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Emanuela Scarpellini

agli albori del commercio moderno


Copyright © ART Servizi Editoriali S.p.A. 2006 via Porrettana 111 – Bologna (Italy) tel. +39 051 6163800 – fax +39 051 6163900 www.art.bo.it

Pubblicazione esclusiva e riservata per Esselunga S.p.A. www.esselunga.it Foto: Archivio Esselunga, a eccezione della foto di pagina 47 (1961 Milano, via Monte Rosa) da Archivio Touring Club Italiano – Gestione Archivi Alinari In quarta di copertina: Jacovitti, Manifesto pubblicitario del 1967, Archivio Esselunga

ISBN 88-901474-1-5 Prima edizione: marzo 2006

Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali


Emanuela Scarpellini

agli albori del commercio moderno



PREFAZIONE

Nella nostra line of trade, nel nostro settore, nonostante le tante riforme, le cose non sono migliorate. Anzi. Gli ostacoli che troviamo all’espansione o al rinnovamento della rete di vendita, cioè alla realizzazione di nuovi più aggiornati negozi, anziché diminuire aumentano, e ciò è dovuto non soltanto a ragioni politiche o alla incredibile complessità delle leggi e dei regolamenti, ma anche a un modo di pensare.

Troppo spesso ci troviamo di fronte a esperti o a politici che non conoscono il nostro mondo e che dunque lo denigrano. A distanza di tanti anni, pochi si rendono conto di quale sia il «prodotto» della nostra attività, cioè un servizio – per la verità da alcuni non sempre svolto correttamente – che facilita la vita del consumatore, della donna che lavora, e che ha portato nelle tasche della gente un consistente risparmio sulla spesa. Veniamo spesso dipinti come devastatori dell’ambiente – e purtroppo talvolta è vero –, come causa di traffico, come desertificatori dei centri cittadini e, infine, come la rovina del piccolo commerciante tradizionale. Della produttività, concetto peraltro conosciuto a pochi, non si parla. Né alcuno dice quale sarebbe il tempo perduto nel traffico dal consumatore che per spendere 50 euro debba recarsi in cinque differenti punti di vendita. E tanto meno si parla della dura esistenza del commerciante al dettaglio di prodotti alimentari deperibili. Bene o male i nostri negozi sono ormai aperti dalle otto del mattino alle nove della sera, con orario continuato. È stato difficile ottenere questa libertà contro la pesante opposizione della Confcommercio. E ci piace qui ricordare il decisivo intervento del 1982 dell’allora grande ministro Marcora assieme al nostro compianto vicepresidente Ferdinando Schiavoni.

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Come fa oggi un commerciante a tener dietro a questo spazio temporale che da noi viene coperto, ormai da decenni, con il lavoro a turni, come in un qualsiasi stabilimento industriale? Mi dilungo con tre ricordi personali. Il primo è di quando, negli anni Sessanta e Settanta, in Esselunga ci trovavamo tutte le mattine alle sette in uno dei negozi della città. Poi, verso le otto, si veniva in ufficio qui a Limito, appena dopo l’Idroscalo, a est di Milano. Ci si univa a un mezzo corteo di camioncini e di vecchie FIAT, con quattro cassette di sedani, lattuga, pomodori eccetera anche sul tetto. Erano i fruttivendoli dell’Adda che venivano via dal Mercato Generale della frutta e verdura. Erano stati al mercato e portavano i loro modesti acquisti nei loro punti di vendita. Però, poi, a mezzogiorno chiudevano bottega e riposavano fino alle quattro o alle cinque del pomeriggio, come ancora oggi alcuni fanno.

L’altro ricordo è l’apertura di un nostro supermercato a Quaregna, ai piedi della valle Mosso, nel Biellese. Prima di decidere quel punto di vendita ero salito su per la valle fino a Trivero ove, al centro del paese, stava una tessitura di Zegna, che «batteva» con i telai a navetta, in un rumore assordante che oggi sarebbe vietato. La valle era cosparsa di piccoli negozi. Il giorno in cui aprimmo il negozio di Quaregna qualcuno dei nostri direttori, che era andato su per la valle a controllare i prezzi, mi disse che le zucchine che noi vendevamo a mille lire dai negozianti costavano tremila, che era un ladrocinio. E io ricordo molto bene che dissi no, non dica così, sono dei negozianti che fanno quello che possono, vanno al mattino a Torino ai Mercati Generali e portano le loro cose su nel loro negozio quando per noi un solo autista porta qui ogni giorno un tir intero di frutta e verdura. È un fatto di produttività. Il terzo ricordo è molto successivo, di quando, nel 1998, fu promulgata l’ultima riforma del commercio. Ci fu concesso, per un periodo di dodici mesi, di accorpare i cosiddetti licenzini. Si potevano comprare le «licenze di commercio» delle varie merceologie (carne, frutta e verdura, drogheria eccetera), unirle e aprire un punto di vendita moderno. È così che allora aprimmo Monza

