Antonio Sant'Elia, una ragazzo della Castellini

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ANTONIO SANT’ELIA un ragazzo della CASTELLINI


Il CdA della Fondazione Castellini sinceramente ringrazia sostenitori e sponsor che con il loro contributo volontario hanno reso possibile l’attuazione di questo progetto. Comune di Como Marcello Iantorno Pericle Bergamo Maria Antonietta Bresciani Giancarlo Carini Antonio Colombo Mario Antonio Toma Camera del Lavoro Territoriale CGIL F & F Srl Studio Brambilla & Rovelli Associati Con il patrocinio di

Con la sponsorizzazione di

Testi di Lorenzo Morandotti Coordinamento editoriale di Monica Molteni Grafica di Tomaso Baj Š 2016 Fondazione G. Castellini


ANTONIO SANT’ELIA un ragazzo della

CASTELLINI A cura di Lorenzo Morandotti


Il logo della Fondazione Castellini è stato disegnato nel 1983 da uno degli insegnanti della scuola, il professor Pierangelo Bocci


Una scuola figlia ed erede di nobili tradizioni Una scuola figlia ed erede delle più nobili tradizioni, fedele sempre al programma e agli intenti del suo fondatore Gabriele Castellini. Esemplare modello comasco di filantropia nella logica delle società di mutuo soccorso sorte in tutto il Paese alla fine dell’Ottocento, ma anche protagonista di un’avventura pedagogica al servizio della comunità e dei lavoratori comaschi. E come tale la Castellini ha preparato nel corso di 133 anni di storia generazioni di studenti, perché affrontassero con maggiore consapevolezza e più solide basi culturali l’avventura nel mondo delle professioni e la sfida del mercato del lavoro. Come ebbe modo di scrivere nell’ottantesimo dell’ istituto l’allora presidente Gaetano Zocca, proprio nel segno autorevole di Antonio Sant’Elia – che nella sede originaria di Camerlata apprese gli elementi basilari essenziali per l’esercizio della sua arte – la scuola, che ora ha sede in via Sirtori, è un fulgido esempio di coscienza del ‘ fare’, per «tutti coloro che nella vita hanno saputo costruire cose eccezionali grazie alla volontà, al coraggio, all’ottimismo, ma soprattutto grazie a questo insonne desiderio di andare sempre più avanti, di cercare in-

cessantemente i reali termini del progresso morale, economico e sociale». Questo è l’esempio che allievi illustri come il grande architetto futurista hanno rappresentato per l’ istituto comasco: studente modello che in questo volume si è deciso di celebrare con una biografia inedita che ricostruisce un periodo della sua vita poco conosciuto e che mette in rilievo aspetti della sua personalità e delle relazioni intrecciate in città e nel Comasco. Si è voluto circondarne la memoria con i ritratti di alcuni artisti che hanno studiato alla Castellini o hanno fatto parte del suo corpo docente, tra XX e XXI secolo. Numerosi infatti – ed enumerarli compiutamente avrebbe richiesto uno spazio ben maggiore – sono stati gli allievi e i docenti (e spesso le due figure si trovano a coincidere) che si sono fatti strada nel mondo dell’arte e hanno avuto riconoscimenti a livello nazionale. E rappresentano giustamente uno dei motivi di orgoglio nella storia dell’ istituto comasco. Nel presente libro ne raduniamo alcuni che sono accomunati, pur nella diversità di stili e percorsi, visioni estetiche e scelte professionali, da una passione per l’arte che ha 5


trovato nell’esperienza della Castellini incentivi e conferme. Forte di questo vasto e qualificato patrimonio didattico – che rappresenta anche una pagina importante nella storia del capoluogo lariano e un modello di etica legata al sociale – in occasione del centenario della morte del suo allievo più illustre, l’ istituzione scolastica intende, con la pubblicazione di questa inedita opera, riannodare i fili della memoria del suo glorioso passato artistico, riproponendo la biografia di Sant’Elia insieme a quelle di altri importanti artisti che hanno avuto, a diverso titolo, a che fare con la Castellini. La quale rimane degna erede della tradizione dei ‘Maestri comacini’ e nucleo di irradiazione della cultura e della formazione comasca. Ecco quindi un luogo dove l’ars maieutica di socratica memoria si può sperimentare con la massima libertà, e soprattutto con obiettivi progettuali concreti e verificabili sul campo. Ecco il perché di una scuola dove si torna a fare arte, e lo si torna a fare con lo spirito del laboratorio aperto, orientato al mondo del lavoro e alle sue sfide in continua evoluzione, ma al contempo recuperando l’anima delle botteghe d’arte rinascimentali, che svolsero in quel tempo non solo la funzione di trasmettitrici di conoscenze pratiche, di tecniche pittoriche o decorative nei vari set-

