Gli Stranieri

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ISSN 1720-4402

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numero 2.2010 anno XVII

Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – 70% Viterbo Aut. C/VT/069/2010

Rivista quadrimestrale

Rassegna di studi e giurisprudenza

in questo numero

Giandonato Caggiano, Andrea Mondini, Pierluigi Consorti, Adele del Guercio, Chiara Gabrielli, Claudia Mazzucato, Gabriele Marra, Massimiliano Vrenna, Matteo Marchini, Michele Mariella, Martina Guidi



numero 2.2010 anno XVII

Rassegna di studi e giurisprudenza

Foto di copertina: Š Stefano Porta, Voglia di integrazione menzione speciale Associazione Nazionale Funzionari di Polizia. Dalla prima edizione del concorso fotografico nazionale Identità e culture di una Italia multietnica organizzato da Progetto ImmigrazioneOggi Onlus.


Rassegna di studi e giurisprudenza quadrimestrale Comitato scientifico Paolo Benvenuti, Università Roma Tre Luciano Eusebi, Università Cattolica del Sacro Cuore Gilda Ferrando, Università di Genova Adriano Giovannelli, Università di Genova Bruno Nascimbene, Università di Milano Sandro Staiano, Università di Napoli Direzione Giandonato Caggiano, Università Roma Tre Aristide Canepa, Università di Genova Paolo Morozzo della Rocca, Università di Urbino Fondatore e direttore responsabile Raffaele Miele Comitato di redazione Roberta Bonini, Chiara Gabrielli, Matteo Marchini, Ilaria Ottaviano Segreteria di redazione Sabrina Manfredi e-mail: redazione@glistranieri.it Progetto grafico e impaginazione Massimo Giacci Redazione e amministrazione Studio immigrazione sas Via del Giglio, 3 - 01100 Viterbo Tel. 0761 326685 - Fax 0761 290507 www.studioimmigrazione.it e-mail: amministrazione@studioimmigrazione.it Editore e proprietario della testata Studio immigrazione sas

ISSN 1720-4402 Registrazione Tribunale di Viterbo, n. 406 del 20 marzo 1994 Gli articoli firmati esprimono il pensiero dell’Autore e non impegnano la Rivista.


Sommario

Articoli Giandonato CAGGIANO La tutela dei diritti degli stranieri nel sistema della Convenzione europea dei diritti umani

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Andrea MONDINI Lo “straniero” nel diritto tributario

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Pierluigi CONSORTI Pacchetto sicurezza e matrimonio concordatario

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Adele DEL GUERCIO Respingimenti di migranti verso la Libia e obblighi dell’Italia in materia di rispetto dei diritti umani

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Chiara GABRIELLI L’opinio juris del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dell’UNHCR sulle intercettazioni in mare

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata Claudia MAZZUCATO Il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. La posizione della Corte Costituzionale e i persistenti dubbi di legittimità riguardo a una norma “lucidamente incoerente” Nota alla sentenza della Corte Costituzionale 5 luglio 2010, n. 250

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Gabriele MARRA Criminali “irregolari”, eguaglianza e diritto penale del fatto Nota alla sentenza della Corte Costituzionale 8 luglio 2010, n. 249

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Sommario

Massimiliano VRENNA La sentenza della Corte costituzionale n. 269/2010 sulla legge regionale toscana dell’immigrazione: prime considerazioni Nota alla sentenza della Corte Costituzionale 22 luglio 2010, n. 269

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Matteo MARCHINI Il respingimento alla frontiera dello straniero privo del visto di reingresso Nota alla sentenza del Tar Lazio, Sez. I quater, 4 giugno 2010 n. 15340

171

Michele MARIELLA L’ostatività della condanna penale al rilascio e al rinnovo del permesso di soggiorno Nota alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 giugno 2010 n. 3648

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Martina GUIDI Rinvio alla Corte di giustizia su questioni di compatibilità tra il diritto comunitario e una normativa nazionale concernente controlli nelle zone transfrontaliere Nota alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue, 22 giugno 2010, Melki e Abdeli, cause riunite C-188/10 e C-189/10

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Articoli



Giandonato Caggiano

La tutela dei diritti degli stranieri nel sistema della Convenzione europea dei diritti umani SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Il sistema di garanzia convenzionale. - 3. Le caratteristiche della giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani. - 4. L’estensione della giurisdizione degli Stati contraenti. - 5. I diritti degli stranieri nella fase di ammissione o allontanamento. - 6. La detenzione amministrativa dei richiedenti-asilo. - 7. La tutela dei richiedenti asilo nei confronti dello Stato competente secondo il Regolamento Dublino II. - 8. Diritto alla vita, divieto della tortura e riduzione in schiavitù. - 9. Rimedi giurisdizionali sul piano interno, misure provvisorie della Corte e assicurazioni diplomatiche. - 10. Il diritto alla vita familiare. - 11. La libertà di religione. - 12. La libertà di espressione.

1. A sessant’anni dalla sua apertura alla firma, la Convenzione di Roma per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali 1 offre agli stranieri un elevato livello di tutela, di cui approfondiremo in questo lavoro gli sviluppi più recenti 2.

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Questo articolo è dedicato al sessantesimo anniversario della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, elaborata nell’ambito del Consiglio d’Europa, aperta alla firma, a Roma, il 4 novembre 1950 ed entrata in vigore il 3 settembre 1953. Un’occasione di nuovo rilancio della Convenzione è costituita dall’entrata in vigore, il 10 giugno 2010, del Protocollo 14 (STCE 194). 1 D’ora in poi: Convenzione o sistema convenzionale. Gli articoli della Convenzione sono citati in questo lavoro senza ulteriore specificazione. 2 Per approfondimenti sulla giurisprudenza della Corte europea e per la bibliografia in materia, si rinvia a B. NASCIMBENE, La Convenzione, la condizione dello straniero e la giurisprudenza in B. NASCIMBENE (a cura di), La Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Profili ed effetti nell’ordinamento italiano, Milano, 2002, p.153 ss. Tra le opere più recenti, v. anche L. CAFLISCH, La Convention européenne des droits de l’homme et les étrangers, in Studi di diritto internazionale in onore di Gaetano Arangio-Ruiz, Napoli, 2005, vol. III, p. 1857 ss.; H. LAMBERT, The Position of Aliens in Relation to the European Convention on Human Rights, Strasbourg, 2006; J. MCBRIDE, Access to Justice for Migrants and Asylum-seekers in Europe, Strasbourg, 2009. Per un’analisi sui diritti dei “sans papiers”, v. G. PALMISANO, Il trattamento del migrante clandestino, in E. TRIGGIANI (a cura di), Europa e Mediterraneo. Le regole per la costruzione di una società integrata, Atti del XIV Convegno della SIDI, Napoli, 2010, p. 319 ss.

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Articoli

La giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani 3 conferisce, al contempo, “ispirazione” e coerenza all’intero sistema di giurisdizione multilivello 4, che comprende anche i giudici nazionali, le corti costituzionali e la Corte di Giustizia dell’Unione europea. La sussidiarietà tra tutela nazionale e garanzia sovranazionale 5 non deriva soltanto dalla regola del “previo esaurimento delle vie di ricorso interno” 6, ma anche dal controllo della Corte sull’esistenza di idonei rimedi giurisdizionali negli ordinamenti nazionali. La Convenzione è immediatamente applicabile 7 e i giudici nazionali sono chiamati all’interpretazione conforme delle norme interne 8.

