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PREFAZIONE 08

Ubi Minus Habens Major Cessat di Vittore Baroni XYZ

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01

Micro Anomalia del Continuum di Ivan Iusco

TEMPO

20

Minus Habens e le sue declinazioni: sottoetichette e transgenderismo musicale di Diego Loporcaro

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Dal nastro all’immaterialità: la transizione attraverso i formati di Alessandro Ludovico

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Il grande balzo di Gianfranco Santoro

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La prima radice di Silvio Maselli

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Indipendenza mutante di Andrea Benedetti

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Eterno cibo, non solo per la mente di Helena Velena

02

SPAZIO

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Chi decide di non avere barriere di Luca De Gennaro

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Vie di fuga Il sistema dei segni e la sua rottura di Alberto Dati

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Realtà sonora aumentata di Paolo F. Bragaglia

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Maestro di chiave e Signore di porta di Materia


03

CINEMA

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Suoni_Visioni

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Feticismi-sonici: Le techno evoluzioni della carne elettronica di Claudia Attimonelli

98

Indie di Dario Villa

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La musica che nasce dalla ricerca di Marco Spagnoli

64

La colonna sonora di un viaggio di Sergio Rubini

68

Bari_1999 di Alessandro Piva

100

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La prospettiva di Francesco Lopez

Appunti sul Sound Design di Painè Cuadrelli

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La Minus Habens non esiste di Pierluigi Ferrandini

Scrigno di gemme sonore di William Nessuno

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Musica e pupe di Dino Giarrusso

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Un luogo possibile di Teho Teardo

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VIDEOARTE

06 108

07

ESPERIENZE EDITORIALI Entità cartacee: Neural, Virtual Reality Handbook, Internet Underground Guide di Alessandro Ludovico

FESTIVAL

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Nulla si vede di Roberto Lacarbonara

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Conoscere un mondo di Giordano Sangiorgi

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Antimateria di Materia

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Produrre per non dimenticare di Dino Lupelli

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Visioni impossibili di Luca Curci

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Minus Habens? A chi? di Mauro ”Boris” Borella

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L’uomo verde di Jack Waering

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Sull’intangibilità dell’estranea cosa. Considerazioni in ordine... molto sparso di Gianluigi Trevisi


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GLI ARTISTI

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POINT OF VIEW

128

Andrea Senatore

164

Il Citofono Discografico di Valerio Millefoglie

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Elastic Society

166

Dive vs. Minus Habens di Dirk Ivens

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Ivan Iusco

168

Frankie & the Brain Machines di Francesco Fondi

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Madre

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Oltre i limiti di Leo Gadaleta

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Pilot Jazou

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Dati inversi di Pippo Foglianese

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Paolo F. Bragaglia

174

Brandelli dal mondo che fu in salsa di senno di poi di Mauro Guazzotti

140

Red Sector A

176

Il mio istinto di Dmitry Vasilyev

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Rucci And The Lulabenjim

178

Una delle mie etichette! di Jens Krause

144

Sinusonde

180

Una misteriosa creatura di Nicola Morisco

182

Pomelli e Cavetti di Georgio Vocoder

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RealtĂ interconnesse

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La propagazione dell’onda digitale di Alessandro Ludovico

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Guscio di noce di Claudia Mastrorilli

152

I segni del simulacro e della simulazione di Adi Newton

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Sulla stessa barca di Tommaso Danisi

188

Intrusione_ di Kenji Siratori

190

Micro points di AA. VV.

192

Minus Habens o Homo Superior? Intervista a Ivan Iusco di Marco Giorcelli


11

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I FOTOGRAFI

TO BE CONTINUED..

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Beppe Mazzilli

216

I numeri Minus Habens

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Nicola Cipriani

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Artisti Coinvolti

200

Pasquale Susca

201

Olga Diasparro

202

Luca pH La Vopa

203

Gaetano Giordano

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X-FILES

206

X-File#001_Logo Minus Habens

207

X-File#002_Dive

208

X-File#003_Latex TV Oblivion

209

X-File#004_Elastic Society

210

X-File#005_MH Vinyl

211

X-File#006_Displaced

212

X-File#007_Ivan Iusco

213

X-File#008_My Friend

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MINUS HABENS

PREFAZIONE

Ubi Minus Habens Major Cessat PREFAZIONE di Vittore Baroni


Ho visto transitare un’infinità di personaggi. Gran parte di loro, nonostante le più agguerrite intenzioni, sono scomparsi nel volgere di poche stagioni. Solo i più motivati e “posseduti” da una visione prospettica hanno resistito per oltre un decennio. Pochissimi poi sono riusciti, non senza capriole dell’ingegno, a trasformare in mestiere la loro passione. Tra questi Ivan Iusco.


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MINUS HABENS

PREFAZIONE

C’è stato anche chi ha oltrepassato indenne (e con stile) la soglia degli ‘80, concependo pubblicazioni e sonorità altamente originali e innovative senza doversi inchinare ai dettami delle Major del disco. Quando nell’ormai lontano 2012 un libro simile a questo celebrò il primo quarto di secolo della Minus Habens di Ivan Iusco nessuno avrebbe potuto neppur lontanamente immaginare che, nel volgere dei successivi 25 anni, quell’etichetta discografica indipendente ubicata nel Sud d’Italia avrebbe finito con l’assumere il controllo dell’80% del mercato musicale mondiale. Virtute duce, comite fortuna. La fulminante carriera dello Iusco artista, inventore e imprenditore informatico, è una vicenda oggi nota a tutti, almeno quanto lo sono le storie di suoi pari come Steve Jobs e Mark Zuckerberg, ma in occasione di questo aureo anniversario è comunque d’obbligo riassumerla almeno per sommi capi. Una rock band chiamata Afterhours cantava “Non si esce vivi dagli anni ‘80” equiparando ad un virus maligno il rampante yuppismo che contraddistinse quella decade “edonista” nel faceto paese a forma di stivale. Ma c’è stato anche chi ha oltrepassato indenne (e con stile) la soglia degli ‘80, concependo pubblicazioni e sonorità altamente originali e innovative senza doversi inchinare ai dettami delle Major del disco (che già allora si disponevano ad andare incontro all’era informatica guidando contromano ad occhi bendati). Veritas filia temporis. Il giovane e intraprendente Iusco si è trovato sulle giuste coordinate spazio-temporali per recepire l’onda lunga della (contro)cultura “Industrial” - con la sua disincantata e profetica visione di un futuro prossimo apocalittico - e per vivere al contempo in prima persona l’entusiasmante impatto con le aspirazioni tecno-visionarie dell’avventurosa stagione Cyberpunk, operando in prima linea fin dalle fasi iniziali della deflagrante rivoluzione digitale.

Con Nightmare Lodge, il suo primo progetto musicale che ha inaugurato nel 1987 (con un’audiocassetta) l’etichetta Minus Habens, Iusco ha indagato il lato oscuro della psiche contemporanea, inserendosi nell’operoso sottobosco dei progetti esoterico-rumoristi italiani e nel “tape-network” internazionale, che connetteva tali esperienze pre-Internet in una fitta rete di interscambi postali. Mors omnia solvit. Dalle ceneri di quei ritualistici esercizi terminali, il musicista barese ha derivato l’impulso a documentare l’inedita colonna sonora digital-elettronica che ha accompagnato la colonizzazione della nascente Realtà Virtuale. Al suo fianco, in un ruolo fondamentale, ha operato il ricercatore e media-artist Alessandro Ludovico, che per conto di Minus Habens ha curato pionieristici manuali quali il “Virtual Reality Handbook” (1992) e la “Internet Underground Guide” (1995), oltre ai primi numeri della rivista Neural (che ha poi proseguito un suo tragitto indipendente), palestra di idee e stategie radicali tra Hacktivism, E-Music e New Media Art, impeccabile anche nell’avveniristica veste grafica progettata dai due ideatori. Sulla soglia di una nuova era, Iusco e Ludovico ne hanno compreso e metabolizzato a fondo i caratteri distintivi, orientando di conseguenza le scelte dell’etichetta: innanzitutto con la scoperta e valorizzazione di talenti sotterranei autoctoni (gli stilizzati suoni spaziali di Astral Body, Monomorph, Urbanatribù, ecc., ma in catalogo troviamo anche i primi due album di Teho Teardo, destinato ad una brillante carriera di compositore per il cinema), presto coinvolgendo però anche personaggi cardine della scena elettronica mondiale, come Clock DVA, Aphex Twin, William Orbit e lo stesso Brian Eno. Ab uno disce omnes. Nel promuovere e diversificare le uscite di Minus Habens, a cui si è presto affiancata la sussidiaria di dance futuribile Disturbance, Iusco non ha trascurato di coltivare la propria attività artistica,


passando dal minimalismo electro ambient di IT alle numerose colonne sonore a suo nome per cinema, videoarte e tv, tra liquida electro e pregnante romanticismo orchestrale, in un percorso (conforme a quello di un Graeme Revell o un Trent Reznor) che gli ha fruttato una nomination ai Nastro d’Argento (per “Mio Cognato” di Alessandro Piva) già quindici anni prima del premio Oscar meritatamente conquistato con le eteree musiche per il capolavoro di Martin Scorsese “The Magic Lantern”. Si possono contare sulle dita di una mano le case discografiche indipendenti rimaste in piedi, con vivacità e coerenza, dagli anni ‘80 ad oggi (Touch, Staalplaat, …), riuscendo a sopravanzare le fuggevoli voghe stagionali e ad anticipare i radicali mutamenti della scena mediatica. Facta, non verba. La Minus Habens è sopravvissuta con disinvoltura al vuoto stagno di proposte originali degli anni Zero e 10 del nuovo millennio - la sconfortante situazione ben descritta nel 2011 dal critico Simon Reynolds nel saggio “Retromania” - distribuendo le produzioni originali di Minus Habens Music Group su cinque diverse direttive

(elettronica, colonne sonore, nu jazz, nu soul, minimal house). Per sottrarsi alle secche della prolungata crisi economica, l’etichetta ha potenziato da un lato le sinergie con il cinema e con altre espressioni audiovisive (dalla videoarte alla musica per videogames, vero pop del nostro tempo), dall’altro ha investito energie e mezzi nella ricerca

di nuovi formati per la circolazione dei suoni, in grado di sopperire ai limiti tecnici e strutturali di CD ed Mp3. Agli albori del terzo millennio, i giochi su console Wii e le applicazioni per iPhone hanno rappresentato difatti solo l’avanguardia di un mercato globale sempre più incentrato su nuovi media mobili e interattivi. Dopo aver diffuso, in netto anticipo sui tempi, musica su chiavi USB e altri supporti atipici, i laboratori della Minus Habens hanno elaborato nella primavera 2016 un nuovo

Nightmare Lodge - “Negative Planet” CD Album - 1994 It - “Era Vulgaris” CD Album - 1996


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MINUS HABENS

PREFAZIONE

formato audio capace di superare la rigida “chiusura” di Mp3 e simili. Audaces fortuna iuvat.

Iusco ha indagato il lato oscuro della psiche contemporanea, inserendosi nell’operoso sottobosco dei progetti esoterico-rumoristi italiani e nel “tape-network” internazionale, che connetteva tali esperienze pre-Internet in una fitta rete di interscambi postali. Come spesso avviene in casi simili, vantaggi imprevedibili sono scaturiti da una scoperta semiaccidentale di Iusco, basata sull’impiego di una peculiare famiglia di algoritmi e un’idea banale

quanto geniale: immagazzinare non più brani musicali “fissi”, com’è avvenuto dai tempi di Edison, bensì suoni organici in grado di interagire con uno o più plisteners (neologismo che combina esecutore ed ascoltatore). Il pubblico, stanco di attendere freschi trend musicali che faticano a manifestarsi, è divenuto parte integrante di una cultura di strada elevata al cubo: basta sfiorare la superficie del plinstrument per entrare nella composizione, senza che sia necessario possedere alcuna nozione musicale, e basta toccare tra loro due o più portatili per avviare una jam session. Ludovico, del resto, aveva già esplorato scenari similari nel suo saggio del 2000 “Suoni


futuri digitali”, mentre sia Eno che Alvin Lucier (e altri) si erano mossi in quella direzione con esperimenti di musica generativa. Mai però con funzioni tanto versatili, liberatorie e sorprendentemente popolari. Il successo del rivoluzionario formato Ova (per “open viral audio”, ma richiama anche l’omnia vincit amor di Virgilio) è stato immediato e planetario, dando alle poche Major sopravvissute all’era del peer to peer la spallata finale che ne ha determinato con effetto domino il crollo definitivo. La commercializzazione in milioni di esemplari degli “strumentolettori”, licenze e joint venture hanno reso in pochi anni la Minus Habens un colosso paragonabile ad Apple e Microsoft. Ma non si è trattato solo di questo. La forma mentis di Ova ha permeato l’intero panorama socioculturale dando luogo ad una serie di effetti a catena. Ridestati dal loro stupore narcisistico fatto di pettegolezzi senza fine, i principali social network hanno adottato formati Ova introducendo un’era di concreta condivisione e lavoro comune. Dopo un positivo esperimento in Norvegia nel 2025, intere nazioni si sono dotate di “democrazie dirette” fondate su tecnologie Ova, con l’intervento attivo di tutti i cittadini ad ogni delibera di pubblico interesse. Questo ha anche condotto, su scala planetaria, alla risoluzione di gravi problemi umanitari e ad un rapido intervento in casi di emergenze per calamità naturali. Dalla musica condivisa al governo partecipato, il passo è stato più breve del previsto, seppure a volte con sgraditi effetti collaterali (exempli causa, la procedura d’iniziativa pubblica che portò a concedere la libertà vigilata all’ultranovantenne Charles Manson, con i tragici fatti che ne sono conseguiti). La sfida più recente di I² (come viene abitualmente abbreviato il nome di Iusco), da molti ritenuta un errore, è la discesa in politica che potrebbe portare presto l’artista a vestire i panni di primo ministro. Qui multum habet, plus cupit recita un antico detto, ma Iusco, il cui lavoro ha notevolmente contribuito a ricondurre l’Italia a ricoprire un ruolo di primo piano nella cultura e nelle arti del pianeta, non ha certo dimenticato le sue ori-

Vittore Baroni

gini genuine. Si mormora che questa mossa potrebbe solo preludere ad un ultimo e stravagante progetto tecno-utopico, un piano per dotare ogni cittadino italiano (come primo banco di prova nazionale) di un nuovo apparato dalle molteplici e stupefacenti potenzialità. Alle MH Industries di Bari, negli ultimi tempi, si è vista giungere una quantità spropositata di mezzi pesanti carichi di componenti bio-informatici e altri materiali scientifici non meglio identificati. Intelligenti pauca… Critico musicale e artista di rete, negli anni ‘80 ha recensito su Rockerilla e in varie fanzine sotterranee le primissime uscite del catalogo Minus Habens. Il gruppo Le Forbici di Manitù, di cui è parte, ha pubblicato nel 1994 per Disturbance/ Minus Habens il suo primo CD album Quadrivelogue (DIS025). Dal 2030 risiede in animazione sospesa presso un Centro d’Immortalità nelle isole Samoa, comunicando solo per via telepatica.

