#articolouno

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#ARTICOLOUNO0¤ IL LAVORO DI CHI CREA NON SI DISTRUGGE.

Lo met te nel por remo tofolio .

MANIFESTO SUL LAVORO L’Italia sta affrontando un momento delicato a livello lavorativo, perchè la crisi e le “grandi fughe” non trovano spazio per giovani lavoratori. Gli italiani sono sempre stati abituati ad attraversare periodi difficili economicamente, ma stavolta la questione è più lunga e delicata del previsto..

EVOLUZIONE CREATIVA

IL VALORE DEI CREATIVI

FUGA DI CERVELLI

RIPARTIRE DA QUELLO CHE ABBIAMO


spreco no job, fu****g life.


IED MAG 01

PLEASE, PRESS THE RESTART BUTTON.

#ARTICOLOUNO Contributors

Prima edizione: Marzo 2014, Firenze. Responsabile Editoriale: Isabella Ahmadzadeh, Giulia Mucci Dominique Barbieri Redazione: Marta Hofer, Francesca Soldani, Sandro Fagioli, Michael Senesi Nieri Responsabili di produzione: Daniele Palaia, Gianluca De Vivo, Luca Binetti, Nicola Pittera Direttore creativo: Francesco Canovaro

Quando si parla di metterci la faccia, noi ce la mettiamo.

“Ci piacerebbe che sapeste cosa sta succedendo qui. Sarebbe davvero bello.

L’Italia che vorremmo

Un elenco di proposte e possibili soluzioni per un’Italia diversa.

Un progetto grafico degli studenti del Corso di Comunicazione Pubblicitaria. Prodotto da:

Quanto valgono i creativi in Europa? E quanto sono svalutati in Italia?

Evoluzione lavorativa

A quanto pare bisogna essere anziani prima di poter lasciare il proprio lavoro.

Ripartire da quello che abbiamo

Di fronte alla schiera degli scoraggiati e dei rassegnati, c’è ancora chi crede di poter far ripartire il meccanismo che si è inceppato.

(Cluetrain manifesto, tesi n. 87) È sempre difficile trovare le giuste parole per iniziare un racconto, una storia.

Fuga di cervelli

Biglietti di sola andata per lasciare l’Italia che non riesce più a offrire opportunità ai suoi giovani.

SOMMARIO Valore dei creativi

Ma sarebbe un grave errore pensare che ce ne stiamo con le mani in mano”.

Ma, quando si sa guardare oltre la superficie - vuoi per caso o destino - alla fine ci si imbatte in quella frase o citazione, che racchiude il senso di quello che stai facendo, di quello che vorresti dire e non sapevi come. La tesi n.87 del Cluetrain Manifesto, per quanto riferita al mondo della comunicazione e di Internet, costituisce un incipit perfetto per il nostro racconto, per il nostro #Jobact. Perché prima di tutto #Jobact è una presa di coscienza a proposito di ciò che sta accadendo attualmente attorno a noi, con uno sguardo ravvicinato sul mondo del lavoro. Abbiamo deciso di proporvi una serie di riflessioni che spaziano dal panorama generale del lavoro a quello specifico del nostro settore, quello dei “creativi”. Con questa parola, ormai abusata e steroetipata, vogliamo dimostrarvi che “creatività” può essere qualcosa di più di una riflessione fine a sè stessa o di un’immagine carina racchiusa tra due pagine. Creatività è il nostro modo per dirvi che è l’ora di ripartire. E il vostro? di Isabella Ahmadzadeh e Giulia Mucci


GIANLUCA DE VIVO

SANDRO FAGIOLI

Amo la semplicità. Una cosa semplice è bella perché leggera, libera da ogni macigno che la appesantisce e non la fa volare. Mi sento leggero quando suono uno strumento o ascolto il jazz mentre disegno o scrivo. E lo sono soprattutto quando non mi obbligano a scrivere un’autobiografia.

Amante dello sport e della musica , seguo la sua moda e immagino sempre nuove mete da raggiungere. “ A me interessa più la mia coscienza che l’opinione degli altri”

DANIELE PALAIA Come diceva Steve Jobs: “Il nostro tempo è limitato, per cui non lo dobbiamo sprecare vivendo la vita di qualcun altro”.

CONTRIB MARTA HOFER

DOMINIQUE BARBIERI Carioca e content freak, il mio sguardo curioso trova la bellezza ovunque. “Picture yourself in a boat on a river With tangerine trees and marmalade skies... A girl with kaleidoscope eyes”

Sono un’amante dell’arte, dell’adrenalina e del viaggiare. Cos’è per me l’ispirazione? “Ad un tratto capii che il pensare è per gli stupidi, mentre i cervelletti si affidano all’ispirazione”.

GIULIA MUCCI Il sorriso è un must nella mia giornata. Ogni problema, grande o piccolo che sia, ha una soluzione, quindi è inutile disperarsi: tutto si risolve.


FRANCESCA SOLDANI Sono un’amante del viaggio, dei paesi Medio Orientali e degli animali. Adoro stare in compagnia e condividere le mie opinioni. Come dice Henri Monnier: “È la mia opinione e io la condivido!”.

ISABELLA AHMADZADEH La serendipità è il mio mantra, assieme al tè e alla corsa. Perché Graphic Design? Beh, mi piace e fa figo. E poi, è la cosa che so fare dannatamente meglio.

BUTORS

MICHAEL SENESI NIERI Le mie passioni sono ballare, il teatro e il calcio. Amo il cinema e leggere. Vorrei fare il copy. Simpatico, socievole e intelligente, permetto solo a pochi di conoscermi fino in fondo.

NICOLA PITTERA Mi considero un ragazzo creativo e ho talento per il disegno. Sono un appassionato di arte, moda e stile. Il mio scopo? Diventare un famoso graphic designer!

FRANCESCO CANOVARO

LUCA BINETTI Una frase che mi rappresenti? “Le regole sono ciò che gli artisti rompono; ciò che è memorabile non è mai nato da una formula.”

Pro-rider di tavole e forme di comunicazione. La tipografia è il mio mantra, la visual identity è il mio lavoro. Socio co-fondatore di Studio Kmzero e allenatore di talenti a IED Firenze.


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IMPEDIRE L’ABBANDONO DEL TERRITORIO E DEGLI OPERAI

Svalutazione dei prodotti italiani

Le grandi aziende come FIAT dovrebbero essere dissuasa a spostarsi in altri paesi per puro profitto personale. Lo Stato dovrebbe formulare leggi che tutelino il rapporto tra operaio e azienda, consentendo alle grandi aziende di spostarsi all’estero solo dopo aver trovato una sistemazione al suo personale. Si dovrebbe incoraggiare la presenza sul territorio italiano da parte delle grandi aziende attraverso incentivi e agevolazioni finanziarie. Le Piccoli e medi grandi aziende dovrebbero diventare un patrimonio imprenditori si nazionale e dovrebbero essere concepite non solo come aziende, ma anche come enti sociali che gartrovano sempre antiscono il futuro di molti lavoratori. Lo Stato deve più le strede responsabilizzare maggiormente le aziende in modo chiuse da far nascere un senso di appartenenza e dei valori legati al territorio.