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D’ora in poi: Corte europea o Corte. Le citazioni delle sentenze sono riportate secondo il sistema della lista originale disponibile sul suo sito, v. European Court of Human Rights, Publications Unit, List of Judgments, Advisory Opinions and Published Decisions in Alphabetical Order (Last update: 29 July 2010); Grand Chamber Judgments, Advisory Opinions and Decisions (2 July 2010). 4 La giurisprudenza della Corte europea contribuisce a determinarne anche il contenuto dei diritti fondamentali nel sistema dell’Unione. La tematica esula dall’ambito del presente lavoro. La bibliografia in materia è ormai sterminata e tende a crescere per effetto del negoziato di adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea. 5 Da ultimo, J. CHRISTOFFERSEN, Fair balance: Proportionality, subsidiarity and primarity in the European Convention on Human Rights, Leiden, 2009. 6 V. per tutti R. PISILLO MAZZESCHI, Esaurimento dei ricorsi interni e diritti umani, Torino, 2004. 7 Sul carattere self-executing della Convenzione, v. per tutti, U. VILLANI, Sul valore della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nell’ordinamento italiano, in SIE, 2008, p. 7 ss. La Corte costituzionale ha stabilito, nelle sentenze 348 e 349/2007, che le disposizioni della Convenzione svolgono la funzione di “norma interposta” nel giudizio di costituzionalita (ex art. 117, I comma Cost.). Sullla questione, v. G. GAJA, Il limite costituzionale del rispetto degli “obblighi internazionali”: un parametro definito solo parzialmente, in RDI, 2007, p. 136 ss.; E. CANNIZZARO, Sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e ordinamento italiano in due recenti decisioni della Corte Costituzionale, ivi, p. 138 ss.; L. CONDORELLI, La Corte costituzionale e l’adattamento dell’ordinamento italiano alla CEDU o a qualsiasi obbligo internazionale?, in DUDI, 2008, p. 301 ss.; G. CATALDI, Convenzione europea dei diritti umani e ordinamento italiano. Una storia infinita, ibidem, p. 325 ss.; A. BULTRINI, Le sentenze 348 e 349/2007 della Corte: l’inizio di una svolta?, in DPCE, 2008, p. 171 ss.; R. CAFARI PANICO, L. TOMASI, Il futuro della Cedu tra giurisprudenza costituzionale e diritto dell’Unione, ibidem, p. 186 ss.; E. SCISO (a cura di), Il rango interno della Convenzione europea dei diritti dell’uomo secondo la più recente giurisprudenza della Corte costituzionale, Roma, 2008; A. SPADARO, C. SALAZAR (a cura di), Riflessioni sulle sentenze 348/349 del 2007 della Corte costituzionale, Milano, 2009. A seguito delle due sentenze in parola, rispettando l’impegno di non-sindacare l’interpretazione delle norme operata dalla Corte di Strasburgo (sent. n. 349), la Consulta prosegue la valutazione del diritto interno alla luce della Convenzione, v. sentenze n. 56, 239 e 311 e ordinanze n. 143 e 162 del 2009; nonchè sentenze di incostituzionalità n. 39/2009, relativa alle disposizioni della legge fallimentare e n. 317/2009, sull’inappellabilita di una condanna da parte di un imputato contumace. 8 Nella sentenza n. 311/2009, la Corte costituzionale sottolinea il ruolo centrale del giudice nazionale, in quanto giudice comune della Convenzione. Nella sentenza 317/2009, ha precisato, tra

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Andrea Mondini *

Lo “straniero” nel diritto tributario SOMMARIO: 1. Introduzione e delimitazione dell’indagine. - 2. Immigrazione e fiscalità: lo status civitatis e lo status di contribuente. - 3. Criteri di territorialità e carattere reale o personale dell’imposizione. - 4. Irrilevanza della nazionalità e nozione di residenza fiscale ai fini della imposizione sul reddito. - 5. Il differente trattamento fiscale dei residenti e dei non residenti ai fini dell’imposta sul reddito. - 6. Segue: la disciplina delle detrazioni per carichi di famiglia spettanti ai contribuenti non residenti e ai soggetti extracomunitari residenti. - 7. Il problema della doppia imposizione economica internazionale. - 8. Territorialità e residenza fiscale nella disciplina di altre imposte (imposte patrimoniali, imposta di registro, imposte sulle successioni). - 9. Aspetti procedimentali: il “domicilio fiscale” e la disciplina delle notificazioni degli atti tributari ai soggetti non residenti. - 10. La nazionalità è davvero irrilevante? Il caso del cittadino emigrante. - 11. Il mancato coordinamento tra legislazione fiscale e legislazione amministrativa relativa al permesso di soggiorno. - 12. I riflessi fiscali comunitari dell’acquisto della cittadinanza europea da parte degli stranieri extracomunitari: lo status di contribuente europeo. - 13. Conclusioni.

1. Le problematiche legate alla dimensione internazionale delle vicende economiche e alla nazionalità dei contribuenti sono oggi particolarmente attuali nel diritto tributario. Il diritto tributario internazionale e/o comunitario, da semplice partizione interna al settore, ha ormai acquisito un’autonoma dignità scientifica 1. Negli studi di impronta internazionalistica viene di solito privilegiata una prospettiva di analisi incentrata sull’impresa multinazionale e sulle vicende internazionali dell’impresa, e in particolar modo di quella condotta in forma societaria o comunque attraverso strutture entificate. Ciò si giustifica alla luce delle importanti implicazioni economiche della fiscalità internazionale e del ruolo crescente che il diritto comunitario va rivestendo nei settori dell’imposizione diretta soprattutto grazie alla giurisprudenza della Corte di Giustizia. *

Ricercatore di diritto tributario, Università di Bologna Si vedano ad esempio tra le pubblicazioni più recenti: L. CARPENTIERI, R. LUPI, D. STEVANATO, Il diritto tributario nei rapporti internazionali, Milano, 2003; A. DI PIETRO (a cura di), Lo stato della fiscalità nell’Unione Europea: l’esperienza e l’efficacia dell’armonizzazione, Roma, 2003; V. UCKMAR (a cura di), Diritto tributario internazionale, Padova, 2005; C. GARBARINO, Manuale di tassazione internazionale, Milano, 2008; P. BORIA, Diritto tributario europeo, Milano, 2010. 1

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Articoli

Nei confronti delle implicazioni fiscali dei fenomeni migratori che interessano le persone fisiche, l’attenzione della dottrina, seppure non assente, è invece tendenzialmente minore, o quantomeno si manifesta in modo non sistematico, seppure con alcune rilevanti eccezioni (ad esempio in relazione alla libertà di circolazione dei lavoratori in ambito comunitario). Finora risulta invece meno diffusa una riflessione sull’interazione tra i diritti e dei doveri legati alla dimensione fiscale, da una parte, e lo status di cittadinanza europea e ai diritti ad esso connessi (compreso quello di circolazione), dall’altra. Come anche una riflessione sistematica, più in generale, su quella che potremmo chiamare la “fiscalità della persona migrante”, con particolare riferimento alle realtà extracomunitarie. In particolare, il coordinamento tra la disciplina delle imposte e le altre legislazioni di settore (amministrativa, penale, ecc.) che concernono l’immigrazione, non sempre risulta agevole, e meriterebbe certamente un approfondimento, anche per verificare la complessiva coerenza dell’intero ordinamento nazionale rispetto ad un fenomeno di “internazionalizzazione” dei rapporti giuridici (economici, sociali, familiari), che tende peraltro a essere trattato in modo diverso secondo che si svolga o meno nella dimensione comunitaria. Nell’ottica del “sistema giuridico”, poi, è un dato di fatto che il fenomeno migratorio susciti questioni e problemi di maggiore impatto sociale e risonanza pubblica in settori dell’ordinamento diversi da quello tributario, il quale è tradizionalmente caratterizzato da un suo proprio “particolarismo” rispetto agli altri diritti. Ciò deve allora essere di stimolo per approfondire sotto il profilo fiscale una questione di carattere “globale”, e interdisciplinare, come l’immigrazione. Lungi dal volere, qui, perseguire un obiettivo così ambizioso, con questo breve contributo si intende piuttosto offrire un’introduzione, in termini ampiamente generali, ai temi del diritto tributario internazionale che più da vicino interessano il fenomeno migratorio e la condizione giuridica dello “straniero” in Italia. Pertanto l’attenzione sarà concentrata essenzialmente sul regime fiscale di alcune delle principali imposte che gravano sulle persone fisiche, senza estendere il discorso a persone giuridiche ed enti, la “circolazione” delle quali solleva problematiche distinte. Si tenterà poi di offrire qualche spunto di riflessione su temi più specificamente legati al rapporto tra la normativa fiscale e la disciplina di diritto pubblico dell’immigrazione, a guisa, anche qui, di introduzione generale a questioni da approfondire eventualmente in ulteriori lavori. Infine, parlando di “straniero” si sottolinea che ci si riferirà essenzialmente ai cittadini non comunitari, rispetto ai quali si pone maggiormente il problema di tutelare posizioni giuridiche soggettive, anche al di fuori dei diritti fondamentali, nell’attuazione del rapporto giuridico d’imposta. Rispetto ad essi, infatti, la questione dell’uguaglianza – o meglio della giustificazione della disparità di trattamento – nel prelievo tributario, non trova, come nel caso del cittadino

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Pierluigi Consorti *

Pacchetto sicurezza e matrimonio concordatario SOMMARIO: 1. La capacità matrimoniale dello straniero prima del pacchetto sicurezza. - 2. La novella dell’art. 116 c.c.. - 3. Il diritto al matrimonio nel pacchetto sicurezza. - 4. Art. 116 c.c. e matrimonio concordatario. - 5. Pubblicazioni civili e matrimonio concordatario. - 6. Trascrivibilità del matrimonio concordatario di cittadino straniero che non documenta la regolarità del soggiorno. - 7. Matrimonio concordatario degli stranieri non cattolici. - 8. Conclusione.

