensare che, paradossalmente, l'Italia è diventata il maggior importatore europeo di legna da ardere. L'industria italiana, pur potendo contare sull'81% della superficie boschiva disponibile al prelievo di legname, senza nuocere al patrimonio vegetale e di biodiversità, importa per ben il 90% il legno dall'estero. Un altro problema delle nostre foreste è legato alla progressiva perdita della biodiversità: secondo uno studio realizzato alcuni mesi fa dalla LIPU-BirdLife Italia per il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio, infatti, le foreste italiane stanno perdendo la loro qualità ecologica. La superficie forestale è aumentata, però è incrementata anche la perdita della biodiversità. Non so cosa succederà fra 10 anni, posso solo augurarmi che iniziative come Forest Skill possano diventare sempre

più numerose e che i giovani possano rappresentare il fulcro, il motore di un’inversione di tendenza positiva che porti a un utilizzo più intelligente del nostro territorio. Quali interventi potrebbero essere intrapresi a favore del nostro patrimonio boschivo che non sono ancora stati realizzati? Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Si possono fare davvero tante cose per i nostri boschi e per le nostre aree verdi ed è quello che ci aspettiamo anche dai progetti partecipanti al concorso Forest Skill. Si potrebbe pensare, ad esempio, al potenziamento o recupero della funzione idrogeologica di alcune aree, o al recupero e valorizzazione della funzione rifugio per la fauna selvatica o alla salvaguardia della funzione ecologica di conservazione di specie a rischio che trovano nei boschi il loro habitat adatto. Ancora, alla riconversione di colti-


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vazioni arboree invecchiate in formazioni boschive naturaliformi, o alla produzione di beni boschivi (legname e risorse del sottobosco) nell’ottica di un utilizzo sostenibile soprattutto in rapporto alle popolazioni locali. Per non parlare del potenziamento e miglioramento delle funzioni ricreativa, turistica, didattica, culturale e sportiva delle nostre foreste. Insomma sono proprio tanti i settori che possono essere interessati a un uso intelligente del patrimonio boschivo del nostro Paese. Secondo lei i nostri giovani laureati possiedono le competenze necessarie a intervenire a favore di boschi e foreste o pensa che in Italia non si investa adeguatamente per questo tipo di preparazione? In Italia abbiamo la fortuna di possedere un grande potenziale: abbiamo tanti laureati provenienti dai vari corsi di laurea dedicati alla riqualificazione am-

bientale, alle scienze e alle tecnologie forestali, all’ingegneria naturalistica. Bisogna poi vedere se si riesce a inserire queste risorse, a sfruttarle (nel senso positivo del termine) nel modo più corretto e proficuo, se si riesce a trasferire loro l’esperienza della pratica e dunque, per farla breve, a trovargli una collocazione. La teoria l’hanno imparata durante gli anni di studio, bisogna poi capire se si riesce a trovare loro un impiego adeguato e in linea con le materie che hanno approcciato durante gli anni di Università. Però mi sento di essere positivo al riguardo, dato che si è parlato tanto dell’aumento dei cosiddetti “colletti verdi” e delle professioni green che possono rappresentare un rimedio contro la crisi. Saprò dare una risposta più precisa riguardo alle competenze dei nostri laureati dopo aver preso visione dei progetti inviati per Forest Skill!

In che modo il settore green può favorire l’occupazione giovanile? Secondo una ricerca di Progetto Ambiente - Isfol su dati ISTAT nell’arco temporale 1993 – 2008, il numero degli occupati nei settori di interesse ambientale è aumentato soprattutto nel settore del turismo (14,5%) e della difesa, controllo e disinquinamento (8,4%), mentre è rimasto stabile nel settore dei rifiuti (24,4%) e in quello delle risorse agro-forestali (35,8%). Nello stesso arco temporale, gli occupati nel settore ambientale sono passati da 263.900 a 372.100 unità e addirittura, crisi permettendo, per i prossimi anni le stime parlano persino di un raddoppio. Dunque possiamo tranquillamente pensare che, in un Paese come l’Italia in cui 30 giovani su 100 sono senza occupazione, l’ambiente possa davvero rappresentare un’opportunità concreta di occupazione. z 45


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR ED ECOLOGIA

CITANDO UN ANTICO DETTO, ANCHE IN TERMINI DI RISPETTO DELL’AMBIENTE NON È SEMPRE POSSIBILE FARE DI TUTTE LE ERBE UN FASCIO. CI SONO LUOGHI E CONDIZIONI NEI QUALI IL TAGLIO DI UN ALBERO, SEPPURE SANO E VIGOROSO, NON RAPPRESENTA UN DELITTO ECOLOGICO, MA DIVENTA NECESSARIO. VEDIAMO COME E PERCHÉ, CON LE PAROLE DI CHI ACCANTO AGLI ALBERI E ALLE MONTAGNE VIVE, E CHE CI PROPONE UNA GRANDE SFIDA: QUELLA DI RI-EDUCARE L’UOMO ALLA CIVILTÀ DEL BOSCO. Articolo di Beba Schranz* * Campionessa di sci alpino a cavallo tra gli anni ’60 e ‘70, dopo aver lasciato l’attività agonistica si è dedicata all'insegnamento dello sci, sia come istruttore nazionale sia come allenatore. Contemporaneamente ha attivato collaborazioni giornalistiche con riviste come Buona Neve e DiscoveryAlps. Vive a Macugnaga (VB) borgo montano tra i più belli di Italia (nelle foto delle pagine successive) nonché sede di una delle ultime comunità Walser.

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vete mai provato a tagliare una piantina? Io l’ho fatto, era una minuscola pianta di Lillà che avrebbe potuto in seguito togliere il sole nel giardino di mia mamma ma soprattutto era troppo vicina alla staccionata e i rami avrebbero potuto invadere la strada confinante. L’ho fatto e nel giro di qualche ora mi sono ritrovata in giardino la guardia forestale alla quale ho dovuto rendere conto del “misfatto”. Tutto questo per dire

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che ormai toccare una pianta è sinonimo di delinquenza e questo modo sproporzionato e generalizzato di salvaguardare il verde ad ogni costo, per chi in montagna ci vive, stride profondamente con l’effettiva tutela del territorio. Non è così che si proteggono i territori montani, perché i boschi che hanno bisogno di cure per poter svolgere a pieno il loro ruolo di protezione dei villaggi a valle, se vengono lasciati inselvatichire diventano anch’essi pe-

ricolosi. Proviamo ad approfondire cosa sia veramente un bosco, con tutta la sua vitalità esplosiva, così da poter comprendere meglio i vari aspetti che lo caratterizzano e l’importanza che esso può assumere per la vita delle molte specie che lo abitano e del territorio in cui è ubicato: un bosco è un’estensione di terreno in cui vegetano piante lignee ed arboree in quantità ed in specie più o meno varie e differenti, ma che nasconde e cura, al

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR ED ECOLOGIA

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suo interno, altre forme di vita non vegetali. Il bosco ha una biologia assai complessa, di cui fanno parte, oltre gli alberi, i numerosi animali che con essi convivono, sia sopra che sotto il terreno boschivo. Non si tratta quindi di una semplice macchia di verde, bensì di un luogo di vita vegetale ed animale assai elaborato. Ritengo quindi che non sia corretto generalizzare il problema e, come si usa dire: “fare di tutte le erbe un fascio”. È fondamentale distinguere di che bosco vogliamo parlare. È innegabile che l’uomo talvolta compie azioni che provocano quotidianamente grossi ed irreparabili danni per moltissime specie animali e vegetali, nonché per se stesso, una di queste è la deforestazione tropicale. Un elemento di grave preoccupazione per il nostro futuro, sia perché le foreste tropicali rappresentano gli ecosistemi più ricchi di biodiversità animale e vegetale del pianeta, sia per il fatto che le emissioni di gas serra stanno aumentando anche a causa della distruzione delle foreste, e di conseguenza si avvicina il pericolo di un riscaldamento globale. Dal punto di vista della stabilità del cli-

ma quindi i prossimi 20 anni potranno queste riserve di verde, sarebbe altreessere decisivi per stabilizzare il riscal- sì di vitale importanza che si legiferasdamento globale all’interno dei 2°C, se in maniera mirata per la salvaguarsoglia ritenuta vitale per il futuro del- dia di ciascun specifico territorio senl’umanità. Tuttavia, se a certe latitudi- za generalizzare e senza classificare ni esistono certi problemi, ad altre ne chi taglia le piante come incosciente, esistono di diametralmente opposti, irresponsabile, sconsiderato, insensiparlo di quel fenomeno ormai molto bile. A volte tagliare e curare i sottoboschi è al contrario diffuso sulle nostre Alpi che riun modo utile e antiguarda il “bosco di ritorÈ quindi co di aiutare la monno”. Fenomeno relativatagna. È quindi bizmente recente visto che bizzarro, zarro se non deleterio fino agli anni ’50/60 del se non deleterio, novecento tali terreni che nei boschi delle zone che nei boschi delle zone montane dove il montani erano coltivati montane dove il verde è verde non solo abfin agli estremi lembi di in esubero, si applichino bonda ma addirittura terra, ma, da quando i le stesse misure usate è in esubero si applipascoli in alta quota hancassero le stesse mino perso di importanza per controllare il sure che si adottano economica e via via sono disboscamento per controllare il folle stati abbandonati, il boamazzonico. disboscamento sco ha progressivamente amazzonico o di altre ripreso possesso del territorio tanto da causarne un costante zone ad alto rischio. I boschi sono da depauperamento e conseguente ab- considerarsi un vero e proprio bene bandono. Per questa ragione si do- nazionale, ma non devono per questo vrebbe tener presente che, se è vero essere sclerotizzati bensì governati, come è vero, che la custodia dei bo- tutelati e resi, se possibile, migliori. schi, combinata con la tutela dei mon- Solo così sarà possibile salvaguardare ti deve mirare alla prevenzione di tutti i territori a valle di essi e prevenire quei pericoli che possono generarsi in smottamenti pericolosi ogni qual vol49


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO OUTDOOR ED ECOLOGIA

ta si manifesta un abbondante caduta busti che altrimenti sarebbero diventati alberi (bosco di ritorno), adesso su quedi pioggia. gli stessi pendii se si procede a tagliare Troppo spesso il montanaro deve subile piante che li invadono perché non più re le decisioni e le demonizzazioni di chi coltivati si è additati al pubblico ludivive in città e che invece, giustamente, brio. Come mai lo stesso terreno se cerca in tutti i modi di difendere le pomondato dagli animali che lo brucavache piante che si sono salvate dalla cementificazione, ma non si può preten- no andava bene se invece è mondato dall’uomo per permettere il passaggio dere di applicare la stessa misura ovundegli sciatori è considerato una pratica que. criminale che provoca danni alla monL’esagerata e ottusa visione di certi neo ecologisti crea danno ai boschi e alle tagna? Lo stesso disorientamento si presenta ogni qual volta si sentono i montagne tanto quanto un dissennato commenti scandalizzati di chi vede dei disboscamento. I boschi come le montagne devono essere vissuti e protetti fuoristrada percorrere le strade sterrate che conducono in alta ma non come se fossero montagna. l’unico bene rimasto, Chissà se chi esterna cerquesta è la grande diffeOccorre porsi, te proteste si rende conrenza tra l’attuale cona breve termine, to che si tratta di strade cetto di salvaguardia del il problema di servizio, necessarie bosco e quello invece di di come agli alpigiani al fine di alcune decine di anni fa. ri-educare l’uomo portare a valle il prodotAllora quei montanari alla civiltà to delle loro vacche sensapevano come, quanza doverlo fare a piedi e do e dove era meglio tadel bosco. a spalle come una volta? gliare o proteggere le Insomma, permettere a piante, sapevano che da una meravigliosa macchia gialla di chi la montagna la vuole ancora vivere maggio ciondolo in futuro avrebbero di viverla con dignità e conforto, nel lipotuto ottenere del durissimo legno per mite del possibile, è sintomo di lungimiranza non di delinquenza. Se negli alattrezzi da lavoro, così come dai ramoscelli di salice purpureo (Salix purpurea) peggi vengono trasferite le mandrie, ottenevano piccoli canestri, mentre per tutta la montagna ne avrà beneficio e di farne di più robusti usavano rami di conseguenza anche chi la montagna la vuole godere nelle poche giornate di fenocciolo (Corylus Avellana). Con il salice caprino (Salix caprea) divertivano i rie che ha a disposizione lo potrà fare con maggior piacere. Tali problematibambini fabbricando simpatici fischietche impongono un’ulteriore riflessione: ti, così come per le scope che utilizzaè il caso di meditare un nuovo ruolo delvano per le pulizie delle cascine taglial’uomo nella conservazione del “bosco vano ramoscelli di ontano alpino (Alnus di ritorno”? Occorre porsi, a breve terviridis) o di betulla (Betula pendula) o di ginestra (Sarothamnus scoparsi). Con mine, il problema di come attivare un nuovo ruolo dell’uomo nella cura del l’abete e soprattutto con il larice fabbribosco. cavano le loro case o i ponticelli del vilÈ necessario per il futuro fare dell’uomo laggio. L’impegno del montanaro di allora era un fattore attivo nella cura del bosco, né più né meno come possono esserlo la salvaguardia del bosco e dei prati che taluni uccelli colonizzatori, oppure taluarrivavano a lambirlo. ne popolazioni animali come le talpe, gli A proposito di prati, un altro argomento scottante riguarda proprio il taglio scoiattoli, i topi, gli insetti, ecc., occorre delle piante in quelle radure che prima che tale nuova cultura si imperni sul principio che è l’uomo che deve adattarsi al erano prati per gli armenti e ora sono diventate piste da sci. Fino ad una cin- bosco e non il bosco all’uomo. In altri termini, ci si deve porre il problema di come quantina di anni fa i pastori vi portavano al pascolo le loro greggi e provvede- “ri-educare” l’uomo alla “civiltà del bosco”. vano a tenere i pendii sgombri dagli arz 50


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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO INDOOR E S.B.S.