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ALZARE I PREZZI DOGANALI DEI PRODOTTI IMPORTATI È troppo facile attualmente importare in Italia ogni genere di prodotti provenienti dall’estero con il rischio che parte di questi siano poco affidabili o che sottraggono mercato ai corrispettivi prodotti italiani. Lo Stato potrebbe aumentare i prezzi di importazione dei prodotti in modo da far entrare soltanto la merce che nel nostro paese è scarsamente prodotta, rivalorizzando i nostri prodotti e incentivando l’artigianato a non svendersi alle multinazionali estere.

L’ITALIA CHE VORREMMO IL NOSTRO MANIFESTO DEL LAVORO

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INCENTIVI ALLE AZIENDE PER ASSUMERE GIOVANI LAVORATORI

MENO RACCOMANDAZIONI E SPAZIO ALLE CAPACITÀ

Ci piacerebbe vivere in un paese dove vengano riconosciuti la voglia di fare, Scarsa meritocrazia l’esperienza e le capacità di ogni sinLo Stato dovrebbe incentivare le e troppe raccoman- gola persona, dove non si abbia sempre aziende ad assumere personale giovane dazioni all’italiana l’impressione che il saper fare venga attraverso una serie di agevolazioni fisuperato dalle raccomandazioni e da chi nanziarie, come premi o bonus annuali. detiene una parola più importante. Dalla In questo modo i giovani appena entrati politica fino ad arrivare all’università nel mondo del lavoro rimarrebbero chi mostra impegno e profitto dovrebbe in Italia, a beneficio della nostra essere tutelato nel fare carriera a dispetto economia. Inoltre, attivare una Gli stagisti quadi chi ha alle spalle solo un cognome e serie di corsi formativi per i nuovi si mai retribuiti poco altro. Per eliminare questo fenomlavoratori, potrebbe creare una e per questo eno di incapacità lavorativa si potrebsituazione di maggior fiducia da non incentivati bero proporre degli esami o dei controlli parte del datore di lavoro nei nuovi a farsi avanti frequenti dove vengono evidenziate le dipendenti, in grado di svolgere i carenze e le capacità dei singoli lavoratori, propri compiti come i dipendenti premiando chi se lo merita. più anziani. 06

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ABBASSAMENTO DELL’ETÀ PENSIONABILE E RINNOVAMENTO DELLE AZIENDE

ABBASSAMENTO DELLE TASSE E DIMINUZIONE DELLA BUROCRAZIA

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Lo Stato dovrebbe garantire un’età di pensionamento consona alla vita e professione del lavoratore. Oltre l’abbassamento dell’età pensionabile, suggeriamo la possibilità di assegnare ai lavoratori più anziani Età pensionabile le mansioni dove si necessita esperienza e minor sforzo, lasciando sempre più lontane spazio ai giovani dipendenti per quanto riguarda gli aspetti maggiormente creativi e dinamici.

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In Italia, le aziende si trovano in situazioni problematiche a causa delle procedure buroFuga delle grandi aziende cratiche lentissime e di tasse salatissime e sono spesso costrette ad abbassare i salari dei propri dipendenti. Una soluzione potrebbe essere costituita da una legge tra Stato e aziende che garantisca a queste una serie di incentivi per non abbandonare la loro attività sul territorio e ne tuteli i dipendenti da eventuali periodi critici.

L’Italia sta affrontando un momento delicato a livello lavorativo, perché la crisi e le “grandi fughe” non trovano spazio per giovani lavoratori. Gli italiani sono sempre stati abituati ad attraversare periodi difficili economicamente, ma stavolta la questione è più lunga e delicata del previsto. È per questo che cerchiamo di proporre e indicare consigli utili su come risolvere problematiche che noi riteniamo bloccare il rinnovamento del nostro paese.

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LA TECNOLOGIA DEVE AIUTARE MA NON SOSTITUIRE

MAGGIORE AVVICINAMENTO AL MONDO DEL LAVORO PER GLI STUDENTI

La tecnologia sostituisce sempre più la manodopera

Il nostro sistema scolastico è troppo accademico e teorico: quasi tutti i piani di studi, sia superiori che universitari, non prevedono una parte pratica o un contatto col mondo del lavoro. Bisogna invece garantire una formazione più pronta ed efficace nell’immediato ai vari tipi Pochi contatti di lavoro, che in base all’indirizzo di tra scuole e studio scelto costituisca una valida università e bussola per i giovani che usciti dalle aziende sicurezze accademiche si affacciano al mondo delle professioni.

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La tecnologia è importante ma ne stiamo abusando. Le macchine hanno sostituito il lavoro degli uomini andando contro il fine per cui son state create,ovvero velocizzare i servizi aiutando e supportando l’uomo. Nella nostra società i contatti reali tra le persone sono sempre di meno e questo meccanicizzare il lavoro favorisce il raffreddamento sociale.

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FUGA DI CERVELLI L’EMIGRAZIONE DEGLI ITALIANI NELL’ 800 E OGGI CERVELLI BRILLANTI COSTRETTI A FUGGIRE IN ALTRI PAESI

PARTIVANO SOLTANTO CON LA FORZA DELLE LORO BRACCIA Svolgevano lavori pesanti, impegnandosi in attività che gli garantivano un guadagno da spedire alla famiglia in italia. La maggioranza di emigrati è fromata da

300.000

CONTADINI

nel 1895

Con le loro capacità alzano il livello culturale, scientifico e tecnologico del paese ospitante. Studiano e pagano le tasse universitarie per poi essere costretti ad

ESPATRI

L’ITALIA PERDE MENTI PROMETTENTI E REGALA UTILI RISORSE. solo il

EMIGRARE

ITALIA

quanti laureati se ne vanno?

DA DOVE PARTONO GLI ITALIANI?

15,2%

SUD CENTRO

68,28%

10%

44,6%

u.s.a. canada australia

AMERICA

MANAGEMENT

Pochi furono quelli che riuscirono a fare fortuna, superando enormi difficoltà a costo di grandissimi sacrifici. L’emigrazione portò a vivere fianco a fianco individui di nazionalità e costumi molto diversi.

40,3% EUROPA

13,7%

OCEANIA

quanti laureati se ne vanno?

PERCHÈ EMIGRANO? PER la diffusa povertÀ DELLE VASTE AREE ITALIANE.

