Su patiu n 27

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Notiziario della Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola - Oliena

N. 27 - Aprile 2015

NATI DALLA PASQUA

Come chiesa pasquale si è chiamati ad essere testimoni di speranza con i gesti e la parola

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a celebrazione annuale della Pasqua ci aiuta a riscoprire la nostra nascita come comunità cristiana e la nostra identità di credenti. Da Gesù Cristo innalzato sulla croce, morto e risorto al terzo giorno è nata la Chiesa. “Innalzato sulla croce, nel suo amore senza limiti donò la vita per noi, e dalla ferita del suo fianco effuse sangue e acqua, simbolo dei sacramenti della Chiesa, perché tutti gli uomini, attirati al Cuore del Salvatore, attingessero con gioia alla fonte perenne della salvezza” (Prefazio Sacratissimo Cuore di Gesù). Dopo la Pentecoste, fortificata dal dono dello Spirito, la prima comunità cristiana si riuniva ogni settimana per celebrare la Pasqua. Il frutto della Pasqua è, precisamente , lo spirito di comunione. La Pentecoste genera nei discepoli un solo cuore e una sola anima (At 4,32). L’immagine della comunità delle origini, nata dalla Pasqua di Gesù è questa: “Essi erano assidui alla predicazione degli apostoli, alle riunioni comuni, alla frazione del pane e alle preghiere” (At 2,42). Sono le note fondamentali di ogni comunità cristiana, la sorgente a cui attingere in ogni tempo. Da qui l’esigenza di recuperare i tratti salienti della nostra identità e dell’appartenenza a una comunità, la cui storia, le cui tradizioni, la cui cultura, affondano le radici nell’evento pasquale. Dando uno sguardo intorno a noi ci si accorge che una mentalità e uno stile pagano, cioè non cristiano, si è abbondantemente diffuso. In modo particolare è l’istituto della famiglia che è stato messo in crisi con il diffondersi di

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modelli e di visioni culturali estranei al nostro patrimonio e quando la famiglia perde la sua identità è la comunità nel suo insieme che viene snaturata. Nel suo viaggio nelle Filippine Papa Francesco ha ricordato con chiarezza il tentativo arrogante e continuo di colonizzazione culturale e ideologica che cerca di distruggere la famiglia, derubando i popoli della loro identità. C’è un capovolgimento dei valori dove l’effimero viene anteposto all’essenziale, dove il valore della vita, in tutte le sue espressioni, viene conculcato, dove la stessa legge naturale viene messa in discussione. La Pasqua ci invita a riscoprire il vero umanesimo, cioè quello che veramente conta per ogni uomo. Come Chiesa pasquale si è chiamati a essere testimoni di speranza con i gesti e la parola. “Ma la parola si genera nel silenzio, nell’attiva profondità della contemplazione. Una Chiesa pasquale presuppone l’Eucaristia che è donazione, servizio e morte. Nella pienezza del silenzio e nel cuore della croce nascerà la Chiesa della Pasqua”. Una chiesa in missione, sorretta dalla preghiera, che sperimenta la sofferenza, che “soffre con chi soffre, si apre alla fraternità responsabile, si getta con coraggio nelle sfide del presente”, che si sente invasa dallo Spirito per rendere testimonianza della risurrezione “fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). A tutta la Comunità, amche a nome di don Puddu, i più cordiali auguri di Buona Pasqua.

www. parrocchiaoliena.it

Don Giuseppe Mattana

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Cronaca di vita parrocchiale

Cronaca di vita Parrocchiale Avvenimenti vissuti nella nostra comunità dal mese di novembre 2014 al mese di marzo 2015

Il 4 novembre, alla presenza delle autorità civili e militari, vengono ricordati i Caduti di tutte le guerre. Dal 9 al 14 novembre il Parroco è agli Esercizi Spirituali presso la Casa “Divin Maestro” ad Ariccia. Il 16 novembre si svolge nel santuario di Monserrata la Festa del Ciao da parte dei ragazzi dell’ACR parrocchiale. Il 17 novembre si svolge a Nuoro, presso la Parrocchia del S. Cuore, l’incontro formativo per i Catechisti. Il 25 novembre si svolge a Nuoro, presso la Parrocchia S. Giovanni Battista, l’incontro formativo per i Ministri Straordinari della Comunione. Il 14 dicembre, con la celebrazione della S. Messa, viene ricordato, da INDIRIZZI e NUMERI TELEFONICI Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola Piazza Collegio, 7 - 08025 OLIENA (Nu) Tel. e Fax 0784.285655 mail: p.santignazio@tiscali.it web: www.parrocchiaoliena.it Don Mattana tel. 0784.285655 - 340.7661593 Don Puddu tel. 0784.288707 Per le vostre eventuali offerte: Conto Corrente Postale n. 13151071 intestato a: Parrocchia S. Ignazio di Loyola - Oliena

parte del gruppo scout Oliena 1, il 20° Anniversario della posa della Croce presso il Monte Corrasi dono di Giacinta Bettarelli e Antonello Puligheddu e collocata con la preziosa collaborazione del gruppo. Con l’inizio dell’Avvento parte l’iniziativa “Adotta una famiglia” per andare incontro alle necessità materiali di tante persone della comunità. Il 15 dicembre si riunisce il Consiglio Pastorale Parrocchiale. Il 16 dicembre inizia la Novena in preparazione alla Solennità del Natale. Dal 26 dicembre e per tutto il periodo dele vacanze natalizie, i ragazzi dell’ACR visitano i malati e gli an-

NOTIZIARIO della Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola - OLIENA

Aprile 2015 - n. 27

Direttore Responsabile: GIUSEPPE MATTANA Gruppo Redazione: ANTONELLO PULIGHEDDU, PEPPINO NIEDDU, FRANCO GARDU, FRANCESCO PALIMODDE, FRANCA MASSAIU, MATTIA SANNA, GUGLIELMO PULIGHEDDU Grafica: Antonello Puligheddu - Stampa: Arti Grafiche Su Craminu - Dorgali Iscrizione Reg. G. e P. N. del Trib. di Nuoro n. 03/2004 del 20 Ottobre 2004

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ziani della parrocchia, portando loro l’immagine del Gesù Bambino. Il 31 dicembre viene celebrato il TE DEUM di ringraziamento al termine dell’anno trascorso. In questa circostanza il Parroco Don Giuseppe Mattana lancia l’iniziativa per la raccolta di fondi in vista del restauro della Chiesa Parrocchiale.” Nella circostanza odierna voglio anche lanciare l’iniziativa per contribuire al restauro della Chiesa Parrocchiale. È innegabile che abbia bisogno di essere ripulita e resa più dignitosa, riportandola alla sua dignità e al suo splendore. Il progetto di restauro è già stato approvato dalla Commissione della Conferenza Episcopale Italiana che ha deliberato una parte del finanziamento. L’altra parte la dobbiamo mettere noi giacché non sono andate a buon fine pag. 2


