Il coraggio delle maestre

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A Londra con una classe Quinta Il coraggio delle maestre -Maestra, vuoi vedere come giochiamo a cricket? A scuola non riuscivamo a capire le regole dello sport dal libro di inglese, ti ricordi? - Apro gli occhi pigramente ( avevamo detto “dieci minuti” di relax”, no?), sotto il sole che inonda il prato su cui sono sdraiata e inquadro Francesco in piedi con un bastone in mano. Sullo sfondo il parco di Crystal Palace,Londra, prati verdissimi, querce, la piscina comunale.

- Ok, fate vedere.. Andrea lancia la palla con uno strano movimento circolare, Francesco di fronte la batte con il bastone, qualcuno corre. Non capisco bene cosa stanno facendo e chiedo: - Ma come avete imparato? – E loro rispondono : - Ci hanno insegnato i nostri amici prima, alla scuola Malcolm, durante la ricreazione. - Ma come avete parlato? In che lingua? Si guardano interdetti. – Boh, maè, in italiano.. – No, in italiano no, lo parlano male. E le parole me le ricordo in inglese, hanno detto “ bat” e “ ball” - In inglese, alllora? Bravi! - Boh, maè, italiano ,inglese ,a gesti…tanto ci siamo capiti. Abbiamo imparato a giocare a cricket. Fico, no? Questo dialogo avvenuto l’ultimo giorno di questo specialissimo campo scuola a Londra, rende bene il senso di quello che abbiamo ottenuto facendo gemellare una classe di scuola primaria di Roma, periferia sud est, con una classe della scuola primaria di Penge, periferia sud est di Londra e facendo incontrare i bambini a Londra, dopo 3 anni di corrispondenza e di lavoro in comune tramite il progetto Etwinning prima e Comenius poi. I bambini romani hanno trascorso sei giorni a Londra di cui due nella scuola Malcolm Primary e un altro insieme a visitare la Torre di Londra. Cominciamo dall’inizio. L’inizio è il magico mondo di eTwinning: contatti con la maestra di Londra che insegna italiano e, guarda un po’, sa anche chi era Iqbal Masih: “ per una scuola come la mia, con tanti bambini di origine pachistana, è bellissimo lavorare con una scuola intitolata al loro eroe”. Ci siamo capite al volo e decidiamo subito le attività del progetto che si chiama “ Friendship- Amicizia”. Primi scambi di lettere tra i nostri alunni, foto, video. Dopo un anno pensiamo di allargare il progetto di scambio e collaborazione ad altre scuole e il progetto diventa un Comenius, basato sul lavoro cooperativo a distanza, lo scambio tra classi gemellate e anche la visita reciproca di classi . Gli scambi di lettere, pacchi, disegni, materiale digitale ( presentazioni, video, foto, quiz) , le videoconferenze proseguono intensi. La maestra Anna viene a Roma, viene in classe, ci porta un pacco di Christmas Crackers che facciamo scoppiare nell’aula!Due bambine della classe vanno a Londra con i genitori e passano un giorno nella scuola, conoscendo direttamente bambini e insegnanti . I loro racconti al ritorno affascinano tutti e comincia a maturare l’idea di andare tutti a Londra. . I futuri europei devono cominciare presto a viaggiare, a conoscere altri paesi e altre lingue. Anche se non hanno mai messo


