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anno 0 - #1 - novembre 2010

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# due anno 0 - marzo 2010


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the contents 6

Ciao...

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Ho tutto il tempo che vuoi

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Odor di primavera

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Uno con tutto quel mare

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Un Soffio...

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Ci credo ancora?

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Pensieri

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Fili d’erba

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A che gioco giochiamo?

34

Silenzio

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Sogni

38

Svegliarsi

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Ma è quel che appare?

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Faciamo pace?

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Il tempo

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Lo scialle di seta nera

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Se magari si mette a piovere...

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La scatola

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Guardami... 1


www.ilmondodiarthur.wordpress.com

arthur...

il mondo di arthur

a Simona

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1 novembre 2009

Le immagini, una metafora, l'espressione di un linguaggio da percepire; parole e immagini, alcune dopo due anni di blog: due modi diversi per esprimere la stessa cosa.

Arthur

arthur... #1

il mondo di arthur

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19 settembre 2009

“ Ciao.” Non era la prima volta che la vedevo così com'era in quel momento, mi dava le spalle e con le mani raccolte dietro la schiena, guardava fuori dalla finestra. Nella penombra, riuscivo appena a scorgere il colore dei suoi vestiti e raggi di luce giocavano con i riflessi dei suoi riccioli neri, che quasi veniva voglia d'acchiapparli. “Ciao.” mi risponde senza neanche girarsi, detto in un soffio, come se avesse qualcos'altro a cui pensare, ma che suonava come un richiamo dal profondo del cuore. Mi fermo e la guardo. Mi piace guardarla mentre lei non mi vede, riesco a vederla oltre la sua immagine; con i miei occhi l'attraverso, l'accarezzo, cerco un appiglio per non lasciarla andare, per non perdere neanche per un attimo la sensazione di essere posseduto da quella meraviglia e pensieri si accavallano uno sopra l'altro, non cercano risposte, ma solo voglia di ritrovarsi ancora una volta desiderio che si perde in lucida follia. Mi avvicino cercando di non fare troppo rumore, con il suo respiro che, passo dopo passo, mi sembra di avere incollato addosso, scosto i capelli, un lembo di pelle fa capolino da un raggio di luce che solitario era lì ad aspettare, sento l'odore della sua pelle che mi entra dentro ai polmoni, ancora immobile, china da un lato la testa e tra il sordo rumore di un intreccio di mani che si cercano, la sfioro con le labbra per dirle ancora… “Ciao.”

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...se mi dici in quale stanza sei magari lo faccio anch'io… ho tutto il tempo che vuoi… che sciocco che sono stato…


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ho tutto

il tempo che vuoi Tempo di Natale, quanta gente per strada, quante rincorse tra negozi che vendono e gente che compra. Tra l'altro alle volte mi rendo conto che il tempo passa più velocemente di quello che sembri, i giorni, i mesi, gli anni me li sento scappare di mano e così ieri eri giovane con tante cose da fare e oggi ti ritrovi a non sapere più cosa hai voglia di fare. Giorni fa incontro una mia cara amica e dopo i soliti affettuosi convenevoli le chiedo di Luciano, il papà e lei: “Come, non lo sai?” La guardo con meraviglia e le faccio un cenno come per dire no, perché? “Luciano è caduto giocando con il nipotino e si è rotto il femore e adesso è al San Pancrazio a fare riabilitazione “ “Maddai “ le faccio e nel frattempo penso che Luciano deve essere già vecchietto e una frattura del genere… Sabato non avevo niente da fare e così decido di andare a trovarlo. Arrivo al San Pancrazio e alla reception chiedo di lui e la signorina gentilmente: “ Si trova nella camera n. 145 al quarto piano.“ Prendo le scale e mio Dio che tristezza, quanta gente in carrozzina, quanta gente con lo sguardo perso nel nulla!