Cronaca di vita parrocchiale le richieste di finanziamento da parte Il 15 gennaio si svoldel Comune e della Regione. Dob- ge il primo incontro biamo avere l’orgoglio di provvedere formativo con i genoi. La proposta che nitori dei SONO TORNATI ALLA faccio, già esposta e bambini approvata dal Con- CASADEL PADRE: e ragazzi siglio Pastorale, è 2014 delle vache ci siano almeno Paolina Catte rie classi Pietro Maria Bettarelli mille persone che Sebastiana Boi di Cateper due anni si im- Lucia Puligheddu chismo. pegnino a donare Anna Rosa Carboni cinque euro al mese Giuseppe Puddu Il 18 genfacendo riferimen- Giovanna Maria Mameli naio ha to a un gruppo di Giuseppe Salis inizio il persone volontarie 2015 Corso parLussorio Pinna che provvederanno rocchiale a raccogliere men- Mariantonia Cattide di prepasilmente questa Francesco Pisanu razione al Nicolò Boi quota. Mi sembra matrimoLeonigia Maricosu una cosa fattibile, è Francesca Mula nio. un modo per sentir- Marcello Canudu si corresponsabili Giovanni Maria Boi Il 6 febdi un bene che è di Francesca Mastroni braio si tutti e che appartie- Lussorio Fele riunisce il Consiglio PaGiovanni Battista Puddu ne a tutti”. storale Parrocchiale. Mariangela Lapia Pietrina Fadda Mariantonia Cossu Paola Salis Salvatore Fele Annunziata Puligheddu Mariantonia Maccarrone Giovanni Fele Giovanni Puligheddu Francesco Cancellu Giuseppe Cattide Antoniangela Boi Mariantonia Picca Giovanna Corrias Michela Rosa Solinas

Il 5 gennaio, nella Chiesa Parrocchiale, viene eseguito il Concerto “Filando stupori nei cieli”, canti, suoni e racconti di Natale sotto i cieli di Sardegna e di Sicilia. “Partendo dal nutrito patrimonio culturale e musicale ispirato dalla Natività, il Concerto si è sviluppato intorno alle proiezioni di Francesco Casu, un’opera di video arte dove lo sguardo contemplativo esplora il tema del presepe affrontato con maestria dall’artista Maria Lai”. Presenta il Concerto Ottavio Nieddu.

L’8 gennaio si svolge a Nuoro, presso la Parrocchia S. Giovanni Battista, il secondo incontro formativo dei Ministri Straordinari della Comunione, tenuto da Don Carmine Arice, Direttore dell’Ufficio Nazionale della Salute presso la C.E.I. pag. 3

L’8 febbraio si svolge la prima questua da parte del Comitato N.S. di Monserrata.

millucci, Pasqua Rosa Corrias, Mariuccia Manca, Caterina Boi, Grazia Boi, Pasquina Boi, Maria Deledda, Cicita Masala. A loro, per il prezioso servizio, la gratitudine di tutta la comunità

Il 4 marzo si riunisce la Commissione Caritas per un esame e una verifica Il 10 febbraio, con la ce- delle attività e per prendere atto delle lebrazione eucaristica di dimissioni del Direttore della Cariringraziamento, vengono tas Camillo Cammillucci, a cui va la ricordati i cento anni di gratitudine di tutta la comunità per il zia Bonaria Salis. prezioso lavoro svolto fin dalla nascita della Caritas, per la sua testimoIl 21 febbraio, con un in- nianza e per la passione che ha profuconso a vantaggio dei più SONO STATI BATTEZZATI t r o bisognosi. Nello stesIN CRISTO: di preghiera, ter- Giovanni Giuseppe Gardu so tempo il Parroco ha mina il Corso di Sofia Pala proposto la costituziopreparazione al Adele Murgia ne di una equipe orgamatrimonio. nizzativa per portare Mayra Catte Sara Fele avanti l’attività della Il primo marzo, Elena Salis Caritas parrocchiale, nella Chiesa Cat- Giovanni Pulloni i cui membri sono: Angelica Pulloni tedrale, Mons. Giampiero Sanna, con Mosè Marcia con- Alessia Maria Corbe il ruolo di Direttore, ferisce il mandato Giorgia Corrias Giovanni Grina, AnMaria Piera Malatesta ai Ministri Straortonia Manca, Gesuino Adriano Tanda dinari della Co- Andrea Massaiu Mula e Piero Carrus. munione. Per la nostra parrocchia Dal 6 all’8 marzo si rinnovano il mandato: Camillo Cam- svolgono le Sante Quarantore.

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Spazio Associazioni

Azione Cattolica: Giornata della Pace La giornata ha inteso promuovere il rifiuto di ogni guerra e conflitto, valorizzando il dialogo e il confronto

Anche io sono Nazareno”. È forse questo lo slogan, all’interno del quale l’Azione Cattolica di Oliena ha voluto racchiudere il significato profondo dell’ultima giornata della pace, celebratasi lo scorso 1 febbraio. Una giornata, che ricorda, da un lato, attraverso questa espressione dal forte carico simbolico, i cristiani vittime di persecuzioni e ingiustizie, di intolleranza ed esclusione nel mondo. Un tema, purtroppo, riportato all’attualità quotidianamente dagli organi di informazione, che riemerge con brutale concretezza soprattutto in quei Paesi dove il fondamentalismo islamico sta facendo proselitismo e disseminando odio e violenza. La giornata ha inteso promuovere, d’altro canto, il rifiuto di ogni guerra e conflitto, valorizzando il dialogo e il confronto, la discussione e la riflessione. Aspetti questi ultimi trattati nell’emozionante ricordo dell’episodio bellico della BosniaErzegovina, raccontato nelle parole e nei versi di Antonio Massaiu, ufficiale dell’esercito italiano in servizio in quelle aree, a partire dal 1996. A pochissima distanza dalla chiusura degli scontri armati. “Ho visto bimbi scalzi camminare sul ciglio di strade dissestate e salutare incessantemente co-

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lonne di soldati stranieri, sperando di ricevere un pezzo di cioccolata”. È la raffigurazione struggente dei bambini quella che emerge. Dei più piccoli, le prime vittime di una insensata scia di sangue. A quei tempi, i protagonisti dell’emozionante composizione erano poco più che coetanei della stragrande maggioranza dei partecipanti alla recente manifestazione. E ai più piccoli, infatti, in particolare, che si è voluta intitolare questa bellissima iniziativa, risalente a qualche settimana fa. A loro era rivolto l’invito di coltivare la

pace. E sempre a loro veniva assegnato il compito di piantarla e curarla, per mezzo di piccoli vasetti, nei quali erano state collocate alcune matite molto speciali. Matite che hanno depositato sul terriccio, poco a poco, alcuni semi. Semi che si trasformeranno in germogli e andranno, giorno dopo giorno, riempiti di attenzioni e premure. Ad ogni classe delle varie scuole olianesi ne è stato, poi, donato un esemplare. Così come ad ogni associazione laica o religiosa del paese. Acquistandole, inoltre, si è dato un contributo importante a favore di progetti di sviluppo, rivolti alle popolazioni povere dello Stato del Burkina Faso. Nell’allegoria di un gesto apparentemente senza valore si è già racchiuso, insomma, un risvolto concreto.

Mattia Sanna pag. 4


Spazio Giovani

Gli adolescenti sulla Pasqua

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Cristo offre a tutti la possibilità di fermarsi a riflettere. Ma i nostri adolescenti cosa ne pensano?

mille impegni della vita di ogni giorno a volte non ci permettono di fermarci ad ascoltare e parlare con i nostri ragazzi. Il mondo di oggi li bombarda di immagini e di voci spesso inutili, inebriandoli di frivolezze camuffate da falsa felicità, facendo passare l’idea che la violenza e la sopraffazione del più debole siano una via per affermare sé stessi. Cristo con la Quaresima offre non solo a noi adulti, ma anche ai nostri ragazzi, la possibilità di fermarsi a riflettere sul come si stiano affacciando alla vita e dà loro modo di individuare ciò che impedisce di essere veramente felici. I quaranta giorni che precedono la Pasqua sono un tempo in cui Gesù chiede di rinunciare ad alcune cose per capire il vero valore delle azioni compiute e per chiedersi chi e che cosa sia importante nella vita. Chiede di togliere un po’ di tempo alla TV, ai videogiochi, ad internet e ai social network per dedicarlo a sé stessi, per fermarsi a pensare, a pregare, per scoprire Gesù come amico e darGli del “Tu”, per dedicarlo agli altri e capire il valore dell’amicizia, dello stare insieme e del dono. Insegniamo dunque ai ragazzi, con l’esempio di una vita vissuta più che con parole che si perdono nel vento, che la Quaresima non è un tempo triste, ma di ricerca che porta alla gioia vera e non effimera, cioè allo stare bene con sé stessi e con gli altri. Per intraprendere questo percorso di cambiamento,