1. La capacità matrimoniale dello straniero in Italia è regolata dall’art. 116 c.c. Fino alla recente novella prodotta dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, essa era subordinata alla presentazione da parte dello straniero di una dichiarazione rilasciata dalla autorità competente del proprio Paese dalla quale risultasse che, giusta le leggi a cui egli è sottoposto, nulla osta al matrimonio 1. Si tratta della logica conseguenza del noto principio generale per cui lo status personale è regolato dalla legge nazionale cui è sottoposta ciascuna persona fisica, che si trova peraltro solennemente richiamato nell’art. 27 della legge di riforma del diritto internazionale privato (legge 218/1995). Tale principio generale è tuttavia in parte mitigato dalla clausola di salvezza che il medesimo art. 27 della legge 218/1995 pone a favore della conservazione dello stato libero che uno dei nubendi avesse acquistato per effetto di un giudicato italiano o riconosciuto in Italia, nonché dalle ulteriori precisazioni contenute nell’art. 116 c.c., che da un lato chiariscono la soggezione dello straniero alle disposizioni contenute negli articoli 85, 86, 87 – numeri 1, 2 e 4 – 88 e 89 c.c., e dall’altro sottopongono al regime delle pubblicazioni solo lo straniero che ha il domicilio o la residenza in Italia. La precisione con cui la legge procede all’elencazione di tali requisiti deputa a vantaggio della loro tassatività. Pertanto, lo straniero che voglia contrarre matrimonio in Italia, ovviamente tanto con un italiano

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Professore di Diritto ecclesiastico e Legislazione del terzo settore, Università di Pisa. Direttore Centro Interdisciplinare di ateneo “Scienze per la pace”. 1 La natura giuridica della dichiarazione di cui all’art. 116 c.c. è stata variamente qualificata: cfr. R. ROSSI, Famiglia e persone, Milano, 2006, p. 72 ss..

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Articoli

o un’italiana quanto con un altro o un’altra straniera – e pertanto anche con un concittadino o una concittadina – non lo può fare se interdetto per infermità di mente (art. 85), in assenza dello stato libero (art. 86), nel caso in cui tra i due vi sia un legame di parentela o affinità in linea retta o collaterale di primo grado (art. 87, numeri 1, 2 e 4), nel caso di delitto (art. 88) e nel periodo in cui vige il divieto temporaneo di nuove nozze (art. 89). Ne deriva che, seppure allo straniero fosse consentito dalla propria legge nazionale di sposare il padre o la madre, piuttosto che la sorella o il fratello e via dicendo, l’ufficiale di stato civile italiano deve negare tale possibilità in quanto contraria all’ordine pubblico matrimoniale 2. Si presti attenzione al fatto che il terzo comma dell’art. 116 precisa che l’ufficiale dello stato civile è tenuto a fare le pubblicazioni solo se lo straniero che chiede di celebrare il matrimonio è residente o domiciliato in Italia. In assenza di questa condizione si può procedere senza altro alla celebrazione. Come può accadere ad esempio se due stranieri vogliono celebrare il matrimonio in Italia, magari di passaggio in una città d’arte 3. In questo caso, almeno secondo la formulazione dell’art. 116 ante novella, avevano (e, purché, autorizzati al soggiorno, ancora oggi hanno) diritto di celebrarlo limitandosi a presentare all’ufficiale dello stato civile la dichiarazione di nulla osta di cui s’è detto 4. La soggezione dello straniero alla disciplina dell’incapacità stabilita dal secondo comma dell’art. 116 non attribuisce infatti all’ufficiale dello stato civile il compito di verificare sempre l’assenza di tali impedimenti, ipotesi configurabile solo nel caso del matrimonio dello straniero residente o domiciliato in Italia, che deve “far fare le pubblicazioni secondo le disposizioni” del codice. Questa differenza di disciplina dipende dallo scopo certificativo della capacità matrimoniale dei nubendi che si vuole raggiungere attraverso le pubblicazioni in funzione del superiore interesse pubblico acché il matrimonio resti circoscritto ad ipotesi compatibili con l’ordine pubblico italiano, certamente nella sua fase costitutiva, ma soprattutto in funzione del rapporto successivo. L’esclusione delle pubblicazioni nel caso degli stranieri non residenti significa un minore interesse dello Stato alla verifica di condizioni richieste bensì al momento della formazione dell’atto di matrimonio, ma in funzione del rapporto che, nell’ipotesi di specie, non dovrebbe poi svolgersi in Italia. In ogni caso l’ufficiale dello stato civile può rifiutare la celebrazione se gli constano impedimenti: ai sensi dell’art. 112 c.c. è comunque tenuto a rilasciare un 2

Altri ritengono si tratti di norme di “applicazione necessaria”, ad esempio P. MOROZZO DELLA ROCCA, Il matrimonio dello straniero in Italia, in P. MOROZZO DELLA ROCCA (a cura di) Immigrazione e cittadinanza. Profili normativi e orientamenti giurisprudenziali, Torino, 2008, p. 301. 3 Il sito del Comune di Venezia chiarisce bene questa condizione e semplifica anche i costi: per gli stranieri non comunitari variabili da 1.500 a 5.000 Euro. 4 Cass., 14 marzo 1963 n. 823.

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Adele Del Guercio *

Respingimenti di migranti verso la Libia e obblighi dell’Italia in materia di rispetto dei diritti umani SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. La compatibilità dei respingimenti attuati da unità navali italiane con il regime internazionale di protezione dei rifugiati - 3. La compatibilità dei respingimenti attuati da unità navali italiane con i trattati delle NU in materia di diritti umani - 4. La compatibilità dei respingimenti attuati da unità navali italiane con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo - 4.1 Segue: la nozione di giurisdizione nella CEDU - 4.2 Segue: i respingimenti violano il principio del non-refoulement sancito dall’art. 3? - 4.3 Segue: i respingimenti violano altre disposizioni convenzionali? - 5. Conclusioni

1. Il 6 maggio 2009 il governo italiano, in seguito all’entrata in vigore del Trattato di amicizia concluso con la Libia1, ha inaugurato la nuova politica dei respingimenti in mare, che, lungi dal rappresentare la risposta contingente ad una emergenza, si colloca in una strategia complessiva di lotta all’immigrazione irre-

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Dottore di ricerca in “Diritti umani: evoluzione, tutela, limiti” presso l’Università di Palermo, assegnista di ricerca del “Progetto Migrazioni CNR-MIUR” presso il CNR-ISGI di Napoli. L’autrice esprime il suo ringraziamento al prof. Antonio Bultrini per i preziosi suggerimenti che hanno contribuito a migliorare l’elaborato, alla prof.ssa Anna Liguori per la costante supervisione e il sostegno, e al prof. Andrea Saccucci per averle messo a disposizione materiali inerenti al ricorso Hirsi e altri c. Italia dai quali ha potuto trarre spunti interessanti. 1 Sugli accordi Italia-Libia si veda C. FAVILLI, Quali modalità di conclusione degli accordi internazionali in materia di immigrazione?, in Riv. dir. int., 2005, p. 156 ss.; V. DELICATO, I traffici di migranti nel Mediterraneo e gli accordi internazionali per la cooperazione di polizia, in questa Rivista, 2009; N. RONZITTI, Il trattato Italia-Libia di amicizia, partenariato e cooperazione, Contributi di Istituti di ricerca specializzati, n. 108, gennaio 2009, reperibile al sito ww.iai.int. Sulla prassi di respingimento in mare inaugurata dal governo italiano in seguito al Trattato di amicizia con la Libia si veda F. DE VITTOR, Soccorso in mare e rimpatri in Libia: tra diritto del mare e tutela internazionale dei diritti dell’uomo, in Riv. dir. int., 2009, p. 800 ss.; B. NASCIMBENE, Il respingimento degli immigrati e i rapporti tra Italia e Unione europea, settembre 2009, p. 3, reperibile al sito www.affarinternazionali.it.; S. TREVISANUT, Immigrazione clandestina via mare e cooperazione tra Italia e Libia dal punto di vista del diritto del mare, in DUDI, 2009, p. 609 ss.; G. PALMISANO, Il trattamento del migrante clandestino, in Europa e Mediterraneo. Le regole per la costruzione di una società integrata, Atti del XIV Convegno della SIDI, Napoli, 2010, p. 319 E. ZANIBONI, La tutela dei richiedenti asilo tra politiche restrittive e garanzie procedurali, in Europa e Mediterraneo, cit., p. 207 ss., in particolare p. 219 ss. Per un esame approfondito della questione della compatibilità della prassi dei respingimenti con la CEDU si veda in particolare A. TERRASI, I respingimenti in mare di migranti alla luce della Convenzione europea dei diritti umani, in DUDI, 2009, p. 591 ss.