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14 dicembre 2008

Arrivo alla camera n. 145, busso, e sento una vocina roca che dice: “ aiuto… aiuto… “ Entro, mi guardo in giro e vedo un uomo di spalle in carrozzina incastrato sulla porta finestra della camera, mi avvicino e lui sentendomi arrivare dice ancora: “aiuto, sono rimasto bloccato.“ Prendo la carrozzina, piano piano la sposto e chinandomi a guardarlo, gli faccio: “ Ciao Luciano, cosa fai mezzo fuori e mezzo dentro alla stanza?” Lui mi guarda e solo allora vedo un vecchietto magro, magro, con un cappellino in testa, un cappotto sopra le spalle, gli occhi verdi sbiaditi e lo sguardo un po' perso. “Ciao “ mi fa, “ma sai, ero uscito a fumarmi una sigaretta e sono rimasto incastrato. “ Mi guarda ancora e nel frattempo lo porto dentro la stanza e mi siedo accanto a lui. “ Maddai… “ dice guardandomi “che bella sorpresa, quanti anni che non ti vedo“ lo dice inarcando le sopracciglia e abbozza anche un sorriso. “Ma no “ gli dico “ l'ultima volta ci siamo visti l'anno scorso, ricordi?“ E così, parliamo del più e del meno, mi racconta della sua avventura, di come era stato stupido per essere caduto giocando con il nipotino, che stupido che era stato; gli ho chiesto quanti anni avesse e lui: “ Ottantatre, però me ne sento venti di meno, mi sento un giovanottino, mannaggia questo piede mi fa un male, poi da quando mi hanno operato non lo muovo più bene, mi devono aver toccato un nervo e scusa, avrei bisogno di andare in bagno, tu, scusa, puoi suonare all'infermiera?” La chiamo e vedendolo un po' imbarazzato, lo saluto promettendogli di venirlo a trovare ancora e lui: “ Sì, ciao, grazie della visita, ma, ma tu sei?” E me lo dice tenendomi la mano tra le sue, con un dolce e tenero sorriso. “Sono Arthur“ gli faccio, “ricordi? Ho sistemato la casa a tua nipote Luisa“ “Già“ mi fa, senza lasciarmi finire di parlare senza neanche ascoltarmi e stringendomi di più la mano: “ Già che stupido, volevo dire Arthur, che sciocco e già, sei il medico che mi ha visitato quando sono arrivato qua, mi sembrava di averti visto ieri mentre andavo a fare ginnastica.“ A quel punto non lo contraddico neanche e poi mi guarda ancora dritto negli occhi e ancora con un sorriso: “Ciao carissimo, Buon Natale, grazie ancora della visita, vienimi a trovare se hai voglia, se mi dici in quale stanza sei magari lo faccio anch'io, ho tutto il tempo che vuoi. Che sciocco che sono stato!“ Sono uscito pensando a come fosse cambiato, a quello sguardo perso, a quegli occhi profondi, a quella voglia di essere lasciato da solo con il suo mondo.

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23 aprile 2009

Odordi

primavera.

Odor di primavera… raggi di luce che s'intrecciano alternandosi a lame fluorescenti che tagliano l'aria come fendente, in un alito delicato oltre ogni misura. Colori che traboccano come da un vaso colmo di storie, che a stento riesce a trattenere la voglia di confondersi, rosso che con il giallo smorza i suoi toni, ombre che con il chiaro e lo scuro si scolorano, diventano abbandono, morbida distesa dove adagiarsi inerme. Voglia di guardare e poi, un succedersi di tele, immagini ramificate che una dopo l'altra si mischiano in un gioco di trasparenze solo accennate… cieli, terre, prati, montagne, mari, nubi, stelle… natura al suo risveglio, tiepido, assonnato, promesse mantenute per occhi che scrutano l'inverosimile scenario, che non è mai da solo, che non è mai lo stesso. Controversa certezza di parole sussurrate al vento, ma che si posano in ogni dove, l'una accanto all'altra e timido è l'approccio; bisbiglio impercettibile che trova spiraglio nel chiacchierio di una frenesia ormai a fatica trattenuta e ancora, luce, occhi, parole, respiri, affanni, mani che s'intrecciano, corpi che si confondono, pelle che nella pelle trova ristoro… odor di primavera.

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uno,tutto con

“Quando tira ponente nel cuore…”

quel mare

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… l'anima si riscalda, perché vado alla ricerca di quel soffio che rimescola il mio modo di sentire e allora guardo il mare, come per ritrovare me stesso che, nel frattempo, si era perso senza poter guardare il mare. Quante volte mi son chiesto cosa avesse da raccontarmi, il mare, quante lotte, quanto dolore, magari quante gioie, quante verità in quel silenzio assorto e solitario; non aspetta altro che essere ascoltato, il mare, allora vedi sguardi che si perdono lontano, canti con voci fioche e rauche di terre nostalgiche e abbandonate, parole sussurrate per paura di far troppo rumore, parole che parlano d'amore, d'amore per il mare. In una notte d'estate, alla luce di una lampara, lasciandomi cullare dal dolce rumore delle onde che accarezzano la barca, alla ricerca di un pesce da pescare, guardo la luce riflessa e in mezzo, tutto quel luccichio, sembrano occhi che mi guardano, che hanno solo voglia di raccontare il mare; poi penso a quel pescatore,“Santiago”, in lui tutto era vecchio, la pelle bruciata dal sole, le rughe come solchi profonde sul viso, le grosse mani tozze e piene di tagli, tranne i suoi occhi, che malgrado il tempo, erano rimasti azzurri, azzurri come il mare ed è così che i miei occhi si sono persi in un orizzonte che non c'era, da solo sul pontile in un fresco mattino d'estate guardando il mare e più guardo e più sembrava di riuscire a vedere ancora tanto mare. Se penso a qualcuno lontano, lo penso in riva al mare e allora, è quel mare che ci separa e poi ci unisce, la risacca delle onde in riva al mare poi, poi seduto in riva al mare di sera, quando il sole si tuffa per diventare tutt'uno con il mare, sento di esserci dentro anch'io, uno con tutto quel mare.