SERVIZI PROFESSIONALI

30%

america latina

DOVE SCAPPANO I LAUREATI?

RICERCA E SVILUPPO

60%

SUD CENTRO

35,2%

su 100 emigrati nel mondo:

europa

nord 30,8%

17,2%

14,1%

INSEGNAMENTO

10,1%

nord

APPLICAZIONI INFORMATICHE

20,7%

18,8%

dei laureati resta in

56,9%

08

10,3%

1,6%

1,4% ASIA


COSA SARÀ DI NOI? 4K Dottori italiani di Ricerca all’anno.

La maggior parte di loro sono laureati di alto livello.

molti di loro scappano all’estero in cerca di opportunità.

L’ITALIA È IN CRISI E I NOSTRI “CERVELLI” INVECE DI ESSERE INCORAGGIATI A RESTARE RICEVONO RACCOMANDAZIONI E INCORAGGIAMENTI A COMPRARE BIGLIETTI PER L’ESTERO. BIGLIETTI CHE DIVENTANO DI SOLA ANDATA NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI.

L’espressione Fuga di Cervelli (Brain Drain) indica l’emigrazione verso paesi stranieri di persone di talento o alta specializzazione professionale. Il fenomeno è generalmente visto con preoccupazione perché rischia di rallentare il progresso culturale, tecnologico ed economico dei paesi dai quali avviene la fuga. L’Italia è uno di questi Paesi. Fin dagli anni ’50 si è sempre incoraggiato e sostenuto lo studio e la ricerca in altre parti del mondo a scopo conoscitivo. Il problema è che la maggior parte di studenti e professionisti, recepisce il messaggio e non fa ritorno a casa, arricchendo così gli altri paesi. Gli italiani oggi migrano più che negli anni ‘50 per una vacanza-lavoro. Decidono poi di rimanere all’estero perché vedono aprirsi delle strade

concesse dall’esperienza acquisita e dalla meritocrazia. Questo fenomeno è chiamato “Spreco di Cervelli” (BrainWaste) e non è un’emigrazione fisica ma occupazionale: è la perdita delle competenze derivata dallo spostamento di personale altamente qualificato verso impeghi che non richiedono l’applicazione della cognizione per la quale sono stati formati. Un chimico assunto in un supermercato ha risolto il problema lavorativo ma non applica le esperienze apprese nel sistema di istruzione nazionale. Molti dei cervelli in fuga italiani sono ricercatori accademici ma non solo. C’è anche chi ha deciso di lasciare L’Italia per opportunità di lavoro e stipendi più alti. Quello che li accomuna è l’esigenza di vivere dove la loro carriera non sia ostaco-

lata da raccomandazioni e burocrazia. La paura adesso spinge a scappare dall’Italia a causa dell’alto tasso di disoccupazione e di rimanere all’estero dove sono più facilmente garantite qualità di vita migliore e stipendi maggiori.

soprattutto perdita d’innovazione. Infatti le scoperte e le invenzioni effettuate all’estero rimangono di fatto proprietà dei paesi in cui viene effettuata la scoperta, portando via dall’Italia 4miliardi di euro in 20 anni.

Questi fenomeni sono risultati del totale disinteresse della politica italiana nei confronti della ricerca. Questo disinteresse non ha contribuito solo alla Fuga di Cervelli dall’Italia ma anche a rendere il paese meta poco ambita da ricercatori stranieri. Le mete preferite di espatrio sono in particolare gli Stati Uniti D’America che investono molto sulla ricerca.

L’istruzione italiana è superiore a quella di molti altri paesi come USA e Cina. Ha un processo formativo più ampio e complesso ma le strutture e gli investimenti non sono adeguati dando vita a questa particolare emigrazione che comporta a persona 800mila€ fuori dal paese.

Il problema è che nel nostro paese non vi è alcuno scambio ma solamente una fuga delle maggiori menti. Ciò non vuol dire solo perdita di persone e denaro ma

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Sembra chiaro che la situazione si stia aggravando ogni anno di più ed è giunto il momento di cambiare le cose.


INTERVISTA CON CERVELLO IN FU

COMMENTI DI ITALIANI ALL’ESTERO

JACOPO BERTOLOTTI

ALESSANDRO

“ Ho conosciuto durante un viaggio una persona che appena andata in pensione è emigrata nelle Filippine… con 600€ al mese ha potuto vivere in una villetta in riva al mare in qualche isolotto. E se accrediti 1.000€ al mese dalla tua pensione ti viene data anche la cittadinanza filippina!! Siamo di fronte ad un fenomeno di migrazione per sopravvivenza con le condizioni impossibili raggiunte in Italia.”

È VERO CHE C’È MERITOCRAZIA ALL’ESTERO?

Prima di poter rispondere ad una domanda come questa, bisogna spazzare via un equivoco purtroppo molto comune. L’”estero” non esiste. Esistono un sacco di paesi diversi che non sono l’Italia. Ciascuno di questi paesi è diverso dall’altro e spesso possono cambiare molto anche solo andando da un lato all’altro di uno stesso paese. Io finora sono vissuto (oltre che in Italia) in Olanda, Francia e Inghilterra e le mie esperienze sono state molto diverse in ciascun luogo. La meritocrazia poi non è una cosa che o c’è o non c’è, tutto o nulla, bianco o nero. La meritocrazia è una scala di grigi e può essercene di più o di meno. La mia esperienza è perlopiù limitata al mondo accademico (università e centri di ricerca), e devo dire che l’Italia è messa abbastanza male in quanto a meritocrazia. Chi ottiene una posizione può essere anche bravo, ma la sua bravura è ininfluente ai fini della posizione. Amicizie, spinte e politica contano molto di più di qualunque capacità reale nel fare il proprio lavoro. Qui in Inghilterra, la meritocrazia è tutt’altro che assoluta. Sapere a chi agganciarsi ha una sua rilevanza. Ma almeno una larga fetta della decisione se darti una posizione o meno è basata su una valutazione il più possibile oggettiva di quanto uno è bravo.Insomma, siamo ben lontani da un sistema ideale, ma paragonato all’italia il sistema inglese è decisamente più meritocratico.

GIUSEPPE

“Sono rientrato in Italia da un anno. Ho fondato una società e creo lavoro nonostante le mille difficoltà. È dura, ma credo che ovunque ci sia da lottare. Tornate quindi e lottate per un’impresa vostra per migliorare quello di cui vi lamentate con le vostre esperienze ed i vostri cervelli. La lamentela fine a se stessa è un vizio molto italiano.”

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È FACILE TROVARE LAVORO NEL CAMPO IN CUI I SEI SPECIALIZZATO?