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San Fruttuoso, Milano via Rubattino, Milano via Lorenteggio, Pioltello e molti altri punti di vendita. Acquistammo licenze per un importo di oltre 10 milioni di euro dai negozianti tradizionali. Moltissimi di costoro avevano dei figli, ma nessuno di loro voleva continuare la vita terribilmente impegnativa, e anche rischiosa, dei genitori. Preferivano un impiego in banca o in altro settore meno «costretto». Per augurare a qualcuno di fare l’esercente di alimenti deperibili occorre essere nell’ignoranza della realtà. Altra cosa può essere la «drogheria», costituita da articoli con scadenza a due, anche tre anni, per i quali non occorre alcuna manualità, nessuna expertise. Mi sono soffermato su un fatto di costume; per la parte economica e «burocratica» Vi invito gentilmente a leggere ciò che, molto meglio di quanto io non sappia fare, ha scritto la Professoressa Scarpellini.

Non mi illudo che questa nostra piccola fatica possa minimamente incidere sulla realtà che ci circonda. Ma spero possa almeno essere una testimonianza di quello che accade, di ciò che si è voluto fare per impedire l’ammodernamento della distribuzione italiana. Ora è tardi. Le aziende italiane sono solo dei nanerottoli e il loro destino è segnato. BERNARDO CAPROTTI Limito (Milano), novembre 2005

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PREMESSA Questo lavoro deriva da un’ampia ricerca, durata sei anni, sulle trasformazioni della distribuzione commerciale nel dopoguerra. In particolare riprende, con varie integrazioni, alcune parti del libro Comprare all’americana. Le origini della rivoluzione commerciale italiana 1945-1971, pubblicato dall’editore Il Mulino nel 2001. Trae spunto anche dal saggio Shopping American-Style: The Arrival of the Supermarket in Postwar Italy, pubblicato su «Enterprise & Society» nel dicembre 2004 (Premio Newcomen Article Prize per il miglior articolo del 2004). La ricerca nel suo complesso è stata finanziata da una borsa di studio Fulbright presso la Stanford University (nel 1999-2000) e da una borsa del Rockefeller Archive Center di New York. Ringrazio Bernardo Caprotti, che ha voluto riprendere e sviluppare in questa sede alcune parti dello studio.

EMANUELA SCARPELLINI Milano, dicembre 2005

SIGLE AB ACGIC ACLI ACM ACS AIA AIGID ASCCM ASCCR ASFAID ASM CAPS CGIL CISL DACSA EICA IBEC ISTAT RAC SIAS

Archivio Brustio Archivio della Confederazione Generale Italiana del Commercio Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani Archivio del Comune di Milano Archivio Centrale dello Stato, Roma American International Association for Economic and Social Development Associazione Italiana delle Grandi Imprese di Distribuzione al dettaglio Archivio Storico della Camera di Commercio di Milano Archivio Storico della Camera di Commercio di Roma Archivio Storico della Federazione Associazioni Imprese Distribuzione Archivio dello Stato, Milano Commercio Alimentari Preconfezionati Self-Service Confederazione Generale Italiana del Lavoro Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori Distribuidora Argentina de Comestibles S.A. Ente Italiano Cooperativo Approvvigionamenti International Basic Economy Corporation Istituto Centrale di Statistica Rockefeller Archive Center, Sleepy Hollow (New York) Società Italo-Americana Supermarkets