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25 marzo 2010

Immaginate una casa con un tetto piano e una terrazza sopra rifinita come fosse un merletto, pitturata di bianco con mani grossolane di calce viva, solo una grande, grossa porta di legno, con sopra tante mani di pittura sovrapposte che si vedono, l'una all'altra, dipinta malamente d'azzurro ed anche un po' scrostata, e davanti la spiaggia di sassolini bianchi, piccoli, levigati e lisci, e verso la battigia, sempre più fini, con tante conchiglie colorate, che s'intravedono mischiate tra di loro; immaginate l'alba, aprire quella porta, vedere il mare così piatto che quasi sembra finto, i riflessi di luce che si specchiano nell'acqua, lontano due barchette che ritirano le reti, l'aria frizzante al punto che avere indosso un maglioncino e tenere le braccia intorno al petto è solo voglia di sentire un po' di caldo, affacciarsi e rimanere senza respiro, per quanto è bello e puro ciò che vedi; immaginate che sulla spiaggia, davanti alla casa, c'è una piccolissima piazzola fatta di sassi sistemati alla rinfusa, con sopra un tavolo lungo in ferro battuto arrugginito, con il piano di cristallo con delle macchie opache forse del tempo, sedersi per consumare un buon caffè, guardarsi negli occhi e senza dire parole sorridere al mattino felici di esser lì e allora, niente più affanni, niente più voglia di scappare, il sole sorge lentamente e lentamente anche il sorriso s'illumina d'immenso, rimanere seduti e non aver voglia più d'alzarsi, scoprire d'aver vissuto quel momento ma d'esserci dentro come se fosse nuovo.

Immaginate!

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29 gennaio 2009

so ff io ... Un U

n soffio, e l'aria come per incanto s'era improvvisamente profumata di delicate essenze; si avvertiva leggero un fruscio, come ali di farfalla tinte di giallo e una luce riflessa splendeva mischiando colore a colore, l'ocra ruvido di un muro lavorato a rustico, ad una morbida pelle ambrata bruciata dal sole, l'uno che nell'altro cerca rifugio, tanto che era impossibile scorgere pieghe che non fossero uguali. E dal soffio un respiro, nato dal profondo d'un petto che quasi temeva il movimento, paura di scoprirsi diverso dall'essere lĂŹ appeso in quell'angolo, a disegnare sinuose linee nate solo per confondere, per dare al respiro l'alito d'un soffio. Quasi una resa, una sottomessa disfatta, che dallo sguardo si lascia accarezzare, come un pennello dalle setole scure che, senza far rumore, s'adagia compiaciuto e impregnato di colore, per indugiare poi su sfumature che danno forma e consistenza; magica dimensione che trascende dall'essere reale, frenetica e al tempo stesso pacata ricerca di una frase, di una parola, di una parola sola che sa di urlo sospirato a fior di labbra, sensuale motivo che serve solo ad appagare.

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4 marzo 2009

Ci credo ancora?

Ci credo ancora?

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Pensare che tutto ciò che c'è dato, può non essere all'improvviso più lo stesso, per una parola detta, forse malevola, ma quale poi, per un momento di stanchezza, per un malinteso non chiarito, o forse difficile di chiarire, per uno sguardo che non c'è stato, ma solo perché impossibile da vedere. Non sono scuse che cerco, e neanche giustificazioni da proporre, e poi perché mai, se qualcuno di voi mi ha letto durante questi mesi, sa che non vado cercando appigli dove aggrapparmi. Solo un attimo per riflettere, per darmi e darvi la possibilità di rivedere con occhi sgombri dove può andare a parare un rapporto che può sembrare fatto solo di parole. Ho iniziato per caso e poi per gioco questa avventura, in nome forse di una libertà che, dietro la parola, poneva la fiducia, che dietro uno sguardo che non c'era, l'accento alle emozioni, che dietro ad un paravento ben protetto, cercato, voluto e non voluto, la disponibilità a condividere. Non mi sono posto troppe domande, mi sono “tuffato” nella rete e ho cercato di dare qualcosa, ma senza l'assillo di pretendere dell'altro. Non ho aperto subito un blog e d'altra parte sono sempre stato scettico sul farlo e la mia coerenza me lo ha quasi imposto, ma mi sono messo dall'altra parte, dalla parte di chi, prima di dire ascolta e dopo, se proprio è il caso, dice qualcosa. Sono scappato da quei diari riproposti in chiave quasi patetica, da quelle letture che nascevano da malcontenti,o da occasioni mancate, da situazioni noiose a volte solo per il gusto di esserlo. Ma anche da chi, dietro ad un blog, poneva l'immagine di sé al di sopra d'ogni cosa, senza creare alternative, senza offrire o dire niente. In questo spazio ho trovato una via da seguire, e senza che me ne rendessi conto, è diventata lunga, a volte piena di ostacoli, di silenzi non contemplati, di lunghe code nell'attesa di risposte non sempre ricevute. Ma gli sguardi continuavano a non esserci. E poi, pian pianino, ho trovato le persone,