Altro equivoco di cui sbarazzarsi. Trovare lavoro non è MAI facile. Chiunque vi abbia mai detto il contrario vi ha mentito. E più siete specializzati, più difficile sarà trovare il lavoro che fa per voi. Trovare lavoro come commesso al supermercato è più facile che trovare lavoro come professore universitario. Nel mio caso ho passato circa un anno a girare per l’Europa a fare interviste di lavoro in questa o quella università prima di trovare la mia posizione attuale. E sono stato ragionevolmente fortunato.Se volete fare un paragone con l’Italia, dei miei colleghi che non sono emigrati, praticamente tutti lavorano ancora con contratti a progetto.

LA POLITICA È PIÙ ATTENTA AGLI INVESTIMENTI SULLA RICERCA?

I tagli alla ricerca stanno avvenendo ovunque. Ma non tutti i tagli sono uguali. In Inghilterra (così come in Olanda e Francia) il livello di finanziamento pubblico alla ricerca è ancora tale da permettere di trovare finanziamenti per il proprio lavoro. Non è facile vincere il processo competitivo necessario per ottenere un “grant”, ma d’altra parte questa è una conseguenza della meritocrazia. Poi il 99,9% dei politici non capisce assolutamente nulla di scienza, come dalle altre parti. E questo porta a risultati assurdi e paradossali a volte.


N UN UGA

AUTORI: Giulia Mucci; Nicola Pittera; Michael Senesi Nieri

VALERIO

Come ministri dell’educazione che difendono l’omeopatia o cose del genere. Insomma, non è proprio il giardino dell’Eden, ma siamo ancora a livelli dove si riesce a lavorare.

sona sbagliata a cui chiedere una cosa del genere. Io lavoro e ho sempre lavorato nel mondo accademico. Non ho idea di quanto sia facile o difficile aprire una attività.

LA PAGA È MIGLIORE RISPETTO ALL’ITALIA?

I SERVIZI E GLI ENTI PUBBLICI SONO BUONI?

No. I dottorandi guadagnano decisamente più che in Italia, ma quando si arriva a livello di professore i salari sono uguali, se non più bassi, che in Italia. E chiariamoci, questo è un bene. Uno dei paradossi italiani è che i professori ordinari sono pagati benissimo, mentre dottorandi, post-doc e ricercatori fanno la fame. Qui il dislivello fra il gradino più basso e quello più alto è meno accentuato.

LE TASSE SONO SALATE COME QUA IN ITALIA?

In Inghilterra sono un po’ più basse (non di molto), ma in Olanda sono più alte che in Italia. Questo però non è necessariamente una cosa positiva o negativa. Tutto dipende da cosa uno ottiene in cambio. Il tanto vituperato “sistema sanitario nazionale” italiano non è male per niente se visto da qui. D’altra parte (almeno nella mia esperienza) andare in comune per ottenere un qualche documento è infinitamente più veloce ed efficiente che in Italia. Insomma, il discorso è più complesso di “tasse alte/tasse basse”

PER APRIRE UN’ATTIVITÀ C’È LA STESSA BUROCRAZIA E DURATA CHE IN ITALIA? Ho il timore di essere la per-

“È di pochi mesi fa la scoperta che alcuni pensionati, quelli con pensioni ridicolmente basse, emigrano verso i Paesi dell’Est. Dove con 500€ si vive benissimo. Non solo fuga di giovani e cervelli in cerca di lavoro ma addirittura fuga di chi vuole sopravvivere.””

Come detto sopra, le mie esperienze in comune sono superlative. D’altra parte i servizi pubblici sono iper-costosi e per ottenere una visita medica specialistica devi essenzialmente essere in punto di morte. Altrimenti ti mandano a casa con un’aspirina. Ancora una volta è difficile fare di tutta l’erba un fascio. Ciascun paese ha i suoi lati positivi e i suoi lati negativi. Le cose che funzionano decisamente meglio che in Italia e le cose che funzionano decisamente peggio. L’esperienza di vivere in un posto è data dalla somma di tutte queste cose.

CHIARA

“ Un grande giornalista italiano, Indro Montanelli, intervistato disse: “L’Italia non ha futuro, gli italiani sì ma all’estero perché gli italiani sanno fare tutto e bene e per loro c’è sempre un posto a tavola.” Queste parole di Montanelli mi hanno accompagnato sempre nella vita e sono state determinanti per dare un futuro ai miei figli, all’estero.”

HAI INTENZIONE DI TORNARE IN ITALIA?

Mi mancano tantissime cose dell’Italia. E sono quasi tutte cose a cui non avevo mai dato peso prima di emigrare. Mi mancano i pavimenti piastrellati in casa (qui mettono la moquette ovunque), mi manca la semplicità concettuale di un certificato di residenza, mi manca il bidet in bagno ecc ecc. Però c’è un punto fondamentale: se fossi in Italia sarei ancora a lavorare con contratti a progetto di sei mesi in sei mesi. Qui ho un lavoro a tempo fisso con uno stipendio decente. E non è poco.

FONTI:

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http://www.abruzzoemigrazione.it/e_view.asp?E=25; http://www.italianinelmondo.ws/statistiche-emigrazione-italiana.html; http://www.casoli.info/casoli/ emigrazione/america/index.php?subaction=showf ull&id=1123362752&archive=&start_from=&ucat=3&; http://www.casoli.info/casoli/emigrazione/america/ index.php?subaction=showfull&id=1123362752&arch ive=&start_from=&ucat=3&; http://www.pbmstoria.it/ dizionari/storia_mod/e/e035.htm


Negli ultimi tempi, le diverse economie europee hanno mostrato un particolare interesse nei confronti dei cosi detti settori creativi. Questo trend, riassume lo sviluppo economico sociale che ha colpito l’Europa negli ultimi venti anni. L’avvento delle nuove tecnologie, lo sviluppo d’internet, la globalizzazione, hanno rivoluzionato i processi produttivi, imponendo alle industrie ritmi di sviluppo e di conoscenze sempre maggiori, per poter competere nel mercato internazionale. A complicare ancor di più questo scenario, la crisi economica attuale certamente non ha giovato. Tutto ciò ha fatto si che l’attenzione delle politiche economiche rivolte allo sviluppo dei settori tradizionali, che contribuivano maggiormente all’incremento economico, si spostasse verso la ricerca di nuovi settori in grado di poter generare reddito. In questo modo lo studio condotto negli ultimi anni è andato via via sempre più verso quei valori intangibili dell’economia, come il capitale umano, la ricerca, l’innovazione, il know how, dove si ritiene che provengano le maggiori spinte al progresso

Fonti Creativi.eu, Taftejournal.com, Commissione Europea Autori Gianluca De Vivo, Daniele Palaia