piede fuori da Roma, anche se molti non hanno mezzi economici, anzi proprio per questo. Ci mettiamo, come si dice a Roma “ di punta”. Si analizza la situazione, cominciamo a lavorare sui preventivi, si discute con le famiglie. Le prime reazioni dei genitori sono le più disparate. Da chi “ Bravissime! Magari! Un viaggio a Londra!” a “ Ma quanto ci costerà?” a “ Mai e poi mai, troppo lontano, con l’aereo, figuriamoci!”. Probabilmente però tutti segretamente speravano che le troppe difficoltà ci avrebbero fatto desistere, placando così l’ansia genitoriale. La scuola inglese è pronta ad accoglierci, anche se non in famiglia ( il loro ambiente socio economico è veramente molto disagiato )Avviamo contatti con ostelli e compagnie aeree. Mettiamo insieme un preventivo di massima e decidiamo con la dirigente la quota del budget del Progetto Comenius che può essere data ad ogni bambino. Stando molto attente ai costi riusciamo a preventivare per ogni famiglia una spesa che non supera quella di un’equivalente campo scuola in Italia. L’assemblea dei genitori vede la partecipazione di tutti: sorpresa, decidono tutti, tranne uno ( che poi invece parteciperà!) di far partire i propri pargoli . I mesi che seguono sono caratterizzati da ricerche, spedizioni di decine di e- mail, contatti con la scuola inglese, spostamento di date, delibere, autorizzazioni , bonifici bancari, conversioni di moneta sempre sbagliate ( l’euro, che grande invenzione!) e naturalmente lavoro preparatorio con i bambini, che girano per mesi con la mappa della metro di Londra in tasca. Per una serie di problemi, tra cui la chiusura della scuola inglese per le vacanze del loro “ term” la data del viaggio viene spostata nelle uniche date in cui troviamo posto nell’ostello che risultava adatto e libero ( dopo una serie di sopralluoghi della collega Anna a Londra..): dall’11 al 16 giugno. Partenza l’ultimo giorno di scuola, 6 giorni in tutto, compresi sabato e domenica e giorni di vacanza! Ogni volta che lo diciamo ci vengono in mente i commenti sugli insegnanti statali fannulloni e sugli studenti che pensano solo a non studiare. Dei giorni a Londra ho i miei appunti, una quantità di foto impressionante, almeno dieci video, i testi dei bambini. Una serie di immagini mi torna in mente e le racconto in maniera disordinata. Venerdì - partenza Appuntamento alle 7 di mattina all’aeroporto di Fiumicino. Veramente prestissimo; i bambini hanno dormito poco per l’eccitazione e noi tre maestre poco per le preoccupazioni. Nella sala partenze di Fiumicino capiamo subito che l’idea di comprare a tutti i bambini un cappellino giallo intenso con scritto “ Scuola Iqbal Masih ROMA” è stata grandiosa. Il mucchio giallo e vociante si vede dalle vetrate e sarà sempre facilmente individuabile nei meandri della tentacolare Londra. All’ingresso del check - in ci aspettano hostess Alitalia che ci aiutano nell’operazione ( e allontanano fermamente i genitori che si attaccano ai figli..) Saluti, baci, si passa il controllo di polizia con i documenti bene in vista e via al gate! Solo pochi bambini hanno già volato. Il vocio e l’eccitazione ci accompagnano fino all’imbarco. Ultime pipì e poi sull’aereo. Il volo è tranquillo, il cielo limpido e si può guardare giù. Qualcuno riconosce monti e fiumi. Verifica di geografia.. veramente al volo! Per due giorni, sabato e domenica, giriamo la capitale britannica, visitando musei e camminando tantissimo. Sul Milenium bridge, con i venti cappellini gialli in fila, mi ferma un signore che mi chiede incuriosito chi


siamo, con questo nome strano sui cappelli, una scuola di Roma.. Gli spiego e ascolto per la prima volta il commento che sentiremo tante volte dalle persone che incontriamo: - Brave teachers! – ( che siamo brave è vero, ma in inglese significa coraggiose!)