semplici persone che avevano voglia di dividere e questo “spazio” le lasciava libere di farlo, proprio perché non era ad un post che dovevano rispondere ma solo a quel bisogno che è un po' di tutti, di parlare solo per farlo, di parlare per ricevere, se era il caso, una risposta. Ed è in quelle parole, dette senza volere chiedere e in quelle risposte date solo con la voglia di esserci, che ho incominciato a scorgere gli sguardi. Pazzia, direte, o forse un attimo d'incertezza? No, assolutamente no. Seduti uno accanto all'altro, alla ricerca di calore, il suono della voce di chi parlava, era un sottofondo alle cose che diceva; a volte risate incontrollate, a volte poesie sussurrate, a volte canzoni strimpellate, a volte racconti di storie che con le storie non avevano niente a che vedere, a volte arringhe appassionate su cose che purtroppo potevano dividerci, a volte confessioni fatte sottovoce e, in tutto questo, potevano non esserci gli sguardi? Erano sguardi fatti di parole, che ognuno di noi offriva agli altri senza pretese, senza volere per forza qualcosa in cambio, a volte come carezze, a volte fissi in cerca di risposte. Erano sguardi fatti di parole, magari solo per dire arrivederci, buon giorno o buona notte, e chi lo leggeva il giorno dopo, vuoi che non li vedesse? Questo per dire, che serve la voglia, per sentire, oltre che per vedere l'altro. E forse non è così anche nella vita reale? Quanto di ciò che vediamo o sentiamo ci resta veramente impresso? In questo mondo virtuale, il fatto di non potersi guardare negli occhi si fa sentire, essere dietro ad un video e una tastiera, può creare dei malintesi, il mezzo ci limita, ma siamo sicuri che potersi guardare sempre negli occhi dia ottimi risultati? Io non ne sono del tutto convinto, ma mi concedo la possibilità di crederci, così come me la concedo nel credere in un rapporto che può sembrare fatto solo di parole. E oggi che anch'io ho un blog, ci credo ancora.

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Pensieri


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Pensieri


31 agosto 2009

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na strana accozzaglia di pensieri oggi m'invade, tanto che non riesco neanche a pensare, sono così fulminei che non ho il tempo di leggerli per come vorrei… Mi capita alle volte di essere così frastornato, penso a delle cose ed altre prepotentemente s'affacciano, fanno capolino tutto d'un tratto, magari cercando risposte, magari urlando che erano lì prima degli altri, ma tutto è inutile, l'attesa è lunga e alla fine rimane delusa. Ora mi viene in mente lo sguardo di quella bambina che, su di una sedia a rotelle, scuote la testa e osserva qualcosa che sembra essere lontano, così lontano che anche seguendolo con gli occhi, non si riesce a vederlo. Ora è seduta sulle gambe del padre, che con la mano, tiene quella testolina che sembra stia per cadere, e lei la scuote ancora, poi lui canta una canzoncina e ogni due parole, la bacia sulla fronte e ogni volta che lo fa, lei smette di scuotere la testa e in un soffio dice: eh… Ricomincio a pensare… ricomincio a pensare a quella vita, a tutto l'amore che bisogna dare per farla sentire meno sola, ma che non è mai abbastanza per colmare un vuoto che sarà, purtroppo, sempre uguale. Ricomincio a pensare e di nuovo mi sento frastornato, una strana accozzaglia di pensieri m'invade, ma solo perché riesco a leggerli come non vorrei…

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fili d’erba


1 febbraio 2009

M

i giro e vedo brina gelata che ricopre fili d'erba

ripiegati su se stessi, tormento inevitabile che per un attimo è padrone indiscutibile di una stagione che volge lo sguardo altrove, lontano da colori con tinte accese mischiate dal tempo, che degradano fino a scomparire in tenue sfumatura. E ripercorro sterminate praterie, suoni di giornate vissute all'insegna di risate senza pensieri, sguardi che sapevano cosa cercare, ma non lo davano a vedere, perchÊ fuggire per poi rincorrere era il sussulto del battito di un cuore. Cielo, terra scura arsa da un sole che non risparmia calore, aria, fine, sottile, che sospesa si lascia intravedere, mare, lo spuntare di nubi all'orizzonte, tratti che linea dopo linea, lasciano traccia su di un foglio bianco che man mano si scolora, fino a diventare pagine sfogliate piÚ per inerzia che per altro, lembi che si spostano per poi accucciarsi uno sull'altro, trasportate da un alito di vento che s'adagia silenzioso come per trovare riparo, per poi ricominciare la sua folle corsa spesso senza sapere dove andare. E dalle labbra un accenno a parole mai dette o forse sussurrate in momenti che hanno perso ogni sembianza, confusi in quotidiani discorsi che non conoscono emozioni, e mentre sono lÏ, ascolto una voce che non ha voglia di aspettare il tempo che passa, come quei fili d'erba ripiegati su se stessi, acchiappa l'attimo per rincorrere il passaggio delle sue stagioni.

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1 giugno 2010

musica in sottofondo, una “Balada Para un Loco” di Astor Piazzolla guidasse i suoi passi, ora felpati, ora decisi e sicuri, comunque sia sensuali. In un balzo tolse anche gli ultimi indumenti rimasti e presa l'asciugamano dentro all'armadio, andò a farsi una doccia, sempre canticchiando la musica che prima l'aveva per un attimo rapita. Le piace stare sotto la doccia, aprire tutta l'acqua calda e immobile con gli occhi chiusi, starsene lì e pensare il nulla; lascia che l'acqua la massaggi, i rivoli le scendono dai capelli appena tagliati corti alla maniera di Valentina sul suo bel viso e sul seno, la fanno come rinascere, pace, benessere ed eccitazione al tempo stesso. Il vetro della doccia era già tutto appannato e aprendo gli occhi, nel vedere la sua immagine riflessa e sfocata, la ripercorse con un dito, segnandone i contorni; un gioco nuovo, mai sperimentato, sagome che una sopra l'altra si confondevano, segnati ogni volta da un sussulto, come se per la prima volta riuscisse a vedersi in un corpo a corpo che il suo stesso corpo le rimandava, centuplicandone gli effetti e le sensazioni. Sorrise, passò le mani tra i capelli e chiuse l'acqua. Per un attimo restò ancora ferma immobile, poi sorridendo ancora, aprì la porta e prese l'asciugamano morbido di spugna, bianco, con sopra ricamato a grandi lettere il suo nome. Mentre indossava i jeans, si accorse che si era fatto tardi e fu allora che le venne in mente quell'e-mail scarna, di poche righe, ma al tempo stesso incisiva, quasi fosse stato un perentorio avvertimento. Uhmmmm, ma no, era soltanto la scusa per dirle di quella volta. Improvvisamente si rese conto che s'era dimenticato cosa ci fosse scritto in quel messaggio, destino o forse la voglia di non pensarci, si guardò in giro, vide il computer ancora appoggiato sul suo bel tavolo fratino e senza pensarci due volte, si avvicino vedendo che nel frattempo era arrivata un'altra e-mail, con sua grande sorpresa, ancora più perentoria di quella di prima, poche le parole ma assai chiaro il significato e la sentì persino quella voce che diceva: “A che gioco giochiamo?