Fatturato nazionale

Valore aggiunto al PIL nazionale

Germania

Francia

126,060

79,724

3,4%

3,4%

7,1%

Regno unito paesi bassi 132,682 3,0%

Spagna

Belgio

33,372

61,333

2,7%

2,3%

Crescita del valore aggiunto al PIL europeo

Grecia

Italia

Norvegia

Svezia

22,174

6,875

84,359

14,841

18,155

2,6%

1,0%

2,3%

3,2%

2,4%

1,7%

6,6%

4,4%

9,0% 7,7% 1,2% 12

7,3%

3,8%

2,6%


economico e sociale. Come si può intuire da alcuni dati, lo European Cluster Observatory Report on Creative and Cultural Industies stima che un 2,7% del mercato lavorativo in Europa sia costituito da persone impiegate nelle industrie creative e culturali e che un un 60% dell’incremento del PIL pro capite sia imputato alla crescita di questo settore. Altrettanto indicativi sono i dati sulla quantità di lavoratori impiegati nelle industrie culturali che Eurostat ha evidenziato nelle sue ricerche. Risulterebbe infatti che la forza lavoro di questo settore è pari a 3,6 milioni, l’equivalente di 1,7% del totale della popolazione attiva, dunque, come emerge dalle diverse analisi, notiamo come il settore creativo contribuisca in modo significativo allo sviluppo sociale ed economico dei paesi membri. Nonostante ciò queste industrie incontrano diverse difficoltà di crescita dovute a un ambiente che muta rapidamente sotto la spinta del progresso tecnologico e della globalizzazione. Questi continui cambiamenti possono offrire importanti vantaggi, come ad esempio la riduzione dei costi di produzione e la diffusione dei nuovi canali di distribuzione, ma impongono al tempo stesso un’azione coordinata sotto diversi punti di vista. Infatti, in queste condizioni, la possibilità di accedere ai finanziamenti rimane una delle maggiori difficoltà. Il settore bancario non ha le competenze necessarie per l’analisi dei modelli di business di questi settori e non riesce a valutarne correttamente le risorse immateriali. Per sostenere lo sviluppo di queste industrie il Dg istruzione e cultura della commissione europea, ha deciso di istituire il programma “Europa creativa”,creando un fondo di circa 1,46 miliardi di euro per sostenere lo sviluppo di queste attività. Come vediamo l’Europa si sta muovendo verso una direzione a sostegno di questa fascia

Nonostante abbiano altissimi livelli di formazione, quasi sempre meno di 35 anni, producano il 5,8 % del nostro Pil e siano il cuore produttivo di oltre 350,000 aziende, spesso non hanno un’identità ben definita. Parliamo, infatti, di un sistema che solo nell’ambito della produzione culturale promuove 2.000 festival, 10.000 mostre - rassegne, 140.000 spettacoli, investe 21 miliardi di euro in attività di comunicazione, produce eventi corporate per 943 milioni con decine di miliardi di fatturato nel design, nell’editoria, nel web e nelle arti. Per non parlare dell’export nel campo tessile e della moda dove la creatività è il prodotto di 27 miliardi di euro l’anno. Certo questi sono dati significativi ma non dobbiamo perdere di vista ciò che si fa tutti

di lavoratori, ma l’Italia si sta comportando alla stessa maniera? Mi piacerebbe rispondere di sì, facendo un elenco di tutte le attività previste dal nostro paese a favore di queste professioni ma purtroppo la realtà appare nettamente diversa e ricca di controversie. L’Italia è la patria dell’arte, il paese della bellezza, qui da noi il “bello” è abbracciato da tante aziende che credono fermamente in questo valore, non come fine a se stesso ma come ideale da trasmettere e diffondere in tutto il mondo. Ma quanto producono le nostre idee? Che valore hanno i nostri creativi? Si calcola che in Italia sono più di 2 milioni i professionisti che operano in tutti i campi di queste professioni , quasi un italiano su 30.

i giorni nel nostro paese, cioè Creare. Creare è ciò che fa questa grande massa invisibile di lavoratori che la nostra nazione non ha mai pensato di tutelare, né di assegnargli un nome ma che ha fatto si che diventassimo quello che magari oggi fingiamo di essere ancora, ovvero simbolo di creatività, bellezza, made in Italy e tante altre cose. Fanno parte di questa moltitudine i creativi per pubblicità, eventi e web, copywrititer, art director, graphic e industrial designer, visualizer, comunicatori, programmatori, ma anche autori, sceneggiatori, registi scrittori, giornalisti, blogger, video maker, artisti,

Settore creativo

2,7% 2,7%

PIL

del mercato lavorativo in europa è costituito da persone imiegate nelle industrie creative.

3,6 milioni è la forza lavoro di questo settore, circa 1,7% della popolazione attiva.

60%

654

dell’ incremento del prodotto interno lordo, è legato allo sviluppo di questo settore.

miliardi è il fatturato del settore creativo rispetto ai 271 miliardi del settore automobilistico.

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fotografi, performer, architetti. Esponenti di un settore che molto spesso nutre migliaia di aziende, contribuisce all’ideazione d’intere filiere produttive e spesso è il pilastro del rapporto tra azienda e consumatore ma nonostante tutto, messi ai margini del mercato del lavoro, in balia di contratti a progetto senza futuro, costretti ad operare da soli in una constante condizione di precarietà, privi di ammortizzatori sociali o incentivi. Se poi nasci donna, le tutele sono ancora minori. Una realtà che confrontata con quella dell’estero risulta imbarazzante. Per non parlare poi della profonda divisione che c’è tra nord e sud Italia. Da una parte il Sud, caratterizzato da una serie di“eccellenze creative”che rimangono delle “cattedrali creative nel deserto”, in quanto, a causa della man-

rischiare di essere presi per eretici. Chi riconosce il valore dei creativi? L’italia li considera una risorsa su cui basare la propria economia? Negli ultimi mesi si è parlato tanto dell’abolizione della storia dell’arte all’interno della scuola italiana. Non volendo entrare nel caso specifico quest’azione però appare un’ennesima prova della mancanza di considerazione per i settori creativi e culturali del nostro governo. Se si vuole ancora credere nella cultura e nella sua conservazione non si può non partire dalla formazione. Essere un creativo ai giorni nostri in questo sistema non è semplice, è fondamentale quindi cominciare a far qualcosa per invertire il senso di marcia. Le idee vanno pagate esattamente quanto valgono, siamo professionisti, non

canza di reti sistemiche, non consentono la diffusione della creatività e dell’innovazione finendo per limitare parte delle potenzialità di cui godono. Dall’altra parte al Centro e più in particolare al Nord, si evidenzia una creatività diffusa che attraverso l’ampliamento di esternalità positive sprigiona un circolo virtuoso che si autoalimenta all’interno dei territori. Le prospettive di ricevere finanziamenti per start up, per la formazione, lo sviluppo tecnologico, sembrano utopia che cresce sempre più se solo si nomina la parola pensione, casi di malattia o maternità. Pensare di poter costruirsi un futuro su questi presupposti dove il contratto a progetto se ti va bene è il tuo migliore amico, non è semplice. Se parliamo poi di tutelare una tua idea o addirittura di realizzarla si può

eterni giocolieri che si divertono a perder tempo davanti ad un pc o a un foglio di carta disegnando fattorie immerse nel verde con mulini al vento e galline parlanti. Certo a volte è proprio questo che alla fine la gente crede di noi però quello che non sa è che avere le “idee” è un conto, ma saperle sviluppare e rendere utili a scopi ben precisi è un altro discorso. Creare legami, coinvolgimenti emotivi, riuscire a toccare la sensibilità della gente emozionano, informando, diffondendo un messaggio non è scontato. Le idee non sono il frutto di un’illuminazione momentanea, dietro quel processo ci sono anni di duro lavoro, di formazione in cui si è investito tempo, passione e capitale. Non è più possibile andare avanti cosi, siamo una risorsa non un peso.