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golare, che ha come effetto, tra gli altri, quello di prevenire l’arrivo di potenziali beneficiari di protezione internazionale 2. Con il presente scritto si vuole verificare se le operazioni di interdizione navale e di respingimento che vedono il diretto coinvolgimento di forze navali italiane 3 presentino profili di incompatibilità con i trattati internazionali sui diritti umani di cui l’Italia è parte contraente, come lamentato da organizzazioni e organi di controllo internazionali 4 quali l’UNHCR 5, l’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite 6, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa 7 e il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (in prosieguo “CPT”) 8. Ciò alla luce delle numerose carenze dell’ordinamento libico

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A. DI PASCALE, Migration Control at Sea: The Italian Case, in B. RYAN, V. MITSILEGAS (eds.), Extraterritorial Immigration Control. Legal Challenges, Leiden-Boston, 2010, p. 281 ss.; ivi anche B. RYAN, Extraterritorial Immigration Control: What Role for Legal Guarantees?, p. 3 ss.; E. ZANIBONI, La tutela dei richiedenti asilo, cit., p. 207 ss., in particolare p. 220 ss. 3 Ci si interroga se la responsabilità italiana possa completamente escludersi con riguardo ai respingimenti nei quali ad intervenire siano unità navali libiche, trattandosi di mezzi forniti dall’Italia e a bordo dei quali è stata registrata in diverse occasioni la presenza di personale italiano. In proposito ci si limita a rinviare alle riflessioni sulla non coincidenza delle nozioni di giurisdizione e responsabilità di A. KLUG, T. HOWE, The Concept of State Jurisdiction and the Applicability of the Non-refoulement Principle to Extraterritorial Interception Measures, in B. RYAN, V. MITSILEGAS (eds.), op. cit., p. 69 ss., in particolare p. 99 ss. 4 A levare la voce contro i respingimenti anche un nutrito numero di associazioni umanitarie. Si veda, a titolo d’esempio, l’esposto dell’ASGI del 16 giugno 2009, reperibile al sito www.asgi.it. 5 Si prenda visione dei documenti reperibili al sito www.unhcr.it; tra gli altri: Forte Stop ai respingimenti in Libia, del 15 maggio 2009; L’UNHCR incontra i richiedenti asilo respinti in Libia, del 14 luglio 2009. Si veda anche Submission by the Office of the United Nations High Commissioner for Refugees in the Case of Hirsi and Others v. Italy (Application no. 27765/09), marzo 2010. 6 Tra gli altri: Immigrati, critiche dell’Onu all’Italia: “Porre fine ai respingimenti”, del 12 maggio 2009; Immigrazione, Pillay: “I respingimenti violano i diritti umani”, dell’11 marzo 2010, reperibili al sito www.ilsole24ore.com. La condanna dei respingimenti in mare emerge anche dal documento UN Human Rights Council, Report of the Working Group on the Universal Periodic Review : Italy, del’11 febbraio 2010, A/HRC/WG.6/7/L.3. 7 Consiglio d’Europa: no ai respingimenti, dell’11 maggio 2009, reperibile al sito www.rainews24.it. Si veda anche il documento The Commissioner - CommDH(2009)40 10 December 2009. Letter from the Council of Europe Commissioner for Human Rights to Mr. Roberto MARONI, Minister of the Interior of the Republic of Italy, concerning migrants’ rights, del 25 agosto 2009, reperibile al sito del COE. E le recenti prese di posizione relativamente agli eritrei detenuti nel centro di Braq, Commissioner Hammarberg requests information from Italy on alleged human rights violations of Eritrean migrants in Libya, del 6 luglio 2010, reperibile al link www.coe.int/t/commissioner/News/2010/100706Italy_en.asp. 8 Report to the Italian Government on the visit to Italy carried out by the European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment (CPT) from 27 to 31 July 2009, CPT/Inf (2010) 14, del 28 aprile 2010.

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Chiara Gabrielli

L’opinio juris del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dell’UNHCR sulle intercettazioni in mare SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. La prassi italiana della intercettazione di imbarcazioni in mare e relativa deviazione verso il Paese di partenza. - 3. La posizione del Comitato per la prevenzione della tortura. - 4. Segue. - 5. La posizione dell’Italia nella risposta alle conclusioni del Comitato per la prevenzione della tortura. - 6. La posizione dell’UNHCR dinanzi alla Corte europea dei diritti umani. - 7. Il contesto dell’intervento. - 8. Le argomentazioni dell’UNHCR. 9. Conclusioni.

1. L’oggetto del presente lavoro è rappresentato da tre importanti contributi alla vicenda delle intercettazioni di imbarcazioni in alto mare e relativa deviazione verso il Paese di partenza. I primi due riguardano la posizione del Comitato per la prevenzione della tortura e la risposta del Governo italiano 1. Il terzo è costituito dall’intervento dell’UNHCR dinanzi alla Corte europea dei diritti umani 2. Nella riflessione in materia occorre partire dall’opinio juris che viene espressa nella prassi internazionale per ricostruire correttamente i termini della questione. I documenti in parola contengono riferimenti copiosi agli atti internazionali, alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani ed ai pronunciamenti di altre istanze internazionali, che non è possibile analizzare in questa sede.

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CPT/Inf (2010) 14, Report to the Italian Government on the visit to Italy carried out by the European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment (CPT) from 27 to 31 July 2009, Strasbourg, 28 April 2010 (disponibile su: http://www.cpt.coe.int/documents/ita/2010-inf-14-eng.htm); CPT/Inf (2010) 15, Response of the Italian Government to the report of the European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment (CPT) on its visit to Italy from 27 to 31 July 2009, Strasbourg, 28 April 2010 (disponibile su: http://www.cpt.coe.int/documents/ita/2010-inf15-eng.htm). 2 UNHCR (March 2010), Submission by the Office of the United Nations High Commissioner for Refugees in the Case of Hirsi and Others v. Italy (Application No. 27765/09) (disponibile su: http://www.unhcr.org/refworld/pdfid/4b97778d2.pdf).

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Articoli

2. Nel corso del 2009, l’Italia ha intercettato alcune imbarcazioni con persone a bordo in alto mare, costringendole ad una “deviazione” verso Libia 3 ed Algeria 4, Paesi di provenienza. In qualche caso, le persone sono salite a bordo delle navi italiane 5. Il problema giuridico che solleva la prassi in parola è se configuri una violazione del divieto di respingimento dei potenziali richiedenti-asilo, oppure se si tratti di una legittima modalità di cooperazione bilaterale per il rimpatrio di persone che hanno violato le leggi sull’immigrazione del Paese di provenienza. La politica di intercettazione nella prassi in discussione non avviene in applicazione del Protocollo di cooperazione delle rispettive forze di polizia 6 o del successivo Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia 7, che infatti nulla stabiliscono riguardo all’eventuale respingimento dei migranti 8. 3

Tra le prime analisi, v. A. TERRASI, I respingimenti in mare di migranti alla luce della Convenzione europea dei diritti umani, in DUDI, 2009, p. 591; S. TREVISANUT, Immigrazione clandestina via mare e cooperazione fra Italia e Libia dal punto di vista del diritto del mare, ivi, p. 609; F. DE VITTOR, Soccorso in mare e rimpatri in Libia: tra diritto del mare e tutela internazionale dei diritti dell’uomo, in RDI, 2009, p. 800; da ultimo A. DI PASCALE, Migration control at sea: the Italian case, in (eds.) B. RYAN, V. MITSILEGAS, Extraterritorial Immigration Control. Legal Challenges, Leiden, 2010, p. 281. 4 Nel corso delle nove operazioni di intercettazione di migranti in mare, svoltesi tra maggio e novembre 2009, in un solo caso i migranti sono stati ricondotti in Algeria, sulla base di un accordo stipulato tra l’Italia e il suddetto Stato il 22 luglio 1999 (in materia di lotta al terrorismo, criminalità organizzata, traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope e immigrazione illegale). Sull’accordo del 22 luglio 2009, che ha rafforzato la cooperazione tra le rispettive forze di polizia, v. G. LICASTRO, L’Accordo di cooperazione Italia-Algeria per contrastare l’immigrazione illegale, in DCSI, 2009, p. 357. 5 Nel suo rapporto, il Comitato per la prevenzione della tortura ha descritto sette delle nove operazioni di respingimento, quelle svoltesi tra il 6 maggio e il 30 luglio 2009. Esso riferisce che, sulla base delle testimonianze raccolte, i migranti sono saliti a bordo delle navi italiane in almeno tre casi (Report to the Italian Government, cit., paragrafi 18-25). Essi pertanto sono entrati nella giurisdizione territoriale italiana. Al contrario, nella risposta delle autorità italiane si fa riferimento a tale circostanza in una sola occasione, quella relativa all’operazione svoltasi tra il 30 giugno e il 1° luglio (Response of the Italian Government, cit., pp. 14-16). 6 Protocollo tra la Repubblica italiana e la gran Giamahiria araba libica popolare socialista e Protocollo aggiuntivo tecnico-operativo, firmati entrambi a Tripoli il 29 dicembre 2007. 7 Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la grande Giamahiria araba libica popolare socialista, firmato a Bengasi il 30 agosto 2008, ratificato con legge 6 febbraio 2009, n. 7, comunicato in G.U. n. 40 del 18 febbraio 2009. Il 4 febbraio 2009, è stato firmato, dai rispettivi Ministri degli Interni, il Protocollo di attuazione, che ha reso operativi i pattugliamenti congiunti. In generale, sul Trattato italo-libico, v. N. RONZITTI, The Treaty on Friendship, Partnership and Cooperation between Italy and Libya: new prospects for cooperation in the Mediterranean?, in Bulletin of Italian Politics, 2009, p. 125. 8 A fondamento della prassi dei respingimenti, non può essere posto neppure l’accordo ItaliaLibia del 13 dicembre 2000, il quale, in materia di lotta all’immigrazione illegale (art. 1, lett. d)), si limitava a prevedere un generico scambio di informazioni e reciproca assistenza e cooperazione.