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condizione necessaria è il silenzio e lo scoprire il significato del digiuno, della rinuncia, della penitenza, del perdono, della carità e del servizio, come via per arrivare a dare un senso alla vita e alla morte. Ma i nostri adolescenti cosa pensano di tutto ciò? Ilaria: -Il Natale rappresenta la nascita e quindi siamo spontaneamente portati ad essere gioiosi e spensierati, mentre alla Pasqua ci si arriva dopo un periodo difficile che è dato dalla Passione di Cristo, ma dopo la morte c’è la risurrezione, quindi la vita e la gioia. Penso che il digiuno o la rinuncia, anche delle piccole cose, serva ad immedesimarsi nel Suo dolore e quindi ci porta a capire meglio le nostre difficoltà per poi prepararci alla gioia della Pasqua. Credo che il momento più toccante di questo periodo di Quaresima sia l’Adorazione, per cui farò di tutto per viverlo. Stefano: -Penso che la Pasqua, rispetto al Natale porti maggiormente alla riflessione, ma non credo che il digiuno, la rinuncia siano praticate dai ragazzi. Non penso che siano molto efficaci, magari sarebbe opportuno rivedere l’uso dei social network, anche se io personalmente li frequento poco-. Sebastiano: -Oggi si dà meno valore alle cose, secondo me molti ragazzi pensano che sia inutile rinunciare a qualcosa che possono avere senza nessuna difficoltà. Certo se riflettessimo solo un po’ ci renderemmo con-

to che molte persone non hanno neppure i beni primari e noi ci stufiamo del superfluo. Quindi questo tempo di Quaresima e la Pasqua può esserci utile per essere solidali e vicini agli altri. Antonello: -Da non credente per me la Pasqua è una festa come un’altra. Il digiuno e le altre pratiche dei credenti, se a loro fanno star bene con sé stessi, perché no, rispetto le scelte di ognuno. Temo che talvolta siano solo un modo per giustificarsi, per apparire più che essere buoni cristiani-. Ascoltiamoli dunque, facciamo tesoro del loro punto di vista e con un dialogo costruttivo aiutiamoli a capire che la Pasqua non è semplicemente un evento o una festa come un’altra, ma nasce dalla certezza che Gesù crocifisso è davvero risorto, “(...)perché cercate tra i morti Colui che è vivo? Non è qui è risorto” (Luca 24,5-6). Anche l’uomo, quindi, è chiamato per sempre alla vita. La Chiesa si prepara più intensamente a far propria questa verità, durante la settimana santa, con i suoi riti e le sue funzioni che non sono solo pratiche esteriori legate alla nostra tradizione, ma un viaggio intimo che ci conduce al giorno di Pasqua in cui si ha la vittoria definitiva della vita sulla morte. L’etimologia della parola “pasqua” significa “passare oltre”, è il passaggio del Cristo oltre la morte, è la necessità per l’uomo di passare dalla tristezza alla gioia, dalla mortificazione dei valori spirituali e morali alla generosità e alla grandezza d’animo, infine dalla morte all’immortalità. La Pasqua è la rinascita a nuova vita, è rinnovamento di noi stessi pur nella continuità dell’esistenza, è l’annuncio del Cristo che dona gioia, che ama, che porta il suo messaggio di compassione e solidarietà agli uomini, e dà la speranza di un domani migliore. La Risurrezione di Gesù è quindi “passaggio” e liberazione da qualsiasi limitazione e da ogni schiavitù e persino dalla morte, che porta alla vita che dura per sempre . Bastianina Canudu

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Approfondimenti

“Si chiamava Gesù” La “Buona Novella” di Fabrizio de Andrè

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abrizio De André (Genova 18 febbraio 1940 - Milano 11 gennaio 1999) è considerato, a ragione, uno dei più grandi cantautori italiani di tutti i tempi. L’amico d’infanzia Paolo Villaggio lo chiamava affettuosamente “Faber”, riferendosi alla FaberCastell, la sua marca di pastelli e matite preferita; appellativo usato oggi anche dalla miriade di ammiratori e cultori sparsi in ogni dove. In quattro decenni di attività artistica De Andrè ha prodotto 13 album, percorrendo straordinari viaggi nei sentieri di quei “mondi” dai quali la maggior parte dei cantautori italiani si sono tenuti ben lontani e che invece, grazie ai suoi testi sono divenuti veri e propri affreschi di poesia popolare. A conferma di ciò molti di questi oggi sono inseriti nelle antologie scolastiche di letteratura moderna. Tra i tanti temi che De André ha affrontato nella sua lunga carriera, di particolare interesse sono quelli dove esprime la sua visione religiosa e che in questi giorni di Quaresima meritano un piccolo approfondimento. Già nel suo primo album, Volume 1 del 1967, De André tratta l’argomento con tre composizioni: Preghiera in gennaio (dedicata all’amico Luigi Tenco), Si chiamava Gesù (brano censurato dalla RAI ma paradossalmente osannato e trasmesso da Radio Vaticana...), e Spirituals; in quest’ultima troviamo i primi germogli di quelle tematiche che verranno riprese con ben altra ampiezza nell’ album La Buona Novella del 1970, basato sulla storia di Gesù Cristo raccontata dai Vangeli apocrifi; in particolar modo il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo arabo dell’infanzia. Diciamo subito che “apocrifi” non vuol dire “falsi”, come una scuola di pensiero equivoca nel tempo ha indotto a credere. Il termine deriva da una parola greca che significa “tenuto lontano, nascosto”. Non molti sanno che questi documenti (cinquanta dell’Antico e circa cento del Nuovo Testamento) sono fonte inesauribile di nomi e notizie entrati nell’uso comune e, anche se non ufficialmente, di fatto accettati dalla Chiesa stessa. Una delle peculiarità dei Vangeli Apocrifi è la tendenza a “umanizzare” i

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personaggi, specialmente Maria e Gesù, contrariamente ai classici dove ci si focalizza sulla predicazione e sulla Passione del Cristo, accennando solo di sfuggita all’infanzia del Messia e di sua Madre. E’ con molta probabilità questo aspetto ad aver innescato il desiderio di De André di mettere in musica La Buona Novella, ed ampliare il discorso avviato qualche anno prima con Si chiamava Gesù. L’originaria idea di produzione venne a Roberto Danè, arrangiatore, paroliere e regista televisivo che inizialmente voleva realizzarla con Duilio Del Prete. Fu invece -per fortuna- il discografico Antonio Casetta che suggerì di proporla a De Andrè, dicendo allo stesso Danè...”Sa, Fabrizio in questo periodo è un po’ in crisi, non sa cosa fare...”. Oggi noi posteri dobbiamo essere profondamente grati a Casetta per questo consiglio. La Buona Novella infatti è, senza ombra di dubbio, uno dei più significativi concept album nella storia della musica d’autore italiana, sia per la poeticità dei testi che per le melodie, superbamente arrangiate da Gian Piero Reverberi e impeccabilmente eseguite dall’allora semi-sconosciuto gruppo de I Quelli, che poco tempo dopo avrebbero cambiato nome in Premiata Forneria Marconi. Lo stesso De André ha sempre considerato questo disco una delle sue opere migliori, scaturita da un coinvolgimento e da un’ispirazione profonda. Durante il memorabile concerto al Teatro Brancaccio di Roma del 14