SE ANCHE LA CASA

SI AMMALA COSA SUCCEDE QUANDO STIAMO TROPPE ORE IN UN AMBIENTE CHIUSO, ALL’INTERNO DI UN EDIFICIO AFFETTO DALLA SINDROME DELL’EDIFICIO MALATO? Intervista a Rita Dalla Rosa, scrittrice e giornalista, che al tema ha dedicato alcuni libri.

orse non tutti sanno che anche gli edifici si ammalano. In Occidente se ne parla già da qualche decennio, soprattutto da quando l’OMS ha riconosciuto il problema come una vera e propria patologia. In realtà, con l’espressione “Sindrome dell’edificio malato” (S.B.S. - Sick Building Syndrome) non si indica tanto una problema di alcuni edifici quanto delle persone che li abitano, che risultano affette da diversi disturbi come irritazione delle mucose, affaticamento, allergie, mancanza di concentrazione. Si tratta sicuramente di un problema tipico del nostro tempo e della nostra società che ci spinge a restare per molte ore in luoghi di lavoro chiusi, spesso affollati e afflitti da tutti gli elementi caratteristici dell’inquinamento indoor (polvere, acari, aria satura di anidride carbonica, mancanza di un adeguato sistema di ventilazione). Questo è conseguenza del

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fatto che ci si è sempre preoccupati di proteggere gli edifici dagli agenti esterni come il freddo e il rumore trascurando ciò che dall’interno nuoce alla salute di chi li popola. Dell’argomento si è occupata anche Rita Dalla Rosa, giornalista e scrittrice, che di recente ha pubblicato alcuni volumi per l’editrice Terre di Mezzo dedicati ai diversi aspetti dell’inquinamento indoor e che, nell’intervista che segue, ci descrive le principali caratteristiche degli edifici malati, fornendoci utili consigli. Quali caratteristiche possiede un “edificio malato”? Innanzitutto è caratterizzato dall’inquinamento chimico legato proprio alla costruzione dell’edificio, ai materiali usati per costruirlo e rifinirlo (dalle malte alle colle per le piastrelle, dalle vernici ai pannelli isolanti). Sono tutti materiali che nel

tempo rilasciano nell’ambiente sostanze come la formaldeide, il benzilene, il toluene… Emesse anche dai mobili, dalle porte, dagli infissi, dagli oggetti che vengono realizzati ricorrendo a pannelli di legno, di truciolato o del cosiddetto “Medium Density fiber” per produrre i quali vengono utilizzati anche composti tossici. Secondo lei quali sono le prime tre cose da fare per combattere la sindrome dell’edificio malato? Intanto distinguiamo tra cosa è possibile fare mentre si costruisce un edificio nuovo e quelli che invece sono gli interventi da apportare a edifici già esistenti. Oggi abbiamo sia le conoscenze sia le tecnologie per costruire edifici sani: ad esempio, sappiamo che esistono materiali meno inquinanti e tossici, come ad esempio certe vernici ad acqua, e che al-


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LA PAROLA AI PEDIATRI

cuni di questi, come le vernici fotocatalitiche, sono addirittura in grado di assorbire gli inquinanti rilasciati nell’ambiente. Sappiamo anche schermare al meglio gli impianti elettrici e gli elettrodomestici sono sempre più sicuri. Se invece parliamo di interventi su edifici già esistenti, bisognerebbe intanto rimuovere (ma ormai è un obbligo di legge) le sostanze molto pericolose come l’amianto. Questo si trova ovunque: non solo nei tetti o nelle tegole, ma anche nei pannelli o nei rivestimenti dei tubi del riscaldamento. L’amianto, soprattutto per il suo prezzo contenuto, era molto usato fino agli anni ’70. All’epoca veniva considerato come una manna, ma in realtà, come le più recenti cronache ci hanno confermato, si tratta di un materiale micidiale. Poco per volta si dovrebbe quindi procedere con la ristrutturazione degli edifici

ricorrendo a materiali e vernici che non emettono (o ne emettono in bassa quantità) composti organici volatili (come la formaldeide), ossia le sostanze che restano imprigionate nei manufatti e poi, a causa della temperatura dell’ambiente chiuso, vengono rilasciate, rimanendo sospese nell’aria con il rischio di essere inalate. A questo proposito, oggi esistono anche delle certificazioni, in grado di certificare gli aspetti “salutari” dei prodotti da costruzione e per l’arredamento, ma anche la salubrità degli ambienti in generale. Dunque i pericoli in casa sono tanti; quando lei pensa a un appartamento qual è la prima fonte di inquinamento indoor che le viene in mente? Quella che usiamo noi: detergenti, detersivi, deodoranti che usiamo - in ecces-

Case moderne sempre più inquinate e padroni di casa poco informati sui 'nemici' che si nascondono proprio nel focolare domestico. È il quadro delineato dai pediatri della Fimp (Federazione italiana medici pediatri) nell’ultimo Congresso nazionale della Federazione. “Quasi un quarto delle malattie del mondo, circa il 24% (dati Oms), è dovuto all'esposizione a fattori ambientali", avvertono. Ma lo smog e le altre forme di inquinamento non si fermano davanti al portone di casa. Le polveri sottili, per esempio, si trovano anche nei fumi sprigionati durante la frittura, o nel fumo di sigaretta. Si accumulano inquinanti nell'aria, ma anche nelle acque, nel suolosottosuolo, nel cibo. E i più a rischio sono i bambini al di sotto dei 5 anni. Soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, prevenire l'esposizione a questi fattori di rischio, salverebbe circa 4 milioni di vite all'anno solo fra i più piccoli. In generale, i bambini piccoli passano circa il 90% del loro tempo dentro casa e questo li sottopone a rischi maggiori, venendo a contatto con l'arredamento, la tappezzeria, le pareti, i pavimenti e i soffitti, e quindi indirettamente con vernici, insetticidi, candele, incensi e deodoranti, fumo di tabacco ambientale, prodotti per la pulizia, muffe ed altri agenti patogeni. È per il loro bene che i genitori devono fare avere cura degli ambienti in cui vivono. http://www.fimp.org/

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO INDOOR E S.B.S.

so - per la nostra casa. Vogliamo pulire, ma intanto facciamo anche danno. Sarebbe sufficiente lavare con acqua calda, magari con un po’ di aceto, e fare a meno di tutti quei prodotti che acquistiamo solo perché siamo bombardati dalla pubblicità. Faccio un esempio: le mamme hanno la fissazione (peraltro corretta) di far stare e giocare i loro bambini in un ambiente pulito; pensano di far bene ricorrendo a tutti questi detersivi in commercio oggi,

ricchi in formaldeide, che è di certo un battericida potente, ma che in realtà nuoce anche a noi. Inoltre, la formaldeide è un gas molto pesante che resta in basso, quindi i bambini che giocano per terra, sul pavimento lavato coscienziosamente dalle loro mamme, la respirano più facilmente degli adulti. Insomma, polvere e batteri possono essere combattuti con prodotti naturali, senza alcun bisogno di bombardare la casa con sostanze chimiche dannose.

Come possiamo proteggere i nostri appartamenti? Qual è il metodo di pulizia più efficace? Si può ricorrere agli aspirapolvere con filtri potenti Hepa che combattono le micro polveri, gli acari, i microbi. Ci sono anche degli apparecchi che usano l’acqua al posto dei filtri e addirittura filtrano e puliscono l’aria. Si può quindi fare a meno dei detergenti. Un altro consiglio è pulire utilizzando panni umidi che tolgono la polvere inve-

LE PIANTE CHE MANGIANO VELENI DRACENA

CRISANTEMO

FELCE DI BOSTON

GERBERE

SANSEVERIA

SPATIFILLO

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Nel suo ultimo libro, Aria pulita a scuola, edito da Terre di Mezzo Editore, Rita Dalla Rosa affronta, tra gli altri, anche il tema delle piante che “mangiano” l’inquinamento indoor. L’autrice racconta che la scoperta di questi alleati verdi risale al 1980, quando la Nasa, che stava studiando gli adattamenti di alcune piante all’interno dei satelliti, si rese conto che alcune specie (solitamente curate in appartamento) riuscivano a eliminare le sostanze chimiche dall’atmosfera. Sembrava appunto che le foglie assorbissero le sostanze presenti nell’aria e che queste, attraverso il fusto, giungessero fino alle radici dove venivano trasformate in sostanze nutritive per la pianta stessa. In seguito alla scoperta della Nasa vennero condotti altri studi più approfonditi che certificarono la capacità di 12 specie di piante comuni d’appartamento nel rimuovere formaldeide, benzene e altre sostanze pericolose dall’aria di ambienti indoor e che non rimasero senza conseguenze, dato che negli Stati Uniti si cominciarono ad utilizzare le piante per ridurre gli inquinanti da luoghi di lavoro, case e locali pubblici. Tra gli alleati verdi più comuni ci sono le gerbere, i crisantemi, i clorofiti, le piante mangiafumo, la sanseveria, i filodendri, i pothos, e le dracene, tutti esemplari poco costosi e bisognosi di poche cure, caratterizzati dalla capacità di “nutrirsi” dei dannosi V.O.C. (i composti organici volatili). Nel libro, l’autrice lancia a questo punto una proposta interessante: data la capacità di queste piante di “mangiare” l’inquinamento indoor, perché non utilizzarle anche nelle scuole (edifici notoriamente esposti a diversi inquinanti)? Esemplari come la Felce di Boston (Nephrolepis

exaltata) riescono a eliminare dall’ambiente, ogni ora, ben 20 microgrammi di esalazioni di formaldeide. Stesso discorso anche per il Ficus Benjamina che rimuove la stessa sostanza al ritmo di 12 microgrammi all’ora. Un altro esempio riportato dall’autrice è l’Areca (Chrysalidocarpus lutescens), che rimuove dagli ambienti chiusi 19 microgrammi all’ora di sostanze come lo xilene e il toluene (insieme al benzene, sono i tre idrocarburi più diffusi e più usati dall’industria). Ma l’alleato verde per eccellenza è senza dubbio lo Spatifillo (Spathyphyllum wallisii) che riesce a eliminare un folto gruppo di nemici: ogni ora, si nutre di 19 microgrammi di acetone rilasciato da oggetti in plexiglas e plastica, di 13 microgrammi di metanolo, di 7 microgrammi di benzene, di 5 microgrammi di ammoniaca e di 3 microgrammi di formaldeide. Ma i “mangiatori di inquinamento”, con i quali potremmo benissimo decidere di abbellire non solo le scuole dei nostri figli ma anche le nostre case e i nostri uffici, non finiscono qui: bisogna ricordare anche la Dieffenbachia Exotica Compacta, anch’essa efficace contro xilene, toluene e formaldeide; la dracena "Janet Craig" (Dracaena deremensis "Janet Craig") che si nutre di idrocarburi così come la Dracaena Fragrans Massangeana, il comune “tronchetto della felicità”; il filodendro Emerald (Philodendron erubescens) che rimuove tutti gli inquinanti atmosferici, la palma di bambù (Chamaedorea seifritzii), ottimo rimedio contro benzene e formaldeide; la Phalenopsis, un tipo di orchidea disponibile tutto l’anno ad assorbire xilene e toluene.


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ce di limitarsi a spostarla da una zona all’altra come fanno i panni asciutti. Inoltre, non bisogna dimenticarsi di tenere delle piante in casa: di alcune è stato provato che assorbono l’inquinamento. Secondo lei è sempre esistito il rischio della sindrome dell’edificio malato o è una prerogativa dei nostri anni? Il problema dell’edificio malato è emerso circa 30 anni fa in America e riguardava soprattutto gli ambienti di lavoro, i grandi uffici e gli open space. Da noi magari se n’è parlato poco della sindrome, che qui è legata soprattutto agli ambienti affollati e agli edifici costruiti tra gli anni ’50 e ’70 con materiali scadenti. Però, per quanto riguarda l’Italia, legherei il problema soprattutto alle scuole, che potrebbero in effetti presentare le caratteristiche degli edifici malati. Sono state costruite da molto tempo, sono deteriorate perché non vengono tenute bene e sono anche molto affollate. Nei suoi libri, in particolare in “Aria pulita a scuola” ha affrontato proprio il tema della qualità dell’aria in tali ambiti. Quali sono i rischi ai quali sono sottoposti i bambini e quali sono i primi consigli per salvaguardarli? I rischi sono l’aumento delle allergie e delle affezioni respiratorie perché le scuole vengono pulite sempre di meno. Se un bambino è già asmatico di suo, rischia di andare a scuola un giorno su cinque.E poi bisogna considerare il sovraffollamento delle classi e la mancanza di sistemi di ventilazione adeguati; la conseguenza di tutto questo è l’aria viziata dall’aumento di anidride carbonica e la maggiore facilità di diffusione di batteri, virus e quant’altro. Tutto questo, inoltre, incide sul rendimento scolastico sia dei bambini, sia degli insegnanti: se una persona sta per ore in un posto dove l’aria è satura di anidride carbonica e povera di ossigeno anche il cervello si intorpidisce. Gli insegnanti non svolgono bene il loro lavoro e gli alunni fanno fatica a seguirli. A questo, ovviamente, si aggiungono i problemi cui accennavo prima, cioè i detergenti, i materiali di costruzione tossici, i mobili. z 55


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO INDOOR E BIOARCHITETTURA

COSTRUIRE

SECONDO NATURA

BIOARCHITETTURA: UN TERMINE CHE NON SAREBBE DOVUTO ESISTERE. MA VISTO CHE NON TUTTO È SEMPRE STATO COSTRUITO NEL RISPETTO DELL’UOMO E DELLA NATURA, ECCO CHE OGGI “L’ARCHITETTURA DELLA VITA” CI AIUTA A MIGLIORARE IL NOSTRO BENESSERE. Intervista all’architetto Barbara Fornasir*

* Barbara Fornasir goriziana di nascita, architetto libero professionista, laureata a Venezia nel 1975 con Carlo Scarpa. Si occupa prevalentemente di restauri e ristrutturazioni di edifici storici, di decorazione ed arredo d' interni, di allestimenti (padiglione Italia del FVG della 54 Biennale di Venezia nel recuperato “mag 26” del porto vecchio di Trieste) e di bioarchitettura. Iscritta all'Istituto Nazionale di Bioarchitettura dal 1991, oggi è presidente della sezione di TS e GO. Numerose sono le opere realizzate tra le quali quelle più visibili sono i numerosi caffè e ristoranti, luoghi d'accoglienza molto frequentati che denotano la predisposizione a creare il benessere dei fruitori. 56

uardando al nostro passato sovente si possono trovare segni di un futuro possibile: i sassi di Matera, i Nuraghi sardi, i Trulli di Alberobello, stupefacenti patrimoni dell’umanità, step meravigliosi del nostro cammino, possono essere oggi considerati antichi prototipi di quella architettura moderna che tiene conto del rispetto dell’ambiente attraverso un'accurata utilizzazione delle risorse della natura. In due parole la “bioarchitettura”. Un termine che non dovrebbe esistere, dice l’architetto Barbara Fornasir: l’architettura dovrebbe essere sempre progettata per l’uomo ma, ahimè, per troppo tempo non è stato così. Questo termine è stato coniato negli anni Novanta dall’architetto Ugo Sasso, che progettò il primo condominio ecologico italiano, costruito a Bolzano e finanziato con i sol-

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di pubblici. L’architetto si ispirò alla vicina Austria e fondò l’Inbar (Istituto Nazionale di Bioarchitettura) con lo scopo di divulgare i principi della bioarchitettura organizzando convegni e corsi di approfondimento e istituendo un elenco di esperti. In poche parole - continua Barbara Fornasir - progettare bioarchitettura vuol dire tener conto del territorio, del contesto, della ricerca, della società, della storia e soprattutto delle esigenze del committente. La bioarchitettura insegna a progettare una casa viva, in accordo con il cosmo non solo con materiali e colori ma con la forma. Insegna a investire un pensiero progettuale sul luogo e sulla destinazione, sui percorsi, sull’economia gestionale dell’edificio curando tutti i dettagli per creare a misura d’uomo ciò che all’uomo è destinato.