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3. La Supermarkets Italiani

Di supermercati, in Italia, si era parlato con insistenza nel giugno 1956, quando in occasione di un congresso internazionale sulla distribuzione alimentare il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, in collaborazione con la National Association of Food Chains, allestì dimostrativamente a Roma, all’EUR, un supermercato di oltre 1000 mq di superficie («Supermarkets-USA»). Il supermercato disponeva delle attrezzature più moderne ed esponeva su ordinati scaffali oltre 2500 articoli offerti gratuitamente, insieme alle attrezzature, da cinquecento aziende americane; per mostrarne il funzionamento, venti commesse giravano tra i reparti con i carrelli per poi recarsi alle casse. In tredici giorni di apertura esso fu visitato da oltre 450.000 persone, oltre a diciannove gruppi di operatori specializzati (commercianti all’ingrosso e al dettaglio, esperti di marketing, studiosi di economia, giornalisti del settore), e sollevò un diffuso interesse tra i mass media. L’evento contribuì non poco a diffondere nel Paese l’idea delle potenzialità insite nel nuovo sistema, oltre che ad attirare l’interesse sulla produzione di alimenti surgelati1. Alla chiusura dell’esposizione, un gruppo di imprenditori ritirò tutte le attrezzature (in particolare gli scaffali e i banchi refrigerati della Tyler) e fondò una società, la «Supermercato S.p.A.», con sede a Roma in via Campaldino. La proprietà era divisa tra Franco Palma, esponente di rilievo dell’azienda Squibb, e Amedeo Malfatti, fratello del segretario della DC. L’inaugurazione del primo punto vendita in viale Libia ebbe un’ottima accoglienza, anche perché le merci esposte erano in buona parte tipici prodotti italiani, a cui si aggiungevano alcune specialità d’importazione e pochi prodotti congelati (considerata 1 RAC, Rockefeller Family, III 4b, series AIA-IBEC, box 37, folder 342 «IBEC Supermarkets-Italy», C.B. Luce a N.A. Rockefeller, Roma, 19 dicembre 1956; F. Antonioni, Anche il nostro pane quotidiano surgelato, in «Il Messaggero», 22 giugno 1956.

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la scarsa diffusione di frigoriferi nella zona)2. L’iniziale successo del primo «negozio americano» – così come veniva definito popolarmente –, riconoscibile per una grande scritta al neon, si concretò in cifre lusinghiere (si parlava di oltre 8 milioni di incasso alla settimana) e prospettò la possibilità di un rapido sviluppo (nello stesso marzo 1957 la società aveva in mano le licenze per altri quattro negozi). Ma già nei mesi successivi iniziarono a circolare resoconti assai meno favorevoli sull’andamento societario, dovuto a carenze organizzative (il magazzino, per esempio, era situato lontano dal negozio e impiegava ben venti addetti), a mancanza di know-how e a un notevole rallentamento nell’afflusso dei compratori3. In tale ottica sono da inquadrare con tutta probabilità i contatti che la società romana ricercò, a partire da settembre, con i dirigenti della società milanese concorrente, la Supermarkets Italiani. In cambio di un appoggio per l’ottenimento delle licenze, fu chiesto consiglio riguardo ad alcuni problemi tecnici, in particolare per il reparto macelleria e per i prodotti freschi, e Malfatti suggerì una qualche forma di collaborazione per spuntare insieme migliori prezzi dai fornitori (che peraltro non assunse mai forme concrete)4. Dopo che Palma ebbe assunto il controllo completo della società, questa continuò a versare in cattive acque, accumulando un gravoso debito nei confronti di banche e fornitori5. Ciononostante l’espansione proseguì fino a sei punti vendita, anche se si trattava di negozi, a eccezione di uno, di dimensioni da superette, o anche meno. A poco più di un anno dall’apertura, la Supermerca-

2 Il supermarket, in «Il Giorno», 17 giugno 1956; Il primo «supermercato», ivi, 7 marzo 1957; P.C., La progressiva evoluzione delle tecniche distributive, in «Il Commercio Lombardo», 15 marzo 1958. L’apertura fu commentata positivamente anche dalla stampa statunitense: cfr. First U.S.-Style Supermarket In Rome Is Highly Successful, in «New York Times», 18 marzo 1957. 3 RAC, W.G. Broehl, IV 3A 16, box 12, folder «Italiani I», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 26 marzo 1957, 4 aprile 1957, 7 maggio 1957. 4 RAC, W.G. Broehl, IV 3A 16, box 12, folder «Italiani II», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 11 settembre 1957, 3 ottobre 1957, 17 gennaio 1958, 27 agosto 1958; ivi, folder «Italiani III», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 1° dicembre 1958; RAC, Microfilm series IBEC, 8 «Supermarkets Italiani», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 3 ottobre 1957, 22 gennaio 1958. 5 RAC, W.G. Broehl, IV 3A 16, box 12, folder «Italiani II», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 25 settembre 1958, 2 ottobre 1958, 6 novembre 1958.