Nato a Forte dei Marmi (LU) il 17.01.1956. Critico musicale e indagatore delle controculture, è uno dei più attivi e stimati frequentatori del circuito della mail-art, all’interno del quale ha curato innumerevoli mostre, progetti collettivi e pubblicazioni. Espone collage, libri d’artista e poesie visive dalla fine dei ‘70. Nel periodo 1980-1984 ha registrato cassette e dischi “plagiaristi” come Lieutenant Murnau, nel periodo ‘81-’87 insieme a Piermario Ciani fonda e dirige l’etichetta multimediale Trax (che produce riviste, cassette, magliette, spettacoli). Dal 1991 fa parte del gruppo Le Forbici di Manitù con cui ha pubblicato finora sette CD per svariate etichette internazionali. Ha collaborato a numerose riviste e fanzine internazionali e curato volumi su musiche radicali, mail art, copy art e sull’arte psichedelica dei ‘60. La sua partecipazione nei primissimi anni ‘80 alla rivista Rockerilla e successivamente alla rivista Rumore ne fa uno degli esponenti di spicco sulla conoscenza e la critica della new wave nella sua avanzata storica.


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MINUS HABENS

TEMPO

DAL NASTRO ALL’IMMATERIALITÀ, LA TRANSIZIONE ATTRAVERSO I FORMATI. di Alessandro Ludovico


Le pubblicazioni del primo periodo permettono alla Minus Habens di attrarre un numero sempre più vasto di fedeli appassionati che ne acquistano ogni uscita, come una raccolta da completare a tutti i costi. Le etichette indipendenti nate a partire dagli anni ottanta potrebbero essere definite come “nativi analogici”: per la prima volta un’intera generazione di musicisti è cresciuta con le tecnologie, in questo caso analogiche, che poi ha utilizzato e sfruttato appieno per le sue produzioni, essendo completamente a proprio agio con il loro funzionamento. Ma per inquadrare adeguatamente questa generazione va anche detto che essa proveniva da una “multimedialità analogica” degli anni precedenti, contraddistinta

dall’appropriazione di altri media, quali il video, con cui la videoarte diventa un fenomeno che si diffonde con l’introduzione dei videoregistratori, e la stampa, basti pensare all’uso completamente disinvolto della riproduzione xerografica da parte del punk. Nell’evolversi di nuovi generi e sotto-generi musicali, questi e altri media vengono usati sempre più spontaneamente, documentando le diramazioni della produzione musicale che, a distanza di qualche decade, è stata poi spesso riconosciuta come appartene-


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MINUS HABENS

TEMPO

re più all’arte contemporanea che alla musica tout-court. La Minus Habens Records nasce in questo panorama. Il suo primo catalogo è uno dei più eleganti spaccati della scena di elettronica sperimentale, industriale ed esoterica di quel periodo. La riproduzione delle sue pubblicazioni in tiratura limitata e numerata si avvale di eccellenti master e copertine graficamente molto curate. Il formato “cassetta” viene sfruttato nelle sue diverse coniugazioni, sposando forma e contenuti attentamente selezionati da Ivan Iusco nel continuo sforzo di promuovere nuovi talenti, valorizzare le energie interne alla label e coinvolgere nomi affermati. Ora patrimonio dei collezionisti, le pubblicazioni del primo periodo permettono alla Minus Habens di attrarre un numero sempre più vasto di fedeli appassionati che ne acquistano ogni uscita, come una raccolta da completare a tutti i costi.

La Minus Habens ha adeguato già in tempi non sospetti, il suo assetto produttivo e le sue strategie di marketing e comunicazione. La cassetta è un strumento leggero e soprattutto si può produrre facilmente. Sul finire degli anni ‘80, la Minus Habens costruisce la sua reputazione diventando parte di un’affollata scena internazionale grazie alla cura nella realizzazione dei suoi prodotti; una costante invariata nel tempo, che tiene sempre presente degli specifici del formato, rasentando l’idea di “oggetto artistico multiplo” (in quanto replicato) più che di prodotto commerciale. Dalla cassetta al vinile il passo è relativamente breve e anche naturale. La maturata esperienza in studio di Iusco si raffina, permettendogli di realizzare master pronti ad essere trasferiti su lacche di vinile. Il primo

LP è uno split1, che testimonia l’attitudine verso prodotti non convenzionali che in qualche maniera estendano il formato/medium utilizzato. Seguirà un esteso elenco di 12”, LP, EP e picture disc. Sin dal principio, l’avvento delle tecnologie digitali si riflette tanto nella qualità del suono quanto nella realizzazione delle parti grafiche e della relativa precisione di stampa, attraverso l’estrema definizione delle immagini e dei caratteri, che distingue i prodotti della Minus Habens da quelli di altre etichette esclusivamente radicate in territorio analogico. Fra tutti svetta il pregiato MHR011, “Walpurginsnacht” dei Pankow, in cui i brani sono presenti su una sola facciata, mentre l’altra presenta un’affascinante incisione grafica realizzata da Maurizio Fasolo, fondatore e componente del gruppo. I microsolchi, generalmente destinati alla generazione dei brani musicali, diventano in questo caso espressione artistica pura e permanente. Il passo successivo è l’approdo al primo Compact Disc, in un’epoca in cui i CD players sono posseduti da un numero di utenti ancora ristretto. Questo primo CD dal titolo “Dispersion: Sliced Carrions And Pixel Handcuffs”, prodotto per una delle band storiche della label, i Sigillum S, sarà pubblicato nel 1991 e conterrà già un nutrito booklet. La produzione dei CD da allora non si è più fermata e, rispecchiando l’attuale panorama, continua come medium ancora “consumato” insieme a limitate produzioni in vinile anch’esse sopravvissute dopo essere state date per spacciate. I booklet, all’avanguardia rispetto all’estetica del tempo nel quale sono prodotti - emerge l’uso di colori fluorescenti e di edizioni particolari, come la prima tiratura di IT - “Era Vulgaris Ncoded”, progetto dello stesso Iusco, realizzato su CD dorato - riflettono una


spiccata sensibilità per l’immagine, la tipografia e le possibilità grafiche offerte dalle tecnologie digitali sempre ben dosate. L’adattarsi ai dodici centimetri di lato del CD ha comportato una miniaturizzazione delle informazioni, a cui corrisponde un’ancora maggiore attenzione per i minuti particolari. I CD sono ancora fra noi, ma se ne continuano a produrre meno a causa dell’avvento di un altro medium, ancora più universale di quelli che l’hanno preceduto: il file digitale. Uno dei segnali più evidenti della sua penetrazione nel mercato è la scomparsa già da alcuni anni del CD pirata dalle bancarelle dei mercati improvvisati in strada. Alcune produzioni su CD della Minus Habens hanno incluso o sono state costruite intorno a, prodotti editoriali2, espandendo i suoni a documentazione testuale e visiva che li complementasse. Qui il CD diventa il perno intorno al quale il prodotto stampato ruota in una perfetta sinergia culturale e in una multimedialità fruita. Non mancano nel catalogo Minus Habens alcuni VHS storici e un dvd, tutti prodotti con la stessa attenzione risultando perfettamente integrati con le altre produzioni. Il sopracitato passaggio al digitale ha seminato lo scompiglio in numerose etichette, ancora abbarbicate ai morenti schemi di sostenibilità ereditati dal ventesimo secolo. Ora l’organizzazione del mercato musicale impone la circolazione dei prodotti soprattutto in forma di file. La Minus Habens ha adeguato già in tempi non sospetti il suo assetto produttivo e le sue strategie di marketing e comunicazione, essendo fra le prime etichette ammesse su iTunes Music Store. Negli ultimi anni i prodotti sono stati realizzati in doppio formato, fisico e digitale, con un orientamento sempre maggiore alle pubblicazioni “digital only”. É difficile prevedere come i formati possano evolversi in

futuro, ma se scorrendo all’indietro il catalogo ritroviamo così tanti formati storici tutti adeguatamente usati, non è evidentemente un caso, e fa presumere che Iusco sia pronto ad affrontare le prossime sfide senza preclusioni, com’è stato in passato. In tal senso, è forse, in un prodotto particolarissimo che si può trovare la sintesi della storia dei formati parallela alla storia della Minus Habens, che nel dicembre del 2005 pubblica “BeConnected”, la prima compilation musicale su pendrive USB. La curata e ironica bustina in cartone contenente il pendrive, “proscrive” cassette e vinili attraverso due esplicite icone. L’esperienza “BeConnected”, forse ancora troppo in anticipo sui tempi, replicata da Minus Habens in occasione della realizzazione in pendrive di una compilation, distribuita su scala mondiale per conto del marchio Replay Jeans, incarna l’attitudine all’innovazione e la capacità di tradurla in un prodotto coerente col catalogo storico. Questo dimostra ancora una volta, che con qualunque formato ci si troverà a fare i conti in futuro, il catalogo Minus Habens sarà lì, pronto ad interpretarlo in modo innovativo e funzionale.

NOTE Album in vinile sui cui lati sono inclusi i brani di due distinti gruppi musicali. 2 Argomento trattato nella sezione “Esperienze Editoriali”. 1


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MINUS HABENS

SPAZIO

VIE DI FUGA Il sistema dei segni e la sua rottura. di Alberto Dati

Un panino con mozzarella, mortadella e pepe mangiato con un amico a Bari vecchia, ormai qualche anno fa. Questo amico è Mr. Natural (al secolo, Pippo Foglianese), comparso in alcune pubblicazioni della Minus Habens. Con lui ero solito incontrarmi nel centro del capoluogo pugliese semplicemente per passeggiare sotto il sole e chiacchierare. In una di queste camminate, Mr. Natural mi parlò di un progetto che aveva in mente: proporre ad alcuni sound-engineers d’oltreoceano di aggiungere, agli algoritmi dei riverberi virtuali più usati (Royal Albert Hall, Carnagie Hall, Grand Ole Opry, ecc.) anche l’algoritmo del riverbero di un trullo. Nella sua idea, la volta interna del trullo si elevava a pari dignità del riverbero ascoltabile nella precisione geometrica e matematica di quelle famose sale d’ascolto anglosassoni. E fra i mille presets

già in nostro possesso, tutti avremmo avuto la fortuna di trovare quello del “trullo”, magari da aggiungere ad una bella voce solista. Non so se il progetto del Foglianese sia andato a buon fine, ma quell’idea incarna perfettamente l’approccio di continua ricerca ed invenzione dell’esperienza Minus Habens e della sua attività discografica che copre un quarto di secolo. Esperienza che, pur allargandosi a tutto il mondo, ha la sua origine proprio in Puglia, fra i trulli. Nel loro celebre testo “Millepiani”, i filosofi francesi Deleuze e Guattari proposero un’idea nuova: essi cercarono cioè di distinguere lo spazio liscio da quello striato, il paranoico dall’irradiante, lo spazio sedentario da quello nomade. Tutti questi termini non sono nient’altro che i poli attorno ai quali ruota il discorso di Millepiani. Se lo spazio liscio è lo spazio unitario, dispoti-


co, tirannico, razionale, allora lo spazio striato (simile alla trama di un tessuto) è quello dove il pensiero nomade, l’attraversamento volontario del sistema dei segni – o la sua distruzione – preannunciano il nuovo, immaginano un’attesa, una possibilità, la possibilità di una fuga e di una rivolta.

ROS: Inghilterra! Tanto non ci credo. GUIL: A cosa? ROS: All’Inghilterra. GUIL: Vuoi dire che è solo un complotto dei cartografi? Tom Stoppard Un esempio: potremmo paragonare un’istituzione scolastica, una scuola, allo spazio liscio. In questo caso, la corsa dei bambini al suono della

campanella che annuncia la fine della lezione sarebbe lo spazio nomadico, la via di fuga. E non solo perché con questa traiettoria il bambino esce, si sposta – sarebbe troppo semplicistico. Questo movimento è in realtà il modo migliore per comprendere il concetto stesso di via di fuga perché con esso lo studente cessa di essere tale per tornare ad essere un bambino, una persona: finalmente essere umano. Attraverso la semplice corsa, i segni, le regole, le costrizioni, quel sistema vagamente carcerario-punitivo che è la scuola pubblica, cessa di esistere, si infrange, si dissolve nelle grida che caratterizzano ogni scuola al momento dell’uscita dei ragazzi. Quel caos impossibile da trattenere è la distruzione dell’ordinamento scolastico, del regolamento d’istituto, del codice creato dagli adulti. E basta riflettere sulla differenza tra questa traiettoria e


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MINUS HABENS

SPAZIO

quella compiuta da un evaso dal carcere, o da quella seguita da manifestanti inseguiti dalla polizia (sono esempi presi da Millepiani), per comprendere quanto stiamo cercando di esprimere.

