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avviando verso l’esperienza “optical”. E chiudiamo la digressione ricordando la lunga serie delle pagine, dimostrative più che pubblicitarie, che testimoniano della pluriennale collaborazione di Grignani con Alfieri e Lacroix, e ,fra i tanti testi in esse integrati, che lui stesso stilava e che quindi noi possiamo leggere come dichiarazioni di poetica, scegliamo per le illuminanti assonanze o radici futuriste quello che suona: “la velocità modifica la grafica / la velocità modifica il colore / la velocità modifica la vviissiioonnee”. Ma è soprattutto l’assenza di un particolare, specializzato e concretissimo strumento metodologico a caratterizzare la corporate identity all’italiana: l’image di Olivetti nasce senza Manual. Inventato negli anni ‘40/50 dagli uffici grafici delle grandi società petrolifere americane, per risolvere i problemi di dispersione comunicativa propri di imprese dalle attività estremamente differenziate, lo studio preventivo di una serie di elementi identificatori grafici e cromatici (marchio, logotipo, colori di bandiera, ecc.) fissati in una specie di specimen, che ne garantiscano la costanza riproduttiva e fabbricativa, accompagnate da una serie di schemi e di norme applicative per i vari programmi di artefatti comunicativi previsti (cancelleria, insegne, interne o esterne, materiale rotabile, materiale propagandistico, ecc.), il manual appunto, entra a far parte integrante del bagaglio professionale di uso universale in contesti non italiani. In area angloamericana il classico caso della cementiera Blue Circe (ad opera di F. K. Henrion), o quello della Westinghouse (ad opera di Paul Rand), oppure in area svizzerotedesca le molteplici prove di Karl Gerstner (autore di di Programme entwerfen) o il caso già citato di Lufthansa (ad opera dell’Istituto “Entwicklung 5” della 15


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