Quali sono le caratteristiche che distinguono una “biocasa”? Le biocase si riconoscono dalla sensazione di benessere che ti procurano già quando entri. Per un bioarchitetto è importante saper ascoltare, sentire cosa ti racconta il luogo, che tipo di vita si aspetta il cliente. Essere umile e sensibile, con la capacità di interpretare quanto questi “rapporti” gli hanno detto. Un bioarchitetto penso possa paragonarsi al medico di famiglia. Deve avere quella multidisciplinarietà che gli consente di progettare la casa nel suo insieme, non preoccuparsi solo del risparmio energetico o solo di utilizzare materiali traspiranti e non nocivi e, poiché inevitabilmente le case sono imperfette come gli uomini, scegliere tra le varie componenti il male minore. 57


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO INDOOR E BIOARCHITETTURA

Quali sono i principali problemi nel costruire secondo i criteri della bioarchitettura? Ce ne sono parecchi ma il più importante del costruire in bioarchitettura sono i tempi dilatati. Mi spiego: i materiali naturali, senza additivi chimici hanno cicli di lavorazione e asciugatura più lunghi e in un momento storico come il nostro in cui tutti pretendono velocità questo è un grave handicap. Altro problema sono le emissioni di gas radon dal terreno, le turbolenze elettromagnetiche dovute ad antenne o cavi di alta tensione che non possono essere spostati, la vicinanza a fabbriche o siti dalle emissioni pericolose e chi più ne ha più ne metta. Come si vede alla fine va sempre applicato il principio del male minore poiché tutto può essere risolto ma al prezzo di penalizzare qualche altro particolare. Esiste una differenza tra bioedilizia e bioarchitettura? La differenza che passa tra bioedilizia e bioarchitettura è la stessa che si può riscontrare tra gli edifici popolari di periferia e quanto costruito su progetto di architetti etici e competenti. Vi siete mai chiesti perché quando visitiamo una città andiamo in centro? Perché oltre all'interesse intrinseco dei palazzi storici, avvertiamo, anche senza valutarlo razionalmente, un singolare ed efficacissimo rapporto di proporzioni e quindi una situazione di gradevole armonia che dona sicurezza e benessere. Potremmo dire che nel primo caso vi sia un dettato sociale e nel secondo uno poetico. Come colloquiano tra di loro? Oggi il grosso problema è capire se l'ecologia si è impadronita del mercato o se è il mercato a essersi impadronito dell'ecologia, perciò bisogna stare molto attenti perché, sull'onda della moda, prodotti, edifici e purtroppo professionisti si spacciano per ecologisti e finisci per essere imbrogliato credendo di aver acquistato una costruzione sana che sana non è. Su questo punto nasce il problema del collegamento con la bioedilizia che propone ad esempio il sughero che è un isolante naturale, efficiente e sanissimo ma che deve essere assemblato a caldo; diversamente sfruttando l'utilizzo di colle, diventa nocivo perché pieno di formaldeide. Questo è un semplice esempio per far capire quanto la materia sia

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complicata e difficile. Se poi guardiamo ai metodi di costruzione e di posa, questi sono complessi e richiedono una manodopera competente e specializzata ormai difficile da trovare. Volendo fare degli esempi di bioarchitettura? Come dicevo attualmente c'è molta attenzione per la bioarchitettura ma ci sono in realtà ben pochi esempi compiuti in quanto, uno dei principali presupposti di una corretta progettazione è l'orientamento, quasi impossibile da attuare oggi. Piani regolatori impossibili e regolamenti edilizi cervellotici che tengono conto solo di allineamenti, di distanze tra fabbricati e di altri assurdi cavilli costringono i poveri progettisti a tentare di rimediare una situazione compromessa già dall'inizio. Per capire questo discorso basta vedere le costruzioni degli ultimi trent'anni. Quali sono i vantaggi della bioarchitettura? Poter vivere in un luogo sano, circondato da materiali non nocivi e traspiranti, riavvicinare il progetto all'identità culturale legata al luogo e al concetto di organo vitale da curare e preservare, amandolo, in funzione della nostra salute e qualità del vivere. La maggioranza delle persone ormai sta poco nella propria casa che non viene più vista come un caldo e rassicurante rifugio. Non la sente propria, non la ama: ecco uno dei principali problemi del degrado della nostra società-civiltà. Dopo una giornata dura dobbiamo essere rassicurati dalle nostre quattro mura dove ci sentiamo bene, abbiamo la nostra poltrona o il nostro angolo che ci avvolgono e ci coccolano altrimenti non ci resta che lo psicologo. La biocasa inoltre consuma poco, autoproduce l'energia che le è necessaria ottimizzando l’utilizzo della luce solare, ha costi di gestione bassissimi con un microclima interno ottimale e controllabile. Ci sono impianti di riscaldamento ed eventuale raffrescamento radianti, è isolata con materiali traspiranti e ha un tetto, magari ventilato, capace di far penetrare le radiazioni cosmiche. Le finestre inoltre non devono sigillare completamente i vani, ma devono consentire un minimo di ricambio d'aria.


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E per quanto riguarda l’acustica? Va posta attenzione anche all'acustica con particolare riferimento alla zona notte, attenzione anche nel posizionamento degli impianti, cercando di non mettere il letto contro la parete del bagno dove passano i tubi dell' acqua e particolare accortezza anche nella distribuzione dell'impianto elettrico che dovrebbe essere a stella e non perimetrale proprio per evitare correnti elettromagnetiche. Nella zona notte inoltre può essere applicato un disgiuntore per staccare l'impianto nelle ore notturne e dormire meglio. Ci sono poi altre

mille accortezze che vanno, ovviamente, studiate e applicate caso per caso. Concludendo, come deďŹ nirebbe vivere la biocasa? Vivere in un ambiente dove sia stato considerato il benessere igrotermico, olfattivo, respiratorio, tattile, auditivo visivo gestibile con il minimo impegno energetico ed economico, con materiali seriamente selezionati e con gli spazi correttamente progettati. In poche parole: costruire secondo natura signiďŹ ca costruire nella cultura. z 59


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO INDOOR E BIOARCHITETTURA

QUANDO IL

FENG SHUI ENTRA IN CASA en, Yin, Yang, Feng Shui: sono tutti termini provenienti dall’Estremo Oriente che stimolano la curiosità, suscitano l’interesse di noi occidentali e sono sempre più alla nostra portata quasi come sushi e sashimi. Ma ne conosciamo davvero il significato? Yin e Yang rappresentano i principi alla base della medicina e della filosofia cinesi, i concetti con i quali gli antichi filosofi orientali spiegavano l'origine dell'universo. La combinazione spesso misteriosa dei due principi determina tutti i fenomeni dell'universo, ogni cosa del mondo si divide tra Yin e Yang. La tradizione orientale associa una natura femminile a tutto ciò che è Yin e una natura maschile a tutto ciò che è Yang. Yin, inoltre, è anche freddo, oscuro, statico, mentre Yang è caldo, chiaro, secco e in movimento. Tuttavia, i due elementi non sono in contrasto tra loro bensì complementari e interdipendenti; entrambi costituiscono la dualità di ogni fenomeno del cosmo ed è necessario che raggiungano un equilibrio tra di loro. Per sentirci bene con noi stessi e con gli altri dobbiamo favorire questa armonia, mettere a tacere gli eccessi di Yin o di Yang: se possediamo una personalità Yin, ossia troppo rilassata, sensibile, riflessiva che però tende al malinconico o all’inattività, tutto quello che ci serve è essere circondati dall’energia e dalla vitalità di un tipico ambiente Yang. Lo stesso dicesi per le personalità eccessivamente Yang, che rischiano di essere facili vittime di tensioni e irritabilità e che quindi avrebbero bisogno di godere di quelli

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che si ritengono essere i benefici di un ambiente Ying. Se siamo particolarmente incuriositi o affascinati dalla filosofia orientale e se riusciamo ad autodefinirci (sono più Yin o più Yang?) possiamo riempire la nostra casa di spigoli, angoli e materiali metallici, se siamo desiderosi di nuovi stimoli e vogliamo avvicinarci a una personalità Yang, oppure di tratti morbidi, curve e materiali soffici se siamo particolarmente agitati e vogliamo accostarci a un modello più Yin. Un occhio particolare va dato anche ai colori: tinte brillanti e calde, come il rosso, l’arancione e il giallo, se vogliamo essere più Yang, e tinte più fredde come il blu e il verde se invece abbiamo bisogno di risvegliare il nostro lato più Yin. L’architettura per interni che si ispira all’Oriente ci suggerisce inoltre un nuovo modo di arredare dominato da uno stile minimalista che riscopre la bellezza della materia così com’è nella sua semplicità: ne derivano arredi essenziali, stanze luminose, tinte semplici e monocromatiche, forme più geometriche. Si prediligono nuovi tipi di legno, metalli, pietre e vetro, il tutto sempre senza fronzoli e rispondente alla logica dell’essenzialità per una casa che spinge alla meditazione e chiude la porta in faccia allo stress. A tutto questo si collega la tradizione millenaria del Feng Shui (letteralmente “vento e acqua”, ossia i principali elementi naturali che hanno la potenza di modificare il territorio), la disciplina cinese che si definisce come l'arte di armonizzare il nostro ambiente.


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DALLE DISCIPLINE MEDICHE E FILOSOFICHE ORIENTALI, ALCUNI SUGGERIMENTI PER MIGLIORARE IL BENESSERE DELLE NOSTRE CASE. Il Feng Shui suggerisce quindi come disporre gli ambienti in modo che possano aiutarci a raggiungere l’armonia e a sfruttare l’energia positiva, con benefici per la nostra tranquillità, il nostro sonno e il nostro relax. Per entrare nello specifico, ecco una lista di complementi d’arredo orientali oggi più frequenti anche nei nostri salotti e nelle nostre camere da letto: Futon: disponibile anche in seta, è il classico materasso giapponese, costituito solitamente da diversi strati di cotone e una fodera trapuntata a mano. Solitamente si compone di due elementi principali: lo shikibuton, il piumino che funge da materasso, e il kakebuton, ossia il piumino necessario per coprirsi. Zabuton: sono i classici ampi cuscini sui quali sedersi, sui quali spesso si appoggiano dei cuscini più rigidi (gli zafu). I zabuton sono comodissimi anche per appoggiare e far riposare i piedi o le gambe. Shoji e fusuma: le prime sono le porte scorrevoli che nelle case giapponesi tradizionali separavano l’ambiente interno da quello esterno e avevano il ruolo di filtrare la luce, mentre le seconde sono le porte scorrevoli che separavano i locali interni. I fusuma si differenziano dagli shoji per le numerose decorazioni colorate e per non essere trasparenti alla luce. Detto questo non possiamo che trarre le seguen-

ti conclusioni: è indubbio il fascino che l’Oriente, con i suoi principi di calma e serenità interiore, esercita su noi occidentali sempre di fretta e pieni di cose da fare. È indubbia anche la bellezza oggettiva di alcune soluzioni d’arredo che si ispirano all’architettura e agli interni giapponesi. Che poi ci permettano di rilassarci davvero dopo una stressante giornata di lavoro o che ci diano una bella “svegliata” se non abbiamo voglia di fare niente è tutto da vedere. Ciò che è certo è che rientrare la sera a casa dove troviamo un ambiente accogliente, il “nostro” ambiente accogliente, arredato e abbellito come piace a noi (qualsiasi filosofia abbiamo deciso di seguire), non può che rigenerarci! z

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO INDOOR E CONSIGLI

QUANDO IL NEMICO CI GUARDA

I PRINCIPALI NEMICI DEL NOSTRO MIICROCLIMA? TAPPEZZERIE, MOBILI, DETERGENTI PER LA PULIZIA, MA ANCHE ABITI E ABITUDINI. ECCO ALLORA ALCUNI CONSIGLI DI CONFABITARE* PER STANARE IL NEMICO E TIRARE UN SANO RESPIRO DI SOLLIEVO. *CONFABITARE È UN’ASSOCIAZIONE NATA A BOLOGNA NEL 2009 PER TUTELARE LA PROPRIETÀ IMMOBILIARE (WWW.CONFABITARE.IT) 62


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ISOLAMENTO TERMICO E ACUSTICO

ANIMALI DOMESTICI Attenzione ai nostri amici a quattro zampe. Si è infatti osservato che la convivenza con gli animali domestici può provocare o aumentare le reazioni allergiche, la maggior parte delle quali sono legate alla saliva, all’urina, alla forfora e alle scaglie di pelle dei nostri cuccioli. Inoltre, gli animali domestici sono portatori anche di vari inquinanti indoor di natura biologica quali acari, batteri e funghi di vario tipo che possono restare a lungo su mobili e tappezzeria. ✭ Tenere preferibilmente gli animali domestici fuori dalle abitazioni. ✭ Quando si tengono animali in casa, è importante lavarli e spazzolarli con frequenza per limitare la dispersione degli allergeni nell’aria indoor. ✭ Evitare che questi dormano sui divani, sui tappeti e sui letti di casa. ✭ La pulizia dei pavimenti, della moquette e della tappezzeria in genere deve essere molto accurata ed effettuata frequentemente.

Per l'isolamento e l'impermeabilizzazione degli ambienti bisognerebbe evitare i materiali sintetici come i pannelli in polistirolo, in cemento e le schiume all'urea-formaldeide che emettono sostanze pericolose che ostacolano la traspirabilità delle pareti. Ma oltre a essere sorgenti di sostanze inquinanti, i materiali usati per l’isolamento degli edifici, a causa delle loro caratteristiche, possono a volte assorbire sostanze chimiche provenienti da altri processi di lavorazione, come ad esempio la pittura. Molti dei pannelli usati per l’isolamento Anche termico degli ambienti possono gel’inquinamneto nerare inquinamenacustico può essere to indoor se contencertificato. gono resine plasti(vedi pag. 90) che riciclate. Lo stesso discorso vale anche per i sistemi di isolamento acustico usati per pareti e contro-soffitti, il cui principale materiale componente è il poliuretano. ✭ Selezionare sistemi di isolamento di pareti e contro-soffitti privi di formaldeide, quindi seguire le giuste procedure di montaggio. ✭ Ventilare sufficientemente durante e dopo l'installazione dei materiali di rivestimento. ✭ Rimuovere eventuali pannelli bagnati o inumiditi per evitare contaminazioni da muffa. ✭ Verificare che sia i pannelli di isolamento acustico, sia quelli di isolamento termico, non contengano amianto deteriorato che possa comportare l’emissione di fibre altamente dannose per la salute.

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PRIMO PIANO: INQUINAMENTO INDOOR E CONSIGLI

CONDIZIONATORI

TESSILI, MOQUETTE E TAPPEZZERIA

Se non sottoposti a corretta pulizia e manutenzione, i condizionatori possono diventare, oltre che produttori, anche diffusori di contaminanti biologici, dato che nei filtri e nei condotti di questi apparecchi possono annidarsi acari, polveri, muffe e allergeni. I climatizzatori portatili e i deumidificatori possono presentare un rischio per i soggetti allergici a causa delle riserve d’acqua stagnante che può essere fonte di batteri e, di conseguenza, di malattie come asma, polmonite e febbre da umidificatore. ✭ Prima di posizionare il condizionatore accertarsi che la parte esterna non sia collocata su una strada trafficata o vicina ad una raccolta di rifiuti. ✭ Fare una manutenzione periodica dei filtri. ✭ Accertarsi che non ci sia un’eccessiva umidità in modo da non sovraccaricare il condizionatore. ✭ Coordinare la disposizione del sistema di illuminazione e di altre attrezzature nel soffitto, per fornire un libero accesso durante il controllo e la manutenzione dei filtri del sistema di ventilazione e condizionamento e altri componenti.

Rappresentano il nascondiglio ideale per gli acari. Non bisogna poi dimenticare che una elevata umidità può determinare anche la formazione di muffa e la crescita dei batteri. Inoltre, alcuni tipi di tappezzeria possono essere trattati con prodotti chimici e quindi rilasciare, successivamente, sostanze nocive. ✭ Minimizzare la quantità di materiale tessile all’interno degli edifici. ✭ Accertarsi che sia la moquette sia la tappezzeria in generale possano essere pulite facilmente. ✭ Pulire regolarmente tutti i tipi di tappezzeria per impedire l’accumulo delle sostanze inquinanti. ✭ Ripulire e asciugare immediatamente i liquidi rovesciati sui vari tipi di tappezzerie per evitare l’insorgere della muffa. ✭ Per ridurre la carica allergenica all’interno delle abitazioni, utilizzare coprimaterassi e copricuscini, fabbricati in opportuni materiali in grado di impedire il passaggio degli acari dal materasso. ✭ Selezionare moquette e adesivi che siano stati classificati per basse emissioni di VOC (composti organici volatili). ✭ Verificare che la moquette sia prodotta in modo tale da impedire la penetrazione di liquidi allo strato inferiore dove l'umidità può provocare lo sviluppo della muffa. ✭ Per evitare problemi di odori ed emissioni provenienti da moquette nuove, richiedere al fornitore di srotolarla e farle prendere aria in un magazzino asciutto e pulito prima dell’installazione nell’edificio. ✭ Aerare il locale per almeno 72 ore dopo che la moquette è stata installata. ✭ Non installare la moquette vicino a sorgenti d’acqua come lavandini, docce e altri luoghi dove potrebbe insorgere umidità. ✭ È necessario che la moquette sia correttamente pulita con un aspirapolvere ad alta capacità di aspirazione e filtrazione. ✭ Accertarsi che la moquette possa essere rimossa facilmente, senza l'uso di prodotti chimici tossici.

SOFFITTI, PARETI E PAVIMENTI

ABITI

Possono diventare serbatoi di umidità (e di conseguenza anche di funghi, muffe e batteri) oltre che di VOC (composti organici volatili). ✭ Per eliminare il problema dell’umidità è necessario ripulire il soffitto o le pareti o eliminare la pavimentazione nella zona interessata. ✭ Per risolvere il problema dei VOC nel caso di nuove costruzioni o di ristrutturazione, si possono applicare dei materiali porosi che possono intrappolare gli inquinanti dopo operazioni come la tinteggiatura, l’applicazione di materiale adesivo o solventi e le pavimentazioni.