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to offrì l’acquisto completo delle sue azioni alla Supermarkets Italiani; questa, tuttavia, non valutò positivamente l’affare, come risulta dal giudizio espresso dal responsabile: Apparently they were doing well. I couldn’t personally see how they could for they did everything I thought was wrong. They only prepriced about 30% of the merchandise in the stores and the checkers were expected to memorize the rest of the prices. They have a central meat packing operation that would make any operator I know shudder. They finally gave up their central fruit and vegetable central packaging operation. Their rents run 5% on sales. I really think they had lost track of the accounts payable and when they finally woke up they had lost a barrel of dough. But both owners have plenty of money so they can stand it. I would like to see them successful. But we don’t want their stores6.

Apparentemente stavano andando bene. Personalmente, non capivo come facessero in quanto, a mio parere, tutto quello che facevano era sbagliato. Nei negozi, “prezzavano” solamente il 30% circa della merce, aspettandosi che le cassiere memorizzassero gli altri prezzi. Si avvalgono di una centrale di confezionamento della carne che farebbe raccapricciare qualsiasi operatore di mia conoscenza. Alla fine hanno dovuto chiudere il loro centro di confezionamento di frutta e verdura. Il costo degli affitti grava sulle vendite per il 5%. Sinceramente, penso che avessero perso il controllo della loro esposizione verso i terzi e i fornitori e che, quando finalmente si sono svegliati, avessero ormai perso un mucchio di quattrini. Ma entrambi i proprietari hanno molti soldi e possono quindi sostenere tale situazione. Mi rallegrerei del loro successo. Ma non vogliamo i loro negozi.

Alcuni mesi più tardi si sarebbe fatta avanti La Rinascente, incorporando la società in perdita nel suo nuovo settore alimentare (Sma). In realtà, i primi esperimenti erano stati tentati già vari anni prima. Il precursore era stato un dinamico imprenditore milanese, per anni compratore sul mercato europeo per conto della Rinascente, Quirino Pedrazzoli, che già nel 1948 aveva costituito la società a responsabilità limitata «La Formica», con capitale sociale di

6 RAC, Microfilm series IBEC, 8 «Supermarkets Italiani», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 15 luglio 1958. Cfr. anche RAC, W.G. Broehl, IV 3A 16, box 12, folder «Italiani III», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 25 maggio 1959.

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100.000 lire, con l’intento di realizzare un «magazzino senza commessi – SelfService American System»7. Il 12 dicembre 1949 fu così inaugurato il primo self service alimentare in Italia e subito la cittadinanza mostrò grande interesse e sorpresa per il modernissimo negozio nella centrale via Torino 45. In breve, i giudizi favorevoli si moltiplicarono e molti già speravano di vedere fiorire nuove iniziative, quando «La Formica» andò incontro a un repentino fallimento. Alle origini di questo – come di altri simili esperimenti8 – vi furono vari fattori: una modesta solidità finanziaria della società, una scarsa esperienza riguardo le notevoli difficoltà gestionali e organizzative inerenti un supermercato, l’impossibilità di realizzare adeguati volumi di vendita, difficili rapporti con i fornitori (minacciati di boicottaggio da parte dei piccoli commercianti del centro cittadino)9. Scemata la curiosità iniziale, la clientela non cresceva al ritmo sperato, anche per via del limitato assortimento, condannando rapidamente all’insuccesso le nuove iniziative. Lo scarso successo dei primi esperimenti, al di là di fattori contingenti, è rapportabile a un equivoco di fondo: che bastasse, cioè, applicare il sistema self service ai negozi alimentari per realizzare un moderno supermercato, che invece rappresentava un’organizzazione molto complessa e del tutto differente in tutti gli aspetti economici e gestionali.