febbraio 1998 in proposito disse: “Considero i Vangeli, sia quelli ufficiali sia quelli apocrifi, come il più bel libro d’amore mai scritto. Ho composto La Buona Novella in pieno ‘68 e credo abbiano una grande carica rivoluzionaria. Peraltro trattano di lotte che sono state già sostenute duemila anni fa dal più grande rivoluzionario della Storia, Gesù Cristo.” Altro tratto distintivo questa pietra miliare della musica cantautoriale italiana è la carica di umanità che traspare dai personaggi cantati; sia perchè già tali sono nei Vangeli aprocrifi sia perchè questa fu un’esplicita e consapevole scelta dell’autore. La figura di Giuseppe, trattata molto di sfuggita nei testi ufficiali, è resa qui più concreta e vicina; inoltre nella poesia del cantautore genovese non c’è traccia della vita di Gesù durante gli anni dell’infanzia, dei miracoli e della predicazione. Malgrado come già detto si sia ispirato ai Vangeli apocrifi, Fabrizio De André passa direttamente dalla natività del Cristo alla sua Passione; ma allo stesso tempo la presenza di Gesù si avverte in tutto il disco. “Cristo non appare mai ma c’è sempre -ricordava Faber anni dopo; egli è il filosofo anarchico, il profeta dell’amore universale che da dietro le quinte determina il tutto. Quello che ho cercato di narrare ne La Buona Novella -diceva- è un Vangelo rivisto da un non credente, come quello di Pasolini nel Vangelo Secondo Matteo. Non per niente Pier Paolo lo dedicò a Giovanni XXIII, un papa così anomalo da sembrare addirittura un uomo comune.” Paqujto Farina

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Vita parrocchiale

Il comitato di Monserrata

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Un gruppo affiatato nel quale si cementano relazioni che diventano amicizie che proseguono nel tempo

l comitato intitolato alla Beata Vergine di Monserrata accoglie l’ingresso delle nuove coppie. Tre sono stati gli ingressi di quest’anno. Piercosimo Piras e Gianfranca Cacceddu, Franco Lostia e Antonella Fois, Graziano Mastini e Cosima Carroni vanno ad aggiungersi a quei coniugi, che hanno maturato l’esperienza di un biennio o di un triennio, come, ad esempio, Tonino Solinas e Giuseppina Sanna, Andrea Ticca e Antonella Ghisu, Gianluigi Gardu e Graziella Massaiu, Franco Bastiano Manconi e Antonella Carai, Antonio Pulloni e Annamaria Gabbas, Domenico Garippa e Sara Picca, Tonino Corbeddu e Anna Puligheddu. E proprio questi ultimi sono stati individuati per rappresentare e coordinare le attività dell’associazione religiosa, fino al prossimo rinnovo. Durante i diversi anni di servizio pastorale a Oliena, il parroco don Giuseppe Mattana ha voluto mantenere l’impronta familiare, confermando quel forte carattere di unione, quell’affiatamento e quella dimensione affabile, che rappresentano la fortuna e il segreto di un gruppo decisamente sui generis. La particolarità del sodalizio probabilmente può rintracciarsi nella condivisione di lunghi mesi di lavoro e impegno zelante, nel corso dei quali si costruiscono e si vanno a saldare i rapporti personali, anche quando non ci si conosceva affatto. Si vanno pag. 7

a cementare, insomma relazioni prima inesistenti, creando feeling e amicizie, che permangono e proseguono nel tempo. Anche dopo la fine di questa meravigliosa esperienza. Ci si rincontra in tanti momenti lieti, in parentesi conviviali, in occasioni speciali. Ci si rincontra perché è come non essersi mai lasciati, sentendosi ancora parte di un legame e di un senso di appartenenza divenuti indissolubili e fortissimi. Descrivere il significato di quel legame è difficile. Capirlo dall’esterno è, ancora di più, arduo. Forse perché raccontare qualcosa di straordinario, di bello, di sconvolgente, facendo comprendere con trasporto ed emozione la chiara definizione di un fatto, di un argomento o di una storia, risulta sempre particolarmente complesso. Per molti, troppi versi irrealizzabile. Ci si deve accontentare, allora, di suggerire, di indurre l’interlocutore a percepire un qualcosa che si av-

vicini, seppur lontanamente, alla sostanza, al contenuto o alla sintesi di quel significato, di cui si è già parlato. Partendo da ciò che si vede e si intuisce immediatamente. Nel corso dei dieci giorni delle celebrazioni, in onore della Madonna nera, il dinamico gruppo di sposi è chiamato a gestire i diversi momenti della festa, dall’accoglienza dei pellegrini al soggiorno dei novenanti, ospitati nelle caratteristiche “cumbressias”, dall’animazione, alla preparazione delle letture e della liturgia. Rinnovando e valorizzando, spesso, antiche consuetudini, fatte di ospitalità semplice e spontanea, da buoni padroni di casa. Usanze e abitudini, verso le quali gli olianesi mostrano sempre un particolare attaccamento.

Mattia Sanna

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Opere Parrocchiali

Art Bonus: Il cittadino mecenate custode del patrimonio culturale collettivo Una nuova sfida per gli amministratori comunali.

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’iniziativa del parroco don Giuseppe Mattana di indire una raccolta fondi per il restauro conservativo, la manutenzione e la pulitura della chiesa primaziale dei gesuiti, ha trovato un ampio consenso fra gli olianesi ed un eco positivo anche fuori Oliena. Una rete che mobilita centinaia di persone e consente di raccogliere mensilmente somme cospicue. Somme che unite al rilevante contributo dato dalla CEI, (Conferenza Episcopale Italiana) consentiranno l’esecuzione dei lavori nella chiesa parrocchiale. Un’altra occasione per gli olianesi per dimostrare la loro generosità. Non che ce ne fosse bisogno. La generosità, l’altruismo, il senso di solidarietà sono, di fatto, ben radicati nella nostra comunità. Né sono un segno distintivo. Testimoniato, in modo convincente, dai tanti giovani e meno giovani impegnati nell’associazionismo e nel volontariato. Sono valori questi che non vanno abbandonati, ma incoraggiati e sostenuti. Valori che affondano le loro radici nel vissuto di ogni famiglia olienese. Ad incrementare e rendere ancora più proficua tanta buona volontà, basterebbe che l’Amministrazione comunale facesse proprio il Decreto legge n.83 del 31-5-2014, convertito in Legge il 29-07-2014 n.106, pubblicato sulla GU n. 175 del 30-7-2014. Tale decreto prevede la deducibilità del 65/% delle donazioni devolute per il restauro di beni culturali pubblici: chiese, monumenti, biblioteche, archivi, ecc. La chiesa parrocchiale è un edificio pubblico e come tale può essere indicato come primo in una lista che potrebbe comprendere gli archivi, i musei, i libri antichi e tanto altro ancora. Gli olienesi possono così, guadagnandoci, cimentarsi in una gara collettiva per adottare di volta in volta un singolo progetto. Una strada che va tentata, non fosse altro che per rinsaldare i legami dei cittadini con la cultura. Ma è un modo anche intelligente di pagare le tasse quando si compila il 730 o il modello unico. Gli olianesi