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Gli abiti, attraverso i tessuti, possono assorbire e rilasciare sostanze chimich e inquinanti presenti nell'aria come, ad esempio, i composti organici volat (VOC), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e sostanze allergeniche. Posso no contenere anche formaldeide, utilizzata nei trattamenti di stampa dei te suti, e percloroetilene, un potente solvente utilizzato nel lavaggio a secco, ch può causare irritazione degli occhi, della pelle, delle mucose, nausea, emicr nia e danni al fegato. I nostri abiti, inoltre, nascondono allergeni come gli ac ri della polvere e la forfora degli animali domestici. ✭ Aerare gli indumenti lavati a secco prima di riporli negli armadi per limit re l’esposizione al percloroetilene e ad altri solventi nocivi. ✭ Evitare l’utilizzo di naftalina e canfora, preferendo l’uso di sostanze natura ✭ Nel caso di soggetti allergici, sistemare gli abiti nell’armadio solo se puliti mantenere all’interno dei luoghi confinati livelli di umidità tra il 40 e il 60% ✭ Non appendere il bucato all'interno delle abitazioni per evitare alti live d’umidità.


IMQ NOTIZIE n.95

RISCALDAMENTO - STUFE E CAMINI

PRODOTTI PER LA PULIZIA DELLA CASA E LA CURA PERSONALE

Il tipo e la quantità di sostanza inquinante prodotta dipendono dal tipo di dispositivo, da come l'apparecchio è installato, dal combustibile usato, dalla manutenzione e dalla ventilazione. Alcune delle sostanze inquinanti comunemente prodotte dalla combustione sono il monossido di carbonio, il biossido d'azoto, il particolato aerodisperso e il biossido di zolfo. Dalla combustione, inoltre, viene sempre prodotto il vapore acqueo, che non è considerato una sostanza inquinante, ma può provocare la formazione di superfici bagnate e di umidità. ✭ Aprire la valvola per l’immissione di aria quando si aggiunge legna alla stufa o al camino. Un maggiore quantitativo di aria aiuta la legna a bruciare nel modo corretto e impedisce alle sostanze inquinanti di essere rilasciate nella casa e permette di risalire nella canna fumaria del camino o della stufa. ✭ Usare legna dura e stagionata (olmo, acero, quercia) anziché i legni dolci (cedro, abete, pino), perché sviluppano più calore e formano meno creosoto, un catrame oleoso e nero che si deposita sui camini e sui tubi della stufa. Non utilizzare legna verde o bagnata come legno primario perché genera più creosoto e fumo. ✭ Non bruciare mai legna verniciata o legna trattata con preservanti, perché potrebbero liberare sostanze inquinanti altamente tossiche, quali composti organici volatili, arsenico o piombo. ✭ La combustione della plastica, del carbone di legna e della carta colorata quali i fumetti, comporta la produzione di sostanze inquinanti. ✭ Prima che arrivi l’inverno, controllare le canne fumarie dei camini e le tubature delle stufe; ✭ Non bruciare carbone di legna all’interno degli ambienti confinati. ✭ Verificare che sia le canne fumarie che le tubature delle stufe non contengano amianto deteriorato che potrebbe comportare l’emissione di fibre altamente dannose per la salute.

I prodotti usati per la pulizia della casa possono rilasciare sostanze chimiche tossiche o irritanti come benzene e VOC. A questo proposito è fondamentale conoscere la composizione dei detergenti usati e nel caso in cui essi siano altamente pericolosi, sostituirli con altri più sicuri; è bene anche di non esagerare nell’utilizzo di queste sostanze. Lo stesso discorso vale per i prodotti per la cura personale: i componenti usati come base per i profumi includono idrocarburi alifatici quali propano, butano, esano, limonene, ecc. Altri cosmetici usano, invece, solventi quali etanolo, formaldeide, metanolo; molto frequente, è anche il benzene. È quindi necessario: ✭ Conservare e applicare il prodotto secondo le direttive date dal fornitore. ✭ Usare i prodotti in ambienti ben ventilati. ✭ Limitare l’uso di diffusori spray, in quanto tendono a disperdere nell’aria una maggior quantità di prodotto contenente sostanze chimiche nocive. ✭ Non mescolare i prodotti tra di loro; in questo modo si potrebbero generare ulteriori vapori tossici e dannosi per la salute. Un tipico esempio è quello dell’ammoniaca e della candeggina, che se mescolate inducono la produzione di gas tossici. ✭ Mantenere sempre il prodotto nel suo contenitore originale. ✭ Minimizzare l’uso di profumi per la propria cura personale. ✭ Utilizzare deodoranti per il corpo in forma solida o in crema, evitando l’uso degli spray che vaporizzano nell’aria sostanze chimiche facilmente inalate. ✭ Prediligere fissatori per capelli in forma di gel rispetto alle lacche.

INSETTICIDI

RIVESTIMENTI

Nell’uso degli insetticidi, molto utilizzati soprattutto in estate, è importante leggere attentamente le istruzioni riportate in etichetta e seguire le indicazioni. Inoltre: ✭ Arieggiare le stanze durante e dopo aver irrorato l’insetticida. ✭ Limitare l’uso di naftalina in luoghi dove si trascorre una parte limitata di tempo e comunque aerare prima di indossare indumenti che sono stati a contatto con essa. ✭ Possibilmente utilizzare metodi alternativi non chimici. ✭ Lavare frequentemente gli animali domestici e le foglie delle piante d'appartamento per diminuire l'uso di pesticidi nocivi. ✭ È importante chiudere tutte le finestre e porte quando vengono effettuate le disinfestazioni esterne. ✭ Non irrorare mai controvento. ✭ Conservare i pesticidi assicurandosi che siano ben chiusi e nel loro contenitore originale.

I rivestimenti resilienti sono realizzati con composti principalmente di PVC, linoleum, gomma. I composti in PVC, generalmente, oltre al polivinil cloruro, contengono anche plastificanti, stabilizzanti, antimicotici e antibatterici, pigmenti per la colorazione e additivi specifici che emettono grandi quantità di sostanze tossiche. Lo stesso discorso vale anche per i rivestimenti in legno (ad esempio dei pavimenti), fonti di formaldeide e di altri inquinanti legati all’uso di colle, vernici, resine e altri materiali usati per le rifiniture. ✭ Utilizzare adesivi e rivestimenti a bassa emissione di VOC (composti organici volatili) per minimizzare il carico di inquinamento dell’aria ed i rischi per la salute sia degli installatori che degli occupanti. ✭ Richiedere all'installatore di usare la minima quantità di adesivo necessaria per ottenere le specifiche prestazioni per quel prodotto. Alcuni materiali come le mattonelle di gomma ad incastro e il linoleum pesante possono essere posati senza adesivo. ✭ Dopo aver rivestito, aerare il locale per almeno 72 ore. ✭ Preferire vernici ad acqua per le rifiniture di pareti, pavimenti e soffitti. 65


PRIMO PIANO: INQUINAMENTO INDOOR E SPA

IL BENESSERE DENTRO E FUORI

IN PALESTRA NON VADO PERCHÉ PRENDO I FUNGHI. I MIEI BAMBINI NUOTANO SOLO AL MARE PERCHÉ DALLA PISCINA IN CITTÀ TORNANO CON LA TESTA PIENA DI PIDOCCHI. IN UNA SPA NON METTERÒ MAI PIEDE PERCHÉ NELL’ACQUA SI LAVANO TUTTI.... E POTREMMO ANDARE OLTRE CON I TIMORI PIÙ COMUNI CHE RIGUARDANO LA SALUBRITÀ DI PISCINE, PALESTRE E CENTRI BENESSERE. REMORE CHE NEI LUOGHI AFFIDABILI NON HANNO RAGIONE DI ESISTERE STANDO ANCHE A QUANTO CI RACCONTA LA DR.SSA SERENA AULETTA*.

uali sono i principali rischi per la salute degli ospiti di un centro benessere/termale? I centri benessere e le Day Spa sono luoghi di grande relax e benessere, ma sicuramente, se non adeguatamente strutturati, possono presentare dei rischi per i fruitori. Funghi, batteri e germi, ma anche reazioni allergiche, sono legati a scarsa igiene degli ambienti, controlli saltuari e non adeguati delle acque. Allo stesso modo è rischioso approcciarsi in maniera inconsapevole agli ambienti caratterizzati da alte temperature e livelli di umidità variabili, quali saune e bagni turchi. L’alternanza tra calore e reazione fredda, ne-

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cessaria per riattivare la circolazione e riportare a un livello adeguato la pressione sanguigna, sono aspetti fondamentali di un approccio corretto al mondo del benessere. Il nostro personale interno, che segue il cliente durante la sua permanenza, ha proprio questo scopo, quello di fare da guida anche ai neofiti, spiegargli il modo migliore per affrontare il percorso con i migliori risultati per il proprio corpo. Questa è una caratteristica che ci distingue rispetto ad altri concorrenti del settore, che a favore di un alto numero di clienti non li seguono affatto, lasciandoli sostanzialmente abbandonati a stessi.


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su piedi e ciabattine. Per quanto riguarda le vaQuali sono i requisiti che una struttura rische, attraverso un impianto automatizzato, cettiva deve possedere in termini È possibile l’acqua viene continuamente filtrata e ripulita, d’igiene e pulizia? valorizzare con un ritmo di 10 cicli di pulizia ogni ora. In generale, le normative di riferimento per i luoghi sani e salubri Ogni ciclo carica acqua totalmente nuova e ricentri come il nostro sono il documento recon un’attestazione pulita. Inoltre grazie a un sistema automatizgionale D.G.R. 17/05/06 n. 8/2552 e la nordi terza parte quale zato di controllo di livello del ph e del cloro l’acmativa UNI 10637 che determina tipi e frequenza delle analisi sulle acqua. l’“healthy building” qua è sempre tenuta al livello ottimale per le sue caratteristiche di igiene. Ad esempio, è previsto che ci sia una distin(pagina 90) Il nostro impianto anti-legionella entra in funzione precisa tra le varie zone, affinché i clienzione ogni sera, lavorando durante la notte, a ti vestiti e con scarpe non vadano in contatto con le persone che sono nelle vasche e nelle zone con cam- centro chiuso, con un sistema di innalzamento della temperatura dell’acqua nelle tubazioni fino a raggiungere la minamento a piedi nudi. Le zone di spogliatoi, docce e servizi devono essere lavabi- temperatura di 70 gradi. Inoltre, sempre di notte in autoli, sia nella pavimentazione sia nelle pareti, fino a 2 metri di matico si aziona il sistema antibatterico con pompa a imaltezza. Tutte le pavimentazioni devono essere antisdruc- pulsi. ciolo, per assicurare la tenuta anche da bagnate. I controlli analitici delle acque sono trimestrali, mentre Per quanto riguarda la manutenzione e il controllo quelli interni hanno cadenze diverse, alcuni dei quali, ph e delle strutture, ogni quanto devono essere eseguiti? cloro tipicamente, vanno effettuati tutti i giorni e riportati Abbiamo del personale interno dedicato esclusivamente ai in un prospetto preciso tenuto a disposizione delle autori- controlli sugli impianti, che vengono effettuati tutti i giortà per il controllo. ni, con degli interventi mirati in caso di insorgenza di problemi durante l’orario di apertura del centro. Quali sono le principali misure di prevenzione contro Ciò che più ci preme è la qualità del servizio che offriamo ai nostri clienti, e che conservino un ricordo positivo delbatteri e germi adottate nella vostra SPA? Gli ambienti che presentano maggiori pericoli dal punto di l’esperienza vissuta da noi. vista della proliferazione di batteri e germi sono ovvia- La manutenzione è invece interamente programmata: i filtri dell’acqua di tutte le vasche vengono puliti ogni due mente quelli ad elevata umidità e con presenza di acqua. Per preservare la salute dei nostri ospiti e assicurare la to- giorni. I filtri delle macchine per il riciclo dell’aria hanno intale assenza di batteri e germi nei nostri ambienti, ci siamo vece una durata superiore, e vengono puliti con cadenza innanzitutto rivolti a una struttura che conoscesse le nostre mensile. Inoltre, ogni 500 ore si effettua un controllo sulle esigenze e che quindi fosse in grado di supportarci ade- caldaie di produzione vapore. Le caldaie, di ultima generazione “a condensazione”, richiedono invece una manuguatamente nella pulizia e igienizzazione degli ambienti. Tutti i nostri ambienti vengono puliti giornalmente e so- tenzione annuale. Tutte le macchine installate lavorano su prattutto igienizzati con prodotti ad hoc, che garantiscono una manutenzione programmata, è sufficiente eseguire taz un abbattimento totale della carica batterica e germicida. le programma e seguirne le regole. Per evitare inoltre che i clienti si facciano loro stessi portatori di germi abbiamo posizionato una vasca antimicotico, sia all’inizio del percorso sia negli ambienti saune-bagni tur- * SERENA AULETTA, DIRETTRICE DEL CENTRO BENESSERE EXIT SPA EXPERIENCE DI SARONNO. chi, in modo da ripetere a metà del percorso il trattamento 67


STORIE DI QUALITÀ: HOTEL VERDI E SANI

QUI SI SANA LA NUOVA TENDENZA SEMBRA ESSERE QUELLA DEGLI ALBERGHI “ECO”, COME DIMOSTRA UN’INDAGINE DI TRIVAGO, SECONDO LA QUALE SONO PREFERITI DAL 39% DEGLI UTENTI. MA COSA SIGNIFICA ECO? ECO VUOL DIRE ANCHE SOSTENIBILE E SANO? LO ABBIAMO CHIESTO A CHI PER LAVORO SE NE INTENDE: GIANMARIO BERTINI, GENERAL MANAGER DELL’HOTEL ANTARES RUBENS DI MILANO, CHE CI RACCONTA COME SOSTENIBILITÀ E SALUBRITÀ SIANO ANCHE UNO STRUMENTO DI MARKETING.

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ul mercato si stanno affacciando gli alberghi eco e quelli bio. Secondo la sua esperienza che livello di informazione c’è tra gli utenti? Quanto è chiara la differenza tra eco e bio? Se parliamo di utenti credo che la percezione sia abbastanza - ma aggiungo anche comprensibilmente - confusa. Il prefisso “eco” è diventato senza ombra di dubbio di gran moda, ma che cosa in dettaglio significhi non è ancora ben chiaro. Le etichette verdi sono infatti al momento una realtà volontaria, una sorta di autocertificazione che le diverse strutture si danno, valorizzando aspetti di efficienza energetica piuttosto che di impatto sull’ambiente. Ma tutto è fatto su base volontaria e individuale. Sarebbe invece utile poter contare su direttive precise, che fornissero strumenti comuni e condivisi, utili per fregiarsi davvero di un titolo distintivo.

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Ci troviamo di fronte dunque a una clientela ancora poco critica?