A che gioco giochiamo?

Come si suol dire, la curiosità è donna e quindi ci mise praticamente meno di un attimo ad aprire quel messaggio. Dapprima rimase un po' delusa, ma poi leggendo e rileggendo, si rese conto che qualcosa doveva farla subito e quindi, appoggiò il computer sul suo bel tavolo fratino, un gioiello del seicento, realizzato tutto con incastri a tenone e mortasa, con un bel piano costituito da una tavola unica di circa 5 cm di spessore, ancora lavorata con sgorbia in noce, si stiracchiò un attimo, fece un bel sospiro di sollievo e si diresse verso la porta della camera da letto. Appena entrata, diede un'occhiata al letto ancora disfatto, fece spallucce e si diresse verso la cabina armadio, praticamente il suo regno, dove dentro teneva tutto ciò che in certi momenti le serviva per farla sentire meglio: abiti corti, lunghi, sportivi, da sera e da passeggio, gonne adatte per tutte le occasioni, maglie, maglioni e magliette d'ogni tipo, camice che nel tempo avevano conosciuto tantissime riletture da parte dei creatori di moda a lei più fedeli, modelli classici, con maniche lunghe chiuse da bottoni ed abbottonate davanti, colli con punte aguzze, arrotondate, alla koreana, o con il taglio stondato, senza contare l'enormità di scarpe che, in bella vista su di uno scaffale, davano l'impressione di non essere state mai usate. Diede un'occhiata poco convinta a tutto l'insieme, prese in mano un paio di jeans, il modello più sdrucito che avesse, un dolce vita a coste larghe di un bel colore rosso amaranto, li accostò uno accanto all'altro, scosse la testa con fare compiaciuto e li appoggiò sul letto guardandoli ancora come se li vedesse per la prima volta. Incominciò a spogliarsi, prima la gonna, che lanciò con una mossa felina sulla poltrona in fondo alla stanza poi, mimando movenze voluttuose, tolse la maglia facendola scivolare lentamente sulla pelle come fosse una carezza, con l'occhio incollato allo specchio della toletta, un bellissimo pezzo di fine ottocento di origine francese in noce nazionale e piano di marmo originale di Carrara e l'immagine che le rimandava probabilmente la teneva su di giri, tant'è che incominciò perfino a ballare, come se una #1

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Silenzio


21 gennaio 2010

Non è con il silenzio che si sfondano i muri dell'incomprensione, non è con il silenzio che si aprono le porte a chi pensa che non dovrebbero essere mai chiuse, non è con il silenzio che due cuori, che corrono su binari paralleli, possono incontrarsi, e proprio perché silenzio può voler dire indifferenza, non è con il silenzio che si dice: ti voglio bene. Occhi che sanno dove guardare, non affidano al silenzio il suono delle loro emozioni, sguardi che si muovono come carezze, non si nutrono di silenzi per giungere a destinazione, parole che nel silenzio trovano respiro, non usano il silenzio per ricominciare a parlare, perché il silenzio è come una barriera che non ha mai fine, il silenzio è… non ho più nulla da dire. Storie, storie che dopo essersi incontrate, affidano al silenzio la parola fine.

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Sogni

19 novembre 2009

" A letto di già?» "Sì, sono stanca, non vedo l'ora di andare a letto, così tra i miei libri e i miei sogni, riesco a chiudere un po' meglio la giornata. « "E' forse un modo per fuggire dalla realtà?» "No, la realtà la vivo in tutta la sua immensità, solo che alle volte ho bisogno di chiudere la porta, perché altrimenti mi soffoca. « "Insomma, è una valvola di sfogo, un momento.« "Una valvola di sfogo che mi riporta a prendere contatto con me stessa, che non vuol dire che è l'unico modo per farlo, no anzi, perché durante la giornata io ci sono ed anche tanto, per le cose da fare che m'impegnano al punto da esserci senza però rendermi veramente conto di appartenere a me stessa. La cosa è difficile da spiegare.« " No, non è difficile. « "Non so cosa mi succede. Deve essere forse l'autunno o questa vita fatta solo di doveri, non lo so, fatto sta che in questi giorni mi sento strana, ho dei momenti di angoscia che mi fanno star male. E tutto così schifosamente programmato che alle volte mi verrebbe la voglia di scappare per lasciarmi ogni cosa alle spalle. Eppure ho tutto, o almeno così sembra. Un marito, un figlio meraviglioso, una casa dove sto bene e che mi piace, degli amici, tutto insomma.» " Sei proprio sicura di avere tutto?» " Eppure… in fondo le stesse cose le ho