7 ASCCM, scat. 2638, f. 15/e/11, «La Formica», intestazione della lettera spedita dalla stessa società , Milano, 14 maggio 1950. 8 Altre esperienze, seppure limitate sia per le dimensioni sia per l’assortimento, furono l’apertura di reparti alimentari in due magazzini Standa a Napoli e Verona; un semi-self service gestito da una cooperativa, l’EICA (Ente Italiano Cooperativo Approvvigionamenti) a Metanopoli e un piccolo supermercato (150 mq) a Palermo per iniziativa del Centro Tecnico del Commercio per la Produttività; cfr. Camera di Commercio Internazionale. Sezione Italiana, Il supermercato nel sistema distributivo italiano, Milano, Giuffrè, 1962, pp. 15 ss. A queste si potrebbero aggiungere numerose altre esperienze, a metà tra il supermercato vero e proprio, o meglio superette, e i negozi tradizionali, che intendevano sfruttare la novità ma adottavano il sistema del self service all’interno di locali che per estensione, organizzazione e assortimento (e in genere anche prezzi) non differivano dai negozi tradizionali. Cfr. per esempio l’esperienza della “Supermercato Alimentare Romano S.A.R. S.r.l.”, con sede a Roma, creata nel 1956 con un capitale di 900.000 lire, che dopo due anni di precaria attività fu posta in liquidazione nel 1961 (cfr. Archivio Storico della Camera di Commercio di Roma (ASCCR), Supermercato Alimentare Romano S.A.R., n. 2031/1956). 9 Questo secondo quanto testimoniato dallo stesso Pedrazzoli alcuni anni più tardi ai dirigenti della società Supermarkets Italiani (cfr. RAC, Microfilm series IBEC, 9 «Supermarkets Italiani», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 17 febbraio 1957).

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Gli esordi della Supermarkets Italiani Ben diverso era l’approccio che l’IBEC di Rockefeller intendeva portare in Italia: un vero supermarket sul modello tipo americano, sia pure con i necessari adattamenti alla realtà locale. Il primo passo fu quello di individuare le sedi idonee. Per i primi tre negozi progettati, che dovevano essere caratterizzati fin dall’inizio da un impianto moderno e razionale, la ricerca fu lunga, a causa dell’irreperibilità di edifici adatti. Si optò infine per la ristrutturazione di alcuni garage, che avevano una superficie abbastanza ampia (900 mq totali, di cui 500 riservati alla vendita, per il supermercato di viale Regina Giovanna; 1300 mq totali, di cui 700 per la vendita, in viale Monterosa; 1150 mq totali, di cui 650 per la vendita, in via Bergamo). Le difficoltà incontrate all’inizio dell’attività superarono però le aspettative. Se era prevedibile che l’introduzione di un rivoluzionario sistema di vendita avrebbe dovuto superare molti ostacoli, si dovette constatare come l’ambiente commerciale milanese differisse notevolmente da quelli sperimentati in precedenza10. Un primo problema risiedeva nel raggiungere dimensioni organizzative ottimali; un secondo, più immediato, riguardava gli acquisti e gli approvvigionamenti, considerato il fatto che i produttori locali di generi alimentari erano del tutto impreparati, sia riguardo alla quantità sia riguardo alla qualità, a rispondere alle specifiche esigenze di un supermercato11. Ma la difficoltà maggiore fu indubbiamente la resistenza incontrata nella concessione delle licenze. Operativa da aprile, la società dovette attendere ben sette mesi per poter inaugurare il primo punto ven-

10 Sulle aspettative prima dell’apertura cfr. l’intervista a Boogaart in Rockefeller combatterà a Milano il «caro-vita», in «Il Giorno», 15 maggio 1957. 11 ASCCM, Supermarkets Italiani S.p.A., reg. soc. 99343, vol. 2882, f. 2, tomo I, Relazione del consiglio di amministrazione al bilancio al 31 dicembre 1958.

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dita, e per i due esercizi successivi le autorizzazioni giunsero solo nel gennaio e nel giugno dell’anno successivo (per viale Monte Rosa, la mancata autorizzazione all’ultimo momento causò per ben due volte la perdita di derrate di alimentari freschi, mentre ai venticinque impiegati, nell’attesa, non si trovò di meglio che dare lezioni di inglese)12. Le licenze furono poi concesse esclusivamente per la vendita con il sistema self service – al quale Boogaart avrebbe voluto giungere gradualmente, in due o tre anni, soprattutto per alcuni settori13. In realtà, per l’apertura di questi primi supermercati si era verificato un violento scontro politico e istituzionale. Ai primi sentori dell’iniziativa, infatti, mentre la massa dei commercianti, ricordando l’esperienza della «Formica», prestava scarsa attenzione, l’Unione Commercianti comprese subito la portata dell’avvenimento e, dopo varie convulse riunioni, alla fine del 1957, nella sua sede di palazzo Besana, decise di opporsi fermamente all’apertura. In tal senso furono sensibilizzati alcuni esponenti politici comunali, sfruttando anche il peso elettorale rivestito dai commercianti. Così, dopo che la Commissione comunale ebbe espresso parere contrario al rilascio delle prime due licenze richieste dalla Supermarkets Italiani (sia perché autorizzazioni di competenza dei prefetti, sia perché non furono ravvisate le previste condizioni di «insufficienza degli spacci esistenti per le esigenze della popolazione»)14, il caso si spostò in Giunta. Qui ebbero luogo interminabili discussioni tra i fautori delle diverse