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possono decidere di destinare alla causa la cifra che vogliono, poniamo 100 euro, di cui 65 li scaricheranno dalle tasse in tre anni. Per le persone fisiche, il credito d’imposta ha il solo limite del 15 per cento del reddito imponibile. Per le aziende, il limite è il 5 per mille dei ricavi annui. In Francia nel corso del 2013 sono stati raccolti in questo modo oltre due miliardi. Scommettiamo anche noi sulla cultura. Sarà arricchente per tutti e conserveremo il nostro patrimonio culturale per le future generazioni. Per intanto continuiamo a lavorare per sensibilizzare sempre più persone a sostenere l’iniziativa in corso. Ogni altro sostegno è ben accetto, ed è auspicabile l’allargamento della platea attuale per dare continuità ai lavori che non tarderanno ad iniziare. Per meglio capire a che cosa sono finalizzati gli sforzi della comunità, abbiamo rivolto all’architetto Angelo Ziranu, che ha redatto il progetto, alcune domande: Architetto Ziranu, Lei che ha lavorato con l’equipe di progettazione della Sagrada Familia, espressione del genio di Gaudì, come si accinge ad intervenire su una chiesa sobria ed essenziale ma ispirata ai canoni costruttivi gesuitici? La chiesa di Sant’Ignazio di Loyola è parte fondante dell’importantissimo programma edificatorio dei Gesuiti, in particolare, riveste un ruolo rilevante nel panorama degli edifici eretti dall’Ordine Ignaziano in Sardegna. Il programma dell’ordine ha trasformato il territorio isolano sia nelle province che nelle grandi città, come Cagliari e Sassari, mettendo le basi della nostra moderna istruzione e cultura, attraverso i loro istituti successivamente divenuti sede delle Università Sarde. L’anno 1559 segna l’arrivo in Sardegna della compagnia del Gesù, quando, i primi padri, arrivano a Sassari per la fondazione del collegio. Nell’arco di due secoli l’ordine è protagonista

in tutto il territorio regionale. Nel 1773, anno della sua soppressione, la compagnia aveva fondato nell’isola, alcuni ancora in fase di completamento, 8 collegi (Cagliari, Iglesias, Alghero, Oliena, Bosa, Ozieri, e due a Sassari) un noviziato o casa di prima probazione (Cagliari), 1 casa professa (a Cagliari) 3 residenze (Nuoro, Bonorva e Nurri) più due imprese non andate a buon fine nel collegio di Oristano e il noviziato a Busachi. N e l 1600, le chiese con le caratteristiche della chiesa di S. Ignazio di Oliena erano in auge: questo stile, la Compagnia di Gesù lo fece s u o : navata unica, cappelle laterali, volta a botte, archi a tutto sesto, presbiterio soprelevato. Questo tipo di chiesa rispondeva bene alle necessità del servizio religioso del clero e teneva raccolti i fedeli durante le funzioni liturgiche. Planimetricamente era il ripag. 8


Opere Parrocchiali

Intervista all’Architetto Angelo Ziranu Per meglio capire a che cosa sono finalizzati gli sforzi della Comunità Parrocchiale

petersi delle chiese madri gesuitiche di Roma, del Gesù e dì S. Ignazio. I padri della Compagnia le diffusero un po’ dappertutto, in Francia, in Germania, nei Paesi Bassi, in Spagna, e nell’America latina. Non sappiamo se la chiesa gesuitica di S. Ignazio di Loyola di Oliena possa essere considerata architettura maggiore, tale sembrerebbe per la sua spaziosità e maestosità di linee,

o architettura minore, in quanto priva di esornati che pure costituivano la moda del tempo e delle costruzioni gesuitiche. pag. 9

La conformazione globale e gli interni sono, comunque, in linea con le fabbriche Gesuitiche in Sardegna. In sostanza, le strutture principali conservano il progetto originario. Un interno ben calibrato nel rispetto del cosiddetto “modonostro” gesuitico, una ben definita normativa secentesca che regolava la composizione planimetrica, gli alzati e il sistema edificatorio. L’impianto veniva strutturato su una base classica retta da spessi muri perimetrali, da possenti pilastri, dall’arco a tutto sesto e da importanti cornici di imposta. Le finiture tendenzialmente classiche nelle situazioni più povere sfociavano in ricchissime finiture barocche che nei contesti più ricchi. Il cornicione aggettante che percorre tutto il perimetro della navata in coincidenza del presbiterio incrocia l’arco trionfale che immette nella zona presbiterale. La maestosa volta a botte che copre la navata centrale si apre verso le cappelle laterali tramite archi a tutto sesto, il sistema costruttivo con l’utilizzo del tutto sesto regola tutta la composizione interna compresi gli spazi perimetrali delle cappelle e gli spazi di pertinenza. Cornici, lesene e arcate suddividono i vari spazi. Può delineare le linee d’intervento e la tipologia dei lavori? L’intervento, richiesto e voluto dal Parroco Don Giuseppe Mattana, è stato programmato dall’ufficio dei beni culturali della Diocesi Di Nuoro, diretto da Don Sebastiano Corrias, e approvato dall’Ordinario Diocesano Sua Eccellenza Mons. Mosè Marcia. Attualmente, ha ottenuto le approvazioni degli uffici romani, preposti alla salvaguardia dei beni culturali, della Conferenza Episcopale Italiana e, sono stati trasmessi tutti gli elaborati, necessari all’ottenimento dei visti degli uffici ministeriali della Soprintendenza. I Lavori così come da progetto definitivo daranno una soluzione ai

problemi di umidità, che in questo momento interessano vaste porzioni di superficie muraria, ripristinando le condizioni ideali prescritte dalle norme igienico sanitarie e garantendo la salubrità e la vivibilità degli ambienti interni. Il risanamento delle numerose fessurazioni contribuirà a rendere più gradevole l’aspetto complessivo dell’aula e del presbiterio. Questo intervento di consolidamento interromperà eventuali fenomeni degenerativi più profondi, ripristinando senza soluzione di continuità le superfici interne. Lo studio illuminotecnico, attento alle condizioni di visibilità interna e alle pratiche legate ai riti cristiani conferirà, al vano interno della parrocchia, un aspetto più accogliente e più consono alla celebrazione e alla meditazione più intima dei fedeli. Può prefigurare il risultato finale? Prendiamo in prestito la risposta di Gaudì al padre Osso’, al termine dei lavori del collegio delle Teresiane: “Sarà una casa in cui si starà bene” Si potrà dire altrettanto della nostra parrocchiale? Gaudi progetta e dispone gli ambienti interni delle sue realizzazioni guidato dalle indicazioni delle sacre scritture, la chiesa deve accogliere accompagnare e rassicurare i fedeli. Nel momento apicale della celebrazione deve favorire il contatto misterico. Nel rispetto di questi intenti il palinsesto interno delle luci, dell’iconografia e dei volumi architettonici deve accompagnare al contatto trascendente con Dio. Operiamo nell’intento che il nostro restauro si componga in modo armonico con l’esistente gesuitico, in linea con la loro scuola, fondata sulla formazione all’essere cristiano ed indirizzata alla strutturazione più completa dell’uomo. Il moto gesuitico dell’essere attivi nella contemplazione, ancora oggi, riveste un carattere di incredibile attualità e una sicura norma di buona condotta umana. Francesco Palimodde

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Approfondimenti

Riconciliarsi con Dio

“Usiamo in modo più sobrio parole, cibi, bevande, sonno e giochi, e rimaniamo con maggior attenzione vigilanti”. (1)