Un personale modo irradiante di aprirsi a ciò che non è ancora codificato. Con questo non si vuole fare una retorica del nomadismo, anche se ne varrebbe la pena. Non è un caso che le popolazioni nomadi, dagli zingari agli ebrei, siano sempre state le più perseguitate: perché sfuggono al controllo dei codici che vorrebbero irregimentarle, assorbirle. L’esperienza della shoah in fondo è riconducibile in parte a questa matrice. La Germania che nel proprio seno aveva cercato in tutto il corso del ‘700 e dell’800 di assorbire l’ebraismo, con le conversioni o con la tolleranza, ad un certo punto ha stimato più semplice liberarsi di questo popolo irradiante. Ma limitiamoci a dire che i sistemi di segni complessi reggono solo se trovano chi

li aiuti ad esistere, e cercano di espellere dal proprio interno le vie di fuga, gli spazi striati. I sistemi di segni, i codici, non esistono se non con il pieno appoggio delle persone che li creano e li protraggono nel tempo. Così come i sistemi repressivi, o conservatori, esistono solo perché c’è chi in essi vede una salvezza, una speranza, un interesse. Dovremmo a questo punto chiederci quale sia il sistema dei segni che potrebbe descrivere la Puglia, il terreno dove Minus Habens è nata e cresciuta. Io lo descriverei come un sistema di segni antichissimo fatto di muretti a secco, mare generoso e spietato, nenie che parlano di Santi e guarigioni da malattie epilettiche, grandi riti religiosi collettivi. E lo descriverei anche come l’insieme delle colture tipiche della zona, vite e ulivo, che sono addirittura antecedenti alla colonizzazione indo-europea della nostra regione. Piante autoctone, arcaiche, che invadono con la monocoltura tutto lo spazio disponibile. Il nostro spazio liscio, paranoico, sedentario, è proprio


questo: la monocoltura di vite e ulivo, la pizzica e le tarante, le marce funebri suonate il venerdì santo. Dove ci sta portando questa riflessione? A pensare che in un sistema di segni così chiuso come la Puglia, con i suoi muretti a secco ordinatamente allineati da tempi remotissimi, con il suo folclore fiero e radicato, con un rapporto con la terra – più che col mare – così fecondo, la via di fuga passi proprio per l’astrazione da questo background così ovvio, persino scontato. Bisogna fare uno sforzo in più, certo: bisogna “dimenticare i padri” - come suggeriva Quasimodo – e “uccidere il maestro”, come dicevano i maestri tibetani. Ma il risultato per chi compisse, o abbia compiuto, questo tipo di operazione che è prima personale e poi sociale, è quello appunto di aver individuato una personale via di fuga, un personale modo irradiante di aprirsi a ciò che non è ancora codificato. Del resto, verrebbe da dire che il concetto di “regione” è un concetto astratto, meramente teorico, esistente solo sulle

carte geografiche o su Google Maps. Percorrendo infatti il mondo reale in automobile, se non ci fossero cartelli non ci renderemmo conto del passaggio dei confini, non ci renderemmo conto neanche delle nazioni stesse.

Il sound dell’etichetta è il sound del mutamento, della ricerca, del mai-codificato, del mai-definitivo. Ancora una volta, i sistemi di segni codificati hanno bisogno di persone che credano in essi, e che li perpetuino. Penso che questo – oltre che una passione impellente – sia stato in fondo lo spirito che ha animato Minus Habens alla fine degli anni ‘80, quando – bisogna riconoscerlo – la passione per la musica elettronica cominciava ad insidiare il centro dell’Europa non ancora unita. Ma qui, senza Internet e con le pochissime riviste specializzate, cercare di rompere il sistema di segni per creare addirittura un’etichetta disco-


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MINUS HABENS

SPAZIO

grafica indipendente era roba da pazzi. Bisognerebbe conoscere il back-catalogue della Minus Habens per comprendere l’evoluzione che l’etichetta ha avuto in venticinque anni. L’uscita MHR001 è firmata Nightmare Lodge, MHR004 è “Mutilated Terrorism” di Sigillum S, e in MHR0011 appaiono i Pankow con una Notte di Valpurga di goethiana memoria, che conserva tutta la carica di quella notte delle streghe in cui tutti i destini – e i segni – si confondono.

Il vero movimento irradiante di Minus Habens sta nella continua ricerca, nell’evoluzione che l’etichetta ha vissuto in questi venticinque anni. Ecco ancora una volta lo stravolgimento dei segni: in Goethe come in Shakespeare, penso al Macbeth, le streghe giungono appunto per sovvertire l’ordine delle cose, per creare uno sfondo magico dal quale tutto può emergere, nel quale tutto può accadere. Così, prendendo spunti che vanno dai Pankow a Shakespeare, ci rendiamo conto pian piano che la Minus Habens è riuscita effettivamente nel corso degli anni a creare una via di fuga, un’alternativa vera e propria a tutto il panorama pugliese, e oseremmo dire meridionale, esistente tra la fine degli Ottanta e l’inizio dei Novanta. Non so di preciso cosa si sia mosso nella mente del patron della Minus Habens, quali siano state le influenze giovanili – parlo in termini musicali. So che un ragazzo di 17 anni ha cominciato a Bari, alla fine degli ‘80, a replicare e distribuire cassette. Erano album e compilation, più o meno come avveniva negli stessi anni sui marciapiedi dei blocks periferici di New York. Ma qui non era hip-hop e rap, in quelle cassette, e per i primi anni di vita dell’etichetta, la musica contrabbandata su questi nastri ormai rarissimi


Alberto Dati Nato a Taranto il 4.4.1975. Laureatosi in Filosofia e Storia nel 1998 con una tesi su Ludwig Wittgenstein, nello stesso anno ha curato la traduzione italiana di “Rosencrantz e Guildenstern Sono Morti” di Tom Stoppard per Sellerio Editore. Ha collaborato alla stesura di due testi con l’Istituto di Filosofia della Scienza dell’Università di Bari, “Storia della Filosofia della Scienza nel ‘900” e “Ragione e Sovversione”, entrambi pubblicati da Levante Editore. Nel 2010 ha pubblicato con Magenes di Milano “Gli Ultimi Viaggi di Napoleone”, seguendo i suoi tenaci studi sulle vicende del Bonaparte.

Appassionato di fotografia analogica e digitale, ama da sempre viaggiare e suonare. Insegna Lettere nella scuola media con grande entusiasmo. Collabora da anni con la rivista “Plein Air”, per la quale realizza reportage di viaggio. Collabora con Minus Habens Records sotto tre psudonimi: Elastic Society, Dati ed Appetizer, con i quali ha pubblicato a partire dal 2001 cinque album, innumerevoli remix e brani per colonne sonore cinematografiche. Nel poco tempo libero, si dedica alla musica country acustica provando a suonare chitarra, mandola, ukulele e dulcimer.

Senza Internet e con le pochissime riviste specializzate, cercare di rompere il sistema di segni per creare addirittura un’etichetta discografica indipendente era roba da pazzi. era elettronica scurissima e disperata, sperimentale e spesso astratta, che non concedeva nulla alla felicità degli anni ‘80, della fine dell’epoca craxiana e del boom economico-televisivo. Il 1987 è l’anno del primo episodio dei Simpson negli Usa. Nel 1987 Rust atterrò col suo Cessna nella Piazza Rossa; la Valtellina fu inondata tragicamente, e gli utenti pc di tutto il mondo poterono finalmente cominciare ad usare la versione 386 di Windows. In questa atmosfera, ma utilizzando un sistema operativo diverso, mentre in tv andavano le notizie delle dimissioni di Craxi e dell’insediamento del sesto governo Fanfani, la Minus Habens iniziò a pubblicare su vinile, uscendo dall’anonimato del mixtape trading. La linea di fuga si iniziava a tracciare, lo spazio liscio vedeva un movimento al suo interno che avrebbe portato lontano, un quarto di secolo dopo. Credo che il nomadismo proprio della Minus Habens non sia da individuare solo nella possibilità di fuga che l’etichetta ha rappresentato per tutti: per il suo ideatore, per gli artisti del roster e per i suoi ascoltatori. Il vero movimento irradiante

della Minus Habens sta nella continua ricerca, nell’evoluzione che l’etichetta ha vissuto in questi venticinque anni. Spulciando il suo catalogo si trova di tutto, come detto: dalla musica seriale alla musica concreta, dalla vocal-house al techno-grime, dal lounge al nuovo jazz, dalle influenze latine all’underground americano. Mi colpisce soltanto l’assenza di contaminazioni con le tarante, con le pizziche… eppure nel roster Minus Habens figurano svariati produttori pugliesi. Ma è proprio questo il punto di forza: il sound dell’etichetta è il sound del mutamento, della ricerca, del mai-codificato, del mai-definitivo. Potremmo dire, ma evitiamo di farlo, che Minus Habens è il suono delle nostre vite volte alla ricerca instancabile, al cambiamento, alla rottura di codici costituiti. Potremmo dire che il suono delle nostre vite è il suono lontano di cose ancora da conoscere, spinti dalla curiosità di Ulisse ad ascoltare sirene che potrebbero ferirci la mente. Ma preferiamo non dirlo, e quindi tacciamo.


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CINEMA


03 CINEMA La musica che nasce dalla ricerca di Marco Spagnoli | 62 La colonna sonora di un viaggio di Sergio Rubini | 64 Bari_1999 di Alessandro Piva | 68 La prospettiva di Francesco Lopez | 74 La Minus Habensnon esiste di Pierluigi Ferrandini | 76 Musica e pupe di Dino Giarrusso | 78 Un luogo possibile di Teho Teardo | 80


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CINEMA

LA MUSICA CHE NASCE DALLA RICERCA di Marco Spagnoli

Ivan Iusco è un artista ‘anomalo’ nello spesso troppo omologato panorama italiano della musica da film e nelle colonne sonore per il grande schermo. Un compositore che fa tesoro della propria curiosità e personalissima poliedricità per dare vita a musiche diversissime tra loro per film che, almeno in apparenza, non hanno nulla in comune.

La sua Minus Habens non è soltanto un’etichetta discografica. è il marchio indelebile del suo sogno, il segno di un progetto, l’impronta di un’idea. è così che Iusco è capace di creare sonorità urbane per i film di Alessandro Piva “LaCapaGira” e “Mio Cognato”, lasciandosi andare a composizioni melodiche e rarefatte per il cinema di Sergio Rubini con, su tutti, il gioiello “L’Amore Ritorna”. Un musicista che non teme le sfide e le complicazioni di un cinema sempre diverso, capace di metterlo costantemente in discussione.

Imprenditore musicale da sempre, Ivan Iusco è editore e ricercatore di sonorità per soddisfare la propria sete e passione per la musica che, al cinema, si traduce in una colonna sonora che diventa partitura emotiva, una seconda sceneggiatura dove consentire al regista, a lui stesso e, talora, perfino al pubblico di nascondersi e confondersi. Scopritore di talenti egli stesso come nel celebre caso di Teho Teardo che proprio con Minus Habens, la sua etichetta, ha visto pubblicare i primi album negli anni ‘90, Iusco ha fatto della costante entusiastica ricerca non solo una chiave per approcciare il proprio lavoro, ma anche il profilo inconfondibile di una personalissima weltanschauung attraverso cui mediare le infinite suggestioni che ogni giorno sfrutta per i tanti mondi di cui si occupa. Ecco quindi, che l’autore serio e impegnato può firmare con grande nonchalance la colonna sonora del teen-movie “Ho voglia di te” e, al tempo stesso, dedicarsi all’episodio “Maledetto Tag” dello sfortunato e, forse, prematuro “Feisbum”. Interessante e intrigante il lavoro di


Marco Spagnoli

Iusco lascia un unico rammarico: sarebbe bello sperare in qualche lavoro in più da parte di un artista di caratura internazionale, interessante e unico per intelligenza, sensibilità e modernità espressiva. La sua Minus Habens non è soltanto un’etichetta discografica. è il marchio indelebile del suo sogno, il segno di un progetto, l’impronta di un’idea. Un ideale tatuaggio dell’anima: uno di quelli che ti passa dalla pelle e arriva fino ad emozioni recondite. Un percorso musicale e anche culturale importante in un quarto di secolo della storia dell’entertainment nazionale. Una realtà interessante, ma – soprattutto – una visione di quello che si può fare e di quello a cui non si può rinunciare. Indipendentemente dalle scelte musicali, artistiche, dai generi, dalle mode, dalle tendenze, Minus Habens rappresenta un’idea di musica che fa la differenza in quanto ispirata dalla libertà, ma anche dalla ricerca costante di un talento che, soprattutto in Italia e particolarmente in questi anni, abbonda come reazione ad una

società che, invece, predilige tendenzialmente persone capaci di dire soltanto e soprattutto ‘sì’. Venticinque anni di colori, di musica, di idee buone e cattive, di onori e passi falsi, di successi centrati e mancati, caratterizzano la storia di un’etichetta che come tutti i grandi marchi ha fatto della ricerca e sviluppo non solo una parte del suo business, bensì una caratteristica fondamentale per scoprire qualcosa di nuovo in un mondo in cui il vecchio, etichettato come vintage, sembra essersi arrogato il diritto di vivere un’eternità di risulta e di riciclo. Cercare il nuovo, tentando di scoprire e promuovere il meglio, è sembrata una follia in un’Italia soffocata dai vecchi e dalle consuetudini. Invece, è stata una scelta di saggezza. Oggi che anche Minus Habens è cresciuta, siamo certi che conquisterà l’eterna giovinezza grazie all’insegnamento di Miles Davis secondo cui “per restare giovani, devi suonare con i giovani”.

Nato a Napoli il 23.6.1970. Critico e giornalista cinematografico, collabora a diverse riviste cartacee e su Internet. Vicedirettore del BiFest – Per il Cinema Italiano, è membro del comitato di Direzione del RomaFictionFest e consulente della Casa del Cinema di Roma. Ha pubblicato diversi libri legati al cinema e curato i contenuti speciali di alcuni Dvd. Ha ideato e diretto “Giovanna Cau - Diversamente Giovane” (Sezione Extra del Festival di Roma 2011) il film di montaggio Hollywood sul Tevere presentato in anteprima mondiale al Festival di Venezia, candidato al David di Donatello 2010 e al Nastro d’Argento cui sono seguiti Hollywood Invasion (Festival di Venezia 2011) e “Giuliano Montaldo - Quattro Volte Vent’anni” (2012). è membro del Sindacato Giornalisti Cinematografici, del Sindacato Critici Cinematografici, dell’Accademia del David di Donatello, della Federazione internazionale dei Critici Cinematografici (FIPRESCI) e della European Film Academy (EFA) che ogni anno assegna gli Oscar europei.