tori artigianali allora esistenti, ma anche un importantissimo ruolo didattico per la formazione di veri e propri talenti o di bravissimi artigiani. Oggi, consapevolmente e con orgoglio, possiamo dire che la Castellini, scuola professionale, nel corso di tutta la sua lunga storia non è diventata incubatrice di giovani aridamente istruiti per imparare un mestiere, senza anima, ma che essa ha impartito una valida cultura educativa e formativa. Ha reso i suoi numerosi allievi non solo dei bravi artigiani, maestri o talenti, ma soprattutto uomini capaci di disciplinare il proprio io interiore e di riuscire a comprendere il proprio valore storico e la propria funzione nella vita, da spendere in relazione con l’altro e con l’ intera comunità umana. Ecco, dunque, spiegati i motivi della pubblicazione di questo libro. Non potevano artisti come quelli che troverete nelle pagine che seguono rimanere nell’ombra o addirittura essere dimenticati; bisognava che qualcuno accendesse una luce su di loro, sul loro talento e sulla loro arte. E noi abbiamo voluto accenderla quella luce, non solo su di loro, ma anche sulla bella, interessante, importante storia della Castellini. Il Presidente della Fondazione Prof. Aniello Rinaldi

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Parte prima

ANTONIO SANT’ELIA TRA REALTÀ E VISIONE


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La formazione comasca Clemente Tajana

rizzato giustamente l’adesione al Futurismo e la morte eroica nella Grande Guerra, ma poco si conosce ancora oggi degli anni della formazione nella sua Como. Ed essendo morto giovanissimo, appare chiaro a tutti quanto sia importante scoprire quella parte della sua vita e dei suoi sogni proprio quando incominciavano a nascere in lui le nuove idee sul concetto di organizzazione degli spazi urbani, sulla città che cresce verticalmente e si rinnova, sul futuro dell’uomo che si incarna e vive nelle passioni umane e nello spirito della bellezza e dell’arte. La Fondazione Castellini, nel rendere omaggio al più illustre dei suoi ex allievi nel centenario della sua morte, intende, con questa pubblicazione, far conoscere ai comaschi, in primo luogo, qualcosa di più di Antonio Sant’Elia: idee, fatti, episodi, impegno, passioni che certamente non raccontano tutto della sua vita, ma servono a rendere più chiaro il profilo di un grande comasco, un grande italiano, un genio dell’architettura mondiale.

Premessa Di Antonio Sant’Elia sono famose in tutto il mondo le Tavole della Città Nuova del 1914, ma è poco nota la sua formazione tecnica, artistica, sportiva e umana conseguita nella città natale. Si vuole per questo motivo portare alla luce ciò che a lungo è rimasto sconosciuto, trattando degli anni della sua infanzia, adolescenza e giovinezza trascorsi nella bottega paterna, nelle Scuole Tecniche di Cantù, nella Scuola di Arti e Mestieri ‘G. Castellini’ di Como, al Club Atletico, all’Associazione Esperia. Luoghi importantissimi per la sua crescita personale e per le amicizie intraprese con artisti, sportivi e artigiani comaschi. Si parlerà inoltre del suo impegno come consigliere comunale di Como svolto nel gruppo dei ‘Socialisti Rivoluzionari’ per un anno circa. Si ritiene opportuno quindi approfondire il filone delle sue architetture realizzate a Como: dal Villino Elisi alle Colme di Brunate (1912) al disegno della ‘Torre Faro’ (1913-1914) utilizzato per la costruzione del Monumento ai Caduti di Como. La letteratura su Antonio Sant’Elia ha valo-

Nelle pagine seguenti, il registro dell’anno scolastico 1905-1906 con i voti finali di Sant’Elia.

Antonio Sant’Elia, autoritratto. 9


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ANTONIO SANT’ELIA nel 1848 ed è morta a Como nel 1922. Papà Luigi era di altezza normale e aveva i capelli scuri; mamma Cristina era alta e aveva i capelli rossi, di derivazione «normanna». La coppia ha generato tre figli: Guido (nonno di Anna Sant’Elia, testimone di alcuni preziosi dati familiari qui raccolti), che era di statura medio-alta; Giuseppina, detta Pina, di statura piuttosto piccola, sposata in Broglia, e infine Antonio, che era la versione maschile della mamma, perché rosso di capelli, alto e longilineo. Antonio è stato battezzato e ha ricevuto la prima comunione nella chiesa di San Donnino a Como, dove, alla sinistra dell’ingresso, una lapide lo ricorda tra i parrocchiani caduti nella Prima guerra mondiale. L’adolescenza I dati familiari sopra riportati sono molto importanti per capire l’esuberanza di Antonio, che come adolescente alto, rossiccio e vestito in modo estroso non rientrava nei canoni antropologici piuttosto schivi del cittadino comasco. Mio padre Francesco, nato nel 1881, abitava in via Adamo del Pero, frequentava il Ginnasio e spesso andava nella bottega Sant’Elia di via Cesare Cantù, ed essendo maggiore di qualche anno di Antonio me lo ha descritto come un ragazzino vivace, geniale e molto appassionato al disegno, in cui si esercitava nel negozio del padre sui foglietti della spesa della mamma e su qualsiasi pezzo di carta egli trovasse in giro. Racconta la nipote Anna Sant’Elia, avendolo sentito nei ricordi di zia Pina: «Antonio era vivace ma molto affettuoso e aveva un