12 RAC, W.G. Broehl, IV 3A 16, box 12, folder «Italiani II», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 13 gennaio 1958. 13 RAC, W.G. Broehl, IV 3A 16, box 12, folder «Italiani I», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 29 maggio 1957. 14 Archivio del Comune di Milano (ACM), Giunta municipale, Verbali, seduta 11 marzo 1958. Un primo esposto alle autorità cittadine sulle possibili dirompenti conseguenze dell’apertura di supermercati a Milano era già stato inviato dall’Unione il 10 giugno 1957; cfr. il testo in Unione Commercianti della Provincia di Milano, Relazione sull’attività sociale dell’anno 1958, Milano, 1959, pp. 57 ss.

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posizioni, finché il sindaco socialdemocratico Virgilio Ferrari impose d’autorità la realizzazione dell’esperimento nell’interesse della cittadinanza15. Il 27 novembre 1957 fu quindi aperto il primo moderno supermercato, in viale Regina Giovanna, una zona semicentrale della città, salutato da benevoli commenti sulla stampa quotidiana: Questi grandi magazzini di generi alimentari e vari somigliano un poco a grandi scintillanti drogherie. È come avere a Milano un po’ di Nuova York o Pittsburg o Chicago. Il cliente può scegliere fra 1600 articoli inscatolati o avvolti nel cellophane, dalle mozzarelle napoletane alle pinne di pescecane, ai nidi di rondine, alla zuppa di canguro: il ben di Dio di ogni Paese16.

Fu subito chiaro che le capacità organizzative e finanziarie del nuovo gruppo erano assai diverse da quelle del primo esperimento milanese; e i piccoli commercianti, appoggiati dall’Unione, si prepararono a una difesa più serrata e concentrata dei loro interessi. Ma la seconda licenza richiesta, sempre dalla Supermarkets Italiani, per un altro supermercato ebbe una vicenda simile alla prima, come riferisce un verbale della Giunta cittadina: In data 27 novembre 1957 la Commissione per le licenze commerciali si è espressa contro la concessione della licenza suddetta in quanto «trattasi di licenza eccessivamente vasta ed eterogenea in zona già sufficientemente servita». A seguito poi di rimostranze rivolte direttamente al Sindaco da parte di rappresentanti della Soc. Supermarkets, sono emersi elementi atti a meglio precisare la natura del tipo di esercizio in oggetto, già largamente esperimentato in importanti città straniere ed avente caratteristiche calmieratrici nonché di indubbia utilità pratica per cui si è ravvisata l’opportunità di un più approfondito esame della questione. [...]

15 ACM, Giunta municipale, Verbali, seduta 11 marzo 1958. Cfr. il resoconto di un incontro tra il sindaco e i rappresentanti della Supermarkets Italiani, in cui l’esponente politico manifesta la propria disponibilità all’apertura di supermercati, per il contenimento dei prezzi e la modernizzazione dell’apparato distributivo, in RAC, W.G. Broehl, IV 3A 16, box 12, folder «Italiani I», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 15 maggio 1957. Cfr. anche Il Sindaco batte il pugno e i primi supermercati arrivano a Milano, in «Il Giorno», 28 giugno 1958. 16 Rockefeller offre pinne di Pescecane, in «Il Giorno», 27 novembre 1957.

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1957 ÂŤCorriere della SeraÂť. Articolo del 27 novembre.

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1957 Milano, 27 novembre. Viale Regina Giovanna, il primo supermarket, tutt’ora esistente. 500 mq di vendita, nessun posto macchina!

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1957 Milano, 27 novembre. Richard W. Boogaart saluta Monsignor Pignedoli all’apertura del supermarket di viale Regina Giovanna.

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1957 Milano, 27 novembre. Il dottor Schiavoni mostra a Donna Fosca Crespi e al Senatore Mario Crespi il funzionamento di un registratore di cassa. Al centro Bernardo Caprotti.

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1957 Milano, 27 novembre. Sir James Henderson saluta Monsignor Pignedoli. Segue il dottor Schiavoni con altro prelato.

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La Giunta, sentito quanto ha riferito sull’oggetto il Sindaco, […] esprime l’avviso che possa essere concessa alla S.p.A. Supermarkets Italiani la licenza per l’apertura di un esercizio di vendita di generi alimentari preconfezionati in viale Monterosa angolo via Domenichino17.