Sabato La mattina seguente , dopo una colazione veramente all’inglese, tra i gridolini deliziati e i commenti – Mae’ proprio come nel libro! Eggs,bacon, cereals..- E loro si prendono tutto. Federico tutto soddisfatto mi mostra il suo piatto. Ha chiesto alla signora, in inglese, e ha avuto : pancetta, uova, pesce fritto, fagioli, latte e cereali. Sta bevendo la cioccolata calda. Sulla forchetta ha del pesce. Ma il suo sorriso mentre mi dice : - Alla fine gli ho detto Thank you, eh!- mi fa passare subito la nausea. Davanti all’ostello passa il bus. Proprio il red bus a due piani, quello del libro di inglese. Dopo un paio di giorni gli autisti ci riconoscono e salutano i bambini. E a noi maestre il solito “ Brave teachers!” Si va a Buckingham Palace. Aspettiamo che esca la Regina che va a vedere la parata in onore del suo compleanno. E’ nata ad aprile , ma festeggia a giugno. Poi tutti a Hyde Park, dove scattiamo belle foto e pranziamo con i panini forniti dall’ostello e dove Andrea, che aveva già la tosse, si sente peggio . Dopo pranzo ( dei bambini e degli scoiattoli) tutti si mettono a giocare a nascondino. Che idea! Il modo migliore di perdersi qualcuno.. Telefonata ai genitori di Andrea che ci dicono quali medicine prendere ( la pediatra a distanza ci sembra indecisa tra attacco di asma e otite e allora prescrive cortisone e antibiotici e antistaminici…) Per fortuna ( !) la classe è composta da un discreto numero di “ cerotti” cronici che sappiamo partono sempre con loro scorte di medicinali. Li chiamiamo a raccolta tutti. Individuate le stanze in ostello dove trovare antistaminici, cortisone e antibiotici, l’eroica collega Patrizia ferma un taxi, ci carica Andrea ( durante il tragitto proverà a illustrargli i monumenti che vede, ma il poveraccio è stravaccato sul sedile del black cab e non capisce nulla..) e lo porta a letto, somministrandogli una serie di medicine da far invidia al dottor House ( Ecco l’inglese che ci avrebbe aiutato.. quando serve non c’è mai!). Il programma per il resto del gruppo cambia: ce ne andiamo a visitare il Natural History museum, andando a piedi da Hyde Park. Non è stata una scelta felice : la strada è tanta e si passa davanti a Harrods, dove un gruppetto di bambine vorrebbe entrare.. Noi due maestre, rese anche nervose dal pensiero di Andrea e dalla mancanza di caffè, sospingiamo tutti all’ingresso


del museo. Non si paga; sosta ai bagni e via a visitare il settore dinosauri e poi quello della geologia, dove c’è un simulatore di terremoti: una stanza arredata come un supermercato che all’improvviso si mette a tremare, con le cose che cadono! Dopo ci dividiamo in due gruppi, ma ci perdiamo di vista e visitiamo metà museo ognuna di noi con il terrore di aver perso anche qualche bambino. Intanto le notizie per sms da Andrea sono confortanti : dorme, respira meglio. Nel giro ci scappa anche un caffettino per le maestre e bottigliette d’acqua per i bambini. Il gruppone si ricompone davanti al book shop. Meraviglioso! I bambini scelgono, chiedono i prezzi, vanno alla cassa e pagano da soli. In Inglese. Senza chiederci aiuto.. Li osservo soddisfatta. Al rientro in ostello siamo in ritardo per la cena ( il nostro orario è alle 18.45, ci sono altri gruppi di scuole primarie.) Andrea sta meglio, vuole anche mangiare qualcosa. Dopo cena organizziamo la video chiamata con Skype. I genitori si mettono in fila facendo trillare il computer, ma qualche ragazzo non vuole venire al telefono.. hanno troppo da fare nelle stanze, a chiacchierare e a giocare al giochino che ha tormentato noi maestre per tutto il viaggio, una specie di morra cinese che si chiama 007. Alle 22 le maestre alzano bandiera bianca e sbattono tutti a letto. Domenica: lunga camminata ,sbirciamo Downing street, poi un salto alla National Gallery, e arriviamo al British Museum. La visita è stata prenotata da due mesi: anche se gratis, il museo chiede ai gruppi di prenotare l’orario della visita. Abbiamo diritto ai tavolini nell’area pic nic dentro il centro visitatori e a agli armadietti per lasciare gli zainetti. Dentro, dopo la doverosa pausa pipì e caffè, iniziamo la visita. Ecco lo sgranare degli occhi davanti alla stele di Rosetta, lo stupore per i fregi del Partenone sui quali effettuiamo un’attività di ricerca suggeritaci dallo stesso museo . Eh sì, il servizio educativo del British invia materiale didattico ai gruppi di scolaresche che prenotano. Tutto gratis. Nella sala dei Sumeri a un gruppetto salta in mente una cosa: - Lo stendardo di Ur! Quello che abbiamo studiato l’anno scorso! E’ qui, no? – Lo cerchiamo, non lo vediamo. Allora chiedo al sorvegliante, se sa dov’è lo Stendardo, perché sa, questi ragazzi di Roma l’hanno studiato e volevano vederlo. Il sorvegliante abbassa gli occhi all’altezza dei ragazzini e chiede : - Hanno studiato lo stendardo di Ur?? Così piccoli? E’ la prima volta che qualcuno mi chiede di questo pezzo! Bravi!- Purtroppo, ci dice, lo stendardo è in prestito negli USA; per farsi perdonare accompagna i ragazzini davanti alle teche con gli strumenti matematici, i libri di geometria, i righelli dei sumeri e spiega tutto. Dopo il museo i bambini però hanno bisogno di correre e ci dirigiamo verso Bloomsbury park.