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CINEMA

Ancora oggi ricordo lo stupore del pubblico quando partiva il basso ipnotico del primo tema del film sulle immagini crude, vere, essenziali della cittĂ . Ipnotico forte.


Bari 1999 di Alessandro Piva

Stavo ultimando il montaggio del mio primo film, “La CapaGira”, e venivo da una fallimentare ricognizione del panorama musicale barese. Avevo incontrato solo giovanotti arrogantelli o intellettualoni un po’ snob. Decido di fare un secondo giro, e a questo punto chiamo questo musicista dell’underground con una sua etichetta. Abita a pochi metri da casa dei miei, ci diamo appuntamento al bar della stazione di servizio a metà strada. Così mi bevo un caffè senza piombo insieme a questo tipo rigorosamente, inevitabilmente vestito di nero. Scuro di vestiario, ma chiaro di carnagione e di umore. Mi riempie la sporta di cd della sua Minus Habens e sorridendomi mi rimanda a qualche giorno più avanti, quando avrei ascoltato le sue composizioni. Finalmente un provinciale che non se la tira in questo assurdo paesone che è Bari! Così ho conosciuto Ivan Iusco e ha avuto inizio una collaborazione che dura da tanti anni. Ricordo i tentativi elettronici de La CapaGira, partiti dalla richiesta di restituire le sonorità delle auto tamarre per i vicoli della città vecchia e per gli stradoni della periferia. Ivan aveva ammassati sintetizzatori e computer di due o tre generazioni, sempre pronto a passare dai campionamenti 8bit stile commodore 64 a sezioni d’archi e strumenti etnici. Il risultato convinceva. E ancora oggi ricordo lo stupore del pubblico quando partiva il basso ipnotico del primo tema del film sulle immagini della città crude, vere, essenziali. Ipnotico forte. Quella cavalcata ci ha portato lontano, la musica di quel film ha ottenuto apprezzamenti e premi anche all’estero. Poi ci siamo impegnati in vari piccoli progetti, e che fosse uno spot o un documentario o un originale radiofonico, Ivan era sempre pronto a scartabellare nell’archivio suo e in quello dell’etichetta per trovare


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CINEMA

al volo la soluzione. Una delle poche volte che l’ho visto turbato è quando, ricordi Ivan?, mi raccontasti che qualche balordo aveva rubato migliaia di cd del magazzino Minus Habens. Era l’epoca nella quale i cd ancora erano diffusi e costavano tanto, e il danno di quel furto era pesante. Così ti mettesti sulle tracce di quei cd e qualcuno ti disse di averli scovati sulle bancarelle di un mercato rionale, in vendita a prezzi di realizzo. Quella musica di ricerca destinata a collezionisti di tutto il mondo male si adattava alle matrone del mercato, ma in fondo quell’avventura ti annunciava il tema del nuovo lavoro che avremmo di lì a poco svolto insieme… Quando è arrivata la lavorazione di Mio cognato, il mio secondo film, a Ivan ho chiesto di esplorare atmosfere diverse, più acustiche. Il mio era un western, per certi versi, e quelle suggestioni chiedevo a Ivan di inseguire. Ci è riuscito alla grande e a modo suo, senza rinunciare alle con-

taminazioni elettroniche con le quali ha punteggiato la narrazione. Ho solo il rimpianto, in quel caso, di non aver sfruttato il primo tema che mi aveva proposto per la sequenza iniziale, che mi piaceva molto ma mi pareva arrangiato in maniera un po’ ripetitiva. Avrò fatto bene a recuperare un altro suo tema per riadattarlo e renderlo centrale? Chissà. Magari troverò un giorno il tempo di togliermi lo sfizio e fare una riedizione dei miei primi film, recuparando così le tante scene che taglio ogni volta. E in quel caso Ivan, stanne certo, ti verrò a bussare a casa per recuperare quel tema che tu non hai mai impiegato in altri film, per fortuna. Forse perché aspetti quel momento, amico mio, e avrai ragione tu. O non creid ?


Quando è arrivata la lavorazione di “Mio cognato”, il mio secondo film, a Ivan ho chiesto di esplorare atmosfere diverse, più acustiche. Ci è riuscito alla grande e senza rinunciare alle contaminazioni elettroniche con le quali ha punteggiato la narrazione.


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CINEMA


Alessandro Piva Nato a Salerno l’8.4.1966. Regista, fotografo, montatore e sceneggiatore. Terminati nel 1990 gli studi di montaggio al Centro Sperimentale di Cinematografia lavora come documentarista realizzando reportage in Italia e all’estero. Con due sceneggiature tra il ‘92 e il ‘93 è finalista al Premio Solinas e ottiene altrettante Menzioni Speciali. Come regista di cinema ha all’attivo tre lungometraggi: “La Capa Gira”, presentato al Festival di Berlino, vincitore di numerosi premi tra i quali il David di Donatello e il Ciak d’Oro 2000; “Mio Cognato”, presentato al Festival di Locarno, tre candidature ai Nastri d’Argento 2004; “Henry”, presentato in concorso al Festival di Torino 2010, Premio del Pubblico, uscito in marzo 2012. Tra il 2002 e il 2006 ha diretto diversi atti unici per Radio3 Rai. Nel 2007 si è cimentato nella sua prima regia di Opera, con un allestimento de Il “Cappello di Paglia di Firenze” di Nino Rota. Nel 2009 ha girato due spot pubblicitari per Fox Channel, premiati agli Sky Awards 2008 e al Promax di New York 2009. Nel 2011 ha presentato alla Mostra del Cinema di Venezia il film documentario “Pasta Nera”, premiato con una Menzione Speciale dalla giuria del Premio Fedic. Nel 2012 il documentario è stato tra i finalisti del Premio David di Donatello come Miglior Documentario.


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VIDEOARTE

VISIONI IMPOSSIBILI

IMPOSSIBLE LOVE

IMPOSSIBLE GARDEN

Nessun luogo. Nessuno spazio. Nessuna identità. Una visione binaria in una dimensione, nella quale il corpo-macchina cerca di interagire, comunicare. Combattendo tra l’essenza e l’assenza, tra il contatto e la visione, tra il silenzio ed il vuoto. Irrompendo nella vita dei personaggi usando il corpo per scatenare in loro una crisi profonda, una frattura tra la vanità dell’identità e la fragilità della rappresentazione.

Impossible Garden esplora le nuove frontiere della comunicazione, in un universo della mutazione, spostandosi sugli incroci possibili che innestano immagini, nuove tecnologie, culture etniche, chirurgia estetica, architettura e rapporti psicofisici tra corpo e spazio-identità. Nuove mescolanze nascono, creando ipotesi di nuovi linguaggi. Una costruzione di connessioni che genera amplificazioni collettive e intersezioni inedite, ibridando gli infiniti linguaggi possibili in una dissolvenza comunicativa in cui prende forma la differenza. In uno scenario in cui cibernetica, genetica e sistemi complessi si intrecciano nella prospettiva di un futuro neobiologico, si stabiliscono alleanze inaspettate tra organismi e meccanismi.

©2005 Luca Curci & Fabiana Roscioli foto: Damiano Calì REGIA Luca Curci SOUNTRACK Ivan Iusco FORMATO HD PRODUZIONE ArtExpo

©2006 Luca Curci & Fabiana Roscioli


Luca Curci

THE EMPIRE OF R-EVOLUTION Geometrie del pensiero. Percezioni sensoriali simultanee e variazioni di forma e contenuto. Luca Curci si rivela attraverso un video enigmatico, fatto di significati evidenti e nascosti, “The Empire of R-Evolution”. Matematica, filosofia e religioni, simbologia ed astrazione, variazione e trasformazione. Protagoniste geometrie pure che si incontrano in un non-luogo e creano nuove architetture, città future, attraversate dal cambiamento e da possibili evoluzioni. The Empire of R-Evolution è stato presentato in anteprima in occasione della 54° Biennale di Venezia, Padiglione Italia. ©2011 Luca Curci

Nato a Bari l’8.12.1975. Artista, architetto e designer. Il suo lavoro artistico racconta le ibridazioni tra luogo ed identità attraverso la videoarte, la performance e la realtà virtuale. Tra i suoi lavori principali il video “e-human” presentato nel 2002 al Centre Pompidou di Parigi, il video “still.alone”, realizzato nel 2004 con la collaborazione di 27 artisti provenienti da Canada, USA, Argentina, Brasile, Belgio, Germania, Francia, Italia, Grecia, Cipro, Indonesia, la trilogia video “Impossible” (“Impossible Language”, “Impossible Love”, “Impossible Garden”) realizzata tra il 2004 ed il 2006 e presentata al CCCB (Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona), ed al NCCA (Centro Nazionale di Arte Contemporanea) di Mosca, il video “The Empire of R-Evolution”, presentato alla 54. Biennale di Venezia, Padiglione Italia. Nel 2001 fonda il gruppo artistico International ArtExpo con oltre 800 artisti iscritti e più di 60 eventi di pittura, fotografia e video arte realizzati fino ad oggi in tutto il mondo. Nel 2004 crea It’s LIQUID, una piattaforma di comunicazione con oltre 80.000 iscritti, dedicata all’arte, all’architettura e al design.


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SUONI_VISIONI


05 SUONI_VISIONI Feticismi - sonici di Claudia Attimonelli | 96 Indie di Dario Villa | 98 Appunti sul Sound Design di Painè Cuadrelli | 100 Scrigno di gemme sonore di William Nessuno | 102 I videoclip Minus Habens | 104


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FETICISMI-SONICI LE TECHNO-EVOLUZIONI DELLA CARNE ELETTRONICA di Claudia Attimonelli

C’è uno spot della Pirelli della metà degli anni Novanta nel quale Carl Lewis a piedi nudi fende lo spazio con falcate maestose, percorre la superficie dell’Atlantico con di fronte lo skyline di New York pre-11-Settembre, scala la Statua della Libertà fino a raggiungere la corona e, da una delle sue punte, spicca il volo nel vuoto con la tecnica del salto in lungo per approdare sul cornicione di un grattacielo. Lassù, ferma il tempo per qualche istante per controllare lo stato del piede, la cui pelle si rivela essere fatta di gomma da pneumatico. Lo spot si conclude affermando che “Power is nothing without control”.

Una sutura essenziale della contemporaneità: la celebrazione dell’erotismo attraverso la tecnologia.

La traccia che insegue l’incedere dei passi del mutante, il figlio del vento, e ne intercetta gli ostacoli, celebra la potenza e sostiene l’incitamento, è un pezzo del ’93 di Caustic Window (aka, tra gli altri, Polygon Window, Aphex Twin, Richard D. James): The Garden of Linmiri, uscita per Rephlex e poi, in seguito confluita nel IV volume della serie Outer Space Communications con il nome di Joyrex J9ii firmato Polygon Window. Outer Space Communications è una serie di quattro volumi di compilation editi tra il ’93 e il ’97 da Disturbance (sottoetichetta della Minus Habens), dove compaiono, tra gli altri, Atomu Shinzo aka Atom Heart, Monomorph, Speedy J, Principia Audiomatica, Nebula. Le raccolte intendono documentare una precisa fase dell’e-


Claudia Attimonelli

I quattro volumi della serie “Outer Space Communications” CD - album - 1993, 94, 96, 97

voluzione sonica e della contaminazione di ritmi attraverso un viaggio che Kodwo Eshun, il teorico dell’afrofuturismo, chiamava Sonic Fiction. I piedipneumatici di Lewis, corridore-saltatore, trovavano nella teoria di Eshun un’analogia nelle smisurate dita dei dj, prefigurazione di una mutazione techno-logica in atto. La grafica e l’iconografia delle copertine di Outer Space Communications miscela eleganti elementi retrò, come i mezzi busti delle manniquin à la Kraftwerk nel video “The Model”, accanto a micro foto low-fi legate all’immaginario fantascientifico, cogliendo e restituendo così quella che di lì a poco sarebbe diventata una sutura essenziale della contemporaneità: la celebrazione dell’erotismo attraverso la tecnologia. Lunga vita alla nuova carne elettronica!

Nata a Bari l’1.12.1975. È docente di Cinema, Fotografia e Televisione all’Università Aldo Moro di Bari e di Fashion & Communication al Polimoda di Firenze; é responsabile Media Studies alla Mediateca della Regione Puglia. I suoi campi di ricerca sono la sociosemiotica della musica, la fashion theory, i gender e media studies. È curatrice di arte contemporanea e collabora con gallerie e teatri. Tra i suoi lavori recenti: “Les Couleurs Du Noir, De La Blackness À L’Uniforme” (2012), “To Be Continued. Il Destino Del Corpo Nei Serial Televisivi” (2011), “Underground Zone. Dandy, Punk & Beautiful People” (2011), “Techno: Ritmi Afrofuturisti” (2008).


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APPUNTI SUL SOUND DESIGN di Painé Cuadrelli

Si fa molta confusione nel definire il sound design. Recentemente la figura professionale del sound designer si incontra sempre più spesso in differenti contesti: dal mondo del cinema, all’arte, alla comunicazione pubblicitaria. Questa tendenza positiva sottende la necessità di progettare il suono, ma è anche importante fare alcune distinzioni, per orientarsi meglio.