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sognate così a vent'anni. Lui è caro, lo è sempre stato, con lui ho scoperto la voglia di essere libera, di gestire la mia vita senza il condizionamento dei miei genitori, mi ha coccolata, mi ha spianato ogni difficoltà, rendendomi padrona di ogni cosa. Eppure… A volte ho l'impressione di non volere tutto questo. Una parte di me si ribella. In fondo mi sento insicura. Si decido io delle cose, ma ho sempre l'impressione di ricercare ugualmente la sua approvazione. Lui è cosi sicuro, così forte, chiuso nel suo mondo, alle volte mi fa paura. Padrona di me stessa o solo padrona delle cose che mi circondano? Anche quando litigo con lui, se la spunto io, alla fine insieme alla soddisfazione ho un pò di amaro in bocca. Anche l'epilogo mi sembra scontato. Dio mio, dove sono, cosa sono mai? Avrei voglia di sognare un po'.» " Capisco, i libri e i sogni. « " I libri mi riportano nella dimensione che più mi appartiene, leggo perché mi piace, leggo perché divorare parole apre le porte della mia immaginazione, leggo per poi scrivere, ho fame di letture, cibo ineguagliabile per la mia mente, leggo per sognare… i sogni… « " I sogni?» " Sogno ad occhi aperti, sogno ad occhi chiusi, sogno la serenità che mi manca, sogno due occhi che mi guardano senza pregiudizi, sogno la tenerezza che il tempo ha cancellato, sogno di ritrovare momenti che in questo quotidiano si sono frantumati, sogno di sentirmi donna desiderata, perchè del desiderio ho perso anche la voglia, sogno… « " Sogni… " 36



21 maggio 2009

B

Brilla una luce negli occhi, come di un pensiero fuggitivo che attraversa la mente senza voglia di conferme, le labbra si socchiudono come per dare un bacio e alla fioca luce di una finestra appena socchiusa, il suono di un clic dice che finalmente l'emozione ha trovato il suo rifugio. E poi un susseguirsi di frenesie che, tra attimi rubati, s'incastrano fino a diventare lucide follie vissute ad occhi aperti tra spazi circoscritti in un immaginario sempre piÚ lontano; fulgida visione di un intreccio di mani e di corpi che si fondono e senza volerlo, dopo tanto lottare, finalmente è l'abbandono. Svegliarsi al mattino e tra i vapori fumosi di una doccia, disegnare con il dito su di uno specchio la curva di una strada che mentre sale, lascia intravedere una lunga discesa che porta al mare.

Svegliarsi

E gocce di rugiada si staccano una dopo l'altra e nel rigagnolo appena nato, cercano la via per rompere gli indugi, a ritrovarsi ancora insieme verso qualcosa che le porti lontane; il calore di un abbraccio che le asciuga come fossero panni stesi al sole. Svegliarsi e accorgersi di un nuovo giorno ritrovato.

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12 febbraio 2010

Ma è quel che appare? Che strano vederti pian pianino camminare dall'altra parte del marciapiede, un passo dopo l'altro, dinoccolato, come se la fretta per te fosse tutt'altra cosa, eppure ti riconosco da quell'affanno che non hai ancora abbandonato, un respiro lieve ma intenso, così come il tuo sguardo, che sembra fissare qualcosa d'importante, ma che per un attimo si gira come una carezza. Che strano averti persa senza neanche sapere come mai, sì, persa per strada, nell'attimo in cui mi stavo domandando cos'era che alla fine ci aveva relegato in quella folle corsa nata per rincorrere emozioni, persa per strada, girato l'angolo, l'ultimo a destra, quasi in fondo al viale, prima ancora che pensassi a qualcosa da inventare, prima che capissi il dono migliore da farti come regalo. Che strano sentire senza percepire di rimando un sentimento, un filo di voce che può voler dire altro, tante parole ma che non hanno più alcun senso, perché ciò che veramente avrei da dire, mi muore in gola e l'attesa per il momento giusto, è ormai passata. Che strano, oggi c'è il sole che risplende e ciò che mi era parso ieri, forse non ha più alcuna importanza; Bull terrier cucciola di colorazione ambrata, con un occhio color tenerezza, cercasi disperatamene!

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9 ottobre 2009

“’giorno!” “ uhmmm! “ “Perché fai il muso” “Beh, dovresti saperlo perché e poi, come mai me lo domandi?”

Faccia_ mo

pace?