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Claudia Mazzucato

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Il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. La posizione della Corte Costituzionale e i persistenti dubbi di legittimità riguardo a una norma “lucidamente incoerente” 1 NOTA alla sentenza della Corte Costituzionale del 5 luglio 2010, n. 250

SOMMARIO: 1. Le ordinanze di rimessione e le pronunce della Corte Costituzionale: una sintesi. – 2. Gli argomenti della Corte a sostegno della legittimità costituzionale dell’art. 10-bis 2. – 3. Gli accenni a profili di criticità e il suggerimento di soluzioni mitigatorie contenuti nella sentenza 250/2010. – 4. I persistenti dubbi intorno alla compatibilità del reato di ingresso e soggiorno illegale con i principi costituzionali. – 4.1. Diritto penale d’autore o diritto penale del fatto? – 4.2. Altri nodi problematici rilevanti: la manifesta irragionevolezza di una norma che divarica ‘sfera del dovere’ e ‘sfera del potere’. – 4.3. (Segue) Responsabilità penale personale e controllo di flussi migratori collettivi. – 4.4. (Segue) Il diritto penale simbolico-espressivo è incostituzionale. – 4.5. (Segue) Il finalismo rieducativo e la ‘frontiera’ normativa che ‘espelle’ ogni contatto con il destinatario del precetto (e della pena).

1. Con una serie di pronunciamenti – le sentenze nn. 249 e 250 e l’ordinanza n. 252 3, tutte decise il 5 luglio 2010 –, la Consulta torna sulla spinosa e drammatica materia migratoria a valle degli ultimi (due) “pacchetti-sicurezza”4 e affronta il

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Ricercatore di diritto penale, Università Cattolica del Sacro Cuore. Si ringrazia la dott. Lucia Della Torre, dottoranda di ricerca nell’Università Cattolica del Sacro Cuore, per la documentazione raccolta per la stesura del presente articolo. 2 Art. 10-bis d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e successive modifiche “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, aggiunto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della l. 15 luglio 2009, n. 94 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”. 3 Con l’ord. 252/2010, la Corte costituzionale respinge come inammissibile la questione sollevata dal Tribunale di Pesaro sulla base di un rilievo ‘tecnico’: il palese difetto di competenza del rimettente, essendo la fattispecie oggetto di censura devoluta al giudice di pace. 4 Il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, poi convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, recante “misure urgenti in materia di sicurezza pubblica” e la già citata l. 94/2009. 1

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giudizio di legittimità costituzionale, rispettivamente, dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 11-bis c.p. e del reato di ingresso e soggiorno irregolare di cui all’art. 10-bis del T.U. Le due sentenze sono fra loro intrecciate e andrebbero attentamente analizzate insieme, anche se (o meglio: proprio perché) approdano a soluzioni ben diverse. Con sentenza n. 249/2010 5, infatti, il giudice costituzionale dichiara illegittimo l’art. 61 n. 11-bis c.p. per violazione degli artt. 3 e 25 secondo comma Cost. Le motivazioni attengono – in estrema sintesi – all’inaccettabilità discriminatoria di una “presunzione generale ed assoluta di maggiore pericolosità dell’immigrato irregolare, che si riflette sul trattamento sanzionatorio di qualunque violazione della legge penale da lui posta in essere” e “identifica un ‘tipo di autore’ assoggettato, sempre e comunque, ad un più severo trattamento”, con evidente tradimento dell’idea garantistica di diritto penale del fatto. Nella pronuncia si rinvengono molti riferimenti e rinvii intra-sistematici al distinto reato di ingresso e soggiorno illegale: la Corte dà una lettura della norma sottoposta al suo sindacato (l’art. 61 n. 11-bis), affermando di non voler “ignorare il contesto normativo esistente al momento della sua pronuncia”, contesto “preso nel suo insieme” rispetto al quale “deve orientare il proprio giudizio”. E invero, l’illegittimità costituzionale di quella che gergalmente è stata soprannominata l’aggravante di ‘clandestinità’ deriva anche precisamente dalla vigenza del reato di ‘clandestinità’ 6. Nella pronuncia citata, la fattispecie contravvenzionale (art. 5

Su cui G. MARRA, in questa Rivista, 2/2010; cfr. anche, dello stesso A., Il trattamento penale dell’immigrato irregolare al vaglio della Corte Costituzionale. Una decisione ragionevole a una norma irragionevole, nota a C. cost., ord. 24 febbraio 2010, n. 66, in questa Rivista, 1/2010, p. 169 ss. 6 Si osservi che la Consulta (con ord. n. 277 del 19 ottobre 2009) aveva già in precedenza sottolineato la correlazione tra l’aggravante di cui all’art. 61, n. 11-bis c.p. e il reato di ingresso e soggiorno illegali, ai fini del giudizio sul ‘sistema’ risultante da queste norme. Con l’ordinanza citata, la Corte aveva dichiarato lamanifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 61, n. 11-bis, ordinando la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, affinché questi ultimi potessero “procedere ad una rivalutazione circa la rilevanza e la non manifesta infondatezza delle questioni medesime”: per la Corte, “la normativa sopravvenuta attiene ad un profilo centrale dei percorsi argomentativi seguiti dai giudici a quibus nel motivare la non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, posto che le condotte riconducibili alla previsione censurata costituiscono ormai l’oggetto di un’autonoma incriminazione, e non la mera espressione di un illecito amministrativo”; “spetta ai rimettenti la valutazione del rilievo che possono assumere le descritte variazioni del quadro normativo di riferimento, sia in relazione alla disciplina codicistica della successione nel tempo di leggi penali, sia, e comunque, in rapporto al mutato equilibrio tra i fattori che questa Corte è chiamata a prendere in considerazione ai fini della propria decisione (ordinanza n. 398 del 2005)”; “in particolare è compito dei rimettenti, nel valutare la legittimità della previsione quale circostanza aggravante comune di ogni pregressa violazione delle norme in materia di immigrazione, procedere ad una nuova ponderazione del ruolo che, in tale prospettiva, deve assegnarsi al carattere amministrativo, o penalmente illecito, della violazione medesima a seguito delle modifiche nel

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Gabriele Marra *

Criminali “irregolari”, eguaglianza e diritto penale del fatto ** NOTA alla sentenza della Corte Costituzionale 8 luglio 2010, n. 249 “Ce ne sono troppi: non tanto nei canteri di costruzioni e nelle fabbriche, e neppure nelle stalle e nelle cucine, ma nel tempo libero. Specialmente la domenica, improvvisamente, ce ne sono troppi”. (Max Frisch, Foreignization, 1, Novels, Play, Essay, 1997) SOMMARIO: 1. Lo statuto penale dell’immigrato irregolare tra legge speciale e codice penale. - 2. Diritto penale e nemici. - 3. Opinioni. - 3.1. “Presunzione generale ed assoluta”. - 3.2. Eguaglianza e ragionevolezza. - 3.2.1. “Moltiplicazioni sanzionatorie” e “paradossi” - 3.2.1.1. Principi, società e conseguenze. - 3.2.2. Tra latitanza e recidiva tertium datur. - 3.3. Diritti individuali e diritto penale del nemico. - 4. Nullum crimen sine offesa. - 4.1. Eguaglianza e diritto penale d’autore. - 4.2. Norme e fatti. - 4.2.1. Prospettive - 4.2.1.1. Prognosi individuali e pericolosità. - 4.3. Eguaglianza rovesciata. - 5. Conclusioni.