L’Unione Commercianti reagì contestando la competenza delle autorità comunali in materia di supermercati, mentre due gruppi di una cinquantina di commercianti avanzarono ricorso alla Giunta provinciale amministrativa contro le licenze concesse18. L’associazione non perse occasione per avanzare pesanti critiche nei confronti dell’operato del sindaco; tuttavia, il pubblico affollava i nuovi esercizi e domande per l’apertura di supermercati cominciavano a giungere anche da parte di altre società. Per uscire da una difficile situazione, il sindaco ordinò al Servizio lavoro e statistica del Comune un’accurata indagine per stabilire in che misura i supermercati rappresentassero un vantaggio per i consumatori, soprattutto in termini di prezzi, rispetto ai tradizionali negozi19. Dopo tre mesi di lavoro da parte di numerosi vigili ed esperti di statistica, il 27 maggio Ferrari rese noti i risultati – anche se, significativamente, il rapporto completo non fu mai divulgato. I prezzi dei supermercati, dunque, risultarono effettivamente inferiori a quelli praticati dagli altri esercenti, a volte anche in misura notevole. Non solo: a parità di condizioni, i supermercati garantivano meglio il peso, le caratteristiche originarie e l’igiene dei prodotti. E quasi a sancire l’irrevocabilità del verdetto, nella stessa seduta fu autorizzata l’apertura di altri due empori20. Nonostante le critiche dell’Unione – che aveva condotto in proprio un’inchiesta con risultati del tutto differenti –, incentrate in particolare sul fatto che i supermercati, essendo agli inizi, stavano praticando una politica dei prezzi insostenibile nel lungo periodo21, era ormai chiaro che il tentativo di bloccare 17 ACM, Giunta municipale, Verbali, seduta 17 gennaio 1958. 18 Ivi, seduta 11 marzo 1958. 19 Ivi, seduta 28 febbraio 1958. 20 Un’inchiesta «top-secret» disarmò gli oppositori dei supermercati, in «Il Giorno», 29 giugno 1958. 21 Possono coesistere Supermarkets e dettaglianti, ivi, 29 settembre 1958.

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lo sviluppo della grande distribuzione era fallito. Si trattava ora di passare a una diversa forma di opposizione, più costruttiva, che non negasse la presenza dei nuovi empori, ma cercasse di limitare i danni economici e sociali che essi avrebbero potuto apportare alla massa degli associati. Anche perché, dopo molte sollecitazioni, finalmente il ministero dell’Industria si era espresso in merito alla questione della competenza sul rilascio delle licenze per i supermercati, togliendola ai Comuni e assegnandola ai prefetti sulla base di un giudizio vincolante della Camera di Commercio e degli uffici provinciali dell’Industria e Commercio dipendenti dallo stesso ministero22. Per il momento, le prime fasi della vicenda avevano ribadito come la soluzione dei più delicati problemi di natura economica e sociale percorresse solo apparentemente i previsti canali istituzionali. Fin dall’inizio erano stati attivati canali paralleli di pressione, assai più efficaci, da una parte e dall’altra. L’Unione aveva effettuato pressioni sugli assessori a essa vicini, sollecitando la bocciatura delle domande di apertura dei supermercati; la Supermarkets Italiani, da parte sua, aveva sfruttato il tipico espediente a disposizione delle grandi aziende, e cioè il ricorso diretto all’autorità politica superiore, in questo caso il sindaco della città, saltando la mediazione dell’associazione. Il cambiamento degli interlocutori, sancito dal ministero, sollevava ora ulteriori problemi e imponeva nuove scelte agli attori di uno scontro giocato tutto sul piano politico. Da parte loro, i negozianti situati vicino ai primi supermercati non si diedero certo per vinti. A seguito dell’entrata in funzione dei nuovi empori fioccarono i ricorsi, che invocavano la loro immediata chiusura, a volte spalleggiati pubblicamente da esponenti del mondo politico23. Si tentò anche di contrastare 22 F. Forte, Per aprire i supermercati non occorrerà più l’autorizzazione dei comuni, ivi, 18 gennaio 1959. La Confcommercio prese posizione molto duramente contro la circolare diramata dal ministro Bo, temendo si trattasse di un primo passo verso la liberalizzazione delle licenze per i grandi magazzini o si volesse saltare le autorità comunali, con molte delle quali le associazioni territoriali godevano di ottimi rapporti. Cfr. Archivio della Confederazione Generale Italiana del Commercio (ACGIC), Presidenza, circolare di S. Casaltoli, Roma, 17 dicembre 1958 (riporta integralmente la nota ministeriale). Il commento è pubblicato anche in Metodo inaccettabile, in «Il Giornale del Commercio», 10 gennaio 1959. 23 Sui ricorsi presentati contro tali esercizi cfr. ASCCM, scat. 2641, f. 15/e/25, «Supermarkets Italiani».