Un sound designer utilizza materiali di varia natura, dai suoni concreti, a quelli di sintesi, a suoni prodotti acusticamente, contemplando anche voci e frammenti musicali. Paradossalmente quando incontro i miei studenti che iniziano il primo anno di corso, la prima cosa di cui parlo è “cosa il sound design non è”. Non è una composizione musicale, non è un particolare arrangiamento, non è un remix...! Come suggerisce la parola, composta da sound (suono) e design (progettazione), siamo nell’ambito della costruzione, pensata, di audio con una funzione specifica. Esattamente come avviene in altri territori tecnico-creativi, chi progetta conosce e usa i diversi materiali utili alla realizzazione del progetto, creandoli attraverso registrazioni, manipolazioni e sintesi, o commissionandoli ad altri. Il lavoro del sound designer assume varie de-

clinazioni e specializzazioni. Originariamente la professione si è sviluppata in stretta relazione con il cinema, dove il suono del film viene ideato, montato e missato con i dialoghi e la musica. Nel cinema di animazione e di fantasia (fantascienza, horror) il sound designer immagina e realizza mondi nuovi, funzionalmente alla storia. Il nome più celebre è quello di Ben Burtt (“Star Wars”, “Wall-E”), pioniere visionario. Altri hanno fatto scuola con i loro approcci innovativi: Walter Murch (“La Conversazione”, “Tetro”), Randy Thom (“Apocalypse Now”, “Rio”), Leslie Shatz (“Paranoid Park”, “Gomorra”), Paul Davies (“The American”, “Hunger”). Il proliferare di piattaforme e strumenti multimediali ha dato spazio a nuove applicazioni sonore: dal sound-branding (Audi, Apple, Intel, Nokia) al mondo interattivo (web, mobile), dove c’è un suono, c’è un sound designer che lo ha progettato. Nei videogames, oltre alla colonna sonora, viene costruito un sistema complesso di voci, effetti e paessaggi sonori che si trasforma sulla base dello sviluppo del gioco. I sound designers progettano i suoni che gli strumenti (digitali, elettronici o analogici) emettono, e che spesso confluiscono in molte delle produzioni musicali attuali. Anche nel mondo dell’arte, il suono ha i suoi rappresentanti che operano attraverso installazioni


e progetti dagli approcci più diversi: Christian Marclay (Biennale di Venezia 2011), Janet Cardiff, Laurie Anderson, Brian Eno e molti altri popolano il panorama internazionale con i loro interventi. Un sound designer utilizza materiali di varia natura, dai suoni concreti, a quelli di sintesi, a suoni prodotti acusticamente, contemplando anche voci e frammenti musicali. Chi sceglie questa professione proviene da percorsi ed esperienze musicali differenti, ma estende le proprie conoscenze in un ambito in cui la musica diventa un elemento sonoro al pari di altri e la si adopera funzionalmente al progetto a cui sta lavorando. Nella recente conferenza “Sound 4”, con Matthew Herbert, Sergio Messina, Steve Piccolo e Enrico Ascoli, abbiamo discusso di quanto sia poco “progettato” il suono che ci circonda nella vita quotidiana, e quanto sia importante cercare di costruire una “grammatica” (e un galateo) del suono da condividere con le nuove generazioni. Si è parlato del significato politico del suono e della sua percezione, in relazione all’architettura, alla vivibilità, alla comunicazione e agli spazi pubblici. Anche per questo è utile continuare a confrontarsi sul suono e cercare nuove forme di progettazione del paesaggio sonoro in cui viviamo.

In alto le immagini degli spot Toyota, Poker Star, Samsung e Geox, con sound design a cura di Paolo F. Bragaglia (Minus Habens)

Painé Cuadrelli Nato a Milano il 25.2.1976. Produttore musicale, sound designer e dj. Ha composto colonne sonore e prodotto sound design per cortometraggi, documentari, installazioni, mostre e sfilate di moda. Lavora sulle intersezioni tra musica elettronica, mixed-media e memoria sonora collaborando con associazioni, aziende, istituzioni, radio, festival e club, in Italia e all’estero. Pubblica dischi e remix a suo nome e con i progetti paralleli “I Maniaci Dei Dischi” e “Soslo”. È coordinatore del corso di Sound Design allo IED di Milano dove insegna “Progettazione del Suono”.


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FESTIVAL

PRODURRE PER NON DIMENTICARE di Dino Lupelli

Il valore commerciale di un prodotto musicale è spesso l’unico metro di valutazione nella decisione di procedere alla stampa e distribuzione di un supporto come un CD o un DVD. Una valutazione di questo tipo avrebbe sconsigliato, sin dal primo momento, la realizzazione della serie di compilation ufficiali che hanno affiancato una label importante come Minus Habens ad un’altrettanto significativa manifestazione come Arezzo Wave, lo storico festival di musica attuale che tra il 2006 ed il 2008 ha affidato proprio a Minus Habens la realizzazione di tre progetti editoriali legati alla manifestazione Elettrowave. La mia collaborazione in qualità di direttore artistico di Elettrowave con Minus Habens, nata già nel 2001 con una indimenticabile preview del film “LaCapaGira” e della colonna sonora firmata da Ivan Iusco, ha portato alla realizzazione di tre progetti editoriali che testimoniano a distanza di alcuni anni il valore documentale ed artistico che progetti come questi possono assumere, lasciando in secondo piano gli aspetti più commerciali. Prendiamo ad esempio il DVD “Mixing Identities”, realizzato nel 2006 grazie ad una partner-


Dino Lupelli

ship con la community di vj italiani VJ Central che è la prima testimonianza concreta di questo atteggiamento a mio avviso più curatoriale che editoriale. Il progetto, ambizioso per l’epoca, era basato sull’idea di produrre un DVD registrato con tecnologia Dolby Surround 5.1, mettendo al lavoro visual artist che interpretassero le sonorità proposte dagli ospiti della manifestazione e lasciando invece ad un dj di fama internazionale, come Alex Neri, il compito di remixare il tutto. Il risultato è un file audio-video molto variegato, con una qualità audio eccezionale che include delle significative tracce extra tra cui il trailer del video “Impossible Love” di Luca Curci sonorizzato da Ivan Iusco. A distanza di sei anni il DVD è diventato una concreta testimonianza dell’estrema vivacità, in quel periodo, di un movimento come quello dei vj italiani. I nomi coinvolti sono ancora oggi i più importanti della scena: DDG, Otolab, Softly Kicking, Virgilio, Influx, tuttora attivi pur nella diversificazione imposta da un mercato mai realmente partito, ma che ha formato videomakers, video installatori, artisti capaci di segnare l’estetica video della cultura elettronica del primo decennio del nuovo secolo. Il DVD fu presentato dal vivo all’interno di un progetto chiamato Sonic Cinema, con una per-

formance di Ivan Iusco all’interno di un futuristico set-up in Dolby Surround 5.1.: un’ambientazione assolutamente in anticipo sulle successive performance con sistemi di diffusione spaziale. Al DVD sono poi seguite due edizioni delle compilation ufficiali di Elettrowave: “Please let me wonder” nel 2007 con tracce di Cassius, Modeselektor, Kalabrese… e “Future is Bright” nel 2008 con tracce di Stereo Total, Mike Shannon, Zombie Zombie… In entrambi i casi i brani scelti e compilati rappresentano la testimonianza diretta dell’affermazione della scena musicale elettronica quale vero e proprio fenomeno di nuovo pop anche in Italia ed includono tracce rilasciate da artisti italiani come Marco Messina, Sandiego, Clover e Hugo poi affermatisi a livello internazionale. All’impagabile valore culturale di questi progetti, evidente già allora, aggiungo oggi l’appagante e sempre meno frequente soddisfazione nel disporre dei relativi supporti fisici, tra l’altro molto curati nell’aspetto editoriale, a dimostrazione di tutta la passione per il linguaggio elettronico e digitale che Minus Habens ha testimoniato nei suoi lunghi anni di attività.

Nato a Bari il 19.6.1970. Project manager culturale e giornalista. Si occupa sino al 2000 di diverse attività culturali, dal 2000 al 2009 sviluppa per la Fondazione Arezzo Wave Italia il progetto Elettrowave che per anni è uno dei principali appuntamenti nazionali di musica elettronica. Nel 2006 contribuisce a far nascere e dirige le attività di ELITA, rete urbana milanese di freelance attiva in vari settori dell’intrattenimento, della cultura e della comunicazione che annualmente produce il Design Week Festival e mensilmente il Sunday Park.

AA.VV. - “Elettrowave v.07” CD - album - 2007 AA.VV. - “Elettrowave v.08” CD - album - 2008


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FESTIVAL

SULL’INTANGIBILITÀ DELL’ESTRANEA COSA CONSIDERAZIONI IN ORDINE… MOLTO SPARSO. di Gianluigi Trevisi

Mi sento complice, fortemente legato a tutti quelli che della musica hanno fatto la propria vita, a quelli, come dice Fripp, che “mangiano con la musica”. Quelli che combattono ogni giorno contro i “contabili dell’utile” per riaffermare la centralità della musica, dell’arte e della cultura più in generale. Sì, perché sebbene a parole non se ne trovi uno che affermi il contrario, questi smargiassi dell’essenziale che siano assessori, parenti, amici, agenti… dell’entrate o delle uscite… sono una maggioranza che ritiene che tutto ciò sia laterale, secondario… vengono prima gli ospedali, le pensioni, le pensiline alle fermate degli autobus, stupide gerarchie da nuovo Medioevo; ineffabili e raffinati “ragionieri” che con filosofie da amministratori di condominio (non me ne vogliano) ci stanno gettando nel baratro: veri SUPERNI… TERRESTRI. Dice Arthur C. Clark nelle “Guide del Tramonto” e Oliver Sacks, il noto neurologo di “Risvegli”, lo riprende all’inizio di “Musicophilia”, che quando i

Superni, gli alieni dall’intelletto superiore, abitanti di un Pianeta molto lontano sbarcarono sulla Terra, rimasero sconcertati dal fatto che gli esseri di questo pianeta potessero fortemente emozionarsi ascoltando un concerto, un qualcosa di impalpabile, immateriale e privo di immagini e simboli, requisiti tipici di un linguaggio; non riuscivano a farsi capaci di questo strano ed all’apparenza inspiegabile fenomeno intangibile quanto incomprensibile. Ecco, molti nostri coinquilini pensano la stessa cosa: “Vabbè a chi non piace la musica… le canzoni, la discoteca…, ma parliamo di cose serie”. La musica, come dice Sacks, su di noi ha un enorme potere: sin dall’infanzia si manifesta in maniera naturale un’inclinazione verso di essa e questa predisposizione è presente in tutte le culture, anzi probabilmente è qualcosa presente già alle origini della nostra specie. Non ha alcun potere di rappresentazione, né ha alcuna relazione necessaria con il mondo reale. Questa Musicofilia è


un dato di fatto della natura umana, un po’ come la Biofilia il nostro naturale trasporto verso gli altri esseri, forse proprio perché nei fatti consideriamo la musica come una creatura viva. Tiziano è stato il primo ad usare la parola paesaggio e la usò per definire tutto ciò che è all’esterno di noi, rappresentando pittoricamente ciò che era possibile vedere oltre la figura umana. Pian piano ci siamo accorti che il paesaggio, questo fuori di noi, è sonoro, è musicale. Ci siamo resi conto che la musica è un elemento costitutivo dell’essere umano proprio dal punto di vista biologico, ancor prima di quello sociologico. Anche nel suo stato primitivo, nella più totale inconsapevolezza, percuotendo un tronco cavo, l’uomo è stato risucchiato in questo affascinante mistero divenendo un essere musicale. E questo mistero, che Alberto Savinio chiamava “l’intangibilità dell’estranea cosa”, resta ancora molto complicato da spiegare. Questa immaterialità infatti evoca la condanna a morte del signifi-

cante, l’impossibilità di spiegare la musica al di fuori della musica. Lo sciogliersi della forma nel contenuto in musica è da sempre il vero propellente creativo. Da Bach a Debussy, giù giù fino a Michael Jackson e i Radiohead passando per i Beatles, Jimi Hendrix ed i Pink Floyd ovviamente. I Prodigy, i B-52’s e per certi versi Prince (ma ce ne sono tanti altri) sono un perfetto esempio per spiegare come la divisione tra forma e contenuto (di desaussuriana memoria) non sia servita nemmeno alla critica più formalista: la creazione, l’ispirazione di queste musiche infatti evidenziano come la musica sia costruita mentalmente anche quando può sembrare un bricolage. La musica di queste tre band, una sorta di A.D. della Cervello&Corpo spa (Prince è lui stesso una band), ha mantenuto forte il rapporto col rock, con i suoi fondamentali (chitarre elettriche distorte, basso e batteria a inseguire) un contatto cerebrale che però ha speculato molto sulla sintassi


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ricordare queste piccole cose che parlano di musica, vuole essere una minuscola croce raschiata sull’albero del bosco in cui ci siamo persi. della musica da ballo, sciabolate elettroniche su frequenze capaci di portare i suoni nel profondo degli intestini in un’eccitante termocombustione dei sensi. La musica, in definitiva è ancora, nonostante il grande avvento tecnologico, una delle rappresentazioni più autentiche della natura dell’essere umano della prevalenza del suo versante emozionale, quello erroneamente ritenuto il meno concreto, un rimando continuo alla troppo spesso dimenticata affermazione del Grande Bardo per cui siamo fatti della stessa materia dei sogni. La politica invece come dice (il secondo me grande) Carlo Boccadoro ha sbattuto la musica nello sgabuzzino dell’intrattenimento, nelle scuole vanno avanti col flautino… nelle chiese il gregoriano è out perché abbassa l’audience, nelle radio, come su tutti i vecchi media, continuano a propinarci fastidiose playlist del tipo earworms1. Sono gli addentellati di settore di questa crisi che ormai evochiamo come un mantra. Una crisi che

evidenzia sempre più le difficoltà del rapporto tra sistema e viventi (piante, terra, animali, umani), un percorso lungo il quale abbiamo acriticamente consolidato modelli distruttivi. Quella che una volta chiamavamo coscienza o presa di coscienza è militarmente occupata dall’ansia di prestazione e dalla sete di consumo, la nostra biofilia è precipitata in zona play-out, attenta ad un inutile indispensabile. Ecco, ricordare queste piccole cose che parlano di musica, vuole essere una minuscola croce raschiata sull’albero del bosco in cui ci siamo persi, non si tratta di evocare un potere salvifico, ma il tentativo di calcolare con più attenzione il valore della musica, delle arti, della cultura più in generale nella costruzione del futuro.