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on il mercoledì delle Ceneri inizia per il cristiano il cammino di preparazione alla Pasqua. Cammino che presuppone la conversione del cuore, la penitenza interiore. Questa conversione del cuore è bene sia accompagnata da una soffusa malinconia e da un senso di afflizione, quello che una volta veniva chiamato, “compuctio cordis”, che aiuta a vivere in pienezza il periodo quaresimale. La quaresima, così vissuta, diventa un vero e proprio esercizio di orienting della nostra vita, un riallinearsi sulle coordinate di Dio. Domandiamoci allora quali sono, nel quotidiano, gli strumenti, per così dire, che favoriscono la conversione: rispetto a se stessi, a Dio , agli altri. La Scrittura e i Padri della chiesa ne indicano tre: Il digiuno, la preghiera , l’elemosina. Della preghiera si tratta in altra parte del giornale, e dell’elemosina, o sollecitazione verso i più poveri, sono note le iniziative di sensibilizzazione della parrocchia. Meno noto è, forse, il valore e il significato del digiuno che non va confuso, con mere norme dietetiche oggi tanto diffuse. Sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento sono presenti, al riguardo, testimonianze significative. Su tutte quella di Gesù: “Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame”.(2) Sono rimasti celebri anche i digiuni pro-

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clamati da Esdra prima del viaggio di ritorno dall’esilio alla Terra Promessa,(3) o quello seguito all’appello di Giona agli abitanti di Ninive.(4) Per non parlare dei digiuni di Mosè o del profeta Elia.(5) La chiesa, sin dai primi secoli, ha sempre tenuto in considerazione questa pratica e non la ha mai abbandonata. Pensiamo alle “Quattro Tempora” di epoca medioevale, alla tradizione monastica, ai movimenti riformatori. Nella storia del cristianesimo, il digiuno, non è mai disgiunto dal ravvedimento e dalla preghiera ed è atto penitenziale finalizzato a meglio celebrare la Pasqua. Digiunare aiuta a prendere consapevolezza di sé per riannodare il rapporto con Dio, reso difficile e appesantito dalla colpa. Il magistero della chiesa pone grande attenzione nel raccomandare il digiuno. Pensiamo alla costituzione apostolica di papa Paolo VI “Paenitemini” del 1966, alla enciclica “ Veritatis splendor” di papa Giovanni Paolo II, al messaggio del Santo Padre Benedetto XVI, in occasione della quaresima del 2009. La lettura di questi testi ci fornisce più di un motivo di riflessione. Così Paolo VI: ”… Attraverso il “digiuno corporale” l’uomo riacquista vigore e la ferita inferta alla dignità della nostra natura dall’intemperanza, viene curata dalla medicina di una salutare astinenza “. E ancora: “La vera penitenza non può prescindere, in nessun tempo, da una ascesi anche fisica: tutto il nostro

essere, infatti , anima e corpo, anzi tutta la natura, anche gli animali senza ragione, come ricorda spesso la Sacra Scrittura, deve partecipare attivamente a questo atto religioso con cui la creatura riconosce la santità e maestà divina”. Ed ecco come Benedetto XVI attualizza questo messaggio. “ Ai nostri giorni, la pratica del digiuno pare aver perso un po’ della sua valenza spirituale e aver acquistato piuttosto, in una cultura segnata dal benessere materiale, il valore di una misura terapeutica per la cura del proprio corpo. Digiunare giova certamente al benessere fisico, ma per i credenti è in primo luogo una “terapia” per curare tutto ciò che impedisce loro di conformare se stessi alla volontà di Dio.” Vivere la quaresima, anche attraverso il digiuno, vuol dire, dunque, aprirsi alla speranza di riconoscere, come Maria di Magdala, la voce del Maestro. Vivere la quaresima vuol dire superare il timore, la tristezza e l’ansia che prese i discepoli, rinchiusi in casa la sera della domenica, per aprirsi alla gioia e alla letizia dello Spirito. Non c’è chi non veda quanto ciascuno di noi, oggi più di ieri, abbia bisogno di quella gioia e di quella letizia.

Francesco Palimodde

1) Antico inno liturgico in: BenedettoXVI, messaggio per la quaresima del 2009. 2), 3), 4), 5), Ibìdem ;

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Approfondimenti

Non “dire” le preghiere, ma “essere” preghiera P

Ci siamo posti come obiettivo principale la collaborazione con la Famiglia

regare è forse, accanto al verbo respirare, quello che più comunemente ci contraddistingue come esseri appartenenti ad una specie che, oltre che dotata di un muscolo strano chiamato cuore, è capace di elevare il suo pensiero al di là dei dati materiali d’esistenza per rivolgersi ad un’entità superiore che tutti, indipendentemente dalla religione che professano, chiamano Dio. La preghiera è dunque un fenomeno universale, praticata, talvolta, anche da chi non si dice credente perchè anche a costui può capitare di rivolgere pensieri e parole al mistero che avvolge e sovrasta l’esistenza. Pregare è dunque anche un modo per dare senso alla nostra vita, è un bisogno dell’anima che non si rassegna al non senso e all’assurdo. Risponde ad una sete che è del cuore e dell’intelletto, una sete di bene, di calore ,contro un mondo che spesso offre solo il contrario. Tanti sono i modi di pregare, molteplici le lingue con cui si intrecciano parole e si declinano inni, si sussurrano lamenti, si innalzano invocazioni. Vi sono le preghiere canoniche, quelle della liturgia, quelle che abbiamo imparato a recitare da bambini: esse risuonano in noi spesso in modo meccanico, altre volte invece, quando le degniamo della misericordia dell’attenzione e ne scandiamo ad una ad una le parole, lasciando che sedimentino e vivano in noi, con noi, producono un legame concreto, tangibile , con l’Essere cui sono rivolte. Questo ci procura il frutto migliore : la serenità e la forza di accettare l’esistente, che è sempre il più grande miracolo della preghiera. Simone Weil disse che il Pater Noster racchiude tutte le richieste possibili che può contenere una preghiera attraverso questa invocazione” Scendi in me per compiere attraverso di me la tua volontà, qualunque essa sia.” Essa afferma che “la fede è credere che le azioni compiute

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dopo una simile preghiera saranno meno distanti dall’obbedienza a Dio di quelle compiute prima”. Quanto a dire che occorre chiedere di avere la forza di accettare ciò che non si può cambiare. Vi è poi la preghiera che scaturisce spontanea, fatta di parole semplici, le prime che ci vengono in mente non appena la vita ci presenta un conto salato o quando ci offre una gioia inaspettata. Si prega infatti non solo per chiedere, ma anche per ringraziare, anche se di ciò ci ricordiamo di meno, ed anche di questo occorre essere capaci. Spesso infatti siamo felici senza saperlo e ciò accade quando la nostra vita non è interrotta da alcun evento, quando scorre sempre sugli stessi binari e non è sconvolta da alcun fatto traumatico. E’ in quei giorni in cui nulla accade che dovremmo più fortemente ringraziare persino del respiro, perchè altri non l’hanno ed allora è per loro che occorre pregare. La preghiera come dono per gli altri è forse la pratica più difficile, ma è solo uscendo dal recinto del nostro egoismo che non ci limitiamo a “dire” le preghiere ma ad “essere” preghiera, ad esserlo con la vita concreta. Santa Teresa d’Avila diceva infatti “ Certo bisogna imparare a pregare. E a pregare si impara pregando,

come si impara a camminare camminando “. La preghiera, lei diceva, non è qualcosa di statico, è un’amicizia che implica uno sviluppo e spinge a una trasformazione . Che preghiera può essere infatti quella che non si fa azione? Spesso infatti preghiamo solo con le labbra e le nostre azioni mostrano che siamo differenti da ciò che diciamo. Dovremmo chiedere anche di aiutarci ad accettarci per quello che siamo: complessi, piccoli. Così, anziché chiedere l’impossibile, magari ci impegneremmo di più a migliorare il possibile. La preghiera autentica dunque non è una pratica come le altre, ci chiede di cambiare, di liberarci dalla vanità dei formalismi, dal cancro dell’ipocrisia, dalle sciocchezze che solitamente riteniamo importanti, ci insegna a lasciare gli amori piccoli per un amore più grande, “ non ti fermare in cose meno importanti e non contentarti delle briciole che cadono dalla mensa del Padre” diceva San Giovanni della Croce. Ci chiede di abitare un tempo illuminato dalla verità , perchè “ Dio è la verità. Chi cerca la verità cerca Dio, che lo sappia o no “ (Edith Stein).