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In parte e se parliamo di privati, sì, ma come dicevo non per carenze loro, quanto per lacune normative. Un po’ diverso è invece il discorso della prima committenza: gli uffici acquisti di società o le agenzie di viaggio hanno una maggiore sensibilità per le tematiche ambientali, o inerenti al comfort degli ambienti nei quali i propri referenti andranno ad alloggiare. Passiamo ora all’aspetto “salubrità”. Il 20% degli italiani soffre di allergie. In pochi anni la percentuale arriverà al 25%. Dalle richieste della vostra clientela, avete evidenza di questa particolare tendenza? Decisamente sì. Nell’ultimo decennio

abbiamo proprio visto un’impennata di questo problema, al quale abbiamo cercato di rispondere con sollecitudine ed efficacia. Ad esempio, quali azioni correttive e migliorative avete intrapreso? La più apprezzata è stata sicuramente l’adozione di guaine per materassi antimuffe, antibatteri, antiacari. Abbiamo poi deciso di sostituire la moquette nelle camere - fonte di acari - con il parquet, facendo però attenzione a migliorare anche l’insonorizzazione del calpestato. Abbiamo acquistato cuscini prodotti con materiali antiallergici, e lo stesso valga per i prodotti per la pulizia personale, nella scelta

dei quali abbiamo privilegiato le gamme più neutre. Anche nei detersivi utilizzati per la pulizia delle camere, ci siamo orientati verso quelli meno invasivi e lo stesso abbiamo chiesto alle nostre società fornitrici. Abbiamo eliminato dalla hall tappeti e tendoni, raccoglitori di polveri e acari, nonostante la quotidiana pulizia. Nelle poche camere per fumatori rimaste, utilizziamo particolari sistemi di sanificazione per depurare aria e arredamenti. Ha citato come più apprezzata l’adozione di guaine antimuffabatteri-acari. Come avete dato evidenza di queste migliorie alla vostra clientela? 69


STORIE DI QUALITÀ: HOTEL VERDI E SANI

GLI HOTEL ANTARES

Gli Antares Hotels sono tre Alberghi, Accademia, Concorde e Rubens, situati nel cuore di Milano. Collocati nella fascia 4 stelle, perseguono la stessa filosofia di alta ospitalità, qualità del servizio e attenzione per l’impatto ambientale. L’Hotel Rubens, dopo la coibentazione esterna effettuata nel 2003 che ha migliorato l’efficienza energetica dell’edificio, le dispersioni termiche e l’insonorizzazione, ha recentemente ristrutturato le parti comuni con impianti di illuminazione a Led - con obiettivi in termini di efficienza energetica - e arredamenti (eliminazione tappetti, moquette, tendaggi e dotazione di guaine antimuffebatteri-acari) per migliorare la salubrità e la qualità dell’aria indoor e rispondere al crescente fenomeno delle patologie allergiche. Sulla stessa strada anche il Concorde, di recente strutturato in ottica di riqualificazione energetica dell’edificio, efficienza energetica ma anche miglioramento del comfort per la clientela. http://www.antareshotels.com/

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IMQ NOTIZIE n.95

Ovviamente per gli aspetti più avvertibili - eliminazione di tendaggi e tappeti - non abbiamo ritenuto opportuno dare alcuna segnalazione. Per quanto riguarda le guaine, i cuscini, l’utilizzo di prodotti neutri, ne abbiamo dato evidenza in ciascuna camera attraverso un piccolo cavaliere in plexiglass. E devo dire che l’iniziativa ha portato i suoi frutti. Dunque le scelte “salutari” vi hanno premiato. Può dire lo stesso per quelle più ambientali? Quelle ambientali ci stanno premiando in particolare in termini di risparmio economico. I clienti, in generale, in una struttura alberghiera cercano anzitutto il comfort: che la camera sia ben insonorizzata, che le luci siano gradevoli, che il servizio sia efficiente. Se poi la camera è silenziosa grazie a una coibentazione che ha permesso di migliorare anche l’efficienza energetica e termica di tutta la struttura o che le luci oltre a essere gradevoli sono anche a risparmio energetico, conta un po’ di meno. Ma è certo che questi aspetti valgono non poco in termini economici. Riqualificazione energetica dell’edificio; sistema di illuminazione a Led dimmerabile; impianto domotico in grado di gestire l’illuminazione nelle singole camere: sono i principali interventi “sostenibili” apportati di recente nella vostra struttura. Sono state scelte penalizzanti per i clienti? Tutt’altro. Anzitutto vorrei però precisare che l’intervento domotico non è poi così recente. Il nostro hotel da vent’anni è già organizzato in modo da togliere la corrente della camera all’uscita del cliente, per farla poi trovare accesa al suo rientro. Per quanto riguarda gli accorgimenti più recenti, hanno addirittura migliorato l’accoglienza. I Led dimmerabili nella hall ci hanno permesso di creare, a seconda delle ore del giorno, atmosfere appropriate. I dispositivi per

l’efficienza idrica dei rubinetti, uniti Passiamo ora agli aspetti econoai soffioni emozionali (giochi di luci mici. Quanto avete risparmiato con colorati a seconda del getto d’acqua tutti gli interventi effettuati. scelto) ci hanno consentito di miglio- Grazie all’illuminazione a Led abbiarare il servizio, pur riducendo i consu- mo ottenuto un risparmio globale di mi d’acqua. circa il 40%. Per quanto riguarda la In questa attenzione per i consumi coibentazione dell’edificio e il micredo di poter dire che siamo stati dei glioramento degli infissi, siamo riuprecursori. E prima che per sciti a conseguire un abconvenienze economibattimento del rumore di Sarebbe che, per una sensibilità oltre 10dB, raggiungenimportante ambientale che la prodo valori inferiori ai 30dB, poter contare su prietà dei tre alberghi considerati ottimali per il parametri condivisi, comfort acustico di camilanesi Antares ha sempre dimostrato. utili per fregiarsi di mere d’albergo. AbbiaLa sostenibilità ha dei coun titolo distintivo, mo ridotto le dispersioni sti, ma noi abbiamo termiche quasi del 50%, un’attestazione di sempre creduto che non e anche questi sono tutti terza parte (pag. 90) risparmi. fossero spese ma investimenti, certo economici, ma anche per la qualità dell’ambiente Una curiosità. In termini di salunel quale viviamo. E siamo così con- brità degli ambienti e attenvinti di questo che non crediamo ci sia zione per l’ambiente, chi sono i un termine ai miglioramenti possibili clienti più sensibili a queste tein ambito di efficienza energetica e matiche? impatto sull’ambiente. Probabilmente i nordici, i tedeschi, gli inglesi. Ma da loro i comportaAvete in programma altri pro- menti ecoresponsabili forse sono già getti? patrimonio della cultura. Noi italiani, Stiamo ad esempio lavorando per av- per lo più, dobbiamo ancora metavicinarci al km zero dei fornitori, set- bolizzarli. tore della ristorazione compreso. E stiamo valutando l’ipotesi di una Come vorrebbe concludere quequantificazione della nostra impron- sta intervista? ta ambientale, con la misura delle Sottolineando quanto le strutture emissioni CO2. Antares credano veramente in una crescita sostenibile e di come non ci Una scelta insolita per un al- siamo accontentati di farci vedere bergo. “verdi” scegliendo la strada più faciCome le dicevo, crediamo in questo le (ad esempio predisponendo nei percorso. Nonostante ci siano delle bagni un semplice biglietto per sendifficoltà oggettive. Stiamo cercando sibilizzare i clienti nell’utilizzo degli di offrire un albergo salutare, confor- asciugamani). tevole, silenzioso, attento ai consu- Noi invece desideriamo essere agenmi, nonostante ci si trovi in una città ti attivi, propositivi, orgogliosi di come Milano, non esattamente quanto fatto. esempio di salubrità dell’aria o di ef- Ma proprio per questo sarebbe molficienza energetica. E a volte si trova- to più interessante, come dicevo alno difficoltà nelle piccole cose. l’inizio, se aspetti ambientali e saluCi eravamo ad esempio organizzati tari, oltre a quelli previsti dalle leggi, in una raccolta differenziata che pre- fossero regolamentati per tutte le vedesse anche l’umido, ma purtrop- strutture alberghiere con precise dipo non abbiamo trovato seguito e rettive e parametri comuni, condivisi, supporto nei servizi urbani. z insindacabili.

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QUALITÀ DELLA VITA: HOBBY

PER APPASSIONATI DI CIELO E STELLE, BREVE GUIDA AI MIGLIORI OSSERVATORI NATURALI DI ITALIA (CONFIDANDO IN ARIA TERSA E CIELO LIMPIDO).

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telle cadenti, comete, costellazioni… Da millenni l’osservazione dei corpi celesti affascina l’uomo. Sarà perché a ogni stella cadente corrisponde un desiderio espresso, ma il numero degli appassionati di astronomia aumenta sempre di più. Proprio per questo motivo stanno prendendo piede in Italia numerose iniziative che prevedono l’osservazione del cielo all’aperto e che nascono con l’intento di rendere l’astronomia alla portata di tutti. Cominciamo da quelle previste nel periodo estivo. In agosto ci si attende sempre una pioggia di stelle, le cosiddette “lacrime di San Lorenzo”: secondo la tradizione, la notte del 10 agosto è il momento migliore per osservare questi frammenti di comete che, entrando al-

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IMQ NOTIZIE n.95

l'interno dell'atmosfera terrestre, s’incendiano a causa dell'attrito e diventano visibili a occhio nudo. Tra i posti migliori per restare con gli occhi incollati al cielo durante la notte di San Lorenzo, vanno citati sicuramente Plateau Rosà, a Valtournenche, in Valle d’Aosta e il Passo dello Stelvio. Inoltre, sempre per il 10 agosto, non si può non ricordare l’appuntamento estivo con “Calici di Stelle”, ideato dal Movimento Turismo del Vino e previsto in diverse piazze e centri storici italiani, durante il quale i turisti e gli appassionati di stelle cadenti hanno la possibilità di godersi lo spettacolo celeste, senza rinunciare a un buon bicchiere di vino accompagnato, perché no, da qualche prelibatezza locale. Scendendo lungo la penisola, troviamo in Liguria gli ottimi punti di osservazione del Passo del Giovà sull’Appennino e del comune di Perinaldo, in provincia di Imperia, che organizza anche osservazioni aperte al pubblico. Lontani dall'inquinamento luminoso che tante volte ostacola l’osservazione del cielo anche numerosi indirizzi toscani: il lago di Massaciuccoli, l’Isola di Giannutri o il monte Amiata. E poi giù fino alla Sicilia, impossibile non segnalare la posizione privilegiata della quale gode l’Etna e, in particolare, la sede dell’osservatorio astrofisico di Catania situata in Contrada Serra La Nave, che si trova sul versante sud del vulcano a un’altezza di 1735 m e che ha proprio di recente inaugurato un nuovo padiglione realizzato per consentire l’accesso al telescopio anche alle persone affette da disabilità motorie. E dato che i cieli urbani, a causa delle numerose fonti di luce, non sempre permettono un’ottima osservazione, mentre nelle aree naturali la volta celeste offre ancora il raro spettacolo della notte piena di stelle, ecco alcune iniziative nate per privilegiare l’osservazione a contatto con la natura. Dall'Osservatorio Serafino Zani e dall'Associazione amici dei parchi e delle riserve naturali nasce l'iniziativa "I parchi delle stelle", ideata proprio per valorizzare l'importanza dei siti naturali come punti di osservazione astronomica. Tra le aree naturali protette che ade-

riscono all'iniziativa ci sono il Parco del Gigante a Reggio Emilia, il Parco dell'Alto Garda Bresciano in provincia di Brescia, il Parco regionale Adda Sud in provincia di Lodi e il Parco di Campo dei Fiori in provincia di Varese. Per chi vuole restare con il naso all’insù anche una volta finita l’estate, esistono hotel, ristoranti, associazioni astrofili e comuni italiani che propongono un numero sempre maggiore d’iniziative per sperimentare l'astronomia. Per esempio, in Lombardia, il comune di Castione della Presolana organizza nel mese di settembre “Luna di Miele”, una degustazione di miele scrutando le stelle mentre, nel mese di novembre, si tiene “A colloquio con le stelle”, un incontro di osservazione astronomica aperto a tutti presso l'Osservatorio Astronomico Presolana. “Stelle in Laguna” è invece l’iniziativa promossa per il mese di ottobre dal comune di Venezia, dedicata all’osservazione del cielo stellato da uno dei luoghi più suggestivi del mondo, piazza San Marco. Ancora, in provincia di Asti, un'associazione di astrofili astigiani, con l’aiuto di un ristorante-enoteca, organizza “Un occhio alle stelle e un occhio alla tavola…”, un’ottima occasione per unire il piacere dell’osservazione con il telescopio al gusto per la buona tavola. Ma se una serata “a caccia di stelle cadenti” non vi basta, Poggio Cavallo in Toscana, con le sue aziende agrituristiche, è il luogo ideale per trascorrere qualche giorno di relax a guardare il cielo, grazie alla lontananza dalle forti luci delle città e alla particolare conformazione delle colline che circondano il borgo. Anche gli “Star Party” sono la soluzione ottimale se si vuole trascorrere un week-end in compagnia di altri appassionati di astronomia. Si tratta d’incontri e fine settimana organizzati da osservatori e associazioni astrofile, solitamente nel periodo compreso tra marzo e ottobre, all’insegna di stelle, buona cucina e divertimento. Ce n’è davvero per tutti i gusti! A questo punto non resta che armarsi di telescopio… E se vedrete qualche stella cadere, non dimenticate di esprimere un desiderio! z

E QUANDO IL CIELO È LIMPIDO, TORNIAMO A RIVEDERE LE STELLE: I NEMICI DEL SEEING

Seeing (dall'inglese to see = vedere) è un termine utilizzato in astronomia per indicare la condizione in cui si osserva il cielo. La visibilità dei corpi celesti può risultare più o meno sfocata in base ad alcuni fattori: l’atmosfera (influiscono sia le turbolenze e sia la temperatura), l’umidità e lo strumento utilizzato per l’osservazione. Per quanto riguarda la turbolenza atmosferica, distinguiamo quella di bassa quota da quella di alta quota. La prima è dovuta allo scambio di calore fra il terreno e l'aria: nella notte, il calore accumulato di giorno dal terreno risale verso l’alto dando origine a formazioni simili a colonne che possono ostacolare l’osservazione. Nella turbolenza di alta quota, invece, il seeing è reso difficoltoso dalla presenza di flussi d'aria orizzontali. In condizioni di umidità, invece, le micro gocce d'acqua sospese nell'aria comportano una diffrazione dei raggi luminosi. Più numerose e più grossolane saranno le particelle d’acqua e più disturbata risulterà l’osservazione. Anche il tipo di strumento utilizzato può influire sulla riuscita del seeing. Esistono diversi tipi di strumenti che vanno scelti in base al tipo di osservazione che si intende fare: se vogliamo osservare la via Lattea, ad esempio, basterà un semplice binocolo. Se decidiamo di acquistare un telescopio astronomico dobbiamo però sapere che questo tipo di strumento necessita di una certa esperienza in quanto presenta un funzionamento piuttosto complesso. Attenzione anche a giocare con gli ingrandimenti: un ingrandimento notevole non aumenta i particolari visibili sull'immagine, anzi a volte risulta più gradevole osservare un'immagine non eccessivamente ingrandita. Infine, bisogna dire che esistono anche alcune metodologie di misurazione dell’osservazione del cielo. Le due scale più note per la misurazione del seeing sono la Scala di Antoniadi (che individua una scala di valori dalla condizione di visibilità perfetta fino a una condizione di visibilità pessima), valida soprattutto per l'osservazione planetaria e la Scala di Pickering, utile soprattutto per l'osservazione delle stelle doppie e di tutte le sorgenti puntiformi. 73


QUALITÀ DELLA VITA: VIAGGI

DALL ALL’AFF ’AFFASCINANTE ASCINANTE RIO DE JANEIRO JANEIRO ALLE SPIAGGE SPIAGGE REMOTE REMOTE DI FERNANDO DE NORONHA, PER SCOPRIRE UN PAESE PAESE MERAVIGLIOSO MERAVIGLIOSO,, CON L’AIUT L’AIUTO O DI SIMON FAL ALV VO* * Simon Falvo, dopo aver lavorato diversi anni nel mondo delle PR tradizionali, si è specializzata nella comunicazione sul web. Appassionata viaggiatrice, possiede il blog di viaggi Wild About Travel Travel grazie al quale è entrata nella community dei blogger più influenti a livello internazionale. internazionale. Attualmente scrive anche per il blog di VisitBritain VisitBritain ed è founder e director director del sito www.avventur www.avventurosa.com. osa.com. Inoltre, Inoltre, partecipa a numerosi numerosi incontri europei europei nell’ambito dei Social Media e segue le ultime tendenze a livello internazionale. internazionale.

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IMQ NOTIZIE n.95

aese immenso e dalla straordinaria diversità, il Brasile è una delle mete più affascinanti dell’America Latina. Nell’immaginario collettivo, il Brasile evoca i colori e il clima festoso del Carnevale di Rio, l’impenetrabilità della foresta amazzonica, le spiagge di Fortaleza, il samba e la famosa Caipirinha. Tuttavia, ci sono molte altre attrattive che rendono il Brasile un paese speciale e, in un certo senso, unico: l’eredità coloniale, la ricchezza dell’ecosistema e la grande varietà data da una società multietnica che ha saputo integrare diverse tradizioni in una nuova forma originale. Come per gli Stati Uniti, l’Australia o la Cina, anche in Brasile è necessario più di un viaggio per scoprire un paese denso di storia, cultura e bellezze naturali. La vastità e la diversità rendono il Brasile una meta ideale per ogni viaggiatore. La vera sfida, considerate le grandi distanze, è identificare un itinerario secondo i propri gusti, e pianificare i trasferimenti, il più delle volte in aereo. Per chi desidera scoprire diversi aspetti di questo paese così ricco di fascino, è possibile costruire un itinerario che comprenda luoghi ed esperienze estremamente diversi. Un esempio?