“Così, ti stavo guardando e allora… però devo dirti una cosa, quando t’infiammi sei desiderabile eh, lo so, ti sembrerà strano, ma quando ti vedo così, da un lato ti torcerei il collo e dall’altro, uhmmmm, mi fai venire delle strane idee in testa, anche nei momenti meno impensabili, mannaggia. “ “ Maddai, mi stai prendendo in giro? “ “ No, no, assolutamente no.” “ Detto così non è che mi convinci molto, c’hai un’aria…” “Eddai con quest’aria, facciamo la pace?” “Perché, abbiamo litigato? O forse vuoi litigare per fare dopo la pace?” “Come siete complicate voi donne, insomma, volevo dire che mi dispiace che non ci siamo capiti e poi tu alle volte parti per la tangente.” “Io? Ecco, vedi come sei, la colpa è ancora mia. “ “Ma no, ma no, ma no, cosa hai capito, ecco, vedi che non ci capiamo; però quando t’infiammi… “ “ E già, alzo la voce, non prendo fiato e dico le cose attaccate una all’altra “ “ No, beh, sì, in effetti è così, ma anche se non ti vedo t’immagino rossa in viso che gesticoli come una forsennata e sei così anche quando… hihihiiiiiiiiiiiiiiiiii!!! “ “Ma smettila di fare il leccone, smettila, e poi non è vero che sono uguale a quando… beh, forse sono rossa in viso quello sì, ma non gesticolo, anche perché mi piace se lo fai tu. Evvabè, non gesticolare, cosa hai capito e poi smettila di sorridere e di guardarmi con quegli occhi da cockerino che poi fai venire la voglia anche a me. Eddai, smettila, uehmmm, sei tremendo!“ “Io? E cosa sto facendo, ti stavo soltanto ascoltando e ovviamente guardando, ma come mai sei rossa in viso e gesticoli come una forsennata?” “Maddai, spetta, ho perso il filo. Perché stavi parlando di far pace? “

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21 giugno 2010

N

on ho voglia di guardare indietro e neanche di guardare avanti; mi fermo in silenzio e ascolto il rumore del mare, quello che ho sempre sognato e che conservo geloso nel mio cuore.

iLtempo #1

E intanto penso, rifletto, e nel farlo, vedo scorrere immagini che cambiano colore, come su di una girandola che luccica mossa dal soffio di un alito, pi첫 per inerzia che per altro, alla ricerca di un motivo o solamente per capire, per capire il tempo che passa e che a volte non da risposte, per ritrovarsi un mattino, all'improvviso, pensando che fosse ancora ieri.

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16 aprile 2010

lo scialle di

seta nero E così prima di sera lei prese lo scialle di seta nero e se lo mise sopra le spalle, adagiata in silenzio contro il muro, senza nessuna voglia di risposte. Mi piacerebbe intrufolarmi tra quelle parole non dette, per far parte di quei silenzi così non diventano più tali e poi, offrirgli l’appiglio per aggrapparsi, per non restare più in bilico, per ritrovare la strada dove ci sono spazi, idee e cieli, dove lo sguardo si perde, dove ci sono le emozioni, dove quel battito in più che va cercando, possa tornare ad esserci. Cos’è che rende la sua voce simile ad un’emozione che attraversa l’anima, fino a sentirla dentro nelle ossa, e ci resta tutto il tempo che passa, per riviverla, poi, la volta successiva? Una domanda che trova risposta mentre la guardo camminare incurante della mia presenza, capelli bagnati, collant e maglione largo un po’ slabbrato, una leggera sbavatura nera che fa da cornice a due occhi scuri e profondi come il mare, l’andatura lenta di chi sa di essere osservata, forse anche appositamente lenta, quasi svogliata, l’esibizione di un corpo che, senza curarsi più di tanto, seduce e incanta.

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Se magari si mette a piovere...

Da dove incomincio… …vi è mai capitato di aver voglia di scrivere, tante idee per la testa ma, anche tanta confusione, al punto che solo mettere due parole insieme diventa difficile… scrivo, poi cancello, poi riscrivo e poi… mannaggia, ri_cancello di nuovo, anzi, chiudo il mio nuovo documento di Word, sperando che nel frattempo… lasciando decantare il tutto, magari le idee si chiariscono e allora, esco a fare un giro, (camminare fa bene… ), poi torno, guardo un po' di carte, le metto a posto, visto che ci sono pulisco anche la scrivania, m'incazzo (pardon… ) m'arrabbio come una bestia con le donne delle pulizie che non puliscono mai nulla, giro intorno alla sedia, guardo lo schermo del computer (mannaggia quant'è bello… ), mi siedo, apro un nuovo documento di Word e incomincio a scrivere… no, aspetta, da dove incomincio…

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10 marzo 2009

… beh oggi è una gran bella giornata e il Giacomo è uscito da casa, ma se viene via lui poi Lina si sente esclusa e quindi si accomodano anche Alessandro, Giuliettina insieme a Rocco e i suoi fratelli, non quelli del Gattopardo, Luciano, Vincenzo e Gabriele, le sorelle Vika, Ika e Katia, padre Don Salvatore, che ha salvato le popolazioni del Lago Trasimeno, quando si era inondata Firenze, nel luglio del 1947, giorno dello sbarco degli americani a Portofino, e Alessandro fa i capricci perché si è rotta la serranda, in casa sua è ancora tutto buio, ma non come quella volta a Cesenatico, quando sulla spiaggia arrivarono i vu cumprà e senza batter ciglio, Evelina si spalmò di crema protettiva, sai quella numero 5, perché c'era Vittorio che doveva arrivare ed allora si trovarono tutti sul Ponte Vecchio, a scartare quei regali che erano rimasti nel baule della macchina, in quel parcheggio di viale Gismondo da Verazzano, angolo via Paleocapa, dove fanno anche le frittelle e, nonna Pina ci passa tutte le mattine, perché la nipotina, quando viene, si ritrova tutta innervosita, con i capelli in disordine che Marco ed Emanuele si divertono a rimescolare, come fosse un mazzo di carte, si quelle carte che trovi tutte le mattine davanti al tuo portone, e quello stronzo di Giuseppe fa finta di non vedere, come se la casa non fosse anche sua, ma verrà il giorno, o forse non verrà, fatto sta che l'altra sera, mentre bevevo una birretta, mi dissero che Rosina era sotto la doccia e, tutti a guardare fuori alla finestra, che nel frattempo s'era chiusa, per non far passare tutta l'acqua, perché quel rubinetto rotto non era stato più aggiustato, e giusto per non dimenticare, volevo dire che s'inaugura una mostra, in quella galleria d'arte a Castrovillari, dove espongono i nani, tutti e sette ma senza Cenerentola, che nel