1. La marginalità del diritto dell’immigrazione rispetto ai canoni dello stato di diritto è un tratto risalente.1 Il moderno diritto penale dell’immigrazione è segnato da analoghi deficit di legittimazione. Il frequente ricorso a figurae criminis a consumazione anticipata (Art. 12, commi 1 e 3 d.lgs n. 286/98, vecchia e nuova formulazione)2; l’incertezza sistemica nella definizione della tipicità dei fatti di reato (Art. 12, comma 3) e, infine, il ricorso ad elementi selettivi soggettivi/sintomatici in funzione tipizzante sono alcuni degli indici che, pur nel caotico sviluppo del quadro normativo, certificano la vitalità della denunciata discrasia. Sull’immigrato irregolare si agglutina, così, uno statuto punitivo di rigore, pur senza considerare l’imponente apparato di istituti amministrativi finalizzati a scopi di *

Associato di diritto penale, Università di Urbino “Carlo Bo”. Un sentito ringraziamento ai Professori Alessandro Bondi, Stefano Fiore, Filippo Marra e alla dott.ssa Chiara Bigotti per la lettura e gli utili commenti ad un precedente versione di questo lavoro. 1 F. BRICOLA, Forme di tutela “ante delictum” e profili costituzionali della prevenzione, Id., Politica criminale e scienza del diritto penale, Il Mulino, Bologna, 1997, p. 96 ss. 2 Le disposizioni citate prive di indicazioni sono tratte dal d.lgs n. 286/98. **

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata

immediata neutralizzazione dello stesso (Articoli 13 e 14) 3. Disciplina nel complesso giustificata dalla ‘micidiale’ sinergia tra aspettative securitarie – animate da istanze di prevenzione empirica – ed intendimenti simbolico-comunicativi nei confronti della collettività nazionale; chiamata, nella sostanza, a supplire l’assenza di politiche di efficace gestione dei flussi migratori e di reale integrazione degli immigrati: diverse, quindi, da “indultini”, indulti, regolarizzazioni, più o meno generose, o dalla statuizione di patti di legalità con l’ordinamento giuridico (Art. 4–bis)4. A deteriorare ancor di più la posizione dell’immigrato, irregolare e non, concorre l’irrigidimento di cui lo stesso è tendenzialmente fatto oggetto quando la sua vicenda esistenziale ‘incrocia’ i dettami del diritto penale comune. Discipline di eccezione dettate dal diritto processuale; limitazioni – di fatto o di diritto - alla fruizione di benefici penitenziari; regole derogatorie di natura sostanziale, sovrastano prassi applicative spesso sbrigative 5: segnate, oltre che da pregiudizi antichi, da una gestione rinunciataria degli spazi discrezionali che connotano, sul piano prognostico, istituti come la sospensione condizionale della pena o l’accesso alle misure alternative alla detenzione e, sul piano diagnostico, da schematiche soluzioni dei problemi di accertamento della colpevolezza 6. Un

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A. CAPUTO, Diritto e procedura penale dell’immigrazione, Giappichelli, Torino, 2006, p. 66. F. MANTOVANI, Migrazioni: problema epocale e planetario, in Dir. pen. proc.,2010, p. 393 ss. V. altresì B. BELL, S. MACHIN, F. FASANI, Crime and immigration: Evidence from Large Immigrant Waves, CreaAM Discussion paper, n. 12/2010 (è qui analizzato il ruolo del mercato del lavoro); G. MASTROBUONI, P. PINOTTI, Migration Restrictions and Criminal Behavior: Evidence form Natural Experiment, working paper, 2010, www.carloalberto.org (è qui analizzato il ruolo dell’ottenimento della cittadinanza). Per un’esposizione di sintesi dei risultati e della metodologia di tali lavori cfr. F. FASANI, Più immigrati più crimine? Dipende dalla politica, 2010, www. lavoce.info. V. anche Caritas/Migrantes – Agenzia redattore sociale, La criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi, 2009, www.redattoresociale.it (reperibile on line). 5 I sintomi si leggono, ad esempio, in Cass. 25/10/2000, Habibi, n. 4586; Cass. 21/4/04, Vasapollo, in Cassazione penale, 2005, p. 3527; Cass. 21/10/04, Dukov, in Riv. pen., 2005; la scheda diagnostica è invece reperibile in Cort cost. sent. n. 78/2007; Cass. 20/5/99, Citera, in Cassazione penale, 1999, p. 2536; Cass. 16/5/ 06, in Guida al dir., 2006, n. 33, p. 78. Su di un diverso piano si colloca la questione circa i limiti delle cc.dd. scriminanti culturali. Per un’articolata messa a fuoco F. BASILE, Immigrazione e ‘reati culturalmente orientati’. Il diritto penale nelle società multiculturali, Giuffrè, Milano, 20102. Tema che interessa qui evidenziare anche per le sue significative correlazioni con la teoria del “diritto penale del nemico”. Cfr. G. JAKOBS, Dogmática del derecho penal y la configuración normativa de la sociedad, Thomson-Civitas, Madrid, 2004, p. 45. 6 Quelli indicati nel testo sono, in realtà, solo alcuni profili di un problema di più ampio respiro, segnato dal disinteresse per “le basi empiriche della prevenzione generale [e per] le alternative la penale”. M. DONINI, Un nuovo medioevo penale? Vecchio e nuovo nell’espansione del diritto penale economico, in Cassazione penale, 2003, p. 1819 s. V. anche L. EUSEBI, Introduzione, in K. LÜDERSSEN, Il declino del diritto penale, Giuffrè, Milano, 2005, p. VII ss. 4

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Massimiliano Vrenna *

La sentenza della Corte costituzionale n. 269/2010 sulla legge regionale toscana dell’immigrazione: prime considerazioni

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NOTA alla sentenza della Corte costituzionale 22 luglio 2010, n. 269

SOMMARIO: 1. La cornice politico-istituzionale nella quale la sentenza in commento si inserisce. 2. La legge regionale toscana oggetto di contesa. - 3. La censura del Governo sugli “interventi socio assistenziali urgenti ed indifferibili” a favore degli stranieri irregolari. - 4. La censura del Governo sulla (pretesa) invasione della competenza statale in materia di asilo. - 5. Ulteriori censure del Governo ritenute infondate dalla Consulta. - 6. Conclusioni.

1. Il 22 luglio scorso è stata depositata dal giudice costituzionale Giuseppe Tesauro la sentenza n. 269/2010 relativa alla legge regionale toscana n. 29 del 2009 recante “Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella regione Toscana”. La pronuncia ha avuto grande eco sugli organi di stampa 2 ma va detto subito che non si tratta di una sentenza rivoluzionaria. L’attenzione mediatica è dovuta allo scontro politico e istituzionale che si consuma nel nostro Paese ormai da anni sulla materia dell’immigrazione. Non solo, la pronuncia in oggetto è riconducibile a una sequenza di sentenze che riguardano o riguarderanno a breve altre leggi regionali sull’immigrazione approvate tra il 2007 e il 2010. Si pensi alla contemporanea ordinanza della consulta n. 275/2010 sulla legge regionale dell’immigrazione delle Marche oppure alla recente sentenza n. 134/2010 che riguarda invece la legge regionale ligure. È importante partire da questa considerazione se si vuole avere un quadro più esatto del conflitto istituzionale in corso sul tema e soprattutto se si vuole comprendere le singole innovazioni che ciascuna sentenza aggiunge alla trama di tale vicenda. In effetti la legislazione regionale di “ultima generazione” sull’immigrazione ha *

Laboratorio Wiss (Welfare Innovazione Servizi e Sviluppo), Scuola Superiore S. Anna La presente nota a sentenza è un estratto di un lavoro più articolato di prossima pubblicazione in un volume collettaneo. Una rielaborazione dello stessa nota sarà pubblicata sulla rivista Ricerca e Pratica dell’Istituto Mario Negri. 2 Si veda tra tutti, Immigrati, la Corte boccia il governo, in La Repubblica, sabato 24 luglio 2010, p. 1. 1

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata

problematiche sia generali [i destinatari degli interventi, il recepimento della normativa comunitaria ecc.] sia specifiche [assistenza sanitaria, edilizia residenziale pubblica, formazione professionale] comuni ed è il riflesso di un decennio ricco di cambiamenti normativi, di politiche nazionali fortemente caratterizzate, di un nuovo assetto competenziale disegnato dalla riforma costituzionale del 2001 e cosi via. Nonostante la trama comune, è indubbio che dal punto di vista politico ciascuna Regione si sia poi caratterizzata attraverso alcuni temi particolari: per esempio la Liguria 3 attraverso il tentativo di disciplina dei CIE; la Toscana attraverso le prestazioni sociali per gli irregolari, la Puglia 4 prestando grande attenzione per il lavoro nero e per gli stagionali e cosi via. Si ribadisce che ciascuno dei caratteri richiamati non esaurisce affatto la ricchezza dei testi legislativi regionali che sono talvolta assai innovativi, altre volte più declamatori ma tutti, in ogni caso, esaustivi degli interventi per gli immigrati e ricchi di connessioni con la programmazione delle Regioni sul sociale, sulla formazione, sul sanitario, sulla mediazione. La maggior parte delle leggi citate sono state impugnate dal Governo dando vita così ad un contenzioso costituzionale da cui trarre preziose indicazioni circa la competenza e le responsabilità istituzionali di una materia [genericamente definita “immigrazione”] terribilmente sfaccettata e trasversale 5. Allo stesso modo è utile ricordare che le occasioni di frizione Stato – Regione sono numerose. Esse assumono un maggiore rilievo politico e un più pregnante valore simbolico quando riguardano una legge regionale “sull’immigrazione”, in altri termini una legge che reca sin dal titolo la volontà di disciplinare il fenomeno in modo completo. In realtà, però, risulta assai interessante anche il contenzioso costituzionale su aspetti molto tecnici, e apparentemente lontani dalla materia “immigrazione” [ e che richiamano meno i clamori mediatici ], come per esempio la giurisprudenza costituzionale sull’edilizia residenziale pubblica 6 op3