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QUALITÀ DELLA VITA: VIAGGI

Rio de Janeiro mpossibile pensare a un viaggio in Brasile senza includere Rio de Janeiro, vera e propria icona non solo del Paese, ma dell’America Latina. I luoghi da non perdere? Le famose spiagge di Ipanema e Copacabana, sono un punto di partenza eccellente per assaporare un po’ dell’atmosfera locale e osservare i Carioca (come vengono chiamati gli abitanti di Rio) mentre giocano a pallo-

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ne, corrono, o semplicemente passeggiano e conversano in uno dei tanti bar sul lungomare. Imperdibile una visita al Corcovado, la montagna (alta oltre 700 metri) sulla cui cima domina la gigantesca statua del Cristo Redentore. Da qui, in una bella giornata, si può vedere l’intera città e godere di uno dei panorami più belli del mondo. Merita una visita anche il Barrio de

Santa Teresa, con le sue caratteristiche stradine che si inerpicano sulla collina. In passato quartiere dei Carioca facoltosi, oggi Santa Teresa è la zona degli artisti. Città di grandi contrasti e disparità economiche e sociali, Rio de Janeiro è famosa anche per le favelas, parte integrante della cidade maravilhosa, che è possibile visitare con tour accompagnati.

Le cascate dell’Iguaçu l confine tra Brasile e Argentina, le cascate dell’Iguaçu offrono uno spettacolo naturale di grande bellezza. Le 275 cascate, la cui altezza arriva fino a 70 metri, fanno parte del Parco Nazionale Iguazù in Argentina e dell’omonimo Parco Naturale in Brasile, entrambi dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Le cascate dell’Iguaçu, che hanno fatto da sfondo a diversi film tra cui ‘Mission’, ‘Agente 007 - Moonraker’ e ‘Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo’, sono visitabili dal Brasile e dall’Argentina e il modo migliore per apprezzarne la varietà e l’estensione è osservarle da entrambi i lati. In entrambi i Paesi i parchi sono ben curati e organizzati, e oltre alle facili camminate lungo i sentieri che conducono da una cataratta all’altra, è possibile fare un tour sul fiume in grandi gommoni dai quali vedere (e sentire) le cascate da vicino. L’unico albergo all’interno del Parco, a pochi passi dalle cascate, è l’Hotel das Cataractas, un’ex residenza coloniale portoghese trasformata in Hotel di Lusso dal quale è possibile ammirare il paesaggio al tramonto e all’alba senza la folla di turisti.

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Salvador de Bahia Salvador de Bahia si scopre un Brasile diverso, fatto di colori, profumi, sapori in cui si riflette la forte influenza della cultura afro-brasiliana. Più che una città da visitare, Salvador è un luogo da vivere e da esplorare lentamente. Il cuore della città è il Pelourinho, il centro storico con le allegre case coloniali color pastello, piccoli negozi, bar e ristoranti accoglienti e tanta musica. Salvador è famosa anche per la ricca tradizione culinaria, i cui sapori sono fortemente improntati dall’utilizzo di ingredienti tipici dell’Africa. Il principale ingrediente della cucina bahiana è l’olio di palma, importato dall’Africa Occidentale in epoca coloniale, spesso accompagnato da latte di cocco e diverse spezie. Una specialità da non perdere è la moqueca bahiana, un delizioso stufato ai frutti di mare che immediatamente evoca Jorge Amado e la sua ‘Dona Flor’.

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Fernando de Noronha ituata a 350 km dalla costa, nel mezzo dell’oceano Atlantico, Fernando de Noronha è una delle mete più appartate e fuori dai sentieri battuti, raramente inclusa in un itinerario alla scoperta del Brasile. L’isola, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2001, è diventata un’area regolamentata per proteggerne il delicato ecosistema. Il numero di visitatori ammessi giornalmente è limitato a circa 500 persone, una delle ragioni per cui i prezzi sono elevati e l’isola è considerata dai Brasiliani una meta da sogno. Esclusiva, ma non lussuosa, Fernando de Norhona colpisce per la bellezza selvaggia delle sue spiagge, l’acqua cristallina le cui sfumature vanno dall’azzurro all’intenso turchese, i tramonti mozzafiato.

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Tra le spiagge da non perdere la splendida Bahia do Sancho (raggiungibile via terra scendendo da una stretta e ripida scaletta di ferro in mezzo alle rocce, o via mare con una gita in battello), Praia do Bode con l’incantevole vista sugli scogli chiamati Dois Irmãos - i due fratelli - e l’indimenticabile Baia dos Porcos dall’acqua turchese, alla quale si accede soltanto a piedi. Fernando de Noronha è collegata alla terraferma da voli in partenza da Natal o Recife, mentre per spostarsi sull’isola esiste un servizio di autobus che percorre l’unica strada asfaltata. Tuttavia il modo migliore per esplorare Noronha è affittare un buggy, piccola auto aperta e divertente, perfetta sulle strade sterrate che conducono alle spiagge più belle.

Parque Nacional do Lençois de Maranhenses l Parco Nazionale Lençois de Maranhenses è la meta perfetta per chi è in cerca di avventura e ama i luoghi selvaggi. Situato in un’area remota dello Stato del Maranhão, nel Nord-Est del Brasile, e raggiungibile solo in 4x4, il Parque do Lençois è una vasta distesa di dune bian-

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che tra le quali sorgono lagune turchesi o dal blu intenso, formate dall’acqua piovana, che rendono il paesaggio quasi surreale. Sorvolando il Parco (piccoli aerei effettuano voli della durata di 30 minuti) si capisce l’origine del nome che gli è stato dato. Le bianche dune, che si estendono

per chilometri, sembrano infatti una distesa di lenzuola, chiamate lençois in portoghese. I principali punti di accesso al Parque do Lençois sono Fortaleza e São Luís, da dove si raggiunge Barreirinhas (in autobus o auto privata), punto di partenza per esplorare il parco. 77


QUALITÀ DELLA VITA: SPORT

PALLACANESTRO?

PER ME “NUMERO UNO” È CONSIDERATO LO SPORT DI SQUADRA PIÙ COMPLETO. MA ACCANTO AGLI ASPETTI SPORTIVI, AGONISTICI E PROFESSIONALI, LA PALLACANESTRO È DIVENTATA ANCHE METAFORA DI VITA E FONTE DI REGOLE E STRATEGIE PER LE ATTIVITÀ LAVORATIVE. CON UN’INTERVISTA A “THE COACH” DAN PETERSON, CERCHIAMO DI CAPIRE PERCHÉ. n Italia arrivò nel 1907, con il nome di palla cesto. Ma le sue origini sono negli Stati Uniti, sebbene per iniziativa di un canadese. Lui si chiamava James Naismith, era un professore di educazione fisica che nel 1891 lavorava presso la YMCA International Training School di Springfield, nel Massachusetts. Un giorno gli venne chiesto di trovare uno sport in alternativa agli esercizi di ginnastica, che potesse tenere in allenamento durante la stagione invernale i giocatori di baseball e football. Lui, ispirandosi al gioco canadese duck-on-a-rock, il 15 dicembre 1891 diede vita al basketball, regolato da tredici norme, con un cesto di vimini per le pesche appeso alle estremità della palestra del centro sportivo e due squadre di nove giocatori. Il nome fu coniato da uno degli allievi di James Naismith, Frank Mahan, dopo che l'inventore aveva rifiutato di chiamarlo Naismithball. Il 21 dicembre si disputò la prima partita della storia della pallacanestro. Il 15 gennaio 1892 Naismith pubblicò le regole del gioco: è la data di nascita ufficiale della pallacanestro. La prima

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partita venne disputata in nove contro nove il 20 gennaio e terminò 1 a 0 grazie al canestro di tale William "Willie" Chase. Negli anni il gioco e le regole si sono evoluti, ma quel che è stato alla base della pallacanestro continua ad essere vero: il fatto di rappresentare lo sport di squadra più completo. Uno sport che, per la centralità data all’armonia e all’affiatamento della squadra, è diventato spesso anche metafora di vita nonché fonte di regole e strategia per la vita quotidiana, quella lavorativa compresa. In tanti anni di allenamento quali valori ha cercato di trasmettere ai suoi ragazzi? Più che valori ho forse cercato di trasmettere gli strumenti per riconoscere i valori. In particolare ho fatto in modo che sapessero riconoscere ciò che è giusto da ciò che è ingiusto, ciò che è importante da ciò che non è importante. Ho fatto in modo che capissero come in allenamento le cose importanti siano: lavoro durissimo, sacrificio per migliorare, concetto di squadra, intelligenza del gioco, mentalità vincente, umiltà.

Ritiene che lo sport sia ancora una vera e propria “palestra di vita” e se sì, perché? Lo sport sarà sempre la più importante (e la più bella) palestra della vita. Il leggendario Generale Douglas MacArthur ha coniato questa frase: "Sui campi dell'agonismo amichevole, si piantano i semi che, in un futuro giorno, su un altro campo, porteranno i frutti della vittoria". Lui, è chiaro, parlava di guerra. Ma la metafora vale, comunque, per la vita. Come le regole e le strategie vincenti dello sport possono essere trasferite in ambito aziendale? Mi permetta di iniziare con una precisazione che in parte serve già a rispondere alla sua domanda. È infatti importante notare come mentre non tutte le regole delle aziende possono essere applicate allo sport, tutti i


IMQ NOTIZIE n.95

PALLACANESTRO PER BAMBINI ❯ Benefici fisici: migliora resistenza fisica, po-

tenza muscolare, elevazione, coordinazione, fiato; il campo di gioco è più piccolo di quello da calcio, ma in una partita il cestita percorre la stessa distanza di un centrocampista.

❯ Benefici sulla personalità: sviluppa la con-

centrazione, la costanza nel ripetere numerose volte i movimenti fondamentali e l'armonia di gruppo.

❯ Età consigliata per l’inizio dell’attività: 5-7

anni.

❯ Rischio traumatico: a parte gli strappi mu-

scolari e i problemi ai legamenti, nel basket c'è il contatto fisico che aumenta le possibilità di infortuni.

❯ A chi è sconsigliata: a chi ha problemi alle

ginocchia e a chi soffre di patologie alla colonna vertebrale.

❯ Impegno: medio-alto.

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QUALITÀ DELLA VITA: SPORT

OACH ESSERE CENDA IN AZI erson t

Pe troppo spesso si ha concetti dello sport con Dan sono invece applicafretta di trasformare IU’ P I D E N bili al mondo del lalo sport in una proER PER SAP I L G voro. I valori di cui le fessione. Ma è troppo GUARDA ” Q IM parlavo sopra, uniti a presto: lo sport non I TAMENT “APPUN sensibilità psicologia, atpuò essere una profes) (PAG. 91 tenzione per l’altro, per il sione a 14 anni. Lo sport coaching e per la squadra, la deve essere anzitutto amore. I motivazione, la determinazione e la soldi, i titoli, gli onori vengono dopo e mentalità vincente sono tutte caratteri- devono essere una conseguenza, non stiche indispensabili in azienda. l’obiettivo. Purtroppo, oggi, invece, la scala valori si è invertita e il rischio è Secondo lei, negli anni, il ruolo quello di rovinare tutto. dello sport nella società è cambiato? Cosa pensa degli scandali che Sì è cambiato. E molto, purtroppo. Dihanno investito diverse discipline cono che lo sport abbia tre stadi: gioco, sportive (in primis il calcio) in quesport, professione. Ogni stadio dosti anni? Secondo lei dipendono dal vrebbe avere il suo tempo. Che oggi infatto che lo sport è considerato vece non è più rispettato, visto che sempre più un business e sempre 80

meno una disciplina o uno stile di vita oppure “incidenti” del genere sono sempre esistiti? Ogni scandalo aumenta il cinismo verso lo sport, uccidendolo. Basta fare un esempio: la Coppa del Mondo del Calcio vinta nel 2006 è ormai affare archiviato. Mentre lo scandalo del Calciopoli continua ad essere all’ordine del giorno. E il tutto perché alla base degli interessi non c’è più amore, spirito competitivo, ma solo interessi economici, manie di grandezza, desiderio di risultare vincitori anche a costo di comprare il titolo. Si può chiamare stile di vita, questo? Qual è il bello del basket? Se giocato bene, il basket è "il balletto giocato”. O, se preferisce, "l'atletica leggera giocata”. Anni fa, negli USA,


IMQ NOTIZIE n.95

ARRIVA “L’ALLENATORE DEL BENESSERE”! Esistono figure che possono aiutarci ad affrontare la guarigione da una malattia o anche solo a migliorare la qualità della nostra vita. Si tratta dell’health coach, un professionista che riesce a intervenire sulla prospettiva mentale della persona individuando il percorso migliore affinché questa diventi sempre più attore in prima persona delle proprie dinamiche di guarigione. A differenza di altre “cure” che il paziente riceve passivamente, l’attività di coaching richiede alla persona uno sforzo attivo per aumentare la consapevolezza delle proprie risorse, dei suoi punti di forza e del suo approccio relazionale. Lo stimolo a superare gli ostacoli, a fornire dei feedback e l’incoraggiamento costante sono i punti chiave del lavoro dell’health coach che mira al recupero dell’equilibrio e del benessere del suo cliente mediante l’individuazione progressiva degli obiettivi da raggiungere e dei punti di miglioramento. Tutto questo può implicare anche la necessità di riconoscere quegli atteggiamenti, quelle relazioni sociali e affettive e quelle condizioni della vita quotidiana che vanno modificate. Possono ricorrere all’health coach diverse tipologie di clienti: dall’azienda che vuole ottimizzare il rendimento del suo staff al manager che vuole migliorare la propria immagine o imparare a parlare in pubblico. In tutti questi casi, l’health coach lavora per migliorare le performance dell’individuo sia nella propria professione, sia nella propria vita sociale. Per entrare un po’ più nel dettaglio, tra gli obiettivi che l’attività di coaching si pone ci sono: la gestione dell’ansia e dello stress, l’aumento dell’autostima, lo sviluppo della creatività, la padronanza delle emozioni, il recupero della forma fisica, il controllo del dolore, l’individuazione di procedure per il sostegno in caso di malattie specifiche o di lutto e l’accompagnamento nella fase di uscita dalle dipendenze.

hanno fatto uno studio per lo sport più completo. Come sport individuale è risultata essere la boxe. Come sport di squadra il basket. Il più difficile per coordinazione occhi-mani, l’automobilismo. Ma di questi, il basket è l'unico sport “sociale”, di squadra, di gruppo. Se non si fosse occupato di basket, a quale altro sport si sarebbe dedicato? Senza dubbio, al baseball. L’ho giocato (non benissimo, per la verità, ma con grande amore) e ho anche allenato (e con dei bei successi, a essere onesto). Il baseball è nel sangue degli americani come il calcio è nel sangue degli italiani. Il baseball è lo sport scientifico per eccellenza, richiede intelligenza e concentrazione non per niente è l’attività spor-

tiva più amata dai maggiori autori statunitensi. Si nasce campioni o si diventa campioni? E in azienda: si nasce coach o si può diventare? Nessuno nasce campione. Uno nasce con “talento”. Il campione viene fuori dal matrimonio del talento con il lavoro durissimo. In azienda, nessuno nasce coach. Certo, alcuni hanno più predisposizione. Ma chi vuole diventare leader, coach, boss, o altro, può farlo. Deve “solo” lavorare duro. Non esiste nessuna chiave magica. Solo applicazione. Disciplina. Sacrificio. Per anni. I principali consigli per diventarlo? Bisogna fare piccoli passi. Bisogna pro-

cedere per fasi. Porre un piccolo obiettivo e raggiungerlo; poi un secondo obbiettivo e raggiungerlo. Conoscere i propri pregi e difetti. Conoscere i punti forti e i punti deboli. Conoscere i propri limiti, starne all’interno ma non porre nessuna limitazione a ciò che si può fare dentro quel “recinto”. Le principali caratteristiche per essere coach “numeri uno”? Sapere gestirsi. Equilibrio, davanti alla vittoria e davanti alla sconfitta. Ispirare fiducia, dando fiducia. Essere esigente senza essere meschino. Essere creativo e non dire mai “ma io non sono creativo”, perché siamo tutti creativi. Insistere. Bussare alla porta ogni giorno. Domani, forse, quella porta si aprirà. Perché un domani c'è sempre. z 81


QUALITÀ DELLA VITA: SALUTE

IL 20% DEGLI ITALIANI SOFFRE DI ALLERGIE. IN POCHI ANNI LA PERCENTUALE ARRIVERÀ AL 25%: UN ITALIANO SU 4, MA SOPRATTUTTO UN BAMBINO SU 2 (I PIÙ ESPOSTI A QUESTE PATOLOGIE). PURTROPPO LE CAUSE SPESSO RISIEDONO NELLE NOSTRE CASE, SE NON ADDIRITTURA DENTRO GLI ABITI CHE INDOSSIAMO. COSA FARE PER RICONOSCERLE, PREVENIRLE E CURARLE? Intervista al Dott. Angelo Pierini* * ANGELO PIERINI. LAUREATO IN MEDICINA E SPECIALIZZATO IN PNEUMOLOGIA ALL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA E ALLERGOLOGIA E IMMUNOLOGIA CLINICA ALL’UNIVERSITÀ DI FIRENZE. HA LAVORATO COME MEDICO OSPEDALIERO, NELLE FABBRICHE E NEL MONDO DELLO SPORT. FA PARTE DELLA COMMISSIONE SANITÀ DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA CORRELATA ALLO STUDIO DEI PROBLEMI DELL’AMIANTO.