San Donnino, parrocchia di Sant’Elia. L’infanzia Antonio è nato a Como il 30 aprile 1888, in via San Donnino, da Luigi Sant’Elia, abilissimo parrucchiere che aveva la bottega-profumeria in via Cesare Cantù, e da Cristina Panzillo, casalinga. La famiglia si è trasferita poi in via Giovio e successivamente in via Cesare Cantù, sopra la bottega del padre Luigi, celebre a Como perché solo lì si potevano trovare i raffinati profumi provenienti dalla Francia. Il padre Luigi, di famiglia cremonese, è nato a Como nel 1845 e vi è morto nel 1914; la madre Cristina è nata a Capua, in Campania, 12


ANTONIO SANT’ELIA bel rapporto con la sorella Pina e con il resto della famiglia. Era accattivante e i genitori gli davano fiducia, lasciandogli seguire, nelle scelte della vita, le sue inclinazioni». Per la passione nel disegno si è iscritto con precoce determinazione alle Scuole Tecniche di Cantù dove, per l’impegno professionale dei mobilieri canturini, il disegno era maggiormente considerato che nelle Scuole Tecniche di Como (non è casuale che l’Istituto Tecnico Statale di Cantù sia stato intitolato, nel secondo dopoguerra, proprio ad Antonio Sant’Elia). La famiglia aveva acconsentito, nonostante la fatica e il rischio nel percorrere Como-Cantù andata e ritorno in bici o in tram, perché Antonio era un adolescente simpatico, ribelle, libero di mente e difficilmente catalogabile nei canoni tradizionali. A quindici anni appena compiuti, il giovanissimo Antonio ha ottenuto con ottimi risultati la «licenza» delle Scuole Tecniche di Cantù.

La prima sede della Scuola Castellini a Camerlata.

La formazione alla Castellini Nel 1903, a quindici anni, si è iscritto alla Sezione di Costruzioni civili, idrauliche e stradali della Scuola di Arti e Mestieri ‘G. Castellini’ di Como, che allora non aveva sede in via Sirtori ma a Camerlata, in via Scalabrini, dove Antonio si recava in bici o in tram. Il periodo di studi alla Scuola Castellini è stato molto importante nella sua formazione, sia per la capacità percettiva molto alta in giovane età, sia per l’insegnamento tecnico-artistico impartito da bravi docenti come il Preside ingegner Sartori e il docente di Costruzioni ingegner Ponci. Nell’agosto

del 1906, a diciotto anni, Antonio si è diplomato «perito edile-capomastro» con punteggio 160/200: il secondo della sua classe. Dai documenti dell’Archivio della Scuola Castellini emergono due fatti importanti: il primo è che il voto più alto di tutta la classe Antonio lo ha avuto in Disegno; il secondo che il Tema d’esame riguardava la copertura a capriata ‘Polanceau’, che nel 1906 era all’avanguardia nella progettazione edilizia. Durante il triennio alla Castellini ha avuto occasione di recarsi a Brunate con l’amico Rinaldo Belluschi e visitare il cantiere di Villa Orlandi che il suo 13


ANTONIO SANT’ELIA professore Piero Ponci stava costruendo e che ha quasi sicuramente ispirato Antonio allorquando ha realizzato nel 1912 il Villino Elisi alle Colme di Brunate.

cio è impreziosito da decorazioni ad affresco e graffito diverse in ogni lato. L’opera è rimasta impressa nella mente di due allievi dell’ingegner Ponci della Scuola Castellini: Antonio Sant’Elia, che se ne ricorderà nella progettazione del Villino Elisi, e Rinaldo Belluschi, che eseguirà molti graffiti simili a Como, alcuni proprio insieme all’amico Antonio. Ponci ha molto apprezzato i disegni del suo allievo caduto in guerra ed è diventato un importante professionista progettando, tra i molti edifici, nel 1934, quello residenziale-commerciale in via Tolomeo Gallio, con struttura in ferro e finestre a nastro – che si distingue dall’eclettico e retorico Palazzo delle Poste a esso adiacente – e si colloca degnamente nell’architettura razionalista comasca.