ITALIA

Un italiano su 30 svolge una professione creativa

5,8%

Nord 73,1%

PIL

Sud 9,8%

Divisione dei settori creativi

Cuore produttivo di 350.000 aziende

Fatturato di 80,8 miliardi maggiore di quello della fiat, della pesca e dell’agricoltura sommati assieme.

Centro 17,1%

14


ormai lo tiene ben stretto, l’età pensionabile è stata allungata fino ad arrivare a 66 anni e 3 mesi per i lavoratori dipendenti e autonomi, così come per i lavoratori del settore pubblico. Per avere diritto alla pensione i lavoratori devono alzare i loro anni d’impiego rispetto agli anni passati, questo non porta a favorire il cambio generazionale. La situazione è aggravata dalla decentrazione delle grandi aziende italiane, le quali, cercando manodopera a basso costo, spostano i loro stabilimenti nel est Europa e nella zona centrale dell’ Asia. La Spagna, altro paese in crisi economica, ha trovato fiducia in aziende straniere, come Renault, la quale ha deciso d’investire sugli stabilimenti in questo paese, con l’obiettivo di creare 1300 nuovi posti di

15

15

55%

Inoltre in base ai dati Istat del 2013, possiamo renderci facilmente conto che coloro che hanno più svantaggi in questa situazione sono i ragazzi del centro-sud. La situazione più tragica appartiene alla regione Sicilia seguita dalla Campania, dalla Basilicata e dalla Calabria dove le percentuali risultano quasi raddoppiate rispetto a 30 anni fa, nel dettaglio la provincia con il maggior numero di disoccupati è Napoli con il 36, 6%. Salendo fino al nord, per quanto le percentuali siano inferiori a quelle del sud Italia, la situazione è comunque nettamente peggiorata rispetto agli anni precedenti. La regione che detiene la situazione meno tragica è il Trentino al Adige con il 5,7%. I giovani di oggi per riuscire ad avere la vita che desiderano devono essere pronti a tutto e la loro valigia dev’essere sempre pronta,

10,7% 12,1 %

11,3% 65%

46%

disoccupazione

La situazione lavorativa in Italia è inversamente proporzionale al titolo del film dei fratelli Coen “ Non è un paese per vecchi” . Negli ultimi anni la situazione è andata sempre a peggiorare, specialmente parlando del cambio generazionale. L’allungamento dell’età pensionabile e la crisi economica delle aziende hanno peggiorato ancora di più una situazione che, dalla crisi del “92” non si era ancora mai totalmente sollevata. La disoccupazione in Italia è del 11,3%, e i maggiormente colpiti sono i giovani, soprattutto della fascia 15-24 anni. In questi dati influisce anche il fenomeno dello scoraggiamento, infatti molti giovani non provano a cercare lavoro perché sono convinti di non poterlo trovare. Chi possiede un lavoro

lavoro. Al contrario, l’ Italia non gode attualmente di questa fiducia e, chi ha i mezzi per investire preferisce farlo in altri paesi. Tutto questo influisce, inesorabilmente, sulla creazione di nuovi posti lavoro. Fino a qualche anno fa, tra i banchi di scuola così come a casa, si sentiva continuamente dire: “Ragazzi, scegliete il vostro indirizzo in base alle vostre passioni”. Oggi purtroppo queste parole, se vengono pronunciate, vengono pronunciate con fatica e rammarico. Oggi la disoccupazione giovanile, come abbiamo già accennato in precedenza, ha una percentuale pari al 15,5% e, anche se probabilmente andando avanti con gli anni questo dato potrà leggermente abbassarsi, la situazione è comunque abbastanza scorggiante per i giovani del nostro paese.

occupazione

fotografi, performer, architetti. Esponenti di un settore che molto spesso nutre migliaia di aziende, contribuisce all’ideazione d’intere filiere produttive e spesso è il pilastro del rapporto tra azienda e consumatore ma nonostante tutto, messi ai margini del mercato del lavoro, in balia di contratti a progetto senza futuro, costretti ad operare da soli in una constante condizione di precarietà, privi di ammortizzatori sociali o incentivi. Se poi nasci donna, le tutele sono ancora minori. Una realtà che confrontata con quella dell’estero risulta imbarazzante. Per non parlare poi della profonda divisione che c’è tra nord e sud Italia. Da una parte il Sud, caratterizzato da una serie di“eccellenze creative”che rimangono delle “cattedrali creative nel deserto”, in quanto, a causa della mancanza di reti sistemiche, non consentono la diffusione


non per andare in vacanza, bensì per trovare occupazione anche in altri paesi, come ad esempio in Germania e in Inghilterra, dove la situazione non è critica come nel nostro paese. È necessario sperimentare e adattarsi, senza però essere sottomessi. Quello che accade è che molte aziende chiedono ai giovani laureati di rimanere da loro non come dipendenti ma come stagisti non retribuiti, questo fatto non permette all’economia del lavoro di girare come dovrebbe. Nei settori come quello agricolo, e in altri lavori che richiedono manualità, non vi sono alte richieste di lavoro. Questo va completamente in contrasto con il bisogno di lavoro che vi è nel paese, andando per di più a sottolineare che siamo un paese abituato a stare comodo, seduto dietro ad una scrivania. Tra i giovani di 25-29 anni nel 2012 il tasso di disoccupazione dei laureati del 19% è risultato più elevato rispetto a quello dei diplomati che è del 16,3%. Tra le ragioni ci sono sia il più recente ingresso nel mercato

del lavoro di coloro che hanno prolungato gli studi, sia le crescenti difficoltà generali occupazionali dei più giovani, anche se in possesso di titolo elevato. “Smetto quando voglio” è un film italiano diretto da Sydney Sibilia, che tratta della situazione critica in cui i giovani studenti italiani si ritrovano, non appena laureati. I protagonisti, nonostante siano nei loro rispettivi campi dei “cervelloni”, non riescono a trovare lavoro. Frustrati ed arrabbiati decidono d’intraprendere la poco dignitosa strada della produzione e spaccio di stupefacenti per avere così la possibilità di guadagnare il minimo necessario per avere una vita dignitosa. Il tema viene trattato in modo sarcastico ma purtroppo rappresenta a pieno la triste reltà con cui oggi il nostro Paese deve fare i conti. È necessario rilanciare l’Italia. È necessario che qualcuno cominci a credere nel popolo italiano ma soprattutto nei giovani italiani.