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CASA DOLCE CASA

(O FORSE NO) asa dolce casa? Mai proverbio fu tanto poco azzeccato visto che tra le mura domestiche si celano, in parte visibili, più spesso invisibili, grandi pericoli per la nostra salute. Soprattutto le persone afflitte da allergie trovano proprio fra le mura di casa gli elementi scatenanti le crisi respiratorie: i cosiddetti allergeni. Che, come ci spiega il dottor Angelo Pierini, possono essere di tipo animale, vegetale o chimico. Gli acari, che appartengono alla prima categoria, sono presenti soprattutto negli ambienti chiusi e polverosi. Ma gli allergeni più conosciuti sono quelli di origine vegetale: i pollini, le muffe, i funghi, le fibre tessili, gli oli, gli aromi e i profumi. Nella categoria degli allergeni di origine chimica invece rientrano gli enzimi, i sali metallici, le resine epossidiche e sono per lo più diffusi negli ambienti di lavoro così come gli allergeni metallici e minerali. Va anche ricordato che alcune sostanze inquinanti funzionano da concausa dell’allergia: sono i cosiddetti “irritanti”, in particolare il biossido di azoto, l’ossido di carbonio, le particelle di fumo, la formaldeide, i composti organici volatili che

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derivano dall’uso di stufe a legna, caminetti che bruciano truciolati, isolamenti con schiume a base di urea-formaldeide, vernici, tappeti, animali e così via. Le persone allergiche alle sostanze inquinanti sono le stesse di quelle affette ai pollini? A differenza delle persone allergiche ai pollini, e quindi sottoposte ad attacchi stagionali, quelle allergiche agli acari e alla polvere soffrono in qualsiasi periodo dell’anno perché polveri e acari sono sempre presenti attorno a noi. L’acaro è visibile a occhio nudo? No, gli acari sono piccoli animaletti invisibili a occhio nudo. Vivono a una temperatura di 20-30 gradi e li troviamo principalmente su coperte, piumini, materassi, cuscini ma anche sulla nostra pelle e in quella dei nostri animali. Come ci si può difendere dagli acari? Sono tante le possibilità cui però noi di solito prestiamo poca attenzione: ad esempio sarebbe bene rivestire materassi e cuscini con fodere antiacaro. Le coperte dovrebbero essere lavate a sessanta gradi perché a questa temperatura gli acari non sopravvivono. Bisogna 83


QUALITÀ DELLA VITA: SALUTE

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IMQ NOTIZIE n.95

anche arieggiare frequentemente gli ambienti, usare sempre un panno umido per la pulizia e lavare spesso tappeti e moquette. In commercio si possono trovare anche molti spray anti-acaro che vanno usati frequentemente. Per le persone che soffrono di allergia l’ideale sarebbe trasferirsi in montagna sopra i 1500 metri di altitudine: qui gli acari non sopravvivono.

La seconda patologia è rappresentata dalle dermatiti allergiche, o manifestazioni infiammatorie della pelle che rappresentano la risposta del sistema immunitario a una determinata sostanza.

Come si manifesta l’allergia? In due modi: il primo colpisce l’apparato respiratorio con l’irritazione delle mucose nasali e conseguenti starnuti, gocciolamento del naso, occhi gonfi e anche asma. La seconda patologia è rappresentata dalle dermatiti allergiche, o manifestazioni infiammatorie della pelle che rappresentano la risposta del sistema immunitario a una determinata sostanza, l’allergene (come ad esempio: pelo di cane e gatto, lattice, acari), con cui si viene a contatto. Alcune derivano anche dall’ingestione di particolari alimenti. Un discorso specifico invece deve essere fatto per il nichel che si trova diffuso nell’aria, nel suolo e nelle piante oppure in articoli di bigiotterie, montature di occhiali, cinturini e nel fumo delle sigarette. Il nichel è inoltre presente in molti alimenti (cereali, banane, broccoli, lieviti) ed è alla base di dermatiti, eczemi e allergie alimentari. Nel caso ci fosse un dubbio in quale modo si può scoprire l’allergia al nichel? Gli allergologi effettuano il patch test, in sostanza vengono messi sul dorso una serie di cerotti contenenti le più comuni sostanze sospette. Dopo 24-48 ore si valuta la reazione locale che può essere espressione di allergia. Per gli acari, invece? In questo caso vengono effettuati sempre dei test cutanei specifici (prick test) o sul sangue (rast).

Una volta scoperta l’allergia come comportarsi? Affidarsi all’allergologo seguendo le corrette terapie e ponendo molta attenzione ai consigli che vengono dati, ad esempio, per ridurre la concentrazione di acari dentro l’ambiente domestico. Esiste anche la possibilità, nei casi più gravi di dover effettuare la desensibilizzazione attraverso l’immunoterapia sub linguale o sottocute.

Abbiamo parlato di polvere e acari ma sempre più persone manifestano allergie nei confronti dei tessuti, perché? Questi tipi di allergie si manifestano soprattutto nei confronti di prodotti sintetici, ma non solo. Possono derivare da alcuni tipi di coloranti e creare problemi con la comparsa di irritazioni e fenomeni allergici. I colori che creano più problemi sono anche i più usati come il nero, il blu e il rosso. Tendenzialmente si manifestano in persone che soffrono già di allergie o sono soggette a una sudorazione eccessiva che può anche derivare da una situazione di sovrappeso. In questo caso che accortezze bisogna prendere? Preferire indumenti di cotone o seta, quindi tessuti naturali e possibilmente con colori chiari, in particolare la biancheria intima, quella a più stretto contatto con la pelle. Inoltre bisogna lavare i vestiti nuovi prima di indossarli. Lei prima ha parlato di allergia alimentare nei confronti del nichel. Che differenza c’è tra intolleranza e allergia? A tutt’oggi le intolleranze alimentari sono allergie non allergiche, può sembrare un paradosso ma le uniche intolleranze finora accertate scientificamente sono quelle al lattosio e al glutine (celiachia) mentre tutte le altre vengono definite come reazioni avverse al cibo perché non provocate dal sistema immunitario. z 85


QUALITÀ DELLA VITA: LIBRI, FILM, INTERNET

LIBRI LE MELE DI CHERNOBYL SONO BUONE. MEZZO SECOLO DI RISCHIO TECNOLOGICO Giancarlo Sturloni Sironi, 2006 "Le mele di Chernobyl sono buone? Certo, basta seppellire il torsolo bene in profondità" recitava una barzelletta russa in circolazione dopo il disastro che ha cambiato per sempre il nostro immaginario sull'energia nucleare. Che la società debba proteggersi dai nuovi pericoli di origine antropica era chiaro già in quel 1986, ma oggi lo è più che mai. Questo libro, a partire dal racconto degli eventi che hanno condizionato il rapporto tra scienza e società (da Bikini a Seveso, dall'AIDS alla mucca pazza), fa il punto sul presente, mostrando come il governo della scienza nelle democrazie contemporanee necessiti di scelte socialmente condivise.

VITE SPERICOLATE Patrick Fogli Verdenero noir, 2009

Caterina vorrebbe vivere la sua vita in solitudine, isolata. È una scelta lontana nel tempo, ormai radicata, al Paese non ci vuole più tornare. Non si vuole più occupare d’in-

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chieste, di affari sporchi e di verità. Purtroppo però a volte la vita non lascia scelta. Laura, sua madre, si ammala di mesotelioma e muore. Al Paese c’era una fabbrica d’amianto che ha ucciso tremila persone. L’amianto è un killer formidabile, ne basta una sola fibra per corrompere il corpo, basta respirarne una per essere condannati. Respirare nel posto sbagliato, al momento sbagliato. E arriva la malattia, lentissima ma inesorabile, tremenda. Caterina allora ricomincia a combattere, indaga, cerca la verità, scopre le menzogne, le smaschera.

ARIA PULITA A SCUOLA. COME DIFENDERE I NOSTRI FIGLI (E GLI INSEGNANTI) DALL'INQUINAMENTO DENTRO LE AULE Rita Dalla Rosa Terre di Mezzo, 2011

Che aria tira nella scuola italiana? Una volta tanto la domanda non è metaforica: l'asma è al primo posto fra i motivi di assenza scolastica, e un alunno su quattro soffre di malattie allergiche e respiratorie. Tra le cause principali di questa "epidemia" c'è l'aria inquinata che i bambini e i ragazzi (ma anche gli insegnanti) respirano tutto il giorno nelle aule. Ambienti sovraffollati dove si accumulano sostanze tossiche provenienti dall'esterno, come il PM10, o rilasciate da arredi, materiali da costruzione, detersivi. Per non parlare della polvere, degli acari e delle muffe, che negli edifici scolastici, non sempre in buono stato, trovano il loro habitat ideale. Questa guida pratica spiega come snidare i pericoli presenti nelle scuole e come combatterli: perché respirare aria pulita è un diritto di tutti, a partire dai più piccoli.

GUIDA ALLE LEGGENDE SUL CLIMA CHE CAMBIA. COME LA SCIENZA DIVENTA OPINIONE Stefano Caserini Edizioni Ambiente, 2009

Non è vero che il clima sta cambiando, e se anche fa più caldo è tutta colpa del Sole. Macché, la causa di tutto sono i raggi cosmici, e comunque il clima è sempre cambiato: la Groenlandia era la “Terra Verde”, coperta di alberi, e in Inghilterra cresceva la vite. E poi lo scrivono anche sui giornali, che con la neve che è venuta giù questo inverno non c’è il riscaldamento globale... quindi va tutto bene, non preoccupiamoci. L’industria del negazionismo sul tema dei cambiamenti climatici, grazie al sostegno di lobby parecchio interessate e di media e giornalisti compiacenti, ha ripetuto per anni questi e un’altra manciata di argomenti fino a dargli una parvenza di plausibilità. In realtà, queste affermazioni non reggono a una verifica scientifica: Stefano Caserini analizza le “leggende” più sfruttate dai negazionisti e ne dimostra l’infondatezza e l’incoerenza. E lo fa con chiarezza e ironia, strappandoci, nostro malgrado, più di un sorriso amaro.


IMQ NOTIZIE n.95

FILM LA NUVOLA DI SMOG

CON LA FACCIA DI CERA

Italo Calvino Oscar Mondadori, 1995

Girolamo De Michele Verdenero noir, 2008

L’eroe di questa novella è un giornalista che, schiacciato da un’esistenza qualsiasi, parte alla volta di una grande metropoli alla ricerca di un destino che lo faccia sentire vivo. La metropoli rappresenta l’offensiva della polvere soffocante - la nuvola di smog -che comprime in modo ossessivo la personalità dell'uomo, conducendola alla miseria e al degrado. L'unica speranza - smentita dai fatti - che emerge è quella di un futuro vissuto in spazi verdi, sani e puliti.

VASATI. I SEGRETI INDIANI DELLA BIOARCHITETTURA Marcus Schmieke Hermes, 2000

Il Vasati - in sanscrito "casa" - è un concetto olistico di architettura, sviluppato per l'Occidente sulla base del Vastu, l'antica scienza vedica delle costruzioni. Considera la casa come un microcosmo contenente tutte le energie che agiscono nell'universo, una lente che focalizza le forze della natura e collega lo spazio con i suoi abitanti.

Una Ferrara magica e ambigua come non mai. Il Palio più antico d’Italia nella più metafisica delle piazze. Un condominio precipitato in crisi di isteria e autodistruzione. Sullo sfondo della città di Bassani e Antonioni amorevolmente ricostruita, il giovane fotografo David Belli insegue Lucia, fanciulla bella e terribile, tra strade che sembrano senza tempo. Dalla nebbia fluttuante sbucano personaggi del passato, come attirati dalla festa in costume. E sulla pista del Palio si presenta una nuova contrada, decisa a vincere. Qual è il vero rapporto della enigmatica Lucia con queste apparizioni? Ma soprattutto, perché ogni cosa sembra ricondurre David alle misteriose morti degli operai della Solvay? C’è un nesso tra la fabbrica dei veleni e la corsa dei cavalli? Per scoprirlo, David dovrà dare un senso alla frase che campeggia sulla copertina di un libro-fantasma: a volte il male ha un volto familiare.

SMOG Regia di Franco Rossi Con Enrico Maria Salerno, Renato Salvatori, Annie Girardot Italia, 1962

Un italiano in visita a Los Angeles osserva gli abitanti della città riconoscendo in essi i sintomi dell'alienazione dell'uomo moderno. Ventiquattr'ore di un avvocato italiano in una Los Angeles livida e affaticante. I suoi incontri occasionali con connazionali, la presa di coscienza di una società alienata dalla mitologia del successo. Nella forma decontratta di un taccuino di appunti dove, più che l'azione e la galleria dei personaggi, conta il rovello esistenziale del protagonista, il film offre una Los Angeles che, nella sua orizzontalità smisurata e un po' mostruosa, non s'era mai vista in un film americano.

DUE METRI DI ALLERGIA Regia di Mel Smith Con Jeff Goldblum, Rowan Atkinson, Emma Thompson Gran Bretagna, 1989 Genere: comico Giovane attore americano a Londra fa da spalla a un comico nevrotico. Allergico alle piume, s'innamora dell'infermiera che lo cura finché trova un ruolo importante nella versione musicale di The Elephant Man.