Il ruolo del professor Piero Ponci Piero Ponci è stato una figura molto importante nella formazione tecnico-artistica di Sant’Elia, come si può facilmente dedurre da alcuni riscontri progettuali e dalla sua breve esperienza professionale. Nel 1905 l’ingegner Ponci ha realizzato la Villa Orlandi in via Pissarottino a Brunate; la villa ha una pianta a croce latina, tre piani abitabili e la copertura a spioventi pronunciati che alleggerisce l’edificio mediante quattro mansarde ai quattro affacci; l’edifi-

Le attività sportive Maurizio Casarola, nell’articolo La vecchia Como e il sogno olimpico sul quotidiano La Provincia del 31 gennaio 2016, così scrive: «Sul finire del secolo sia a Como, che nel resto d’Italia, la tendenza per la pratica sportiva era quella della ginnastica agli attrezzi. Alla società Comense si formarono i primi talenti che avevano nomi divenuti in seguito assai famosi. Sinigaglia, Sant’Elia, Taborelli, Orlandoni, Ghezzi, erano giovani virgulti della Como sportiva che andavano in via Unione (diventata via Diaz dopo la Prima guerra mondiale) per imparare le tecniche dei salti acrobatici, dei volteggi, delle flessioAntonio Sant’Elia, ragazzo comasco di vent’anni. 14


ANTONIO SANT’ELIA ni e trazioni». Antonio Sant’Elia era amico di Giuseppe Sinigaglia, nato nel 1884 e morto in guerra nell’agosto del 1916, e da studente ha sperimentato il canottaggio senza però iscriversi alla Canottieri Lario; Sinigaglia era invece prima socio della Ginnastica Comense con Sant’Elia ma, espulso alla fine del 1903 per «indisciplina», si era successivamente iscritto alla Canottieri Lario. Antonio Sant’Elia era uno sportivo eclettico e praticava molte discipline: ginnastica, corsa, salto in alto, salto in lungo, nuoto e ciclismo. Mario Confalonieri, amico del padre Luigi e padrino di battesimo di Antonio, era diventato il suo allenatore atletico. Antonio partecipava con successo alle esercitazioni di ginnastica e atletica leggera come Socio del Club Atletico e dell’Associazione Esperia. Ed era compagno di sport di Nino Torlaschi che il 10 ottobre 1935, in Ricordo di Antonio Sant’Elia su La Provincia di Como-Il Gagliardetto, ha scritto: «E come ci battevamo per la causa dello sport! Ché instintivamente sentivamo le nostre menti rese più chiare, più atte allo sforzo dello studiare e del comprendere dopo un esercizio fisico, specie se questo era compiuto all’aria aperta, sotto la sferza del sole. E pungolo a questo nostro battagliare era l’incomprensione della barbogeria, che definiva noi, se praticanti la ginnastica, dei saltimbanchi; se il canottaggio, rozzi barcaioli...». Questa testimonianza avvalora il fatto che Antonio Sant’Elia non rientrasse antropologicamente nel riservato canone comportamentale comasco ma, fosse un tipo spavaldo e soprattutto uno spirito libero.

Le amicizie artistiche comasche Antonio piaceva molto alle donne per il suo fascino e per l’originale abbigliamento che si faceva confezionare da un sarto di Milano spendendo, secondo la sorella Pina, molti soldi; aveva la fidanzata ad Erba e si recava da lei o in bicicletta o in tram, ma non la presentava mai agli amici di Como. Antonio aveva infatti amici, oltre che nello sport, anche nel mondo dell’arte e dell’artigianato: ho ricordato Rinaldo Belluschi, fondatore della omonima azienda di decorazioni murali, anche lui allievo della Scuola di Arti e Mestieri Castellini, che ha realizzato moltissimi graffiti sulle facciate e negli androni dei palazzi comaschi. Era amico del bravissimo scultore Pietro Clerici, maestro del realismo lombardo del primo Novecento e capostipite di tre generazioni di scultori comaschi, e del pittore Vincenzo Schiavio di Veleso, che dipingeva le montagne non in maniera accademica ma con forza decisamente espressionista. A Como, pur avendo il valido diploma di perito edile-capomastro conseguito alla Scuola Castellini, per oltre un anno Antonio ha svolto lavori precari e non è riuscito a trovare un’occupazione che gli consentisse di realizzare le sue visioni, che erano molto apprezzate in famiglia e dagli amici, ma che non trovavano immediata possibilità di espressione nel mondo economico comasco, caratterizzato, all’epoca, da una seria crisi edilizia. Il lavoro a Milano, le domeniche a Como Nel 1907 ha trovato finalmente lavoro stabile fra gli addetti alle opere di completamento del Canale Villoresi, grazie alle nozioni di 15