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frattempo è stata mangiata dal lupo cattivo, che l'aveva presa in giro dicendole quant'erano belle le sue orchidee, da non confondere con i gerani di zia Giuseppina, che bagna una sera si e una sera no, senza curarsi che Duilio ha perso i capelli, e che non stava bene dirlo al suo collega… … forse è meglio andare a fare un altro giro, magari si mette a piovere e così mi rinfresco un po' le idee… …spetta, dov'ero rimasto…già, lo sai che Arnaldo ha preso un cavallo, si quelli di cartone, che se ti metti dentro fai come Sansone che senza i suoi Filistei, ha comprato una casa sul cucuzzolo della montagna, insieme ad Albano, casa mia, casa mia, che piccina che tu sia, tu mi sembri una coccarda, bianca rossa e verde, i colori dell'arcobaleno, che Stefano ha disegnato sulla sua maglietta, il giorno dell'inaugurazione del "PEPERONE MATURO", scherzo, scherzo, e chi ci crede ancora, certo se vai a votare, ti tolgono il cellulare, è lo stesso che avere una Bagutta, si quella che vinse le mille miglia che si fanno ancora a Positano, il paese sperduto nei balocchi, dove si mangiano i crauti con la senape, ma senza il parmigiano, che però si sposa con Graziella, il giorno di Santo Stefano, che è poi la vigilia di Carnevale, che se attizzi il fuoco, fuori fa tanto caldo e il sole sembra arrivato all'orizzonte, che se non stai attento, ti ritorna il magone, e poi aspetti che il mare s'avvicina, per sentire il rumore delle onde, come quando all'alba strabuzzano assonnati gli occhi quei poveri pischelli che, sotto la finestra di Rosina, aspettano che lei si affacci la mattina, prima d'andare a spasso per Livorno, quella città del sud dimenticata anche dagli argonauti, che prima di metter piede sulla terra, si bevono un goccetto al bar dell'angolo… mannaggia…

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Parole

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4 gennaio 2010

la scatola

Capita a volte nella vita di ripercorrere momenti che senza una verosimile ragione, abbiano in qualche modo condizionato le nostre scelte. E allora basta un nome, una frase, il colore delle foglie ingiallite di un mattino qualsiasi a farteli rivivere, ma… Mi allungo sulla sedia e quasi mi sdraio; oggi è di quelle giornate in cui non ho voglia di pensare a nulla e così mi stiracchio con lo sguardo perso un po' su quella scatola e un po' fuori alla finestra. E' strano, quando vuoi annullare ogni pensiero i pensieri ti vengono incontro e fanno capolino malgrado tu dica loro di andare via, prepotenti, senza alcun ritegno. Torno di nuovo a guardare quella scatola e chissà perché sembra diversa, non è solo questione di colore, anche quello, o di materiale, anche quello, vederla rinchiusa in quell'angolo ne amplifica la forma e le dimensioni, come se il suo contenuto volesse a tutti i costi spuntare fuori, e al pensiero mi vien quasi da ridere, perché m'immagino due guance gonfie di vento e lettere disordinate che in un'esplosione di linee rette e curve provano a dar forma a parole mute, ma che hanno l'aspetto di grida che libere da ogni pudore, portano sorrisi, portano lacrime, ricordi ingarbugliati sommersi dalla polvere del tempo, una matassa di fili da sbrogliare, che si percorrere solo se le dita, tra pollice e indice, trovano il ritmo giusto. No, non ho voglia di pensare a nulla, come in un cartone animato, sento l'aria che si smuove risucchiata dal sordo rumore di un coperchio che si chiude, e un raggio di sole che filtra dai vetri appannati della finestra mi rammenta la giornata che da poco è incominciata. Beh, tiriamoci su le maniche che son tante le cose che m'aspettano e nel farlo, sorrido al nuovo giorno, perché oggi sono quel che sono.

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guardami...

23 novembre 2009

Simona

Cosa faccio? “ ” Niente, cosa vuoi fare? Rilassati, pensa a qualcosa di bello… “ ” Ehhh… maddai Arthur, mi vergogno e poi, non so dove mettere le mani… sto seduta, cammino, guardo il mare, insomma, che faccio? ” Ma no, stai tranquilla, anzi, parliamo un po’… “ ” E allora, fammi delle domande… “ ” No, niente domande, parliamo un po’… anzi… guardami… “ #1

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Parole

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