Franca Massaiu.

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Ammentos

Ammentos

La pratica della carità e della condivisione nei tempi passati

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o memoria di quando ancora ragazzino, a “manu tenta” di mia mamma, mentre calava la sera, furtivamente, ci recavamo da un’anziana donna del vicinato, vestita a lutto, la carne e lo spirito segnati da un insostenibile dolore. Un tragico evento gli aveva tolto un figlio. Zia Bonaria, ormai, non usciva più di casa, stanca della vita, viveva per compiere solo atti di carità per l’anima del figlio. Ci attendeva trepidante in un seminterrato illuminato da una fioca luce ad olio, aveva preparato delle cose che la mamma nascondeva sotto lo scialle; poche parole sussurrate e poi uscivamo nella notte, percorrendo vicoli senza lampioni per portare quei beni a certe famiglie indigenti. Il tutto avveniva sull’uscio della casa prescelta; la beneficiata fatti sparire i doni sussurrava <a suffragiu siada de s’anima y est dispostu>nessuno si accorgeva di nulla e solo due sapevano.- L’atto di carità in questo modo aveva un valore inestimabile. Poi come accade nella vita, cia Bonara cessò di vivere.. e con lei finirono quei viaggi notturni… non certo gli effetti. Nel nostro cortile,si affacciavano parecchie famiglie e la condivisione era una prassi consolidata e naturale; quando Mannai faceva il minestrone(avevamo l’orto) ce n’era un piatto per tutti; allo stesso modo, cia Maria Unieri, che andava per campi a inucrare al suo rientro ne distribuiva una buona parte ai vicini. Ciu Miale Ticca (codina)uomo buono e tenero con i bambini, al rientro dalla campagna,estraeva dalla capace bertula della frutta saporita, ne aveva per tutti; cosa gradita ed emozionante, erano però, quei venti metri che por-

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tavano alla stalla che ci faceva fare sul dorso della sua docile cavalla. Come dimenticare quei dolci fichi neri, buona anche la buccia, colti in quel d’Istei, che cia Ciccia Puligheddu “de su boia”non mancava di regalarci. E i dolci? Cia Juvanna Manca, nota mammanca sa pistoccaglia, ci regalava qualche curcinaggia ed i giornali, usati per cuocere sos pistoccos, che grattavamo con i denti per succhiarne i residui. Eravamo piccoli, ma una cosa l’avevamo capita già da allora, la condivisione, salvo poche eccezioni, era un’azione, prevalentemente esercitata da e fra poveri.- ”Vuhone parthìu no ruppi frente!” L’uomo, benestante, imponente di statura e bell’aspetto nel suo costume rutilante abitava la parte alta del paese. La donna, una povera “aggiudante de cochere” che forse per inganno o per segreta illusione, aveva giaciuto con lui. Da questa relazione nacque un figlio. -Il padre non volle mai sapere del figlio e della madre. Il Vicinato si prese cura dei due e il ra-

gazzo divenuto suo malgrado adulto, desiderava lasciare quell’ambiente, dove anche le istituzioni gli ricordavano la condizione di N.N. (nescio nominem) senza nome. Pensava di arruolarsi ma la mancanza di paternità lo frenava; si vergognava! La madre consunta dal dolore e dal senso di colpa era spirata prima del tempo. Ma la provvidenza mise sul suo cammino ciu Juvanne, che si assunse l’onere di dargli una paternità, la sua; in poco tempo e senza clamori il ragazzo ebbe un cognome e partì nel continente per vivere il suo sogno. Venne la guerra e l’oblio scese su questa vicenda. Tutti i personaggi di questa storia, tornarono, chi prima chi dopo alla casa del Padre, ma oso pensare che ad accogliere ciu Juvanne ci fosse la tenera Madre celeste, con il Figlio;< entrate e riposate buon Samaritano, il tempo di ricevere la ricompensa dei giusti è finalmente arrivato!>

P. Nieddu pag. 12


Vita Parrocchiale

www. parrocchiaoliena.it

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E’ finalmente online il sito web della Parrocchia, insieme ad esso la pagina Facebook e l’account Twitter

opo alcune settimane di rodaggio in forma ridotta è finalmente online in versione completa il nuovo sito web della parrocchia di Oliena, www.parrocchiaoliena.it. Insieme ad esso viene lanciata anche la pagina Facebook Parrocchia di Oliena, che si affianca all’account Twitter del nostro Parroco don Giuseppe Mattana. Si tratta di un sito web responsive, che si adatta cioè ai vari dispositivi di visualizzazione. Può essere facilmente consultato oltre che su computer anche su tablet e smartphone. Il sito, nato in concomitanza con la nuova versione rivisitata della rivista parrocchiale Su Pàtiu, intende diventare un punto di incontro per tutta la comunità. Un contesto nel quale dare voce ai sacerdoti, ma anche ampio spazio a chiunque voglia contribuire alla maturazione spirituale collettiva. Ecco in breve tutte le sezioni già attive: La riflessione del giorno In home page tutti i giorni una frase o una breve riflessione del Parroco per affrontare con fede il cammino quotidiano. Gli editoriali Articoli e interventi diretti dei Sacerdoti, presi da Su Pàtiu o altre fonti,

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oppure scritti appositamente per il sito web. Gli articoli Divisi in varie categorie raccolgono i contributi, in arrivo da varie fonti, scritti da redattori, collaboratori, educatori, giornalisti, cittadini. In questa sezione si dà spazio alle associazioni, ai gruppi e a tutte le altre realtà olianesi. I contributi di chiunque voglia dare una mano o confrontarsi sui temi di interesse della comunità parrocchiale. Scritti del parroco Alcune opere consultabili pubblicate nel tempo dal parroco Don Giuseppe Mattana, come Credo Signore Amen e Fate questo in memoria di me Calendario Data e ora di tutti le funzioni e gli altri appuntamenti importanti della vita parrocchiale, sempre aggiornato. Archivio Su Pàtiu Tutti i numeri della rivista parrocchiale Su Pàtiu, nata nel 2003, liberamente sfogliabili e consultabili. La storia della parrocchia Una carrellata sulla storia del Collegio e della Chiesa gesuitica di Oliena, con contributi testuali e video. Contatti Per richieste di chiarimenti o per inviare osservazioni, opinioni, interventi. Un canale aperto e diretto con la parrocchia. Chiunque potrà

sottoporre alla redazione contributi di vario genere, articoli, riflessioni, immagini, disegni. In futuro saranno ampliate le varie sezioni del sito per renderlo sempre più un vero punto di incontro virtuale per tutta la comunità. Insieme al sito web nasce anche la pagina Facebook Parrocchia di Oliena, per un interscambio diretto all’interno del social network più diffuso. Diventando fan della pagina, cioè cliccando il “mi piace” relativo, si potranno ricevere sulla propria bacheca le riflessioni del giorno dal sito web e rimanere informati su tutte le iniziative e i nuovi contributi pubblicati www.parrocchiaoliena.it. Già attivo da un po’ di tempo invece l’account Twitter del parroco Don Giuseppe Mattana. Di seguito i link per trovare la Parrocchia di Oliena in rete: Sito web: http://www.parrocchiaoliena.it/ Pagina Facebook: https://www.facebook.com/pages/Parrocchia-di-Oliena/1602912296611914 Account Twitter Don Giuseppe Mattana: https://twitter.com/gmattana52 La realizzazione e la gestione del sito web sono gentilmente offerti da Creativamedia, Oliena.