ANTONIO SANT’ELIA idraulica apprese dall’ing. Piero Ponci alla Scuola di Arti e Mestieri ‘G. Castellini’. È durante tale lavoro che ha avuto occasione di ammirare l’avveniristica centrale idroelettrica di Vizzola Ticino con le inclinate condutture forzate che Sant’Elia ha ripreso nei suoi celebri e colorati disegni delle centrali elettriche. Nel 1908 ha lavorato come collaboratore esterno all’Ufficio Tecnico del Comune di Milano in qualità di disegnatore edile; è stata una irripetibile occasione per vedere ‘la città che sale’ e le nuove tematiche tecniche e artistiche legate alla crescita della metropoli lombarda. Pur alloggiando in affitto a Milano durante i giorni lavorativi, non ha abbandonato le frequentazioni sportive, culturali e artistiche della sua città, e nei giorni festivi tornava a Como per entrare nelle sale da ballo con capigliatura folta, basettoni e abbigliamento molto originale, tale da suscitare anche qualche invidia di provincia. Coltivava un rapporto culturale e di amicizia con Margherita Sarfatti, che abitava nella sua villa di Cavallasca ed era un’importante critica d’arte, sostenitrice del ’900 in pittura e in architettura. La Sarfatti, che aveva perduto il figlio Roberto di soli diciassette anni nella grande guerra del 1915-1918 sul Col d’Ercole, dedicherà alla morte di Antonio, nel 1916, una bellissima poesia che è conservata nella raccolta della famiglia Sant’Elia. Margherita Sarfatti è diventata poi, negli anni Trenta, amica di Giuseppe Terragni e di Luigi Zuccoli, il quale la descrive in Quindici anni di vita e di lavoro con l’amico e ma-

estro architetto Giuseppe Terragni (Como, Nani, 1981). Antonio Sant’Elia ha continuato con gli amici a nuotare nelle acque lariane, a ballare nelle sale comasche e a produrre interessanti schizzi per amici, fra i quali studi per decorazioni architettoniche esterne e arredi fissi interni. Nel 2006, la fiction della RAI I colori della gioventù dedicata al pittore Boccioni, con la regia di Gianluigi Calderone, è stata fedele nella scelta dell’interprete di Antonio Sant’Elia: Guido Eraldo Maria Caprino, attore alto, magro e dal volto simile, ma gli occhiali appoggiati sul naso del personaggio cinematografico Sant’Elia non li aveva mai portati! La nipote Anna Sant’Elia afferma: «Di mio zio Antonio viene data dagli studiosi (nelle mostre e negli scritti) una immagine di architetto impegnato ma apparentemente staccato dagli affetti; invece, dai racconti di zia Pina, fatti a me da ragazza, ho impressa l’immagine di un giovane affettuoso, dotato di talento, grande fascino, eleganza innata, ma soprattutto di una grande capacità di sognare. I genitori lo hanno capito e lasciato libero; accettavano le sue scelte perché avevano a che fare con un figlio molto geniale: Antonio aveva la capacità di sognare il futuro che oggi è il presente». L’esperienza all’Accademia di Brera Nel 1909, dopo aver superato l’esame di ammissione al primo corso, si è iscritto all’Accademia di Brera a Milano. L’ Accademia era presieduta da Camillo Boito e la Scuola di Architettura era diretta da Gaetano Moretti. Del periodo trascorso all’Accademia di Bre16


ANTONIO SANT’ELIA ra si rinvia il lettore alla trattazione fatta in Antonio Sant’Elia-L’opera completa (Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1987). Mi preme sottolineare, però, che dal punto di vista tecnico-architettonico i principi informatori sono rimasti in Sant’Elia quelli della Scuola di Arti e Mestieri ‘G. Castellini’ di Como perché, come scrive Eva Tea in L’Accademia di Belle Arti a Brera (Firenze, Le Monnier, 1941) a proposito dell’insegnamento dell’architettura a Brera: «Troppa poca importanza, nonostante le quotidiane e ripetute osservazioni mie e dei miei assistenti, vien data alla conoscenza della evoluzione storica delle forme architettoniche in rapporto alle leggi strutturali...». Certamente Piero Ponci, docente alla Scuola Castellini, non aveva commesso tale errore, perché aveva una solida e profonda conoscenza delle leggi strutturali, come si evince dai progetti di alto livello tecnico e architettonico da lui redatti. All’Accademia di Brera, Antonio è diventato amico di molti artisti tra cui lo scultore Giovanni Possamai, i pittori Achille Funi, Mario Chiattone e Carlo Carrà; si è legato particolarmente a Gerolamo Fontana, scultore, con cui ha avuto occasione di collaborare alla costruzione del Villino Elisi. A Como tornava però sovente, per incontrarsi con la fidanzata di Erba, praticare le attività sportive e coltivare le numerose amicizie di artisti, artigiani e imprenditori del luogo.