ETÀ DI PENSIONAMENTO

La legge 102 del 2009 ha stabilito che: dal 1o gennaio 2010, l’età di pensionamento prevista per le lavoratrici del pubblico impiego aumenta progressivamente fino a raggiungere i 65 anni.


28 26 24 18 16 14 12 10 8 6 4

17

ETÀ MINIMA IN CUI ANDARE IN PENSIONE

Dal 1° gennaio 2012, i soggetti con anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, possono conseguire il diritto alla pensione anticipata se in possesso delle seguenti anzianità contributive:

A quanto pare bisogna diventare vecchi per lasciare il proprio lavoro! 17

Autori: Dominique Barbieri, Sandro Fagioli, Marta Hofer Fonti: Il sole 24 ore - www.ilsole24ore.com/, ISTAT - www.istat.it/it/


v

La porta a prova di

disoccupati.

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Sei un uomo d’affari stanco di sentirti bussare ogni giorno alla porta dai soliti disoccupati con le loro facce tristi? il tuo ufficio è pieno di curriculum da non vedere piĂš la scrivania?

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RIPARTIRE DA QUELLO CHE ABBIAMO “IN quest’Italia che chiacchiera del solito meno e del poco più, del magna magna e della pastasciutta, di troppo fumo e poco arrosto, si tramanda una leggenda, nota un tempo come “Articolo Primo della Costituzione”. Una leggenda che pressappoco recitava così: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.

19


Paradossale rileggere queste righe oggi, non trovate? Da brividi, in effetti. Perché oggi, parlare di lavoro equivale a parlare di crisi, disoccupazione, precariato, costernazione, vergogna, riforme che non vengono attuate e tanta, tanta fuffa dalla quale non sembriamo più in grado di salvarci (c.f.r. il “Dizionario della crisi equivalente: le parole più in dell’epoca della rassegnazione ”, del quale consigliamo lettura solo in casi di estrema disillusione e amarezza). Eppure, un tempo, il lavoro era concepito come un diritto fondamentale. Un diritto che la Politica, quella con la P maiuscola (sì, come ci piace sottolineare le maiuscole), doveva garantire a ogni cittadino. Un diritto che può renderci uomini e donne liberi, in grado di espletare l’atto più distintivo dell’essere umano: quello del “costruire”. Ci avete mai pensato? Siamo soprat-

ITALIA

A CONFRONTO CON

IL MONDO

tutto costruttori: di pensieri, di relazioni, di una famiglia, di una società. Di una casa in quanto luogo fisico e nucleo sociale. Di valori, di leggi, di coscienza.

Un meccanismo inceppato. Questa è l’Italia dei numeri del lavoro. E quando i numeri pesano, non possiamo che metterci a fare due conti. Soprattutto con la nostra coscienza.

Della nostra dignità. E di futuro, personale e collettivo. Non vogliamo fare retorica. Non vogliamo parlare di stereotipi o dei massimi sistemi. Ci rendiamo conto che sono molte le discussioni sul lavoro, forse troppe. La parola stessa, “lavoro”, è oggi più che mai svalutata: ciò che era un diritto evapora ormai nell’asservimento alle vuote discussioni politiche. Scompare nei battibecchi televisivi fatti di gossip e cerone che soffocano la realtà dei fatti. E svanisce nel lamento continuo che sentiamo al bar sottocasa, sul treno o alla fermata dell’autobus: un lamento che si sedimenta sempre più nell’immaginario collettivo, sino a incancrenire ogni possibilità di riscatto. Quando è successo? Quando si sono fermati gli ingranaggi del lavoro?

4. MEX

3. UAE

2. HK 1. SIN

5. AUS

UN

MECCANISMO

INCEPPATO

I PAESI DEL MONDO DOVE SI LAVORA (E SI VIVE) MEGLIO


FORZA LAVORO IN ITALIA Numero di persone attive considerando i settori lavorativi principali.

32 I MILIONI DI ABITANTI CHE LAVORANO

1 IL MILIONE IN CASSA INTEGRAZIONE

TASSO DI DISOCCUPAZIONE Calcolato dalle fonti ufficiali senza tenere in considerazione la fascia degli incoccupati.

8%

19%

8,6%

IT

ESP

FR

7,9%

5,4%

7,3%

UK

GER

USA

4,3%

5,7%

CHI

E quando ci siamo fermati tutti noi? Il meccanismo si è inceppato, rendiamocene conto. E non possiamo limitarci a incolpare la sola classe dirigente, alla quale imputiamo “ogni cosa che non va”. Certo, non vanno i prezzi troppo alti della benzina, quelli delle uova o delle fette biscottate di Banderas che mangiamo a colazione. Non vanno le strade fatte di buche e dossi, le speculazioni edilizie nelle zone a rischio idrogeologico e i drammi sempre più frequenti che avvengono in casi di sismi e alluvioni: drammi a cui questo debole Stato non riesce a porre rimedio e che i media tacciono parlando del festival o della showgirl di turno. E ancora, non vanno gli stereotipi con cui ci guardano dall’estero: il mafioso mangiaspaghetti coi baffetti e la casalinga che passa il suo tempo a lucidare mobili in attesa del marito pizzaiolo. Eh già, così non va proprio. E ammettiamolo, è anche colpa nostra. Il “tanto per ora va bene” deve finire.

Soffermiamoci a guardare oltre i confini del nostro Paesone. Parliamoci chiaro, che viviate a Firenze o a Milano, non siamo mica in America, come invece vorrebbero farci credere importando modelli di pianificazione economica e sociale anglofili e completamente decontestualizzati. Il confronto, ormai d’obbligo, è impietoso. Non vogliamo annoiarvi con le solite cifre, ma i numeri servono. Vogliamo che questi divengano oggetto di una sana riflessione, una presa di coscienza per ripartire. Non per fermarsi. Il nostro mercato del lavoro è tra i più preoccupanti: siamo il Paese che ha conosciuto dal 2008 il declino più elevato della situazione sociale di chi lavora. E cresce non solo la disoccupazione, ma anche la povertà. In Europa, dal 2008 al 2012 il numero di persone a rischio di povertà ed esclusione sociale è salito di 7,4 milioni: un quarto della popolazione europea (125 milioni) è a rischio indigenza. E assieme a Grecia e Irlanda, l’Italia è

AUS

35% STATI UNITI 33,2% SPAGNA 26% REGNO UNITO 25% CINA 20% RUSSIA

Il dato che tiene conto del 6% di disoccupati non conteggiati. Si tratta del tasso di disoccupazionepiù alto di tutta Europa.