Meraviglia tra case vittoriane, verdissimo. In effetti è domenica pomeriggio e passiamo un paio d’ore come autentici londinesi: i bambini a giocare, a guardare affascinati l’espositore di rapaci che fa anche accarezzare a tutti gufi e barbagianni e poi tutti al teatrino dei burattini per il tradizionalissimo spettacolo di Punch e Judy ( una coppia litigiosa, sarebbero Carlo e Alice della Settimana Enigmistica); i bambini guardano senza capire quasi nulla, ma ridono quando ridono gli altri e si guardano intorno quando il burattinaio li chiama a interagire..le maestre sedute al caffè del parco sorvegliano e riposano i piedi. - E’ ora di andare,ragazzi! - Dove, già in ostello?- Ma, no alla stazione di King’s Cross! Cosa c’è di speciale? Beh, è una bella stazione del secolo passato, ferro battuto e mattoncini rossi, ma la cosa che la rende speciale si trova tra il binario 9 e il 10. Platform 9 ¾, il binario da dove si parte per Hogwarts, insieme ad Harry Potter. I londinesi, che sanno sfruttare le risorse turistiche anche quando non c’è niente di speciale da vedere, hanno segato un carrello portabagagli, l’hanno appiccicato al pilone tra i binari 9 e 10, hanno messo sul muro la targhetta 9 ¾ e i turisti fanno la fila per farsi fotografare mentre “ si infilano” nel muro! Ovviamente procediamo anche noi, tutti, comprese le maestre. Lunedì Oggi è il gran giorno dell’incontro con la scuola Malcolm. Andiamo a piedi fino alla stazione di Rotherithe, dove avevamo già acquistato i nostri tickets giornalieri al nostro arrivo. La signora della biglietteria ci riconosce, ci saluta cordialmente e ci fa i biglietti per tutti i bambini. Un addetto della stazione ci accompagna al treno e ci fa salire; lo stesso succederà ad ogni viaggio su questa nuova linea di overground, aperta solo da un paio di settimane. Il tragitto dura 20 minuti; alle 10 siamo già a Malcolm road ed entriamo nella scuola. L’impatto ci confonde un po’: le colleghe inglesi ci mettono un po’ fretta, bisogna uscire subito per andare alla pista di pattinaggio, bambini in fila e andiamo. Il tragitto è un po’ lungo, a piedi e in bus, ma alle 11 siamo letteralmente tutti in pista al centro di Iceskating di Bromley. I bambini si divertono un mondo . Chi non sa pattinare si fa aiutare da chi sa e da subito il gruppo italiano e quello inglese si mescolano naturalmente. Scopriamo in alcuni dei nostri alunni del sud una dimestichezza con il ghiaccio e con i pattini insospettabile, mentre alcuni inglesi sono parecchio incerti e si fanno aiutare dagli amici italiani. Dopo