Il villino Elisi a Brunate. Longatti, ha progettato per il Longatti il Villino Elisi alle Colme di Brunate. Antonio, nell’architettura della villa, ha richiamato gli spioventi pronunciati della Villa Orlandi realizzata dal suo maestro Piero Ponci a Brunate, ma si è trovato di fronte a nuovi e difficili problemi strutturali, data la forte pendenza del terreno. La villa ha infatti l’ingresso al livello della strada delle Colme e si innalza raggiungendo il pianoro del piano giorno a una quota di ben quattro metri più in alto; si eleva col piano notte all’altezza di otto metri dall’ingresso e infine svetta con la torretta verso il cielo. L’architetto ha dimostrato qui una notevole audacia strutturale, realizzando al piano giorno un ampio terrazzamento sostenuto da un alto muro di sostegno e raggiungen-

Il primo progetto realizzato a Como Nel 1912, grazie all’amicizia col padrino di battesimo e allenatore sportivo Mario Confalonieri, genero dell’imprenditore Romeo 17


ANTONIO SANT’ELIA

Particolare delle decorazioni del Villino Elisi.

Klimt, ai quali Fontana e Sant’Elia si sono ispirati nella raffinata decorazione del Villino. L’opera realizzata sul timpano non è più visibile perché, degradatasi nel tempo, è stata cancellata nei successivi passaggi di proprietà.

do, con l’aiuto di elementi strutturali in calcestruzzo, altezze inusuali a Como. Nel villino si legge la passione che Antonio aveva per lo slancio verticale dell’architettura, che svilupperà due anni dopo nei disegni delle case a gradoni con ascensori esterni e negli edifici monumentali con scalinate, che lo hanno reso famoso nel mondo. Nel timpano superiore del Villino Elisi, assieme all’amico scultore Gerolamo Fontana, ha realizzato un affresco con bassorilievi fitomorfi ispirati alle decorazioni viennesi della «Secessione». È documentata infatti la sua presenza alla Esposizione Internazionale a Roma del 1911 dedicata all’arte, dove il padiglione austriaco era stato progettato da Josef Hoffmann e nel quale erano esposti i dipinti di Gustav

L’esperienza politica comasca Dopo aver fatto parte a Milano del Gruppo Nuove Tendenze, del quale si rimanda alla trattazione fatta in Antonio Sant’Elia-L’opera completa, si era reso conto che le sue idee sull’architettura erano state un po’ enfatizzate dal Gruppo, alle cui riunioni egli partecipava ma raramente prendeva la parola. Nell’estate del 1914 si presenta, avendo maturato un forte interesse verso la comunità, candidato con i socialisti rivoluzionari a Como nelle elezioni amministrative del 1° luglio. Pur vivendo durante la settimana a 18


ANTONIO SANT’ELIA Milano, Antonio, che era molto conosciuto a Como, come abbiamo già avuto modo di dire, soprattutto negli ambienti sportivi e artistici, viene eletto con 2439 voti, che erano veramente tanti in quel tempo, diventando così consigliere comunale di minoranza. Nella seconda metà dell’anno 1914, tenendo fede all’impegno politico-amministrativo, o forse perché si era idealmente allontanato dagli amici del gruppo, non ha più partecipato alle manifestazioni interventiste dei futuristi a Milano. Nel 1914 il gruppo consigliare socialista ha preso posizione riguardo alla collocazione del nuovo Palazzo delle Poste, quando l’Asssessore ingegner Francesco Somaini, come si legge nei documenti dell’Archivio del Comune di Como, aveva proposto di costruirlo in via Ballerini, zona Cortesella, per avviarne il risanamento, anziché in via Tolomeo Gallio. Il gruppo socialista, e in particolare il consigliere Beltramini, si oppose a tale proposta difendendo la precedente indicazione di via Tolomeo Gallio, perché logisticamente più baricentrica, meno onerosa e più opportuna per salvaguardare l’occupazione nelle attività edilizie allora in crisi.

Particolare dello stile ‘Floreale’ nello Studio per la facciata di un edificio. Inchiostro nero su carta a quadretti (1910), Como, Pinacoteca civica.