38,6% FRANCIA

15% DI DISOCCUPAZIONE

42% ITALIA

MA SIAMO PROPRIO SICURI? IN REALTÀ...

37,1% GERMANIA

RUS

CH

MADE IN ITALY? SOLD OUT O ILI I EM CC PU

FERRETTI

BUITONI

MOTTA GALBANI

STAR

SASSO

ALGIDA

FENDI

GUCCI

USA DAN IT

RICCHEZZA MEDIA INDIVIDUALE

TASSAZIONE SUL LAVORO

I grandi brand italiani che cedono quote all’estero. Made in Italy: possiamo ancora usare questa espressione?


Da dove ripartire? Siamo circondati da un territorio ricco di possibilità e occasioni. Il nuovo umanesimo è quello che riparte dal concetto di manualità e Qualità, quella con la Q maiuscola.

L’ITALIA BUCOLICA E I SETTORI LAVORATIVI NEL MONDO Settori lavorativi in Italia e negli altri Paesi. Le risorse del settore primario in Italia sono le prime a confronto con le altre Nazioni. Un dato di cui tener conto, pensando a delle possibili politiche economiche per ripartire dal territorio. Settore primario

Settore secondario

Settore terziario

È L’ORA DI RIPARTIRE. which KEYWORD?

USA

SPAGNA

ITALIA

MESSICO

GERMANIA

CINA

REGNO UNITO

RISORSE soprattutto UMANE

uno dei Paesi europei dove la situazione si è deteriorata maggiormente. Siamo l’ultimo paese europeo per tasso di occupazione e il primo per tasso di disoccupazione. E siamo anche il paese con il più alto peso in termini di tassazione sul lavoro. Confortante, no? Nel terzo trimestre dell’anno appena concluso, in Italia i “disoccupati in senso stretto” erano 2,84 milioni. Il tasso di disoccupazione era pari all’11,3% (1,5 punti percentuali in più rispetto a un anno prima e consideriamo che in Ue nel terzo trimestre il tasso dei senza lavoro era al 10,5% in crescita di appena 0,2 punti). Ma dobbiamo considerare questo dato assieme alla percentuale di persone che sarebbero disponibili a lavorare e non cercano lavoro. Chiamiateli inattivi e sfiduciati, l’Italia ne detiene il record: si tratta di 3,3 mln di persone, ovvero del 13,1% della forza lavoro (confrontiamoci con l’1,3% in Germania, il 2,5% nel Regno Unito, il 5,1% in

FRANCIA

Spagna - che comunque ha un tasso di disoccupazione del 26% - e il 10,1% in Croazia). L’esercito degli “scoraggiati”. Per quanto ancora vogliamo lasciarci scoraggiare? Per quanto ancora vogliamo far dire a chi è giovane e intraprendente: “Ripensaci, figlio mio, torna a fare il bamboccione choosy che non ha voglia di lavorare a casa di mamma e papà”? Per quanto ancora vogliamo far dire alle aziende che vogliono assumere: “Ripensateci, come farete poi a pagare tutti? Quasi quasi vi conviene fare come Bulgari o Fiat, vendete quote all’estero e i vostri prodotti Made in Italy resteranno a galla”. Made in Italy. Un tempo sinonimo di eccellenza, di qualità. Quella con la Q maiuscola, la nostra nota distintiva, il nostro punto di forza. Ed è da qui che noi crediamo

di poter ripartire. Ripartire dal territorio che ci circonda, dalla manualità, dal lavoro grezzo delle materie prime. Ripartire dal nostro patrimonio culturale, così sottovalutato dai nostri sguardi, che ormai non ci facciamo neanche più caso. Con una serie di politiche atte a tutelare questi due aspetti. Come un regime fiscale che incentivi i finanziamenti privati in questo settore, che conceda la deducibilità dal reddito anche per le spese culturali di ogni singolo cittadino e che faciliti i percorsi di collaborazione tra pubblico e privato specificando i ruoli in modo netto e credendo nella forza e capacità che questi ultimi hanno e della quale ormai non possiamo fare a meno. O una riduzione di costi per chi assume un lavoratore della cultura, raggiungibile attraverso uno sgravio


TURISMO NEL MONDO: GLI ARRIVI

ITALIA

GERMANIA

SPAGNA

FRANCIA

UK

CINA

RUS

USA

I PATRIMONI CULTURALI: UN’ITALIA CHE SI SOTTOVALUTA

FR

USA

CHI

IT

GER

UK

ESP

PANORAMA CULTURALE ITALIANO L’Italia si attesta tra i primi posti nella classificazione mondiale del patrimonio culturale, seguita da Spagna e Francia. Il tesoro di cui siamo circondati è allo stesso tempo il meno tutelato e il più sottovalutato. All’interno dell’Italia, la Toscana registra assieme al Lazio la maggior concentrazione del patrimonio culturale italiano. RUS

Classifica degli arrivi internazionali per numero di turisti all’anno.

IL TURISMO IN ITALIA: COSA CI INTERESSA DAVVERO?

CULTURA MADE IN ITALY fiscale e oneri contributivi ed assicurativi più contenuti. È innegabile che l’ampio significato del termine lavoro si sia perso nei meandri di una cultura del momento, dell’istante. Viviamo in una società che fa della frammentarietà dei valori e di visioni il suo presente. Una cultura che noi lasciamo proliferare nella rassegnazione allo stato di fatto delle cose, al lamento senza volontà di cambiamento. Alla grigia indifferenza del passante che non risponde al tuo “che ore sono?” noi ti rispondiamo così: è l’ora di ripartire.

NATURA CITTÀ D’ARTE RELIGIONE SPETTACOLO SPORT GIOVANI ENOGASTRONOMIA Stranieri

L’ora di far ripartire il meccanismo che si è incappato. Per farlo, bisogna guardare a ciò che abbiamo. A ciò che siamo.

AUTORI: Isabella Ahmadzadeh, Luca Binetti, Francesca Soldani.

La nostra storia, la nostra cultura. Il nostro patrimonio.

FONTI: www.economy2050.it, wwww.imille.org, www.espansioneonline.it, www.trevisosystem-online.com, www.effemagazine.finanza.com, www.cric.ac.uk, www.giorgiosonnante.altervista.org, www.culturaincifre.istat.it, www.ontit.it.

Abbiamo così tanto da dare.

23

Italiani


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