Gianluigi Trevisi Nato a Lucera il 21.6.55. Laureato in lingue con una tesi sulla struttura del sogno nel cinema di Luis Buñuel. A partire dagli anni ‘70 si è impegnato nel capoluogo pugliese nell’ideazione e organizzazione di spettacoli: dal Mistero Buffo di Dario Fo, ai concerti degli AREA, Napoli Centrale, Francesco De Gregori. All’inizio degli anni ‘80, ha dato vita all’Herostrato gruppo di animazione culturale che dopo alcuni happening video/teatrali (“Il Cuore a Gas”, “Imperialismo Fase Suprema del Capitalismo”, “Acutamente Sciocco”) ha intrapreso stabilmente un’attività di promozione culturale con mostre d’arte e di design, con rassegne internazionali di cinema (N. Oshima, F. Solanas, P. Greenaway tra gli intervenuti)

e con l’organizzazione di concerti (Echo and Bunnymen, Stranglers, Fela Kuti, Nico tra gli altri). Dal 1986 è il curatore di “Time Zones - Sulla Via delle Musiche Possibili” una rassegna di musica contemporanea tra le più innovative del panorama nazionale. Negli ultimi anni ha ideato e curato altre due rassegne “Experimenta” e “Negramaro rassegna delle culture migranti”. è stato più volte membro di giurie di premi letterari e di musica.


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I SEGNI DEL SIMULACRO E DELLA SIMULAZIONE di Adi Newton



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l’informazione e la comunicazione si avvolgono costantemente su loro stesse in una circonvoluzione incestuosa, una fusione superficiale di soggetto e oggetto, dentro e fuori, domanda e risposta, evento e immagine, e così via. Il mio primo contributo per Minus Habens in “Virtual Reality Handbook” (1992) affrontava l’avanzamento dell’esplorazione e dello sfruttamento dei bisogni umani per gratificazioni di tipo erotico-sessuale, e il modo in cui la natura basica di questa tensione, al contempo complessa e profonda, risulti oggi, più o meno consapevolmente, principio della maggior parte delle nostre pulsioni. Anche l’origine semantica e simbolica delle parole si genera da una fonte psico-sessuale così incredibilmente radicata da risultare nascosta. Questo mio intervento si basava sulle cospicue ricerche nell’ambito di tecnologie applicate che pervenivano a simili implicazioni (electrosex e teledildonica) come nel caso del nanoware degli hacker di San Francisco, che inventarono un dispositivo in grado di convertire suoni in sensazioni tattili; o della “Pelle Intelligente” progettata da Daniele de Rossi, un’epidermide artificiale capace di rilevare la pressione a gradi variabili e di avvertire le texture con la stessa precisione con cui il dito di un esperto ‘legge’ un testo Braille. Ma un riferimento importante, all’interno di quel mio contributo, fu quello relativo al romanzo “Eva Futura” di Jean Marie Mathias Philippe Auguste Villiers De L’Isle-Adam, incentrato sulla costruzio-

ne e l’evoluzione di un robot senziente di sesso femminile. È evidente, che a partire dall’introduzione della realtà virtuale e di internet, la scissione tra interazione umana, forme reali e realtà fisiche si è ancor più accentuata. Oggi i social-network e i siti per “incontri” dominano la vita di un gran numero di persone, live-cam con modelle/i, stalker di rete, chat-line, amici virtuali e avatars stanno crescendo esponenzialmente. Benché in presenza di risvolti positivi, esiste anche un dilagante aspetto negativo, che alimenta e sfrutta senza sosta i bisogni e le paure di una nuova società in via di sviluppo che non ha conosciuto e provato un’interazione vera e profonda, vivendo invece attraverso una contiguità di segni, simulazioni e simulacra che stanno diventando incredibilmente iperreali. Per avvicinarsi sempre più ad una forma di nichilismo metafisico. Il testo che segue è una breve disamina della rottura in essere delle realtà e si concentra sull’idea espressa da Baudrillard in particolare nelle sue opere “Xerox & Infinity” e “Simulacra and Simulation”.



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Jean Baudrillard fu un teorico culturale che, al pari di Carl Jung, s’interessò dell’abbandono del simbolico nella cultura occidentale e dell’eccessivo coinvolgimento con il segno. Diversamente da Jung che rispose sviluppando una personale psicologia dell’esplorazione del simbolico nel regno personale, Baudrillard adoperò l’esplorazione dei media e l’analisi del segno nell’era moderna di stampo McLuhaniano. I risultati sorprendenti della sua ricerca ci introducono in un mondo iperreale in cui dominano i prototipi di realtà. La realtà ha lasciato il posto alla simulazione del reale, e alla simulazione delle simulazioni che non hanno fondamento, nè interesse, in un nessun reale.

Oggi tutto è rappresentabile attraverso l’immagine e traducibile in forma digitale, proprio come ogni individuo è commutabile nel suo particolare codice genetico. “L’apocalisse è finita. Assistiamo alla precessione del neutrale, delle forme del neutrale e dell’indifferenza… Tutto ciò che resta è il fascino per le forme desertiche e indifferenti, per l’eccessivo funzionamento del sistema che ci annichilisce. Ora, la fascinazione (in contrasto con la sedu-

zione, che era collegata alle apparenze e alla ragione dialettica, collegata al significato) è la passione nichilistica per eccellenza, è la passione propria per la dissoluzione. Siamo sedotti da tutte le forme di dissoluzione, della nostra dissoluzione. Malinconica e affascinante, questa è la nostra condizione comune in un’era di trasparenza involontaria.” Jean Baudrillard, da “Simulacra and Simulation”, “On Nihilism”. Leggere una schermata di informazioni è cosa differente dal guardarle. È una forma digitale di esplorazione nella quale gli occhi si muovono lungo una linea interrotta senza fine. La relazione fra interlocutore e comunicazione è simile al rapporto fra conoscenza ed elaborazione dati: tattile ed esplorativa. Una voce generata al computer, anche una voce al di là del telefono, è una voce tattile, neutrale e funzionale. Non è più infatti esattamente una voce, così come guardare un display non significa più esattamente guardare. L’intero paradigma del sensoriale è cambiato. La tattilità qui non coincide con il senso organico del tatto: essa riguarda semplicemente una contiguità epidermica di occhio ed immagine, la caduta della distanza estetica implicata


nel guardare. Ci avviciniamo sempre di più alla superficie dello schermo; il nostro sguardo, per così dire, è spalmato sull’immagine. Non esiste più la distanza dello spettatore dal palco, tutte le convenzioni teatrali sono venute meno. Il nostro cadere facilmente in una condizione di coma dell’immaginazione da schermo è dovuta al fatto che lo schermo presenta un vuoto perpetuo che siamo invitati a compilare. La prossemica delle immagini, la promiscuità delle immagini, la pornografia tattile delle immagini.

Le simulazioni hanno divorato la realtà e i modelli hanno preso il sopravvento. Eppure l’immagine è sempre ad anni luce di distanza. È sempre una tele-immagine, un’immagine localizzata ad una distanza di tipo molto speciale che può essere descritta soltanto come incolmabile dal corpo. Il corpo può attraversare esclusivamente la distanza che lo separa dal linguaggio, dal palco, o dallo specchio, questo è ciò che lo mantiene umano e gli permette di partecipare allo scambio. Ma lo schermo è soltanto virtuale, e quindi incolmabile, motivo per cui esso contribuisce solo alla forma definitivamente astratta nota come comunicazione.


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Le simulazioni hanno divorato la realtà e i modelli hanno preso il sopravvento. La produzione del reale nella fase moderna ha portato a saturazioni ed esplosioni. Ed oggi sperimentiamo l’implosione. Realtà e significato si fondono in una massa nebulosa di simulazione che si autoriproduce. Le simulazioni hanno prevalso sulla realtà e ora generano nient’altro che nuove simulazioni. I confini fra intrattenimento e notizia collassano. La notizia diventa spettacolo, intrattenimento. Politica e intrattenimento implodono. I sondaggi trasformano le elezioni in gare di immagine, una guerra di segni. In un mondo surreale, proviamo piacere nel trovare l’innaturale nel naturale. Le eruzioni di momenti di surrealtà irrompono nel corso della vita di tutti i giorni. Nell’iperreale, il reale e l’immaginario collassano insieme ovunque. Ogni momento potrebbe essere un evento mediatico e abbiamo una sorta di sesto senso per questo. Siamo in grado di riconoscere falsità, montaggio e sovrapposizione. Un’alternativa personale è l’Improverso, l’intrusione di una contropartita simbolica in termini di segno e scambio. Nell’Improverso, la realtà nasce dalla interazione di due o più singolarità (sogno, persona, umore, suono in lontananza...) che agiscono sulla condivisione di valori e segni.

Si potrebbe dire che la realtà è co-determinata dai partecipanti a livello locale. Robert Avens ha affermato che siamo noi a dare un senso al sogno e solo successivamente esso ci rivela il suo significato. Se riusciamo ad ascoltarlo. Ascoltare è importante quanto cantare in questo universo. Avere un orecchio per l’altro ed essere in grado di suonare la canzone che nasce da un incontro, è molto simile all’antica tecnica della musica d’improvvisazione. Il musicista è chiamato ad ascoltare mentre sta suonando. L’improvvisazione ci guida in una realtà temporanea, la dimensione della jam-session che include tutti quelli che stanno ascoltando al pari dei musicisti e dei non musicisti. Così il mondo soggettivo-oggettivo è superato. Nello spazio della comunicazione, parole, gesti, sguardi, sono in un continuo stato di contiguità, eppure non si toccano mai. Il fatto è che la distanza e la vicinanza qui non sono semplicemente relazioni che esistono tra il corpo e l’ambiente circostante. Lo schermo delle nostre immagini, lo schermo interattivo, lo schermo telecomputing, sono al tempo stesso troppo vicini e troppo lontani: troppo vicini per essere veri (per avere l’intensità drammatica di un palcoscenico) e troppo lontani per essere falsi (per incarnare la distanza collusiva dell’artificio). Essi creano così una dimensione che non è più molto umana, una dimensione eccentrica corrispondente alla depo-


larizzazione dello spazio e all’indistinzione delle forme corporee di espressione. Non esiste un modello migliore della topologia di Moebius rispetto al modo in cui si intrecciano lo schermo del computer e lo schermo mentale del nostro cervello, con la sua contiguità peculiare di vicino e lontano, dentro e fuori, oggettivo e soggettivo all’interno della stessa spirale. È in conformità a questo stesso modello che l’informazione e la comunicazione si avvolgono costantemente su loro stesse in una circonvoluzione incestuosa, una fusione superficiale di soggetto e oggetto, dentro e fuori, domanda e risposta, evento e immagine, e così via. La forma è inevitabilmente quella di un anello intrecciato che ricorda il simbolo matematico dell’infinito. Lo stesso si può dire del nostro rapporto con le nostre macchine “virtuali”. L’uomo telecomputer viene assegnato ad un apparato, come l’apparato viene assegnato a lui, in virtù di un’involuzione di uno nell’altro, una rifrazione di ciascuno nell’altro. La macchina fa quello che l’uomo vuole, ma per lo stesso motivo l’uomo mette in opera solo ciò che la macchina è stata programmata per fare. L’operatore sta lavorando al servizio della virtualità: solo apparentemente lo scopo è di ottenere informazioni o comunicare, il vero obiettivo è quello di esplorare tutte le possibilità di un programma, come un giocatore d’azzardo cerca di esaurire le permutazioni in un determinato gioco. Si consideri il modo in cui

viene utilizzata la macchina fotografica oggi. Le sue possibilità non sono più quelle di un soggetto che “riflette” il mondo secondo la sua personale visione, ma piuttosto, sono quelle offerte dalle lenti utilizzate dalla fotocamera: una macchina che vizia la volontà e cancella l’intenzionalità e non lascia altro se non il riflesso puro necessario per scattare foto. L’atto del guardare si dissolve, lasciando il posto ad una visione mediata da una lente collusa con l’oggetto macchina - e, quindi, determinando un’inversione di visione. La magia sta proprio nella retroversione del soggetto in una camera oscura, la riduzione della sua visione alla visione impersonale di un dispositivo meccanico. In uno specchio, è il soggetto che offre libero sfogo al regno dell’immaginario. Nell’obiettivo fotografico e sullo schermo in generale, è l’oggetto, potenzialmente, che si svincola a beneficio di tutti i mezzi e delle tecniche di telecomunicazione.