un’ora e mezzo di giri e cadute, ci rimettiamo le scarpe e andiamo con i nostri sandwiches al parco vicino. Torniamo in bus a due piani a scuola e durante il viaggio i ragazzini inglesi e quelli italiani si mescolano e chiacchierano, ridono, leggono insieme i fumetti italiani che abbiamo portato da Roma. A scuola la direttrice Millie Koza ci accoglie con i suoi smaglianti sorrisi, spiega il lavoro che faranno insieme i ragazzi ( progetto e realizzazione di un cappellino con disegni e scritte sul tema del Global Warming, il riscaldamento dell’atmosfera su cui la classe sta lavorando in questa settimana) e offre alle maestre tè e visita alla scuola. Insieme ai ragazzi visitiamo tutta la struttura e l’annessa scuola dell’infanzia. I bambini lavorano insieme, parlano, interagiscono. Hanno finalmente trovato i loro “ amici di penna” e chiacchierano, chiacchierano. Elena, che non ha mai amato l’inglese a scuola, parla con tutti, spiega, chiede i colori , aiuta gli altri, chiede all’insegnante,alla direttrice. Le alzerò il voto sulla scheda, penso. Martedì andiamo a piedi alla Torre di Londra, passando sul Tower Bridge. La vista sul fiume è bellissima. Nella Torre ritroviamo i nostri amici e visitiamo con una guida vestita da “ uomo del Medioevo” l’esterno della Torre. Sarebbe un “ workshop” cioè un laboratorio: i bambini si aspettavano di simulare una decapitazione, noi maestre almeno una visita all’interno. Ma , come dice Patrizia, per la scuola inglese forse il “ laboratorio” è tale perché i bambini possono fare domande e rispondono alle domande della guida.. Sì, sui metodi “ attivi” e sulla loro applicazione nelle scuole britanniche ci sarebbe da studiare di più. Dopo il pranzo, seduti sul prato sotto la Torre Bianca, ci dividiamo: gli inglesi tornano a scuola, noi prendiamo il battello per Greenwich. Andiamo a vedere il Meridiano. Il viaggio in traghetto entusiasma tutti, la vista è splendida, a Greenwich si attracca vicino al palazzo dove è stato girato “ Shakespeare il love” ( visto tutti insieme a scuola). Si sale nel parco fino al museo del Meridiano, dove tutti in fila saltelliamo per un po’ tra Est e Ovest e ci facciamo le foto. Qui c’è l’unica foto che mi ritrae a Londra: sempre con la fotocamera in mano, ho dimenticato di farmi fotografare. Visitiamo anche il Museo ; sulla strada del ritorno ci fermiamo a fare shopping per i ricordini da


portare a casa. In un vero Newsagents’ ( “ proprio come quello del libro, mae’) contrattiamo l’acquisto di 20 T- shirts a prezzo ribassato.