L.reg. Liguria 4/2009 recante “Modifiche alla legge regionale 20 febbraio 2007, n. 7 (Norme per l’accoglienza e l’integrazione sociale delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati)”. 4 L.reg. Puglia 32/2009 “Norme per l’accoglienza, la convivenza civile e l’integrazione degli immigrati in Puglia”. 5 Vale la pena riportare alcuni chiarissimi passaggi dalla relazione del 28 gennaio 2009 – Considerazioni finali del Presidente Giovanni Maria Flick sulla giurisprudenza costituzionale del 2008: “(…) La tematica dei migranti, ad esempio, può porre, in concreto, questioni di livello “differenziato” tra le varie normazioni che vi si dedichino; e rende quindi arduo comporre, secondo una linea coerente, le specifiche istanze che ciascuna delle diverse fonti intende soddisfare. Ma è altrettanto vero che, ove siano coinvolti precetti e diritti fondamentali, il bilanciamento fra i valori in gioco deve necessariamente pendere in favore di questi ultimi”. 6 Corte costituzionale ordinanza n. 32/2008: “(…) la materia di cui trattasi [edilizia residenziale pubblica] rientra nella competenza residuale delle Regioni e non investe la problematica della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale; (…) una specifica materia “edilizia residenziale pubblica” non compare

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Matteo Marchini *

Il respingimento alla frontiera dello straniero privo del visto di reingresso NOTA alla sentenza del Tar Lazio, Sez. I quater, 4 giugno 2010 n. 15340

SOMMARIO: 1. La vicenda. - 2. Il respingimento alla frontiera nell’ordinamento comunitario e in quello interno. - 3. Alcune questioni sollevate dal caso in esame: la giurisdizione. - 4. Diniego del visto di reingresso. - 5. Risarcimento del danno per lesione del diritto al soggiorno.

1. I fatti si sono svolti nel seguente modo: lo straniero, cittadino algerino, otteneva in data 11 settembre 1999 il suo primo permesso di soggiorno in Italia, e lo rinnovava puntualmente. In data 23 giugno 2004, cioè prima della scadenza del permesso (ed entro i termini di legge), egli chiedeva l’appuntamento presso il competente Ufficio immigrazione per la consegna dei documenti necessari per il rinnovo del permesso di soggiorno. Ottenuto tramite posta elettronica l’appuntamento (fissato per il giorno 8 novembre 2004), lo straniero tornava per un breve periodo nel suo Paese d’origine per far visita ai suoi familiari, e in data 7 ottobre 2004 ritornava in Italia per adempiere all’onere di rinnovo del permesso di soggiorno. Tuttavia, non appena sbarcato all’aeroporto di Malpensa, veniva raggiunto dal provvedimento di respingimento preso dalla polizia di frontiera a causa della mancanza di un visto valido. Sulla scorta di tale provvedimento e di una nota inviata alla Cancelleria consolare dell’Ambasciata d’Italia ad Algeri dalla Questura di Verona (contenente parere negativo al reingresso dello straniero respinto in quanto il suo permesso di soggiorno era scaduto e non risultava oggetto di alcuna richiesta di rinnovo), veniva emesso pure il diniego del rilascio del visto di reingresso. A questo punto al cittadino algerino non rimaneva altro da fare che ricorrere al Tar del Lazio impugnando il provvedimento di respingimento alla frontiera emesso nei suoi confronti dalla polizia di frontiera per mancanza di visto valido, *

Dottorando di ricerca in Diritto civile, Università di Urbino.

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata

nonché il conseguente provvedimento del 30 dicembre 2004 con il quale l’Ambasciata italiana ad Algeri ha respinto la richiesta di visto di reingresso da lui presentata. Questi provvedimenti venivano impugnati dal ricorrente a causa di eccesso di potere per carenza di motivazioni, nonché per violazione e falsa applicazione dell’Art. 4 del d.lgs. n. 286 del 1998 (cd. Testo unico sull’immigrazione). Nota infatti il ricorrente che, pur privo della ricevuta di presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, egli disponeva della ricevuta dell’appuntamento preso con le competenti autorità per la presentazione dei relativi documenti. Il giudice amministrativo adito accoglieva il ricorso sulla base della considerazione che l’avere il ricorrente chiesto e ottenuto dalla competente amministrazione, prima della scadenza del proprio permesso di soggiorno (14 luglio 2004), un appuntamento per la presentazione dei documenti necessari al rinnovo non differisce sostanzialmente dalla presentazione della relativa richiesta. 2. Per quanto concerne l’istituto del respingimento alla frontiera, ampiamente applicato nella prassi 1, si può innanzitutto osservare che esso risulta positivamente disciplinato nel nostro ordinamento giuridico all’Art. 10 del d.lgs. n. 286 del 1998 (T. U. immigrazione) e che “consiste nel respingere, cioè fisicamente rimandare donde sono venuti, gli stranieri che si presentino ai valichi di frontiera privi dei requisiti, previsti dalla legge, per fare ingresso nel territorio dello Stato” 2. Diversamente avviene qualora lo straniero sia già entrato nel territorio dello Stato, sottraendosi ai controlli di frontiera, e sia stato fermato immediatamente dopo l’ingresso, ovvero sia stato temporaneamente ammesso nel territorio nazionale per necessità di pubblico soccorso. È, questa, l’ipotesi del respingimento differito. In tali casi non è possibile l’esecuzione immediata del respingimento, per cui si applica quanto dispone in que-

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E che ha fatto registrare il maggior numero di interventi giurisdizionali, segnatamente della Corte costituzionale che è stata più volte chiamata a intervenire sul tema in quanto la disciplina normativa di tale istituto non sempre è risultata conforme al dettato costituzionale, come non manca di notare A. DI FRANCIA, La condizione giuridica dello straniero in Italia nella giurisprudenza, Milano 2006, p. 443. 2 In questi termini si esprime G. SAVIO, Respingimento, espulsione, trattenimento e accompagnamento alla frontiera (i presupposti e le procedure), la revoca ed il reingresso, la segnalazione Schengen, in P. MOROZZO DELLA ROCCA (a cura di) Immigrazione e cittadinanza. Profili normativi e orientamenti giurisprudenziali, Torino, 2008, p. 132. Analogamente, P. BONETTI , Ingresso, soggiorno e allontanamento. Profili generali e costituzionali, in B. NASCIMBENE (a cura di), Diritto degli stranieri, Padova, 2004, p. 277 ss.

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Michele Mariella *

L’ostatività della condanna penale al rilascio e al rinnovo del permesso di soggiorno NOTA alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 giugno 2010 n . 3648

1. Il Consiglio di Stato, con l’annotata sentenza n. 3648 del 9/06/2010, affronta nuovamente il tema dell’ostatività delle condanne penali al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno, prevista dall’Art. 4, co. 3 del d.lgs. 286/98 e successive modifiche (c.d. Testo unico sull’immigrazione). La fattispecie in oggetto riguarda un cittadino extracomunitario che si era visto rigettare dalla Questura di Venezia la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno 1, in conseguenza di alcuni reati che avrebbe commesso. Il provvedimento questorile veniva impugnato innanzi al giudice amministrativo che lo confermava, ritenendo, tra l’altro, che i precedenti in cui risultava coinvolto il ricorrente, “se non risultavano gravi, valutati individualmente, potevano sorreggere, invece, se complessivamente considerati, il giudizio di pericolosità posto alla base del provvedimento impugnato, anche perché nel tempo reiterati.” L’interessato proponeva appello al Consiglio di Stato, chiedendo l’annullamento della sentenza del Tar, previa sospensione dell’esecutività; l’istanza cautelare veniva accolta “in considerazione della tenuità e della lontananza nel tempo dei carichi pendenti” nei confronti dello straniero. Quindi, con decisione interlocutoria, la sez. VI dell’Alto Consesso riteneva necessario acquisire preliminarmente dal Ministero dell’Interno una documentata relazione in ordine alla situazione dell’appellante, ed in particolare ai procedimenti penali instaurati a suo carico. A tali