I progetti tra il 1914 e il 1915 a Como Il 19 gennaio 1914 è morto il padre Luigi a soli sessantanove anni e Antonio ha realizzato diversi disegni per la tomba al Cimitero Monumentale di Como; la tomba è stata però realizzata soltanto in forma molto provvisoria, ma di essa, per la scadenza del termine di concessione, non è rimasta alcuna traccia. Antonio, dopo aver lavorato principalmente

a Milano, è stato finalmente apprezzato anche nella sua città, e nel 1914 è stato incaricato di progettare «facciate e parterre» di due edifici scolastici: la scuola nel quartiere popolare Viganò e la scuola Francesco Baracca di via Brambilla, incarichi che ha accettato con grande entusiasmo. Il progetto della scuola del quartiere Viganò, all’angolo tra via Leoni e via Anzani, è sta19


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to concepito come elemento di nobilitazione del quartiere popolare, con due ingressi segnati nella facciata per tutta l’altezza sino alla copertura con decorazioni che si riallacciano alle opere viennesi di Otto Wagner e di Josef Hoffmann. Ma tale opera, per mo-

Progetto della scuola nel quartiere Viganò. tivi economico-politici, non è stata realizzata e verrà progettata più a sud, nel secondo dopoguerra, dagli architetti Silvio Longhi e Ico Parisi. Antonio Sant’Elia ha progettato quasi contemporaneamente la facciata e il parterre, con recinzione a muretti e cancellata, della scuola Francesco Baracca di via Brambilla. La facciata è stata però eseguita alla fine della Prima guerra mondiale non rispettando perfettamente i disegni di Sant’Elia; nella realizzazione dei putti che fanno parte dei graffiti tra le finestre dell’ultimo piano e che reggono le corone dedicate ai grandi persoRecinzione dell’ ingresso della scuola di via Brambilla. 20


ANTONIO SANT’ELIA naggi del passato (Plinio, Giovio, Parini e Volta), l’artigiano che ha eseguito il graffito ha però captato lo spirito e l’energia degli schizzi nervosamente disegnati con inchiostro e matita su carta da Sant’Elia. Il restauro della facciata del 1998, effettuato da parte del Comune di Como, con la direzione dei lavori del sottoscritto, è stato effettuato egregiamente da G. Luzzana di Civate, che ha messo in luce i putti reggifestoni ‘graffiati’ riprodotti con mano energica dall’artigiano che aveva capito la forza espressiva degli schizzi originari. Nel citato volume Antonio Sant’Elia-L’opera completa, si riporta che Sant’Elia ha progettato la ‘recinzione della scuola’ e che è stata eseguita più fedelmente della facciata. La recinzione di uno spazio aperto è di fat-

A sinistra: putto disegnato da Sant’Elia. A destra, putti realizzati dopo la sua morte. Sotto: progetto per la sede della Società dei Commessi. to un’opera di architettura; Sant’Elia non ha infatti progettato una semplice recinzione, ma un parterre di accesso alla scuola con doppia scalinata che ha riqualificato l’intero spazio urbano dell’anonima via Brambilla. I muri graffiti alternati alle parti di recinzione metallica sono la conseguenza della intuizione spaziale di un importante sagrato di preparazione all’entrata nell’edificio scolastico, attualmente dedicato a Francesco Baracca per la Scuola Elementare e a Giacomo Leopardi per la Scuola Media. Nel progetto di restauro del 1998 non era contemplato il restauro dei muri su strada con i graffiti, perché degradati e coperti da particellato atmosferico e polveri dovute al traffico e alla sosta delle automobili tuttora molto invasive. Sempre nel 1914, Antonio Sant’Elia ha progettato su commissione 21


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Sopra: l’edificio di via Cesare Cantù. A destra: particolare della decorazione della facciata.

ladiana; invece il progetto della Sede della Società dei Commessi non realizzato è più moderno e si avvicina all’avanguardia inglese di Charles Rennie Mackintosh. Nel 1915, su incarico del proprietario dello stabile Luigi Savonelli, Sant’Elia ha progettato la decorazione della facciata dell’edificio di via Cesare Cantù, dove il padre aveva la bottega e nella quale egli aveva conosciuto molti amici: Clerici, Confalonieri, Torlaschi, Schiavio, Sinigaglia ecc. Rinaldo Belluschi, ex compagno della Scuola Castellini, è stato incaricato della realizzazione dei graffiti della facciata, ma vi è stato anche l’intervento in cantiere di Antonio, che ha realizzato le straordinarie «pigne» fi-

la Sede della Società dei Commessi, all’angolo di via Rezzonico a Como, impostando l’edificio con sapienza e creatività. Antonio che aveva certamente visto e studiato l’edificio d’angolo tra via Perti e via Vittorio Emanuele II, progettato dall’architetto Federico Frigerio e dall’ingegner Antonio Giussani, ne ha tratto probabilmente spunto per l’ingresso ad angolo e per la distribuzione interna degli spazi attraverso l’atrio centrale. L’edificio di via Perti è in stile eclettico, con semicolonne ispirate all’architettura pal22