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1959-1961 ÂŤCorriere della SeraÂť. Alcuni esempi di ingenue inserzioni pubblicitarie.

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1958 Milano, 17 giugno. Volantino pubblicitario per l’apertura del terzo supermarket in via Bergamo.

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before» 38 – Nei negozi l’accoglienza è stata ottima. […] I prodotti sono di qualità eccellente e la gente risparmia il 50%. È stata un’emozione per noi vendere uno dei prodotti alimentari preferiti dagli italiani a un prezzo che loro non avevano mai visto prima) e un laboratorio di gelateria (che riuscì a vendere persino durante l’inverno, contrariamente ai produttori italiani, che sospendevano l’attività)39. Nel 1960 a questi si aggiunsero un impianto per la torrefazione del caffè – che produceva «un prodotto qualitativamente ottimo a prezzi che, ben si può dire, non temono concorrenza sul mercato milanese» – e un magazzino per la lavorazione e lo stoccaggio di salumi e formaggi, che venivano tagliati e imballati a seconda delle esigenze di vendita, con grande risparmio di spesa40. Inoltre per la produzione di uova, fino ad allora largamente importate, ci si avvalse di un’altra società statunitense collegata all’IBEC, la Arbor Acres, che aveva sviluppato una razza di pollame particolarmente prolifica e di alta qualità41. A partire dalla metà del 1960 la Supermarkets Italiani iniziò poi a sviluppare progetti per la produzione in proprio anche di uova, polli e conigli42. Né mancarono i primi tentativi di sfruttare la marca commerciale. Il supermercato strinse accordi con vari produttori per confezionare in esclusiva, sotto una particolare etichetta, una serie di prodotti (dolci, verdure, sapone, vino, olio e aceto), con risparmi che andavano dal 10 fino al 50%; risparmi in buona parte passati ai consumatori nell’intento di far salire il volume complessivo delle vendite43.

38 Ivi, R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 4 aprile 1959, 6 aprile 1959. 39 Ivi, R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 7 ottobre 1959, 30 ottobre 1959, 8 febbraio 1960; ASCCM, Supermarkets Italiani S.p.A., reg. soc. 99343, vol. 2882, f. 2, tomo I, Relazione del consiglio di amministrazione al bilancio al 31 dicembre 1959, pp. 5 ss. 40 ASCCM, Supermarkets Italiani S.p.A., reg. soc. 99343, vol. 2882, f. 2, tomo I, Relazione del consiglio di amministrazione al bilancio al 31 dicembre 1960. Cfr. anche RAC, W.G. Broehl, IV 3A 16, box 12, folder «Italiani III», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 16 gennaio 1960, 18 gennaio 1960. 41 RAC, W.G. Broehl, IV 3A 16, box 18, Discorso di D. Haweeli al Cincinnati Council on World Affairs, Cincinnati, Ohio, 30 novembre 1962. 42 Ivi, box 18, folder «Italiani III», Mid-year Board Director Letter, Milano, 8 giugno 1960; box 12, «Italiani IV», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 20 luglio 1960; R.W. Boogaart a D. Simpson, Milano, 3 agosto 1960. 43 Ivi, box 12, folder «Italiani III», R.W. Boogaart a W.D. Bradford, Milano, 16 marzo 1959, 28 marzo 1960.

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agli albori del commercio moderno

1960 L’azienda ha la sua torrefazione e vende il caffè in grani, confezionato in sacchetti di cellophane. Prima di passare alle casse, il caffè viene macinato in negozio.

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La Supermarkets Italiani

1960 «Corriere della Sera». Pubblicità della torrefazione aziendale.

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agli albori del commercio moderno

1961 Milano, via Monte Rosa. Assaggio del caffè e primo concorso con le automobili FIAT 600.

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La Supermarkets Italiani

1959 Milano, 6 ottobre. Si apre in viale Zara il quarto supermarket, il primo dotato di parcheggio. Autore il famoso architetto Giò Ponti.

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agli albori del commercio moderno

1961 Milano, 4 gennaio. Apertura in via Morgantini del quinto supermarket, 1000 mq di vendita.

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