Mercoledì L’aereo è alle 20, abbiamo tutta la giornata davanti. Prepariamo le valigie, le lasciamo in deposito e torniamo alla scuola Malcolm. I nostri alunni sono inseriti nelle classi e lavorano con i compagni, seguendo tutte le attività. Matematica, musica, l’Assembly alle 10.20 ( dove proponiamo un nostro mini show di danze popolari) , sport nel prato, ricreazione, mensa. Dopo pranzo si scatena il football match England - Italy. Il nostro campioncino Francesco dà del filo da torcere agli avversari, ma le squadre hanno una composizione piuttosto variabile e al suono della campanella i romani si rendono conto di aver perso, ma erano 8 contro 15.. – It was unfair, you are right- ci dice il bulletto londinese che batte il cinque a Francesco e torna in classe. Nel pomeriggio gli inglesi hanno un’attività nella piscina comunale. Li accompagniamo fino al parco di Crystal Palace e li aspettiamo fuori, giocando e visitando le attrazioni ( un museo, un labirinto). Ci stendiamo al sole e quando i nostri amici escono, ci accompagnano fino al treno per il centro. E’ l’ora della partenza. Occhi lucidi, camminano mano nella mano, londinesi e romani. Alla stazione baci e abbracci, ci commuoviamo anche noi maestre. Amicizia, si chiama il nostro progetto, e questa volta il titolo è proprio giusto. Il pullman ci aspetta davanti all’ostello, carichiamo le valigie e partiamo. Sono le 15.45. Il volo è alle 20. All’andata il percorso è stato di 40 minuti. Ci rilassiamo. – Dai ragazzi, in aeroporto ci prendiamo qualche panino e stasera dormite nel vostro letto.- Non abbiamo fatto i conti con il traffic jam e i lavori per le Olimpiadi, già iniziati. Il pullman si blocca. Un muro di auto. L’autista è costernato. E’ tardi, perderemo l’aereo.. Abbiamo prenotato sull’ultimo volo per Roma, sono le 19 e siamo ancora lontani, il volo è alle 20! L’autista compie un ultimo miracolo, alle 19.20 siamo al terminal e ci precipitiamo al bancone. Riaprono il check in per noi ( grazie all’addetto Alitalia che urla: Sono 20 bambini, fateli passare!) e passiamo fulminei, per poi bloccarci al controllo di polizia. Eh già, ci siamo dimenticate di far svuotare gli zainetti dai liquidi. I poliziotti cominciano ad innervosirsi. Uno infila la mano nello zainetto di Giacomo e la tira fuori tutta appiccicata di una melma nerastra..- What is it? – mi chiede fissandomi gelido. – Giacomo, replica pronto: - Si deve essere aperta la boccetta dell’antistaminico. Mi sa che si è mescolata con i pezzi di frutta secca che erano rimasti in fondo. – La frutta secca che ci hanno dato sabato con il pranzo? E’ lì da allora? – Beh, maè, era ‘na schifezza.. Provo a tradurre, il panico mi blocca le parole. Il poliziotto sorride e dice al ragazzino: -Dovrai lavarlo questo zainetto!- Intanto bloccano anche Francesca. Il detector segnala liquidi. La poliziotta apre lo zaino e tira fuori.. una palla di vetro con dentro il Big Ben e la neve che cade! – Francesca,ma che hai comprato! – esplodo – Maè, lo so, avevi detto niente souvenir scemi, ma mia nonna colleziona le palle


con la neve, ma se ci fa perdere l’aereo, la lascio qui.. - Traduco alla poliziotta : - Sorry, it’s a present for her grandma..- Lei guarda gli occhi pieni di lacrime della ragazzina e la fa passare con un sorrisone.. “ Brave teachers! “ commenta. Ci precipitiamo al gate, sono le 20 ( “ l’abbiamo perso, dove li mettiamo, dormiamo in aeroporto, come ricompriamo 23 biglietti, oddio i genitori ci ammazzano, ma chi ce l’ha fatto fare..) e scopriamo che l’aereo Alitalia è in ritardo. Ripreso fiato, riusciamo anche a protestare: - Ecco , i soliti ritardi!- beccandoci le occhiatacce di tutti quelli che ci hanno visto arrivare di corsa. Decolliamo alle 22. Arriviamo a notte fonda, con i ragazzini addormentati profondamente, senza cena, scarmigliati.. I genitori sono tutti lì alla barriera degli arrivi. Baci, abbracci, lacrimucce. Diremo loro solo dopo una settimana che abbiamo rischiato di perdere il volo. Alle 7, dopo 3 ore di sonno, la dirigente mi telefona, buttandomi giù dal letto. – Com’è andata? Tutto bene? Come sono contenta! Ma lo sai come hanno commentato i dirigenti delle scuole della rete di zona, quando ho raccontato che avete organizzato da sole un campo scuola a Londra? Che maestre coraggiose!-


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