Le nuove tecnologie, con le nuove macchine, le nuove immagini, gli schermi interattivi, non alienano, piuttosto formano un circuito integrato con l’uomo. Oggi tutto è rappresentabile attraverso l’immagine e traducibile in forma digitale, proprio come ogni individuo è commutabile nel suo particolare codice genetico. L’intero oggetto, infatti, serve per esaurire tutte le virtualità dei corrispettivi


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analoghi del codice genetico, uno degli aspetti fondamentali dell’intelligenza artificiale. Il che significa su un livello più concreto che non esiste alcun atto o evento che non possa essere “acquisito” ovvero fotografato, filmato, registrato, memorizzato e riprodotto attraverso uno schermo, in modo da diventare riproducibile in eterno. Tutto aspira a trascendere in un’eternità virtuale, non l’eternità durevole che segue la morte, ma piuttosto l’eternità effimera di una sempre più ramificata memoria artificiale. L’ossessione del virtuale è la compulsione a esistere in potentia su tutti gli schermi, per essere integrato nel sistema, acquisendo una forza magica: il richiamo della sirena della scatola nera.

l’uomo telecomputer, non avendo volontà propria, non sa nulla della schiavitù. Dove è la libertà in tutto questo? Da nessuna parte! Non c’è scelta, nessuna decisione definitiva. Tutte le decisioni in materia di reti, schermi, informazione o comunicazione sono di carattere seriale, parziale, frammentario, frattale. Una semplice successione di decisioni parziali, una serie microscopica di sequenze parziali e di obiettivi, costituiscono tanto il modo di procedere del fotografo quanto quello dell’uomo telecomputer in generale, o anche del più banale telespettatore tradizionale. Questo comportamento è strutturato in maniera quantistica, attraverso sequenze casuali di decisioni discrete. Il fascino deriva dall’attrazione per la scatola nera, dalla sensazione dell’incertezza che ci ripaga della nostra libertà. Sono un uomo o una macchina? La questione antropologica non trova più risposta. Siamo in un certo senso testimoni della fine dell’antropologia, contro la quale congiurano le macchine e le tecnologie più recenti. L’incertezza nasce qui dal perfezionamento delle reti di macchine, così come l’incertezza sessuale (Sono un uomo o una donna? Qual è il significato attuale della differenza fra i sessi? In cosa si è evoluta questa differenza?) si sviluppa attraverso la manipolazione sempre più sofisticata dell’inconscio e del corpo,

al pari dell’incertezza della scienza che è strettamente connessa al progresso delle microscienze. Sono un uomo o una macchina? Non vi è alcuna ambiguità nel rapporto tradizionale tra uomo e macchina: il lavoratore è sempre, in un certo senso, uno straniero per la macchina che opera, ed è alienato da essa. Ma almeno conserva la preziosa condizione di uomo alienato. Le nuove tecnologie, con le nuove macchine, le nuove immagini, gli schermi interattivi, non alienano, piuttosto formano un circuito integrato con l’uomo. Schermi, televisori, computer, tablet e smartphone assomigliano più che altro alle lenti a contatto in quanto diventano protesi “trasparenti”, integrate nel corpo fino al punto di diventare quasi parte del suo patrimonio genetico: sono come pacemaker - o come la “papula” di Philip K. Dick, un piccolo impianto parassita, innestato nel corpo per tramettere informazione pubblicitaria. Tutte le nostre relazioni con le reti e gli schermi, volute o meno, sono di questo tipo. La loro struttura è di subordinazione, non di alienazione, la struttura del circuito integrato. L’uomo o la macchina? Impossibile da stabilire. Sicuramente lo straordinario successo dell’intelligenza artificiale è attribuibile al fatto che essa ci allontana dall’intelligenza reale, e ipertrofizzando il pensiero come processo operativo ci libera dall’ambiguità e dal problema insolubile della sua relazione con il mondo. Il successo di tutte queste tecnologie deriva dal fatto che esse rendono addirittura impossibile anche semplicemente sollevare l’eterna questione della libertà. Che sollievo! Grazie alla macchinosità del virtuale, tutti i nostri problemi sono terminati! Non sei più né soggetto né oggetto, né libero né alienato - e non più l’uno o l’altro: tu sei lo stesso, rapito dalle commutazioni di tale identità. Abbiamo lasciato l’inferno degli altri per l’estasi dello stesso, il purgatorio dell’alterità per i paradisi artificiali dell’identità. Qualcuno potrebbe ritenerla una servitù ancora peggiore, ma l’uomo telecomputer, non avendo volontà propria, non sa nulla della schiavitù. L’alienazione dell’uomo da parte dell’uomo è una cosa del passato: l’uomo di oggi è in una condizione di omeostasi con le macchine.


APPROFONDIMENTO SUI TERMINI

Estratti

Iperreale: Un fenomeno in cui la differenza tra reale e riproduzioni del reale risulta indistinguibile. Le riproduzioni diventano ancora più vere del reale e le esperienze iperreali più soddisfacenti di quelle reali.

Jean Baudrillard’s “La Transparence Du Mal: Essai Sur Les Phénomènes Extremes” (1990), tradotto in inglese nel 1993 con il titolo “The Transparency of Evil: Essays on Extreme Phenomena” e contenente “Xerox & Infinity”.

Immagine: Spesso una rappresentazione visiva, ma non sempre. In senso più generale “Fatti un’idea di quello che è successo l’altro giorno.”

Jean Baudrillard “Simulacres et Simulation” (1981) Éditions Galilée (Francia) & University of Michigan Press (UK).

Segno: Qualcosa che solitamente indica qualcos’altro. Può far parte del linguaggio o di un evento o può essere un segnale stradale o un’immagine onirica. Il segno include parti diverse: il significante, come la parola “divano”, ed il significato o concetto che si riferisce all’idea del divano e al suo referente, un oggetto concreto come il mio divano nel mio soggiorno. Nella teoria postmoderna, si pone sempre più l’accento sul significante materiale e meno sul concetto a cui si riferisce. Sempre più frequentemente, il referente, il mondo reale a cui l’oggetto si riferisce, scompare del tutto. L’oggetto reale nel mondo reale, suo referente, frequentemente scompare del tutto. Simulacro: In Platone una falsa copia, ovvero una copia che presenta alterazioni rispetto all’originale. Ma nel pensiero moderno dove si sfida la distinzione tra apparenza e realtà, il simulacro ha più valore come idea critica e diventa una copia senza originale. L’idea qui è la riproduzione senza interesse nelle cause prime o in un riferimento. Simulazione: Il processo attraverso cui qualcosa di reale sostituisce ciò che rappresenta. Il linguaggio permette di trasformare qualcosa di specifico e concreto in qualcosa di astratto e universale. Ciò porta alle nozioni di mappa e territorio. Per Baudrillard, la “mappa” trasformata può essere più reale del territorio originale. “Potrebbe piacermi un film sul paracadutismo, ma non l’idea di praticare il paracadutismo davvero”. Baudrillard vede la storia come uno slittamento dall’attenzione alla terra, alla mappa che comporta la perdita di significato. “Simulazione è... la generazione di un modello reale senza origini nella realtà: un iperreale”. (Baudrillard, 1983: 2).

Adi Newton Nato a Sheffield (UK) l’8.3.1958. Mente carismatica, teorico, polistrumentista, originario di Sheffield, dalla vasta formazione culturale e dalle spiccate attitudini creative. Affascinato dai percorsi sperimentali e di contaminazione, Newton è rimasto il fulcro di una realtà che solo in parte è stata denominata Clock DVA (creata nel 1978), avendo dato vita anche ad altri progetti paralleli (tra cui The Anti Group) che hanno seguito varie direzioni. Clock DVA resta però, a tutt’oggi, il riferimento più importante e quello che ha sicuramente dato i frutti più significativi, avendo sposato ed elaborato l’estetica cyberpunk. Sul fronte parallelo il progetto The Anti Group ha rappresentato il laboratorio sonoro più programmatico e criptico (avendo condotto, ad esempio, ricerche musicali sull’interazione tra corpo e onde sonore). Personaggio votato all’espressione artistica, agli enigmi, alle correnti culturali d’avanguardia di cui lui stesso è divenuto protagonista, Adi Newton è una figura dall’immagine ombrosa e futuribile, che ha dato identità alle contaminazioni tra strumenti elettronici e iconografia cibernetica, portando avanti un discorso maturato con l’evolversi del rapporto tra uomo e macchine nell’era del personal computer.


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IL CITOFONO DISCOGRAFICO di Valerio Millefoglie

Quando leggiamo i nomi sui citofoni vediamo anche le case in cui risuonano. Un cognome corrisponde a un mobilio su cui fantastichiamo, forse anche al modo di sedersi dei componenti della famiglia o a come si spostano dalla cucina alle camere da letto. Dopo si spengono le luci e i citofoni rimangono al freddo a esibire un alfabeto misterioso. Quando usavo più le rotelle dello skateboard che i piedi, c’era un citofono su cui più di tutti avrei voluto posare il dito.

Quando usavo più le rotelle dello skateboard che i piedi, c’era un citofono su cui più di tutti avrei voluto posare il dito. Era fuori da un palazzo in cui vivevano dei miei amici, io citofonavo loro ma avrei voluto premere quel pulsante in parte bruciacchiato. Aveva già un segno distintivo rispetto agli altri. Il nero e la plastica sciolta minacciavano pericolosamente la prima lettera, la “M” di Minus Habens Records. Avevo la fantasia dell’adolescente e immaginavo degli enormi studi di registrazione,

che magari grazie a un passaggio segreto continuavano anche nel palazzo accanto. Mi figuravo pile di dischi, pile di sigarette, microfoni, cuffie, in un mondo magico fatto di levette dei volumi e di cursori luminosi che quando si accendevano zittivano tutti tranne il cantante. Una volta nell’androne del palazzo incrociai il capo dell’etichetta, “è lui!” mi disse dandomi di gomito uno dei miei amici, ma non ebbi il coraggio di dirgli nulla. Trovai il coraggio di parlargli solo quindici anni dopo, quando ci ritrovammo in uno studio di registrazione. A separarci c’era un vetro. Io ero con le cuffie in testa e il microfono davanti, lui era dalla parte delle levette dei volumi e dei cursori luminosi. Sotto i piedi non avevo le ruote perché ormai ero cresciuto. Sapevo esattamente i posti in cui volevo rimanere fermo e non muovermi più.


Valerio Millefoglie Nato a Terlizzi (BA) il 6.8.1977. Scrittore, musicista e performer. Ha pubblicato con Matteo B. Bianchi “Scontrini. Racconti In Forma di Acquisto” (Baldini Castoldi Dalai 2004), “Manuale Per Diventare Valerio Millefoglie” (Baldini Castoldi Dalai 2005) e “L’Attimo In Cui Siamo Felici” (Einaudi Stile Libero 2012). Ha inciso il disco “I Miei Migliori Amici Immaginari” (quiet, please!/EMI 2011) che contiene “Il Lottatore Mascherato Con Gli Occhiali”, una canzone di wrestling non violento.


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Il Mio Istinto di Dmitry Vasilyev

Ero così, uno studente introdotto per caso nel mondo della musica underground. Ho sempre ritenuto la Russia uno strano paese, ma i momenti più incredibili li ho vissuti subito dopo la caduta dell’Unione Sovietica. In quel periodo di caos, alterazione e disordine economico, l’unico aspetto positivo era rappresentato dalla totale libertà d’azione. C’era una grande fame d’informazione globale, ma non c’era la possibilità di acquistare cd musicali importati dall’estero, non esisteva internet e soprattutto non c’erano soldi.

C’era una grande fame d’informazione globale, ma non c’era la possibilità di acquistare cd musicali importati dall’estero, non esisteva internet e soprattutto non c’erano soldi. Cercavo le pochissime persone che collezionavano cd e conobbi un ragazzo che lavorava come autista in metropolitana. Lui guadagnava

bene e aveva alcuni amici che gli procuravano cd acquistati durante viaggi turistici in Europa. Me li prestava soltanto per un giorno, li ascoltavo e li doppiavo su cassetta. Una pratica andata avanti per anni ed è così che ho avuto modo di formarmi musicalmente. Per contraccambiare questo favore, facevo dei lavoretti per lui proprio in campo musicale. Un giorno questo amico mi diede il catalogo cartaceo del distributore tedesco Discordia e lo ricopiai sul mio quaderno. Erano inclusi anche parecchie pubblicazioni Minus Habens. Non so perché ma mi interessai ad esse, forse perché avevano nomi molto suggestivi o per qualche sorta di energia psichica. Passai molto tempo nel cercare almeno una pubblicazione, ma senza successo. Nessuno ne possedeva uno. Più tardi ebbi la possibilità di collegarmi ad internet per la prima volta. Si trattava di un canale dial-up per studenti, senza browser, esclusivamente schermo in modalità


Dmitry Vasilyev testo bianco e nero, 1200 b/s mi sembra… Trovai l’indirizzo email della Minus Habens e scrissi una lettera (e feci lo stesso con altre etichette che mi interessavano). Nell’inviarla, utilizzai il mio istinto. In un inglese terribile, cercai di presentare me stesso e il mio interesse per la musica. Nessuno mi rispose, ad eccezione dell’italiana Minus Habens. Ricevetti per posta uno spendido poster-catalogo che è ancora qui, e soprattutto una tonnellata di emozioni positive. Il mio interesse fu finalmente ricompensato. Bene, questo è solo l’inizio della storia. Sono trascorsi molti anni da allora e ho acquistato quasi tutte le pubblicazioni Minus Habens, realizzando l’intento di scoprire il favoloso mondo musicale promosso da Ivan e dal suo roster. Considero ancora questa etichetta la migliore in assoluto e sono felicissimo di raccontare la mia piccola esperienza in questo libro. Da Mosca con affetto.

Nato a Mosca (Russia) il 31.12.1975. Scrittore, giornalista musicale, produttore discografico, dj e autore di programmi radiofonici. Ha fondato nel 2004 l’etichetta discografica Monochrome Vision, specializzata in musica sperimentale, ambient ed elettroacustica. È stato direttore della fanzine IEM (1995-2003). Organizza concerti e manifestazioni culturali in Russia e Ucraina, scrive articoli su riviste e blog e dal 2007 conduce il programma radiofonico settimanale IEM. È anche autore del libro “Enciclopedia della Scena Musicale Underground Italiana”, che sarà pubblicato a breve.


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“What a beautiful boy is Marco. He could be a young tough football player for the New York Giants, and a music composer. (A football player makes more money).” Angelo Badalamenti Compositore Monday, 22 Mar 2010 16:56:38

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“Penso che l’Italia abbia bisogno di capire in modo più approfondito quali sono le radici di certa musica elettronica e non solo. Ciò che avete contribuito a costruire era la visione di un futuro che oggi è divenuto realtà.” Lino Monaco Componente dei Retina.it

“È stato un grande piacere incontrare e conoscere Ivan. È un compositore particolarmente intuitivo, e ti sorprende sempre con le melodie affascinanti che ha in testa. Intuisce immediatamente la musica giusta per ogni scena. Ho apprezzato molto la sua originalità e ho un bellissimo ricordo del nostro lavoro insieme!”. Luis Prieto Regista cinematografico. Ha diretto fra gli altri “Ho Voglia Di Te” e “Pusher”.

“...il mio primo incontro con Ivan risale a circa ventidue anni fa. La Minus Habens mi avrebbe accolto poco più tardi nel suo progetto seminale: Nightmare Lodge. Un’esperienza realmente positiva fatta di tanti lavori venuti alla luce in piena libertà creativa. Intere nottate trascorse in studio di registrazione, “persi” fra cavi midi e campionatori, “indossando” sintetizzatori dei primi anni ‘80 di fronte a lunghi specchi d’ascensore...” Russolo Componente dei Nightmare Lodge.


“Minus Habens Records è un’etichetta discografica che andrebbe preservata. Fra le pochissime ad offrire la possibilità ai nuovi artisti di farsi conoscere nel mondo della musica elettronica e d’avanguardia.” Denis Ghitti a.k.a. Denny Almonde Musicista e fotografo. “1993… IT dal vivo! Primo evento di musica elettronica a Bologna!!!” Mauro Boris Borrella Co-fondatore del Link, Project manager.