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Attività parrocchiali

Prammas: intrecci d’arte e di fede La lavorazione artistica delle Palme, in molti casi raggiunge livelli di complessita e finezza che lasciano senza fiato

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a Domenica delle Palme è una breve parentesi festosa durante la Quaresima, che si colloca poco prima del momento di massima contrizione, la Settimana Santa, quasi ad anticipare la gioia della Pasqua. In tutto l’areale mediterraneo si celebra il ricordo dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme con il popolo festante che si incammina in processione agitando rami secondo il racconto evangelico. In Sardegna si impiegano le palme e i rami d’ulivo ed esistono diversi paesi in cui si è consolidata la tradizione della lavorazione artistica delle palme che in molti casi raggiunge livelli di complessità e finezza che lasciano senza fiato. Il tutto è contornato da un forte simbolismo che richiama spesso ad un significato molto più profondo. Vediamo come vengono fatte e lavorate queste palme. La materia prima è costituita dalle foglie centrali dell’albero della palma datterifera, importata dal nord Africa, e della palma nana, spontanea in Sardegna ed impiegata soprattutto nel nord dell’isola. La lavorazione è spesso similare anche se la diversa conformazione delle foglie può richiedere l’impiego di differenti tecniche di intreccio Esistono due tipi principali di lavorazione: l’intreccio di foglie

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recise e l’intreccio sul ramo, anche chiamato tessitura. È nella tessitura che gli intrecciatori più abili danno dimostrazione della loro capacità artistica, ricorrendo solo sporadicamente all’inserimento di elementi decorativi separati quali fiori e crocette. Con le foglie recise si preparano diversi lavori. Le croci, sas rughittas, vengono confezionate in tipologie di diversa complessità, fino ad ottenere veri e propri capolavori. Ad esse si aggiungono complementi ornamentali di varia tipologia. Non mancano i lavoretti per i bambini roselline (rosiccheddas), topolini

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(soricchittos) e piccoli monili, quali anelli, orecchini e nastri per i cappelli, spesso intrecciati con tessuti decorati (sa vetta) o fili di seta colorata. I lavori più complessi sono gli intrecci sul ramo (sas pandelas) e sono solitamente riservati ai presbiteri e talvolta ai componenti delle confraternite ed in particolare ai priori. In molti paesi della Sardegna esistono confraternite il cui statuto plurisecolare prevede che la settimana prima della Domenica delle Palme si riuniscano tutti i membri ed accolgano tutti i volontari in modo da preparare le palme per tutte le famiglie del paese. In tal maniera la tradizione viene trasmessa e perpetuata con un insegnamento continuo anche alle generazioni più giovani. Ad Oliena, invece, le confraternite si riuniscono in una chiesa la mattina del sabato che precede la Domenica delle Palme e coadiuvati da un nutrito stuolo di volontari preparano le palme per le famiglie del paese; non vi è una vera e propria scuola, si impara per imitazione, poi la curiosità, l’interesse e il continuo impegno portano qualcuno ad eccellere per passare poi a lavorazioni molto più complesse.

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Antonio Massaiu

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L’angolo della Poesia

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1996 - Ho visto

(Ricordo della Bosnia Erzegovina)

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Ho visto Bimbi scalzi camminare sul ciglio di strade dissestate e salutare incessantemente colonne di soldati stranieri sperando di ricevere un pezzo di cioccolata.

Ho visto Uomini disperati vendere, per pochi denari, oggetti raccolti per passione e gelosamente custoditi, li ho visti persino rischiare la vita, per salvare la propria prole dai morsi della fame e del freddo.

Ho visto Quei bambini muoversi in fila, come formiche, per evitare orrendi meccanismi di morte sepolti tra i giochi d’un parco di divertimenti.

Ho visto Donne, ragazze e madri, disposte a perdere la dignità e a vendere il proprio corpo, anche per un tozzo di pane, per tenere in vita i figli sperando di dare loro un futuro pur vivendo un presente incerto.

Ho visto Donne smunte e logore dal lavoro, avvolte in lugubri scialli, tirare l’aratro al posto di buoi uccisi e mangiati per lenire la troppa fame.

Ho visto Una città divisa in due da un muro invisibile, di odio etnico e religioso. Ho visto Sarajevo, i suoi viali e i suoi cecchini, le sue ferite e i suoi morti. Ho visto Persone cresciute insieme, vicini di casa e compagni di giochi, farsi la guerra e ammazzarsi. Ho visto Donne portare in grembo figli concepiti dalla violenza di uomini non amati.

Foto: 1. Palma a calice; 2. Palma a calice con decori floreali (bouchet di rose); 4. Palme a calice; 5. Croce complessa con decori floreali; 7. Croce complessa con decori floreali; 8. Croce di media complessità con rosa; 12. Palme intrecciate sul ramo con diversa lavorazione; 13. Particolare di un ramo intrecciato con complessi motivi floreali; 14. Croce di media complessità con decori floreali; 15. Ostensorio. pag. 15

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Ho visto Cose che non avrei voluto vedere, cose che mi hanno turbato il sonno, che sono estranee alla mia vita serena, ma le ho viste e non voglio dimenticarle. Perché voglio capire e voglio ricordare di cosa sono capaci gli uomini e cosa può fare la guerra e l’odio. Ho visto e non voglio dimenticare!

19.01.2010 Antonio Massaiu

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E poi? ... Chiara lo sa.

Recensioni

L’autore ci prende per mano e ci conduce nel profondo della sua interiorità

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i incontra un libro così come si incontra una persona : per caso, perchè ci viene presentata da un amico, perchè la si va a cercare. Ed ogni incontro è sempre, comunque, occasione di crescita, di confronto. Non tutti i libri, è ovvio, hanno lo stesso valore, esattamente come le persone. Tra questi ve ne sono alcuni più importanti di altri. Sono quelli che ci muovono a riflessione, quelli che scuotono le nostre comode e fragili certezze, quelli che aprono una finestra su un mondo che non conoscevamo o di cui avevamo avuto notizia superficiale. Sono questi i libri “nutrimento”, quelli cioè che aiutano la nostra crescita. Il libro del dottor Giampietro Ibba, “E poi,... Chiara lo sa”, appartiene a questa specie. L’autore ci prende per mano e ci conduce nel profondo della sua interiorità, nella complessità della sua fede, ci aiuta a comprendere la grandezza e potenza dell’amore., il dono ineguagliabile della condivisione. Racconta una vicenda di dolore : la perdita di una figlia diciottenne a seguito di un terribile incidente stradale, accaduto in un venerdì d’autunno del 2008. Si tratta di una vicen-

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da a stento narrabile, perchè implica la capacità non di vincere il dolore, quel condor che ci divora lasciandoci vivi, ma di trasformarlo, rendendolo “utile” a sé e agli altri. Il dolore per la perdita di un figlio, infatti, è forse il più indomabile, perchè il più assurdo ed inaccettabile. Eppure, pare dirci il libro, anche da una tragedia siffatta si può ricavare motivo per vivere . Come? Occupandosi dei figli degli altri, il modo migliore per tenere ancora vivo il ricordo del proprio ; incontrandoli per invitarli alla prudenza, all’attenzione, al rispetto delle regole, tutte cose che forse non potranno evitare l’imponderabile, ma che certo gli renderebbero la vita più difficile. Ci invita anche, come genitori, ad utilizzare al meglio il tempo che trascorriamo con i nostri figli, tem-

po di cui non sappiamo la scadenza, che non appartiene né a noi né a loro, tempo da utilizzare soprattutto per “guardarli, ascoltarli, capirli. Tutto il resto è trascurabile”.

Franca Massaiu

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