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Avvocato in Pesaro. Circa i requisiti necessari per il rinnovo del permesso di soggiorno, P. BONETTI, Ingresso soggiorno e allontanamento. Profili generali e costituzionali, in B. NASCIMBENE (a cura di) Diritto degli stranieri, Padova, 2004, p. 203 ss.; in tema si veda pure G. MANFREDI, Il rinnovo e la conversione del permesso di soggiorno, in P. MOROZZO DELLA ROCCA (a cura di), Immigrazione e cittadinanza. Profili normativi e orientamenti giurisprudenziali, Torino, 2008, p. 67 ss.. 1

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata

incombenti ottemperava l’Amministrazione richiesta che depositava anche una nota della Questura di Venezia, nella quale era affermato che da una “nuova approfondita istruttoria sulla condizione personale del W. K. risulta che lo straniero ha raggiunto una certa stabilità lavorativa ottenendo un regolare contratto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal 2002, mantenuto fino ad oggi, ed ha un regolare contratto di affitto per un immobile sito in Mestre (…) ove vive con la moglie e un figlio” per cui si ritiene che “non sussistano più le motivazioni, in quanto superate dalla successiva condotta e tenore di vita dello straniero, per la collocazione dello stesso tra le categorie espressamente elencate dall’art. 1 della legge n. 1423/1956”. Il Collegio, considerata “la tenuità e la lontananza nel tempo dei carichi pendenti”, come statuito già nella fase cautelare, e tenuto conto che a carico dello straniero, come precisato nella nota della Questura di Venezia del 7/04/2010, “sono risultati procedimenti per reati inerenti la vendita abusiva di merci con marchio contraffatto ormai risalenti nel tempo e su tre imputazioni si annovera una condanna lieve e un’assoluzione”, accoglieva il ricorso in relazione anche alla violazione dell’Art. 1 della l. 1423/1956 e, di conseguenza, in riforma della gravata pronuncia, annullava il provvedimento impugnato in primo grado. Rilevava il Collegio che da tutta la documentazione depositata, ed in particolare dall’informativa della questura, non vi fosse riscontro in ordine ad uno dei presupposti sul quale il provvedimento impugnato era fondato. Il decreto questorile conteneva il riferimento all’esistenza di concreti precedenti penali a carico dello straniero tali da determinare, evidentemente, per il Questore competente un giudizio di pericolosità sociale connessa con la ritenuta sussistenza di un concreto pregiudizio per la pubblica sicurezza. Il Questore di Venezia, infatti, aveva considerato quei precedenti un preciso ed evidente sintomo dell’assenza di una concreta integrazione nel tessuto sociale. Nella pratica, tuttavia, gli allegati prodotti dall’autorità amministrativa non contenevano alcuna traccia di eventuali provvedimenti giudiziari, tranne “una condanna lieve”, si legge nelle motivazioni. Quindi, l’adito Consiglio di Stato ha correttamente verificato la modestia in termini di pericolosità pubblica dei fatti commessi e, di conseguenza, della persona del reo; gli elementi emersi non sono stati ritenuti da soli sufficienti per supportare la grave misura disposta dal Questore. Questi aveva fondato il proprio provvedimento di diniego del rinnovo del titolo di soggiorno sulla base dell’Art. 4 comma 3 del d. lgs. 286/98, come modificato dalla l. 189/2002, secondo cui “non è ammesso in Italia lo straniero che (…) sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato (…) o che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale,

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Martina Guidi

Rinvio alla Corte di giustizia su questioni di compatibilità tra il diritto comunitario e una normativa nazionale concernente controlli nelle zone transfrontaliere NOTA alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue, 22 giugno 2010, Melki e Abdeli, cause riunite C-188/10 e C-189/10

SOMMARIO: 1. Considerazioni introduttive. - 2. I fatti all’origine della causa principale e l’oggetto del rinvio pregiudiziale. - 3. Sulla previsione di un obbligo di rinvio a un giurisdizione costituzionale interna in via prioritaria rispetto a un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. - 4. Sulla compatibilità di una previsione nazionale di controlli alle frontiere interne con la libera circolazione delle persone all’interno dell’UE. - 5. Le argomentazioni sostenute dai diversi Stati membri intervenuti nel procedimento.

1. Considerazioni introduttive. La Corte di giustizia dell’Unione europea (Grande sezione) con la sentenza del 22 giugno 2010 si è pronunciata su alcuni quesiti presentati con rinvio pregiudiziale dalla Corte di Cassazione francese nell’ambito dei procedimenti a carico di Melki e Abdeli, cause riunite C188/10 e C189/10. A proposito delle questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte, esse attengono all’interpretazione di due disposizioni concernenti aspetti essenziali dell’attività dell’Unione europea: in primis, l’art. 267 TFUE sulla possibilità per i giudici nazionali di investire la Corte di giustizia di un rinvio pregiudiziale e, in secundis, l’art. 67 TFUE concernente la realizzazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia 1. In considerazione della circostanza che Melki e Abdeli fossero detenuti in carcere, il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di pronunciarsi con procedura 1

Ai sensi dell’articolo 67 TFUE (ex articolo 61 del TCE ed ex articolo 29 del TUE): «1. L’Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali, nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri. 2. Essa garantisce che non vi siano controlli sulle persone alle frontiere interne e sviluppa una politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne, fondata sulla solidarietà tra Stati membri ed equa nei confronti dei cittadini dei paesi terzi. Ai fini del presente titolo gli apolidi sono equiparati ai cittadini dei Paesi terzi. […]».

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata

accelerata secondo la procedura prevista agli articoli 23 bis dello statuto della Corte di giustizia e 104 bis, par. 1, del suo regolamento di procedura. Nel caso di specie, la Corte di cassazione ha sottolineato che la causa principale attiene alla privazione della libertà di persone detenute e che esso dispone di un periodo di tempo di tre mesi prima di decidere di rinviare la questione di costituzionalità al Consiglio costituzionale. Il Presidente della Corte di giustizia con ordinanza del 12 maggio 2010 ha accolto la richiesta di esaminare i due rinvii pregiudiziali secondo la procedura accelerata 2. 2. I fatti all’origine della causa principale e l’oggetto del rinvio pregiudiziale. I signori Melki e Abdeli sono entrambi di nazionalità algerina e i due procedimenti a loro carico sono volti a ottenere il prolungamento della loro detenzione presso una struttura penitenziaria in Francia. Melki e Abdeli, a un controllo della polizia, sono stati trovati in situazione irregolare nel territorio francese, precisamente nella zona compresa tra la frontiera terrestre della Francia con il Belgio e una linea tracciata a 20 chilometri a partire da detta frontiera. In considerazione della loro posizione irregolare, entrambi sono stati oggetto di una decisione di accompagnamento alla frontiera, disposta dal prefetto il 23 marzo 2010, e di una decisione di trattenimento in detenzione. Il controllo da parte della polizia è stato effettuato in applicazione dell’articolo 78-2, quarto comma, del codice di procedura penale francese 3. Il giudice nazionale di ultima istanza ha proposto rinvio pregiudiziale proprio a causa del dubbio circa 2

Il Presidente ha motivato, in primo luogo, la decisione in considerazione del periodo di tre mesi a disposizione della Corte di cassazione prima di dover procedere al rinvio di costituzionalità al Consiglio costituzionale, ai sensi dell’articolo 23, co. 4 dell’ordinanza n. 58-1067, così come modificata dalla legge n. 2009-1523. In secondo luogo, il presidente ha tenuto conto dell’art. 267, par. 4, TFUE secondo cui la Corte statuisce nel minor tempo possibile se la causa pendente davanti alla giurisdizione nazionale concerne una persona detenuta. Per una breve panoramica delle diverse procedure anticipatorie v. I. OTTAVIANO, Profili evolutivi del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia: verso una disciplina procedurale uniforme nell’ambito dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in SIE, 2009, p. 451 ss., spec. 466 s. 3 L’articolo 78-2, quarto comma, del codice di procedura penale francese dispone che: «Dans une zone comprise entre la frontière terrestre de la France avec les États parties à la convention signée à Schengen le 19 juin 1990 et une ligne tracée à 20 kilomètres en deçà, ainsi que dans les zones accessibles au public des ports, aéroports et gares ferroviaires ou routières ouverts au trafic international et désignés par arrêté l’identité de toute personne peut également être contrôlée, selon les modalités prévues au premier alinéa, en vue de vérifier le respect des obligations de détention, de port et de présentation des titres et documents prévues par la loi. Lorsque ce contrôle a lieu à bord d’un train effectuant une liaison internationale, il peut être opéré sur la portion du trajet entre la frontière et le premier arrêt qui se situe au-delà des 20 kilomètres de la frontière. Toutefois, sur celles des lignes ferroviaires effectuant une liaison internationale et présentant des caractéristiques particulières de desserte, le contrôle peut également être opéré entre cet arrêt et un arrêt situé dans

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