ANTONIO SANT’ELIA tomorfe, dove il fogliame forma una spirale che genera le prospettive spaziali. La targa lapidea posta in basso a destra ricorda che Antonio Sant’Elia ha abitato in quella casa e ne descrive la morte eroica. Ma non accenna al fatto che lui stesso ne aveva progettato la facciata.

la famiglia il 30 giugno 1916, scriveva: «tanti baci. sto bene. non e’ vero che sono partito volontario. baci. an.» (collezione Accetti, Milano). La nipote Anna racconta in proposito: «Nel leggere le cartoline spedite alla nostra famiglia dal fronte emergono insieme grande entusiasmo ma anche tanta fatica. In guerra lo zio Antonio girava senza elmetto perché lo infastidiva, era nervoso e fumava moltissimo». Assegnato al Campo di Monfalcone, vi moriva il 10 ottobre del 1916, durante l’ottava battaglia dell’Isonzo, colpito in fronte da una pallottola del fuoco nemico. Fu sepolto nel cimitero militare della Brigata Arezzo di Monfalcone che lui stesso aveva disegnato al Campo. Durante la seduta del Consiglio Comunale del 27 ottobre 1916, il capogruppo socialista avvocato Angelo Noseda lo ha commemorato, come riportato nel documento dell’Archivio del Comune di Como, con queste parole: «Egli era una speranza, una grande speranza per noi, per il partito nostro ed anche per l’arte. Si era fatto tutto da sé, senza alcun aiuto, soltanto per forza propria, per volontà propria». Le sue spoglie sono state trasportate al cimitero monumentale per decisione della Giunta Municipale di Como del 22 ottobre 1921 e deposte nella Cella del Cimitero Maggiore destinata ai concittadini benemeriti e ai Martiri della Patria. La sorella Pina e il cognato Broglia hanno voluto tramandare ai

La guerra e la fine Antonio Sant’Elia non era partito volontario per la guerra, come più volte si è detto, ma aveva nel 1915 chiesto di fare l’addestramento nel Battaglione Lombardo Ciclisti, sia per la sua nota passione per il ciclismo, sia per stare in compagnia con i molti amici artisti che si era fatto nell’ambito milanese. Per il periodo di addestramento, il Battaglione si era installato a Gallarate, nella scuola elementare; il 30 novembre 1915 il Battaglione è stato sciolto e il 6 dicembre Antonio, congedato, è tornato a Como. È stato subito dopo chiamato in guerra al fronte, ma nella cartolina postale, spedita al-

L’ultima foto, scattata dal suo attendente nel luglio 1916 a Monfalcone. 23


ANTONIO SANT’ELIA posteri il ricordo di Antonio con una bella lapide in bronzo che rappresenta il volto giovanile e fiero del genio comasco dell’architettura. Il Monumento ai Caduti di Como Nel settembre del 1930, su proposta di Marinetti, al Broletto di Como, il disegno di Antonio Sant’Elia Monumento con lanterne del 1912, post-datato a matita per mano dello stesso autore al fine di collocarlo assieme alle altre tavole del 1914, è stato scelto come base per il progetto del Monumento ai Caduti. Il progetto, noto anche come Torre faro, dopo una prima rivisitazione di Prampolini, è stato elaborato dallo studio di Attilio Terragni e Giuseppe Terragni di via Indipendenza a Como. Il Monumento è stato terminato nel 1933, in stile Novecento. I fratelli Terragni hanno sostanzialmente rispettato lo slancio verticale degli elementi portanti, la monumentalità della doppia scalinata passante, l’eleganza del basamento che termina nei quattro angoli semicilindrici, ma si è persa un po’ dell’energia del disegno originario per la mancata realizzazione delle due lanterne che Giuseppe Terragni aveva pure riproposto con insistenza. L’ing. Attilio Terragni, nello stendere il progetto esecutivo con il fratello Giuseppe, controllando le dimensioni delle sezioni degli elementi verticali del disegno di Sant’Elia e la superficie del basamento in rapporto alla portanza del terreno, ha compreso che Antonio aveva disegnato, anche senza allegare la planimetria, un progetto effettivamente realizzabile e non una astratta utopia.

Antonio Sant’Elia, Monumento con lanterne del 1912. A fronte: il Monumento ai Caduti di Attilio e Giuseppe Terragni, elaborato sulla base del disegno di Sant’Elia. La realizzabilità dei disegni di Sant’Elia Riguardo la realizzabilità dei disegni di Sant’Elia ho potuto verificare che egli fosse 24


ANTONIO SANT’ELIA

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