“Quando nel 1989 decisi di proporre a Ivan Iusco una sorta di colonna sonora del mio romanzo “Estinzione”, scritto due anni prima, le mie credenziali di compositore erano ancora molto vaghe rispetto ad oggi. I miei mezzi produttivi erano pressochè pionieristici e la mescolanza di generi che le atmosfere del romanzo mi avevano suggerito cozzavano in parte con lo spirito delle produzioni Minus Habens. Eppure Ivan decise di darmi credito e pubblicò e distribuì il mio lavoro in sole 77 copie, creando automaticamente una

rarità che ancora oggi suscita interesse tra i collezionisti di vecchie cassette di musica industrial ed elettronica. Sono trascorsi ventidue anni e il percorso di entrambi si è arricchito e perfezionato. “Estinzione” con la sua musicalità bizzarra non è poi così invecchiato, anche se si avverte lo scarto rispetto ai miei dischi di oggi. Certamente è rimasto una chicca di cui posso dirmi ancora orgoglioso, segnata da un marchio prestigioso e ormai storico.” Federico De Caroli aka DECA Musicista

“Ho cominciato a seguire la Minus Habens alla fine degli anni ’80. Ho sempre amato molto la periferia creativa. Ha generato realtà pazzesche. Grandissimi, Avanguardia purissima!” Marco Giorcelli Critico musicale


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MINUS HABENS

TO BE CONTINUED...


13 TO BE CONTINUED 25 Anni in Numeri | 216 Artisti coinvolti | 218


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MINUS HABENS

tO BE CONtINUED...

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ANNI IN NUMERI



2MB/303 NATIONA/034/A3000/AB/NRML/ACTIVITOITY/ADDAX/AIM/AIN SOP ALESSIO BERTALLOT/ALEX GNECCHI/ALEX GOPHER/ALEX NERI/ALFA ROMERO ALYPSE FANFARE/APPETIZER/APRÈS LA CLASSE/ARLO BIGAZZI/ARSAN/ASM AUDREY CO-ANIZ/B_CO.ME/BABY B/BANDA OSIRIS/BANDEAUCIEL/BATZ WIT STREAM DREAM/BLACK BIT/BLACK DOG/BLACKHOUSE/BLADE & MASQUENADA BRAIN DISCIPLINE/BRIAN ENO/BRIAN LUSTMORD/BROKEN SOCIAL SCENE/BU CARLO VIRZÌ/CARLOS LOPEZ/CASSINO & LABEN/CASSIUS/CASSY/CAUSTIC WINDOW ER/CINDYTALK/CLAU D.E.D.I./CLAUDIO CHIANURA/CLAUDIO DI VITO/CLOCK DVA CYBERSHOCK/D.A.R.P.A./D.O.R./D/SLAVE/DAN BALIS/DANIEL JOHNSTON/DANIELE VID C. & ALEX REDMAN/DAVID GILLODES/DAVIDE SQUILLACE/DDG/DE FABRIEK MODE/DERFA & RUFUS/DIPPER/DIRTYBOOGIE/DISTORSONIC/DIVE/DJ ELECTRI DOLORES O’RIORDAN/DOMINION/DORIS NORTON/DSORDNE/DURAN Y GARC ELISA ZOOT/ERIK VAN WONTERGHEM/EROS/ESPLENDOR GEOMETRICO/ESR FABIO DELLA TORRE & DAVID C./FABIO LIBERATORI/FEDERICO LOCCHI & FRANKIE BROWSE/EX-CLOCK DVA + NIRTO K. FISCHER)/FLAGMAN/FLO.B.T./FM/FM (AKA TORO/FRANKIE BIT/FRONT 242/FRONT LINE ASSEMBLY/FULL DYNAMIC RANGE SCHLASS/GERSTEIN/GIANLUCA PETRELLA/GIGABEAT BROS/GIOVANNI CHIARELLI NO TAVIANI/GIUSEPPE NAPOLI/GIUSEPPE SORRENTINO/GONE/GOOFO/GREY HOWIE B/HUGO/HZK 2000/I/I CANTORI DI CARPINO/I GIARDINI DI MARZO/IGOR IT/IUGULA-THOR/IVAN IUSCO/JAMES HARDWAY/JANUS/JIMI TENOR/JOHN ENDER LABRESE AND THE RUMPELORCHESTRA/KALEIDOPHONE/KAPLAN PROJECT/KAPOTTE RINAMI/KRAM/KREON & LEMOS/KU/L.A.A.S./L.O.S.D./L.S.D./LA PINA/LA SOC LAGOWSKI/LAN VIDEOSOURCE/LANCE HENSON,/LASSIGUE BENDTHAUS/LAURENT CARAMEL/LIGEIA AND THE WAVES/LITEWEB/LIVIA’S BOX/LLORCA/LOI INTERCEPS DARI/LYKE WAKE/MAD SFASO/MADAME WISH/MADRE/MARCO MESSINA/MAR RIA/MAURIZIO LANDINI/MAURO ERMANNO GIOVANARDI/MAURO TEHO TEARDO MICHAEL RÜTTEN/MICHELE DALAI/MIDID’UNFAUNE/MIKE SHANNON/MINDGROOVES INN/MO’ HORIZONS/MODELSELEKTOR/MODI/MOLEX/MONOMORPH/MOTORE LA/NEBULA/NERVOUS PROJECT/NICE GUYS/NICOLA CONTE/NIGHTMARE LODGE ME/NÔZE/NURSE WITH WOUND/O.M.A./OCRALAB/OFFICINA ZOÈ/OLLE RINAIRD DEROSA/PANKOW/PAOLO BIGAZZI/PAOLO BUONVINO/PAOLO F. BRAGAGLIA PAUL HILLAIRE/PAUL OLDRIGE/PHAEDRA/PHALLUS DEI/PHONOMETRIA/PIERL PLANET LOVE/PLASTIC SYSTEM/POLYGON WINDOW AKA APHEX TWIN/POP P PULSE CODE MODULATION/QUASAR/QUIET MEN/RADICAL CHANGE/RADIODERVIS A/REVERENDO/RICCARDO GIAGNI/RICHARD D/RITON/ROBERTO MAZZANTI/ROO EGO/SAR LAERA/SAUL SAGUATTI/SCAREMONGER/SCAREMONGER/SCIENCE FOR VALVE/SHAUN DARK/SHOCK CORRIDOR/SHYLO MC/SIG.NA ROTTENMEIER/SIGILL & QUIM/SOES/SOFTLY.KICKING/SOLAR LODGE/SOLKO/SOPHISTIKATE/SOUTH STEREO TOTAL/STEREOLOGIC/STREK VS ATZMO/SUBLIMINALE/SUD SOUND SYSTE SW@NILD@/SWAMP TERRORISTS/SYNECTICS/SYNTAX MORPH/SYNUSONDE/ CLOVER/THE DINING ROOMS/THE FRUSTRATED/THE FUNKY LOWLIVES/THE GEROGERIGEGEGE NOTWIST/THE SODALITY/THE STRIKE BOYS/THE TAPES/THEE NAODEMA/THERABAQ FLOW/TORSE/TÖTUNGS DELIKT/TOUANE/TV CHERUBS/ULTIMA ROTA CARRI/ URBANATRIBÙ/VBG/VEGETABLE G/VENUS FLY TRAP/VERA GEMMA/VIALE KENNEDY BARONI/VJ CENTRAL/VJ KAR/WELLS FARGO/WENDY VAN DUSEN/WILLIAM ORBIT


SOPH/ALBERTO FIORI CARONES/ALDO DE SCALZI/ALESSANDRO FINAMORE/ ERO/ANDREA SENATORE/ANGELO BADALAMENTI/ANTONIO LANANNA/APOCASMUS TIETCHENS/ASTRAL BODY/ATOMU SHINZO/ATOMU SHINZO/ATTRITION/ WITHOUT FLESH/BAZILLE NOIR/BETTY LENARD/BIG CITY ORCHESTRA/BITENADA FAMILY /BLENDER/BLUE ENVIRONMENT/BOOSTA/BOURBONESE QUALK/ /BUSCEMI/CALICO/CAMERA OSCURA/CAPAREZZA/CAPRICORNI PNEUMATICI/ WINDOW AKA APHEX TWIN/CESAR VERGEL/CHAVELA VARGAS/CHRIS DRIFTK DVA/COEUR ATOMIQUE/COSTANZA/COSTES/CRASH WORSHIP ADVR/CUBIS/ /DANIELE BRUSASCHETTO & ALL SCARS ORCHESTRA/DARK GLOBE/DATI/DAFABRIEK/DECA/DEEP DIVE CORP/DEEP SHEPHERD/DENNY ALMONDE/DEPECHE CTRIC BUDDHA,/DJ MASSIMO SARACCO/DJ SALAZ/DJ SHEPHERD/DJ SHORTY/ GARCIA/DYNAMIC WAVE/E.N.S./ECLISSE/EDMONDO/ELASTIC SOCIETY/ELBOW/ ESRUK/ETNOCLASSICA/EXALL/EXQUISITE CORPSE/EZIO BOSSO/F:A.R./F:A.R./ FRANKIE WATCH/FIBLA VS LISA CARBON (AKA ATOM), VISIONS OF EXCESS (PAUL AKA PANKOW)/FOLKABBESTIA/FONKY T/FRANCESCO ZAPPALÀ/FRANCO SANRANGE (AKA VOMITO NEGRO)/GABIN/GENERAL LEVY/GEORGIO VOCODER/GERDA IARELLI/GIOVANNI LO CASCIO/GIOVANNI SOLLIMA/GIOVANNI VENOSTA/GIULIAGREY WOLVES/GUILLAUME & THE COUTU DUMONTS/HECTOR ZAZOU/HI TOM/ IGOR FIGUEROA/IMPLANT CODE/IN ZHE GAZA MEGAKITSCH/INFLUX/INTIMATIK/ ENDER RIOS/JOSEPH MALIK/JOSEPH SADDLER/JOUISSANCE/KABU KABU/KACT/KAPOTTE MUZIEK/KEBABTRÄUME/KEVIN YOST/KLANGE/KOAN/KOOP/KOSOCIETE DES TIMIDES A LA PARADE DES OISEAUX/LA SONORITE’ JAUNE/LAB9/ LAURENT GARNIER/LE FORBICI DI MANITÙ/LEILA ADU/LEV TARMA/LIEUTENANT INTERCEPS AKA MYNOX LAYH/LOST RIGHT/LUCA BACCHETTI/LUCA CURCI/LUCIANO /MARCO RUFFINO/MASSIMO TONIUTTI/MASTER SLAVE RELATIONSHIP/MATETEARDO/MELT/MENTAL MEASURETECH/METAMATICS/METATRON/MGZ/MGZ/ INDGROOVES/MINIMONO/MINUS 8/MISS LIABILITY/MISS MYKELA/MISS PLUGOTORE ROSA/MR Q/MUSLIMGAUZE/MXP/MXP,/MYLICON/EN/NAV-VII/NEBULODGE/NIKKI/NOEL MCCALLA/NOIR OVERLAPS/NOSTALGIE ETERNELLE/NOT RINAIRD/ONUR ÖZER/OPA CUPA/ORIGAMI/OTOLAB/P16D4/PACIFIC 231/PAKY BRAGAGLIA/PAOLO FRESU/PAOLO IAFFALDANO/PAOLO SILVESTRI/PAROV STELAR/ PIERLUIGI FERRANDINI/PILOT JAZOU/PINO DONAGGIO/PINO MINAFRA/PIVIO/ POP PUEBLO/POP PUEBLO/PRINCIPIA AUDIOMATICA/PRO-PULSE/PSYCLONES/ RADIODERVISH/RAE & CHRISTIAN,/RAMLEH/RAY/RECOGNITION TEST/RED SECTOR /ROOM 861/RÖYKSOPP/RUCCI AND THE LULABENJIM/S.E.T.I./S/CORE/SANDIE FORCE/SCREECH/SECRET INTELLIGENCE/SELFISH/SEPTIMA LEGIO/SERVO/SIGILLUM S/SIGILLUM S/SINEP. CORP./SINEP. CORP./SKULLFLOWER/SMELL UTH CENTRAL/SPEEDY J/STEFANO BIASIN/STEFANO TESTA/STEPHEN JONES/ ND SYSTEM/SUMOPRODUCTIONS/SUNNY COLA CONNECTION/SUSUMU YOKOTA/ SONDE/T.E.W./T.T.T.F./TAM QUAM TABULA RASA/TASADAY/THE BLACK DOG/THE E GEROGERIGEGEGE/THE HORSEFALLS/THE INSIDER/THE KOSMIK TWINS/THE HERABAQUD LEIC/THIEVERY CORPORATION/THUSCIA/TOBIAS/TONE WITHOUT ARRI/UMBERTO BINDI/UNBELIVABLE TRUTH/UNDERSCORE/URBAN DWELLERS/ KENNEDY/VIC/VIOLENT BOP GENERATOR/VIRGILIO/VISIONS OF EXCESS/VITTORE ORBIT/WOOL/WORM/X4U/XYREX/ZB/:ZERO/ZOMBIE-ZOMBIE/ZONE VOID>>>



MINUS HABENS eXperYenZ a cura di Alessandro Ludovico

c. 2012 Minus Habens Records via Giustino Fortunato 8/N_70125_Bari_Italia www.minushabens.com

Prima edizione 2012 Pubblicato da Pool per Minus Habens Records

Redazione e coordinamento editoriale Minus Habens Design iMood Progetto g rafico Vincenzo Recchia e Ivan Iusco. Editing Valentina Bianco Supervisione Alessandro Ludovico Traduzioni Valentina Bianco Consulenza legale Avv. Olga Diasparro

Si ringrazia Banca Popolare di Bari, Francesco Di Benedetto, Stefania De Giglio, Francesco Diasparro, Iris Ingravalle e Claudia Attimonelli MHSR 010

Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in alcuna forma e con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico, xerografico, fotografico o olografico senza il previo consenso dell’editore. Finito di stampare nel mese di novembre dell’anno 2012 da Ragusa Grafica Moderna s.r.l. Modugno_Bari_Italia


minushabens.com




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