INTERNET lamiaaria.it Che aria tirerà domani a Milano? Potremo respirare a pieni polmoni nel prossimo week end fiorentino in giro per musei? Domande utili in considerazione del fatto che l'inquinamento atmosferico nelle nostre città è un problema sempre più concreto con cui fare i conti. E allora, allo stesso modo in cui siamo abituati a guardare le previsioni del tempo, possiamo cercare informazioni dettagliate sulla qualità dell'aria che ci toccherà respirare una volta usciti di casa. Una fonte molto ricca e facile da consultare è il sito www.lamiaaria.it, un progetto innovativo, interessante e credibile dal punto di vista scientifico. Uno strumento utile soprattutto per le famiglie che vivono nelle grandi aree metropolitane, le più soggette a problemi di inquinamento. Del resto, se una quantità sempre maggiore di studi scientifici tende a stabilire un nesso tra l'aumento dell'inquinamento atmosferico e la diffusione di patologie respiratorie, il livello di sensibilità e di attenzione della popolazione cresce proporzionalmente, e così la necessità di un'informazione autorevole e puntuale. Sulla homepage di lamiaaria.it è possibile consultare con pochi clic le condizioni e le previsioni a cinque giorni sulla qualità dell’aria di tutti i comuni italiani e del territorio europeo, arricchite dai dati delle reti di monitoraggio della qualità dell’aria. Inoltre, per tenersi aggiornati, ci sono anche un notiziario tematico sull’inquinamento atmosferico in Italia e nel mondo e poi gli approfondimenti e le opinioni di esperti del settore. 87


PANORAMA NEWS

ANIE CLAUDIO ANDREA GEMME, NUOVO PRESIDENTE Tra i principali obiettivi programmatici che caratterizzeranno il corso della nuova Presidenza, c’è quello di ridare centralità al manifatturiero quale motore di sviluppo del sistema economico italiano. “Un Paese che non produce, non investe e non esporta difficilmente potrà superare la pesante crisi economica che lo ha colpito” sostiene Andrea Gemme nuove presidente ANIE. Quali sono i principali obiettivi programmatici che caratterizzeranno il corso della sua Presidenza? Il periodo di crisi economica che stiamo vivendo non ha precedenti, ma ha avuto il merito di ricollocare in primo piano il manifatturiero rivalutandone il ruolo di volano dello sviluppo del nostro Paese. Questo è ancor più vero guardando ai settori Anie, che forniscono tecnologie innovative e a elevato valore aggiunto in mercati strategici come l’energia, i trasporti, le costruzioni. Ritengo a tal proposito fondamentale rafforzare il legame dell’industria nazionale con il territorio. Le potenzialità che possono derivare da questa vicinanza sono enormi, anche dal punto di vista degli investimenti delle imprese. Quale il suo impegno per attribuire valore alla “componente tecnologica” nella gestione delle grandi commesse? Il mio impegno è rivolto a valorizzare il concetto di indipendenza della componente tecnologica nel rapporto con la committenza nelle grandi opere pubbliche e private e a operare affinché venga pienamente riconosciuto il ruolo abilitante e migliorativo delle tecnologie. Occorre in particolare accrescere le relazioni virtuose all’interno della filiera, con i più autorevoli rappresentanti dei settori a monte e a valle. Quali altre linee guida si prefigge il suo mandato? Per rispondere preparati alle sfide sempre più pressanti che provengono dal mercato occorre investire in formazione. Un sistema formativo aperto al cambiamento e allo sviluppo tecnologico è indispensabile per supportare il mondo imprenditoriale nel processo di trasformazione in atto. Lavorerò nel corso del mio mandato affinché si diffonda una percezione condivisa dell’importanza del sapere, in particola-

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re di quello tecnologico e scientifico, come leva di competitività. Alla valorizzazione della formazione deve affiancarsi l’attenzione al tema della legalità, che è innanzitutto educazione all’etica e cultura delle regole nel fare impresa. È questa una esigenza che troppo spesso vede limitare il proprio potenziale di crescita da infiltrazioni illecite che creano distorsioni nel concetto stesso di libero mercato. Anche la legalità, al pari dell’innovazione, è un imprescindibile fattore di competitività per un territorio. Su quest’ultimo tema Confindustria a livello territoriale si è già mossa. Anie come intende procedere per i suoi associati? Qualcuno ha giustamente riconosciuto i temi della legalità quale “prima infrastruttura per lo sviluppo”. È un’esigenza trasversale al mondo imprenditoriale, sentita da tutto il Sistema Confindustriale. Le infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia gettano discredito sulle imprese e ne limitano le potenzialità di crescita. Sul tema della legalità offriremo certamente un forte supporto alle attività confindustriali programmate e avviate. Per informazioni: comunicazione@anie.it

LA NUOVA CLASSIFICAZIONE “A LIVELLI” DEGLI IMPIANTI ELETTRICI DOMESTICI ANIE/CSI: una Campagna di comunicazione per promuovere la portata innovativa della nuova CEI 64-8 Livello Base, Livello Standard e Livello Domotico. Questi i tre livelli previsti dalla nuova classificazione degli impianti elettrici domestici, introdotta dalla variante V3 alla norma CEI 64-8, entrata in vigore il 1 settembre 2011. Le disposizioni contenute nella nuova norma di riferimento per gli impianti elettrici rispondono alla crescente richiesta da parte degli utenti di comfort, sicurezza, qualità e tecnologia all’interno delle mura domestiche. Stabilendo i requisiti minimi per cui un impianto elettrico residenziale possa essere considerato a norma la nuova 64-8 prevede l’installazione di due interruttori differenziali per garantire la continuità di servizio, oltre a prevedere un numero


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minimo di punti presa e di punti luce in grado di assicurare un adeguamento della casa alle esigenze tecnologiche e soprattutto un grado maggiore di sicurezza elettrica. Con la nuova classificazione a livelli si è giunti alla definizione di uno standard di qualità globale degli impianti elettrici capace di soddisfare criteri di sicurezza, di sostenibilità ambientale, di usabilità e fruibilità. Questa classificazione degli impianti elettrici in 3 livelli descrive ciò che gli utenti potranno scegliere nel momento in cui, rivolgendosi a un installatore di impianti elettrici, decidano di installare un nuovo impianto oppure di rinnovarlo. L’utente finale potrà d’ora in poi chiedere all’installatore che la realizzazione dell’impianto elettrico sia di livello 1, 2 o 3, dove il livello 1 individua la configurazione minima che dovrà avere un impianto perché possa essere considerato a norma. I livelli superiori 2 e 3 aumentano le prestazioni dell’impianto e quindi la sua fruibilità, adeguandola sia alle necessità degli utenti sia alla morfologia dell’habitat. In particolare, il livello 2 prevede un aumento della dotazione e dei componenti, oltre che alcuni servizi ausiliari quali il videocitofono, l’anti-intrusione e il controllo carichi. Il livello 3 introduce la domotica, prevedendo l’aumento delle dotazioni dell’impianto con almeno 4 funzioni domotiche tra cui, ad esempio, l’anti-intrusione, il controllo carichi, la gestione comando luci, la gestione temperatura, la gestione scenari, il controllo remoto, il sistema diffusione sonora, la rilevazione incendio, il sistema antiallagamento e/o la rilevazione gas. L’impianto di livello 3 è concepito specificamente per chi considera la tecnologia una componente importante di ottimizzazione della vita domestica. A beneficiarne è anche il risparmio energetico all’interno dell’abitazione. Perché i contenuti innovativi della normativa possano essere compresi da una larga utenza CSI - l’Associazione Componenti e Sistemi per Impianti di Federazione ANIE - promuove una Campagna di comunicazione “Impianti a livelli” con il principale obiettivo di informare sia l’utente finale sia il professionista della filiera elettrica ed edile delle nuove disposizioni in materia di impiantistica elettrica. Il messaggio che ANIE/CSI vuole trasmettere è che scegliere un impianto a livelli rappresenta un investimento sicuro sotto diversi aspetti: da un significativo miglioramento della qualità della vita, a un innalzamento della sicurezza domestica e del comfort, con conseguente valorizzazione dell’immobile. Tanti e creativi gli strumenti realizzati per promuovere la norma, tra cui si segnalano il video tutorial, che con il supporto di elementi iconici e grafici accompagna il destinatario alla scoperta dell'ampliamento della Norma CEI 64-8, e il sito web www.impiantialivelli.it, creato con la funzione di “contenitore” di tutti i messaggi e le immagini della Campagna.

CEI QUARTO CONTO ENERGIA: PUBBLICATA LA VARIANTE 1 ALLA GUIDA CEI 82-25 Pubblicata la Variante 1 alla CEI 82-25: “Guida alla realizzazione di sistemi di generazione fotovoltaica collegati alle reti elettriche di Media e Bassa Tensione” che riporta gli aggiornamenti tecnico-normativi richiesti per ottemperare alle prescrizioni del Decreto Ministeriale 5 maggio 2011, noto come Quarto Conto Energia. Il Quarto Conto Energia, nel suo Allegato 1, ha richiesto infatti che gli impianti fotovoltaici siano realizzati con componenti che assicurino l'osservanza dei nuovi parametri prestazionali conseguenti all’evoluzione tecnologica. Per ottemperare a tali prescrizioni, il CEI ha elaborato la Variante 1 alla Guida CEI 82-25, che fa riferimento alle procedure per la verifica prestazionale degli impianti fotovoltaici. La Variante si applica a tutte le diverse fasi di realizzazione degli impianti fotovoltaici e costituisce un aggiornamento indispensabile per operare in conformità alla legislazione italiana vigente. In particolare, la Variante aggiorna i parametri prestazionali indicati dalla Guida CEI 82-25 per tener conto dell’evoluzione tecnologica dei componenti fotovoltaici assicurando che, in fase di avvio dell’impianto fotovoltaico, il rapporto fra l’energia o la potenza prodotta in corrente alternata e l’energia o la potenza producibile in corrente alternata (determinata in funzione dell’irraggiamento solare incidente sul piano dei moduli, della potenza nominale dell’impianto e della temperatura di funzionamento dei moduli) sia almeno superiore a 0,78 nel caso di utilizzo di inverter di potenza fino a 20 kW e 0,8 nel caso di utilizzo di inverter di potenza superiore, nel rispetto delle condizioni di misura e dei metodi di calcolo descritti nella medesima Guida CEI 82-25. Per informazioni: vendite@ceiweb.it

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BREVI IMQ

HEALTHY STAZIONI DI RICARICA DEI BUILDING: VEICOLI ELETTRICI: A PROVA LA SALUBRITÀ DI SICUREZZA GARANTITA Riduzione dell’impatto sull’ambiente e nuove tecnologie non possono non andare di pari passo con la sicurezza. E infatti il marchio IMQ è stato esteso anche alle spine per veicoli elettrici e, naturalmente, alle colonnine per la ricarica a corrente alternata.

HB - Healthy Building, è il nuovo servizio studiato da IMQ per alberghi e SPA che, accanto all’eccellenza dell’ospitalità, desiderano offrire ai propri clienti la garanzia di un soggiorno salubre, da trascorrere in un ambiente sicuro e sano. L’inquinamento indoor è un pericolo invisibile, ma proprio per questo ancora più insidioso, che purtroppo può comportare anche gravi conseguenze sulle persone. Tramite IMQ e il servizio HB, gli alberghi possono ora sottoporre gli ambienti indoor a tutti i test necessari per verificare il livello di contaminanti presenti, usufruire - in caso di rilevazioni problematiche - dei vantaggi dati da azioni correttive tempestive, e poter contare sulla visibilità e la trasparenza offerta da una dichiarazione di qualità rilasciata da un ente terzo.

SILENZIO CERTIFICATO IMQ Anche il rumore è una forma di inquinamento. Acustico, ma sempre inquinamento è. Su tale fronte IMQ opera sia offrendo un servizio di certificazione acustica degli edifici, secondo la norma Uni 11367, sia effettuando misure di rumorosità su apparecchi elettrodomestici.

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SE PUOI SOGNARLO, PUOI FARLO. CALENDARIO IMQ 2012 È dedicato alla forza dei sogni il calendario IMQ 2012. Ai desideri che diventano passioni e per il cui coronamento ci si impegna con sacrificio, dedizione, determinazione. Per rappresentarli sono state scelte delle foto di bambini con le ambizioni che da grandi vorrebbero realizzare. Ciascun mese è poi accompagnato da citazioni famose, di personaggi che nella loro vita, i sogni, li hanno saputi concretizzare. Ed è proprio con questo augurio - avere e coronare grandi aspirazioni - che IMQ si prefigge di perseguire, insieme alle aziende con cui collabora, un percorso di eccellenza e professionalità, con entusiasmo, curiosità e tenacia.

ARRIVA “FALSOBOOK” È on line “Falsobook” un sito realizzato dall’Agenzia delle Dogane e rivolto ai consumatori. Strutturato in forma di socialnetwork, in modo da avvicinare anche il pubblico più giovane, il sito si propone di sensibilizzare i consumatori sull’importanza della sicurezza e sui rischi della contraffazione. Realizzato con la collaborazione di associazioni ed enti, tra cui IMQ, il sito si basa su materiali multimediali, offrendo un’interfaccia semplice e di immediata consultazione.


IMQ NOTIZIE n.95

PERFORMANCE E ALTE PERFORMANCE La progettazione energeticamente efficiente degli elettrodomestici rappresenta un elemento fondamentale della strategia comunitaria che ha come obiettivo l'ottimizzazione delle prestazioni ambientali dei prodotti mantenendo contemporaneamente le proprie qualità funzionali. Accanto a tali performance, vi sono poi le “alte” performance, quelle che vanno oltre agli schemi previsti dalle direttive europee e che, se opportunamente comunicate e validate, rappresentano un forte elemento distintivo sul mercato. Per approfondire l’argomento, IMQ ha organizzato un workshop che si svolgerà il 25 gennaio 2012 (su www.imq.it il programma dettagliato).

Milano, 25 gennaio 2012

CAMBIA IL CLIMA. CAMBIA IL MERCATO Cambia il clima cambia il mercato: e le aziende? Cosa dovranno fare per adeguarsi alle nuove esigenze? Se ne discuterà il 1° febbraio, durante il workshop organizzato da IMQ nel quale, con esperti del settore, si parlerà di Carbon Footprint, inventario dei gas serra, certificazione delle riduzioni CO2, borsa dei VER (su www.imq.it il programma dettagliato).

IL COACH IN AZIENDA Cosa succede quando un coach entra in azienda? Quando le strategie dell’allenatore sportivo vengono applicate da un manager? Quando i collaboratori diventano una squadra prima che un team? La risposta per il momento è riservata a coloro che parteciperanno al workshop organizzato da IMQ dal titolo “Essere coach in azienda. Potenziare le prestazioni aziendali e sviluppare nuove opportunità di business attraverso le tecniche del Coaching sportivo”. Un evento organizzato per il prossimo 17 febbraio che avrà tra i docenti anche uno di particolare eccezione: Dan Peterson. (sul sito www.imq.it il programma dettagliato oltre a una breve clip di presentazione).

Milano, 1 febbraio 2012

Milano, 17 febbraio 2012

CARBON FOOTPRINT: CALCOLARE E COMUNICARE L'IMPATTO DEI PRODOTTI SUL CLIMA Inventario delle emissioni dei gas effetto serra, verifica delle emissioni (volontaria e cogente), neutralizzazione delle emissioni (volontaria)…: stiamo parlando di alcuni dei servizi offerti da IMQ alle aziende interessate a misurare e a ridurre il proprio impatto sull’ambiente? Certamente, ma non solo. Le tematiche citate sono infatti anche al centro di “Carbon footprint”, la prima pubblicazione italiana dedicata all’argomento, scritta da Daniele Pernigotti, edita da Edizioni Ambiente e raccomandata da IMQ.

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CURIOSITÀ

L’ARIA

IN LATTINA

Il primo fu Piero Manzoni, che nel 1960 espose l’opera “fiato d’artista”: un palloncino gonfiato, chiuso da un cordoncino piombato con scritto il proprio nome e assicurato a una base di legno. L’ultima, in ordine di tempo, è stata la pro loco del comune di Spezzano Piccolo, in provincia di Cosenza, che ha messo in vendita l’aria della Sila inscatolata, per dimostrare che è la più pulita d'Europa. In tutto il tempo intercorso tra questi due eventi, non si può dire che mettere l’aria in barattolo sia stata una moda, ma di sicuro un gesto che, dal piano simbolico (soprattutto con la famosa trovata istrionica dell’aria di Napoli) è diventata consumo quasi di massa, grazie anche a siti di e-commerce come souvenair (www.souvenair.it), che permettono di acquistare aria in barattolo delle principali città italiane e mondiali. Tra tutte, è proprio quella di Napoli che si presta più di ogni altra ad imbastire storie per alzare la posta dell’ironia e dell’auto-commiserazione. L’aria di Napoli venduta in barattolo, infatti, “deriva dall’accorta miscelazione di aria di Posillipo (più ricca di ossigeno), aria del Vomero (con alte dosi di gas di scarico) e aria della Sanità (con più CO2, per l’elevato numero di abitanti per m2)”. E ne è anche disponibile una versione con smog, addizionata coi fumi dell'ora di punta del centro della città partenopea. Tutti i migranti del mondo, grazie all’aria in barattolo, potrebbero venerare con nostalgia, in ogni momento, l’ambiente della propria terra d’origine. Dovremmo anche noi tutti inscatolarne un po’ già da ora, per i nostri pronipoti?

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CURIOSITÀ


Se puoi sognarlo, puoi farlo.


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